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Paolo Mudu

Nikonlander Veterano
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Everything posted by Paolo Mudu

  1. Mah, capisco ed approvo il vostro intento, ma non il metodo. Ho paura che allontani le persone, la maggior parte, che preferiscono un approccio leggero al sito. Forse un modo più inclusivo esiste. Ad esempio dare l’accesso al sito a più livelli. Tipo: al primo livello puoi accedere a post ed articoli tecnici, potendo interagire per consigli su attrezzature, software, ecc. Al secondo, interagire ad articoli di più alto livello, partecipare alla vita del sito, organizzare incontri tra i soci, workshop, cene sociali. Terzo livello…eleggere il Papa. Perché gestire un ottimo sito se poi lo si circonda di filo spinato? Mi pare una contraddizione.
  2. Fondamentalista! 😂😂😂
  3. Un modo più economico esiste!
  4. Lo so, è un titolo provocatorio. Ma spero che, più che suscitare polemiche, stimoli una riflessione. Non so se capita solo a me: quando devo scrivere una relazione o delle istruzioni per lavoro, rileggo tutto a video e mi sembra perfetto. Poi stampo una copia, la rileggo, e puntualmente trovo almeno un errore. Sarà che sono un boomer, sarà distrazione, ma credo che toccare con mano la materializzazione del proprio pensiero abbia un effetto diverso, più incisivo. Succede anche in fotografia. Quando collaboro con il mio stampatore, mi rendo conto di quanto la stampa sia diversa dalla semplice visualizzazione a schermo. Certi errori non li noto finché non vedo l’immagine su carta. Una stampa ben fatta ha un impatto che il monitor non potrà mai eguagliare. Perché questo titolo così netto? Perché la stampa è la fotografia. Che sia su carta baritata, cotone o anche solo fotografica, la stampa è la fase finale, compiuta, di una fotografia. Non è solo un mezzo per incorniciare un’immagine: è il momento in cui lo scatto diventa oggetto reale, tangibile. E stampare ci rende fotografi migliori. Scattare per stampare cambia il modo di fotografare. Quando si scatta pensando alla stampa, ci si chiede se quell’immagine reggerà davvero il confronto con la carta. Il display della fotocamera o del computer non è un giudice affidabile: è retroilluminato, compensa errori, altera i colori. Ogni supporto ha una resa diversa e la post-produzione deve tenerne conto. La fotografia è nata come oggetto fisico. E, se perde questa dimensione, muore. Viviamo sommersi da immagini: ne scattiamo a trilioni, ma la loro quantità non ne aumenta il valore. Al contrario, ne ha svuotato il significato. Siamo circondati da foto tecnicamente perfette ma emotivamente piatte, dimenticate un attimo dopo lo scroll successivo. Stampare significa selezionare. Significa scegliere cosa vale davvero. E oggi più che mai serve consapevolezza. Sì, il titolo si adatta bene a chi fotografa ogni piatto e a chi usa la fotocamera per alimentare il proprio ego sui social. Se il digitale non esistesse, probabilmente avrebbero già cambiato hobby. Ma esiste anche un’altra categoria: fotografi che spendono migliaia di euro in attrezzature d’avanguardia, ma non investirebbero mai 20 euro per una stampa fine art che valorizzi davvero il proprio lavoro. E non sono solo digitali. Alcuni scattano a pellicola, inviano i rulli in laboratorio per lo sviluppo e la scansione, ma nemmeno si fanno restituire i negativi. Forse l’importante è solo postare una foto con la Leica M2 al collo. Io, invece, ho scelto la stampa. Quest’anno ho speso più in stampe che in pellicole o attrezzatura. Sì, al momento del pagamento fa un po’ male… ma poi passa, appena tengo in mano un 30x45 stampato su carta pregiata. E voi? Siete fotografi… o solo utenti di fotocamere?
  5. La gazzosa la berrai tu! 😂
  6. Oppure: sperimentare diverse tecniche senza sposarne nessuna in particolare. Fare esperienza e divertirsi imparando. Le frasi che hai citato non sono mie e riguardo allo studiare, farebbe ancora bene!
