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  • Nikonlander

Sto ascoltando l'ultimo lavoro dei Dream Theater, A View from the Top of the World..

Nonostante sia una band metal progressive, quindi un genere non troppo diffuso, è così conosciuta che immagino anche molti di voi li abbiano almeno sentiti nominare.

Una carriera che si avvia verso i 40anni, nascono nel 1985 a Boston per volere del chitarrista John Petrucci, del bassista John Myung e del batterista Mike Portnoy. Sono certamente una della band che ha influenzato maggiormente la scena progressive dagli anni '90 in poi, con album incredibili come Images and Words, Metropolis Pt.2, Six Degrees of Inner Turbolence, A Change of Season ecc. 
Nel 2010 Portnoy decide di abbandonare i DT e per molti, me compreso, è finita un'era. Il sostituto Mike Mangini è un mostro sacro di tecnica, un musicista assurdo, ma Portnoy è unico ed i DT non saranno più gli stessi dopo la sua dipartita. Negli anni la produzione di questa band è cambiata notevolmente, per certi versi si è un po' addolcita con sonorità e strutture dei brani più semplici ed orecchiabili, rimanendo comunque sempre su un livello eccellente almeno dal punto di vista tecnico.

Ascolto moltissimo metal di vario genere ma se c'è una band che ha un repertorio così vasto e di qualità dal quale è possibile estrapolare decine di brani di altissima caratura e sempre bellissimi da ascoltare, beh sono senz'altro i Dream Theater.

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  • Amministratori

Motherless Brooklyn (Original Motion Picture Soundtrack) – Wynton Marsalis  Official Website

Wynton I Love !

Anche con tutta la presunzione di cui è capace.

Precisione e accuratezza anche in una colonna sonora per film, per quanto ben frequentato film...

Rassegna film a Piasco: Che cosa ci siamo persi? - Vallidelmonviso

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  • Nikonlander Veterano

Interessante l'idea del grafico di sparigliare i nomi degli interpreti.
Vorrà giocare sul fatto che sono praticamente tutti noti, uno in particolare per fatti recenti.

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  • Amministratori

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LTE 3 - Levin - Petrucci - Portnoy - Rudess

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  • Amministratori

√ Fulminacci - TANTE CARE COSE - la recensione di Rockol.it

Una scoperta recente nel buio assoluto di proposte attuali: un ragazzetto che ha ritmo e melodia, capace di fare venire in mente cantautori del passato senza fare loro il verso: l'ho visto in TV dalla Mannoia che gli chiedeva le sue origini musicali... Neppure lui le sa, eppure io ci leggo Rino Gaetano, Bennato, Sergio Caputo e quasi meglio del primo De Gregori. E se canta veloce non rappa: si limita alle centocinquanta battute di un certo Cherubini...

 

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  • Nikonlander

Oggi, complice l'atmosfera uggiosa al di là della finestra, sto ascoltando del pop brasiliano di ottima fattura.

La mia passata esperienza di vita in Brasile mi ha lasciato in eredità senz'altro l'amore per la bossa nova e per alcune altre perle musicali di quel paese, Marisa Monte è una di queste. Sto ascoltando l'album Infinito Particular del 2006, un album pop d'autore, con atmosfere rarefatte e rilassanti, con una Marisa mai invadente ma anzi suadente e dolcissima.

Marisa, originaria di Rio de Janeiro, ha raccolto l'eredità popolare di icone della musica brasiliana come Elis Regina e Gal Costa proponendo una musica sofisticata e ricercata in contrapposizione con il graduale declino qualitativo e culturale della scena musicale ormai mondiale e non solo brasiliana. Nello stesso anno di uscita di quest'album è uscito anche Universo ao meu redor, album dedicato al samba rivisto in una chiave moderna, un disco che la stessa Marisa definisce "non è samba, ma di atmosfera di samba".

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  • Nikonlander Veterano

Badlands

Peter Erskine, Dave Carpenter, Alan Pasqua.
Un ottimo album, rilassante al punto giusto anche se al di sotto del valore dei musicisti.

