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€6099 (Z9), €4599 (Z8), €2999 (Z6 III). Si. è vero, noi non ci soffermiamo sui prezzi, suggeriamo SEMPRE di comprare ciò che serve, e se per comprare quello che serve, serve pagare qualcosina di più, piuttosto che comprare quello che non ci serve a meno, risparmiare, aspettare, e poi fare il passo giusto. Ma commercialmente la progressione inversa dei prezzi di Nikon ci suggerisce che qualche cosa si debba piazzare a circa 1500 euro sotto al prezzo della nuova Z6 III. Verso i 1499 euro. Questo qualcosa potrebbe essere una nuova Z5, modello di ingresso mirrorless Z in formato 36x24 che, diciamocelo, non ha avuto tutto sto gran successo. Per colpa del suo collocamento e del mancato sostegno di Nikon stessa che non ha alimentato (col prezzo) il suo successo. Ma anche delle tante (troppe ?) limitazioni intrinseche. A fare concorrenza interna alla Z5 ci sono le tante Z6 e Z6 II vendute sull'usato e scontate. Destinate ad aumentare nel breve e medio termine per effetto dell'ovvio processo di sostituzione del vecchio (Z6 e Z6 II) con il nuovo (Z6 III). Per questo crediamo sia difficile che Nikon tenti di bissare l'insuccesso della Z5 con un modello Z5 II (con che sensore ? con che processore ? troppo bella rischierebbe di minare il successo della Z6 III; troppo limitata di non vendere se non a prezzi marginale, obiettivo lontano dai target di bilancio di Nikon). Per questo e anche considerando che la Z50 oramai farà 5 anni suonati a fine 2024, crediamo che la prossima fermata del viaggio Z sarà una Z50 II. Che potrebbe anche chiamarsi Z70 se fosse quello che aspettiamo. Una replica della gloriosa Nikon D70, ovvero una Z6 III in formato 24x16mm. Per farla, l'ostacolo è uno solo : ci vuole un nuovo sensore, perché le aspettative sono alte - perché la gente cambi le sue Z50 e/o Z30 - e perché la concorrenza intanto è andata avanti, molto avanti [Canon e Fujifilm hanno macchine in formato APS-C che di fatto rivaleggiano con le full-frame sia per prestazioni che per gamma di prezzi] e perché presumibilmente, una macchina che deve stare sul mercato fino al 2030, non può impiegare un sensore del 2016 (quello della D500 appena aggiornato). Insomma, secondo noi inserire nella Z50 II il solo Expeed 7 tenendo il vecchio sensore, non avrebbe più senso oramai. Forse tre anni fa ma non adesso. ma per essere interessante : ci vogliono prestazioni di mercato; che immancabilmente partono da quelle video [6K come Olympus e Fujifilm ? 4K60P invece dei 4K30P di Z50 & co ?] ci vuole che il nuovo modello non sia "noioso" ma innovativo; esattamente come la nuova Z6 III. Che avvia un processo di integrazione con il cloud e con le possibilità di modifica creativa ai filmati e alle immagini per il tramite di Picture Control personalizzabili anche per la gamma tonale ovviamente display posteriore completamente mobile, nulla di quelle sciocche posizioni touch ma comandi concreti integrazione cloud e i nuovi Picture Control Flessibili inaugurati con la Z6 III easy, tecnologica, avanzata ma non troppo cervellotica; più verso la Z30 che la Zfc ma con prestazioni in linea con la Z6 III insomma, non basta dire che potrebbe costare € 1500 per equidistanziarsi da Z6 III e dalle sorelle più grandi; ci vuole che i contenuti versati in questa fotocamera siano tali da giustificare quel prezzo. Nella gamma di ingresso possono restare tranquillamente Z30 e Zfc, nate con prerogative diverse, easy, efficienti e creative, ma non necessariamente performanti. Quindi, noi ipotizziamo una Z50 II - chiamata così per continuità con il precedente modello - ottobre 2019 - lanciata al prezzo di € 1119 con il 16-50 VR in kit. Non dovrebbe essere una macchina specializzata stile D500, non è più tempo, ma più generalista in grado di attirare il più alto numero di clienti possibili con le esigenze più disparate, non solo cacciatori di volatili in volo. E' già l'ora adesso e potrebbe accontentare chi vorrebbe performance a la Z6 III ma non si sente di affrontarne il costo, comunque sostenuto di € 3000 euro e può fotografare in formato ridotto. Un inciso a questo proposito. Ogni foto di presentazione di nuovi prodotti di questa area redazionale di Nikonland viene illustrato con fotografie scattate con Nikon Zfc o Nikon Z30 e Nikkor 16-50. E sono immagini che potrebbero essere stampate in grande formato e pubblicate su riviste commerciali. Quindi attenti a denigrare gratuitamente il formato piccolo. Grande è meglio ma piccolo non fa schifo, affatto ! *** Come potrebbe essere questa Nikon Z50 II ? Premesso che non ci sono rumors credibili o reali e che non ci interessa fare illazioni al riguardo, come abbiamo puntualizzato, la prerogativa principale di questa macchina è che ci sia un nuovo sensore. Che sia moderno e veloce, magari con la nuova tecnologia messa in campo da Nikon in originale sulla nuova Z6 III che possa dare velocità a costi accettabili. Che in formato DX sarebbero più contenuti che in FX. A questo andrebbe accoppiato l'Expeed 7, come accertato, responsabile delle prestazioni di tutte le nuove Nikon Z. Secondo il disegno di Nikon di portare su tutta la gamma la tecnologia inaugurata con la Nikon Z9 nel 2021. Probabilmente per alimentare nuovo sensore ed Expeed 7, sarà il caso di sostituire le batteria EN-EL25 con la più potente ed intelligente EN-15. Ovvia la porta USB-C. Meglio se integrata di stabilizzatore sul sensore, escluso su Z50 e Z30 per contenerne le dimensioni. Quindi questa Z50 II sarebbe più grande dell'attuale. Ma non poi così tanto. La Z6 III resta comunque piccina-piccina. E sta dimostrando che per lei il calore non è un problema. Che possa estrarre il video 6K o 4K è abbastanza indifferente, purché non sia cropped, basterebbe il 4K60P. Foto ad alta risoluzione da 20 scatti al secondo. Otturatore meccanico ? Si, certo, il sensore non sarà certo totalmente stacked e ad alta velocità. Ma di che risoluzione ? Sul mercato ci sono tagli da 26 e da 40 megapixel. Probabilmente 24.5 basterebbero ma potrebbero essere di più. Dipende se Nikon vorrà condividere la stessa matrice con quello della ipotetica Z7 III, come ha fatto tra Z50 e Z7. In quel caso la Z7 III andrebbe ad avere un conteggio 2.25x dei pixel della Z50 II. Quindi intorno ai 60 megapixel se partiamo da 26 e intorno a 90 nel secondo caso, che riteniamo non percorribile. Per cui pensiamo che il conteggio dei pixel potrebbe essere contenuto sui 25-26-30 megapixel. La risoluzione ideale per estrarre il miglior 4K per sovracampionamento del formato pieno. Come per la Z6 III. Ma sono tutte ipotesi nostre, senza alcun fondamento confermato. Non vogliamo in alcun modo dare spazio a rumors originati da Nikonland.it, non abbiamo alcuna fonte. Solo la nostra ragionevolezza, così come abbiamo fatto pensando ai precedenti modelli, praticamente sempre rivelatisi molto simili a come li avevamo preconizzati. Quando ? Nell forecast 2025 dell'ultimo bilancio si parla di una quota di mercato di Nikon intorno al 15%, nulla di ambizioso e che non necessita di grandi lanci oltre alla Z6 III. Per cui la Z50 II potrebbe anche vedere la luce anche dopo l'inizio del nuovo anno fiscale 2025-2026. Attenzione : Youtube è pieno di video che anticipano questa Z50 Mark II, per non parlare della Z7 III o della Z9H Ma non ne sanno niente e sparano stupidate più grandi di loro solo per attirare click che, per effetto dell'algoritmo di Youtube si trasformano in guadagni. Noi abbiamo il vantaggio di essere madrelingua Nikon da più di 8 lustri. Qualche cosa di più ne capiremo, no ? In ogni caso, la Z50 II dovrebbe essere la prossima tappa per Nikon, se la nostra opinione contasse qualche cosa E voi, quanto siete in disaccordo con noi ? Vi interesserebbe una Nikon Z50 Mk II ?
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SmallRig RC 60B : una luce può cambiare il tuo modo di fotografare ?
Nikonland Admin posted an article in Flash
SmallRig 60B : una luce può cambiare modo di fotografare ? La risposta breve sembra essere si. Ma al quesito risponderà M&M. Qui, intanto, una breve anteprima. Cos'è ? E' una luce COB (ovvero un LED a circuito integrato singolo) da 60 Watt con batteria integrata, ricarica via presa USB-C. Regolabile di intensità e di temperatura colore via dimmer. Dotata anche di effetti speciali per il video (tipo televisore rotto, macchina della polizia, lampo, etc.). Come è fatto ? Arriva in una bella confezione. con dentro una splendida valigetta atta a contenere tutti gli accessori. Questo è un valore perché altre luci, anche molto più costose, non ne sono dotate. E così si finisce per perdersi qualche cosa. la dotazione prevede l'illuminatore, un riflettore standard argentato, un accessorio per tenere in mano la luce (per i video "volanti") uno per avvitare l'illuminatore su uno stativo standard e un accessorio utilissimo per montare un power bank dietro alla luce stessa in modo da aumentare l'autonomia complessiva. l'illuminatore, elegante, ben rifinito, in solido metallo. Anche i comandi e i dimmer sono ben dimensionati, affidabili, solidi. La costruzione è negli standard consueti di SmallRig. Abbiamo conosciuto questo marchio per le sue costruzioni in alluminio (cage & affini per fotocamere e video). Adesso si sta allargando anche al campo illuminazione, batterie, con lo stesso standard di qualità. Ben superiore alle solite "cineserie" da quattro soldi. il pacchetto completo. Notare i due cavi, uno corto e uno lungo, per la ricarica via porta Power Delivery di un alimentatore da almeno 60 watt o un power bank da 20 volt e 3 ampere. dettaglio dell'impugnatura manuale e del raccordo snodato per lo stativo il riflettore è responsabile della resa luminosa molto elevata l'accessorio che montato posteriormente all'illuminatore fa da morsetto al power bank accessorio (non incluso nella confezione, ma va bene uno standard di quelli per ricaricare iPhone o MacBook) qui montato sul retro, uno da 100 watt, con un cavetto usb-c adatto, direttamente alla presa di alimentazione. i comandi, il MODE per gli effetti, l'INT per la potenza, il CCT per la temperatura colore il COB è puntiforme, più piccolo di quello dei LED ad alimentazione fissa. Questione di dissipazione di calore. Questa luce ha una ventolina integrata che si innesta in fase di ricarica ma raramente durante l'uso la parte inferiore dove c'è la piastra per il collegamento dello snodo dello stativo i comandi posteriori. Il tasto ECO consente di risparmiare la batteria a discapito della potenza erogata. La presa USB-C per l'alimentazione/ricarica, il tasto di accensione con il riflettore montato l'accessorio per montare il power-bank con lo snodo ripresa dei componenti altro dettaglio del posteriore con il power bank agganciato il display che indica la fase di ricarica le dimensioni sono persino inferiori a quelle di un iPhone di vecchia generazione l'eleganza del prodotto : non vi farà mai sfigurare, specie se siete milanisti. Potenza e autonomia All'atto pratico la luce è potente. Misurata con un luxmetro, ad un metro emette con il riflettore standard la stessa potenza di un Godox LA200D. Questo perché la diffusione è puntiforme e il riflettore è pensato per accrescere l'intensità in asse. Ovviamente questo è a discapito della dimensione del cono, che "vignetterà" se utilizzato a distanza ravvicinata. Ovviamente un LA200D riprende il sopravvento se usato a distanza con il suo riflettore o con un softbox grande (figuriamoci con un ombrello). Questa annotazione per capire bene per quali usi sia pensata questa luce. Foto e video in ambienti piccoli, a distanza ravvicinata, specie a potenze ridotte, dove non si rimpiange di usare la luce diretta senza softbox. Soprattutto in luce mista ambiente/artificiale. L'autonomia è buona, 45 minuti a tutta potenza con la batteria integrata. Più del doppio con un powerbank dotato. Ore di impiego a potenze marginali. Disponendo di più power-bank si può lavorare per ore e ore distanti da prese di corrente. L'RC 60B sul dispaly indica l'autonomia residua quando non è alimentato, la carica residua in % quando è in ricarica. Ovviamente il dispositivo confonde un power bank con un alimentatore, indicando che è connesso alla rete anche quando invece c'è il power bank. Ma non è un problema. In tre mesi di utilizzo e 80.000 scatti, nessun problema. Tanto che ne è stato comprato un secondo esemplare. Ma per l'esperienza d'uso lasciamo la parola a chi lo sfrutta ad ogni seduta.- 43 comments
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Il nuovo Viltrox AF 16mm f/1.8 per Nikon Z montato sulla Nikon Zf l'ingresso dello stadio Sinigaglia di Como lo stadio Sinigaglia di Como ripreso dal monumento ai Caduti della Grande Guerra tre viste del monumento da punti di ripresa differenti. Nikon Z8, f/11 dettagli ad f/11 e ad f/16 controluce estremi con il sole nel fotogramma (f/16) macchina in bolla, punto di ripresa in stile biottica a pozzetto *** Giusto una anticipazione per qualche foto presa durante una passeggiata a Como sul lungo lago, approfittando di una pausa tra le piogge semi-torrenziali dei giorni scorsi. l'obiettivo è stato da noi acquistato, arrivato per corriere Amazon dalla Cina in questi due scatti, montato sulla Nikon Zf, un anticipo della visuale del pregevole display oled che caratterizza questo progetto. Un dispositivo che rivaleggia per qualità con i migliori obiettivi Zeiss e surclassa ogni realizzazione Nikon. Tanto è chiaro, definito, leggibile, persistente. Scatola e dotazione non sono una sorpresa per Viltrox. Il solito doppio involucro "a pressione" in cartone bianco con dentro generosi assorbenti in spugna grigio scura garanzia, manualetto, astuccio morbido obiettivo e paraluce il paraluce ha i petali in plastica ma l'anello e i fermi sono in solido metallo. Considerato che anche l'obiettivo è interamente in metallo, possiamo pensare che resisterà all'usura per sempre. dettaglio del frontale del barilotto, con le serigrafie incise dei valori del diaframma, l'anello solidissimo di controllo dello stesso (che come in tutti i Viltrox di fascia, è pienamente funzionale, vero Nikon ?) il display Oled, il grosso anello di messa a fuoco manuale. Non manca il punto rosso di evidenza dell'innesto. il selettore autofocus/manual focus, i due tasti funzione programmabili. il selettore per il "click" del diaframma, selezionabile per evitare rumori nei video (ma qualcuno cambia il diaframma mentre gira il video ?) ovviamente, Made in China. come abbiamo già anticipato, l'obiettivo è solido, concreto, in freddo alluminio finemente verniciato in nero. Unico segno distintivo quell'orrendo marchietto rosso che non si capisce cosa significhi (sembra la marca di una scarpa sportiva, made in Hong Kong). se vogliamo trovare un difetto, il tappo posteriore : è orrendo nel profilo fresato. Esteticamente è molto affine alla Nikon Zf su cui fa grande mostra di se ma per peso e consistenza, ci pare meglio assortito con la Nikon Z8 anche il frontale è serioso, a promessa di prestazioni consistenti nelle indicazioni sul frontale, Viltrox ci tiene a rimarcare che - oltre all'anello filtri da ben 77mm, come i professionali Nikon - il cerchio di copertura è di 43,3 mm. Anche la messa a fuoco minima, 27 cm, a garanzia di potenzialità espressive molto particolari pure nei primissimi piani. insomma, se la prima impressione conta, noi siamo decisamente impressionati. E' un prodotto che, in tutti i dettagli, ci piacerebbe che Nikon prendesse ad esempio per le sue realizzazioni premium. Considerando poi che questo obiettivo, costa al pubblico, con le tasse, meno degli obiettivi Nikon di fascia bassa (non arriva al prezzo del Nikkor Z 50/1.8 S che è in bella plastica), siamo veramente contenti di come abbiamo speso i nostri soldi. Un'altra sorpresa positiva è la presenza del profilo di correzione dei parametri di immagine direttamente dentro a Lightroom in fase di sviluppo funzionalmente è una cosa che apprezziamo, considerando che riteniamo oramai imprescindibile sulle mirrorless, l'insieme ottica+fotocamera+software, la chiave per il risultato migliore possibile. *** Nell'uso l'obiettivo si è rivelato molto piacevole. Sta in mano comodamente, non pesa, non provoca in alcun modo stanchezza. Avendo in mente che si tratta di una focale grandangolare che un tempo si sarebbe ritenuta decisamente estrema, è anche facile da utilizzare. Basta tenerlo in bolla e possibilmente riprendere dal basso le scene, quando possibile, evitando l'eccesso di linee di fuga espressioniste. gli scatti a corredo di questa anteprima sono spensierati, quelli della passeggiata di qualsiasi fotografo. Ma volendo fare i creativi le possibilità non mancano mai con un'ottica di questo genere. anche al di là del consueto paesaggio che in ogni caso resta una delle prerogative principali di un obiettivo del genere, avendo cura di mettere una quinta davanti alla veduta, oppure tagliando in orizzontale l'immagine non siamo stati finora a verificare la qualità ai bordi che, per effetto di distorsione/correzioni, ci pare qualche volta un pò stiracchiata. E' anche possibile che insorga rapidamente qualche problema di diffrazione, operando a diaframmi molto chiusi. Non abbiamo invece potuto sfruttare ancora le potenzialità offerte sia dalla luminosità massima molto elevata ed inusuale per la focale, quanto la distanza minima di messa a fuoco molto ridotta. Nonostante ciò ci sentiamo di esprimere un primo sommario giudizio complessivo che poi andremo a puntualizzare in articoli successivi. Giudizio preliminare PRO: costruzione realmente premium, irreprensibile, ben superiore ad ogni obiettivo della stessa fascia commerciale prodotti da Nikon etc. funzionalità estese (display oled di qualità eccellente, tasti funzione, distanza minima di messa a fuoco di soli 27cm, passo filtri standard, paraluce fantastico) disponibilità del profilo di correzione automatica per Lightroom prestazioni generali di grande livello nitido, aberrazioni cromatiche ridotte, distorsione geometrica (specifica dell'obiettivo, non della focale) ben controllata, tenuta al controluce fantastica, tenendo a mente la focale estrema porta USB-C standard sulla baionetta per gli aggiornamenti firmware (plug&play) rapporto prezzo/prestazioni irraggiungibile per gli obiettivi premium Nikon focale unica in full-frame a livello di mercato (obiettivo che è disponibile solo per gli attacchi Nikon Z e Sony E) CONTRO: da verificare la tenuta della garanzia in caso di guasto assenza di un distributore vicinale (che succede in caso di guasto ?) due problematiche comuni a tutti gli oggetti cinesi simili a questo possibilità di incompatibilità con le fotocamere Nikon Z in caso di aggiornamenti firmware importanti (ma nel recente passato abbiamo sperimentato una rapidità esemplare di Viltrox nel mettere a disposizione gli aggiornamenti firmware correttivi) qualità di immagine ai bordi da verificare focale estrema che richiede manico da parte del fotografo in sintesi, un acquisto che ci sentiamo di raccomandare ad ogni nikonista Z in cerca di un supergrandangolare a focale fissa di elevata luminosità. Al momento questo è l'unica proposta sul mercato di questo livello, autofocus e perfettamente funzionale e compatibile con la piattaforma Nikon Z.