  7. Direttamente sul sito di Kolari.
  8. "Zantedeschia" Sigma SD1 Merrill + 105 Macro Full Spectrum
  9. "Zantedeschia" Sigma SD1 Merrill + 105 Macro + Filtro IR 720
  10. Non credo ci si sforzi molto di imparare senza certi automatismi, quando la macchina ti mostra subito il risultato e noi, compensando l’esposizione, correggiamo senza porci domande sul perché. Si impara sbagliando, pagando per i propri errori. Questo metodo ha sempre funzionato, non solo in fotografia. Poi se uno fosse veramente motivato allora potrebbe funzionare ma sono eccezioni. Ovviamente parlo per me, ma avendo 10 fotogrammi a rullo di 120 scatto solo se ne vale la pena, considerando tutte le variabili. Se non ho abbastanza luce non posso incrementare gli ISO. Se ho troppo contrasto per un risultato ottimale non penso che poi risolvo in Photoshop. Questo in analogico lo imparo sbagliando. In grande formato ho sempre rifiutato di eseguire uno scatto in Polaroid prima di esporre una lastra, proprio per non affidarmi ad altro se non alla mia esperienza che col tempo diventa istinto. Riguardo i fotografi professionisti, non conosco cerimonialisti dediti alla pellicola, temo sarebbero aspiranti suicidi.
  11. Se lo trovi a prezzi umani prova il 850 nm. Ideale per il BN! Arrivato or ora dagli USA…dazi inclusi 🥺
  12. Grazie dell'intervento stenopeic, hai verificato che senza modificare la camera in full spectrum i risultati sono parziali, con tempi lunghi e con risultati più casuali. Questo perché il filtro sull’ottica sommato a quello cut IR si annullano a vicenda. Conviene acquistare una camera vecchia e modificarla. Anche con pochi MP si ottengono immagini molto buone, in quanto il sensore guadagna molta sensibilità alla luce. Se poi hai un sensore denso puoi ottenere stampe di grande formato impressionanti. Vuoi per il guadagno di sensibilità, vuoi perché l’IR taglia la foschia e i particolati atmosferici. L’ultima stampa che ho fatto, 30x45 da file Foveon, mi ha impressionato tantissimo.
  13. La risposta a PaoloBC: Ahhh, la camera oscura…A 16 anni ci vivevo. La mia avventura fotografica è iniziata lì, ancora prima di scattare. Poi non vedevo l’ora che si sviluppassero dei sensori digitali che mi affrancassero dal processo, lungo e laborioso, analogico. Oggi, pur non rinunciando ai megapixel e sperimentando tecniche particolari come IR, sento anche la necessità di riappropriarmi del processo più materiale e sensoriale che è proprio della pellicola. Quindi, viva la fotografia analogica o digitale, purché derivi dalla propria sensibilità, capacità, creatività e non dipendente da intelligenze artificiali, che sono tutto fuorché intelligenti ed artificiali, ma solo sfacciato plagio.
  14. Grazie degli interventi. Mi pare però che le critiche siano rivolte solo al titolo provocatorio e non alllo scritto. Infatti non trovate nell’articolo frasi che ipotizzino una presunta superiorità del l’analogico nei confronti del digitale, anzi. Non sono certo un misurone che paragona un negativo 120 ai 60 MP del digitale. Il digitale è superiore in quasi tutto. Ho messo solo in risalto degli aspetti artistici e didattici che promuovono ancora l’uso della pellicola. Ma il digitale subisce uno sviluppo che sta cambiando radicalmente il concetto di fotografia. Fino a poco tempo fa le case costruttrici di telefoni si ispiravano alle migliori fotocamere digitali, oggi sono le fotocamere ad incorporare le tecnologie elaborate per gli smartphone. Ecco che anche qualche fotografo professionista, per differenziarsi dalla massa, inizia a ripensare alla pellicola. Ecco che Kodak sta ampliando nuovamente i suoi stabilimenti, così come Fuji. Nei prossimi 5 anni assisteremo ad un ribaltamento del mercato come la morte delle compatte.