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  • Nikonlander Veterano
Il 8/12/2021 at 22:47, Max Aquila ha scritto:

Motherless Brooklyn (Original Motion Picture Soundtrack) – Wynton Marsalis  Official Website

Wynton I Love !

Anche con tutta la presunzione di cui è capace.

Precisione e accuratezza anche in una colonna sonora per film, per quanto ben frequentato film...

Rassegna film a Piasco: Che cosa ci siamo persi? - Vallidelmonviso

Grande Max: sono al secondo giro :) 

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  • Nikonlander Veterano

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Neil Young, uno degli ultimi grandi dinosauri del rock ancora in circolazione, si ritrova ancora una volta con i Crazy Horse, il suo storico gruppo, per questo album Barn, appena uscito. Si divertono ancora molto questi arzilli nonnetti del rock! La voce di Neil non è più quella degli anni d’oro, ma l’energia scorre ancora a fiumi e ci sono diversi bei momenti in questo disco. Pensate che questo dovrebbe essere il 47esimo album in studio di Neil Young, se non ho fatto male i conti, ai quali si aggiungono diversi dischi dal vivo, tra i quali dei meravigliosi gioielli che negli ultimi anni ha ripescato dai suoi archivi. 
 

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  • Nikonlander

Adoro il film e la sua colonna sonora è davvero sontuosa...firmata da Hans Zimmer. Zimmer ha composto decine di soundtrack, tra le più famose Il Gladiatore....e molti film di Nolan creando con il regista inglese un connubio notevole. 

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  • Amministratori

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Art Blakey and the Jazz Messengers : First flight to Tokyo (1961)
Blue Note, 5 novembre 2021, 192/24

***

Suono spettacolare !
Vorrei ricordare nell'occasione che la mia coppia di cani (purtroppo non ci sono più) del 2010, li ho chiamati Art e Blakey.

Note di copertina :

Nel 1961, Art Blakey fece il suo primo tour in Giappone con la sua attuale formazione dei Jazz Messengers. Era un giovane gruppo di giocatori: Lee Morgan, Wayne Shorter, Bobby Timmons e Jymie Merritt erano tutti poco più che ventenni, mentre Blakey era relativamente uno statista più anziano a 42 anni, e il gruppo stava insieme solo da poco più di un anno con solo due album (The Big Beat e A Night in Tunisia) alle spalle. Questo tour di due settimane avrebbe potuto essere una vera e propria presa di denaro, con Blakey e la band che hanno offerto al pubblico giapponese affamato di jazz una corsa educata e altamente competente attraverso una raccolta di standard bop diretti. È diventato subito chiaro che, grazie alle reazioni entusiaste della folla ad ogni singola tappa del tour, avevano una notevole licenza per lasciare che le cose andassero a rotoli. E infatti lo hanno fatto. L'energia impegnata della folla ha alimentato i musicisti sul palco e il risultato è stato, come documentato in questa registrazione inedita di un concerto di Tokyo alla fine del tour, alcune esibizioni quasi elettriche. Invece di agire come ambasciatori, la band qui agisce più come esploratori, prendendo l'affetto profondo e informato della folla per il jazz come una licenza per camminare con loro in un nuovo terreno che stava veramente passando dall'era del bop. Questo set si apre con una versione sconclusionata e sbarazzina di "Now's the Time" di Charlie Parker che va avanti per oltre 20 minuti. Lontano da una vecchia castagna canuta che viene tirata fuori per riscaldare il pubblico, dà il via allo spettacolo con un lungo e intenso assolo di Blakey che è seguito da un'interazione espansiva ed esplorativa tra Shorter e Morgan. Il tono è impostato per il resto dello spettacolo, che trasmette un'atmosfera calda ma curiosa attraverso una serie di standard. Il lavoro al pianoforte di Timmons risplende così brillantemente in "'Round About Midnight", come ci si aspetterebbe, ma vicino all'ultimo terzo, il suo lavoro alla tastiera lascia il posto a un'esecuzione quasi cosmica di Morgan che rimodella totalmente il carattere dello standard di Monk. C'è un grande equilibrio nel set tra assoli e improvvisazione comunicativa di gruppo, ma non c'è dubbio che Blakey sia il leader, poiché non solo segna il momento più importante, ma fornisce anche il necessario ponte tra il passato e il futuro del jazz. E mentre ovviamente non sta scavando nelle stesse vibrazioni che avrebbe alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 con album come Roots and Herbs e The Witch Doctor, sono anche chiaramente alcuni clic evolutivi oltre il lavoro di creazione del nome dei Messengers dalla fine anni '50. Degno di nota: sebbene la qualità del suono qui non sia proprio di livello audiofilo (è un po' sottile in alcuni punti, specialmente—e sfortunatamente—su fascia bassa/percussioni), per una registrazione "trovata", la fedeltà è comunque ricca e trasportatrice. © Jason Ferguson/Qobuz

