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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 02/01/2024 in tutte le aree

  1. Dovrebbero cominciare la prossima settimana le vendite della versione con attacco Nikon Z e Sony E, del nuovo superwide ZERO-D di Venus Laowa da 10mm, f/2.8, full-frame, AUTOFOCUS. Il prezzo non è ancora stato determinato. Caratteristiche Ottiche Focale 10 mm Angolo di campo 130.3° Formato FF Diaframma Max. f/2.8 Lamelle diaframma 5 Lenti/Gruppi 15 elementi in 9 gruppi Min. distanza fuoco 0.12 metri Funzionalità Stabilizzazione No Messa a fuoco STM Messa a fuoco interna Si Costruzione e note Diametro filtri 77 mm Paraluce Incorporato Tropicalizzazione No Peso 420 g Dimensioni 82 x 71 mm di questo obiettivo pare che ci sarà anche una versione per Canon RF e Leica L ma solo manual focus.
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  2. 31/12/2023 Oasi di Boscoforte, Valli di Comacchio Pentax 67 II + Ilford Delta 100
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  3. Commercializzazione: Gennaio 2022 Peso:565 grammi Diaframma: 9 lamelle Passo filtri: 67mm Messa a fuoco minima: 19cm Dimensioni : 121x75mm (lunghezza e diametro) Schema ottico: 15 lenti in 12 gruppi di cui 1 SuperED, 1 ED e 3 asferiche, dotato di O-ring anti umidità Stabilizzazione: non presente wide tele A Gennaio del 2022, in un batter d'occhio rispetto i primi rumors, subito dopo la presentazione, viene commercializzato uno zoom standard, fuori dalle roadmap Nikon e affine se non identico all'analogo modello Tamron, azienda con la quale Nikon stringe un rapporto di collaborazione per la realizzazione di un determinato numero di progetti. E' uno zoom trans standard, luminoso, senza stabilizzazione, ben costruito, con uno schema ottico che comprende anche una lente Super ED, abbastanza più leggero del modello Z della stessa luminosità (neppure quello stabilizzato), decisamente più economico di quello, tanto da andare a costituire con un paio di altri zoom, come i successivi 17-28/2,8 (2022) ed il 70-180/2,8 (2023) anch'essi promananti da progetti di origine Tamron, una terna di lenti alternative alle altre Z, caratterizzate da questi comuni parametri. Idealmente affine per fascia di prezzo anche al jolly Z 14-30/4 insieme al quale lo abbiamo utilizzato in giro per Palermo, per delinearne un profilo. Certamente una ottima soluzione un pò in sovrapposizione all'ottimo Z 24-70/4 che per i primi anni è stato lo zoom di equipaggiamento delle prime Nikon Z e con esse si è fatto apprezzare anche in generi insospettabili come la fotografia a distanza ravvicinata, dove anche questo... Nikron non disdegna di mostrare le sue indiscutibili qualità Bella resa in luce ed in controluce, sicuramente effetto del pregiato schema ottico (per uno zoom di questa fascia di prezzo). Uno sfuocato non particolarmente pastoso, ma ciononostante, molto interessante e piacevole. Maneggevolezza aumentata dalla luminosità elevata a tutte le focali, nonostante l'assenza della stabilizzazione a cinque assi, ma assistita solamente da quella del sensore sui corpi FX (ovviamente nessuna stabilizzazione sui corpi DX, che ne sono privi). Insieme agli altri zoom indicati sopra, può costituire un ottimo corredo fotografico dal costo più che accessibile, con i corpi Z come le 5, 6 e 7, sia in prospettiva, in attesa dell'arrivo della prossima Z6 iii Ecco gli articoli e la galleria immagini pubblicate su Nikonland: Nikkor Z 28-75/2.8: luminoso, compatto, Z anteprima (e confronto con Z 24-70/2,/8) su Z5, insieme allo Z 14-30/4
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  4. 31/12/2023 Oasi di Boscoforte, Valli di Comacchio Pentax 67 II + Ferrania P30
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  5. A novembre mi dedico sempre qualche giorno di relax in giro per l'Italia e quest'anno la scelta è caduta sulla zona termale di Saturnia, in provincia di Grosseto, dove non molto distante insiste la Laguna di Orbetello. L’Oasi della Laguna di Orbetello venne istituita nel 1971, a seguito dello straordinario ritrovamento di pochi anni prima da parte di Fulco Pratesi e Hardy Reichelt di una piccola colonia nidificante di cavaliere d’Italia, una specie considerata estinta nel nostro Paese dall’inizio del secolo scorso. Orbetello offre tutto il fascino che solo le zone umide sanno dare e frequentarle significa entrare nel più profondo e ancestrale rapporto che abbiamo con l’ambiente naturale. Per la mia visita ho prenotato un giorno chiuso al pubblico e mi ha dato modo di girare in perfetta solitudine e silenzio fra i capanni per tutta la giornata, purtroppo la giornata è rimasta nuvolosa e non ho avuto modo di fare degli scatti con la luce radente. Ciò nonostante, la sensazione di benessere che ho provato mi ha pervaso per tutto il giorno. Tra le zone umide costiere, Orbetello rappresenta veramente una delle lagune italiane più significative, dove potenzialmente è possibile assistere quotidianamente a scene indimenticabili ma in realtà può anche accadere completamente niente! Nonostante quest'anno la laguna abbia tanta acqua (quindi anche vicino ai capanni di osservazione), tutte le mie osservazioni sono avvenute abbastanza distanti e ho supportato la lente, spinta sempre a 600mm, con l'opzione DX. La giornata nuvolosa ha avuto il vantaggio di impedire la creazione di fastidiosissime ombre ma, al contempo, mi ha costretto ad alzare gli ISO più di quanto avrei voluto. La varietà della fauna della riserva è vastissima ma alcune specie erano talmente lontane che ho fatto a meno anche di scattare (come alla bellissima coppia di falco pescatore che nidifica sopra una torre artificiale costruita appositamente). Poi, alla fine, però, quando stavo per tornare a Saturnia, le due Gru che erano state avvistate in laguna, per la prima volta in stagione, il giorno precedente sono atterrate proprio nei pressi del capanno numero 3, dove mi trovavo pronto allo scatto, anche a pieno formato. Ne trovate testimonianza anche qui sul profilo ufficiale Instagram dell'Oasi. Fenicottero Spatola Fenicottero Chiurlo maggiore Avocetta Airone cenerino Alzavola Chiurlo maggiore Garzetta Ibis Sacro Garzetta Pittima reale Fenicottero Pittima reale Fenicottero Mestolone Pettegola Gru cenerina Tutti gli scatti sono stati realizzati con Nikon Z8 e Nikkor Z 180-600mm. Diaframma f/8 con una sensibilità compresa fra 800 e 1600 ISO per garantire dei tempi di sicurezza.
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  6. Ho spesso postato qui immagini di caccia sia in forma dinamica che statica,al di la del fatto che siano ciò che in primis attira gli spettatori,c'è anche da ricordare chi lavora dietro le quinte per far funzionare tutta la macchina..........nel rimettere in ordine alcune scatole di diapositive,mi son ricapitate tra le mani alcune immagini fatte in un paio di occasioni A NAS Cecil Field e NAS Jax con protagonista un peso massimo dei cieli,il Lockheed C-5 Galaxy.In entrameb le occasioni era impegnato per dei trasporti per l'US Army,veicoli ed elicotteri.Foto fatte su pellicola Kodachrome 64 con Nikon FA e 50 ed 85mm le focali d'eccezione per questo tipo di riprese.Buona visione. Qui siamo a NAS Cecil Field durante l'airshow del giugno 1987,una piccola folla attende di salire a bordo per visitare il velivolo,in questo caso un C-5A già con la mimetica Europe one ; scattai la foto attraverso i vetri della torre e i riflessi si vedono.Ora di tutto cò che si vede in questa immagine non esiste più nulla,la base è stata chiusa diversi anni fa,il Galaxy e l'elicottero SH-3D son già stati ritirati dal servizio e rottamati. Qui la cabina di pilotaggio del velivolo della precedente foto,nel successivo C-5B ora in servizio nella versione aggiornata C-5M,la strumentazione analogica è stata sostituita da un cockpit digitale. qui siamo invece a NAS Jax nel luglio 2003 con un C-5B impegnato nel trasporto di mezzi per conto dell'US Army.Il velivolo ha già l'attuale livrea monogrigio. Altra immagine ripresa nella stessa occasione. Qui siamo ancora a NAS Cecil Field con un C-5A della New York ANG,intento a caricare alcuni elicotteri per conto dell'US Army. Altra vista della zona operazioni. Qui siamo all'Air Tattoo del luglio 1991,la livrea del velivolo ben si adegua ai colori della zona col temporale in arrivo.
