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happygiraffe

Nikonlander Veterano
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  1. Mozart, quartetto con pianoforte n.1 K478, trio con pianoforte n.3 K502, sonata per pianoforte e violino n.25 K377/374e, sonata per pianoforte n.4 K282/189g. Julien Libeer, Pierre Colombet, Máté Szücs, Eckart Runge. Harmonia mundi 2025. *** Ecco un bellissimo disco di musica da camera di Mozart. Il programma comprende il primo quartetto con piano, il terzo trio, la sonata epr piano e violino K377 e la sonata per piano K282. Gli interpreti sono tutti dei bravissimi e affermati cameristi, a partire dal pianista Julien Libeer, che ricordo in un bellissimo ciclo delle sonate per violino di Beethoven con Lorenzo Gatto, poi Pierre Colombet, violinista nel quartetto Ebène, Máté Szücs, ora violista del quartetto Keller dopo essere stato prima viola della filarmonica di Berlino, Eckart Runge, violoncellista nel quartetto Artemis. Le pagine di Mozart di questo disco stupende e suonate in maniera incantevole. Ascoltatelo, questo disco vi regalerà più di un sorriso!
  2. Franz Liszt, Via Crucis, Consolations. Leif Ove Andsnes, pianoforte. The Norwegian Soloists' Choir, Grete Pedersen dir. Sony Classical 2025. *** Questo disco, molto particolare e interessante, si concentra sul Liszt più intimo e spirituale, lontanno anni luce dalle pagine brillanti ricche di virtuosismi. Via Crucis è una composizione per soli, coro misto e pianoforte o organo, caratterizzata da una scarna semplicità, che si richiama ai canti gregoriani, ma con quelle arditezze armoniche tipiche dell'ultimo Liszt. Seguono le Conosolations per pianoforte e un paio di Harmonies poétiques et réligieuses, a completare un programma piuttosto insolito. Impeccabile l'interpretazione di Andsnes e amici, sobria e profonda.
  3. Alexander Scriabin, Sonata n.3, Improvvisi opp.7, 10, 12, 14, Fantasia op.28, Poemi, op.32, Valzer op.38. Clément Lefebvre, pianoforte. La Dolce Volta. *** Segnalo questo disco, a mio avviso bellissimo, che il pianista francese Clément Lefebvre dedica allo Scriabin più giovane. Suono caldo, potente, energico, ma non solo: sembra che Lefebvre sappia cogliere perfettamente il senso musicale di queste pagine. Consigliatissimo!
  4. Ma quale dodecafonia??? Verklaerte Nacht è un'innocua opera del giovane Schoenberg, che non era ancora passato al lato oscuro dell'armonia. Tutt'al più è una composizione che può ricordare Wagner.
  5. Alessandro, mi sa che hai chiesto alla persona sbagliata Io ti consiglio: - l'interpretazione storica del 1950 del quartetto di Hollywood (Hollywood string quartet). - sempre per sestetto quella dell'Ensemble Intercontemporain con Pierre Boulez - se vuoi spostarti in tempi più recenti, quella di Isabelle Faust e amici, registrata insieme al concerto per violino. Poi mi dirai quella che ti piace di più.
  6. Grazie, era atteso. Certo che Jean-Efflam sta diventando sempre più simile a Liszt!
  7. happygiraffe

    Marocco

    Complimenti per le foto! Avevo fatto un giro molto simile tanti anni fa e mi è rimasto nel cuore.
  8. A mio avviso non si può mettere da parte la conoscena della ballata di Herder, che ci racconta del tragico dialogo tra madre e figlio, in cui il figlio confessa di aver ucciso il padre e maledice la madre. Per me questa prima ballata deve rievocare un'atmosfera lugubre e sinistra e in qualche modo restituirci un senso di tragedia e disperazione. Venendo alle letture che ci hai proposto, lasciandio da parte il MIDI, Yuja mi pare scolastica e superficiale, Gilels, grandissimo, a mio avviso è quello che rende meglio la disperazione, pestando come un fabbro nei ff nella sezione di mezzo, però è forse fin eccessivo, con un piglio che forse è più adatto a Shostakovich. Gould ci offre un'interpretazione poco rispettosa del segno scritto, ma non per questo poco interessante, anzi. La sezione centrale Allegro (ma non troppo) è suonata lentissima. Katchen, grande brahmsiano, qui non mi convince molto, mentre Brendel, spesso molto misurato e con una dinamica sovente molto ristretta, per via di un problema alle dita che non gli permetteva di suonare troppo forte, qui invece ci mette l'anima ed è forse con Gilels quello che mi è piaciuto di più. Segnalo anche la marmorea e spettrale interpretazione di Benedetti Michelangeli.