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Sono passati quasi sei anni dal mio articolo in anteprima sulla Nikon Z6 che appellai in maniera più che convinta, la necessaria ! Un articolo piuttosto letto a giudicare dagli oltre 19mila click ricevuti in questi anni e che ha mosso al suo acquisto molte persone che mi lessero, tutti o quasi soddisfatti in funzione di prestazioni e prezzo contenuto per quel suo sensore da 24mpx, in uso prima e dopo ad una caterva di apparecchi non solo Nikon. Dopo una meno fausta versione MKII che a fronte di doppio processore, secondo slot di memoria e predisposizione per un MB-N11 portabatteria per due EN-EL15b non aveva percettibilmente migliorato le carenze strutturali del progetto della prima, a livello di mirino elettronico, affidabilità dell' AF e assoggettabilità al rolling shutter (anche e nonostante i successivi copiosi aggiornamenti fw) eccoci arrivati alla terza figlia del progetto iniziale, nata sotto la bandiera del rivolgimento strutturale, sempre intorno al medesimo sensore, dal taglio congeniale alla maggior parte degli utenti per dimensioni e rapporto S/R dotata di rotella multiselettrice a sx di stampo PSAM+U1/2/3+Auto, quindi ben differente dalle Z9/8 compatta quanto le precedenti sorelle e ciò nonostante, dotata di un'impugnatura tanto profonda da consentirne un agevole uso a mano libera Il sensore non dispone della tendina di protezione che invece è uno dei jolly delle Z9 ed 8 e resta quindi esposto alla polvere al momento del cambio ottica il monitor posteriore è pivotante, come nelle Z30/Zfc/Zf e ciò costituisce un indubbio valore aggiunto in moltissime situazioni scomde di ripresa, come nello still life o nella macrofotografia, ma anche in mille altri ambiti come quello delle riprese video, per le quali questa Z6iii è particolarmente dotata così come per i formati di salvataggio disponibili in ambito video, alla stregua della linea professionale delle mirrorless Nikon con l'apposita sezione per le connessioni di rete ed altre opzioni, di alcune delle quali nelle precedenti Z6, non vi era traccia il livello è dichiaratamente quello superiore delle Z9/8, come si vede dalla dotazione di bordo che comprende anche il pixel shift, presentato in anteprima sulla Zf, il focus shift, le filtrature per l'ammorbidimento della pelle, il controllo di vignettatura, distorsione e diffrazione automatici, i picture control personalizzabili... anche le opzioni di formattazione scheda sono assolutamente identiche adesso a quelle della Z8 la sezione delle connessioni fisiche è completa, ma mi infastidisce solo la posizione della USB-C, così in alto, per la ricarica veloce: l'avrei preferita in basso, invertita rispetto a quella per il remote control, che storicamente verrà di certo usata molte meno volte. Il doppio slot per una CF Express ed una SD di ultima generazione si trova, così come per le precedenti 6, dietro apposito sportellino di facile apertura... ...se non fosse per il nottolino a triangolo per la tracolla, che ogni volta si interpone al momento dell'apertura e necessita di essere spostato un pò più seccante quando si usi una tracolla che contribuisce all'impedimento (suggerisco a chi non usi tracolla di togliere del tutto il triangolino a questo scopo) nottolino 6iii .mp4 Una decisione incredibile, di non continuità con le precedenti 6 e 6ii è quella delle dimensioni del corpo macchina, più larghe di appena 5mm rispetto le precedenti, tanto da non consentire l'utilizzo del pur buono MB-N11 della Z6ii nè di ogni altro accessorio come le basette ed i rig adatti alla precedente 6ii, dalla quale anche, in teoria, dovrebbero arrivare i potenziali acquirenti di questa nuova 6iii ecco la differenza irrisoria che impedisce il fissaggio di una basetta Smallig di protezione del fondello costringendo gli acquirenti della Z6iii potenzialmente in possesso di un MB-N11 all'acquisto dell'analogo e quasi indistinguibile MB-N14...! Direi, un autogol, giacchè consentendo l'utilizzo del precedente MB oltre ad ottimizzare le scorte di magazzino di negozianti e della stessa Casa, si sarebbe lanciato un messaggio di continuità e miglioramento che in questo modo e per la somma necessaria per l'acquisto di un portabatterie non modulare (come del resto non è neppure quello ancora più approssimativo della Z8) non consente di sorridere tanto ai possessori di 6ii che vogliano passare al nuovo modello e si troveranno costretti a sostituire anche questo, per taluni importante, accessorio. Lineare, filante, maneggevole, come le Z6 che l'hanno preceduta: decisamente più compatta di una professionale Z9, come richiesto dagli utenti interessati a questa linea di mirrorless... ma dotata della maggior parte dei comandi e tasti, compresi quelli programmabili, presenti sulle ammiraglie Nikon Z dal joystick al multiselettore, disposti peraltro praticamente nello stesso ordine (fatta salva la presenza dei pulsanti duplicati nella Z9 per l'impugnatura verticale) le differenze vanno cercate come nella Settimana Enigmistica, e ben poco salta all'occhio, come ad esempio il monitor superiore più piccolo di qualche mm, quadrato invece che rettangolare, per lasciare spazio ad uno stupido pulsante di illuminazione (normalmente coassiale al pulsante di scatto) ed ai forellini per l'altoparlante di playback... roba che poi dicono che uno si butta a sinistra... Questa Nikon Z6iii arriva insomma con un ritardo epico sul mercato: diciamolo pure che avremmo voluto che fosse così la Z6ii del 2020, che al netto del doppio processore rispetto il singolo della Z6, del doppio slot di memorie e della possibilità di un MB con i contatti elettrici (tutte cose assenti sulla Z6) deluse fortemente tutti gli acquirenti che desideravano prestazioni ben differenti dal modello precedente, in termini di AF e del mirino elettronico. Ma i tempi necessari sono stati questi, è dovuto arrivare il nuovo processore, Expeed 7, il nuovo mirino elettronico ad alta risoluzione e fluidità assoluta, dotato della gamma colore DCI-P3 (una prima assoluta), ma sopratutto, dotato per la prima volta di un sensore parzialmente stacked, ossia un compromesso di costi e prestazioni rispetto i full stacked di Z9 ed 8. In questo modo si mantiene un otturatore meccanico per la risoluzione dei problemi di banding causati dal rolling shutter di un otturatore elettronico meno veloce del frame/rate di quello delle ammiraglie, consentendo la scelta, obbligata sulle Z9 ed 8 Tutti contenti, insomma: fotografi prestazionali sportivi (fino ad t/16.000) e di reportage, ritrattisti con modelle che vogliono sentire il click dell'otturatore mentre scatta, fotografi da cerimonia in caso di presenza di luci disturbanti, fotografi da reflex che avevano digerito al massimo la prima tendina elettronica (col limite del t/2000..che poi vengono a protestare su Nikonland), paesaggisti da buio assoluto (ISO da 100 fino a 64mila) Ed allora perchè, accanto alla migliorata efficienza dell' AF anche ad EV proibitivi, poi lo scivolone dell' eyeAF sugli uccelli non presente come invece sugli apparecchi dotati dello stesso processore e perfino sulla iconica Nikon Zf che per tutto potremmo consigliare piuttosto che per andare a caccia fotografica di tarabusi ed aironi cenerini? Solo persone, animali autoveicoli ed...aerei...!!! Ma ci saranno nel mondo così tante persone incapaci di tenere a fuoco la carlinga di un velivolo, piuttosto che un svasso in picchiata sullo stagno? Scivoloni del marketing nikoniano, cui abbiamo assistito negli anni e che si protraggono a dispetto dell'esperienza. Sicuramente correggibile con il prossimo aggiornamento fw (come quello che nelle 6ii e 7ii introdusse appunto la distinzione per categorie di eyeAF) Ma incomprensibili per uno staff votato alla progettazione di strumenti per la cattura delle immagini. Per esempio: insieme ad animali e persone, cosa c'è di più fotografato se non i fiori...? A casa, in natura: non dovremmo chiedere anche un riconoscimento automatico dei petali piuttosto che degli stami? Giusto per parlare di cose concrete... visto che un fiore mosso dal vento e fotografato a distanze da close up photography, non è che sia più facile da tenere a fuoco, magari con uno zoomino, di un aviogetto a centinaia di metri o di un cagnolino che corre... lo stesso valga per i fotografatissimi insetti, spesso non riconosciuti dall'opzione animali dell' eyeAf Di fatto una fotocamera brillante e semplice da utilizzare, venduta ad un prezzo forse ancora passibile di qualche ribasso, come sempre accade dopo i primi sei mesi dalla commercializzazione, che dovrebbe andare nelle mani delle persone più disparate, per realizzare la concretizzazione delle loro immagini in ogni ambito considerabile. Ho scattato in un mese con la Nikon Z6iii una discreta quantità di foto in molte modalità, prevalentemente in slow photography per la strada, con obiettivi ben differenti tra di loro, dal Nikkor Z 35/1,4 usato anche in ambiti non prettamente convenzionali per la sua tipologia, a zoomoni come il 28-400 in prestito da Mauro Maratta oppure il mio Z 24-200, passando per il superwide Viltrox 16/1,8Z ed il Nikkor MC 50 che resta un jolly per tante situazioni di ripresa. In ogni situazione mi sono trovato a mio agio con questa macchina, che è perfettamente centrata per autonomia sulla batteria EN-EL15c che la equipaggia (ricordatevi che non accetta le batterie non originali) è perfettamente equipaggiata per ogni situazione di ripresa, anche sportiva, disponendo dello scatto continuo fino a 120 ftg/s e di ripresa video RAW 6K, così come di ogni formato foto NEF presente anche sulle ammiraglie, alle quali deve essere oggi commisurata. Non surriscalda anche in uso intensivo, è dotata di ogni risorsa di ripresa che Nikon abbia fin qui presentato sulla linea Z: è la summa dell'esperienza maturata dalla "necessaria" Nikon Z6 del 2018. Purtroppo nel frattempo si era creata una grossa cesura nel catalogo tra le ammiraglie Z9 e Z8 e le fotocamere di prima generazione FX con i successivi aggiornamenti che erano insufficienti a colmare il gap. In mezzo le divertenti Zf e Zfc, che altro non sono che una dimostrazione delle storia del marchio, unitamente a dei contenuti fortissimi, come nel caso della Zf, ma del tutto inadeguata a sostenere obiettivi che non siano puramente da passeggio. Invece questa Nikon Z6iii, magari opportunamente dotata del suo MB-N14 (che ne aumenterebbe il prezzo di circa 400 euro), diventa la candidata ideale ad utilizzare tutti questi obiettivi middle class Z dagli zoom trans standard, come il 24-120 ed i 70-200, fino agli zoomoni come il già citato 28-400 (che ho usato sulla macchina nuda e cruda) ed il più ponderoso 180-600, senza colpo ferire... Oltre ovviamente ad ogni fisso disponibile, eccezion fatta per i più pesanti f/1,2 ed oltre. Molte delle persone che oggi posseggono una Z8 utilizzandola molto al di sotto delle sue potenzialità, probabilmente avrebbero comprato una Nikon Z6iii se fosse stata già disponibile un anno fa: è questo il leit-motiv delle discussioni che si aprono su ogni forum di fotografia, dove gli utenti paragonano i prezzi delle fotocamere invece che le loro prestazioni in rapporto alle proprie necessità ed abitudini di scatto. Nessuno, pur desiderandola, comprerebbe una Lamborghini o una Ferrari solo per accompagnare i figli a scuola o la moglie a far la spesa. Status symbol a parte (ed ormai le fotocamere sono più che altro un boomer symbol, ossia ...un boomerang) sarebbe un vero spreco ed alla lunga anche un motivo di insoddisfazione per chi ritenga ancora che una fotocamera professionale consenta di realizzare immagini migliori di quelle che possono scaturire a pari condizioni (perizia, ottica, soggetto) da una fotocamera più economica. E di persone che la pensano così, ce ne sono moltissime in circolazione... Questa Nikon Z6iii è quindi necessaria³: al cubo come da titolo, perchè diventa il cardine del sistema Z intorno al quale ruotano sia le due macchine di categoria, peso ed ergonomia superiore (e relativa differenza di prezzo) e le attuali DX che verranno certamente integrate da nuovi modelli nell'immediato e prossimo futuro. Probabilmente la sua presenza in catalogo non farà rimpiangere anche la possibilità di una Z 7iii: la sovrapposizione con la Z8 anche a livello di prezzo diventerebbe inutilmente marcata. Max Aquila photo © per Nikonland 2024
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Sigma Art 85 vs 105 vs 135 : mezzotele dillo a tua sorella !
M&M posted an article in Obiettivi Sigma
Posso scrivere questo articolo grazie ad Mtrading Srl, distributore italiano di Sigma. Io sono Sigma Ambassador per l'Italia e quale miglior occasione per un ambassador, ritrattista, ragionare a voce alta sul trio da ritratto per eccellenza ? i tre oggetti del confronto ragionato di questo articolo. 85, 105 e 135 Sigma Art Arrivato il nuovissimo Sigma 105mm f/1.4 Art si completa un dream team che al momento mi pare di poter dire che nessuna casa ha. Sigma lo offre per Nikon, per Canon e per Sony, permettendo a tutti i fotografi ritrattisti del mondo di avere una gamma completa che speriamo quanto prima sarà completata anche da un Sigma 70-200/2.8 Art che possa arrivare effettivamente a 200mm alla distanza di un metro o giù di li. Ma torniamo a questi tre begli esemplari della moderna ingegneria ottica. Visti insieme così non si direbbe. Sembrano addirittura molto simili tra loro per volume e ingombro. Rimando agli articoli specifici che abbiamo scritto in questi anni su queste ottiche (li trovate in questa stessa sezione di Nikonland qui) ma veniamo al sodo. Siamo stati per anni abituati ad obiettivi di questa fascia con 72 o al massimo 77 di passo filtri. E un peso non superiore ai 6-700 grammi. Ma qui la ricerca delle prestazioni massime e l'impegno a correggere per quanto possibile i tipici difetti degli obiettivi superluminosi, ha fatto decidere a Sigma di non accettare compromessi. Abbiamo il più "piccolo" dei tre - che in realtà è il più lungo - con un passo filtri di 82mm : il 135mm. Passiamo all'85mm ed aumentiamo a 86mm. Per giungere al 105/1.4, ultimo arrivato, che va decisamente oltre : 105mm. Bocche da fuoco di questo genere sono intese per catturare tutta la luce possibile e limitare al massimo la caduta di luce e i difetti agli angoli. Ci sono riusciti. Facendo al contempo oggetti molto ben costruiti - mediamente superiori a tutti gli obiettivi degli altri marchi - ma comunque dotati di ergonomia adeguata all'uso. Pur ammettendo che i pesi non sono trascurabili : 1130 grammi per 85 e 135, 1650 grammi per il 105mm. 105 mm f/1.4 e 135mm f/1.8 : quel mezzo stop di differenza comporta un notevole incremento dimensionale per mantenere le stesse prestazioni più evidenti senza il paraluce l'85mm è quello con la ghiera di messa a fuoco più ampia. Il 105 invece ne ha una decisamente più ridotta. Ma sinceramente con questi eccezionali motori di messa a fuoco, chi li utilizza a mano libera ? metallo da tutte le parti. Costruzione coerente. Oggetti pensati per durare. I tre sono tutti dotati di diaframma elettromagnetico e di motore ad alte prestazioni, silenzioso e molto rapido. NEI TEMPI ANDATI QUESTA CATEGORIA DI OBIETTIVI SI DEFINIVA MEDIOTELE O MEZZOTELE. Ma questi sono teleobiettivi in tutte le loro caratteristiche, con MTF che somigliano a quelli dei superteleobiettivi. E schemi ottici complessi, composti da un elevato numero ognuno di lenti speciali (il 105 esagera addirittura con 3 lenti tipo fluorite, due a dispersione bassissima e una asferica ma il risultato si vede). Differiscono per dettagli e per modalità d'uso. Ed è di questo che siamo qui a dibattere. Perchè volendo e potendo, basterebbe averli tutti per non avere l'imbarazzo della scelta, usandoli tutti e tre alla bisogna, a seconda del risultato atteso o del tipo di soggetto. Ma sebbene siano proposti a prezzi più che ragionevoli vista la concorrenza, il conto totale richiede certamente un investimento graduale. Quindi vediamo le loro caratteristiche sul piano pratico, anzichè dibattere per astratto. LA COMPRESSIONE O DISTORSIONE PROSPETTICA Simili e coerenti tra loro ma non identici. Le tre focali - classiche - differiscono tra loro di una percentuale che produce un gradino importante in termini di prospettiva - a parità di distanza di scatto - e di ingrandimento. Inoltre, se 85 e 135mm offrono una distanza minima di messa a fuoco di circa 88-90cm, il 105 si ferma a 100cm. E questo sul piano pratico crea immagini differenti. Soggetto comune, luce identica, minima distanza di messa a fuoco Sigma 85mm f/1.4 Art, f/1.4, Nikon D850 Sigma 105mm f/1.4 Art, f/1.4, Nikon D850 Sigma 135mm f/1.8 Art, f/1.8, Nikon D850 appare chiaro direi l'effetto della distorsione prospettica su un soggetto che ha un tipo di volto che probabilmente richiederebbe la focale più corta delle tre. In questo caso il soggetto - lasciato per quanto possibile al naturale - viene ingrandito al massimo nello scatto a 135mm. Sembra poca ma guardate bene le proporzioni del naso rispetto agli occhi, la forma del volto, la distanza tra la punta del naso e i capelli. Cosa che si conferma anche in modalità "ritratto" 85mm 105mm 135mm Ne possiamo concludere che usare l'uno o l'altro non è indifferente. Ma che i tre offrono comunque nitidezza esagerata (e qui siamo a tutta apertura, chiudendo il diaframma ad f8 andiamo su rendimenti da obiettivi macro, senza alcun problema) e sfuocato simile, sebbene diverso per le diverse proporzioni tra soggetto e sfondo. Il Sigma 85mm f/1.4 : il Playboy Dei tre è probabilmente il più immediato e il più semplice. Meglio del 50mm quando il soggetto ha il viso un pò "orientale (piatto !), perchè è già quasi privo di distorsioni ottiche. Consente però di inserire il soggetto nel contesto in cui si trova, ma con gli effetti tipici dei superluminosi. dei tre è il meno analitico e più indulgente anche in termini di tempo di scatto é più immediato contestualizzare il soggetto nell'ambiente ma lo sfondo non si liquefa come fa con gli altri due e questo sia un bene o un male, decidetelo voi in base al vostro stile. chiudendo diventa radiografante ma senza diventare molesto insomma è una gioia da usare e non vi costringe ad uscire dalla stanza per passare dal primissimo piano alla figura intera Il Sigma 105mm f/1.4 : il Palestrato fatta subito l'abitudine "al coso", possibilmente smontando il collarino del treppiedi se lo userete per lo più a mano libera, il 105 si scopre molto simile al 85mm. Quei 12 cm di distanza minima inferiore però si mangiano in parte la capacità di ingrandimento e tolgono un pò di effetto alla luminosità relativa (se mettesse a fuoco da 87 cm anche questo, potrebbe funzionare come un 85mm f/1.2 equivalente). Però sono le caratteristiche che lo rendono bilanciato. Si può descrivere il soggetto senza andarci troppo "dentro". Ce l'ho da poco ma già ho potuto fare foto memorabili. ergonomicamente è perfetto. Ma per sicurezza l'ho usato tendenzialmente con tempi nettamente più rapidi di quelli che uso con l'85mm. Anche questo, come l'85, non riesce a dare quegli effetti di "liquefazione" tipici del 135/1.8 Il Sigma 135mm f/1.8 : il Mustang L'avessero fatto f/1.4 anche questo, sarebbe stato ingestibile. Per fortuna si sono contenuti. Eppure ne è venuto un capolavoro che io tendo ad usare per tutto, anche per le riproduzioni e per le "simil macro" (con una lente addizionale, permessa dal passo filtri ancora "umano"). lo sfuocato è normalmente memorabile Nel ritratto consente di essere decisamente analitici potendo entrare nel soggetto senza farlo notare troppo specie se il soggetto collabora 135mm è esattamente la media tra 70 e 200mm. Se mi dimentico a casa il 70-200/2.8 posso utilizzare tranquillamente questo al suo posto, come in questo caso, dove ho selezionato il formato quadrato con la macchina sul treppiedi in live-view ma è in esterni dove sorprende con effetti di sfondo più tipici di un 300/2.8 che di un MEZZOTELE ! Mi fermo qui altrimenti, giustamente, mi mandate a quel paese ! Forse si sarà capita la mia preferenza per il 135mm ? Ebbene si, potendo, io sceglierei sempre il 135mm per tutto. E' la focale ideale per me nel ritratto e anche in tutto il resto. Ma non è sempre possibile, dipende molto dal soggetto. E poi è un obiettivo decisamente più impegnativo degli altri. Più docile in tutto l'85mm, come la mamma per chi non è uno specialista o per chi non vuole isolare del tutto il soggetto dal suo contesto la dolce Sabina in luce naturale ripresa dal 85/1.4 Art ad f/1.4 il 105 è il nuovo campione per prestazioni. Si staglia in tutto. E' più vicino all'85 che al 135 per caratteristiche d'uso e di impiego. Vivian e il 105/1.4 ad f/1.4 (vignettatura aggiunta in sviluppo) Volete un consiglio da me ? Se avete già l'85, puntate al 135. Se avete già il 135, puntate al 85. Se non avete nessuno dei tre, procuratevi un soggetto bello, solare e sorridente come Vivian e provateli. Probabilmente vi innamorerete del 105 e non avrete da pentirvene. Per casi speciali, parliamone pure nei commenti. Io, potendo, li continuerò ad usare tutti e tre, a seconda dei casi o tutti insieme, per continuare a provare il gusto che c'è ! Sigma 135mm f/1.8 Art su Sigma SD Quattro H sempre sia lodata Mtrading Srl che distribuisce tutto questo ben di Dio sul territorio italiano- 25 comments
