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Concerto French 79, Torino 24 ottobre 2024
Serata piovosa a Torino, non fredda, decisamente autunnale, la sala comunque è discretamente piena, non sold out, ma il solito bel colpo d'occhio che Hiroshima Mon Amour riserva ai suoi eventi.
Simon Henner, in arte French 79, manco a dirlo, è un artista francese in stile "one man band", tastiere in massima parte, un po' di batteria (un paio di muti in un angolo del palco), e qualche apparizione in voce.
Musica elettronica,fino alla tecno, ricorda Jean-Michel Jarre, un po' più acido a mio avviso. Caratteristico è l'uso di tasitere analogiche (tutto il mondo è paese...), si rivedono il synt ed il vecchio moog, sul palco sembra non esserci traccia di digitale, tutto gestito da cursori e manopole. Curiosità: queste ultime molto simili (molto,potrebbero essere proprio loro) a quelle in uso sulle radio militari amiricane delgli anni 50/70.
La scaletta attinge parecchio al suo terzo album Teenagers, uscito circa un anno fa.
Fotograficamente parlando, le condizioni sono proibitive, il palco si presenta così:
enormi tavoli che coprono quasi tutto, e per non farci mancare nulla, l'uso frequente di luci stroboscopiche molto veloci, il grande schermo di sfondo che cambiava rapidissimamente di colore, tono e intensità.
In pratica si passa da un violento controluce, al quasi buio, al viso fortemente illuminato dalle strobo...., scatti a braccia tese sopra la testa per evitare i tavolacci, ma non sarebbe stato meglio andare a fare un bel paesaggio sul Po???
Adesso la gallery, poche immagini, spero non "le solite" viste mille volte, e come sempre un po' di B&N.
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Un attimo ed è già finito tutto
Ma no, cosa avete capito, parlo di una cosa che succede spesso a chi ama fotografare il paesaggio.
Da due anni e mezzo, utilizzo un set di fototrappole per monitorare i selvatici nel pezzettino, minuscolo, di Parco delle Lame del Sesia (già di suo è un parco veramente minimale) che frequento da uno sconsiderato numero di anni. Lo scorso sabato 19 ottobre in tardo pomeriggio sono sceso al fiume per il giro fototrappole. Giornata grigia, piovosa, autunnale, due gocce d'acqua non mi hanno dissuaso a far 2 passi nella natura e tirar due foto d'autunno
Scaricate le macchinette, sulla strada del ritorno, mi sono affacciato alla Lama Grande ( o Lama del Conte). Cielo grigio specchiato nell'acqua verdastra, fotograficamente un dito in un occhio. Ma almeno la piena di settimana scorsa ha ripulito per bene.
La piena del fiume è stata rapidissima come hanno documentato le mie fototrappole superstiti (vedi appendice)Cade qualche goccia d'acqua, ma ugualmente mi cimento a riprendere lo scorcio a cui sono sostanzialmente affezionato. D'un tratto, di mi accorgo che le cime degli alberi sono ... rosse ? O cribbio, l'arcobaleno. La luce attorno diventa calda, quasi viola, e tutto si colora per pochi istanti, i pochi minuti concessi per fare qualche scatto.
Come è arrivata, dicevo, la luce se ne va. Sulla strada del ritorno il sole ha lanciato un'ultima sciabolata tra le alpi ed il tetto di nuvole e, lungo la strada asfaltata della tenuta Devesio di VIllata, non ho resistito e ho fatto qualche altro scatto dell'ultimo secondo.
Tutte le foto realizzate con Nikon Z9, ob Nikon Z24-70/4 s, Nikon AFs 105/2.8 VR micro e Nikon Z 400/2.8 TC su treppiede Gitxo GT3541LS e Arca B1 (inzuppata)
APPENDICE - LA PIENA FLASH del 18 ottobre 2024
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Ci rivediamo a primavera, ed. 2024
Mentre ci avviciniamo al 18° anniversario dalla nascita di Nikonland.it (ne ho parlato -> QUI <-), è arrivato l'autunno e come tutti gli anni in ottobre, a me viene la voglia di ritirarmi nel mio regno a riposare, ascoltare musica, progettare apparecchi (ho in mente un altro super-dipolo, vedremo se avrà un seguito reale), fare modellini.
Ma soprattutto smettere di occuparmi di questioni legate alla fotografia sentendo il "dovere" morale di parlarne su queste pagine.
Anzi, proprio ho voglia di non fotografare per qualche mese.E' stato un anno impegnativo con tantissime foto, alcune - per me - veramente memorabili. Ho incontrato tante persone, acquisito tanta esperienza.
Ma sento di essermi "sovraesposto" troppo e anche per questo penso sia necessario scomparire dai radar per un pò.
Per quanto posso saperne io, non ci saranno novità Nikon importanti (la Z50 II, benché mi dicano sia bellissima, mi eccita quanto un fiore di cetriolo, mentre il super-zoom cine da 7000 euro mi è distante più della spiaggia di Honolulu) e fintanto che la Z9 SE non diventerà realtà, ho veramente molto più di quello che mi serve per ... anche solo desiderare di fotografare.
Quindi mi ritiro fino a primavera. In questo periodo non interverrò su Nikonland.it se non in campo audio (ho due o tre recensioni da completare con i miei ascolti autunnali di cui condividerò magari le miei impressioni nei momenti di veglia) su Nikonland Variazioni Goldberg
Per qualsiasi altra cosa troverete l'ineffabile Admin, o il sempre disponibile e attivo Max.
A fine marzo 2025, magari, ci rivedremo, se mi sarà passato il sonno ed avrò finito le provviste.
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[luoghi] Treviso e le sue mura
In occasione della ‘Giornata del Patrimonio’ l’associazione ‘Treviso Sotterranea’ ha aperto, letteralmente, le porte della città di Treviso; domenica 29 settembre è stato, infatti, possibile, con un’apertura straordinaria, visitate le storiche porte di accesso alla città: Porta San Tomaso e Santi Quaranta, oltre al bastione di santa Sofia, uno dei 4 ubicati agli angoli della città.
Introduzione
L’attuale cinta muraria risale al 1500 ma la sua storia segue e condiziona l’evoluzione della città. Da un primo nucleo di epoca romana delimitato da un terrapieno e una palizzata in legno, si passa alla città medioevale delimitata da mura alte circa 12 metri e sottili che presentavano 12 aperture, ovvero 12 porte lungo tutto il perimetro. In quel periodo i borghi esterni erano strettamente comunicanti con la città murata, come fossero un’estensione della stessa. Delle mura medioevali non è rimasto quasi più nulla, dato che sono state abbattute per realizzare le fortificazioni cinquecentesche. Uno dei pochi tratti di mura rimasti si trova in via Bressa, nei pressi di Piazza Vittoria, indicato dalla targa “mura scaligere 1334-1336”.
Nel 1500, con l’aumentare dei territori sotto il controllo di Venezia il papa Giulio II stipula un’alleanza con le principali potenze europee, la Lega di Cambrai, dal nome della località in cui, nel 1508, venne stabilità contro l’espansione della potenza veneziana.
Con la caduta delle altre città, Treviso resta l’unica sulla terraferma ancora schierata con Venezia, pertanto l’ultima roccaforte in terraferma della Serenissima. La cinta muraria medioevale, però, è inadatta a difendere la città dalle armi da fuoco come i cannoni che si erano diffusi grazie all’arrivo in Europa della polvere da sparo; questo rende necessario rifortificare la città.Per la realizzazione delle nuove mura viene incaricato un frate francescano: Giovanni Monsignori, o Ognibene, detto fra Giocondo o fra Giovanni Giocondo da Verona. Sulla storia di questo personaggio molte informazioni non ci sono pervenute; le fonti storiche non sono concordi nemmeno sull’ordine religioso a cui appartiene (secondo alcune sarebbe stato tra i domenicani, ma le uniche fonti sicure lo riportano, appunto, nell’ordine francescano). Di lui sappiamo che era uno dei massimi esperti in campo di fortificazioni, che ha curato la riedizione dei trattati di Francesco Di Giorgio Martini, considerato l’inventore del sistema di fortificazioni che sostituì quello medioevale in quanto più adatto a resistere alle artiglierie, nate e sviluppatesi con l’invenzione delle armi da fuoco.