  9. Questo è quello che scrive Rana nel libretto che accompagna il disco a proposito dell'uso del pianoforte rispetto al clavicembalo: Io la penso come te, però questo disco a me mi piace molto.
  10. Auguri Max! Salutami Parigi!
  11. Mettendo volentieri da parte Cho e Nelsons, ecco qui un disco bellissimo del 2010 (mi ero scordato di quanto fosse bello!) contenente anche i due concerti di Ravel. Entrambi spettacolari, specialmente quello per la mano sinistra.
  12. Ti consiglio anche questo, se non lo conosci.
  13. Finalmente escono in versione ufficiale gli Etudes di Pollini del 1960, per giunta in 192/24. Si tratta di una registrazione per EMI dell'allora diciottene Pollini, appena vincitore del Premio Chopin, che però ne negò la pubblicazione fino a qualche anno fa quando uscirono con l'etichetta Testament. Tendo a preferirli alla versione del 1972 di DG. Sono più umani e meno estremi. Il suono poi è decisamente migliore rispetto a quello tremendo del disco DG.
  14. Ho avuto modo di provarle e devo dire che mi hanno molto sorpreso. Sono cuffie intriganti, ma decisamente particolari. Non mi sono piaciute per la musica classica, il pianoforte suona in modo tremendo ad esempio, mentre le ho trovate molto divertenti per il jazz. Suonano calde, con bassi pieni, ma frizzanti negli alti della batteria. Non c'è la risoluzione radiografica di altri modelli, ma non l'ho percepito come un problema, anzi. Ho provato ad equalizzarle, con il risultato che diventano certamente più "normali" e lineari, ma perdendo anche molto del loro fascino. Insomma, sono bestie di grande carattere, che sono in grado di offrire ascolti molto divertenti, ma che rischiano anche di deludere chi dovesse prenderle per ascoltarci un po' di tutto. Fortunatamente si trovano a un prezzo di vendita che è un terzo di quello del lancio. Un'ultima osservazione sul fatto che queste cuffie, come le Sundara closed back, nonostante siano chiuse, non offrono un isolamentento acustico particolarmente elevato.
  15. Gli strumenti musicali si sono molto standardizzati, ma se si guarda al passato si scoprono gli strumenti più incredibili. Sul canale YT della Orchestra of the Age of Enlightenment, che impiega strumenti d’epoca o spesso riproduzioni di strumenti antichi, si trovano molti video nei quali i diversi professori d’orchestra parlano con entusiasmo dei loro “attrezzi”. Qui la cornetta: Ma si trova di tutto, dall’incredibile lirone o lira da gamba: Al chalumeau: All’oboe d’amore, etc., etc.: E parlando di voce umana e Handel, abbiamo il celebre tenore inglese Ian Bostridge che ci dice la sua: Grazie per lo spunto, Mauro. Quello dell’evoluzione degli strumenti musicali è un campo molto affascinante che mi ha sempre incuriosito.
  16. Le ho provate per qualche ora (ringrazio l'amico che me le ha prestate!) e confermo tutto quello che è stato scritto sopra. Sono esteticamente molto belle e piuttosto comode. Il suono è molto sbilanciato sui bassi e tutto il resto è molto indietro, cosa mai vista prima in casa Hifiman. Onestamente, faccio fatica ad ascoltarle con tutti quei bassi così pompati e fatico a comprendere un prezzo di listino al lancio così alto (1500€), ma anche il prezzo attuale, che è molto meno della metà, mi pare esagerato. Le ho provate un po' con tutti i generi, ma a parte poche eccezioni (il disco citato sopra di Musica Nuda e un disco di Bill Frisell accompagnato solo da un bassista), le ho trovate sempre piuttosto imbarazzanti. Con la classica, la sensazione che ho avuto è di ascoltare la musica dall'ultima fila del loggione, non da un bel posto centrale in platea. Insomma, il risultato dei miei ascolti è stato solo un gran mal di testa. Non fanno per me.
  17. Sempre a proposito di Cho (spero non ce ne voglia, solitamente sono un suo ammiratore), ieri è uscito questo: Il confronto con François e Cluytens è impietoso, a partire dai tempi, molto comodi per Cho, ma non solo. Provate anche voi a confrontarli, se ne avete voglia. La musica è spllendida, non è tempo perso.