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Generalmente uso obiettivi Nikkor Z sulla Zf. Magari non proprio quelli più enormi, se possibile i suoi due Special Edition e qualcuno di quelli più compatti. Oppure il Viltrox 20/2.8. Ma la Zf si accoppia esteticamente meglio con obiettivi più eleganti se non proprio d'epoca. Il guaio è che quelli con attacco Z sono pochi e costosissimi. Impensabile per me acquistarli solo per l'estetica (penso, ad esempio, agli ultimi Voigtlander). Ecco che mi viene in aiuto un cinese che ho in casa, che pur con attacco Leica M ha in dotazione un adattatore che non è un pugno in un occhio come il Nikon FTZ o i tanti cinesi K&F. Il TTArtisan è discreto ed ha un bel profilo conico che si accoppia con l'obiettivo dello stesso marchio, il 50/0.95 concepito come alternativa economica (seppur con prestazioni molto lontane) al Noctilux di Leica. Intendiamoci bene : con il Noct Nikkor Z 58/0.95 non ha alcuna attinenza ... é tutto metallo e vetro, lega leggera, alluminio e ottone. Niente plastica. La sensazione tattile è sontuosa, la presa in mano solida, l'impressione ricorda più quella di essere in presenza di una Lagonda V12 anziché un obiettivo dei nostri tempi. Come vorremmo che fossero gli obiettivi pensati per la Nikon Zf. A parte una distanza minima di messa a fuoco un pò esagerata per un "normale" (70 cm !) e più vicina a quella di un 85mm, risulta anche divertente da utilizzare, quando ci si vuole divertire a fotografare per svago. ha il grande pregio di "vederci" letteralmente "al buio" e di poter scattare proprio con un filo di luce o in penombra. E con lo stabilizzatore della Zf (qui tarato per un 50/1.2) ci va a nozze per non dimenticare tutte le facilitazioni alla messa a fuoco manuale uniche della Nikon Zf. Infine, l'anello di messa a fuoco è molto solido e la corsa adeguata, permettono di riuscire a fare cose difficili anche con una profondità di campo così ridotta. Qui è usato esclusivamente ad f/0.95 come è prescritto nel contratto di vendita originale quindi posso mettere a fuoco sull'occhio vigile di quel pelandrone di George oppure di Isabella, quando passa a reclamare la pappa nella realtà i difetti ottici sono molti ma non tanto da rendere nulla la "magia" del campo di smaterializzazione indotto da quell'apertura ridottissima. E non ritenendo opportuno l'acquisto della meraviglie delle meraviglie Nikkor Z (non comprerei il 58/0.95 nemmeno fosse ad un quarto del prezzo di listino), mi basta così
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Venerdì 16 Novembre 2018 Nikon presenta la sua seconda mirrorless full frame, la Z6 e nello stesso giorno Nikonland riceve in visione e prova un necessaire più che completo, grazie ai buoni uffici del distributore italiano, formato dal corpo macchina, dallo zoom (che definire di primo equipaggiamento appare fin da subito riduttivo) 24-70/4, dall'ambìto grandangolare leggero, il 35/1,8 e dallo strumento di coesione tra i corredi F ed i corpi Z, l'adattatore FTZ, tutti oggetti dei quali da mesi oltre a parlarne fin troppo, su Nikonland si scrive a profusione, per prova provata, pure sulla sezione del forum, felicemente rinominata all'uopo, Zetaland... Cosa ci fa definire NECESSARIA la Nikon Z6? Struttura, dimensioni e peso identici alla primogenita Z7. Ergonomia uguale. Estetica indistinguibile se non per il numerino in basso a destra, osservando il frontale... idem per i comandi e pulsanti, avanti come dietro, sulla torretta di sinistra e sulla plancia di scatto a destra da qualsiasi punto di vista la si guardi e la si studi, non appaiono differenze di sorta tra le due macchine con le quali Nikon inaugura il suo secondo Centenario. a sx sul fianco comode coperture flessibili proteggono le prese IN e OUT della fotocamera anche a destra, il nuovo sportello/poggiapollice ergonomico apre l'accesso all'unica scheda XQD (CFxpress compatibile) , di cui le attuali Nikon Z possono disporre per la registrazione dei files così come identico è il mirino elettronico OLED in dotazione, da 3690k punti ed uguali possibilità di regolazione. Necessario è tutto ciò che diventa spesso anche indispensabile, diverso dal superfluo ed anche dall'eccedente... ed ecco allora come la Nikon Z6 diventa "La Necessaria": eliminato il superfluo (specchio, mirabox, lentezza operativa, rumorosità etc), aggiunto l'indispensabile (mirino elettronico performante, AF ibrido a rilevazione di fase e di contrasto, sensori posizionati su tutto il fotogramma, ottimo rapporto S/R, stabilizzazione sul sensore, raffica fino a 12 ftg/s, video 4K) si accontenta di rinunciare alle "eccedenze" della sorella maggiore ossia, sopratutto, il sensore da 45,7Mpx, oltre ai 493 punti di messa a fuoco (facendosene bastare 273) e gli ISO 64 da cui parte invece la Z7. Come la sorella si regala funzioni difficilmente riscontrabili su altre mirrorless di riferimento (prima della nascita della linea Z): principalmente cosette come la ripresa con la variazione della messa a fuoco, brevemente ridefinita focus stacking e le riprese con intervallometro in time lapse , oltre ad una perfetta compatibilità con ottiche native e universali della generazione reflex attraverso l'adattatore FTZ roba da far ... leccare i gomiti a chi apprezzi o, come me, idolatri costruzioni ottiche del remoto passato Nikon, Nikkor, da far rivivere, stabilizzate e misurate al Matrix insieme alle gloriose sigle da Nippon Kogaku... famose quando certe etichette odierne ancora combattevano con le Katana nei boschi di tigli in fiore senza disdegnare abbinamenti estremi ma ... necessari, perlomeno fino a quando il listino ottiche della roadmap non sarà stato completato. Necessario non è quindi sinonimo di inferiore, ma connota un prodotto in funzione degli scopi per i quali venga preferito ad altri: è una scelta molto più complessa di quelle riduttive da ...rapporto qualità/prezzo (che detesto, in quanto eminentemente soggettivo) o da ricerca del TOP del listino. Necessaria è la Nikon Z6 proprio in ragione di alcuni parametri per i quali possa essere scelta al posto della sorella più costosa (molto...) rinunciando ai pochi aspetti che da quella la differenziano: Il Sensore (foto di Pat Nadolsky) 24,5 MPx, genera files da 6048x4024 pixel, NEF da circa 30 Mb, (jpg Fine* attorno ai 12 MB), provvisto di filtro passabasso (al contrario che la Z7) Questo taglio di sensore è probabilmente quello attualmente più popolare tra tutti i marchi di mirrorless sia di formato pieno che in APS-C: significa che continua ad essere considerato un giusto compromesso tra le esigenze qualitative fotografiche in molti generi insieme al limitato ingombro dei file sui nostri vessati hard disk. Dai reporter di tutti i generi, ai viaggiatori e street photographer, alla mamma che voglia scattare in automatismo totale alla partita di calcio del figlio (o di volley, giusta la capacità eccellente agli alti ISO) nessuno si lamenterà, ma anzi si autocongratulerà per l'azzeccato acquisto. 273 punti AF sparsi sul 90% del fotogramma una grande innovazione per tutti i fotografi delle categorie prima menzionate, per la facilitazione rispetto all'esiguità sulle reflex di aggancio dell'AF sul soggetto del tutto decentrato nel fotogramma: ritengo sia una delle performance irrinunciabili, indispensabili, in una moderna fotocamera, anche a prescindere dal genere fotografato, per evitare l'esigenza di treppiede + live view con la quale, ma solo con le ultime reflex, si riusciva a ottenere un compromesso onorevole, rispetto la copertura solamente DX delle cellule AF sulle ammiraglie Nikon. Resa agli Alti ISO La latitudine di posa del sensore tra 100 e 51200 ISO abbinata ad un eccellente rapporto S/R, insieme alla capacità di lettura dell'AF in luce bassa già a partire da -4EV, consente di ottenere una eccellente compattezza anche delle zone omogenee sovra o sottoesposte dell'inquadratura: 12800 ISO25600 ISO (crop) Le prestazioni in luce disponibile di una Nikon Z6 sono oggi "necessarie" ad una pluralità di utilizzi e di tipologie di fotografia. Baionetta e tiraggio Z ...un grande passo in avanti per ogni nikonista unitamente alla presentazione delle ottiche Nikon S promesse nella roadmap pubblicata produrrà un livello qualitativo delle immagini irraggiungibile dalle ottiche F Stabilizzazione a 5 assi Indispensabile voce nel panorama mirrorless attuale, Nikon Z6 anche qui marca il territorio con prestazioni a mio vedere ottime (dopo aver testato negli anni precedenti il meglio della produzione della concorrenza) che se anche non rispettassero il parametro dei +5 stop promessi (rispetto il reciproco focale/indice ISO) diventano eccellenti nell'integrazione tra stabilizzazione del corpo macchina congiuntamente a quella (se presente) dell'obiettivo, nel mio caso, attraverso il tramite dell' adattatore FTZ ed anche con obiettivi universali ! 1/80" a 200mm a mano libera su di un 80-200/2.8 a f/16 dà già il senso della qualità di stabilizzazione ottenibile (crop) tanto quanto 1/25" ai 70mm del 24-70/4 (ed il suo crop) Non ho avuto molto tempo per sviluppare questo specifico tema, con cui mi sarebbe piaciuto testare vecchi obiettivi Nippon Kogaku, ma la sensazione di sicurezza ricevuta durante gli scatti è stata davvero eloquente e queste prove a tempi improponibili a mano libera su attrezzature differenti fanno ancora un pò più "necessaria" una Nikon Z6 35mm @ 1/10" Inoltre la Nikon Z6 diventa, a mio avviso, "Necessaria" perchè le caratteristiche che la differenziano dalla Z7 la collocano, per snellezza, su di un piano di migliore compatibilità tra il gruppo processore/sensore e le prestazioni dinamiche di velocità di scrittura su XQD, come ben testimoniato dai massive test di scatto in sequenza, cui l'ho sottoposta in abbinamento al Nikon 200-500/5,6E su FTZ, per ottenere innanzitutto la prestazione massima in termini di velocità (12 ftg/s in jpg Fine e sequenza H*) (qua sequenza di 2 secondi) durante il quale utilizzo l'immagine mostrata nel mirino elettronico non manifesta problemi di ritardo ed il buffer, grazie alla dimensione dei file decisamente inferiore agli analoghi della Z7, non manifesta flessioni di sorta anche scattando sequenze di durata ulteriore (per ottenere di più, tanto varrebbe realizzare filmati !) Direi che per i fotografi che si dedicano allo sport, la Nikon Z6 oggi sia la Z necessaria ! Ed uno shooting da ben più 4mila scatti in appena due ore, con la stessa batteria EN-EL15b (a proposito... lasciate stare gli standard CIPA degli annunci) ...non può che confermare la naturale destinazione di questa mirrorless a robusti utilizzi di questo genere, limitati unicamente da quello che per lunghi anni è stato il principale argomento di vendita di mirrorless MQT, APS-C ed anche FF: le dimensioni ridotte, che in questo ambito, quello dell'utilizzo intenso e continuato, non può che fare rimpiangere le dimensioni di una tradizionale reflex... nell'uso intensivo il palmo della mano, privo di appoggio, si indolenzisce e la mancanza di un battery grip aggiuntivo si fa certamente sentire con obiettivi ben più compatti del mio zoomone 200-500/5,6 Certamente mille aspetti a favore della compattezza li troveranno (e sono in tanti) tutti coloro che di una Nikon Z6 faranno la propria mirrorless da viaggio per vacanza, studio, o per ogni altro motivo nel quale compattezza e peso limitato costituiscano un vantaggio reale Un aspetto che ho accennato in anteprima rispetto a questo articolo, è stata la sensazione di non aver percepito la presenza evidente di rolling shutter (delle deformazioni indotte dal funzionamento a "pennello" dell'otturatore elettronico) nel migliaio abbondante di foto scattate durante un giro di golf, come mi è invece capitato di doversubire in altre occasioni con altre...mirrorless Ciò non potrebbe che essere un'impressione fallace, giusta l'assenza nelle Z dell'anelato global shutter, ma potrebbe essere in linea con la velocità ancora al di sotto delle aspettative che l'otturatore elettronico di queste Z consente al momento. (9 ftg/s per la Z7 e 12 ftg/s per questa Z6) Un'altra critica che mi sento di estendere alle Nikon Z attuali, dimensioni a parte, è la solita storia del bellissimo monitor da 3,2" e 2100punti, touch, contrastatissimo e zeppo di opportunità... tranne quella di essere imperniato a pantografo, invece che a perno basculante, limitandone l'escursione alla posizione a 90° nella quale bisogna inoltre fare attenzione al sensore di prossimità del mirino (se non lo disattiviamo) che tende ad oscurare il monitor alla minima interferenza, di un dito, della cinghia, del pensiero solamente di...poter interferire 😃 Spettacolari invece sono la posizione, la fattura e la resistenza opposta dai migliori joystick e selettore multipoint che mi sia mai stato dato di utilizzare su di una mirrorless: comandi necessari alla gestione dei suoi molteplici menù, Nikon styled: assolutamente familiari ! Tasti funzione come quello i, con due linee di opzioni programmabili e istantaneamente richiamabili, o come i due tasti intorno alla baionetta FN1 e 2, oltre alle tre posizioni di memoria impostazioni sulla rotella della torretta di sinistra (U1,U2 e U3) Grande sforzo da parte di Nikon nell'implementazione in entrambe queste Z di capacità di valutazione della luce, della temperatura colore (in alto un esempio dei tre diversi preset del WB Auto...), della semplificazione delle modalità di AF nel pilotarne i sensori: si comprende come si sia solo all'inizio di un progetto molto ambizioso. Concludendo: gli aspetti a svantaggio di una Nikon Z6 sono davvero esigui e non sono molto differenti da quelli evidenziati nel test della Z7, investono ambiti progettuali che nelle prossime versioni saranno probabilmente superati con facilità, come nel caso del riconoscimento dell'occhio (fallace nel più delle volte) o dell'assenza di contatti elettrici per un grip verticale che aumenti la sensazione di usability delle due Nikon Z. Alcuni aspetti differenziali dalla Z7 ne fanno invece a mio avviso una scelta potenzialmente più interessante della capostipite sorella: macchina generalista: necessaria nelle mani di utenti Nikon vecchi e nuovi . Mi pare sia il realistico ponte di transito da reflex a mirrorless attitudine alla scrittura di elevati volumi di scatto (entro i limiti di sistema, chiaramente indicati) meno soggetta della sorella, dal sensore elefantiaco, a imbarazzanti lag, a parità di processore vogliamo dire anche del prezzo, sicuramente più invitante, specie dopo i primi mesi di febbre da Z6 ? In entrambi i casi delle Nikon Z apprezzo tantissimo lo slogan che è stato coniato alla presentazione, quello di "mirrorless reinvented": ne hanno titolo ! Max Aquila photo (C) per NikonZetaland 2018
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Apple ha lanciato la soluzione ideale per molti fotografi con i suoi Apple Mini, specie con l'ultima generazione di macchine dotate di SoC serie M. Chi non ha bisogno di un portatile trova in questi sistemi un perfetto complemento da scrivania grazie al complesso di estetica moderna e basso impatto in termini di occupazione di spazio. Avendo a disposizione una discreta potenza in una piccola confezione. Collegando un monitor e con mouse e tastiera wireless in un attimo si è attivi. E non è così complicato portarselo dietro se a destinazione si trova un monitor adatto. un Mac Mini con processore M2 dotato di 8 core con dotazione di 8 gigabyte di RAM e 256 GB di spazio su disco costa solo €549. Ma non tutti sono attratti dal sistema operativo Apple, molti si trovano bene con Windows, specie con la stabilità raggiunta dalla versione 11. Però trovano accattivante l'idea di abbandonare il solito "scatolone" tower pieno di ventole, pesante ed enorme. Fino a poco tempo fa non restava che invidiare i colleghi Apple. Ma nell'ultimo periodo, anche con la spinta della stessa Intel che ha promosso una sua linea di mini PC (Intel NUC, recentemente ceduta per intero ad Asus che adesso la sta sviluppando in proprio), si presentano soluzioni interessanti anche per chi usa Windows. Ci sono svariati marchi cinesi che offrono apparecchi esteticamente non così aggraziati come gli Apple ma in compenso più semplici da integrare e con tanta potenza a disposizione. Noi stiamo provando il Minis Forum UM 790 PRO, un mini PC da 5 pollici e un quarto di lato e 2 pollici di altezza, per un volume di 0.7 litri e un peso di 450 grammi. Che monta al suo interno un potente AMD Ryzen 7945HS a 8 core e una scheda grafica integrata 780M su una scheda madre lillipuziana - probabilmente di produzione Asus ma con BIOS Minis Forum - accoppiato con un alimentatore esterno grande come un lettore di schede CFexpress da 140 watt massimi. Che offre all'interno due slot di memoria SODIMM DDR5 con spazio fino a 64 Gigabyte e due slot M.2 da 80mm. Abbiamo scelto AMD - dopo 30 anni dall'ultimo computer dotato di un processore di questo marchio - perché offre il miglior bilancio potenza/consumo forte del suo processo di produzione a 4nm, che Intel per il momento non mette a disposizione. Vedremo se le prossime generazioni di Intel ristabiliranno gli equilibri in campo ma al momento un i9 13900H è penalizzato da thermal throttling (limitazione della potenza per effetto del calore generato) mentre il Core 185H sembra ancora immaturo. alimentatore e cavetteria. Nella scatola c'è anche una piastra per eventualmente montarlo dietro ad un monitor VESA. Il pacchetto "chiavi in mano" viene €845 euro, con 64 GB di RAM e un M.2 Kingston da 1TB. a cuore aperto, in primo piano sulla sinistra, il disco M.2 da 1TB e i due DIMM per 64GB. Sulla destra, sulla griglia, la miniventola e più a destra, i due "dissipatori" per gli M.2 Incontentabili e sempre alla ricerca di spazio di storage e volendo sfruttare al massimo questo mini PC, abbiamo scelto di supercaricarlo con due M.2 Crucial da 4 TB abbinati in RAID 0 prima e dopo sono dischi PCIExpress Gen.4 di buone prestazioni ma soprattutto di un eccellente rapporto prezzo/prestazioni (circa 230 euro l'uno). Gli stessi che, sempre in RAID 0, equipaggiano il desktop principale impostato su un Intel i9 13900K e che hanno mostrato eccellenti capacità. rimontato (sono solo 4 vitine nascoste sotto ai piedini in gomma) con sopra uno dei nostri obiettivi Nikkor Z "vintage" compatti. e qui con sopra un lettore combinato ProGrade, davanti ad un monitor ASUS da 32'' e un monitor Adam Audio T8V, praticamente scompare. per citare il Professor Zichichi, dall'infinitamente piccolo (il mini PC) all'infinitamente grande (il preamplificatore/amplificatore/DAC Audio-GD in classe A da 25 chilogrammi). ma forse il confronto con l'iPhone 15 Pro rende ancora più l'idea. Insomma sta in una mano. Questa configurazione, con il disco M.2 da 1TB riciclato dentro ad un involucro in alluminio con porta USB 3.2 Gen.2, è costata in totale circa 1.300 euro. Ha una potenza di calcolo che i benchmark stabiliscono essere intorno a quella di un Apple Mini M2. Ma un Apple Mini M2 con 64 GB di RAM e 8TB di dischi costa, all'Apple Store, € 5.669 spedizione gratuita o ritiro a mano in Piazza Liberty. Noi abbiamo comprato tutto su Amazon.it *** Questa macchina su cui stiamo scrivendo in questo momento, ha sostituito integralmente un desktop da 20 chilogrammi di 54x44x24cm dotato di Intel i9, scheda video RTX 2070 Super, alimentatore Gold da 750 Watt e raffreddamento a liquido con una decina di ventole da 120 e 140mm. Rispetto a quello, in termini di prestazioni, siamo li. La differenza tra la scheda video integrata e quella discreta si vede per lo più nell'esportazione di video e nell'applicazione di plugin con intelligenza artificiale. Ma restiamo nell'interno della potenza di un Apple Mini M2 (se possiamo credere ai test su Youtube, da parte di persone credibili). Monta Photoshop e Lightroom. Legge schede di memoria ad 1 GB/secondo dalle porte USB 4. Ha in dotazione solo porte aggiornate e può collegare fino a 4 monitor. Sta in una mano e le temperature non si alzano mai nemmeno dopo 24 ore di utilizzo continuato. A riposo consuma circa 8W mentre di picco non raggiunge i 65 Watt. La ventolina probabilmente farà 23 dB di rumore. L'unico benchmark che presentiamo noi, perché è una nostra "creatura", il RAID 0 da 7450 GB fornisce prestazioni molto elevate. Ovviamente è in backup con un disco meccanico via Terramaster D5-300C collegato in USB 3.2. le temperature, pur senza dissipatori sofisticati stanno su livelli al di sotto di quelle corporee degli umani sani. Ah, mentre stiamo scrivendo, il Minis Forum sta anche suonando Bach via USB attraverso l'Audio-GD R27 HE e due monitor professionali Adam Audio A77H. Il tutto senza un cedimento mentre sono collegati due monitor video da 32'' Asus in 4K. E' arrivata, anche per gli utenti Windows, la fine dell'era dei grossi desktop e la libertà dal tutto in uno dei notebook ? Tranne il caso in cui si faccia video sofisticato o rendering 3D ci sentiamo di rispondere un sentito si ! Le prossime generazioni di processori, sia Intel che AMD si annunciano particolarmente interessanti, sia lato prestazioni per watt (e quindi bassi consumi e temperature) ma anche in termini di pura potenza grafica, sfruttando un processo di metallizzazione ancora più spinto e in linea con quello, prima esclusivo, di Apple. Che in borsa comincia un pò a soffrire.