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  7. Ma questo sarà un corvide ? E' il tipo di volatile che fotograferei volentieri anche io. Nikon Z9 e Nikkor Z 800mm f/6.3 PF (Missouri, USA)
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  8. Guardiamo il lettore. Il ProGrade PG05.6 è un lettore singolo di schede di memoria CFexpress. Ha interfaccia USB 4.0 ed è stato espressamente progettato per permettere il massimo delle prestazioni dalle nuova schede prodotte con lo standard CF 4.0 Le specifiche, emesse da CFA la scorsa fine di agosto (ne abbiamo dato notizia qui ) promettono teoricamente un raddoppio di prestazioni. Le "nuove" schede restano perfettamente compatibili sia elettricamente che meccanicamente con l'esistente parco macchine e lettori. Ma, ci sono due ma. 1) per il momento non esiste sul mercato alcuna fotocamera in grado di sfruttarne a pieno le capacità 2) per leggerle e scriverle alla massima velocità lato computer, ci vuole un lettore USB 4.0 e una porta USB 4.0 ad alte prestazioni. Altrimenti ? Altrimenti, niente. Le nuove schede saranno del tutto identiche alle precedenti CF 2.0 Quindi l'investimento è da vedere in prospettiva futura. Salvo che non scattiate così tanto da vedere dei vantaggi dalla elevata velocità di lettura. Ma torniamo al nostro lettore. é ben confezionato, come da standard ProGrade. in dotazione c'è un cavo USB 4.0 certificato per una elevatissima banda passante. E una piastrina metallica dotata di biadesivo da attaccare ad un piano per sfruttare la base magnetica del lettore (se il vostro computer non ha superfici metalliche sopra cui ancorarlo). la fessura per l'inserimento della scheda e la porta USB 4.0 prodotto a Taiwan esattamente come le nuove schede ma progettato e brevettato in California. qui a sinistra, a confronto con il meno prestazionale precedente modello, con porta TB 3. qui ripresi al posto di lavoro sopra al case del desktop dotato di porte TB/USB 4.0 *** La scheda in esame è una delle prime ProGrade 4.0, disponibili nei tagli da 512 GB, 1000 GB e 2000 GB. In pratica quella che stiamo misurando è quella più piccola. Questa è la serie Gold, quella meno prestazionale. La serie Cobalt, nella generazione 4.0 è per ora limitata al taglio da 1.300 GB ed un costo di circa 1 euro al giga più IVA. la scheda è inserita in un blister bianco. sopra all'involucro corazzato è indicato il taglio, le prestazioni "promesse", e il marchio CF 4.0. Attenzione a non confonderle con le precidenti che non riportano il marchietto 4. dietro alla scheda di sono i marchi di conformità con il numero di matricola e il Made in Taiwan (come tutte le schede di fascia alta; anche le Lexar migliori sono fatte a Taiwan, nonostante Lexar sia cinese mentre ProGrade è californiana). *** Appena arrivata la scheda l'abbiamo subito misurata con gli usuali strumenti di test. temperatura a riposo. Notare lo standard indicato NVM Express 1.4, per PCIe 4.0 a doppio layer La scheda come vede in questa schermata è nuova, alla prima "accensione". Dopo i test si è appena scaldata mentre dopo una scrittura di dati per circa 325 GB la temperatura è salita ma non ai livelli che registravamo con le prime Lexar o ProGrade di seconda generazione. Purtroppo le prestazioni - elevatissime in lettura - si sono sulle prime rilevate deludenti lato scrittura. tanto da suscitarci delusione. Abbiamo scritto una mail per segnalare queste sensazioni all'assistenza online americana. Ci ha risposto subito Ingrid di ProGrade, promettendoci un aggiornamento firmare (per ora non ricevuto) ma soprattutto consigliandoci di attivare la cache in scrittura del lettore. La cache in scrittura ? Ma non è di default. No, è di default per i dischi fissi, non per i lettori. Vallo a sapere. Ecco come si attiva la cache in scrittura (per Windows, Gestione Dispositivi -> Proprietà -> Criteri) fatto questo, è cambiato il mondo : ed abbiamo effettivamente registrato prestazioni allineate con quelle promesse. Ed effettivamente le maggiori sinora riscontrate nel nostro laboratorio. anche lato video, di fatto Balckmagicdesign certifica che la scheda è adatta praticamente a tutti i formati tranne il 12K60P in formato DCI e codificato H.265 (ammesso che qualcuno abbia questa risoluzione nella sua ... videocamera). Per confronto, abbiamo misurato le altre schede di casa con il nuovo lettore, ottenendo prestazioni elevate ma NON così elevate Lexar Diamond da 256 GB Lexar Gold da 1 TB ProGrade Cobalt da 325 GB *** All'atto pratico la scheda non è realmente così veloce, almeno non nella copia continua di cartelle di grandi dimensioni. lettura scrittura semplicemente perché è tutto un gioco di equilibri tra cache, memoria di sistema, attività, buffer e tutto quando fa spettacolo in un computer desktop. così che la scheda spesso finisce per andare al picco, utilizzo del 100% e tempo di risposta anziché 10-20 ms, 2 secondi. Poco male, a 800-900 MB/s ci vuole veramente poco per scaricare le foto scattate. Ma, insomma, nulla di troppo diverso da quanto fanno le altre schede. In definitiva se dovessimo dire che vale la pena comprare queste schede per accelerare le attivi di trasferimento file diremmo che ... probabilmente no. *** E le prestazioni della Z9 ? Come avevamo anticipato, nessun vantaggio pratico. Scattando a 20 fps, NEF con compressione senza perdita (il file più grande che può fare la Nikon Z9), abbiamo queste performance : Lexar Diamond : 83 scatti ad azzeramento del buffer, dopo di che si procede a 18-19 scatti al secondo ininterrottamente Lexar Gold 2a Serie : 82 scatti ad azzeramento del buffer, dopo di che si procede a 18-19 scatti al secondo ininterrottamente ProGrade Gold 4 : 73 scatti ad azzeramento del buffer, dopo di che si procede a 18-19 scatti al secondo ininterrottamente ProGrade Cobalt 2 : 72 scatti ad azzeramento del buffer, dopo di che si procede a 18-19 scatti al secondo ininterrottamente poco differente la prestazione con i file compressi TicoRaw. Appena meno che raffica ininterrotta, con compressione media, raffica infinita con compressione elevata *** Conclusioni ProGrade è arrivata prima ed offre una gamma completa di schede CFexpress di tipo B, CF 4.0 Le Cobalt sono per ora disponibili solo nel taglio da 1.3 TB, le Gold vanno da mezzo tera a 2 terabyte. Con le nostre attuali fotocamere non ci sono incrementi di prestazione. Non sono possibili interventi di tipo firmware al riguardo, perché ci vuole che le fotocamere siano in grado di impegnare i due layer delle schede, e ci vuole una predisposizione hardware sulla scheda madre per farlo. Quindi è una cosa che vedremo nella prossima generazione. Z9 II ? Z9s ? Z8 II ? Non lo sappiamo. Lato desktop, teoricamente ci possono essere dei vantaggi dalla maggiore velocità promessa. Praticamente però è tutto da dimostrare. Vantaggi ? Sono schede più moderne delle precedenti. Sembrano reggere meglio le temperature rispetto alla prima generazione (problema già risolto da Lexar con la seconda generazione). Ma soprattutto hanno un prezzo onestissimo. Questa 512 GB è costata da Amazon.it 200,99 euro. Il taglio da 1TB costa 444 euro e quello da 2TB per chi fa video, 890 euro (non dimenticatevi del lettore, da acquistare solo se avete una porta USB 4.0 che costa da solo 111 euro). Ci sembrano prezzi tali da entrare in concorrenza praticamente con tutti gli altri marchi. Anche se, alla prova provata come sembra a noi da questi test effettuati in casa, non ci sembra che ci sia alcun vantaggio pratico (per il momento) dall'aver implementato le nuove specifiche CFA. Detto questo, siamo certissimi che presto Lexar e gli altri, lanceranno i loro prodotti concorrenti che probabilmente andranno in competizione agguerritissima, sia per prestazioni che per prezzo, con queste schede. Insomma, prepariamoci per la seconda generazione della Z9 con le munizioni giuste !
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  9. Se non ci sfugge qualche cosa nel 2023 Nikon ha annunciato, due fotocamere nuove e otto nuovi obiettivi. Oltre ad un continuo flusso di aggiornamenti di firmware. Persino una nuova batteria per le piccole in formato DX. Ci aspettiamo che il 2024 non sarà da meno ma per il momento ci piacerebbe che chi ha effettuato acquisti tra le novità dell'anno (non di prodotti che non possedeva ma che sono stati annunciati negli anni precedenti) condividesse con noi una propria classifica di preferenze, o, almeno, ci dicesse cosa e perché lo ha soddisfatto di più. Per non dimenticare nulla, ecco qua la lista delle novità : Nikon Z8 Nikon Zf Nikkor Z 26mm f/2.8 S Nikkor Z 85mm f/1.2 S Nikkor Z 24mm f/1.7 DX Nikkor Z 12-28mm f/3.5-5.6 DX Nikkor Z 180-600mm Nikkor Z 70-180mm f/2.8 Nikkor Z 135mm f/1.8 S Nikkor Z 600mm f/6.3 S Su, non siate timidi, confidateci il vostro prodotto Nikon preferito del 2023 ... !