  15. La fotografia all’infrarosso in bianco e nero è un genere che mi ha affascinato, cattura l’invisibile all’occhio umano. Mi ha agevolato il fatto di possedere le fotocamere Sigma con sensore Foveon, avendo la caratteristica di montare un filtro taglia IR facilmente rimovibile. Le foto infrarosse in bianco e nero sono celebri per i contrasti drammatici tra aree chiare e scure. Il fogliame, ad esempio, riflette molto l’infrarosso e appare quasi bianco, mentre cieli e corpi d’acqua diventano scuri o neri. Questo crea un effetto surreale e suggestivo. Al contrario, le immagini a colori mi stancano subito. L’infrarosso penetra meglio attraverso la foschia e l’umidità, quindi le immagini appaiono più nitide e con una maggiore profondità. Materiali e superfici riflettono la luce infrarossa in modi particolari. La pelle umana, ad esempio, appare molto più liscia e uniforme, quasi eterea. Le nuvole possono sembrare più dense e drammatiche. Concentrandosi solo su luce e ombra, il bianco e nero infrarosso enfatizza la composizione, le forme e le linee. È ideale per chi cerca un’espressione più astratta o grafica. Poiché l’infrarosso rappresenta una realtà invisibile, restituisce immagini che sembrano provenire da un altro mondo. È perfetto per chi vuole esplorare una dimensione più emotiva o surreale della fotografia. Naturalmente per intraprendere questa avventura serve un set up particolare. 1. Rimozione del filtro IR-cut: Questa modifica richiede precisione e competenze tecniche. Il filtro IR-cut si trova direttamente davanti al sensore e blocca la maggior parte della luce infrarossa. Una volta rimosso, il sensore sarà sensibile all’intero spettro IR (e anche un po’ di UV). Dopo la rimozione, la fotocamera diventa “full-spectrum”, quindi si dovrà sempre usare filtri davanti all’obiettivo per selezionare la gamma desiderata (IR, visibile, UV). Come accennato, alla Sigma SD1 ho tolto il filtro IR-cut autonomamente senza passare da un laboratorio. 2. Scelta del filtro IR da montare davanti all’obiettivo. I filtri IR si distinguono in base alla lunghezza d’onda che lasciano passare. Alcuni esempi: 720 nm (tipo Hoya R72): offre un buon mix tra effetti IR e dettagli visibili, ottimo per bianco e nero. 850 nm: taglia completamente il visibile, per un look infrarosso puro, con più contrasto e cieli nerissimi. 590 nm o 665 nm: lasciano passare anche parte dello spettro visibile, quindi sono più adatti per IR a colori, ma si possono convertire in bianco e nero con risultati interessanti. Al momento ho scattato con un filtro a lastra a 720 nm. Ne ho ordinato anche uno a 850 nm. Per bianco e nero drammatico e puro, il filtro 850 nm è spesso la scelta preferita. 3. Messa a fuoco e profondità di campo: L’infrarosso ha una lunghezza d’onda diversa, quindi la messa a fuoco visibile non corrisponde sempre a quella infrarossa. È consigliabile impostare diaframmi chiusi (f/8, f/11 o f/16) per aumentare la profondità di campo e compensare eventuali errori di fuoco. 4. Esposizione: I tempi di esposizione possono variare molto a seconda della lunghezza d’onda del filtro. Un filtro IR blocca gran parte della luce visibile, quindi meglio prevedere l’uso del treppiede per tempi lunghi o ISO più alti (non col Foveon), soprattutto senza luce diretta del sole. Usare il live view se possibile, oppure scattare in modalità manuale facendo brackeing. 5. Post-produzione: I file Foveon hanno molto dettaglio e una resa particolare, ma il software Sigma Photo Pro a volte non gestisce bene i file IR modificati. Meglio convertire in TIFF e sviluppare poi in Camera RAW. 6. Evitare il contro luce: Il sensore senza il filtro può diventare più suscettibile a riflessi interni e al flare IR. Inoltre le ottiche non sono ottimizzate per IR. Usare un paraluce ed evitare le sorgenti luminose dirette nell’inquadratura. Scegliere i soggetti giusti. Paesaggi con vegetazione: le foglie e l’erba riflettono molto IR e diventano bianchissime, creando un effetto “neve d’estate”. Cieli con nuvole drammatiche: il cielo diventa scurissimo, le nuvole spiccano con un contrasto epico. Architetture: le superfici artificiali reagiscono in modo particolare all’infrarosso, a volte scurendosi o riflettendo luce IR. Scene desolate o silenziose: perfette per un’estetica “aliena” o meditativa. Composizione e approccio visivo. Minimalismo: sfrutta l’alto contrasto tra bianco e nero per creare composizioni