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Non mi appassionano per niente questi confronti di cui purtroppo è invece pieno il web. Per questo mi viene da esclamare : che pall* ! Pensando che susciti la stessa noia negli altri. Ma poi vedo che le visualizzazioni degli altri articoli di questo genere su Nikonland raggiungono sempre vette elevatissime e mi domando se non sia il caso di insistere. Per questo, eccoci qua. Premesso che la mia esperienza con la nuova Nikon Z6 III è breve e breve resterà, perché non è un prodotto per me come non lo sarà la nuova Fiat Grande Panda, credo che la nuova Nikon debba essere confrontata esclusivamente con Zf, Z8 e Z9. La precedente generazione è troppo distante per prestazioni e capacità. Anzi, posso certificare a chi me lo chiede, che la Z6 III è molto più vicina alla Z8 di quanto non lo sia con la precedente Z6 II. Detto questo, torniamo quindi al confronto tra Z8 e Z6 III. Perché visto che la Z8 è scontata di 600 euro mentre prima di vedere la Z6 III scontata passeranno un paio di stagioni di calendario, qualcuno potrebbe chiedersi se, pur potendo comprare la Z6 III a quel punto non sia il caso di fare uno sforzo in più e puntare più in alto. Pensiero stupendo e altrettanto lecito cui cercheremo di dare una chiave di lettura - giammai una risposta asseverante - in questo articolo ! *** Le due macchine differiscono per collocamento. La Z8 discende dalla nobile schiatta che parte direttamente dalla Nikon F del 1959 e poi arriva fino alla F100 a pellicola. Riprende dalla D700 e passando per la D800 arriva sino alla D850. Quindi l'erede della prima reflex professionale Nikon (quando Nikon faceva fotocamere esclusivamente per i professionisti) e fino alla separazione delle carriere con l'introduzione della prima ammiraglia "monolitica", la oramai mitica Nikon F5, è stata il topo dei top. Dalla F5 è stata derivata invece la linea che in digitale è partita dalla D1 per arrivare alla D6. E prosegue oggi con la Z9 in mirrorless e continuerà così nelle prossime iterazioni. Lo si vede dalla impostazione dei comandi, dal dimensionamento, dalle peculiarità del corpo, più grosso, importante, comodo, ergonomico e più dotato di comandi diretti. La Z6 invece è di discendenza più recente, è un prodotto più prosumer (fusione orribile che deriva dai termini professionale e consumer : quindi una via di mezzo tra i due mondi) ed è l'erede della Nikon D750 che ancora oggi gode di grande favore presso i nikonisti. Anzi, probabilmente la Z6 III nasce proprio con l'intento di convincere gli irriducibili utilizzatori di reflex che residuano la fuori a considerare il passaggio alla mirrorless. Nelle foto di confronto che pubblico qui sopra vediamo le differenti impostazioni, sia dei corpi che dei corpi con il battery-grip, opzionale per entrambe le due Z8 e Z6 III che garantiscono espansione di funzionalità pari tra le due differenti macchine. Tanto che la Z8 con il suo MB-N12 diventa addirittura più grossa della pur importante Nikon Z9 raffigurata nell'ultima foto. Ma si vede chiaramente come la Z8 derivi dalla Z9, mentre la Z6 III ha una configurazione, comandi, disposizione dei controlli, simile ma funzionalmente diversa. Prima fra tutti la torretta di sinistra che per la Z8 vede una razionale presenza di pulsanti di regolazione, mentre la Z6 ha la tradizionale rotella PASMUx+ che prevede persino la posizione Auto in cui la fotocamera fotografa per conto del fotografo ignaro delle scelte della fotocamera (per le Nikon con il flash in questa posizione Auto, il flash si attiva automaticamente anche se tu non vuoi !). La Z8 ha l'oculare tondo tipico delle professionali, la Z6 ha l'oculare quadrato, tipico delle consumer. Più in generale la Z8 si capisce da lontano, anche per un profano, che è una fotocamera "importante". La Z6 la da un pò più a bere ... Nella realtà le due fotocamere si differenziano nell'interno per scelte progettuali concrete ma alla prova dei fatti, funzionalmente non così distanti. Il processore è lo stesso. La batteria è la stessa. Il comparto delle memorie è lo stesso (CFEx + SD). Cambiano i due sensori. Ma attenzione ... La tecnologia di fondo è simile e le differenze sono più sottili di quanto non si penserebbe. Si, uno è da 45.7 megapixel e la più grande massa di pixel consente più aree di messa a fuoco, mentre l'altro è un 24 megapixel. Ma lo strato fotosensibile è più o meno equivalente, fatta salva la densità di informazioni e la taratura della sensibilità di base (anzi, delle due sensibilità di base e dell'intervento del filtraggio alle alte sensibilità). Mentre che il sensore della Z8 sia integralmente stacked (cioé che abbia una quantità di memoria tampone integrata che copre l'intero sensore a servizio della lettura dei dati veloce) mentre che quello della Z6 III lo sia solo parzialmente, influenza la velocità complessiva del sistema. Ma ponendo la Z6 III comunque in un'area in cui le prestazioni sono già radicalmente al di sopra della massa. Essendo l'unica fotocamera della sua categoria con un sensore così veloce. Abbastanza veloce da permettersi peculiarità impensabili per le altre fotocamere. Con l'eccezione solo di Z8 e Z9. Dalle nostre deduzioni il tempo di lettura del sensore di Z8 e Z9 e poco superiore ai 3 ms. Ovvero ci vogliono poco più di 3.7 millisecondi perché ogni riga del sensore sia catturata. Questo ha permesso di omettere l'otturatore meccanico dalle macchine perché tale velocità equivale ad un tempo sincro-flash di circa 1/270'', sufficiente ad operare senza insorgenza di bande. Quello della Z6 III sta sui 9.2 millisecondi, cui corrisponde un sincro-flash di circa 1/100''. Molto più veloce di quello, ad esempio della Zf/Z6/Z6 II (circa 33ms) e molto, molto più veloce di quello della Z7 (circa 65 ms) e capace di essere in larga parte esente da problemi quando impiegato in modalità otturatore elettronico. Ma non abbastanza veloce da poter lavorare senza otturatore meccanico con il flash. La presenza dell'otturatore meccanico assicura poi che in determinate circostanze, si possano evitare i fenomeni di banding per effetto di luci a frequenza variabile che invece con Z8 e Z9 obbligano ad impostare frequenze di scatto valutate "ad occhio". Z8 e Z9 hanno un sensore tanto veloce da permettere di avere un flusso separato tra la visione a mirino e quella elaborata verso le memorie. Questo elimina del tutto gli oscuramenti del mirino. Per la Z6 III non è possibile un simile processo (unico per il momento) ma comunque la visione è di grande livello, coadiuvata da un pannello LCD a risoluzione, contrasto e luminosità di qualità dichiarata superiore a quello dei modelli Z8-Z9. Con la Z6 III, così come con Z8 e Z9, nelle raffiche estese abbiamo una visione completamente in tempo reale della scena inquadrata, indispensabile per la foto d'azione. Con tutte le altre Nikon Z invece la visione in tempo reale si ferma nella raffica lenta a 5 scatti al secondo. Oltre, le fotocamere non hanno una velocità sufficiente e quindi presentano a mirino le foto già scattate, come in un effetto moviola che si somma all'oscuramento tra gli scatti con una sensazione di smarrimento che a me ha impedito di fotografare uccelli in volo o motociclisti su sterrato con Z6 e specialmente Z7. La Z7 ha un sensore così lento, che in raffica estesa, con qualsiasi tempo di scatto, le auto in movimento vengono deformate in stile futurista inizio '900 ... *** Spero che la disamina tra le caratteristiche peculiari non vi abbia annoiato troppo. Concludo sintetizzando. La Z6 III al di là delle peculiarità tecniche è prestazionalmente parlando (sia in fotografia che in video) molto più vicina a Z8 e Z9 di quanto il corpo non farebbe pensare. Ed ha il vantaggio di costare una cifra che al netto degli sconti sugli altri modelli, consente con la stessa spesa, di comprare anche un 24-120/4 S, obiettivo che ci sentiamo di caldeggiare sempre come compagno di Z6 III e Z8. Ci sono tante funzionalità software e firmware che differenziano i tre modelli, vuoi per esigenze di marketing vuoi per diverse tempistiche tra i team di sviluppo dedicato (la Z9, per esempio non ha né le facilitazioni sui ritratti, né il pixel shift, che invece hanno sia Z8 che Z6 III). La Z6 III introduce, prima tra le Nikon Z, l'accesso al cloud per depositare in tempo reale i propri scatti sia per prelevare controlli colore aggiuntivi. Ed inserisce nel flusso di lavoro del fotografo anche una nuova categoria di Picture Control in cui è possibile manipolare anche il colore, non solo la curva di contrasto o la saturazione. Che questo possa essere esteso anche a Z8 e Z9 è potenzialmente possibile. Si tratta di software che può essere configurato in modo equivalente su una piattaforma che condivide lo stesso SoC Expeed 7 (in una versione a più basso consumo, ipotizzo io, nella Z6 III). Ma al momento sono disponibili solo sulla Z6 III. Quindi quale è meglio tra Z8 e Z6 III e per quale fotografo ? Rispondo prima alla seconda domanda, perchè la prima domanda secondo me non ha una risposta sensata univoca. Personalmente io sceglierei la Z8 ogni giorno dell'anno sulla Z6 III, non per la differenza di prestazioni ma perchè la Z8 ha una disposizione di comandi da professionale - ed io ho sempre avuto Nikon professionali come prima macchina - e perché io scatto tanto, tantissimo (troppo) con le Nikon Z e l'assenza dell'otturatore mi tranquillizza per l'assenza di usura di parti meccaniche, assicurandomi almeno un decennio con milioni di scatti all'attivo (la mia Z9 ha 1250000 di scatti, la mia Z8, nonostante i test con tante altre macchine, supererà il mezzo milione nel 2024). Quindi credo che un fotografo che ha come tipo di Nikon la D700-D800-D850, sceglierà preferibilmente la Z8 Il fotografo tipo D750, che non scatta tanto come me e non ha una specializzazione definita ma fotografa di tutto, preferirà, io credo la Z6 III. Perché è più leggera, compatta, economica e volendo si può comunque attrezzare con il battery-grip. La Z8 con il battery-grip fa schifo e le fa preferire la Z9. Anche questo lo dirò finché Nikon non farà per la prossima Z8 un battery-grip degno di quello della Nikon D850, che era praticamente perfetto e poteva contenere anche la batteria della D5-Z9. Le prerogative tecniche delle due fotocamere nel mondo reale non sono tali da connotarne una netta separazione prestazionale. Non quanto la Z8 svetta rispetto a Z6 e Z7, per esempio. Per il resto, l'aspetto su cui soffermarsi è il display completamente articolato della Z6 III, per alcuni un valore, per altri un fastidio. E l'assenza o meno dell'otturatore meccanico, per disimpegnarsi in situazioni ben particolari e specifiche che per alcuni (ad esempio per me) capitano molto raramente. io vorrei tanto che nella Z8 II Nikon introduca il display completamente articolato. Sembrerà più fragile ma è di una comodità unica che mi permette con Zf e Zfc di fare qualsiasi cosa senza fare equilibrismi o sforzi inutili: Ma posso comprendere che ad altri faccia schifo. *** Quale è meglio tra Z8 e Z6 III ? Alla fin fine, come ho già avuto modo di dire, le due macchine sono più vicine di quanto si vorrebbe ammettere. Entrambe sono vere Nikon capaci di assecondare il fotografo al meglio. Prestazionalmente la Z8 è di un gradino superiore. Non è estrema come la Z9 (che a me trasmette molta più confidenza, al di là dell'inarrivabile migliore ergonomia, pur a parità di dotazione tecnica) ma le si avvicina. La Z6 III non può essere tanto estrema per costituzione e per contratto. Ma anche un professionista con due Z6 III non deve sentirsi affatto sminuito. E una Z6 III può costituire un sensazionale secondo corpo per una Z8. Leggo un sacco di balle sui sensori. A me questi sensori da 24 megapixel piacciono un sacco. Anche più del più ricco della Z9 e certo più di quello di D850 e Z7. Lavoro praticamente sempre a 800 ISO con queste camere (rispetto ai 500 di Z8 e Z9) e se devo andare fino a 6400 ISO non mi sento in difficoltà mentre so che con la Z8/Z9 dovrò poi smanettare con LR per riallineare i valori. La vicinanza dei 24 megapixel al formato 4K, secondo i miei occhi, offre un flusso video più naturale. Lo era già nella Z6 che però doveva croppare limitando l'ottica in formato DX. Tanto che spero che la futura Z9 Quadrifoglio o Veloce GTI pensata per correre sempre a 300 Km/h non abbia più di 24 megapixel e un sensore tanto veloce da non capire se stai scattando o no e rendendotene conto solo perché si è riempita la scheda di memoria. E voi ? Che ne pensate dei miei sproloqui mattutini ? Esprimetevi liberamente, c'è libertà di opinione se uno scrive commenti utili agli altri. Non vi contraddirò anche se pensate tutto l'opposto di quanto penso io.
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Le prestazioni velocistiche e la performance (lo slogan di lancio della nuova Nikon Z6 III) potrebbero far ipotizzare la necessità di dover utilizzare schede di memoria di fascia alta, come già dobbiamo fare con Z8 e Z9. Sarebbe un peccato mortificare quelle prestazioni con l'uso di schede di vecchio tipo, inadatte ad una macchina moderna. Ma si sa, in casa ognuno ha schedine di ogni tipo e qualche volta potrebbe capitare di doversi adattare. La Z6 III ha il doppio slot come Z6 II e Z8, uno può accogliere schede CFexpress di tipo B (ma è compatibile anche con le vecchie XQD che noi raccomandiamo però di "rottamare" perché oramai vecchie. Le schede di memoria non sono come il buon vino che invecchiando migliora ...) mentre l'altro alloggia schede di tipo SD UHS-I e UHS-II. Nital mette nella confezione della Z6 III una scheda SD Lexar Professional di tipo UHS-I, per l'esattezza una da 128 GB 1066x, accreditata di 160 MB/s in lettura e 120 MB/s in scrittura che viene anche "garantita" per il video 4K. Noi possediamo ed usiamo con profitto una scheda identica da anni e possiamo garantire che non ha mai creato problemi con tutte le fotocamere di casa. Ultimamente è impiegata con le Nikon Zfc per gli usi più disparati. Ne abbiamo misurato le capacità con i soliti sistemi di test. i dati strumentali confermano le prestazioni promesse quasi al decimale. Anzi, in scrittura sono anche leggermente esuberanti. In termini di capacità di video ci aiuta l'utility test di Black Magic Design che riconferma il valore sintetico misurato ed indica come la scheda sia teoricamente capace di arrivare anche al video 8K codificato H.265 a 8 bit. Abbiamo verificato nella pratica ed abbiamo riscontrato quanto segue. In fotografia può andare bene ma non per l'azione più esasperata. Nel video si può lavorare ma solo con i codec a 8-10 bit La Nikon Z6 III eredita dai modelli superiori Z9 e Z8 la capacità di comprimere i file NEF con l'algoritmo TicoRAW che consente di ridurre la dimensione del file con una perdita di informazioni impercettibile salvo casi estremamente circoscritti. La dimensione dei tre file possibili è la seguente : rispettivamente di circa 25 megabyte per il NEF compresso senza perdita; di circa 16 megabyte per NEF compresso con Efficienza* e di poco più di 10 megabyte per il NEF compresso con Efficienza maggiore. Sono valori praticamente coincidenti con quelli della Nikon Zf, che condivide la risoluzione, il processore e il sistema di compressione con la Nikon Z6 III. Alla prova dei fatti questo ci ha consentito di misurare la capacità di scattare a raffiche da 20 scatti al secondo in NEF fino al riempimento del buffer (che poi naturalmente viene gestito dinamicamente per consentire di continuare a scattare) : NEF compressi senza perdita : 72 NEF compressi con efficienza elevata* : 104 NEF compressi con efficienza elevata : 138 al riempimento del buffer ci sono poi i tempi di svuotamento per consentire di riprendere a scattare a raffica piena. Aritmeticamente possiamo calcolare che con il file compresso senza perdita, a circa 127 MB/s ci possano volere dai 15 ai 20 secondi perché il buffer sia nuovamente vuoto. Non è una prestazione disprezzabile per una scheda che non è dichiarata come le più rapide (Lexar propone schede che hanno anche tra 250 e 300 MB/s in scrittura) ma certo non consigliabile per chi ricerchi le massime prestazioni di raffica, specialmente in manifestazioni sportive o in sessione di wildlife d'azione. Naturalmente chi fa fotografia più riflessiva, avrà già smesso di leggere questo articolo. Ogni scheda di memoria oggi sul mercato - purché di qualità e in buono stato di efficienza - andrà bene con la Z6 III per scatti singoli o a raffica lenta (e anche con qualsiasi altra fotocamera). In campo video abbiamo verificato ed effettivamente con i formati meno esigenti in termini di flusso di registrazione, si riesce tranquillamente a registrare il video in 4K a tutte le frequenze e si arriva anche al 5.3K. Con durate che vanno dai 38 minuti a 125, come promesso da Nikon. Ma noi raccomandiamo di usare una scheda CFexpress come la Lexar Silver di nuova generazione Per chi cerca la massima prestazione dalla sua nuova Z6 III noi però raccomandiamo l'acquisto e l'uso di una scheda CFexpress di tipo B come la nuova Lexar Silver di nuova generazione. L'abbiamo testata con profitto e con la Z6 III permette di scattare praticamente senza soluzione di continuità (purché nelle opzioni si tolga il limite per lo scatto continuo di 200 scatti che Nikon inserisce di default). E anche nel video, si raggiungono le prestazioni richieste dalla registrazione 6K60P in RAW alla massima qualità. Ovviamente il fotografo/videografo sceglierà il taglio più adeguato alle sue necessità, tenendo conto che al massimo formato, il file generato è di grandi dimensioni per ogni minuto di girato. Noi consigliamo il taglio da 512 GB come quello più conveniente. prestazioni in scrittura e in lettura della Lexar Silver CFex da 512 GB. Siamo a livelli di 6-8 volte superiori a quelli concessi dalla scheda SD mentre in video abbiamo la certificazione che si riesce ad arrivare anche al formato 8K, non possibile con la Z6 III ma disponibile su Z8 e Z9. Tenuta alla raffica a 20 scatti al secondo fino al riempimento del buffer : NEF compressi senza perdita : infinito NEF compressi con efficienza elevata* : infinito NEF compressi con efficienza elevata : infinito il buffer viene di fatto svuotato in continuo senza alcun rallentamento o blocco. Sui prezzi, ognuno valuterà secondo le proprie esigenze. Una scheda SD come quella data in omaggio, da 128 GB, costa sui 35 euro al pubblico. Una CFexpress Silver di Lexar, dello stesso taglio, costa invece 94 euro. *** Pensiamo di aver dato un quadro di massima delle esigenze della nuova Nikon e delle possibilità di soddisfarle ma sappiamo che le combinazioni sono infinite, in base a quanto eventualmente già possiede ogni potenziale acquirente della macchina. In caso di curiosità o quesiti specifici, siamo a disposizione per quanto ci sarà possibile.