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  • Nikonlander Veterano
54 minuti fa, M&M ha scritto:

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Art Blakey and the Jazz Messengers : First flight to Tokyo (1961)
Blue Note, 5 novembre 1961, 192/24

***

Suono spettacolare !
Vorrei ricordare nell'occasione che la mia coppia di cani (purtroppo non ci sono più) del 2010, li ho chiamati Art e Blakey.

Note di copertina :

Nel 1961, Art Blakey fece il suo primo tour in Giappone con la sua attuale formazione dei Jazz Messengers. Era un giovane gruppo di giocatori: Lee Morgan, Wayne Shorter, Bobby Timmons e Jymie Merritt erano tutti poco più che ventenni, mentre Blakey era relativamente uno statista più anziano a 42 anni, e il gruppo stava insieme solo da poco più di un anno con solo due album (The Big Beat e A Night in Tunisia) alle spalle. Questo tour di due settimane avrebbe potuto essere una vera e propria presa di denaro, con Blakey e la band che hanno offerto al pubblico giapponese affamato di jazz una corsa educata e altamente competente attraverso una raccolta di standard bop diretti. È diventato subito chiaro che, grazie alle reazioni entusiaste della folla ad ogni singola tappa del tour, avevano una notevole licenza per lasciare che le cose andassero a rotoli. E infatti lo hanno fatto. L'energia impegnata della folla ha alimentato i musicisti sul palco e il risultato è stato, come documentato in questa registrazione inedita di un concerto di Tokyo alla fine del tour, alcune esibizioni quasi elettriche. Invece di agire come ambasciatori, la band qui agisce più come esploratori, prendendo l'affetto profondo e informato della folla per il jazz come una licenza per camminare con loro in un nuovo terreno che stava veramente passando dall'era del bop. Questo set si apre con una versione sconclusionata e sbarazzina di "Now's the Time" di Charlie Parker che va avanti per oltre 20 minuti. Lontano da una vecchia castagna canuta che viene tirata fuori per riscaldare il pubblico, dà il via allo spettacolo con un lungo e intenso assolo di Blakey che è seguito da un'interazione espansiva ed esplorativa tra Shorter e Morgan. Il tono è impostato per il resto dello spettacolo, che trasmette un'atmosfera calda ma curiosa attraverso una serie di standard. Il lavoro al pianoforte di Timmons risplende così brillantemente in "'Round About Midnight", come ci si aspetterebbe, ma vicino all'ultimo terzo, il suo lavoro alla tastiera lascia il posto a un'esecuzione quasi cosmica di Morgan che rimodella totalmente il carattere dello standard di Monk. C'è un grande equilibrio nel set tra assoli e improvvisazione comunicativa di gruppo, ma non c'è dubbio che Blakey sia il leader, poiché non solo segna il momento più importante, ma fornisce anche il necessario ponte tra il passato e il futuro del jazz. E mentre ovviamente non sta scavando nelle stesse vibrazioni che avrebbe alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 con album come Roots and Herbs e The Witch Doctor, sono anche chiaramente alcuni clic evolutivi oltre il lavoro di creazione del nome dei Messengers dalla fine anni '50. Degno di nota: sebbene la qualità del suono qui non sia proprio di livello audiofilo (è un po' sottile in alcuni punti, specialmente—e sfortunatamente—su fascia bassa/percussioni), per una registrazione "trovata", la fedeltà è comunque ricca e trasportatrice. © Jason Ferguson/Qobuz

Lo sto ascoltando anche io! Stavo appunto venendo qui a scriverne, ma sei arrivato prima tu!