Dal 1509 al 1511 Fra Giocondo progetta la nuova cinta muraria della città a forma quadrangolare. Per realizzare il nuovo progetto vengono demoliti i borghi esterni, in modo che il nemico potesse essere facilmente avvistabile, e le abitazioni a ridosso delle mura e vengono inclusi i borghi di san Tomaso e Santi Quaranta.Il sistema bastionato
Viene creato un ‘sistema bastionato’ costituito da una ‘cortina’, un terrapieno che serviva a rendere le mura più robuste e una fossa esterna che in origine era larga 30/33 metri. All’esterno di questa vi era il muro di controscarpa, un camminamento per le sentinelle, uno ‘spalto’ ovvero un muro di protezione delle sentinelle e spianada, uno spazio di circa 800 metri (500 passi veneziani) completamente libero che rendeva la città una roccaforte nel deserto.
Del sistema difensivo cittadino fanno parte i torrioni posti ai 4 angoli della città, le mezze lune e le lunette, che non erano altro che postazioni di artiglieria. Nella parte sud abbiamo invece un bastione di forma poligonale (perché ci si era resi conto che i torrioni avevano dei punti morti, indifendibili).Viene realizzato, inoltre, di fronte alle porte San Tomaso e SS. Quaranta, un rivellino, poi spianato agli inizi dell’Ottocento, ovvero una collinetta triangolare con postazioni di artiglieria sotterranee. Dalla planimetria, di epoca napoleonica e successive, si può notare come i canali ne seguissero la forma.
Uno schema simile è stato applicato anche da altri progettisti, tra cui Leonardo Da Vinci il quale, avendo ricevuto l’incarico di rifortificare il castello sforzesco di Milano progettò un sistema murario analogo con una porta centrale sporgente, simile a quelle venete, difesa da torrioni agli angoli e da un rivellino posto davanti all’ingresso. In pratica una specie di collinetta che aveva lo scopo di difendere la porta dai colpi di artiglieria nemica.
Schema del torrione
Il torrione era diviso in due livelli: un cunicolo interno alla città che si biforca a Y e porta i soldati in due stanze ovvero le ‘casematte’ comunicanti, tramite una finestrella laterale, con la cannoniera. Le cannoniere ipogee avevano il compito di difendere la fossa mediante il loro tiro radente. Sopra il torrione troviamo un altro ordine di cannoni che dovevano controllare la spianata e respingere eventuali assalitori.
Con la costruzione delle nuove mura i lati della città vengono rettificati e vengono poste tre porte d’accesso di cui una è la risistemazione di porta Altinia, e due nuove porte: porta Santi Quaranta nel 1517 e porta San Tomaso nel 1518 di chiara composizione rinascimentale poste in corrispondenza dei due grandi ampliamenti urbanistici realizzati nella città.
Tradizionalmente le porte venivano realizzate con la facciata a filo delle mura poiché i lati di queste erano potenzialmente dei punti deboli, mentre con porta SS. Quaranta prima e San Tomaso poi, l’edificio sporge rispetto al perimetro murario. Ne esistono solo 3 di questo tipo in Italia: oltre alle 2 trevigiane ricordiamo Porta Ogni Santi di Padova.
Si è trattato di una sperimentazione che è stata abbandonata, ma che ha permesso di introdurre le artiglierie ipogee posizionate sia nelle casematte che nei sotterranei delle porte. Queste ultime dovevano difendere il tratto di mura tra le porte e i torrioni.Porta San Tomaso
Porta San Tommaso rappresenta un unicum a livello nazionale poiché è il prototipo della nuova porta che doveva essere concepita in epoca rinascimentale dove più che la funzione militare si cura la decorazione. La porta viene impostata come chiaro riferimento all’arco trionfale romano: colonne con alti basamenti e decorazioni che richiamano l’antichità classica con quadri decorativi che riportano armi e armature di epoca romana, le quali hanno eguali solo nelle decorazioni di Palazzo Ducale a Venezia. Questa era la via d’accesso principale della città, da qui passavano le delegazioni che arrivavano dal fondo della spianata, quello che oggi è viale Vittorio Veneto, entrando da qui per incontrare il podestà. Il leone che decora la facciata esterna non è quello originario, ma è stato recuperato fuori porta Altinia e riposizionato dopo la distruzione operata dal Napoleone Bonaparte. Ai piedi del leone è iscritta la data di costruzione (1518) mentre sull’arco centrale riporta l’iscrizione “Porta de San Thomaso” in dialetto veneto e dalla parte interna le scritte in latino "Porta Sancti Thomae” e “Dominus custodiat introitum et exitum tuum" oltre a diversi stemmi. Questo perché all’esterno vi si trovava il volgo, popolo, mentre all’interno vi erano le persone più acculturate. Sulla facciata si possono, inoltre, notare le feritoie per la movimentazione dei ponti levatoi: uno centrale carrabile e uno laterale pedonale.
Il nome “Porta San Tomaso” deriva dalla chiesa dedicata a St.Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, ubicata un tempo nei pressi dell’attuale borgo Cavalli e poi demolita. La copertura della porta non è una cupola ma una carena di nave rovesciata rivestita da lastre di piombo sormontata dalla statua di San Paolo. Sul basamento della statua, di forma ottagonale, sono riportate proprio le lettere “S”, preceduta e seguita da due triangoli pieni, “P” “A” “V” “L” “V” “S” ovvero “S. Paulus”, San Paolo in latino appunto. Ciò si deve al fatto che perché il podestà dell’epoca era Paolo Nani il quale, non potendo farsi attribuire la paternità della costruzione di questo manufatto decise di porre alla sommità il suo santo protettore. Quando Venezia volle rimuovere la statua del santo, essa era stata ormai benedetta ed è così che è rimasta fino ai giorni nostri.
Contrariamente a lui, il suo predecessore, Nicolò Vendramin, aveva fatto scolpire il suo nome al di fuori di Porta Santi Quaranta su una ‘lapide autocelebrativa’ che, però, fu subito fatta cancellare dal consiglio dei dieci. Ancora oggi è possibile vedere quello che resta della scritta abrasa sopra l’apertura pedonale di destra recante la data di costruzione di SS. Quaranta.
Lo stemma principale raffigurante il Leone Marciano era quello posizionato all’esterno (ve ne era comunque uno anche all’interno) poiché la porta rappresentava una sorta di ‘lucchetto’ che chiudeva il cordolo che girava tutto attorno alla città e che in corrispondenza della porta scende per delineare il basamento della stessa.
L’attuale via di accesso alla città è un ponte in muratura a tre archi, dei quali due sono ancora visibili e il terzo è interrato, seppur tuttora presente e, potenzialmente recuperabile.
Attraversato l’arco di accesso possiamo notare all’interno delle decorazioni, fra cui un altorilievo raffigurante una Madonna con Bambino con alla sua sinistra (a destra per chi guarda) San Liberale, Santa Maria Maddalena, e dalla parte opposta il Beato Enrico e San Giorgio. L’intero gruppo poggia su tre mensole.
Vi sono inoltre due figure più piccole rappresentanti il podestà Paolo Nani e il figlio Agostino.
Sopra l’attuale uscita pedonale sulla destra dell’interno porta sono visibili due solchi ove era posizionato un camino per riscaldare il vano e la cui canna fumaria prosegue al piano superiore dove troviamo la sala d’armi.