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sono un vecchio estimatore del marchio austriaco. Possiedo da quaranta anni le mitiche cuffie ibride K340 che ancora funzionano (sebbene mostrino l'età che hanno). In tempi più recenti ho comprato altri modelli riscontrando un cambio importante di qualità dopo il passaggio al gruppo Harman (a sua volta oggi di proprietà Samsung). Alcuni modelli sono oggi prodotti in Slovacchia ed hanno una qualità decente. Altri sono costruiti in Cina. E sono di qualità così-così. Alcuni sembra che siano semplicemente cuffie cinesi o koreane rimarchiate. Ho scritto delle K712 Pro, su queste pagine. Ho avuto anche le K700 (un trapano da dentista !). Con queste K371 ho acquistato anche le K550. Belle cuffie, dal suono ricco. Se non fosse che dopo qualche anno di uso moderato hanno cominciato a sbriciolarsi. Letteralmente ! Prima la banda superiore, poi i padiglioni, quindi le guarnizioni dei driver. Belli, per carità e con una struttura delle cuffie interessante. Ma alla fine ho deciso semplicemente di buttarle nel cestino. Perchè ne parlo qui ? Perché la prima bozza di questa recensione delle K371 è partita nel 2020 (le foto risalgono ad allora). Ma poi vedendo la brutta fine delle K550 mi sono fermato. Fino ad oggi, avendo riscontrato che nonostante sia passati 5 o 6 anni le K371 restano sempre quello che erano il primo giorno. Dici che hanno selezionato i materiali ? Sembra di si. Insomma, niente cedimenti delle "pelli" né della meccanica. Sono cuffie semplici, compatte, leggere. Tutto sommato funzionali. ecco qui sopra le K550 all'inizio del processo di sbriciolamento. Reference ... mi spiego ? la scatola è tipicamente consumer, da supermarket. Dentro, le cuffie, il cavetto con attacco tripolare proprietario che termina con un mini-jack. E un adattatore standard da 6.3 mm a vite. i cuscinetti sono molto morbidi e cedevoli. Poggiano sulle orecchie (sono letteralmente sovraurali) ma non pressano rendendo agevole tenerle in testa. Purtroppo dopo un pò la "pelle" tende a farmi sudare le orecchie. Ma è abbastanza normale con queste cuffie che peraltro, sono chiuse. il cavetto di comunicazione tra i due driver. Il segnale entra da un solo lato. l'interno del padiglione mette in mostra il driver, protetto da una tela nera la regolazione dell'archetto funziona ma non c'è articolazione che è demandata allo snodo del padiglione stesso la presa per lo spinotto del cavo lo spinotto tripolare. Le condanna ad un utilizzo standard single ended. Sono cuffie leggere, sensibili, di impedenza standard (255 grammi, 114 dB, 32 Ohm). AKG dichiara un driver da 50mm (simile a quello delle K550) e una risposta da 5 a 40.000 Hz. Si trovano ancora sul mercato tra i 150 e i 170 euro. Le ho misurate, ovviamente, ricavandone una risposta tipica. Noto una elevata estensione sul basso più profondo ma un avvallamento sul basso che conta (tra i 40 e i 100 Hz), un medio in evidenza e una risposta piuttosto brillante sugli altri. Le ho addomesticate usando il mio Master 9 Mk III in simulazione "valvolare" Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Normal Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Tube misure effettuate con miniDSP Ears Nella simulazione "valvolare" la risposta del Master 9 Mk III viene modulata incrementando i bassi sotto ai 50 Hz ed alleggerendo i medi sopra ai 100 Hz con una gradazione che si riduce oltre i 2500 Hz. In questa modalità il suono delle K371 diventa meno aperto ed avanti, permettendo di apprezzare meglio ogni genere musicale. Non che al naturale siano esageratamente aggressive, ma comunque viene mantenuta la presenza tipica mitteleuropea del marchio. Il suono è potente, basta un filo di "gas". Sono certamente più versate per i generi moderni, sulle medie e sulle alte non hanno una definizione adeguata alla musica ad alta risoluzione. Nel complesso non sono disprezzabili per cuffie chiuse con driver dinamico e anche in termini di fatica di ascolto non stancano troppo presto. Ma a questa fascia di prezzo non offrono nulla di particolare se non un modello piccolo, compatto, quasi da viaggio e tutto sommato " a perdere" (tipo vacanza o spiaggia, oppure come monitor per strumenti musicali o utilizzi tipo videoconferenza e computer). Non dopo l'uscita di cuffie planari in questo range di prezzo. Come dire che le HIFIMAN Deva se le mangiano offrendo una performance da intenditori mentre, volendo un suono più moderno e rotondo, le HIFIMAN HE400 Se sono ben altra classe. Volendole chiuse ? Abbiamo provato le Sundara Closed Back che, secondo me, buttano fuori dal mercato praticamente tutte le dinamiche sotto ai 350 euro. Insomma, va bene la simpatia per il marchio e la fedeltà nei secoli. Ma non tutta la vita (come cantavano quelli la).
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Lexar Professional CFExpress Silver 512GB
Nikonland Admin posted an article in Memory cards and card readers
Lexar è diventato il nostro fornitore di riferimento per le schede CFExpress così come lo è sempre stato per le SD e lo era per le XQD. Abbiamo provato schede di differenti produttori e nessuna delle altre ha dimostrato la stessa costanza di prestazione e di rendimento sul medio termine. Rileviamo peraltro prestazioni uniformi tra i differenti tagli di memoria, grande disponibilità di capienze e velocità, su tre linee prodotto differenti. Attendiamo con interesse la disponibilità delle nuove CF 4.0, presentate la CES di Las Vegas e non ancora immesse sul mercato ... dopo il mezzo flop delle ProGrade da noi testate qualche mese fa. Questa Lexar è della serie Silver, idealmente quella "basica" che mostra il miglior rapporto prezzo/prestazioni. Più in alto ci sono le Gold (le più capienti) e le Diamond (le più veloci). Abbiamo scelto il taglio da 512 GB per le nostre esigenze e lo proviamo oggi in vista di utilizzarlo poi con la nuova Nikon Z6 III, apparentemente ci sembra la scelta più indicata, visto che quella macchina propone file e video di dimensioni ridotte rispetto a Z8 e Z9. *** La scheda viene consegnata nella consueta confezione in cartone con dentro un contenitore in plastica che a sua volta protegge il classico guscio/custodia per la scheda che si caratterizza per la banda in color argento. Le prestazioni promesse sono stampigliate sulla confezione e sulla scheda : 1750 MB/s in lettura e 1300 MB/s. Sappiamo che queste sono promesse e quindi noi facciamo sempre le nostre misure nei nostri sistemi. Come per le altre schede Lexar di recente produzione (le schede che confronteremo in questa sede sono tutte dell'ultima produzione), è ben evidenziato Made in Taiwan. Ovvero chip e controller provengono da Taiwan, sede di TSMC. Longsys - proprietaria del marchio Lexar - produce nella Cina continentale i chip e i componenti degli altri supporti di massa. Ma evidentemente ancora non dispone della tecnologia per produrre ai livelli richiesti dalle CFExpress/NVME. la confezione ha stampigliature anche in italiano. Un segno di attenzione al nostro paese e chiaramente questo prodotto - acquistato da noi su Amazon.it - appartiene alla serie distribuita regolarmente nel nostro continente. Stia attento l'acquirente alle fregature sempre possibili in questo segmento. Acquistando da un venditore affidabile si ha la possibilità di essere rimborsati o di avere la sostituzione del prodotto, qualora non risultasse conforme o fosse contraffatto. ecco la scheda ripresa in controluce, in luce artificiale non si apprezza bene la banda che però non si può confondere con la Gold perché quella ha la banda dorata ben visibile, mentre la Diamond ha lo scudetto al posto della banda colorata. il trio di schede che abbiamo in laboratorio. Gold da 1TB, Silver da 512 GB, Diamond da 256GB. *** Le misure si sono dimostrate ben distanti dalle promesse, ma è la norma anche per le altre schede. a riposo abbiamo riscontrato 30 °C (25 °C è la temperatura ambiente di oggi). Mentre dopo un test e il trasferimento di 2650 file la temperatura è arrivata a 45 °C. Dopo una serie di test abbiamo registrato un massimo di 56 °C senza che si attivasse nessun avviso di allarme automatico. Siamo nella norma per questi dispositivi. Per quanto riguarda le prestazioni, abbiamo misurato un dato interessante, peraltro abbastanza omogeneo tra lettura e scrittura questo è misurato con un lettore USB 4.0 ProGrade con un miniPC Windows. Mentre questo è con la workstation da scrivania che mostra un vantaggio marginale. Per riscontro, il trasferimento dati (la semplice copia di qualche cartella di immagini NEF) evidenzia un valore medio di circa 700 MB/s, interessante anche se al di sotto del GB/s che in media riscontriamo con la Gold o la Diamond. In video : abbiamo la conferma. La scheda maneggia circa 900 MB/s ed è in grado di sopportare praticamente il formato 8K. Come c'è evidenziato sulla confezione. Ovviamente la scheda funziona perfettamente sulle nostre Nikon. Ci fermeremmo qui con le misure, riservandoci poi di testarla, come anticipato, con la Nikon Z6 III. Salvo evidenziare che ... ... strumentalmente, i valori in scrittura e in lettura, misurati con gli stessi strumenti, si dimostrano praticamente di poco differenti tra le tre schede confrontate. Ci permetteremmo di concludere che le differenze tra le schede siano da considerare oramai marginali a questi livelli e che prestazionalmente si equivalgano. Potremmo pensare che quelle più pregiate possano sopportare meglio il flusso elevato e continuo delle macchine più prestanti, magari con i formati video più impegnativi. Ma salvo verifica a questo punto, almeno per Lexar, è solo una questione di costo al Gigabyte. *** La scheda da 1 TB costa 239,99 euro, con un costo per GB di €0,24 per GB La scheda da 512 GB costa 169,9 euro, con un costo per GB di €0,33 per GB La scheda da 256 GB costa 118,99 euro, con un costo per GB di €0,46 per GB La scheda da 128 GB costa 93,99 euro, con un costo per GB di €0,73 per GB con un vantaggio per l'acquirente che cresce con il crescere del taglio (perché ovviamente si diluisce il costo della scheda rispetto ai chip). la temperatura media rilevata durante i primi test (copia di file per 59 gigabyte).- 27 comments
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Monitor posizionati a parete, a differenti distanze dalla parte di fondo, circo 120cm da quelle laterali, altezza circa 100cm dal suolo (su stativo in ghisa), microfono a circa 250 cm di distanza. risposta confermata da Dirac Live, posizionamento praticamente a parete nonostante il condotto reflex sia sul posteriore. Simulazione "home", con testa a 105 cm di altezza. Cinque misurazioni. filtro creato con punto di inversione sul basso a 32 Hz, risposta standard calante oltre i 100 Hz e incremento sul punto minimo il processore ha impostato un ritardo di 0,2 millisecondo tra il canale sinistro e quello destro l'interfaccia virtuale tra Dirac e l'uscita USB del computer. *** Stiamo parlando del modello di punta della nuova serie T, la entry level del marchio tedesco che parte dalla versione con mid-woofer da 5 pollici, sale con quella da 7 ed arriva all'oggetto della prova che ha un bel cono plastico da 8 pollici, dotato di una soddisfacente sospensione in gomma. ogni monitor pesa circa 10 chilogrammi, è alto 40 cm, largo 25, profondo 33. Assorbe 150 watt, con un amplificatore sul woofer da 70 watt e uno da 20 watt sul tweeter. Il tweeter è un U-ART da 4 pollici con un diaframma in mylar che pesa 0.17 grammi, dotato di guida d'onda orizzontale a tromba HPS. Il woofer è in polipropilene da 8 pollici con bobina da 25mm. La risposta dichiarata è di 33 Hz - 25.000 Hz (-6db). La frequenza di incrocio è di 2600 Hz. La pressione sonora massima ottenibile è di 118 dB a 1 metro. Controlli e connessioni sono sul posteriore, come è sul posteriore il bel condotto di accordo reflex a profilo esponenziale. Le casse sono solide, massicce, robuste, i materiali sono ottimi anche se qualche risparmio è stato fatto su interruttori e switch. Il frontale è appena ingentilito da due leggere smussature che si chiudono sopra al tweeter, altrimenti è il classico box da monitor a due vie da usare in verticale. Il posteriore è accessibile svitando il pannello sostenuto da 12 viti. Io le ho provate in near-field ai lati del monitor, posandole su punte sul piano in palissandro della mia scrivania ma poi le ho sostituite con i più prestanti A77H. Adesso le sto usando in posizione "da casa" per vedere se possono andare come casse in un sistema hi-fi tradizionale, anche se sono state pensate come monitor per il missaggio di registrazioni in home-recording o in piccoli studi amatoriali. Ovviamente Adam Audio offre ai professionisti le gamme di monitor superiori. Per la cronaca questi costano BEN 250 euro l'uno ! E sinceramente a questo prezzo non esiste nulla di meglio. una tipica installazione proposta da Adam Audio ai lati dei monitor video della workstation di lavoro di un appassionato/musicista che mixa le sue registrazioni in casa. Non c'è trattamento a parete e i monitor sono posati sul tavolo. L'ascolto avviene a distanza molto ravvicinata. *** il mio monitor "sinistro" dettaglio del tweeter U-ART di derivazione Air Motion e costruito a Berlino, responsabile di buona parte dell'intonazione di tutti i monitor Adam Audio il profilo dell'uscita del tubo di accordo reflex posteriore dettaglio del cono in polipropilene del woofer da 20 cm del T8V il quadro controlli posteriore. A parte la presa di corrente standard (tipo computer) e le due prese di ingresso, sbilanciato/RCA (da non utilizzare se possibile) e bilanciato XLR (preferibile), la manopola di livello utile anche per equilibrare eventualmente i due canali e i due controlli di livello per le alte e le basse frequenze con due decibel +/- di escursione. La spia di acceso/spento è sul posteriore. Francamente l'unico difetto che ho trovato in questi monitor (al netto della fascia di appartenenza). Bene, andiamo alle impressioni sonore, con a mente un impiego di tipo tradizionale. Nella prova hanno suonato collegate con cavi XLR da un euro al metro, al mio Audio-gd Master Mk. III, alimentato a sua volta da Audio-gd DI2024HE e R-1 NOS. Un complesso che vale più o meno 3000 euro e quindi di un ordine (o più) di grandezza superiore a questi monitor, pensati per essere connessi a postazioni di lavoro con una interfaccia digitale tipo Scarlett o simili. La timbrica già uscite dalla scatola è corretta, appena calante verso le alte, con bassi pieni e profondi. Potenti. Il medio è neutro e l'equilibrio regna sovrano. Corrette via Dirac Live (intervento necessario per allineare fase e interferenze indotte dalla stanza di ascolto) sono diventate ancora più complete, fornendo un ascolto ancora più sincero. Ricordo che sono posizionate con il condotto a un paio di pollici di distanza dalla parete ma che nella mia particolare configurazione, allontanarle dal fondo non sembra apportare vantaggi sotto ai 200 Hz mentre si linearizzano o meno la gamma media e media-superiore. Nonostante il punto di incrocio abbastanza alto per un otto pollici (scelto probabilmente per salvaguardare il tweeter), non si notano indurimenti nella gamma media, la più critica. Personalmente preferisco sempre le tre vie (quando non le quattro) ma qui c'è poco da lamentarsi. Sia nei generi moderni che in quelli classici la performance è sempre "rotonda". Alta dinamica e non sembrerebbe necessario mai avere più watt (l'amplificatore dei bassi è di "soli" 70 watt, io in genere ne metto a disposizione molti di più). Il basso è profondo e pieno. Si sentono belle chiare le pelli delle percussioni e i piatti non sono in alcun modo sporcati da un medio-basso scomposto. Se dovessi indicare un genere più confacente a questi monitor, sarebbe il jazz classico (quello con sax, trombe, batteria vera, contrabbasso acustico). Mentre il meno indicato è quello vocale complesso, tipo i Mottetti di Bach o la musica rinascimentale. Non perché non se la cavino ma è dove il medio va più in crisi. E ci mancherebbe altro. Ricordiamoci che sono casse da 500 euro la coppia ... amplificatori compresi ! Mentre se dovessi farmi un impianto dedicato al rock classico, da come sto ascoltando i King Crimson in questo momento, partirei da questi T8V ! Ecco, potrei anche continuare a parlare di musica ma preferisco ascoltarla. Non è nel mio stile inventarmi concetti impossibili da trasferire a parole o differenze impercettibili tra metà gamma e un'altra. Concludiamo Giudizio complessivo PRO: costruzione professionale nonostante la fascia di prezzo economica è un apparecchio di fascia entry ma le prestazioni sono di livello superiore potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori nonostante i pochi watt e anche disposto a distanze molto superiori a quelle per cui lo ha pensato il progettista valido in tutte le gamme, basso potente e avvolgente, medio di classe, alto mai disturbante eccezionale rapporto prezzo/prestazioni ma così buono che a causa sua mi sono comprato il modello a tre vie della fascia superiore non necessitano affatto di subwoofer. L'accordo e il woofer spingono fino in basso verso frequenze inusuali per questi diametri di woofer CONTRO: pesanti e ingombranti a conferma che c'è tanta sostanza il suono "fuori dalla scatola" va addomesticato se l'installazione e la stanza suonano contro il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) ma perdonano di più le registrazioni non ineccepibili perché meno radiografanti della serie A di Adam Audio ricordo che esistono anche i modelli T5V e T7V rispettivamente con woofer da 5 e da 7 pollici ma lo stesso tweeter, che sono più piccoli, leggeri e meno costosi. Ed esistono sia la serie A che la serie S per prestazioni a scalare superiori ma a prezzi che non sono proporzionali all'aumento di prestazione. Purtroppo non credo si possano ascoltare prima di acquistare e comunque per l'impostazione da "monitor", avrebbe poco senso farlo fuori dalla propria installazione. Sono e restano diffusori nati per uso professionale o amatoriale ma di servizio alla produzione di musica. Vanno bene in ambito hi-fi. Certamente si se si sa cosa si sta comprando. Non sono minidiffusori di scuola inglese e nemmeno italiana. Sono di scuola tedesca e simili a quelli francesi. Aperti, cristallini. Freddi, secondo qualcuno. Vanno addomesticati e richiedono un orecchio educato. In confronto ad altri monitor che ho ascoltato (JBL, M-Audio, KRK, non c'è confronto. Con Focal, Genelec, dipende dalle aspettative. Io non gradisco né le cupole invertite né i tweeter a cupola con guida d'onda). Purtroppo non posso filtrare il mio giudizio escludendo i miei gusti, le mie abitudini e l'educazione delle mie orecchie. Mi spiace, dovete fidarvi. Ma vi assicuro che valgono ogni euro che spenderete per comprarli. E anche un paio di centinaia l'uno di più.