  18. Idem e per le stesse ragioni non mi ha convinto Cho.
  19. Maurice Ravel (1875-1937) è stato uno dei compositori francesi più affascinanti e geniali del XX secolo. Amava sperimentare, giocare con i suoni e con i ritmi, creare atmosfere uniche, anche se non gli piaceva essere etichettato come "impressionista". Il suo stile raffinato e la sua attenzione al dettaglio hanno reso la sua musica inconfondibile, e le sue opere per pianoforte sono delle vere e proprie gemme. Era noto per essere un compositore estremamente lento e scrupoloso, perfezionista fino all'ossessione. Per questo motivo, ha composto relativamente poco: il suo catalogo conta solo circa 60 opere complete. Molte delle sue composizioni per pianoforte sono state trascritte per orchestra e viceversa, come Le Tombeau de Couperin, Alborada del Gracioso e la celebre Pavane pour une infante défunte. Spesso si tende ad accostare Ravel e Debussy, ma in realtà i due compositori avevano approcci molto diversi. Debussy amava l'evanescenza sonora e le armonie vaganti, creando atmosfere molto evocative. Ravel, invece, aveva una scrittura più nitida, strutturata e legata alla tradizione classica. Le composizioni per pianoforte di Ravel sono un viaggio sonoro tra delicatezza e virtuosismo. Ecco le opere più note: Jeux d'eau (1901). Una cascata di suoni ispirata alla magia dell'acqua e influenzata da Liszt. È uno dei primi pezzi in cui Ravel mostra la sua padronanza del timbro pianistico e la capacità di evocare immagini con il suono. Miroirs (1904-1905). Una raccolta di cinque brani altamente evocativi: Noctuelles (falene in volo), Oiseaux tristes (un lamento malinconico), Une barque sur l'océan (una barca ondeggiante), Alborada del gracioso (una danza spagnola piena di virtuosismo) e La vallée des cloches (un paesaggio sonoro tra i rintocchi delle campane). Alcuni di questi pezzi sono stati successivamente orchestrati. Ravel dedicò ciascun movimento di Miroirs a un membro del gruppo di artisti e intellettuali noto come Les Apaches. Questo gruppo, formato intorno al 1900, includeva musicisti, scrittori e pittori che si riunivano regolarmente per condividere e discutere le loro opere34. Il nome "Les Apaches" fu scelto ironicamente, ispirato da un commento di un venditore di giornali che li aveva chiamati "teppisti". Gaspard de la Nuit (1908). Uno dei pezzi più difficili mai scritti per pianoforte, basato su tre poesie di Aloysius Bertrand. Cavallo di battaglia di molti grandi pianisti, uno su tutti Arturo Benedetti Michelangeli. Il primo movimento, Ondine, evoca una ninfa acquatica con un suono fluido e scintillante, Le Gibet (la forca) descrive un'atmosfera lugubre e statica con una nota ostinata che simboleggia una campana funebre, mentre Scarbo è un turbine di note che rappresenta un demone dispettoso e inquietante. Valses nobles et sentimentales (1911): Un omaggio spiritoso a Schubert, che alterna leggerezza e ironia a momenti di intensa espressività. Ravel gioca con la forma della danza e la modernizza con armonie audaci. Le Tombeau de Couperin (1914-1917): Una suite elegante e nostalgica, che riprende la tradizione della suite barocca alla Couperin, ma con il tocco inconfondibile di Ravel. Ogni movimento è dedicato a un amico caduto durante la Prima Guerra Mondiale, rendendolo anche un omaggio personale e toccante. La suite è stata in parte trascritta per orchestra. Pavane pour une infante défunte (1899): Un pezzo delicato e malinconico, scritto originariamente per pianoforte prima di essere orchestrato. Non è una marcia funebre, come il titolo potrebbe suggerire e come alcuni pianisti la affrontano. La pavane (o padovana), era una danza di corte rinascimentale. Qui Ravel vuole evocare l'immagine nostalgica di una piccola principessa che danza. Vediamo ora la discografia, che offre tante possibili opzioni! Alcuni dei più grandi pianisti hanno lasciato registrazioni memorabili delle sue opere. Iniziando da quelle storiche: Walter Gieseking: il grandissimo pianista entomologo è perfetto per Ravel. Fu probabilmente il primo grande pianista del '900 a proporre Ravel. Arturo Benedetti Michelangeli: ogni nota è scolpita nel marmo con una precisione assoluta. Peccato ci siano solo registrazioni dal vivo. In pubblico suonò solo Gaspard e le Valses nobles et sentimentales. Samson François: grandissimo come sempre! Interpreta Ravel con una libertà poetica e un fascino irresistibile. Vlado Perlemutter: poco conosciuto ai più, Perlemuter