Dalla parte opposta, invece, si nota una finestrella e, guardando meglio, delle linee incise a delimitare quella che doveva essere la feritoia dove veniva movimentato il bolzone.
Dall’interno della sala d’armi può notare meglio la forma del tetto a carena di nave incrociata con un profilo a ‘S’ con una base quadrata e una cuspide su cui è appoggiato il basamento della statua sovrastante. Questa architettura è dovuta al fatto che i veneziani, essendo specializzati nella costruzione di navi, era ritenuta più consona e più facile da realizzare.
Bastione di Santa Sofìa
Il bastione di Santa Sofìa prende il nome da una chiesa che si trovava nella zona, poi demolita per costruire le mura. Questo bastione ha una storia particolare in quanto è stato utilizzato per costruire il macello comunale nella seconda metà dell’800. Nello stesso periodo il mercato del pesce viene trasferito sull’isola della pescheria.
Con la realizzazione del macello il torrione è stato svuotate e sono state realizzate sei stanze tutte di eguali dimensioni raccordate da un corridoio a semicerchio. Dunque: nella parte superiore avveniva la macellazione delle carni, mentre nella parte inferiore venivano conservate. Questo perché i muri molto spessi rendevano l’ambiente estremamente fresco e quindi adatto alla sua conservazione.
Una delle due cannoniere, quella a protezione del lato est, venne adattata a scarico del macello e, per tenerla pulita, vi si deviarono parte delle acque del vicino canale delle Convertite antico perimetro della Treviso medioevale.
Foto della vecchia uscita del Canale delle Convertite murato e a malapena visibile.
Foto dell'attuale sbocco del canale
Il macello ha poi subito pesanti bombardamenti in 2 occasioni (una prima volta nel maggio del 1944 e successivamente a settembre dello stesso anno) ed è stato completamente distrutto e mai più ripristinato in quell’occasione si contò un solo morto: il custode che era a guardia dell’edificio.
Con la fine della guerra la priorità era ricostruire la città che aveva subito danni ingenti dai bombardamenti, il più distruttivo è stato quello del 7 aprile del 1944 (Venerdì Santo) partendo dagli edifici più rappresentativi, il ‘palazzo della ragione e le principali piazze. Tutte le macerie che c’erano andarono a riempire le stanze sottostanti del macello, poi dimenticate per lungo tempo.
Negli anni ’60 del 900 vengono costruite le scuole elementari ‘Giovanni Prati’ e il torrione diventa parte del giardino della scuola mentre la cannoniera orientata a sud-ovest viene allargata e utilizzata come uscita d’emergenza me poi recintata e abbandonata a sua volta.
Nel 1996 il comune ripulisce tutto ma poi lo richiude e questo luogo resta abbandonato ancora per diversi anni divennendo ricovero per senzatetto fino al 2015 quando viene svuotato tutto e reso disponibile per il pubblico che oggi vi può accedere con delle visite guidate ad opera di un’associazione convenzionata col Comune.Esternamente, accanto al torrione, era posizionata una ruota che sollevava l’acqua che poi, tramite un sistema di condutture, veniva portata all’interno del macello per la lavorazione della carne.
Accanto ad essa era presente, ed è tutt’ora visibile anche se molto deteriorato, il Leone di San Marco con due stemmi ai lati, uno del doge Leonardo Loredan e uno del del podestà di Treviso, Paolo Nani che ha curato la realizzazione di questa parte di mura. Nel tempo i vari podestà che si sono succeduti hanno curato a turno un tratto di mura, trattandosi di un sistema molto complesso. Pur essendo la guerra terminata nel 1516 la costruzione delle fortificazioni è continuata fino al loro completamento.
Qui trovate Gli altri articoli del mio blog. Al prossimo articolo! ciao!
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Pranzo dei Nikonlander Autunno 2024
Dears,
penso che le ns. tradizioni non dovrebbero mai venire meno ....
Ci vediamo per un pranzo All togheter ?
Pianifichiamo una data e una location ?
Domenica 17 Novembre ?
Domenica 24 Novembre ?
Potrebbe andare bene ?
L'ultima volta siamo stati in Venetoland, ci vediamo in Lombardia, Brescia può essere una opzione ? Mantova ? però qui dobbiamo stare attenti alla nebbia
In primavera dovremmo andare a trovare Giuliano in Emilia ....
Fatevi sentire
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21 settembre 2024 workshop NITAL Z6 III a Milano
Ho partecipato al workshop/presentazione della Z6 III, eravamo in 20 + 3 docenti.
Molto buona la presentazione della macchina sia lato foto che lato video.
Poi abbiamo cominciato a fotografare con l'assistenza dei docenti che spiegavano le varie funzioni della nuova camera, io l'ho trovato davvero utile, mi si sono chiariti alcuni dubbi, ho settato dei tasti funzione che prima non ero riuscito a mettere a posto, molto utile il riconoscimento volto/occhio sul tasto FN1 e le funzioni hdr e braketing.
Giro impegnativo per Milano e anche per le mie gambe/schiena, per chi conosce la città abbiamo fatto: City life, Arco della Pace, Parco Sempione, Castello, Via Dante, Duomo, Galleria, Piazza Scala, Brera e ritorno.
Alla fine il mio contapassi segnava + 19.000 e 16 km!
Ho potuto provare il 40 f2 e il 50 f1,8, avrei voluto testare il 34 f1,4 ma sono arrivato tardi e quelli disponibili erano già andati
Purtroppo abbiamo incrociato la settima della moda con le folle ad assediare il centro di Milano ma , per fortuna, le persone che giravano erano davvero interessanti
I prima scatti son con il 40 f2 sempre a tutta aperture, quelli che iniziano con il capoerista volante son con il 50 1,8
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Godox V1 Pro-N - Il semplificatore
Tempo fa sono stato incaricato dalla mia unica nipote di effettuare le foto al battesimo di sua figlia, fissato per lo scorso 31 Agosto. Non potendo rifiutare tale incombenza, mi sono messo a studiare la situazione per prevedere i possibili incidenti di percorso:
- cerimonia alle ore 18,00 in chiesa – luci artificiali con conseguente utilizzo del flash.
- cena in agriturismo sul giardino antistante la villa (un tempo era l’aia) alle ore 20,00, già con le luci accese e oscurità incombente, per cui, anche qui, l’utilizzo del flash era obbligatorio.
Infatti, nonostante il 31 agosto sia stata una bella giornata di sole, a quell’ora il buio della notte era ormai imminente e come avevo previsto il flash ha dominato la festa.
Nell’attesa dell’evento ho iniziato a fare alcune prove con i lampeggiatori presenti nel mio corredo un Nikon SB 910 e un Godox V350 N. Il secondo è risultato essere troppo piccolo per la situazione ed il primo, dati gli anni sulle spalle (1/2014), ha una lampada non più molto efficiente ed una ricarica lampo, pur con batterie cariche, sensibilmente lunga. Quindi, dopo un momento dove il panico stava prendendo il sopravvento, ho iniziato a rileggere i diversi articoli presenti su Nikonland sui flash e quando ho riletto la prova del Godox V1, sia di Max (V1: Semplicemente un drago) che di Mauro (V1: Senza pensieri!), seguito da un commento molto positivo di uno che ci lavora come Dario Fava, ho deciso di aggiungere al parco flash il Godox V1 Pro-N, visto che dal mio rivenditore online era in offerta ad un prezzo allettante. Grazie a Nikonland di esistere.
La scatolaFlash completo di accessori, con la cupola opalina (AK-R 11) ed il diffusore (AK-R13), non facenti parte del corredo della confezione, ma acquistati a parte.