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  10. Sappiamo che Apple (e anche qualche altro marchio blasonato) ancora si ostina a vendere notebook e desktop con disco interno SSD da ben (!) 256 gigabyte. E che c'è qui online chi potrebbe farci stare tutte le foto di una vita. Ma c'è anche chi fa 800.000 scatti in un anno, e archivia tutto. Oltre alla collezione di centinaia di film in formato mp4 compresso in casa e centinaia di migliaia di brani musicali ad alta risoluzione. E di questo fa anche il backup di sicurezza. Come il buon senso imporrebbe. Per questi, le soluzioni sofisticate con dischi SSD, magari in formato M.2 non basterebbero mai. Oppure richiederebbe tanti soldi quanti ce ne vorrebbero per una bella automobile sportiva. Perciò la soluzione restano i vecchi dischi meccanici che, nell'ultima generazione a bagno di elio, raggiungono i 20 TB ciascuno a costi paragonabili a quelli delle ultime schede di memoria CFexpress. Ecco che così i dischi si possono mettere in parallelo. Dentro al case del desktop ? Si ma spesso non è la soluzione più flessibile. Per questo esistono apparecchi esterni, da collegare. Ma come ? Ci sono i NAS e ci sono i DAS Il NAS è un dispositivo di rete (Network Attached Storage) che non è direttamente connesso ad un computer. Nella realtà è esso stesso un vero computer desktop. Con tanto di sistema operativo dedicato e di app residenti. Che al suo interno contiene uno o più dischi fissi di qualsiasi formato. Ma che va necessariamente connesso ad una infrastruttura di rete locale via porta Ethernet. E quindi richiede un router/switch e i relativi cavi di collegamento. Permette svariate funzioni specifiche, che possono essere anche svolte senza il controllo da parte di un utente. Come consentire di creare un Cloud locale, accesso geografico esterno, download e upload di file. Server multimediale. Etc. etc. Tutto questo ha un costo (un NAS potente può costare come un vero e proprio computer) ed è limitato in velocità alla banda passante della rete locale. Che per chi non ci lavora o non ha limiti di spesa, è limitata ad 1 Gigabit teorico (ovvero non più di 100 megabyte al secondo). Il vantaggio è che si può accedere al NAS da qualsiasi dispositivo connesso nella rete, sia desktop che mobile, in sicurezza con un sistema di password e di abilitazioni. Tutte complicazioni che sono utilissime quando servono ma che vincolano quando invece uno ha semplicemente bisogno di spazio di archiviazione di rapido accesso ad un solo computer e senza troppe complicazioni (avete mai provato a recuperare i dati di un disco di un NAS ? Auguri !). Per questo ci sono i DAS (Desktop Attached Storage) che sono dei dispositivi da connettere direttamente ad UN computer (desktop o notebook/laptop) per via di un cavo di tipo USB. E vengono visti come un ... semplice sistema di dischi USB rimuovibili. Come qualsiasi altro dispositivo USB tipo il lettore di schede di memoria, un lettore/masterizzatore di DVD esterno, etc. etc. etc. Ecco, in questo articolo si parla di un DAS, in particolare di un modello a cinque cassetti che può contenere fino a cinque dischi fissi meccanici 3 pollici e mezzo, dei classici SATA (ma con adattatori, eventualmente anche SSD/HDD in formato da 2.5 pollici, ammesso che valga la pena). TerraMaster, chi era costui ? E' la solita società cinese di Shenzhen. Come sono cinesi le varie QNAP, Synology e Asustor. Tutti nomi noti nel campo dei sistemi di storage. Questa ha una buona fama sul mercato e fa diversi modelli. Quello prescelto e che gira da 12 mesi in casa con buona esperienza (tanto che abbiamo raddoppiato il sistema, comperandone un altro modello identico) è un DAS a 5 cassetti. Arriva in una bella scatola di cartone. con suddivisione dell'interno in scomparti. Il DAS vero e proprio e gli accessori. ecco qui i due componenti della confezione Terramaster garantisce una assistenza online entro 24 ore. Mai avuto bisogno ... sinora. i cinque cassetti, il pulsante di accensione e le spie di rete elettrica e di connessione dei singoli dischi. Basta premere il pulsante di accensione ed attendere il tempo necessario perché tutti i dischi si avviino. Quando l'albero di Natale si ferma, rimarranno 5+1 spie verdi accese. Se qualcuna è di diverso colore bisogna preoccuparsi, altrimenti si può pensare solo a lavorare. i cassetti si aprono con un dito i cassettini sono in plastica. Non sono pensati per un leva e metti continuo professionale. Caricateli e lasciateli stare. E' meglio. sul retro dell'apparecchio ci sono due belle ventole che si attivano quando serve. Nel complesso è silenziosissimo. i contatti : porta USB-C ed alimentazione dedicata da 12V tramite alimentatore tradizionale incluso nel pacco. C'è una impostazione per mettere in RAID 0 o 1 i primi due dischi. Fate finta che non ci sia ... gli accessori il cavo di connessione, USB-C -> USB-A, per porte USB tradizionali sul computer. a parte le vitine per avvitare i dischi nei cassetti, un minicacciavite, piedini. Ecco un disco Seagate EXOS X18 da 18 TB dentro un cassetto si avvita in un attimo e poi si inserisce nell'alloggiamento fino in fondo. I pettini di contatto coincidono ed è fatta. questo è un "vecchio" Seagate Ironwolf da 8 TB di servizio. Non ci sono problemi di formati, potete mettere quello che avete nei cassetti (purché SATA di tipo corrente). questo è un sistema attivo con solo l'ultimo cassetto impegnato. Notate la lucina verde del POWER che indica che è accesso e la lucina verde in posizione 5 che indica che il cassetto 5 è online. questo è invece un sistema completamente pieno : tutti e 5 i cassetti sono online. E una volta installato ? Consigliamo questo sistema a chi ha un desktop con porte USB di tipo 3.1 GEN 2 oppure 3.2 GEN 2. Andrà anche con porte di tipo USB 3.0 ma le prestazioni di dischi moderni saranno mortificate. Meglio accendere il DAS dopo che il computer si è attivato e Windows è attivo (non abbiamo idea se ci sia compatibilità col mondo Apple ma sappiamo che ci sono modelli Thunderbolt di questi DAS). E anche quando è tempo di spegnere il computer, meglio prima spegnere il DAS. Una volta partito il tutto ed accese tutte le lucine, avremo questa situazione nella Gestione Dispositivi con una indicazione generica in 5 posizioni di TDAS TerraMaster SCSI Disk. I dischi saranno tutti accessibili come se fossero dischi interni. Quindi se da formattare, si andrà in Gestione Disco. Se invece sono già formattati, li vedremo insieme a tutti gli altri dischi premendo sull'icona Questo PC con una lettera assegnata in sequenza e il nome che abbiamo dato al singolo volume. E le prestazioni ? Se avete un computer moderno e una porta moderna USB 3.1/3.2, allora avrete accesso ai dischi contenuti nel DAS come se fossero interni. Anzi, avrete la possibilità anche di accesso concorrente su più dischi insieme, ammesso che vi serva. Questo è il test su un EXOS X18 che è del tutto equivalente a quello dello stesso disco inserito nel desktop ed attaccato alla porta SATA della scheda madre. nell'uso, i singoli dischi si comportano esattamente come se fossero dischi fissi nel senso letterale del termine. Solo quando si spegne il DAS scompaiono. L'esperienza di questi 12 mesi è stata positiva. Quindi ci sentiamo di raccomandarne l'uso a chi serva un apparato del genere. Conclusioni ha un prezzo accettabile (meno di 200 euro in questo momento su Amazon.it; meno del prezzo di un NAS entry level; meno di un disco da 16 TB) ha una costruzione esemplare, il mobile è in alluminio, consistente, il dispositivo sembra "professionale" in tutti i sensi una volta online diventa del tutto trasparente non ci sono configurazioni da fare, sistemi da imparare, aggiornamenti da fare (i nostri QNAP, i NAS di casa, si aggiornano di continuo e spesso si mettono offline per fare cose tutte loro, senza preavviso, come se fossero parte di una comunità separata gestita dall'estero) mettere e togliere i dischi è un attimo i cinque cassetti permettono una scalabilità del sistema elevata. Si può partire da un disco ed aggiungerne uno o più, al momento del bisogno; non è necessario che siano tutti pieni, né che ne siano pieni almeno due o altre complicazioni del genere MA ... meglio pensare a questa soluzione come sistema di backup o dischi di lavoro occasionale, non continuativo meglio pensare a questa soluzione se abbiamo un computer con porte USB di tipo recente per salvaguardare le prestazioni dei dischi essendo dischi USB, la sequenza delle lettere assegnate può variare se nella catena si inserisce un altro elemento casualmente. Questo può portare a perdere gli indirizzi (non i contenuti !) dei vari dischi in caso di procedure automatizzate di backup, di sincronizzazione oppure, semplicemente, il catalogo di Lightroom che dovesse puntare a questi dischi, indicherebbe il punto di DOMANDA nel percorso. Che andrebbe aggiornato. Questo è un limite del sistema/Windows e non crediamo ci sia modo di aggirarlo. Per tutto il resto non possiamo che parlare bene - per esperienza maturata - di questi dispositivi.