fu un pianista lituano di origine polacca, ma naturalizzato francese. Ebbe la fortuna di essere allievo di Cortot, ma soprattutto di studiare l'opera per pianoforte di Ravel con il compositore stesso. Trascorse infatti sei mesi di studio a casa di Ravel. E' considerato uno dei massimi esperti di Ravel. Se tecnicamente non raggiunge il livello dei grandi vistuosi (c'è da dire che Perlemuter incise dischi solo in tardissima età), la musicalità, il gusto timbrico, il senso del ritmo sono straordinari. Abbey Simon: un altro grandissimo. Abbey Simon, oggi dimenticato, fu un allievo del leggendario Joseph Hofmann. Le sue interpretazioni di Ravel sono folgoranti. Tempi brillanti, pochi fronzoli, interpretazione che coglie senza esitazione il senso di ogni pezzo. Martha Argerich: questo disco raccoglie quello che la nostra Martha adorata ha pubblicato in diversi dischi nel corso degli anni. Le sue interpretazioni sono elettriche, brillanti. Non si può non citare il suo Gaspard de la Nuit. Passando agli ultimi decenni troviamo diversi pianisti francesi. Jean-Yves Thibaudet. Ottima questa integrale, con molti spunti originali e una grande attenzione agli aspetti timbrici. Jean-Efflam Bavouzet. Bellissima, ma poco conosciuta questa integrale di Bavouzet, che la incise prima del grande successo che ebbe con Debussy. Tempi rapidi, chiarezza cristallina, ma mai freddo, anzi, spesso non manca un tocco di umorismo. Sembra che nei prossimi mesi uscirà una nuova integrale per Chandos. Bertrand Chamayou: i francesi con Ravel è difficile che sbaglino. Molto raffinata e equilibrata anche la lettura di Chamayou, uno dei migliori pianisti francesi in circolazione, ma dovendo scegliere trovo più avvincente Bavouzet. Benjamin Grosvenor. Strordinario pianista inglese. L'approccio è folgorante, lisztiano, simile se vogliamo alla Argerich. Da incorniciare il suo primo disco con Gaspard de la nuit. Beatrice Rana. Questo è un disco stupendo, non solo per Ravel. Le interpretazioni di Miroirs e de La Valse sono piene di sensibilità e passione, incredibilmente vivide. Jean-Paul Poizat batte tutti gli specialisti di Ravel in circolazione. Qui ha inciso tutte le composizioni per e con pianoforte, quindi anche concerti, musica da camera e vocale. Al di là di questo, Poizat è un pianista formidabile e le sue interpretazioni meritano di essere considerate tra le migliori della discografia. Una bellissima sorpresa di fine 2024! Seong-Jin Cho. Uscita molto recentemente, Cho è un ottimo pianista e qui dà sfoggio di tutta la sua incredibile abilità tecnica e coloristica. Con risultati, a mio avviso, molto buoni, ma non sempre pienamente convincenti. Percepisco, e non sono il solo, una eccessiva attenzione al dettaglio e una sorta di compiacimento per l'aspetto timbrico, che vanno a scapito del ritmo e della fluidità del discorso musicale. Notevoli in ogni caso Miroirs e le Tombeau de Couperin. Come vedete gli interpreti raveliani non sono pochi, con i francesi a farla giustamente da padroni, ma non mancano le eccezioni come gli straordinari Grosvenor e Argerich. Se dovessi scegliere tra le varie integrali, ma è difficile perché ogni interpretazione racconta un viaggio diverso, propenderei per Bavouzet (nell'attesa che esca quella nuova) e Poizat, tra quelle più recenti, e per Abbey Simon per quelle più datate, ma senza dimenticare la magia di Perlemuter.
  20. Grazie per la disanima! Personalmente, sono opere che ho sempre trovato piuttosto faticose all'ascolto. Tra i dischi che hai citato, ma che non ho ascoltato tutti, sicuramente Weissenberg è quello che mi ha impressionato di più, per quella furia incalzante che riesce a trovare una coerenza anche dove non c'è. Molto bello anche Lugansky, ma qui forse mi convince meno che nel resto del suo Rachmaninov. Giltburg ha un approccio, non solo in Rachmaninov, un po' rapsodico, fatto di continue accelerazioni e decelerazioni, che può andar bene nei Préludes e negli Etudes-Tableaux, ma che in pezzi più strutturati, come le sonate, possono far perdere la visione d'insieme del pezzo. Per questo stesso motivo faccio fatica a ascoltare il suo Beethoven.
  21. Se mi lasciate qualche giorno, scrivo un pezzo dedicato all'opera pianistica di Ravel e relativa discografia. Tornando rapidamente a questo disco, non dico sia brutto, anzi, ci sono diverse cose belle, ma non si avvicina neanche lontanamente ai miei riferimenti.
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