V1-Pro con inserito il componente di luce di riempimento staccabile “SU-1”, che consente di fungere da luce di riempimento, quando la parabola è orientata in alto o di lato, per sfruttare la luce riflessa. In pratica la vera differenza fra il V1 ed il V1-Pro.
La batteria presenta la presa USB-C per la ricarica, non presente su quella del V1.
Monitor e pannello di comando
Si può inserire manualmente anche il funzionamento in manuale o in TTL tramite un cursore posto in alto a destra del vano batteria (non presente nel V1), mentre in basso a destra si trova il pulsante per la rimozione della stessa.
V1 senza l’illuminatore di riempimento staccabile “SU-1”.
Di seguito inserisco alcune foto eseguite per provare l’attrezzo, prima del severo utilizzo nell’evento non ripetibile. Le foto sono state fatte con il flash montato su Z 8 e 105mm MC F.2.8 VR S, tranne l'ultima scattata con la Z 8 e 24-120/4 S
Venendo allo strumento in parola, posso solo dire che il titolo di Mauro “V1: Senza pensieri” corrisponde a verità assoluta. Infatti, anche senza leggere il manuale delle istruzioni, il pannello dei comandi è di facile intuizione ed agevolmente programmabile. Nell’uso con la Z 8 (che si sposa a meraviglia) in “TTL”, ho adoperato una sottoesposizione sul flash di 0,3 o 0,7 stop, a seconda di come l’ho utilizzato. Con la parabola nuda (-0,7 stop), con innestato il diffusore (-0,3), con la cupola opalina nessuna correzione.
Sia il diffusore che la cupola sono accessori assolutamente indispensabili, sia per attenuare che per diffondere ulteriormente il lampo. Inoltre, questi due accessori, si montano in un attimo con dei semplici contatti magnetici (idea meravigliosa).
Il V1-Pro copre un angolo che va dal 28mm al 105mm e la parabola motorizzata si adatta automaticamente all’ottica utilizzata e segue perfettamente i movimenti dell’eventuale zoom utilizzato.
Altra cosa molto positiva è il brevissimo tempo di ricarica del lampo, in pratica un battito di ciglia. Infatti, il flash è sempre pronto a far luce, che in modalità “TTL”, dosa sapientemente con ogni tipo di lettura esposimetrica.
Per montare lo strumento sulla slitta porta flash basta girare una ghiera verso destra fino a sentire un clic e per toglierlo basta premere il pulsante di sblocco presente sulla citata ghiera ed il gioco è fatto.
Mi scuso per la scarsità di nozioni tecniche sull’uso del V 1 che rimando ai due esaustivi articoli di Max e Mauro che sono dei veri maestri nell’utilizzo dei flash, mentre io sono solo all’elementari.
Purtroppo, non ho la liberatoria per pubblicare le foto della cerimonia, ma se mio figlio, visto che lui frequenta facebook, trova foto della festa, mi riterrò libero di fare altrettanto e le posterò.
Le immagini, sono state scattate con la Z 8 ed il 24-120/4 S con il flash montato sulla slitta ed una volta scaricate sul “PC”, hanno sorpreso anche il sottoscritto, in quanto erano già buone. Dopo alcuni aggiustamenti (il più delle volte ritocchi all’inquadratura) sono state subito donate alla committente, che ha ampiamente manifestato il suo apprezzamento, anche se io non sono mai soddisfatto.In conclusione, questo Godox mi ha fatto fare la pace con questo tipo di luci, che fino ad ora ho usato ma mai amato. Con questo V1, non ho avuto lampi violenti o chiazze di luce sui volti, ma morbide carezze di luce, un’illuminazione ben distribuita delle scene sia lavorando con grandangolo che col medio tele ed l’eliminazione assoluta degli occhi rossi. Un ulteriore miglioramento ci deve essere dal lato dell’utilizzatore.
Conto di popolare con altre immagini scattate con il V1 Pro questo blog, per avvalorare con ulteriori prove pratiche le ottime impressioni ricavate dal breve ma intenso utilizzo di questo interessantissimo flash.
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Ursus Arctos. Finalmente l' orso.
Testo e foto di Jorgos Hatziangelidis
I tubi erano altissimi e si diramavano insieme ai rami degli alberi per piu’ di cinque - sei metri nella parte piu’ alta della foresta slovena. La loro funzione e’ di portare in alto l’odore umano, lontano dai sensori olfattivi del carnivoro terrestre più grande d’Europa : l’orso bruno.
L’orso non è una specie rara in Slovenia, paese che ospita una fiorente popolazione di orsi bruni, Ursus arctos, il cui numero supera i 1100 individui. Vagano nelle foreste della Slovenia meridionale, occidentale e centrale, con le densità più elevate riscontrate nelle estese foreste dinariche. Gli orsi sono molto timidi ed evitano il contatto umano, sono attivi soprattutto di notte e al crepuscolo.
A prima vista l’orso è un animale corpulento e impacciato, ma può essere molto veloce. Con artigli taglienti può scavare in terra o arrampicarsi sugli alberi. Quando si posiziona sulle zampe posteriori non è pronto ad attaccare, ma semplicemente osserva l’ambiente circostante. Ha i sensi dell’ olfatto e dell’udito molto sviluppati, mentre la sua vista è meno efficiente. Quando e’ alla ricerca di cibo il senso che prevale è l’olfatto, in quanto può percepire l’odore di un cervo morto o di altra selvaggina da diversi chilometri di distanza.
Sono chiuso in un capanno di legno, piccolo e spartano al quale sono collegati i tubi che ho descritto prima. Le dimensioni dello spazio sono minime, giuste per ospitare appena due persone con la propria attrezzatura, due sedie e due posti per il posizionamento dell’ obiettivo. Il vetro per l’ osservazione, dell’ ambiente circostante, e’ riflettente all' esterno in modo che gli animali non possano vedere le figure delle persone all’interno del capanno. Resta la gestione del rumore. In questo senso la costruzione di legno non e’ isolata e bisogna stare al suo interno in perfetto silenzio.
Sono da solo, tiro fuori la mia attrezzatura e occupo tutte due le postazioni. Una con il 300/2,8 montato sulla Z9 controllato tramite una testa gimbal mentre sulla seconda postazione posiziono il 600/6,3 sulla Z8 apoggiato su una bean bag.
Il silenzio della foresta, quasi assoluto, accoglie le mie ansie per l’ avvistamento tanto atteso. I miei sensi si espandono nel verde, nel sussuro leggero del vento tra le foglie degli alberi. Nella mia ricerca mi sento piu' a contatto con la natura.
Il tempo passa ma non succede niente. Dopo quasi un’ora qualcosa si muove finalmente, in fondo tra i cespugli, a 30 metri piu’ o meno dalla mia posizione. Un paio di volpi entrano in scena giocando. Gioco anch’io con loro cercando di fare qualche inquadratura interessante con il 600/6,3.
1. Nikon Z8, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR, f/6,3, 1/2500s, iso 2000, af-c, 3D-tracking. Fortissimo ingrandimento-ritaglio.
Sono tranquille mentre si spostano di qua e di la’. Passano 20 minuti abbondanti quando qualcosa che non riesco a vedere blocca i loro movimenti. Annusano l’aria e all’improviso scappano senza pensarci due volte. Scruto con attenzione lo spazio circostante ma non vedo e nemeno sento qualcosa.
Dopo qualche minuto alla mia destra e a soli 10 metri di distanza vedo la figura pelosa e marrone di un orso giovane. Sembra che cerchi qualcosa. Sento il suo respiro ansioso, anzi sento due respiri e infatti percepisco subito la presenza di un secondo orso che segue il primo. Non sono molto grandi e si capisce che sono giovani, forse due fratelli. Attraversano la scena davanti al mio capanno e si spostano alla mia sinistra. Il loro atteggiamento e’ inquietto come se cercassero qualcosa. Si alzano continuamente nella posizione eretta, sulle zampe posteriori, per catturare l'odore proveniente dal profondo della foresta. Alla fine scappano spaventati lasciandomi sbalordito e molto incuriosito.