Semplicemente spettacolare!

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  • Nikonlander Veterano
6 ore fa, M&M ha scritto:

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Art Blakey and the Jazz Messengers : First flight to Tokyo (1961)
Blue Note, 5 novembre 2021, 192/24

***

Suono spettacolare !
Vorrei ricordare nell'occasione che la mia coppia di cani (purtroppo non ci sono più) del 2010, li ho chiamati Art e Blakey.

Note di copertina :

Nel 1961, Art Blakey fece il suo primo tour in Giappone con la sua attuale formazione dei Jazz Messengers. Era un giovane gruppo di giocatori: Lee Morgan, Wayne Shorter, Bobby Timmons e Jymie Merritt erano tutti poco più che ventenni, mentre Blakey era relativamente uno statista più anziano a 42 anni, e il gruppo stava insieme solo da poco più di un anno con solo due album (The Big Beat e A Night in Tunisia) alle spalle. Questo tour di due settimane avrebbe potuto essere una vera e propria presa di denaro, con Blakey e la band che hanno offerto al pubblico giapponese affamato di jazz una corsa educata e altamente competente attraverso una raccolta di standard bop diretti. È diventato subito chiaro che, grazie alle reazioni entusiaste della folla ad ogni singola tappa del tour, avevano una notevole licenza per lasciare che le cose andassero a rotoli. E infatti lo hanno fatto. L'energia impegnata della folla ha alimentato i musicisti sul palco e il risultato è stato, come documentato in questa registrazione inedita di un concerto di Tokyo alla fine del tour, alcune esibizioni quasi elettriche. Invece di agire come ambasciatori, la band qui agisce più come esploratori, prendendo l'affetto profondo e informato della folla per il jazz come una licenza per camminare con loro in un nuovo terreno che stava veramente passando dall'era del bop. Questo set si apre con una versione sconclusionata e sbarazzina di "Now's the Time" di Charlie Parker che va avanti per oltre 20 minuti. Lontano da una vecchia castagna canuta che viene tirata fuori per riscaldare il pubblico, dà il via allo spettacolo con un lungo e intenso assolo di Blakey che è seguito da un'interazione espansiva ed esplorativa tra Shorter e Morgan. Il tono è impostato per il resto dello spettacolo, che trasmette un'atmosfera calda ma curiosa attraverso una serie di standard. Il lavoro al pianoforte di Timmons risplende così brillantemente in "'Round About Midnight", come ci si aspetterebbe, ma vicino all'ultimo terzo, il suo lavoro alla tastiera lascia il posto a un'esecuzione quasi cosmica di Morgan che rimodella totalmente il carattere dello standard di Monk. C'è un grande equilibrio nel set tra assoli e improvvisazione comunicativa di gruppo, ma non c'è dubbio che Blakey sia il leader, poiché non solo segna il momento più importante, ma fornisce anche il necessario ponte tra il passato e il futuro del jazz. E mentre ovviamente non sta scavando nelle stesse vibrazioni che avrebbe alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 con album come Roots and Herbs e The Witch Doctor, sono anche chiaramente alcuni clic evolutivi oltre il lavoro di creazione del nome dei Messengers dalla fine anni '50. Degno di nota: sebbene la qualità del suono qui non sia proprio di livello audiofilo (è un po' sottile in alcuni punti, specialmente—e sfortunatamente—su fascia bassa/percussioni), per una registrazione "trovata", la fedeltà è comunque ricca e trasportatrice. © Jason Ferguson/Qobuz

Se potessi, oltre alla coppa, ci scapperebbe l'abbraccio accademico.