semplici ma potenti. Simmetrie e riflessi: con l’acqua che appare nera e riflettente, puoi creare effetti specchio molto stranianti. Prospettive basse e grandangoli: esaltano la distorsione della realtà IR, soprattutto con cielo e vegetazione. Io ho appena iniziato questo percorso che in futuro svilupperò anche in analogico e chissà, per rendere l’operatività più semplice, modificare una Nikon, applicando il filtro IR direttamente sul sensore, chissà… Di seguito, i vari modi per scattare in IR digitale (In analogico altra storia). Abbiamo disponibili tre opzioni: 1. Convertire una fotocamera a spettro completo. Ovvero sostituire il filtro IR-cut con un vetro neutro: in questo modo si conserva la protezione del sensore e si può utilizzare tutta la varietà di filtri infrarossi esterni IR disponibili. Questi filtri possono variare da 550 nm fino a 1000 nm, offrendo diverse rese visive in base alla lunghezza d’onda selezionata. È anche possibile scattare foto in luce normale, ponendo davanti all’obiettivo un filtro UV/IR Cut Hot Mirror. Questa sarebbe la soluzione più flessibile, se non si prevede di scattare prevalentemente in IR. 2. Convertire una fotocamera ad infrarossi, ovvero: installare direttamente un filtro IR specifico al posto dell’IR-cut. Questa soluzione, più estrema, blocca tutto lo spettro visibile lasciando passare solo l’infrarosso alla lunghezza d’onda del filtro montato. Il grande vantaggio è la possibilità di vedere chiaramente attraverso il mirino, o tramite il live view, l’autofocus funziona, consente di scattare a mano libera, consente l’uso di ottiche non compatibili con i filtri per obiettivi come i fisheye. Lo svantaggio, però, è la perdita di flessibilità, poiché non è più possibile cambiare filtro in base alla situazione o all’effetto desiderato, ma solo aumentando l’effetto ponendo altri filtri IR davanti all’ottica. 3. Nessuna conversione. Esiste comunque la possibilità di catturare l’infrarosso anche con le fotocamere standard. Infatti il filtro IR Cut davanti al sensore lascia passare un po’ di infrarosso. Il risultato non sarà esaltante, in quanto i filtri IR Cut e quelli IR davanti all’obiettivo si annullano a vicenda. La scelta quindi si limita a lunghezze d’onda dei filtri IR oltre i 720 nm. Il che si traduce in tempi di esposizione lunghi, inquadratura e messa a fuoco manuale su treppiede, prima di montare il filtro o, se disponibile, con live view. Allego altre immagini scattate oggi a Bologna. Le nuvole erano molto fotogeniche e molto adatte all'infrarosso. Molto, molto divertente e non potevo rimanere a casa! L'effetto sull'acqua.
  16. Nel panorama contemporaneo dominato dall’istantaneità e dalla perfezione tecnica del digitale, parlare di fotografia analogica può sembrare anacronistico. Eppure, proprio in questo contesto ipertecnologico, la pellicola continua a trovare una sua collocazione precisa e significativa: non tanto nel campo professionale, dove efficienza e velocità sono essenziali, quanto in quello artistico e didattico. Qui, la fotografia analogica si rivela ancora oggi uno strumento ancora interessante. L’esperienza fotografica come processo: Uno dei principali motivi per cui la pellicola conserva un valore artistico è legato al processo stesso dello scatto. Fotografare in analogico implica una maggiore consapevolezza, una riflessione più profonda prima di premere il pulsante. Ogni esposizione costa tempo, denaro, e soprattutto attenzione. Questo limita l’approccio compulsivo tipico del digitale e favorisce una maggiore concentrazione sulla composizione, sulla luce e sull’intenzione. Il risultato, quindi, è realmente il frutto dell’esperienza, dell’occhio, della mano e del cuore del fotografo. Una didattica basata sulla lentezza: In ambito educativo, la fotografia su pellicola offre un’opportunità preziosa: quella di rallentare. In un’epoca in cui tutto è immediato e modificabile all’infinito, insegnare a studenti e appassionati l’importanza dell’attesa, dell’errore, della sperimentazione concreta ha un valore formativo straordinario. L’analogico obbliga a comprendere le basi tecniche (esposizione, profondità di campo, composizione), a pianificare e prevedere i risultati, responsabilizzando chi fotografa. È un laboratorio visivo e mentale. L’arte non è una questione di risoluzione: Uno degli equivoci più diffusi nella fotografia contemporanea è l’associazione tra qualità