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  11. "Il paese dell’acqua asciutta, la terra che Dio creò in un giorno di rabbia, come vuole una leggenda locale L’incantesimo del nulla, distese roventi di polvere Rossa mitigate dall’azzurro smerigliato del cielo Strade zitte che si perdono all’orizzonte, camminate incessantemente da uomini e donne diretti verso improbabili destinazioni" L’etimologia della parola safari è una voce swahili che significa viaggio, derivata dall’arabo safara – viaggiare – che è giunta a noi attraverso l’inglese. Per la stragrande maggioranza delle persone però il safari è una battuta di caccia grossa o spedizione fotografica condotta nei territori dell’Africa equatoriale o tropicale, all’interno di una regione ricca di animali, sia per fini venatori, sia per fini scientifici, documentaristici o turistici. Anche se oggi i safari vengono condotti a bordo di massicci veicoli a motore e con equipaggiamenti moderni, nell’immaginario collettivo rimangono associati all’uomo bianco e biondo, baffuto con in testa il classico Pith helmet inglese (Casco del midollo, noto anche come casco da safari) e in spalla un fucile rétro, che scruta l’orizzonte col binocolo, alla guida di una lunga e difficile spedizione nell’ignoto della savana. È forse per questo che il safari resta indissolubilmente connesso all’avventura, colorata di rischio, adrenalina, fascino e senso di libertà e ha una presa tale da essere per noi, oggi, difficilmente comprensibile. Sempre dalla lingua inglese preleviamo il termine Big Five, ovvero i Grandi 5. Il termine risale al passato ed indicava i cinque animali più difficili e più pericolosi da cacciare a piedi. Oggi il termine è rimasto, ma ovviamente non ha nulla a che vedere con la caccia, semplicemente rappresenta i 5 top animali di un safari: leone, leopardo, elefante africano, il bufalo del Capo e il rinoceronte bianco. Nel concreto, però, gli animali che si avvistano durante un viaggio fotografico sono ben di più, infatti alcuni degli animali africani più belli, più ricercati e interessanti non rientrano nella lista dei Big Five. In Africa non si va tutti i giorni e la mia scelta è ricaduta sulla Namibia, con paesaggi mozzafiato, bellissimi paesaggi desertici e desolati e un abbondante fauna selvatica, una destinazione che sicuramente stupirà e ispirerà ogni visitatore. Ho scelto il periodo coincidente con la fine della stagione secca, quando si possono vedere gli animali vicino alle pozze d’acqua. Dopo Solitaire, un piccolo insediamento nella Regione di Khomas, vicino al Parco Nazionale di Namib-Naukluft, che dispone dell'unica stazione di servizio lungo il percorso che va dalle dune di Sossusvlei alla costa fino a Walvis Bay, mi dirigo a Sud fino ad arrivare, sotto il cielo perfettamente blu, ad osservare forse lo spettacolo più famoso di tutta la Namibia. Le imponenti dune di sabbia di Sossusvlei fanno da sfondo agli alberi neri appassiti e bruciati che emergono dalle sabbie bianche sottostanti, e la più nota, la Duna 45, a stella, composta da sabbia risalente a 5 milioni di anni fa, regala panorami mozzafiato. Da lì, risalgo verso Nord, attraversando il Parco nazionale di Namib-Naukluft, dirigendomi verso il Parco nazionale Etosha. Con il significato di “Great White Place” nella lingua locale, l’Etosha era un tempo parte di un enorme lago che si è prosciugato da tempo, ora è di un bianco polveroso per via della sua natura salina, è esteso come una regione italiana, con enormi distese di laghi salati e di vegetazione. È proprio durante questo trasferimento che inizio ad avere i primi avvistamenti con la fauna africana, a partire dallo sventurato Orice, incredulo che anche in queste enormi distese ci fossero delle recinzioni, fin quando non ci si è ritrovato impigliato. Fortunatamente una guida locale è riuscita a liberarlo e l’animale si è immediatamente allontanato. A causa del suo ambiente arido, la Namibia non è così ricca di animali selvatici come in Kenya e Tanzania, ma sono comunque presenti tutti gli animali che ci aspetteremmo di trovare in un safari africano, come i grandi predatori e gli enormi branchi di elefanti. A completare l’enorme varietà della wildlife namibiana sono stati Rinoceronti e Bufali, Zebre e Giraffe, Sciacalli e Ippopotami e, fra gli ungulati, Orici, Springbok, Impala ma anche qualche esemplare di Cudù, Kobus e l’Alcefalo Rosso. Se ne sente tanto parlare, ma chi sa davvero cos'è il Mal d’Africa? Forse è uno stato dell’anima prima ancora che mentale, quella struggente malinconia che ti coglie, di quelle che verrebbe voglia di fare una follia e prendere il primo aereo disponibile: destinazione Africa. Non esiste una definizione precisa, proprio perché i sentimenti che ognuno prova sono talmente differenti e così intimi che si può solo pensare di viverli e di conseguenza cercare di spiegare. Una cosa è certa (almeno per me), il Mal d'Africa ti prende non dopo che sei tornato, ma quando ancora sei là, quando guardando un tramonto tra le dune del deserto pensi che tra poco dovrai lasciare quella terra ed allora ti assale una forte malinconia, come se si stesse per spezzare un legame che ci ricorda quello che eravamo prima di crearci intorno un mondo non nostro, fatto di palazzi e cemento. È un conscio desiderio di continuare a rimanere legato ad una terra dove hai incontrato occhi sorridenti nonostante la povertà.
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  12. La Nikon Zf non è soltanto una fotocamera a baionetta Z che indulge al ricordo dei bei tempi che furono, quelli in cui ogni fotogramma di pellicola poteva essere misura del costo del capitale versato in macchina fotografica ed obiettivi e si stava attenti a fotografare cose degne di esserlo ed in una misura che oggi, a soli venti- venticinque anni di distanza, noi stessi che perseguivamo ed applicavamo questi buoni propositi, ci sembra asfittica. Erano norme di buona educazione alla composizione consapevole e mirata, ma alla lunga portavano molti a scoraggiarsi, se i buoni risultati tardavano ad arrivare: si trattava di previsualizzare ed immaginare, forti di regole ed esperienza. La partizione tra fotografi veri e fotografi della domenica era marcata: molto meno oggi... Dicevo della Zf: questa fotocamera che riassume i canoni estetici delle Nikon di seconda fascia degli anni 70 ed 80 del secolo scorso, possiede molti elementi innovativi che fin dalla sua presentazione e descrizione tecnica, prima ancora di averla avuta in mano, ci ha fatto pensare ad una macchina sperimentale, anticipatrice di molte novità che verranno condivise agli altri modelli o con aggiornamenti fw di una certa consistenza, oppure direttamente da nuovi modelli come la rumoreggiata Z6III della quale si aspetta conferma nel primo trimestre del 2024. Una delle innovazioni sconosciute perfino alla Z9 sta nell'interazione con eventuali obiettivi MF (quelli che questa fotocamera attira come il miele per gli orsi) tra i quali non dimentichiamo esserci anche l'Ottava Meraviglia della baionetta Z, ossià Sua Maestà il Noct 58/0,95 del quale si parla e si vede sempre troppo poco. Infatti la Zf, innestato un obiettivo MF sull'adattatore per la sua baionetta (quando utilizziamo obiettivi privi di contatti elettrici, ma invece dotati di baionetta F con flange profonde o rimandi meccanici del selettore dei diframmi, consigliamo di non usare il delicato ed elettronico FTZ, bensì un qualsiasi adattatore terzo, privo anch'esso di contattiere) mantiene a mirino un rettangolo AF delle dimensioni di Wide L, qualunque selezione operiate e, se attivato l' EyeAF, vi mostra il riquadro identificativo del volto e poi dell'occhio del soggetto su cui stiamo mettendo a fuoco, con una precisione progressiva, fino a colorarsi di giallo al raggiungimento della corretta messa a fuoco. Devo dire che la precisione non mi sembra assoluta, ma è un'era glaciale avanti al terribile focus-peaking inventato da gente che non conosce la differenza tra messa a fuoco di precisione e profondità di campo, di solito del tutto inutilizzabile sopratutto sui grandangolari. Comunque disturbante, per quelle onde colorate che in inquadratura fanno perdere il senso della composizione, distraendo e comunque scarsamente risolutivo. Bene... cominciamo quindi a sperimentare come funzioni, partendo da mediotele e tele, per passare poi a normali e wide, iniziando con tre obiettivi come questo classico Nikkor H 85mm f/1,8 del 1968 un altrettanto famoso Nikkor 105/2,5 AiS del 1981 ed il celebre Nikkor * ED 180/2,8 AiS del 1980 Le premesse sono interessanti e vedremo se finalmente Nikon, distaccandosi dai competitor, riprende ad escogitare sistemi all'altezza delle sue radici che sono profonde e ramificate nell'affetto e nelle vetrine di tanti romantici nikonisti . Beninteso...senza attenderci dei risultati che possano anche solo semplicemente equivalere alla immediatezza e concretezza che anche uno zoomino entry level come il 24-50 o il più semplice degli zoom tele, in abbinata all'ottima Nikon Zf, saranno in grado di garantirci. Stiamo parlando di Amarcord e Nikon ci sta dando una mano.... ANCORA UNA VOLTA ! A presto per i risultati. 