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Nikkor Z 28-400mm f/4-8 VR : prime impressioni
Nikonland Admin posted an article in Nikkor Z : Test obiettivi Nikon
Acquistato al Nikonstore.it, appena arrivato in laboratorio, apriamo insieme la scatola. che si presenta come tutte le altre scatole Nikon Z, nero integrale con sfumature gialle. ci accoglie il paraluce avvolto in bugnato di plastica doppia protezione in polistirolo espanso l'obiettivo è rivestito in cellophane la dotazione completa, i manualetti/garanzia. dettaglio del paraluce di forma abbastanza inusuale, quasi più orientato al video che conferma il passo filtri da 77mm, quasi esagerato per un obiettivo di questa classe ma almeno standard, per chi utilizza filtri ND o polarizzatori. eccolo qui, in primo piano, davanti all'obiettivo. dettaglio dell'iscrizione attorno alla parte frontale dell'obiettivo produzione, ovviamente, cinese, non ci saremmo aspettati diversamente vista la classe di appartenenza particolare dell'anello di zoomata e della ghiera programmabile. E' evidenziato dalla feritoia colorata in arancione il blocco (lock) che impedisce che l'obiettivo si allunghi se preso in mano mentre è a riposo (cosa che si verifica se è montato su un corpo macchina e viene sollevato verso l'alto, tenendolo per la parte superiore). pur essendo quasi integralmente in policarbonato si presenta bene, sia sul piano estetico che costruttivo. E' analogo - ad esempio - agli obiettivi Nikkor Z di derivazione Tamron che presumibilmente escono dalla stessa fabbrica cinese. naturalmente, rispetto alla posizione minima di 28mm, in posizione 400mm l'obiettivo si allunga. Sono due i cilindri concentrici che fuoriescono dal barilotto esterno. Ma questo è un caso assolutamente comune per gli zoom di questa fascia. Come vediamo in un confronto con altri Nikkor Z a sinistra il 24-200/4-6.3 di cui questo nuovo 28-400/4-8 risulta già a prima vista consanguineo, a destra il più pregiato Nikkor Z 100-400/4.5-5.6 che con il nuovo super-zoom è accomunato esclusivamente dalla focale massima di 400mm. Notare i paraluce completamente differenti tra loro. qui i tre zoom estesi alla focale massima. Impressiona la compattezza del 28-400 rispetto al più corto 24-200 in entrambe le posizioni. Qui lo abbiamo montato sulla Nikon Zf che potrebbe tranquillamente essere la sua destinazione a 28mm a 400mm e ancora a 28mm E qui, per finire, alcune immagini di repertorio, più dettagliate (focus stacking della Zf su treppiedi Manfrotto) *** Complessivamente le prime impressioni sono positive. A condizione che le aspettative siano allineate a quelle rivolte ad un superzoom - che sia questo o il pariclasse 24-200 - ovverosia un obiettivo di compromesso con una eccezionale escursione focale, una luminosità massima relativa (molto) contenuta e prestazioni ottiche indotte da queste considerazioni. Insomma non lo prenderemmo in considerazione come alternativa al più prestante Nikkor Z 24-120/4 che, giustamente, è di classe S, più qualificato per fotografia di elevato livello. Ma per tutte le situazioni in cui - in pieno sole o con il flash - si debba o si voglia fotografare qualsiasi cosa senza mai cambiare ottica. Immaginiamoci ad un rally, oppure ai bordi di una pista di motocross dove si deve passare dal primissimo piano alla panoramica, senza poter cambiare mai obiettivo anche per proteggere la fotocamera da polvere, terra sollevata dai veicoli, schizzi e fango. Avendo peraltro un obiettivo "a perdere" molto meno costoso di un 100-400 o di una coppia 70-200+400mm da usare necessariamente con due corpi macchina (e costi/ingombri/pesi inerenti). O per i reporter di vacanze, viaggi ed escursioni, che con un obiettivo relativamente compatto, magari semplicemente accoppiato con un fisso luminoso (tipo 20 o 35mm f/1.8) possano affrontare qualsiasi situazione, anche ad un safari o in cima al mondo (sia Artico o Antartide che voi vogliate). Non è chiaramente un obiettivo progettato per resistere a condizioni climatiche estreme, ma finora non abbiamo riscontrato problemi con nessun Nikkor anche con pioggia o umidità o vicino a specchi d'acqua, anche nel recente passato. Il proprietario di questo obiettivo, comunque, saprà regolarsi per il meglio. Di fatto l'obiettivo ha anelli di tenuta per polvere e umidità, come di consueto per Nikon il progetto nasce da uno schema piuttosto complesso con sfoggio di lenti speciali e sfruttando tutte le possibilità dell'ampio attacco Nikkor Z. Già dalle prime immagini, abbiamo la conferma di quanto questi nuovi Nikkor Z, anche in queste configurazioni estreme che sulle reflex avremmo guardato con sospetto, si discostino dai superzoom precedenti. Nitidezza, colori, assenza di difetti ottici evidenti, capacità di adattarsi allo stile fotografico di ognuno, sono di tutta soddisfazione. La piccola differenza tra gli MTF a 28 e a 400mm del resto parla da sola il resto lo fanno, certamente, le correzioni automatiche delle Nikon Z. Naturalmente sin da subito ci si dovrà confrontare con la scarsa luminosità del progetto, obbligatoria per contenere pesi e dimensioni. Qui abbiamo uno scatto in ombra, in una giornata di sole, che pur a soli 1/400'' di tempo di scatto, ha richiesto di salire a 6400 ISO nessun problema per la Nikon Zf che a queste sensibilità esibisce poco rumore. Ma il fotografo ne tenga conto, perché già a 125mm l'obiettivo apre a solo f/6.7 In particolare, ecco le luminosità alle focali principali : 28mm : f/4 35mm : f/4.2 50mm : f/5.6 70mm : f/6 105mm : f/6.3 200-400mm: f/8 perdendo quindi a 200mm 2/3 di stop rispetto al più luminoso 24-200mm. Ma tolto questo aspetto, importante ma già evidenziato dal progetto e cui ci si dovrà confrontare prima dell'oculato acquisto, vogliamo sottolineare ancora le qualità di elevata flessibilità di questo oggetto che sostituisce, da solo, un intero corredo. quasi macro per le distanze minime in gioco molto ridotte (qui a 360mm e circa un metro e mezzo di distanza) paesaggistiche alla focale minima (qui a 28mm, f/8 su Nikon Z8, profilo colore specifico della fotocamera) da "caccia fotografica" senza muoversi dal punto di ripresa, semplicemente cambiando visuale e portando lo zoom a 400mm (f/8, 1/1600'', ISO 500 in formato DX della Nikon Z8 per 20.2 megapixel, riconoscimento automatico dell'occhio degli uccelli) Insomma, abbiamo uno zoom 14.2x, che pesa solo 725grammi, è appena più grande del già compatto 24-200 (e quindi grande circa quanto il 24-120/4) essendo lungo a riposo solo 14cm. Ben stabilizzato (anche se a mirino si vede spesso ballare l'immagine : ma ci sta). Che mette a fuoco a distanze minime tra 20cm e 120cm (50cm a 50mm) che si permette un diaframma a 9 lamelle (e lo sfuocato in fondo non è male). Ha uno schema ottico complesso 21 elementi in 15 gruppi (inclusi 4 elementi ED e 3 elementi asferici) ed è costruito in linea con le aspettative. Nel video è eccellente, forse più che in foto (e anche in questo caso, la modalità DX della ripresa, permette di avere filmati -da 2K a 8K a seconda della fotocamera usata - con una escursione focale che certi cineasti si sognano) anche a mano libera, non perde il fuoco e segue i soggetti con agilità. L'autofocus non è da primato ma adeguato alle necessità. Meglio tenere tempi più veloci del necessario per soggetti molto rapidi. Da verificare la variazione focale al variare della messa a fuoco, sia in video che in foto, ma questo sarà oggetto di ulteriori approfondimenti di cui vi renderemo conto prossimamente. Per ora abbiamo messo qualche foto in galleria, pregando come sempre, i fortunati acquirenti di questo obiettivo, di non farci mancare i loro scatti e le loro impressioni su questa nuova proposta Nikon di cui noi ci sentiamo già ragionevolmente soddisfatti.- 40 comments
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HIFIMAN Audivina : I put a spell on you
M&M posted a blog entry in BWV 988 : Variazioni Goldberg's BWV 988 : Recensioni Audio
HIFIMAN Audivina e Audio-GD R27HE Chantal Chamberland, Temptation (I put a spell on You), 2019 Maria Pia De Vito, So Right (Harlem in Havana, The One-eyed Man), 2005 Art Pepper + Eleven (1960) Magnus Ostrom & Dan Berglund e.s.t. 30 (2024) la pagina di presentazione del distributore italiano Playstereo.com Sulle prime non mi sono piaciute per niente. E' inutile nasconderlo. Sono cuffie molto particolari. Dopo un paio di mesi di rodaggio però sono cambiate. Ed io ho imparato a sfruttarle per quello che sono. Però bisogna farle scaldare. E bisogna che il front-end sia caldo. Io le metto sopra al mio Audio-GD R-27HE che dissipa 1200 Watt per metterne 20 sull'uscita bilanciata e il carico di 20 Ohm delle Audivina. E metto un disco di jazz. Quando lui raggiunge i 45-50 °C (scotta al tatto), allora le indosso. Mentre apprezzo la comodità di averle in testa (nonostante il peso aggiuntivo delle coppe in vero legno lucidato a mano stanno in testa esattamente come le HE1000. Perché in fondo, sono delle HE1000 ... !) Robbie Williams parte con il suo swing in puro stile Sinatra/Martin. E la performance comincia ad avvolgermi. Il palco è enorme - per delle cuffie - ma l'atmosfera è da cantina adibita a jazz club. Le note di marketing non scherzano, è così, al di là di quanto dicono sulle forme pensate su quelle del palco di Bayreuth. Sono cuffie da jazz (vocale ma non solo), più che da grande articolazione sinfonica. Se sono calde - perché fredde sono aspre - l'atmosfera è calda, suadente, avvolgente. Affascinante. Emozionante. Almeno, quanto lo è la musica che ascoltate (non saprei dire come siano se un soprano canta Berg ...). Nonostante la sensibilità sia alta - almeno nel dichiarato - il volume a seconda dei programmi cresce. A 60 punti (logaritmici) il mio RE-27 eroga al picco 12 Watt e ci vogliono tutti per apprezzare la straordinaria Seconda di Mendelssohn nella recente registrazione di Paavo Jarvi. Ma non è nelle grandi formazioni che queste cuffie danno il massimo. Perché per delle planari, la focalizzazione e il microdettaglio non è al massimo. Il Dr. Fang ha preparato un piatto particolare in cui sono state sacrificate in parte le peculiarità di introspezione analitica delle HE1000 in cambio di impatto e coinvolgimento. Così la voce è un pò più indietro e il basso più pieno e potente. Gli strumenti brillano il giusto. Solo a condizione di alzare di molto il volume - almeno con le mie malandate orecchie - si ottiene un riequilibrio, che io reggo per poco ma con risultati veramente emozionanti. Chantal Chamberland è veramente "tentatrice" con il suo Temptation e l'incantesimo di I Put a Spell On You funziona. Audivina fa brillare i trilli del pianoforte e della chitarra prima che la voce calda e leggermente roca di Chantal entri in scena e porti il canto su percussioni leggermente arretrate. Il piano è li a destra, un pò in alto. Lei è in centro, leggermente a sinistra. E c'è veramente l'illusione del piccolo gruppo jazz che suona su un paio di tavole qui davanti a me. Passo al violoncello cavernoso della Folia della Kobekina e apprezzo ogni corda ed ogni pizzicato. Ma il tono è scuro, cupo, non chiaro come sarebbe con le Arya o le HE1000. Chiamo in causa la straordinaria Bernarda Fink nell'altrettanto straordinaria interpretazione di lieder di Brahms. Il suo Guten Abend è piacevole e senza asprezze, fino alle note più alte. E anche Silje Neergard non riesce a straziarmi i timpani come ricordo che è riuscita a fare con le HE1000. Il pianoforte di Lugansky nel suo recital a Verbier è metallico. Il pianoforte con le Audivina non mi convince del tutto. E' meglio di quello delle Sundara Closed Back che è un pò ovattato. Ma qui alle volte è un pò troppo metallico, altre invece è perfettamente intonato (straordinaria la Campanella di Nikolai, di un garbo eccezionale, ben resa anche dalle cuffie che non eccedono in nessun registro). La registrazione di Dina Ugorskaya del II Libro del Clavicembalo ben Temperato è spettacolare, pur nei 44.2/24. Il piano è chiaro e preciso, le due mani perfettamente identificabili, il basso entra leggero e nitido ma potente. Intimissimo il violino e i pochi strumenti che accompagnano Tetzlaff nel concerto di Berg. Il violino non ha il nitore che si può sentire con le HE1000, è più intimo. La performance eccelle sul medio, rinforzata dal poco medio-basso che questo strumento ha. Il clavicembalo risulta smussato di molte asperità e il suono è argentino ma molto caldo, almeno quello usato da Giulia Nuti nel "The Fall of the Leaf". Potrebbe rendere gradevole questo strumento a chi lo ama poco. Ultima incursione sul sinfonico. I bassi di chiusura frase dell'introduzione della Rapsodia Paganini di Rachmaninoff sono potenti e profonde. La registrazione DG con Wang e Dudamel rende pienamente giustizia all'idea dell'autore anche se in taluni momento io sento (o mi invento) alcuni accenni un pò crudi. Andando sul repertorio più moderno, Peter Gabriel è energetico ma si perde un pò della qualità del mix minuzioso del suo "i/o". Il sinfonismo jazzista dei King Crimson è coinvolgente. Basso profondo, immagine stereo che segue le scelte del sound engineer, percussioni molto veloci. Impianto sonoro ampio. La voce in Cirkus è indietro rispetto al pianoforte ma è chiarissima. Bellissimo il sax baritono ma soprattutto le percussioni. Il basso di Toni Levin. Intendiamoci, il corpo è importante ma lontano dall'eccesso delle cuffie dinamiche più punchy. Sono e restano delle cuffie planari, non un imbastardimento con la scusa del padiglione chiuso. Ma chiudo con quello che secondo me è l'ambiente ideale per queste cuffie, il jazz. The Tea Leaf Prophecy, cantata da Joni Mitchell con l'accompagnamento di Herbie Hancock e i suoi, nel disco dedicato all'autrice è piacevole ma più interessante ancora il duetto tra Tina Turner e gli strumentisti (sax in primis). Ancora, la performance non è "monitor" come sarebbe con l'iperanaliticità delle HE1000. Il problema è che qui siamo in un test, in una prova. Queste sono cuffie da ascolto. Rilassato, piacevole, dove non si va a ricercare la performance ma il divertimento. Per questo smetto di pensarci e mi godo il resto del brano senza più indugiare su come siano il piano (bello !) o il sax (bellissimo !!) o Tina (!!!!). *** la risposta delle HIFIMAN Audivina misurata con miniDSP Ears, alla guida un trio di Audio-GD. Giudicando dalla risposta in frequenza non si darebbero nemmeno pochi euro per queste cuffie. Tanto è ... poco lineare l'andamento, con quella collina sul medio centrata sui 1000 Hz. Vi assicuro - se volete fidarmi - che questa è la risposta dopo due mesi di rodaggio. Perché all'inizio tutta la parte destra era più alta. Sospetto che con i mesi e gli anni, il tutto si linearizzerà maggiormente. Ma non dobbiamo vedere queste cuffie né come neutre, né come cuffie monitor. Sono cuffie da apprezzare ascoltando musica, avvolti da un guscio caldo e con la voglia di ascoltare solo musica, non individuare ogni singolo strumento nello spazio. La prestazione cambia da disco a disco e da brano a brano. Potete amarle oppure odiarle a seconda di quello che ascoltate, di come state, di come cambia la musica. In un certo qual modo sono cuffie un pò bizzarre e vanno prese per come sono. Possibilmente dimenticando molte iperboli di alcuni recensori. Chi le considera spazzatura e le detesta in modo clamoroso, chi le consiglia senza controindicazioni. La verità assoluta non esiste. Queste cuffie sono un modo di aggirare certi limiti delle planari - bellissime, chiarissime ma, proprio in quanto planari, leggere e poco coinvolgenti - per proporre un suono più emozionante e corposo, anche a rischio di snaturarle un pò. Che siano chiuse non cambia la sostanza - tranne che per me che non sopporto a lungo le cuffie chiuse per questioni di ... udito - si cede un pò di focalizzazione spaziale e di dettaglio in primo piano, per spingere i solisti un pò indietro per avere più spazio, aria e corpo sul medio-basso. Peccato per quel picco ad un Khz che a me ammazza buona parte del repertorio che ascolto di più nella mia vita musicale. Insomma, non sono cuffie per il barocco, per il pianoforte solo, per il coro femminile di Hildegard Von Bingen. Oppure si ? Aspetta un attimo ... Ma si invece, funzionano anche con il monofonico del XII secolo. Forse dovremmo aprire un pò di più i cancelli delle nostre aspettative. Insomma, suonano tutto, con una netta preferenza per il jazz acustico, secondo me. *** Costruttivamente non c'è molto da dire. Avete presente le HIFIMAN HE1000 ? Ecco, sono praticamente identiche (stesso archetto, stessi padiglioni, stessa articolazione, stessa banda), tranne quelle meravigliose coppe in legno naturale lucidato a mano con il marchietto HIFIMAN in mezzo. l'interno del padiglione è impreziosito da una doppia protezione. I cuscinetti sono eccezionali (se vi piace il color tabacco). La banda è meglio di quella delle Arya, secondo me. Ma penso di poter concludere a questo punto. Ricordo che le ho in testa praticamente da più di due mesi. Che sono maturate. Che sono maturato io. Che in certi momenti non mi convincono, ma dopo un pò mi fanno lacrimare per l'emozione. Sono cuffie particolari, non per tutti. Allargano l'orizzonte interpretativo di chi ama le cuffie. Bellissime, per me non possono essere le uniche cuffie di casa. Se leggete le (poche) recensioni che ci sono online, non prendetele alla lettera. Magari, se vi interessa un altro modo di ascoltare la musica ma siete malati come me di planari e non vi interessano più le dinamiche, provatele se qualcuno ve lo concede. Ma non per cinque minuti. Ci vuole tempo, bisogna capirle. Può essere che scatti la scintilla. Oppure no. A me "hanno fatto un incantesimo" e ne sono stregato. No, non rinnego le mie Arya e certamente non le mie Jade, sono tutta un'altra storia quelle. Ma so che quando ho bisogno di un certo tipo di suono, le Audivina risponderanno divinamente. Da par loro, perché sono Divine. Ma attenti, come tutte le Dive, non tollerano confronti. Se passate dalle HE1000 a queste, sulle prime non vi piaceranno. Ma dopo un pò ... non vi verrà voglia di tornare indietro (e viceversa !). Giudizio complessivo PRO: belle come il sole praticamente le HIFIMAN HE1000 con le coppe in legno lucidato facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) dentro alla modesta confezione c'è almeno un cavo bilanciato (ma vi toccherà comprarne uno migliore per farle cantare al meglio) coinvolgenti ed emozionanti più delle Arya e della media delle planari ma con qualche compromesso da accettare l'aver arretrato gli strumenti solisti ha ampliato il palco nel suo complesso (per delle cuffie) qualità costruttiva elevata CONTRO: costano un botto ! D'accordo quelle coppe costano ma ... il cavo bilanciato in dotazione è buona ma giusto per cominciare perdono quell'analiticità, iperdettaglio, precisione ed effetto wow tipico delle HE1000 sono cuffie chiuse, sulle lunghe impegnano di più le orecchie (almeno è così per me, preferisco le aperte) non possono essere le uniche planari di casa. Se avete queste, dovreste avere anche le HE1000 Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com- 13 comments