2. Nikon Z9, AF-s Nikkor 300mm/2,8G ED VR, f/2,8, 1/6400s, iso 1000, af-c, 3D-tracking.
Ed ecco il motivo. In fondo alla foresta, proprio davanti al mio capanno, si muove una massa enorme di muscoli, tra i cespugli e gli alberi appare un orso bruno gigante.
3. Nikon Z8, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR+ Nikon Z TC-1,4x @ 840mm, f/9, 1/500s, iso 3600, af-c, 3D-tracking.
L’ episodio appena raccontato e’ solo un piccolo assaggio di quello che si prova fotografando immersi nel regno di questa meravigliosa creatura.
Scene vissute intensamente e con emozione, soprattutto quando finalmente si incontra una mamma con i cuccioli.
Gli scatti si trasformano in ritratti espressivi, ma a questo punto meglio lasciar parlare le immagini.
4. Nikon Z9, AF-s Nikkor 300mm/2,8G ED VR + Nikon TC-1,4x @ 420mm, f/4, 1/6400s, iso 320, af-c, 3D-tracking.
6. Nikon Z9, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR+ Nikon Z TC-1,4x @ 840mm, f/9, 1/320s, iso 1600, af-c, 3D-tracking.
7. Nikon Z9, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR, f/6,3, 1/640s, iso 1100, af-c, 3D-tracking.
8. Nikon Z9, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR+ Nikon Z TC-1,4x @ 840mm, f/9, 1/320s, iso 1600, af-c, 3D-tracking.
9. Nikon Z9, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR, f/6,3, 1/640s, iso 1250, af-c, 3D-tracking.
10. Nikon Z8, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR+ Nikon Z TC-1,4x @ 840mm, f/9, 1/640s, iso 2000, af-c, 3D-tracking.
11. Nikon Z9, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR, f/6,3, 1/320s, iso 1600, af-c, 3D-tracking.
12. Nikon Z9, AF-s Nikkor 300mm/2,8G ED VR, f/2,8, 1/500s, iso 450, af-c, 3D-tracking.
13. Nikon Z8, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR, f/6,3, 1/400s, iso 1600, af-c, 3D-tracking.
14. Nikon Z9, Nikkor Z 600mm/6,3s PF VR+ Nikon Z TC-1,4x @ 840mm, f/9, 1/320s, iso 1600, af-c, 3D-tracking.
L’ attrezzatura:
- Nikon Z9 + Pro Grade 325GB Cobalt
- Nikon Z8 + Pro Grade 165GB Cobalt
- AFs Nikkor 300mm/f2,8G ED VR
- Nikkor Z 600mm/f6,3s VR
- Nikkor TC-EII 1,4x
- Nikkor Z TC-1,4x
- Wimberley WH-200 II Gimbal Tripod Head
- Nikon Prostaff P7 10x42
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Con o senza lampione?
Nella votazione alla mia foto "Vedetta" del Contest di luglio @NicoKosc mi ha suggerito di "togliere" il lampione.
Sfruttando le potenzialità di LR ci ho provato (da correggere alcuni artefatti)
Con Vedetta
senza Vedetta
Non so. Io continuo a preferire con Vedetta ma non in maniera netta e precisa. Senza non mi dispiace ma...
Voi cosa dite? Quale preferite?
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La fatica dei nuovi arrivati
come sapete mi sono spinto con il lungo, e così con il nuovo arrivato si è subito (ri)presentata la prima occasione per inaugurare i 3 nuovi arrivati ... lo so sono tante foto ma devo pur recuperare la mia latitanza, ed in fondo scorrono via in sequenza in un batter d'occhio come le ns z orami ci viziano
Da anni ormai una famigliola (sempre la stessa? i discendenti?) di pigliamosche nidifica nel ns terrazzo, quest'anno il lampadario (una vecchia nassa) era completamente andato e così a Pasqua lo abbiamo sostituito con qualcosa di simile risistemando con cura il fondo compreso del vecchio nido; ed eccoci a giugno il nido è piaciuto ancora 3 uova e lampadina smontata
siamo a luglio le uova si schiudono, uno purtroppo non è sopravvissuto,
i 2 in piena forma ed il terzo orami abbandonato ai margini fuori dal nido,
hanno fame ed è un susseguirsi di richiami e consegne
pasto consegnato! ed il 600 lo risolve alla grande
un sol boccone
presentiamoci,
papà (?)
e mamma (?)
e rolling shutter (?)
è l'ora di avventurarsi e provare a volare, gatti, poverini, reclusi in casa; diminuiscono i rifornimenti di cibo dei genitori che appostati vicino chiamano e incitano a gran voce nonostante le lamentele dei piccoli.
la mattina presto uno, indubbiamente il più vivace e pronto nello sbattere le ali, spicca il volo: purtroppo senza che me ne accorgessi
il secondo invece non era ancora pronto, alla fine salta giù ma non vola più di tanto, atterra sul terrazzo ed inizia un lungo dialogo con i genitori fatto di prove tentativi ed adescamenti pur di convincerlo
Ancora qualche avvicinamento per convincerlo
E ancora qualche tentativo
siamo proprio un disastro, sia io che lui ...
Riproviamo con il cibo, perchè intanto il tempo passa ed i tentativi stancano
qui il genitore porta il cibo, ma in realtà lo trattiene rimanendo per qualche secondo a mezz'aria come ad invitare il piccolo a seguirlo: non ha funzionato! il piccolo non si è convinto ed è rimasto giù.
ho anch'io la foto dell'anno delle olimpiadi: tira anche vento, con ancor più fatica, e gli aghi di pino imperversano
ma torniamo al tentativo
eccomi, eccomi sono qui
dai vieni fa un salto tu
non ci penso proprio, ho fame!
e non se hai fame prova a seguirmi la mosca me la tengo io
così non vale!
Tutti questi dettagli, peraltro sono durati una frazione di secondo e li ho potuti apprezzare solo rivendendo le foto! (con i 30 frame/s in jpeg per quel che mi consente la Zefina ed i 600mm); foto tutte lasciate così come venute e solo selezionata tra le migliaia
Purtroppo sono dovuto ripartire, ma spero di potervi raccontare, comunque, il lieto fine
Appostamento a pochi metri dietro la persiana che fortunatamente ha le listelle basculante ed apribili (e che il 600 magicamente fa sparire)
Dovrò imparare ancora molto (ed ora inizio a intuire molti dei vs commenti sui lunghi e le loro differenze), nel maneggiare (ho volutamente lasciato una sequenza in cui non sono riuscito a seguire il soggetto ma solo la sua ombra) e nei settaggi della fotocamera (pdc, Iso, messa a fuoco, errori quanti ne volete) : ma una mezza idea e l'ho ... e ve la proporrò!
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5. SELLIGMAN ( ARIZONA )- ROUTE 66- Mr D'z DINNER ( +230 km )
In avvicinamento a Los Angeles, percorriamo un tratto della famosa ROUTE 66( costruita nel 1926). Un tracciato che collega CHICAGO a LOS ANGELES( SANTA MONICA) passando per il cuore degli STATES per ben 3940 ed attraversando 8 stati.
In tale percorso abbiamo fatto una breve sosta a SELLIGMAN per rifocillarci presso il Mr D'z DINNER ,grazioso locale in stile americano/messicano, serviti da graziose cameriere messicane con abbigliamento tipico di quel locale.
Altra location d'obbligo e' il BAGDAD CAFE', locale semi dimesso ispirato ad un film del 1987 relativo ad un motel nel deserto dell'Arizona, posto sporco, fumoso e pittoresco ove si incontravano strani tipi.