2/2/24: Rieccomi: mi sono divertito più di un mesetto a ritrovare le radici della fotografia, come si legge sui depliant di tanti corsi in giro per il mondo, girando ghiere di messa a fuoco manuale e regolando diaframmi e tempi di scatto, con il risultato di rivangare ricordi e riscoprire eccellenze Nikon del tempo che fu. Ovviamente non mi sono limitato a portare appresso i trettele qui effigiati (io senza un grandangolare difficilmente chiudo la borsa) e ad essi ho aggiunto l'ultimo dei 20mm MF, che ho comprato un paio di anni fa, quello da montare invertito sul soffietto, per ottenere il RR più elevato che si possa ottenere in ambito Nikkor: ne ho scritto diffusamente qui e l'ho usato qua e la perchè è questo il mio modo quando decido di pensare in biancoenero, a luci, ombre e contrasto. Quando la definizione diventa accessoria ed il dettaglio cromatico si tratta su di una scala pressocchè continua di sfumature, l'esposimetro non può che essere il classico semispot (o meglio, media compensata al centro) che ha fatto la fortuna di Nikon rispetto gli antagonisti che misuravano solo in spot. Oppure... quello spot, sulla luce riflessa dal soggetto dell'inquadratura, dovunque in essa si trovi, e la previsualizzazione della dinamica della scena parta da quel parametro, su cui tuitti gli altri si accorderanno. Facile in digitale, dove dopo lo scatto premi il pulsante play e rivedi a monitor lo scatto: altra cosa un tempo, quando ci si affidava all'esperienza oppure all'incoscienza. Mandando tutto a memoria, scatti riusciti ed ancora meglio, quelli sbagliati: per ricordarsi di non sbagliare la volta successiva. Facile con i riferimenti di messa a fuoco sull'occhio? Come anticipato, si: la Df individua il volto e l'occhio dei soggetti preimpostati (persone, animali, uccelli, auto detect) e il quadrato diventa giallo non appena si raggiunga il punto di miglior fuoco....ma il margine è talmente esiguo che prima o poi si finisce per preferire di mettere a fuoco sul vetro smerigliato e basta...! Molte delle foto realizzate sono abbastanza vicine alla precisa messa a fuoco da...risultare poco sopportabili se non fosse per la capacità del mezzo (il BN) di distogliere da questo aspetto e concentrare l'attenzione sulla scena. O forse sono io a pensarla così: ma in ogni caso, riprendere la strada solo con obiettivi fissi in borsa, non è una cosa da poco per chi si sia assuefatto (come me) alle migliorie dei più recenti zoom e debba forzarsi ad una scelta controcorrente, più scomoda, ma alla fine più che soddisfacente. Divertente lo è, comunque ! Sarebbe impossibile su pellicola ottenere una latitudine di posa simile, direttamente da una pellicola, se non dopo accurate mascherature in C.O in stampa: per ottenere un risultato vicino a questo on-camera Lasciato da parte il 20mm andiamo ai tele dove il 105/2,5 si manifesta con la sua morbidezza di sempre, che ne ha fatto strumento da ritratto per chi prima...alitava sulle lenti anteriori degli obiettivi Mentre il più datato (1964 la prima serie) Nikkor-H 85/1,8 bandiera per Nikon da sempre, non fosse che per la focale opportunamente ridotta rispetto agli altri mediotele da ritratto tedeschi, a causa del formato pellicola delle prime serie delle Nikon a telemetro da 24x32 e poi 24x34, caratterizzato da incisione e contrasto evidenti ed ancor più in presenza di forti contrasti luminosi ancora il 105/2,5 su una formella di architettura Decò di un palazzo del centro a Palermo lo stesso fotografato a maggior distanza col 180/2,8 ED del 1980, il primo tele in assoluto ad introdurre un elemento a bassa dispersione per migliorare il microcontrasto (e quindi anche riuscire a...bucare gli UV) ma dove il contrasto e il dettaglio non siano fondamentali, il 105/2,5 assume rilievo complessivo anche a medie distanze, dove lo spazio agevoli il soggetto non diversamente che il più datato 85/1,8 Ed il 180/2,8 che si prende invece la sua fetta di significato alle distanze maggiori, in un reportage selettivo, opposto a quello inclusivo del 20mm Perfette od imperfette, le foto dovrebbero sempre poter parlare di qualcosa: se poi oltre a trasmettere si riesca anche a comunicare attraverso di esse, il mio scopo a quel punto, sarebbe raggiunto. E la Nikon Zf si apprezza anche in questo suo ruolo da tramite temporale. L'ho resa a malincuore... Max Aquila photo © per Nikonland 2023
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  13. Un tempo l’inverno era fatto di freddo, tramonti lunghi e luci sempre diverse, fotograficamente irresistibile. Poi qualcosa ha cominciato a cambiare, lentamente; da un inverno al successivo si sono ridotte le brine, il ghiaccio nei fossi è pian piano scomparso, fino all’ultimo inverno il 2022-23 in cui praticamente, non mi sono mai trovato a combattere con il freddo. E si combatte, eccome, se si resta immobili, nascosti sotto una rete mimetica per 2-6 ore. Ho percorso i mesi dell’anno 2022 esplorando il mio fiume Sesia che qui, nella bassa appena a nord di Vercelli, offre ancora qualche tratto di carattere selvaggio. D’inverno, da 7 anni a questa parte, qui arrivano le Gru. Arrivano dalla Lituania, cosa avran trovato di speciale nei campi brumosi di stoppie, lo san solo loro, ma tant’è ed io le inseguo, da anni, con pervicacia. Le aspetto la sera sui greti del fiume, appena prima che l’ultima luce sbiadisca e rimanga solo la notte blu e scura. Per fotografare nelle ore del crepuscolo la Nikon D3 era il massimo, ma lo era quando gli inverni erano ancora freddi; ora ho una Nikon D5 cambia la qualità del file, ma non la procedura di ripresa, che rimane farraginosa. Nella notte non esiste fotocamera in grado di focheggiare automaticamente, si deve operare in manuale, ma c’è un problema: il mirino ottico ad f/4 è buio anche per l’occhio di un gufo. Sono perciò costretto a traguardare (a stima) la messa a fuoco del 600mm per poi verificare, sul display posteriore, la nitidezza del piano di fuoco e correggerla fino ad intercettare il punto desiderato. Difficile ma non impossibile, in pochi scatti si trova la quadra, e le gru, 7 anni fa con la D3, le ho potute fotografare solo così. La Nikon D5 è un bel passo avanti, con 600mm f/4, ISO 8000, mUp, autoscatto, treppiede pesante, t=1/2-6s e garanzia di rumore contenuto, sono pronto. Ma loro non vengono, cioè si, ma scendono troppo a nord o troppo a sud o non scendono affatto. Provo 4-7-10 volte ed arriva la primavera; le gru a marzo sono già un ricordo e fa subito caldo. Per il terzo anno di fila, le gru mi hanno gabbato; così le precipitazioni, che sono state scarsissime; i giorni cielo limpido, si sono succeduti, tutti uguali, per mesi. Queste giornate assolate sono tutte qui, in questo fiume che è l’ombra di sé stesso; i greti sbiancati sono inghiottiti dalla vegetazione e l’acqua è ridotta ad un corso lento, direi stanco. Ed è difficile anche solo inquadrare un germano, perché non ce ne sono più, come le gallinelle, i martin pescatore e i tuffetti, anche loro spariti. Qualche raro cormorano e poche le gazzette. Invece è diventato “normale” incontrare i caprioli ed anche i paurosi ma scaltri cinghiali. La primavera si scioglie nell’afa dell’estate, non mi accorgo del cambio, sono troppo sudato e indaffarato a difendermi dalle zanzare. I gruccioni garriscono in cielo e io tiro notte con la fedele D5 aggrappata al 600/4 VR che inquadra quel poco che passa. Una giovane nitticora a caccia di rane, ma ora è troppo buio, passo al 200/2 VR II ed eccomi faccia a faccia con un capriolo che, nell’oscurità, non mi distingue; la D5 tiene il fuoco sul musetto, tre scatti ad 1/50s f/2 per 8000 iso; mi tradisce il clack della reflex e il cornuto (è un fatto) se ne va abbaiando (il capriolo fischia e abbaia, anche questo è un fatto). L’autunno è un sollievo, un po’ di fresco rasserena, ma niente pioggia autunnale, ancora cieli azzurri. Mi sposto nel bosco, tra rane, funghi e scoiattoli “nervosi”, qui piazzo un capanno fisso che mi regalerà dei bei ritratti di uno spavaldo pettirosso. Sono circa le 7.00 del mattino sul finire di novembre e, da dentro il capanno, sento il richiamo delle gru; ho da poco le nuove Nikon Z9, le sto provando, le sto conoscendo e comprendo che il mirino elettronico potrà fare la differenza proprio alle riprese delle gru. L’EVF amplifica il segnale rendendo visibile ciò che altrimenti non sarebbe. Con al Z9 non devo più traguardare, devo GUARDARE. E’ ormai gennaio, convinco l’amico Massimo a seguirmi sul Sesia con il suo nuovo Nikon Z 600/4 TC perché con due punti di osservazione, è matematica, si raddoppiano le probabilità. Scelgo un detrito fluviale lungo il greto, guarda a nord, stendo le mimetiche e mi infilo sotto. Massimo resta su un’ansa che punta a sud dove lo scorso anno le ho viste posarsi. Lo stormo arriva, saranno 200 gru, e si posa sul greto a circa 150 metri, al limite del campo inquadrato dal mio 600mm. Sono le 17.30, significa f/4 per 10000 iso t=1/30 in rapido aumento. Metto in DX mode, autoscatto 2s, non mi serve nemmeno lo scatto a filo, pochi momenti e tutto finisce, ormai è troppo buio. E così finisce anche un inverno breve come non ne ricordo. A marzo nel giro di una settimana il bosco da grigio diventa verde brillante. Un sabato pomeriggio di metà aprile, seguo una pista tra fiume e bosco, arrivo ad radura tra gli alberi e qui arrangio un camuffamento volante sotto le fronde di un nocciolo. Passa meno di un’ora e da sud, prima un fruscio poi il movimento: un capriolo viene dritto verso di me. Oriento il 600mm lentamente nella sua direzione, non vedo più nulla, è sparito, ma è lì per forza sarà a 30 - 40 metri. Passa un bel quarto d’ora di silenzio rotto solo dalle pernacchie di una ghiandaia; mi rassegno e cerco una posizione più comoda, ma eccolo, è una femmina dietro la siepe, spunta il muso e ci guardiamo. Scatto a raffica, vedo i suoi occhi neri enormi che mi fissano, le orecchie tese verso di me, non si muove. Non sto facendo alcun rumore, non c’è nessun clack a tradirmi, solo l’occhio tondo (gigante) del 600mm. Lo sposto millimetricamente, se ne accorge e fugge. Il giorno appresso nello stesso punto cercherò di inquadrare una famiglia di furbissimi cinghiali, fallendo miseramente. A breve la primavera diventerà estate e questo luogo diventerà intollerabile, ma non per me, giuro, non per me.