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Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video youtube dove l'oratore, in un lungo monologo, cerca di convincerci con dovizia di argomenti, che i monitor professionali non possano suonare in altro modo che mediocre. Se la premessa è questi monitor siano della classe dei mitici Yamaha NS, quelli bianchi messi sul banco del mixer, pensati all'epoca in cui la destinazione del missaggio era la compressione di dinamica e picchi in modo da non far saltare le cupole dei tweeter e le membrane dei woofer dei poveri impiantini di casa, incapaci di reggere livelli adeguati, allora si. L'idea è riprodurre un suono medio, più che mediocre, in linea con quello che poi ascolterà l'utente medio. Siamo ancora all'epoca del vinile stampato in malo modo e riprodotto finché il master non si rovina e poi ascoltato sui mitici 15 watt e con le casse Heco o Indiana Line. Con il lancio del CD, peggio mi sento, la dinamica ha avuto un picco ma gli impianti sono rimasti quelli. E quindi il missaggio ne doveva tenere conto. Ma oggi è un altro paio di tasche. Abbiamo avuto una profonda selezione degli ascoltatori. Una buona parte - il grosso - è scomparso. Quelli che avevano il compattone o hanno le casse con i coni da ribordare oramai ascoltano la musica in auto o con le cuffiette. Quelli che la musica la amano come noi, invece, hanno impianti in grado di rendere "quasi" tutta la dinamica che si vuole, almeno restando a volumi inferiori alla soglia del dolore alle orecchie ... ... quindi la pretesa è che il materiale sonoro sia reso disponibile al meglio, su supporto ... smaterializzato e semplici lettori software si permettono di fare lo scan della dinamica al volo dei brani ascoltati in streaming mostrando curve che si approssimano al limite teorico dei bit a disposizione. Tolto quel limite, e adeguati gli impianti di riproduzione, il mix deve essere fatto con monitor buoni. Quindi sia i near-field (quelli posti sul banco) che quelli mid-field (quelli messi dietro al banco) sono di un livello superiore, mediamente. Sono attivi, sono potenti. Sono fedeli. E intanto sono arrivati produttori nuovi che hanno proposto linee di monitor attivi multivia, con tanti watt a disposizione, driver di qualità, processori interni, flessibilità di pilotaggio. Non mi riferisco solo o esclusivamente a quelli di riferimento (sono in genere messi a parete negli studi di registrazione e servono più che altro per impressionare i clienti, perché hanno prestazioni da palco) ma a tutti gli altri. Dando un'occhiata a venditori di livello come Thomann si ha un esempio della gamma proposta, anche da marchi famosi come Dynaudio. E di produttori specializzati come Neumann, Focal, Genelec, Adam Audio. I marchi citati si contendono la scena, insieme ad altri meno famosi, nell'attrezzare gli studi di tutto il mondo, con monitor di tutte le fasce economiche. Ci sono sistemi a 2 e a 3 vie, con 2-3-4 driver per canale. Sono sistemi amplificati, che accettano segnali per lo più analogici (ma alcuni anche digitali). Che si possono controllare via software con connessione ethernet. E vari livelli di sofisticazione. E che possono costare svariate migliaia di euro l'uno (perché i monitor attivi professionali si comprano per singolo pezzo). Adam Audio, europea società berlinese che si permette ancora di fare alcune lavorazioni in patria, si è guadagnata un nome con una gamma completa e su svariati livelli che può accontentare sia l'hobbysta che il grande studio. Qui abbiamo già visto la prova di un modello a tre vie della serie S, io ho in casa dallo scorso dicembre una coppia di due vie serie T e questa coppia di tre vie serie A di cui vi parlo in questo articolo. Sono monitor a tre vie, 4 altoparlanti, tre amplificatori, cross-over interno a DSP, controllo del suono via DSP, ingresso ethernet per il controllo dei parametri e l'immissione della curva di correzione. *** Ma perché ne parliamo su queste pagine ? Perché questi sistemi, concepiti per il professionale possono essere benissimo adattati anche per l'ascolto in casa. Purché, purché, purchè ... Tornando al video di cui parlavo all'inizio, il monitor professionali non sono pensati per un uso "pronto e cuoci". Hanno una risposta che pur regolabile dal pannello posteriore, è pensata per dare solo la base al professionista. Che sa benissimo che in base al posizionamento in studio e al tipo di suono che cerca per il suo lavoro, non potrà accontentarsi del suono così come esce dai diffusori. Solo dopo la calibrazione i monitor saranno pronti per l'uso a cui sono destinati. Altrimenti, è vero, suoneranno in modo se non mediocre, almeno ordinario. qui abbiamo i miei due monitor, posizionati sul tavolo di lavoro, a circa 35° di orientamento verso di me, il medio e all'altezza delle mie orecchie, a 110 cm di distanza per la precisione. Con 60 cm di spazio dietro verso la parete, ad angolo per il monitori di destra, la finestra, per il monitor di destra. Sono monitor piuttosto grandi, 531 x 350 x 236 mm, Peso: 17,1 kg. Stanno su un piedistallo in metallo regolabile a 20 cm dal piano. la pagina con le specifiche di Thomann. Sono sempre in cima alla classifica delle vendite. In pronta consegna. A me sono arrivati con UPS in due giorni. i dati di amplificatori e altoparlanti Dicevo che la risposta sarà influenzata da tanti fattori. Le due misure che ho pubblicato più in alto sono differenziate per l'altezza dal piano. Ma presentano entrambe rinforzi e cancellazioni sul basso per interferenze costruttive e distruttive dovute all'emissione posteriore che arriva in fase o in controfase rispetto a quella anteriore dei due woofer da 7'' e delle aperture reflex. Il medio presente anche esso un paio di avvallamenti ma poi tutto sommato prosegue abbastanza linearmente verso l'alto, con una risposta quasi piana. Naturalmente sono compromessi dovuti al posizionamento e all'assenza totale di assorbenti o trattamenti acustici in questa stanza che certo non è uno studio di registrazione. Ma è una stanza comune come quella di tutti gli altri. Ovviamente l'ascolto così sarà pesantemente influenzato da queste anomalie. Per non parlare della presenza di oggetti nel campo acustico. Per risolvere il problema senza ribaltare la stanza o spendere N volte il valore dei monitor per il trattamento della stanza (mai abbastanza efficace in una casa normale, quale che sia la spesa fatta), oggi si interviene per via elettronica. Misurando la risposta da diversi punti vicini a quello dove si troverà l'ascoltatore, per avere poi un modello capace di generare una serie di filtri che modifichino digitalmente - a monte del sistema di riproduzione - la risposta misurata. Non solo in asse sul piano della potenza in arrivo ma soprattutto intervenendo sulla fase dei due canali e sui ritardi alle singole frequenze. Adam Audio propone per questa serie l'uso di Sonarworks, che si interfaccia con il DSP integrato per inserire la correzione direttamente dentro ai diffusori. Io non dispongo di questo software che non conosco se non per le recensioni lette. Soprattutto non possiedo un microfono XLR e non ho interfacce con alimentazione a 48 V. Per cui ho preferito usare il mio Dirac Live che conosco e che utilizza il mio microfono usb Umik di minidsp. Partendo dalla risposta numero due di cui sopra, ho fatto la calibrazione poco fa, dopo aver cambiato i piedistalli dei due monitor. ho usato la simulazione di uno studio, non quella tipica di una sala di ascolto. Il sistema dopo le 9 misurazioni standard ha proposto questo genere di correzione che mi convince perfettamente, perché segue un profilo di tipo Harman con un rinforzo sempre gradito sotto ai 100 Hz, ponendo un limite intorno ai 30 Hz ma con una risposta piena a 32 Hz. Considerando che i due 7'' in parallelo equivalgono ad un 10 pollici circa, non è male. Come detto il midrange in composito da 3.5 pollici è all'altezza delle mie orecchie mentre il tweeter X-ART (air-motion) fatto a mano da artigiane berlinesi è poco più sopra. Impiegando il Dirac Processor come terminale di Audirvana, il mio sistema non è influenzato da queste elaborazioni. perché lui "impersona" la porta USB Amanero della mia Audio-gd DI24HE che a sua volta alimenta il DAC R-1 NOS e il preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III. *** Una installazione tipica per questi monitor non vi mostro la mia perché è molto più disordinata e soprattutto non ha alcun Mac ma un più modesto mini PC cinese a controllare il tutto. Io non ci produco musica, mi limito ad ascoltarla, scrivere le modeste recensioni che vedete su queste pagine, provare apparecchi. questi monitor, pur compatti per lo standard di settore, sono imponenti, essendo larghi poco meno del mio monitor da 32 pollici. E pesano un botto, difficili da spostare una volta posizionati. A conferma della solidità tutta teutonica. Il materiale delle membrane è tutto tecnico, la corsa dei due woofer è lunga. La distorsione anche a livelli da ... studio di registrazione, è inesistente ed è più probabile che vibrino i vetri. Complici le due porte reflex anteriori l'emissione è solida e concreta. Il suono - una volta calibrato - è concreto, lineare, cristallino, senza enfasi. Coerente e solido. Con una immagine stereofonica granitica. L'impostazione resta di tipo teutonico ed è tale da non perdonare nulla alle registrazioni. Ma è questa la loro prerogativa, ciò che ne giustifica l'esistenza. Roberta Invernizzi nel disco Fineline "O dolcezze amarissime" non è in alcun modo edulcorata ed è resa senza indulgenza (la voce è sempre bellissima ma il microfono è troppo vicino secondo me ...). Se la registrazione è pulita, viene voglia di alzare il volume fino oltre la metà (del logaritmico controllo di volume analogico del mio Audio-gd) come è il caso della straordinaria registrazione di Ysaye di Hypérion. Come quella Vraft Recordings di Art Pepper + Eleven del 1959. Naturalmente potrei giocare con i livelli del Dirac per modulare la risposta come la voglio io ma snaturerei la logica di questi monitor. E poi, io ho altri diffusori più strutturati per dare una visione più musicale e meno "in avanti" della musica in questa stanza. Sempre calibrati con Dirac Live ma progettati per essere meno presenti. Del resto, non volevate un suono monitor dettagliato e radiografante ? Eccolo qua ! il pannello posteriore con gli ingressi, l'inusuale presa ethernet, la presa di corrente e i controlli di tono a DSP, oltre al bianciamento. Tutte cose che io ho lasciato rigorosamente in flat. Personalmente sconsiglio di usare monitor di questo tipo con collegamento single-ended, devono essere usati con cavi XLR di buona qualità. vista di tre quarti con gli splendidi driver in primo piano e le porte dei condotti reflex agli angoli. La smussatura ai bordi superiori è puramente estetica. il famoso tweeter X-ART con la guida d'onda. E' possibile girarlo anche in orizzontale per modificare la dispersione. E concludiamo così anche se potremmo parlarne a lungo. Magari se ci saranno commenti ... I monitor attivi professionali suonano in modo mediocre ? Decisamente no, se sono buoni e di ultima generazione e sono calibrati bene a seconda dello scopo che si ha in mente. Possono sostituire amplificatore e diffusori HIFI tradizionali ? Decisamente si, con qualità costruttiva di un ordine di grandezza superiore, risparmiando spazio e denaro rispetto a certe proposte da audio-gonzi che circolano nel mondo hifi di oggi oramai ridotto a "il gatto e la volpe" da un lato e tante pecorelle credulone dall'altra parte. Giudizio complessivo PRO: costruzione inappuntabile. Siamo realmente nel mondo professionale è un apparecchio di fascia media ma le prestazioni sono di alta gamma potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori suono ad alta risoluzione, gamma media e alta cristallina i vantaggi delle tre vie, di cui quelle superiori di gran classe disponibilità di controlli sia hardware che software per personalizzare il suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene della cosiddetta alta fedeltà che questo livello costruttivo e questo suono se lo sognano possibilità di calibrazione interna tramite il software opzionale Sonarworks (con microfono dedicato) CONTRO: pesanti e ingombranti su un tavolo, meglio su piedestalli professionali in solida ghisa il suono "fuori dalla scatola" non basta per convincere l'ascoltatore il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) non perdonano le cattive registrazioni (anche perché questi monitor dovrebbero servire per verificare il mix delle registrazioni audio) non costano poco ma Adam Audio propone altre soluzioni più abbordabili sia nella gamma A che in quella T dove ci sono modelli sorprendenti per capacità sonore rispetto al costo
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R-27 rappresenta il top di gamma degli integrati - DAC/preamplificatore/amplificatore cuffie - di Audio-gd. L'erede ideale degli apparecchi dotati di chip di conversione 1704. Nella realtà al momento la gamma si compone dei soli R-28 ed R27, perché il piccolo R11 non è più in produzione. R-27 è disponibile in più versioni, quella in esame è la R-27 HE, dotata di alimentazione rigenerativa, il fiore all'occhiello di Audio-gd insieme all'amplificazione ACSS. Veniamo proprio al cuore di questo dispositivo, l'alimentazione. questa scheda è marchiata orgogliosamente Regenerate Power Supply ed è una delle due collegate al trasformatore di ingresso. che è di dimensioni generose, resinato al suo interno e con una schermatura in rame. E' un avvolgimento che potrebbe sostenere il carico di un discreto amplificatore finale di potenza e che qui invece si limita ad accogliere la corrente di rete a 220 Volt. per consegnarla pulita e "rigenerata" con frequenza stabile e tensione fissa a tre ulteriori trasformatori più compatti, ognuno alimentante le rispettive sezioni di alimentazione delle tre sezioni in cui è diviso il dispositivo. La circuiteria di ricezione del segnale e i due canali del DAC. vista parziale in pianta, da destra e nel centro, le due sezioni di alimentazione : la rigenerativa e quella per i singoli canali. La simmetria è ammirevole. Non all'altezza di realizzazioni ultrasofisticata l'articolazione, più definibile artigianale - sebbene di alto livello - sia per la presenza di svariate cavetterie volanti quanto di residui di lavorazione non proprio eleganti. Regna su tutto il sovradimensionamento complessivo. di rado nelle recensioni vengono rappresentati i fondi degli apparecchi. Eccolo qua, invece, al di là dello spessore del piano - 8mm di alluminio rigido - il numero di feritoie, ma soprattutto l'innumerevole quantità di viti di blocco delle varie schede interne dimostra lo sfoggio di materiale (e i discendenti tempi di assemblaggio) degli apparecchi di questa classe. Che per Audio-gd sono lo standard di riferimento, siano essi all-in-one come questo, semplici preamplificatori, DAC puri o amplificatori integrati. Ne sono prova i 2560 grammi del solo coperchio, fissato con una dozzina di viti, lo spessore del telaio a pianta quadrata e il peso complessivo di 22.000 grammi che lo rendono un campione di ... facilità di posizionamento in casa. Il mio piano è profondo 60cm eppure lo regge a fatica in estensione, con i cavi di connessione posteriori che sfiorano la parete di fondo. questa versione è in alluminio naturale, spazzolato. Bella e lucente ma un pò fragile sia nel catturare le impronte delle dita quanto degli eventuali graffi per sfregamento. Poco male, la superficie non suona. Ma un telaio del genere assicura la dissipazione dell'elevato calore prodotto. Che nel caso del più compatto Master 9 Mk III tende a raggiungere temperature da ustione mentre qui, caldo è caldo ma nulla di anormale. di trequarti così non impressione poi tanto, sembra uno strumento di misura industriale qui con il coperchio appoggiato sopra (per toglierlo, l'unica è farlo scivolare mettendo in bilico la macchina), invece è più impressionante. ma deve impressionare l'interno, ordinato eppure molto affollato, qui evidenziato dalla fotografia a telaio aperto e posto sul fianco. A sinistra abbiamo i due canali del convertitore, in mezzo a loro la scheda di ricezione, davanti le alimentazioni separate che prendono energia dai tre trasformatori alloggiati in un vano separato da pareti di schermatura. Infine a destra, l'alimentazione rigenerativa, un trasformatore di ingresso e due schede simmetriche. A ridosso della parete frontale, la scheda di controllo del display. altra vista del marchio della scheda di alimentazione rigenerativa altra vista di tre quarti anteriore. Si nota subito il minimalismo dei controlli : accensione e due tastini di selezione delle varie modalità e ingressi. Manopola del volume (elettronico) ed uscite cuffie, single ended e bilanciate. la scheda centrale che contiene tutta l'elettronica di ricezione del segnale, il processore di controllo, i due clock di precisione. dettaglio del processore dedicato agli ingressi, un Altera Cyclone a 32 bit, i due clock, i due isolatori degli ingressi. Componentistica allo stato dell'arte. sopraelevata la schedina di ingresso USB, sotto i vari isolatori degli altri ingressi, clock esterno compresi. Anche la porta I2S rappresentata da una presa HDMI è isolata, a garanzia di pulizia del segnale. Della porta USB viene usato solo il ricevitore mentre tutto il resto è ricostruito dal processore. La distinzione tra le schedine dovrebbe consentire maggiore separazione. Secondo Audio-gd, questo ingresso è tanto qualitativo da non richiedere una interfaccia digitale esterna (ci sentiamo di avere qualche dubbio, almeno considerando la qualità della DI-24 HE che stiamo utilizzando in un altro stack in parallelo a questo apparecchio). ma andiamo al pezzo forte del DAC effettivo. I due canali sono disimpegnati da quattro moduli simmetrici posti su due schede separate impilate una sull'altra e ulteriormente schermate da una piastra d'acciaio avvitata sopra. Sono i moduli DA-7 specifici di Audio-gd e responsabili della conversione del tutto analogica del segnale digitale in analogico. i due DA-7 del canale sinistro, coperti dalla piastra di schermatura che una volta rimossa mette in mostra la topologia del tutto simmetrica del push-pull. Due processori Xilinx si incaricano di coordinare il lavoro mentre una serie di chip regolano la precisione della maglia di resistenze. Il cuore di un convertitore R2R sta qui. Al posto di uno o di più chip sintetici, viene usato un circuito analogico composto da resistenze di precisione che leggono a cascata il segnale. I due moduli sovrapposti offrono 4 convertitori per singolo canale, per un totale di 8, per il segnale PCM. Per il DSD ci sono 4 moduli dedicati. Ovviamente non viene fatta alcuna conversione da PCM a DSD come in molto apparecchi economici (anche di gran marca). la pianta di un modulo Audio-gd DA-7 Mk II installato nel R-27 HE. Tra i due moduli, che hanno alimentazione superiore, c'è il controllo di volume, anche esso a resistenze, quindi discreto, separato per ogni singolo canale. Per offrire una reale circuitazione bilanciata. al capo opposto, avvitata sul pannello anteriore, la scheda di logica di controllo del display anteriore. la vista al volo dal posteriore ci introduce al pannello ingressi ed uscite. le entrate sono completissime. I2S, ottica, USB di tipo B, XLR AES/EBU e due porte coassiali per clock esterno e digitale SPDIF. In aggiunta una porta speciale per l'eventualità di aggiornare il firmware della macchina (che io farei solo a rischio della vita ...) le uscite sono le tradizionali per Audio-gd, bilanciata XLR, bilanciata ACSS e sbilanciata RCA, con i due canali separati fisicamente. L'unica indicazione del modello è presente in questo adesivo posto vicino alle presa di corrente che reca anche il numero di matricola. più semplice il frontale, con accensione, selettori e prese cuffie con in mezzo il display a cristalli liquidi sono comandi semplici ma solidi. Purtroppo asserviti al sistema poco intuitivo di Audio-gd che necessita la consultazione del manuale per ricordare a cosa corrispondano numeri e lettere mostrate nelle varie fasi. sotto una luce calda, l'alluminio, al vero un pò freddo, appare di una piacevole tonalità champagne. Tutti i connettori sono di altissima qualità. Neutrik per gli XLR e corrispondenti in oro per i coassiali e gli RCA. *** Visto l'interno, imponente, andiamo ai comandi. Il selettore è diviso in due tasti, uno per far ruotare le opzione, l'altro per modificarle. Il problema è l'intelleggibilità delle opzioni impostate. All'accensione l'R-27 fa lampeggiare i led per salutare orgogliosamente mostrando quello che evidentemente è il logo Audio-gd e il nome del modello. L'avvio non è immediato perché l'alimentazione rigenerativa ci mette una manciata di secondi ad andare in linea. quindi compare questa scritta. Quello che si capisce è che ho selezionato la porta USB (la IN 6 guardando il posteriore). Mentre in modalità operativa si legge la frequenza di campionamento rilevata, l'uscita, il guadagno dell'amplificatore, la porta di ingresso, il livello del volume. [non so cosa sia questo 128. Nella realtà il sistema è connesso ma non c'è alcun segnalo. Normalmente quel numero è 44, 48, 96, 192 etc.]