Tale locale, quasi identico da quanto su descritto, aveva di tutto e di piu' : dalle tipiche targhe metalliche dei singoli Stati, alle magliette riproducenti la ROUTE 66 o ,all'ingresso, una parete tutta tappezzata di dollari autografati dai visitatori.
Non potevano mancare due particolari proprietari in pieno stile del locale e del luogo.
In questa localita' si respira la vera America degli anni 60: lungo la strada vi sono numerosi locali, insoliti per i nostri canoni, che con vari cimeli, auto dismesse, bambole od altro , attirano l'attenzione dei viaggiatori invogliandoli a fermarsi.
NOTA RELATIVA AI TRASPORTI , VISTO CHE SIAMO SULLA ROUTE 66
In tutto il viaggio, percorso rigorosamente in pulman ( 2750 km)su autostrade Federali e degli Stati, cio' che piuì mi ha colpito e' la mancanza, lungo il tragitto, di distributori di carburante.
Gli autoveicoli ed in paricolar modo i motoveicoli ( capacita' inferiore dei serbatoi), sono obbligati ad un oculato calcolo delle percorrenze e dei rifornimenti; ogni errore di pianificazione puo' costar caro. Occorre uscire dall'autostrada e dirigersi
verso la citta' piu' vicina. Il tutto nella considerazione che il territorio americano e' grandissimo.
i camion , come grossi pachidermi dal muso pronunciato ( esigernze di manutenzione del motore) sono pressoche' uguali. Belli da vedere , viaggiano tranquilli lungo le enormi distese.
Discorso a parte per i bus adibiti a trasporto persone ( simil nostri FLIXBUS ), manco l'ombra. Solo auto e qualche moto.
NOTA SUI TRASPORTI FERROVIARI
Gli americani non amano usare i treni per i loro spostamenti, essendo le ferrovie mal gestite.
Per il trasporto merci ,invece , le ferrovie funzionano eccome. Ho potuto osservare lungo il tragitto ,, treni composti da 150 pianali e piu', con sopra caricati anche due containers da 40 piedi, trainati da ben quattro locomotori dii cui due in testa e due in coda.
La lunghezza del convoglio puo' toccare anche gli 8 km. E' impressionante vederli transitare con quella mole.
6. LOS ANGELES
Seconda citta' per numero di abitanti della California, situata nella parte meridionale presso la costa dell'Oceano Pacifico.
E' una citta' particolarmente coinvolgente coi suoi numerosi quartieri ed attrazioni legate all' industria cinematografica: famosi i quartieri sfarzosi di BEVERLY HILLS, frequentato da molte attrici del cinema, gli studi DOLBY THEATRE
che ospitano la cerimonia degli Oscar, l'Osservatorio Astronomico GRIFFITH, la collina di HOLLIWOOD, gli studi UNIVERSAL; tutto attira la curiosita' dei turisti.
OSSERVATORIO ASTRONOMICO GRIFFITH
CHIESA MORMONE DI GESU' CRISTO
WALT DISNEY CONCERT HALL
Non mancano numerose piazze in cui si respira " aria messicana " ove la popolazione immigrata socializza ballando tipici balli nazionali.
Finiamo il tour con l'ultima meta, SANTA MONICA, la Rimini locale situata sull'Oceano Pacifico ove termina/ inizia ( dipende da come la si guardi) la ROUTE 66 che, come precedentemente detto, termina a CHICAGO.
Localita' a connotazione turistica, piena di attrattive di ogni genere, compreso campi da basket aperti al pubblico, palestre all'aperto, intrattenimento con artisti di strada e, per finire lo spettacolo dell'Oceano Pacifico che si staglia
dinanzi a noi.
Sul pontile , in bella mostra e meta di turisti per un selfie ricordo, il cartello che indica " termine della ROUTE 66".
7. NOTA FINALE CIRCA LE ABITAZIONI
Le case ed i palazzi non sono costruite con le pareti in calcestruzzo bensi', con pannelli in legno . Il tutto ricoperto con preparati per intonaco e il gioco e' fatto.
BUONA VISIONE
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Un utile programma per paesaggisti
Chi si dedica alla fotografia di paesaggio, spesso decide di includere Sole e Luna nelle foto, sapere esattamente dove e quando questi saranno favorevoli all'immagine aiuta molto il risultato. Se il Sole è ampiamente prevedibile nel suo spostamento all'orizzonte, la Luna, in virtù della sua orbita lo è molto meno inoltre le condizioni per cui la luminosità del paesaggio e quella della Luna siano bilanciate per ottenere una giusta esposizione si verificano mediamente una o due volte al mese, esiste un programma che fornisce molte informazioni a riguardo, si chiama PhotoPills ed è con questo che ho progettato il mio scatto.
qui potete vedere il punto in cui mi trovo e la retta azzurra indica il punto da dove sorgerà la Luna
ed ecco uno degli scatti, nei primi la Luna era più spostata a sinistra Nord e ovviamente poi si è spostata verso Sud, a casa poi mi sono accorto che nella foto erano presenti due daini
questo il primo scatto a dimostrare l'esattezza del programma!
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Colpa del sito cancellato....
Il vecchio sito di Nikonlander di fatto non esiste più, tante cose no, tantissime cose non sono più rintracciabili.. puff sparite.. allora mi sono detto: cosa hai salvato? e dando una scorsa.. ho visto che qual'cosa di quanto pubblicato da me era salvo.. e rileggendo....
E una grandissima vergogna... ma cerco di rimediare, parecchio tempo fà, un'autore che ora non è più presente su NL ( e questo a parere personale è un vero peccato ) ha prodotto dei ritratti di alcuni Nikonlander.. ovviamente i primi sapete già chi furono.. un giorno, tocco a me e, nelle varie risposte date alla fine del pezzo, vi era una richiesta di Pedrito.. le sarebbe piaciuto vedere la mia faccia prima di quando mi ha conosciuto di persona.. un pochino in avanti con l'eta.. avevo una ventina d'anni, la macchina che mi ero permesso era una Praktica Nova.. fatta a Dresda.. e quasi da subito.. un 200 mm, o forse era un 135.. non lo ricordo.. ecco questa è una stampa fatta da me ( malissimo.... dell'epoca ) e spero con un sacco d'anni di ritardo di accontentare Pedrito..
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[street] Fotografando Otranto
(Questo post è stato pubblicato per la prima volta l'8/8/2016 su Nikonland.eu)
Otranto, sulla costa adriatica della Puglia nella penisola salentina, è il comune più orientale d'Italia.
Cittadina di grande bellezza per le sue vestigia medioevali e per la sua storia secolare di terra di confine fra oriente ed occidente grazie al ruolo del suo porto, è stato prima centro greco e romano, poi bizantino, quindi normanno e aragonese.
Il suo castello, le sue chiese, i suoi palazzi splendidamente restaurati e conservati ne hanno fatto una meta turistica e culturale fino a diventare nel 2010 Patrimonio culturale dell'UNESCO quale Sito messaggero di pace, e ad entrare nel club dei Borghi più belli d'Italia promosso dall'ANCI.
Ogni anno è meta di visita di turisti provenienti da ogni dove, e il suo caratteristico borgo noto ormai in tutto il mondo è fra i più conosciuti e fotografati.
Difficile quindi ritrarlo in modo nuovo e originale, e il cancello del porto turistico sembra appunto voler ammonire chi voglia provarci!Nondimeno io ho voluto tentare, cercando qualche scorcio e situazioni meno sfruttati che raccontino il luogo e la sua atmosfera per come li ho visti io.
Enjoy!
(aprire le foto)
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Viltrox 56mm f1,7...Unboxing
Preso per dotare la mia ZFc di un mediotele Luminoso Piccolo ed AF.