tecnica e valore artistico. Alcuni dei più grandi maestri della storia, da Henri Cartier-Bresson a Robert Capa, hanno prodotto immagini iconiche con mezzi oggi considerati “poveri” in termini di definizione. L’arte non nasce dal numero di pixel, ma dallo sguardo. E se è vero che anche il digitale può essere uno strumento artistico, la pellicola obbliga a una disciplina estetica che ha formato intere generazioni di fotografi e che ancora oggi può offrire molto a chi vuole andare oltre il semplice “scattare”. Il pericolo dell’intelligenza artificiale: Un’ulteriore riflessione riguarda il futuro prossimo della fotografia digitale, sempre più intrecciato con l’intelligenza artificiale. Le AI generative stanno entrando con forza nei software fotografici, offrendo risultati tecnici straordinari, ma rischiando di svuotare le immagini della componente più umana: la visione personale del fotografo. Le foto diventeranno perfette, ma indistinte. In questo contesto, la fotografia analogica rappresenta una forma di resistenza creativa al plagio insito nella AI: ogni immagine nasce da una scelta reale, da un momento vissuto, da un gesto irripetibile. Non può essere replicata da un algoritmo. Il fascino dell’oggetto e la materialità del tempo: L’archivio analogico non richiede backup o aggiornamenti. Un negativo ben conservato dura decenni, se non secoli. La sua esistenza fisica, la possibilità di essere toccato, archiviato, stampato con tecniche tradizionali, restituisce alla fotografia una dimensione artigianale, dove il tempo si sedimenta nello strato emulsionato della pellicola. In un’epoca smaterializzata, la pellicola è resistenza culturale e poetica. Conclusione: Scegliere la pellicola oggi non è un rifiuto del progresso, ma un atto consapevole: una dichiarazione d’intenti, una resistenza alla noia della perfezione. È un mezzo che, pur non offrendo la comodità del digitale, restituisce al fotografo una relazione più autentica e intensa con il proprio lavoro. Per fini artistici o didattici, la fotografia analogica continua a insegnare e ispirare, ricordandoci che la vera immagine nasce prima di tutto nella mente e nell’occhio di chi guarda.
  17. L'effetto sull'acqua.
  18. Buongiorno Antonio, riguardo i filtri IR, c’è una discreta scelta per quello da 720 nm. circolari a vite. Es: Hoya o Kase (interessante perché magnetico). Il costo è contenuto se non hai bisogno di diametri superiori al 72 mm. Per quelli a lastre io utilizzo il COKIN NUANCES IR720 L (Z-Pro serie) 100mm. Che trovo più comodo rispetto a quelli a vite, avendo già il porta filtri NiSi e compatibile con ottiche di tutti i diametri, specialmente grandangolari.
  19. Io vorrei una Nikon doppia, una con il sensore della Z9, l’altra con un sensore a strati (Foveon like), ovviamente con filtro passa basso asportabile e sostituibile a piacere. In alternativa sarebbe maturo il tempo per una Medio formato che sconvolgesse il mercato.
  20. Non si nota solo perché non tengo le mani dietro la schiena…sono a “mezza pensione”.
  21. Ciao Antonio, leggi la seconda parte dell’articolo, dove sono descritte le varie alternative. Potresti iniziare con il filtro da 720 nm. Senza modificare la fotocamera. Poi se la cosa ti prende…
  22. Grazie Claudio. Come ho spiegato nella prima parte dell’articolo: Scegliere i soggetti giusti. Paesaggi con vegetazione: le foglie e l’erba riflettono molto IR e diventano bianchissime, creando un effetto “neve d’estate”. Cieli con nuvole drammatiche: il cielo diventa scurissimo, le nuvole spiccano con un contrasto epico. Architetture: le superfici artificiali reagiscono in modo particolare all’infrarosso, a volte scurendosi o riflettendo luce IR. Scene desolate o silenziose: perfette per un’estetica “aliena” o meditativa. Composizione e approccio visivo. Minimalismo: sfrutta l’alto contrasto tra bianco e nero per creare composizioni semplici ma potenti. Simmetrie e riflessi: con l’acqua che appare nera e riflettente, puoi creare effetti specchio molto stranianti. Prospettive basse e grandangoli: esaltano la distorsione della realtà IR, soprattutto con cielo e vegetazione. Il risultato è sempre apparentemente un po’ casuale. Ricordiamoci che stiamo fotografando ciò che non riusciamo a vedere! Per questo è sempre meglio fare un bracketing piuttosto esteso. I risultati cambiano molto dal tipo di set-up scelto.
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