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  14. Dall'album: Nikkor Z 50mm f/2.8 MC

    © Max Aquila photo ©

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  15. Dall'album: Nikkor Z 50mm f/2.8 MC

    © Max Aquila photo ©

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  16. Tutti i 600/4 della storia di Nikon sono lenti impegnative da usare, qui sopra vedete il nuovissimo 600/4 TC VR S montato sulla Z9 ed in prova in questo articolo, rappresentano l’eccellenza in termini ottici e costruttivi ma questo risultato si ottiene con pesi ed ingombri significativi e porta con sé la necessità di essere molto padroni della tecnica fotografica con i supertele. Sono quindi oggetti che pongono una notevole pressione sul fotografo che, per ottenerne il meglio, deve padroneggiare una tecnica adeguata. Per tutto questo, è con una certa trepidazione e timore reverenziale che mi appresto a scrivere il report di questi primi mesi. Anticipo subito che, molto probabilmente, seguirà un test più completo e proseguirò completando nel tempo questi contenuti in quanto, come vedrete, ci sono aspetti che non ho avuto ancora modo di provare. Ma queste prime impressioni sono costruite su quasi 20.000 scatti fatti in 12 diverse uscite, fotografando diversi soggetti con luci e situazioni molto eterogenee, da treppiede, monopiede ed a mano libera. Credo, quindi, sia abbastanza per condividere le prime conclusioni. Z9 su 600/4 TC VR S 1/1250 f4 ISO450 (a mano libera) Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/3200 f5.6 ISO360 (a mano libera) Ricordo ai lettori che volessero vedere più immagini di questa lente che l'unboxing, con le mie mediocri fotografie di questo magnifico obiettivo, è qui. Ovviamente, come d’uso, non ho fotografato mire ottiche o altro. Lo reputo una cosa priva di interesse: una lente deve dare il massimo nella condizioni d’uso per le quelli è progettata, il resto non ha la minima importanza. Anche per questo, vedrete praticamente solo immagini scattate a tutta apertura. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/4000 f5.6 ISO500 (treppiede) Z9 su 600/4 TC VR S 1/5000 f4 ISO180 (a mano libera) Z9 su 600/4 TC VR S@840mm 1/4000 f5.6 ISO250 (treppiede) Com’è fatto. Intanto è il 600/4 più leggero e, se considerate che contiene sia un TC14 che il maggior tiraggio necessario alle mirrorless (l’FTZ), anche il più piccolo - 165x437 vs 166x432 del precedente FL (ma a cui aggiungere la lunghezza del TC14 e del FTZ). Il peso scende in modo significativo, da 3810gr a 3260gr. Ma, di nuovo, se considerate TC14 ed FTZ questo 600/4TC VR S pesa meno del 500/4FL. Un risultato straordinario. Ma c’è di più. Nonostante l’enorme lente frontale, il peso è più arretrato. Di gran lunga se lo confrontiamo con il precedente 600/4FL. Ma, apprezzabilmente, anche confrontandolo con il 500/4FL!!! Di fatto, è il 600/4 più semplice da usare a mano libera che Nikon abbia mai prodotto. Non ho fatto confronti con il 600/4 di Sony, non conosco nessuno che lo possegga…. Mentre la lista di persone che conosco che hanno già tra le proprie mani questo Nikon, seppure uscito sul mercato da molto meno tempo, è già piuttosto corposa. Qualcosa anche questo vuole dire, secondo me. Ma tornando alla lente, l'uso a mano libera di un 600mm fino a pochi anni fa era considerato folle. Ma facendolo si apre un modo, non solo grazie al risparmio di peso fotografando in alta montagna, ma per le possibilità di fotografare da punti di ripresa funzionali a risultati come questo. Z9 su 600/4 TC VR S 1/2000 f4 ISO400 (a mano libera) Ma ai potenziali acquirenti che basassero il loro acquisto sull’idea che è una lente maneggevole devo dire di fare attenzione. Il peso e le dimensioni sono stati entrambi ridotti, ma resta una lente molto impegnativa da usare e domare. Non fatevi prendere da facili entusiasmi se non avete mai usato una lente di questa categoria: non è semplice tirare fuori il massimo. Il TC interno. Questa caratteristica merita un capitolo dedicato. In una parola: STRAORDINARIO. Avere la libertà, movendo un dito e senza nemmeno smettere di inquadrare, di cambiare focale quasi come se fosse uno zoom è una cosa che non è facile da pesare fino a che non si è utilizzato…. Poi non si riesce a smettere di sorridere, soprattuto se si sta fotografando a mano libera o da monopiede. Utilità che nella prova del 180-400 non avevo riconosciuto in modo così inequivocabile come con questa lente. Ma lo devo dire con chiarezza: da sola questa caratteristica ha un valore enorme, ben superiore al costo del TC14! Ma una funzionalità senza la giusta prestazione è nulla. E quindi? Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/2000 f5.6 ISO900 (treppiede) Crop a pixel reali, così è come funziona il moltiplicatore interno. Ergonomia. Ho letto alcuni test critici sull’ergonomia del 400/2.8TC VR S che è sostanzialmente costruito nello stesso modo, solo più corto. Francamente, a me in questo 600 sembra tutto al posto giusto: una lente perfetta. Ma questi aspetti sono quelli dove sono più indietro. Ad esempio, non ho ancora programmato i due anelli funzionali. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/1000 f5.6 ISO1800 (treppiede) Unica nota che vorrei fare è la solita sulla mancanza della scanalatura ARCA sul piede per il treppiede, peraltro molto leggero e di pregevole fattura. Al punto che, per la prima volta, non l’ho sostituito ma ho messo sotto una sbarretta per montarlo sulla testa. Quindi un problema piccolo. Prestazioni. Mai risposta fu più ovvia: sono eccellenti. Otticamente, sia in termini di nitidezza che di sfocato, sia liscio che con il moltiplicatore interno inserito, si comporta benissimo. Non teme nessuna condizione di luce, producendo immagini ben contrastate e nitide. Ha un notevole microcontrasto, che rende le immagini “croccanti e luminose”, vive direi. Sulla nitidezza avete visto qualcosa sopra. Ora parliamo di sfocato: Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/800 f5.6 ISO5600 (monopiede) Z9 su 600/4 TC VR S 1/500 f4 ISO500 (monopiede) Tornando al TC, praticamente, l’unico effetto collaterale che ho visto inserendolo è una appena accennata riduzione del contrasto. Quasi più una sensazione che un fatto oggettivo, considerato che io regolo i miei NEF individualmente e quindi, individualmente, regolo anche il contrasto. Anche l’impatto sulla nitidezza, secondo me, è privo di impatto visibile. In sostanza, questo obiettivo è sia un 600/4 che un 840/5.6. Ho sempre pensato che il 500/4FL fosse una lente spettacolare, mi riferisco a questo come paragone perché è il tele dal quale provengo, ma questo 600/4TC VR S è secondo me visibilmente superiore in termini di qualità ottica, se usato liscio ed ancora di più se usato moltiplicato. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/250 f5.6 ISO220 (monopiede) L’autofocus è velocissimo e capace, in sinergia con la Z9, di aumentare in modo visibile il numero di immagini perfettamente a fuoco. Anche su questo un apprezzabile passo avanti. Lo stabilizzatore è una vera sorpresa. Questa è una immagine ripresa a mano libera dal mio amico Marco, a 1/5 di secondo. E non è figlia unica: ho visto la sequenza: 3 in fila tutte e tre decisamente nitide. Marco è molto abile, ma è ben meglio di quello che riusciva a fare con il 600/4FL. Anche qui, raccomando al lettore un sano spirito critico delle proprie capacità: fare cose del genere non è alla portata di tutti… io ad esempio così avanti non riesco ad andare. Z9 su 600/4 TC VR S 1/5 f4 ISO400 (a mano libera) Crop a pixel reali, così è come funziona lo stabilizzatore a mano libera: 600m ed 1/5"... se si è capaci! Ricordo che lo stabilizzatore ha tre posizioni: OFF, ON e SPORT. Questi tempi sono con la modalità normale, SPORT stabilizza di meno (ma agevola il panning e mantiene fermo il punto di messa a fuoco). Io, complice anche un periodo di forma particolarmente bassa, sto sperimentando l’uso con il monopiede. Con la testa giusta - ne parlerò in un prossimo articolo - si riescono a fare cose egregie. Z9 su 600/4 TC VR S 1/50 f4 ISO6400 (monopiede) Cos’altro? Come detto, è una lente impegnativa. Se chi la acquista arriva da un qualsiasi 600/4 (ora non lo accomuno agli altri supertele), la strada sarà in discesa. Per gli altri, invece, c’è una salita variamente ripida. Occorre prevedere di investire in se stessi, per affinare la tecnica. Ma anche in equipaggiamento. Come uno zaino adeguato: La mia scelta è stata per il Gura Gear Kiboko 30L 2.0 (o lo zaino da montagna con il LensCoat e il TravelCoat) - Articolo a breve. O treppiede/monopiede. Per il primo, orientativi su qualcosa che abbia almeno 36mm di sezione di gambe, mentre come testa continuo a consigliare la Uniqball (articoli in proposito già fatti). Per il secondo, il punto chiave è la testa. La mia scelta è stata la Wimberley MH-100 - Articolo a breve. Già da questo capirete perché queste "prime impressioni” arrivino dopo un paio di mesi: se non si è youtubers d’assalto, che recensiscono qualcosa avuto in prestito per alcuni giorni, ma si fa un punto d'orgoglio a che le opinioni che si condividono debbano avere solide fondamenta occorre tempo. Consigliabile? Si, senza riserve se non quella di capire bene di cosa si stia parlando. Questo non è uno zommettone solo un po’ più luminoso e nitido: è una lente impegnativa che darà il massimo solo al fotografo che la saprà usare. Proibitiva? Assolutamente no, ma se non avete mai usato un 400/2.8, 500/4 o 600/4 prevedete un bel periodo di rodaggio ed anche che, in detto periodo, i risultati possano anche peggiorare. Z9 su 600/4 TC VR S@840 1/250 f5.6 ISO2000 (Monopiede) E rispetto al 400/2.8? Ecco vorrei avere anche io questa risposta: mi sono interrogato per mesi su questo argomento! Battute a parte, secondo me occorre pensare alle focali che si usano. Entrambi mettono a disposizione un 600mm f4 (560/4 non è così lontano) ed immagino che le prestazioni del 400/2.8 con il TC interno attivato siano almeno buone come quelle del 6004/ con il TC attivato (anzi mi aspetto che possa essere anche uno zic meglio). Quindi la decisione si prende in base alla risposta a questa domanda: come seconda focale serve di più 400 o 800? Nel primo caso, ovvio, occorre prendere il 400, altrimenti il 600. Considerando anche che, in caso di scelta del 600/4, la focale 400 si può ottenere con il 100-400 (come faccio io) o con il 400/4.5. Mentre volendo arrivare ad 800mm con il 400/2.8 occorre o usare il TC20 (perdendo la flessibilità del TC interno, per me determinante nell’acquisto) o acquistare un ben più impegnativo 800/6.3. Z9 su 600/4 TC VR S 1/125 f4 ISO800 (monopiede) Poi, ovviamente, c’è il prezzo. Ad ognuno capire se il “gioco valga la candela” e, quindi, si trovi il valore che motivi il costo sostenuto. Per me, anche qui, un rotondo si. MA, c’è un grande ma, ogni fotografo deve guardare in se stesso e capire cosa fa per sé, cosa può migliorare o sostenere la propria fotografia e come approcciarne il prezzo. Non dimenticando che per chi, amatore, non faccia della fotografia una professione, l’unica questione importante è se prezzo, possibilità economiche e passione collimino. Non abbiate timore, a poterlo acquistare, questo capolavoro farà tutta la sua parte. E voi? Pronti a fare la vostra? Z9 su 600/4 TC VR S 1/250 f4 ISO1100 (monopiede) Massimo Vignoli per Nikonland (c) 5/3/2023
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  17. Complimenti Giuseppe, gran bel lavoro e bellissime foto! A me piace moltissimo la prima foto della Gru cenerina.
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  18. Grazie per le foto postate e per la storia narrata. Impressionanti le dimensioni e l'apertura alare dell'aereo, soprattutto paragonate ai due elicotteri pronti per essere imbarcati....
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  19. Un ottimo lavoro, complimenti
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  20. ...mia moto....al singolare....
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  21. com'è che gli alieni non lo hanno disintegrato con un raggio canonico...?
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  22. Condivido l'opinione di Enrico... Complimenti.
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  23. Acque ferme, foschia e qualche contrasto... una situazione ghiotta e ben sfruttata. Un bel lavoro Paolo
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  24. Sempre interessanti gli aerei e anche leggere delle tue esperienze personali che definirei appassionanti. Il Galaxy poi è veramente un bestione. Anche se vecchiotti gli scatti sono di qualità, una bella sequenza
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  25. E' pur vero che la fotografia sotto molti aspetti è anche arte e personalmente apprezzo molto (ma senza troppo esagerare) chi ha l'ardire di presentare i propri lavori arricchendoli con una "grafica" diversa. Trovo interessante la cornice che affoga letteralmente nell'immagine creando un'elisione con l'immagine restante, quasi ad evidenziare il fastidio di un'informazione visiva inutile, eccessiva. Ma sottolineo interessante, senza esagerare. Fotograficamente invece apprezzo la scelta delle luci e le composizioni. Un buon lavoro direi.
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  26. Gran bel reportage Francesco, corredato da bellissimi scatti che rendono appieno il tema della logistica, che alcune volte dimentichiamo. Mi piacciono particolarmente le foto in cui si vede l'aereo aperto sia nel davanti che nel di dietro. Complimenti.
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  27. foto da stampare e incorniciare in formato 100x75
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  28. L'Oasi di Orbetello è un Oasi che come dici tu permette a livello sia fotografico che di avvistamento BW tutto e niente. Ma la Maremma soprattutto in inverno è comunque un buon posto per fare foto all'Avifauna. Mi permetto anche io un paio di suggerimenti sui nomi, perchè conoscere quello che si fotografa è sempre un di più.... Si quello che chiami Airone genericamente, è una Garzetta come ti hanno già suggerito ed è una Garzetta quello che chiami Gabbiano. I Germani reali sono Mestoloni maschi, il primo animale che chiami Pettegola è invece un'Alzavola femmina quindi è un'anatra invece che un Limicolo. Sono tutte Pittime reali ed i Chiurli sono un Chiurli maggiori. Complimenti per le Gru animali timidi io non le ho mai viste dentro all'Oasi, e sai ci sono stato mooolte volte nei tempi passati....
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  29. i miei propositi per il 2024 ? Farne abbastanza da allestire una divisione corazzata completa Intanto : BUON 2024 a tutti ! Soprattutto a chi non è andato a trascorrere San Silvestro a Lanzarote. A chi non ha sparato petardi. A chi non si è messo strani capi di abbigliamento rosso addosso. A chi ha festeggiato in famiglia. Ma specialmente, a chi non ha ascoltato il sermoncino di Ma77are11a
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  30. bellissime immagini e corredate dall'ottimo filo narrativo fotografico
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  31. A volte mi sento in mezzo al mare, a navigare verso nuovi orizzonti, nuovi mondi. Fedeli compagne le mie nikon. La nuova era Z ha segnato strade nuove, ha superato limiti considerati non pocco tempo fa invalicabili. Il viaggio diventa straordinario, pieno di scoperte e di nuove realta'. Buon Natale e buone feste a tutti gli amici Nikonlanders.
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  32. Auguri a tutti e buone feste. Per fortuna che qui siamo tutti buoni, c’è gente che a Natale fa piangere i bambini 😂
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  33. Domanda complicata, quella dell'Admin. Ma ci sta. Siamo in un momento di bilanci. Ed io ho avuto la fortuna di provare molte delle novità presentate. Dovendone proprio scegliere una sola ... è uno dei migliori Nikkor di sempre (secondo me tanto quanto il 58/0.95 e pochissimi altri). Il 135/1.8 Plena è entrato nel corredo e non intende uscirne mai più. ma certo, 85/1.2 e 600/6.3 sono strumenti perfetti, confezionati esattamente a mia misura. E la Zf ? Da perderci il cuore ... Grazie Nikon !
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  34. Vediamo come butta se si concentrano come si deve allora vale la pena. Sabato le ho solo sentite e non ne ho vista una. In compenso è passato un cinghiale grande come un vagone, purtroppo a distanza siderale. Ma sabato ho fatto robe per fachiri Quello che propongo è meno impegnativo, si raggiunge il punto di osservazione in auto , si parcheggia e si aspetta il decollo degli stormi. Ma vediamo come evolve la stagione invernale che sta per cominciare. In effetti quest'anno le gru sono tante, di solito all'inizio di dicembre sono solo piccoli gruppi, ora invece si stima un bel gruppone di oltre 350 esemplari. Se la sera si muovono con ancora un po' di luce si possono fotografare al volo, questo che segue è un controluce disgraziato con 600mm FX (no crop) e ISO degni della Z9
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  35. Chi volesse farlo, può cominciare a visionare le fotografie e i filmati già presenti nell'album dedicato : ne verranno aggiunte mano a mano che le condizioni meteo e le opportunità di scatto ce lo consentiranno nei prossimi giorni e settimane. L'obiettivo, acquistato con fondi nostri per il nostro corredo, resterà stabilmente in casa per i prossimi anni, costituendo l'ottica più lunga a nostra disposizione.
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  36. Vi interessa un articolo sulla laguna veneziana con foto di paesaggio e uccelli?