Ultimamente quando uscivo per "Umani" o Paesaggi Urbani con la Leica Q2 e la ZFc dotavo quest'ultima o del TTArtisan 50mm oppure di uno dei mediotele Nikon Ai-Ais che possiedo. Ma mi sono reso conto che il num. di foto con la ZFc sfuocate o mosse erano "troppe". Alla fine cercando in giro ma soprattutto leggendo qui su Nikonland le Lodi su questa marca, mi sono deciso a comprare questo piccolo leggero luminoso mediotele e soprattutto AF, da poco uscito perchè mi sembrava veramente adatto ed a misura di ZFc. Ci sono anche, sempre Viltrox, mediotele Full Frame ma sono decisamente più ingombranti e più costosi (questo l'ho pagato 199,00€) e poi ho già l'85mm NikonZ che ho usato infatti anche sulla ZFc niente da dire sui risultati ma davvero ingombrante e sproporzionato per la Zetina Vintage.
Allego qualche foto rubata o quasi al Bar per mostrare i risultati a chi fosse interessato a questo tipo di ottica APSc...
Unboxing con il cellulare, le foto dimostrative logicamente con ZFc in Manuale, Iso Auto, Pictures Control Monochrome nessuna PP.1/2500 f2
1/2500 f2
1/1000 f2
1/1000 f2
1/1000 f2
1/1000 f2
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1/125 f5,6
1/125 f5,6
1/100 f5,6
1/250 f5,6
1/320 f2,2
1/320 f2,2
1/320 f2,2
1/640 f4,5 +1
1/640 f2,2 +1
1/320 f2,2 +0,3
1/320 f2,2
1/800 f2,2
A me sembrano decisamente passabili...Forse e dico forse l'AF non è particolarmente reattivo, ma non so se è da imputare al Viltrox o alla ZFc, magari farò delle prove...
Mi sono accorto ora che non ce n'è nessuna ad f 1,7 - 15
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Puna argentina: tutto un altro pianeta
Desertum: lasciato in abbandono.
È la parola che i latini usavano per indicare un luogo disabitato. E qui, a due passi dal cielo, su un altopiano sdraiato tra i 3.400 e i 4.600 metri, dieci milioni di anni fa la natura ha dimenticato un angolo di pianeta, rimasto immutato da quei tempi lontani. Un deserto costellato di montagne, vulcani, pianure di sale, lagune colorate. Una distesa immensa, pressoché disabitata, un vuoto da riempire con il pensiero. A questo universo ancestrale nel nordovest dell’Argentina gli antichi abitanti, probabilmente i Quechua, diedero il nome di Puna, che significa “alto” ed è la prosecuzione naturale del deserto di Atacama, in Cile, o del Salar de Uyuni, in Bolivia.
Autunno, inverno e primavera (australi) rappresentano le stagioni secche, mentre per un breve periodo dell’estate si possono verificare precipitazioni, spesso a carattere nevoso. Questo periodo è fondamentale per garantire le risorse idriche al resto dell’anno e le pendenze mediamente lievi e un terreno poco permeabile fanno sì che l’acqua scorra lentamente sulla superficie. Si formano così le paludi d’altura che trattengono l’acqua sull’altopiano, rendendo possibile la presenza di flora e fauna.
Nel mio tour, si parte (e si rientra) dai mille metri della città di Salta e poi su fino ad un’altezza media di pernottamento di 3.500 metri. Sembrerà strano ma a queste altezze non si fatica solo a camminare ma anche digerire e dormire diventa difficile.
“In un posto così non ci si viene da soli”, raccomandano le guide. “Sono necessari fuoristrada, mappe, telefono satellitare, scorte di acqua e carburante: bisogna, insomma, organizzare una vera e propria spedizione”.
La Puna argentina è grande circa la metà dell’Italia, ha l’aspetto dell’altopiano d’altura, ma geologicamente è una cordigliera vulcanica. Le piste segnate sono poche e i villaggi abitati sono sperduti nel nulla, gli itinerari possibili sono infiniti e ognuno può modulare il proprio come preferisce.
L’economia di questa terra è ed è sempre stata l’attività mineraria. Negli anni Quaranta era in costruzione la linea ferroviaria che avrebbe collegato Salta (Argentina) al porto di Antofagasta (Cile), sull’Oceano Pacifico per il trasporto su rotaia dello zolfo. Negli anni Settanta, con la chiusura delle miniere dovuta a un inspiegabile piano economico imposto dall’allora governo dittatoriale, l’intera zona si spopolò. Oggi, l'estrazione mineraria riguarda soprattutto litio, piombo, argento, zinco, sale e idrocarburi.Ogni giorno si può andare alla scoperta di un angolo diverso di Puna argentina. Le piste che vi si inoltrano corrono tra rocce e minerali messi a nudo dalla mancanza quasi totale di vegetazione, solo la presenza dei lama e delle vigogne danno la sensazione di essere ancora sulla Terra.
Cerro de los catorce (14) colores dal Mirador della Sierra del Hornocal
Cerro de los siete (7) colores
dalla Ruta Provincial 52
Salinas Grandes
Ojos de Salar
Viadotto della Polvorilla
Lama
dalla Ruta Nacional 40
dalla Ruta Nacional 40
Sciacallo sul Passo Abra del Acay
dalla Ruta Nacional 40
dalla RN 40 vista del Nevado del Acay
Lama con cucciolo
Salar de Pozuelos
Mina abandonada del Salar del Hombre muerto
Cementero Mina
dalla Ruta Provincial 43
Vigogna
Struzzo
Salar de Antofalla
Salar de Antofalla
Salar de Antofalla
Lama
Cucciolo di Vigogna
Mirador del Real Grande
Cima Volcan Galan
Laguna Diamante
Laguna Diamante
Laguna Diamante
Laguna Grande
Campo di Pietra pomice
Campo di Pietra pomice
dalla Ruta Nacional 40
Parque Nacional los Cardones
Parque Nacional los Cardones
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Mostra: Dal cuore alle mani: Dolce&Gabbana
Milano, Palazzo Reale
Mostra: Dal cuore alle mani: Dolce&Gabbana
Non tutti amano, o meglio comprendono le estrosissime creazioni di alta moda confezionate dagli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana, uno su tutti il sottoscritto, ma non si può che rimanere ammirati per le vere e proprie opere d’arte (alla pari di dipinti e sculture) che scaturiscono dalla modellazione e sapiente cucitura dei vari tessuti.
Le foto che seguono (Zf con 24-120/4) ne sono un chiaro esempio anche se non rendono appieno quello che invece l’occhio può vedere.
Il percorso espositivo si sviluppa attraverso 10 sale che esplorano 10 differenti temi.
Ad accogliere il visitatore nella prima sala dedicata al Fatto a Mano i dipinti ispirati al Grand Tour delle collezioni Alta Moda di Dolce&Gabbana firmati da Anh Duong.
A seguire, L’arte e la maestria del vetro, dove i minuziosi dettagli di ricami e cristalli che arricchiscono gli abiti incontrano lavorazione del vetro veneziano.
La terza sala è un tributo a “Il Gattopardo”, dove gli ambienti della versione cinematografica di Luchino Visconti del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sono rievocati a Palazzo Reale con un setting immersivo che riproduce la famosa scena del ballo.
Al tema della devozione è dedicata la quarta sala, che si presenta avvolta in un’atmosfera barocca: sotto l’egida del Cuore Sacro, lo spazio presenta un contemporaneo sancta sanctorum, uno scrigno che custodisce una selezione di creazioni di Alta Moda e Alta Gioielleria che alternano il fascino del nero Sicilia all’opulenza dell’oro.