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  • Amministratori

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Il Messiah di Handel nell'edizione berlinese edita da Pentatone il 30 ottobre 2020.
Io già sento l'atmosfera natalizia :)

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  • Nikonlander Veterano

Bright Size Life, Pat Metheny

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L'opera prima di Pat Metheny, accompagnato da Jaco Pastorius al basso fretless e da Bob Moses alla batteria. Edizione ECM, gran bella registrazione ma anche gran bel disco. E si era capito subito dove sarebbe arrivato Pat. L'ho visto due volte dal vivo ed ero molto vicino. Uno spettacolo.

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  • Nikonlander
2 ore fa, Max Aquila ha scritto:

Allora ..che mi fate ascoltare oggi?

io ho deciso per il part time oggi...Sono talmente stufo...

avevo bisogno di sentire questo

specialmente l'Agnus Dei

la voce addolorata ma senza enfasi di Meg Bragle e quel crine che si spegne sulla corda nell'ultima strofa...

grandissimo Gardiner (e Giovanni Sebastiano...)

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  • Amministratori

Ah, come sei tragico.
Io sono su un repertorio leggero.

Bridget Cunningham che esegue al cembalo arie arrangiate di Handel

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Signum Classics marzo 2017

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  • Nikonlander
2 minuti fa, M&M ha scritto:

Ah, come sei tragico.

:)

quanto mi piacciono certi pezzi di musica che di tagliano l'anima in due come un coltello

come cantava Springsteen?

Sometimes it’s like someone took a knife, baby, edgy and dull
And cut a six-inch valley through the middle of my soul

A volte è Bach...

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  • Nikonlander Veterano
4 ore fa, Max Aquila ha scritto:

Allora ..che mi fate ascoltare oggi?

Un po' di folk-rock di gran classe?

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e poi Bill Callahan e Bonnie "Prince" Billy insieme in questo nuovo disco, che contiene cover di Cat Stevens, Steely Dan, Hank Williams Jr., Robert Wyatt, Silver Jews, Billie Eilish, così come rivisitazioni di diversi loro brani:

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  • Nikonlander
4 ore fa, Max Aquila ha scritto:

Allora ..che mi fate ascoltare oggi?

Adesso sto ascoltando un disco recente (2020) ma non nuovo di un muscista e produttore inglese Tom Misch ed un percussionista jazz, sempre inglese, Yussef Dayes edito da Blue Notes.

Ultimamente mi stanno intrigando le commistioni tra generi diversi...e questo è molto interessante. 

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  • Amministratori

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nuova rimasterizzazione sui nastri del 1959.

 
 
Someone To Watch Over Me (2021 - Stereo Remaster)
Chris Conner / George Gershwin
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  • Amministratori

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I Put A Spell On You
Nina Simone / Jay Hawkins
  • Jay Hawkins, ComposerLyricist
  • Nina Simone, Vocals, MainArtist, AssociatedPerformer
  • Hal Mooney, Conductor, Producer, Recording Arranger, AssociatedPerformer
  • Rudy Stevenson, Guitar, AssociatedPerformer
  • Bobby Hamilton, Drums, AssociatedPerformer
  • Lisle Atkinson, Upright Bass, AssociatedPerformer

altra rimasterizzazione sui nastri del 1965 in 192/24

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  • Nikonlander Veterano

Holding Together, Steps Ahead

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Forse il più importante gruppo jazz degli ultimi trent'anni. Non pensavo che si potesse fare meglio dei Weather Report. Beh,  gli Steps Ahead ci sono pienamente riusciti. Questo live registrato nel 1999 durante il tour europeo (li vidi in Sardegna proprio quell'estate nella rassegna di Calagonone Jazz) vede impegnata una delle ultime formazioni, un'autentica squadra di fuoriclasse: Mike Mainieri (vibrafono) musicista di un talento incommensurabile; Eliane Elias (pianoforte) meravigliosa e perfetta; Marc Johnson (fuso elettrico) basta il nome; Bob Berg (sax) scomparso qualche anno dopo in un incidente stradale, sassofonista di rara bravura, uno degli ultimi "coltrainiani"; Peter Erskine (batteria), una musicalità mai sentita, una tecnica sopraffina. Ma questo è solo un live e, lo posso dire, io c'ero e di quella serata non ho dimenticato neanche un secondo.

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