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  37. Si è fatto aspettare anni in roadmap (é uno dei motivi per cui probabilmente la roadmap non sarà più aggiornata ...) e poi anche una volta annunciato, chi lo ha ordinato lo sta ricevendo solo adesso, oltre due mesi dopo il lancio. Ed eccolo qua, appena consegnato dal corriere GLS, ordinato dal Nikonstore.it da Mauro Maratta e pagato di tasca sua in anticipo con Paypal. Ne parliamo qui in anteprima, per una prova approfondita ci vorrà un mesetto, noi non siamo soliti scrivere opinioni scolpite nella pietra dopo mezz'ora di utilizzo come certi recensori di Youtube che un attimo dopo sono già passati ad un microfono o ad un gimbal. Anzi, non contenti di provarlo qui dalle nostre parti, poi lo spediremo a dove solo Max Aquila lo potrà da par suo provare a mare, con i suoi amici surfisti. Ne valeva la pena ? La versione breve è si. In due frasi. Se fosse un Nikkor S, nessuno si scandalizzerebbe. E ... si, non vi offendete, ma è un obiettivo che è meglio di quanto il tipico proprietario di zoomone Sigma/Tamron si aspetterebbe di comperare con 2000 euro. Anzi, se costasse 2.559 euro, non sarebbe nemmeno questo uno scandalo. Perché questo è un Nikon. Il vero erede aggiornato del Nikkor F 200-500/5.6. Che una volta ... aggiornato con il nuovo, diventerà rapidamente un lontano ricordo. Senza andare a spaccare troppo il capello in quattro o a fare confronto a livello di pixel, l'immagine fino a 400mm non è troppo dissimile da quella offerta dal 100-400. E oltre, meglio di quella offerta dal 100-400 telemoltiplicato. Supera i due vecchi 200-400/4 e se non arriva - ci mancherebbe ! - al livello dello straordinario 180-400/4 TC, è anche vero che per dimostrare tutto il potenziale, il 180-400/4 dovrà essere impiegato in condizioni ideali. Mentre un obiettivo che spara fino a 600mm per la maggior parte sarà impiegato in condizioni limite, con la qualità dell'aria, i vortici di calore e i bagliori, che faranno veramente la differenza. Il Nikkor Z 600mm f/4 TC è meglio ? Ma certamente, certo. E per fortuna, anche se ancora difficile da avere, permane e permarrà a catalogo anche dopo l'uscita di questo super-zoom-tele. Ma ancora più che per il 180-400/4 che si ferma a 560mm mentre il 600/4 può arrivare a ben 840mm, esprimere tutto il potenziale di questi superteleobiettivi (considerazione valida anche per il pregiatissimo 400/2.8 TC) è ancora più difficile. E richiede superfotografi per superteleobiettivi. Dimenticando per un attimo il fatto che con i soldi che vi costerebbe un 600/4 TC, vi potete comprare due Z9, un 100-400 S e con gli avanzi, questo 180-600, per un corredo tele della massima potenza. Si chiude il mercato per i supertele con l'uscita di questo 180-600 ? No, certo che no. Ma per il fotografo di tutti i giorni, sarà veramente difficile giustificare un investimento 8.5x a fronte di un reale guadagno in termini di immagine in condizioni di scatto da mondo reale nelle foto di tutti i giorni. E questo al di là dell'ovvia differenza di luminosità massima tenendo a mente che a 600mm lo zoom è meglio che sia un filo più chiuso (f/7.1 o f/8, insomma) per avere il massimo della nitidezza. No, proprio in termini di messa a terra di tutta la potenza per quel prezzo da citycar accessoriata. Bene, dette tutte queste ovvietà andiamo ad aprire lo scatolone. Si, perché uno scatolone così mette in soggezione, come dimostra la "piccola" Z8 messa davanti a fare da paragone : e anche coricato, non è da meno ma una volta tolto l'obiettivo, invece, finiscono le ansie, è compatto, se non proprio piccolo, con i suoi 315mm senza paraluce. ecco tutta la dotazione che conta, noi l'abbiamo avvolto nel panno nel metterlo nello zaino, così per conservarlo così bello. Si, perché è bello. Nikon con i suoi Nikkor Z ha imposto uno standard estetico che è coerente al di là delle differenti linee di prodotto. E questo sembra uno Z di classe S per finiture a dettagli, in ogni sua espressione. Bello, ben fatto, notevole ! Comunque, vediamolo uscire dalla scatola : che è tutta in cartone, distanziali compresi l'obiettivo è avvolto in un panno di spugna e poi in un bugnato. Il paraluce è dentro una scatoletta separata. I manualetti sono del tutto trascurabili. La dotazione completa è questa : il collarino per il treppiedi, rimovibile, è incluso ! si toglie svitando quel vitone. E' una operazione agevole. Non ci sono guide a perni come nel 200-500/5.6 ma la logica è la stessa. Il movimento è accettabilmente fluido, meglio di quella del 200-500/5.6 ed infinitamente meglio per esempio, di quello del Sigma 150-600mm Contemporary che qui possiedono in tanti. Toglierlo o tenerlo ? Dipende dall'uso. E' compatto e leggero, sta dentro ad un vecchio zaino Tamrac Expedition 5, sufficiente per superare i controlli degli ingressi del Gran Premio di Formula 1 ma comunque supera i due chilogrammi. Quindi a seconda del tempo che lo si dovrà tenere in mano, meglio avere anche almeno un monopiedi. Servirà a riposare le stanche membra dopo una lunga camminata. Anche per chi fa tanta palestra ed è in formissima. il tappo è da 95mm, analogo a tutti gli altri. Il paraluce é un cilindro semplice. non sta in piedi da solo, si sbilancia verso il davanti. Ma basta montargli dietro una Z8 perché resti in bilico da solo qui lo vediamo col paraluce, con e senza il collarino del treppiedi mentre qui è montato su una testa video tramite slitta aggiuntiva Arca Swiss Non è bellissimo ? Noi ne siamo entusiasti ! Qualche dettaglio costruttivo in più. da dietro, con la scritta 180-600mm analoga a quella che hanno sul piedino gli altri teleobiettivi Nikon moderni. serigrafie e ghiere di controllo altro dettaglio della finitura impeccabile le tacche della lunghezza focale. La corsa della variazione di focale é sorprendentemente breve a vantaggio della velocità operativa. il tasto funzione programmabile dettaglio del lato con la scritta Nikon, il collarino e la ghiera programmabile che funge, servisse mai, da messa a fuoco manuale la parte sotto del piedino per il treppiedi con i due passi di filettatura. E' in lega leggera, quindi è probabile che qualcuno metterà un collarino alternativo opzionale in alluminio, con binario Arca Swiss. made in Cina, come c'era da attendersi. gli unici due selettori. Messa a fuoco Manuale o Automatica e limitatore di messa a fuoco tagliato a 6 metri, piuttosto che piena corsa da minimo a infinito. Aggiungiamo per pronta consultazione, lo schema ottico, complesso, con una bella articolazione delle lenti e largo uso di vetro speciale che permette un MTF interessante nonostante la focale estrema massima ottenuta non con pochi compromessi progettuali per mantenere compatto l'oggetto e il costo così contenuto. ma soprattutto una comparativa dimensionale che permetta di scegliere cosa sia meglio per il singolo fotografo : per super-teleobiettivi, il 180-600 é il terzo, l'ultimo a destra è l'800/6.3 [courtesy Camera Decision] mentre qui abbiamo tutti zoom, compreso il recente e compattissimo 70-180/2.8. Questo 180-600 è appena più lungo del 100-400/4.5-5.6 tutto esteso ed è addirittura più sottile. Resta più compatto del 800/6.3 che è appena più pesante, mantenendo il collarino del treppiedi. Mentre il 180-600 è di poco più pesante di 70-200/2.8 e 100-400mm, pur portando tutta quella focale in più. Se aggiungete i cartellini con il prezzo e tenete a mente che oltre i 400mm, molta parte della qualità dell'immagine non sempre dipende più dall'ottica ma dalla giornata, avrete un quadro orientativo più completo. *** Le prime impressioni sono molto positive. Oltre all'aspetto, anche la costruzione e il dettaglio sono premium. L'obiettivo vale ogni euro che costa, anzi, sembra a buon mercato. 2.500-3.000 euro non sarebbero sembrati eccessivi, visto il costo di 100-400 e 70-200/2.8. L'operatività è semplice e l'obiettivo, non variando lunghezza con la variazione della focale, non si sbilancia, rendendo agevole usarlo anche a mano libera. La velocità di messa a fuoco non è quella del 70-200/2.8 o del 400/2.8 ma è accettabile, considerando che non è un obiettivo della stessa classe merceologica. Le qualità ottiche ci sono tutte, sia in termini di nitidezza che di sfuocato e di colori. Ma soprattutto l'impatto (il punch), la matericità dell'immagine, sono ottime. E anche in autodromo, con il caldo e 6-7 megawatt di potenza scaricata da monoposto in accelerazione, le immagini alle distanze elevate obbligate per motivi di sicurezza vengono buone. Ma in termini di prova approfondita ci riserviamo il tempo necessario per farci un'idea più completa, per ora questi sono solo i nostri primi pensieri. In estrema sintesi, concludiamo come abbiamo iniziato. Se fosse un Nikkor Z di classe S non ci stupiremmo in termini costruttivi e di aspetto. Se costasse di più, se ne venderebbero meno ma nessuno avrebbe troppo da recriminare. La sua qualità è superiore a quella che molti fotografi possono sostenere sul piano della loro tecnica fotografica individuale. Meditate, cari fotografi ... meditate ... *** Ricordate di mettere un like se questo articolo vi è stato utile. A voi non costa nulla ma noi teniamo conto del numero dei like per decidere che articoli pubblicare. Mentre i vostri commenti saranno sempre preziosi per chi ci legge.
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  38. Non so, se Peters venisse da me a dirmi che lui in questa foto non ha fatto granché, lo riterrei un falso modesto. Il framing del viso è preciso, e non può averci pensato solo la Cruz perché non si vede all'interno della finestra (ma magari c'era uno specchio); la condensa sul vetro è distribuita perfettamente e pulita dove invece darebbe noia. L'espressione è di quelle che a me risultano ipnotiche, quindi complimenti alla modella, ma non direi che abbia fatto tutto lei. Sono per un 60-40 per il fotografo, almeno.
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