Ma il cuore della mostra è la quinta sala, che fornisce uno speciale (ed emozionante) scorcio su quella pratica laboratoriale che è il fulcro dell’Alta Moda, dell’Alta Sartoria e dell’Alta Gioielleria di Dolce&Gabbana: uno spazio che riproduce fedelmente gli ambienti della sartoria e dei laboratori della casa di moda, e che vede sarti e artigiani lavorarvi realmente (tutti i venerdì dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 18.00), per offrire al visitatore un viaggio nella realizzazione di queste creazioni, dall’ideazione alla finalizzazione.
Il percorso prosegue con un focus sull’architettura, protagonista della sesta sala: un’installazione immersiva di videomapping in dialogo con le opere d’arte rinascimentali che adornano la selezione di abiti posta al centro della sala.
Non poteva mancare la ricchezza della tradizione artigianale siciliana, oggetto della settima sala grazie a una speciale installazione decorata a mano da maestri pittori della maiolica e del Carretto Siciliano.
A contrasto con il coloratissimo universo di quest'ultima, il visitatore accede poi nel candore assoluto dell'ottava sala dedicata a Giacomo Serpotta, maestro del periodo Barocco che dedica il proprio talento alla lavorazione dello stucco e dove trova posto una selezione di abiti della Collezione Alta Moda “Stucchi”.
Chiudono la mostra le ultime due sale, emblema dell'opulenza e della ricchezza delle creazioni della maison: nella nona sala la dimensione del mito, le divinità̀ greche che si materializzano sotto forma di abiti eterei provenienti dalla Collezione Alta Moda presentata nella Valle dei Tempi di Agrigento e una selezione di creazioni di Alta Sartoria impreziosite da eleganti lavorazioni a mosaico celebrano la ricchezza delle basiliche bizantine italiane.
Nella decima sala lo spettatore si immerge nel mondo dell’Opera e si ritrova all’interno di un teatro all’italiana, dove il sipario cremisi e gli ordini dei palchi si aprono su una scena che vede protagoniste le creazioni ispirate alle Opere più̀ amate dagli stilisti, da Turandot, alla Madama Butterfly, dalla Traviata alla Fanciulla del West.
Confessione finale, la mia descrizione delle 10 sale tematiche è solo fotografica, perché lo scritto proviene da chi può effettivamente spiegare il tutto nello specifico (sito della rivista Grazia), che non può essere sicuramente il sottoscritto.
A concludere, il consiglio è questo: Nikonlander, portate le vostre signore a vedere questa mostra (aperta fino a fine luglio), rimarranno estasiate e anche voi seppur titubanti e magari prevenuti all’inizio, uscirete alla fine contenti per averla visitata.
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In parallelo con la mostra di Mario Testino anche Vincent Peters espone a Roma a Palazzo Bonaparte.
E' la stessa serie di immagini già esposte Milano e Bologna; anche questa, come Testino, termina il 25 agosto; è possibile fare il biglietto per la mostra singola (15,00 euro) o cumulativo per le due mostre (20,00 euro).
Peters espone una ragguardevole serie di ritratti di personaggi famosi ma anche alcune opere frutto di lavori personali; circa 90 immagini realizzate tra il 2001 ed il 2021.Per me il tratto distintivo di queste foto è il lavoro sulla luce, anche se alcune stampe presentano evidenti segni di una post produzione per me eccessiva.
Qui alcuni esempi:
Una immagine famosissima di Charlize Theron, per me bellissima (la pubblico nonostante il led verde che riflette sul vetro e che non sono riuscito a ridurre a zero).Due foto note di Peters con Christian Bale e Emma Watson
Vincent Peters ha una particolare predilezione per Monica Bellucci che ha ritratto moltissimo nel corso degli anni (anche nel periodo della gravidanza).
Due immagini della serie Riot, le mie preferite quelle con le statue
Consiglio di approfittare e visitare le due mostre insieme, i percorsi non sono lunghissimi; nel dubbio meglio vederle entrambe.
Tutte le foto sono state realizzate con Nikon Z30 e Viltrox 20 f2.8
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Per chi il powerbank lo vuole grosso. Ecoflow River2
Difficile trovare il powerbank definitivo, alla fine rischi di portarti dietro una serie di "padelloni" che purtroppo si esauriscono presto o non mantengono le aspettative, oggi vi mostro un oggetto che è una via di mezzo tra il camperista (ne esistono anche di più potenti adatti al campeggio) e il powerbank evoluto.
Come power bank è grosso pesa oltre 3kg ma ha alcune caratteristiche che lo rendono migliore di qualunque PB in circolazione.
Intanto esce anche a 220V 300W (600 di picco) ma il valore aggiunto è il tipo di batteria che utilizza. Non una LiPo ma una LiFePo4 ovvero litio ferro fosfato, in grado di mantenere l'80% della carica nominale dopo 3000 cicli di ricarica, con una temperatura operativa molto più bassa e la possibilità di caricare a 360W in un'ora al 100%, si carica ovviamente anche via usb C a 60W, in auto a 100W e con pannelli solari a 110W, ovviamente con tempi più lunghi.
Le uscite sono 220V a 300W, 12V (accendisigari) a 100W e 2 Usb da 12W ed una Usb C a 60W ....
Non è il modello più piccolo, esiste anche il nano ma iniziamo a scarseggiare in autonomia, allora tanto vale un powerbank da 20A.
Comunque, l'oggetto è questo
Qui lo si vede con un MacBook Air acceso al lavoro ed in carica
Segna 38W di consumo e stima un'autonomia di 6 ore
Lo si può usare anche come UPS, alla fine costa come una UPS di qualità ma con più autonomia e meno peso perché la maggior parte utilizza ancora le batterie al piombo.
Ha la sua app di controllo e si collega al Wifi per controllo remoto e aggiornamenti fw.
Che dire di altro... una power station comptta e portabile adatta ad alimentare piccoli dispositivi o caricare più volte i nostri strumenti laddove manca la corrente.
Interessante ma ingombrante il doppio anche la versione da 800W che consente anche di utilizzare dispostivi più energivori.
Questo è il modello RIVER2
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Due passi in centro
Riprendo in mano la macchina fotografica dopo un lungo periodo di inutilizzo. Monto in sella alla bici, dopo un altrettanto lungo periodo di inutilizzo, e mi dirigo verso il centro di Milano dove la lego e proseguo a piedi tra folle oceaniche di turisti.
E quando scrivo oceaniche non sto esagerando:
A naso in su in galleria:
Una via del centro per un attimo più tranquilla:
Manzoni assediato dalle insegne pubblicitarie:
Nel via vai di gente una ragazza sembra aspettare qualcuno:
Piazza San Babila finalmente pedonale e senza i lavori della metropolitana. Ovviamente architetti e urbanisti non hanno pensato a metterci due alberi:
Turisti che sembrano arrivare dagli USA:
e ancora:
Un megaschermo trasmette in loop dei video pubblicitari:
Mi riavvio verso casa. Dei lavoratori smontano un palco di un concerto. E' l'altro lato e forse l'altra faccia di Piazza Duomo:
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Stadio della Canoa di Ivrea
Lo Stadio della Canoa di Ivrea si contraddistingue dagli altri perché si trova al centro della città e per il suo canale di gara: uno dei più impegnativi percorsi europei di slalom.
Il canale di gara è tra i primi 10 impianti più tecnici al mondo:
difficoltà classe IV
lunghezza 230 mt
dislivello 6 mt
portata media 11-13 mcs
pendenza media 3,0%
Ivrea, uno dei 4 centri federale della Federazione Italiana Canoa e Kayak, è il polo di riferimento per l’acqua mossa: discesa, slalom, rafting, extreme slalom.
In questo impianto si sono svolte: le Coppe del Mondo 2016, 2017 e i Mondiali Junior & Under 23 del 2018. - 3
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