. Le opzioni modificabili sono il tipo di sovracampionamento (di default è su OFF), il livello di luminosità del display, lo spegnimento o meno del display. C'è infine una modalità "artistica" che Kingwa dice di aver mutuato dal lungo ascolto del giradischi analogico. Dovrebbe essere a suo dire un modo per generare un suono particolarmente dolce e caldo che darebbe il suo meglio con oversampling 1x o 2x. L'ho provata senza tanto successo. A differenza della modalità "tube" del Master 9 Mk III che è anche misurabile nel suo intervento, qui io stento a riconoscerne l'effetto. *** Bene, con questa carrellata ci siamo. Ma vorrei riepilogare le componenti di questo grosso amplificatore. Nello stesso, enorme, telaio, abbiamo : l'alimentazione rigenerativa che è in grado di dare corrente elettrica pulita a tutte le schede, con frequenza precisa e tensione stabilizzata. Non è una cosa banale, qui non ho grossi problemi, ma nella mia casa precedente, la tensione di rete oscillava tra 210 e 230 Volt, con frequenza tutt'altro che stabile. Qui invece avevo fatto installare uno stabilizzatore meccanico che alla fine si è rivelato quasi superfluo, tanto da averlo disinserito l'alimentazione con tre trasformatori separati e circuiti dedicati in classe A la scheda di ricezione dei segnali, controllata da un processore Altera Cyclone, due clock Accusilicon ad alta precisione, isolatori su tutte le prese, ingresso per clock esterno, interfaccia USB Amanero due convertitori "analogici" a discreti (rete di resistenze) controllati da microprocessori due controlli di volume "analogici" a relé due amplificatori in classe A per le uscite cuffie che possono operare con guadagno differenziato a +13dB e +26dB erogando fino a 15 watt su 25 Ohm di carico sulla uscita bilanciata (teoricamente pari a 45-50 watt su un carico di 8 ohm se fosse possibile alimentare dei diffusori) un circuito di preamplificazione lineare, sempre in classe A (uscita fino a 20 V contro i 2~5 se usato come semplice DAC) l'alimentazione è pulita per tutti i sistemi, gli ingressi sono isolati, la macchina è virtualmente esente da jitter già sul piano concettuale. L'avere tutto nello stesso telaio unisce ai difetti di avere un telaio enorme e pesante, i vantaggi di una messa a punto precisa nell'indirizzo della sua firma musicale, come intesa dal progettista. In teoria, un DAC non dovrebbe suonare. Un preamplificatore non dovrebbe suonare. Dovrebbero solo fare il loro lavoro di rendere analogico un segnale digitale - quale che sia - e di elevarne il livello alle necessità del sistema di riproduzione (amplificatore o diffusori amplificati). Il discorso è un pò diverso se pensiamo all'amplificatore cuffie, che può avere un suo carattere, secondo le impostazioni di fondo. Nei modelli economici a chip operazionali, le modalità di funzionamento sono impostate in via digitale. Qui invece è la topologia dell'architettura che influenza il risultato. *** E quindi, alla prova dei fatti, o meglio, del suono ? Che si usi come semplice DAC, come preamplificatore o come dispositivo integrato, l'Audio-gd R-27 HE fa il suo lavoro. E' presente ma è lineare, offre una risposta molto dettagliata e precisa ma non analitica. Ha una impostazione calda e dolce, più o meno a prescindere dalla modalità di funzionamento selezionato. Nei mesi in cui l'ho usato sinora, per lo più è stato senza oversampling (NOS) ed ha pilotato praticamente tutte le cuffie che ho avuto in casa, mettendole sempre in condizioni di dare il meglio di se. Offrendo una risposta ricca e convincente con un palcoscenico ampio, profondo e credibile. Ma non è uno strumento di misura, non è pensato per dare prestazioni di laboratorio asettiche. Ha un carattere e un anima. Tutte orientali. Dolce, gentile, possente ma tranquillo. Come un mastino inglese ma del tutto opposto dalla scuola e filosofia del Nord Europa, votata all'analiticità e all'iperdettaglio, magari a prezzo di una certa fatica di ascolto. Se metto in testa le Arya Organic o le Jade II (in questo caso con l'amplificatore a valvole Stax e l'R-27 che fa solo da DAC) posso stare per ore ad ascoltare la musica che mi piace. Senza pensare un attimo a questo o a quel dettaglio. Tutto mi sembra naturale (quasi) come quando ascolto il mio sistema di diffusori planari a dipolo. Naturalmente se la sorgente fa schifo, farà schifo la musica riprodotta. Se le cuffie (o i diffusori usati : e con le Adam Audio A77H sulle prime è stata una lotta, tanto che le ho passate la Master 9 Mk III) sono secche, aspre o poco definite, l'R-27 non cercherà di ingentilirle, lascerà impietosamente che mostrino i loro difetti, senza tentare di compensarli. Quel caldo e quel dolce, non significano eufonico o edulcorato. Siamo nel mondo dell'alta definizione. E non vi so descrivere la distanza siderale che separa questo sistema dai miei vecchi giradischi Marantz SA11S2 e Teac VRDS 10 con convertitori Philips e BB. Eleganza contro sguaiato. Eppure 25 anni fa quelli erano il non-plus-ultra (o quasi). Vale 3600 euro ? Non saprei dire, dipende da cosa ci dovete fare e cosa vi aspettate che faccia. Se avete più cuffie alto di gamma e un amplificatore in classe A e dei diffusori planari robusti, ascoltate musica unplugged registrata a regola d'arte ... e avete lo spazio dove sistemarlo in modo tale che dissipi il calore che produce. E allora si. Altrimenti sarebbe un vero spreco. Si può avere di più ? Certo, sempre. Io non sono un grande appassionato di sistemi integrati, tendo a preferire le soluzioni a componenti separati. Quindi, restando in casa Audio-GD, una DI-24H, un R-7HE e un HE-9 Mk III sicuramente vi strapperanno dei sorrisi ebeti (specie se avete delle HIFIMAN Susvara o delle HE1000 SE). Ma ad un prezzo più che doppio di quello già stratosferico di questo. Ci sono sistemi più economici di questo che offrano prestazioni simili ? Si certo ma comunque attenzione a selezionare cose che abbiano lo stesso tipo di impostazione a discreti, dall'alimentazione ben dimensionata alla quantità di transistor di uscita, senza operazionali. Ne sono contento ? Si, assolutamente si. Ma in fondo il mio sistema di backup (sempre Audio-gd) riesce a comportarsi a modo, con una prestazione sui monitor attivi da bancone, che è superiore a quella dell'R-27 che è più spietato e schizzinoso. Quindi ? L'Hi END è così, una malattia a cui bisogna saper porre rimedio. Ognuno trova la medicina musicale che fa per lui. Giudizio complessivo PRO: costruzione senza lesinare. Addirittura esagerata solido apparecchio di fascia realmente top; componentistica di pregio ingressi e uscite per tutte le necessità suono eccezionale se la sorgente e il sistema di riproduzione sono all'altezza caldo, dolce ma sempre estremamente dettagliato, senza alcuna concessione nessun convertitore Delta-Sigma che io abbia sinora ascoltato è in grado di dare questo genere di suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene a tre unità separate (interfaccia digitale, DAC e preamplificatore) CONTRO: ingegnerizzazione molto sofisticata per un sistema in apparenza molto semplice costruito per ridondanza quasi overkill costruzione artigianale con molte concessioni a livello di realizzazione (connessioni, resinature, residui su schede e piastre : nulla di questo si vede in occidente, in questa campo Audio-gd deve molto migliorare e curare i dettagli) I francesi userebbero il termine alambique peso, dimensioni, prezzo ... enormi ! comandi e display astrusi (a dir poco) impietoso verso chi non è alla sua altezza (sorgente musicale e cuffie/diffusori)
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Formato ridotto ? Pensaci bene ... guarda che TI basta !
M&M posted an article in Nikon Z : Test fotocamere
Chi non sogna una fiammante Alfa Romeo Giulia GTAm Rosso Competizione con scarico Akrapovic ? Non tutti possiamo permettercela, però. E chi potrebbe, fa bene a chiedersi quanto potrebbe sfruttarla per le sue speciali ed uniche caratteristiche che ne hanno già fatto un'auto di culto. Tenerla in garage ad invecchiare ? Mai. Uscire nel traffico congestionato e viaggiare a 30 allora ? Che vergogna. Ognuno di noi, se ne ha bisogno, dovrebbe avere l'auto che fa per lui. Il giusto compromesso di tutte le sue caratteristiche. Ragionamento - se perdonate la mia passione per le auto sportive e le fuoriserie - che si può estendere a qualsiasi altro oggetto (o soggetto : vedi il partner) sulla terra. Anche la fotocamera. Molti di noi hanno comprato la Nikon Z9 e se la godono. Ma la Z9 si può paragonare alla Giulia GTAm per molti aspetti. Va bene in pista. Meno per la gita fuori porta con i figli, i suoceri e il cagnolino. Si, ci si può fare un paesaggio. Ma una Z7 non darebbe nulla di meno. Anzi. A molto meno. Ma non mi fermo qui. Proseguo. Nella realtà, per le foto di un fotografo di tutti i giorni, non c'è nemmeno bisogno di una Z7 o di una Z6. Spesso una Z5 è più che sufficiente. Spesso una Z50 basta tranquillamente. Io ho avuto una Z50 che ho passato a Max quando ho comprato la seconda Zfc. Si perchè la Zfc - che è la sorella carina della Z50 quanto la Z30 è la gemella con gli occhi castani della Z50 - mi piace molto ed è la fotocamera che impiego per praticamente tutte le foto di tutti i giorni. Tranne quando devo fare un lavoro tanto impegnativo per cui è necessario far uscire dal garage la Z9 ! E' una cosa strana perché 20 anni fa, quando sono uscite le prime reflex digitali, ci sentivamo menomati da quel formato ridotto, imposto dal contenimento dei costi dei sensori che riduceva la potenzialità dei nostri obiettivi. Ma, appunto, dopo 20 anni, la tecnologia è andata tanto avanti che una Nikon in formato DX non ha moltissimo da invidiare in termini di qualità di immagine, rispetto ad una FX. Si arriva a sensibilità che nemmeno la D3 poteva permettersi, avendo una dinamica complessiva anni luce più avanti. Le funzionalità sono tali e quali a quelle delle Nikon Z in pieno formato. Ma sono più economiche, più compatte, più ... alla mano. Anche più "spendibili", consentitemi di dirlo, di una Z9 con attaccato un obiettivo da 5000 euro quando andiamo in certi posti ... Direte voi, ma c'è il problema degli obiettivi. Nikon propone solo tre corpi macchina e tre zoom di taglio medio-basso. Ecco, questo oramai è solo un retaggio del passato, un preconcetto. Questi tre zoom, ne abbiamo parlato a lungo su queste pagine, sono di qualità eccellente, anche il plastichino 16-50 VR che io uso per quasi la totalità degli scatti dei prodotti oggetto delle prove e dei test per Nikonland. Scatto nel mio studio con la piccolina e il piccoletto, pilotando flash professionali per 2400 W/s con softbox da 120 e 140cm di diametro. Figuriamoci se smuovo la Z9 per fare cosine del genere ... Ma ai tre obiettivi Nikon, possiamo già oggi aggiungere una serie di proposte "di terze parti" che possono incontrare l'interesse di tutti. In questa foto che riprende la mia Bella Nikon Zfc con il suo vestitino verde menta, vedete tutti gli obiettivi adatti ad una Zfc/Z50/Z30 che ho in casa. Ma non sono tutti. Altri, e di belli, ne mancano. Come ad esempio i Viltrox AF 23/1.4 e 33/1.4. Mentre ne ho aggiunti tre che sono full-frame ma che sembrano fatti apposta per le nostre piccoline : i due Nikkor Z 28/2.8 e 40/2 e il nuovo TTArtisan AF 32/2.8 e nulla vieta di aggiungere il 50/2.8 MC che per l'appunto è stato usato per questo scatto foto scattata con l'altra Nikon Zfc e il Nikkor Z MC 50/2.8 in luce naturale (focus stacking di 16 scatti montati con Helicon Focus). E' tanto "perfetto" che potrebbe andare su un catalogo commerciale ... Sono già molti gli obiettivi adatti alle nostre piccole Nikon Z DX, molti sono autofocus, altri manual focus. Ci sono fisheye, superwide, obiettivi da ritratto, obiettivi superluminosi f/0.95 ... ed altri, intraprendenti produttori universali proporranno prossimamente altri obiettivi. Come Viltrox che sta costruendo un corredo di eccellenti obiettivi AF che consentono poi di scegliere il marchio del corpo macchina da abbinare loro. Ma anche Tamron si aggiungerà, facilmente, ai produttori di obiettivi autofocus in formato DX. E come vedete mi sto limitando ad indicare obiettivi nativi con attacco Z, trascurando l'enormità di obiettivi di tutti i tempi utilizzabili via adattatore "scemo" o "intelligente". Insomma, già oggi, l'alibi della mancanza di obiettivi decade. Se le immagini che seguono non vi convincono, allora la causa è il vostro snobismo Seguono foto prese da Nikonland, scattate rigorosamente con Nikon Z in formato DX con gli obiettivi più vari, dal modesto 16-50 al supercremoso TTArtisan 50/0.95, senza trascurare tutti gli altri. Ditemi voi se, senza saperlo, potreste pensare che sono stati scattati con una Z50 anziché con una Z7 II da 3.600 euro. con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio in esterni, davanti a tutti ! con 1800 Watt/s di flash professionali con svariati metri cubi di softbox davanti, fondale, esposimetro esterno, etc. etc. La risoluzione è bassa, limitata a 20 megapixel ? Errore, ho consegnato un file per la stampa in formato poster portata a 80 megapixel di un mio scatto fatto con la Zfc e un obiettivo del 1957 Nikon Zfc e Trioplan 2/100mm del 1957. Scatto portato a 11557 pixel di lato in formato TIFF a 16 bit partendo dal NEF originale via Photoshop (migliora AI) e stampato poi "a parete". Insomma, rifletteteci bene. Forse vi basta una DX, purché sia una Nikon Z ... Si perchè queste macchine - e qui non abbiamo esplorato il video, eccellente, che hanno, ma solo il lato fotografico - sono piccole, modeste e relativamente economiche e sono solo la prima generazione di Nikon Z. Ma nei fatti sono delle Supergirl a tutti gli effetti ... e vi sfido a dimostrare il contrario. Che sia il primo corpo o il secondo corpo rispetto ad un'altra macchina più impegnativa e costosa, faranno tutto ciò che saprete far loro fare ... tutti gli scatti di questo articolo provengono da fotocamere Nikon Z in formato DX. Nessuna Nikon FX è stata sacrificata per ottenere il risultato. Usando fotocamere FX ed obiettivi da 2500 euro sarebbero venute foto migliori ? Forse, se ne sareste stati capaci. Ma già così vi sfidiamo a provarci ... In ogni caso, comprate Nikon : vivrete più sani e sereni- 44 comments
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Nikon Z6 III : prove di sensibilità del sensore
Nikonland Admin posted an article in Nikon Z : Test fotocamere
Prima, qualche premessa. non siamo grandi appassionati di questi test di confronto "di rumore" alle varie sensibilità e tra fotocamere diverse perché pur cercando di essere il più possibile "rigorosi" le variabili in gioco sono tante. Inoltre, è nella fotografia reale che si apprezzano o meno le potenzialità di una fotocamera riscontriamo più di un segnale che ci fa pensare come questa famiglia di sensori BSI, al di là di tutto, offra prestazioni similari, quando non completamente coincidenti, al netto del punto base della gamma lineare ISO e della risoluzione infine, per quanto si voglia pensare di fare prove ripetibili, non sappiamo quanto il software di sviluppo intervenga - in positivo o in negativo - nelle varie fasi. E certamente il supporto di Adobe alla Nikon Z6 III, benché già disponibile, non può che essere preliminare. detto questo abbiamo fatto alcuni scatti in ambiente, una stanza illuminata da un pallida luce esterna in una mattina di pioggia. Abbiamo fatto la sequenza 800 ISO -> 64.000 ISO con la Z6 III, ripetendola poi con la Zf che ben conosciamo. Macchina su treppiedi, esposizioni identiche, bilanciamento del bianco pre-impostate. Modalità Silenziosa. Il target è un ritratto in formato 100x75 posto sulla parete a circa 3 metri dal punto di ripresa. L'obiettivo è il Nikkor 105/2.8. Esposizione che può sembrare non corretta ma che è quella che vedevamo ad occhio nudo nel momento della ripresa (di questo inizio estate che continua ad essere piovoso e con il cielo pressocché sempre coperto). 800 ISO 1600 ISO 3200 ISO 6400 ISO 12800 ISO 25600 ISO 51200 ISO 64000 ISO Nella sequenza, qui ridotta a 2500 punti di lato lungo per esigenze di pubblicazione, giudichiamo il file ad ISO 800 quasi perfettamente pulito e di poco differente da quello a 100 ISO (qui omesso perché inutile): Salendo l'incremento del rumore digitale ci sembra lineare, con una intensità che si mantiene pienamente tollerabile fino a 6400 ISO. A 12800 ISO la presenza del rumore è più evidente. A 25600 ISO abbiamo la comparsa delle prima bande colorate verticali. Che a 51200 aumentano in modo casuale, per diventare persistenti e a macchia di leopardo alla sensibilità massima di ISO 64000. Senza interventi, secondo il nostro modo di utilizzare queste fotocamere, giudicheremmo il file ottimamente sfruttabile fino a 6400. Con la necessità di intervento in ogni caso a 12800 ISO. Da evitare se possibile le sensibilità più elevate. Il confronto con la Zf ci conforta nel valutare i due sensori imparentati sul piano della capacità di catturare la luce. Accettando una variabilità tra le tarature dei due esemplari di fotocamera che apparentemente fanno sembrare alcune foto della Zf più chiare di quelle della Z6 III, a livello percettivo notiamo un leggerissimo livello di rumore superiore nella Z6 III. Ma ancora, non possiamo essere certi che non ci sia una variabilità tra i due esemplari. E potrebbe essere che due campioni diversi possano mostrare evidenze diverse. Di fondo però vogliamo dire che nella pratica le differenze sarebbero riscontrabili strumentalmente ma non abbastanza da influenzare il lavoro di un fotografo. Sospettiamo che l'impostazione tra i due sensori - che sono differenti nel resto - dal punto di vista di sensibilità e amplificazioni, sia molto, molto simile. le impostazioni sono identiche, i due scatti sono percettibilmente diversi. Il file della Zf sembra essere leggermente più chiaro e più pulito. Ma la differenza è minima, sia nelle zone in luce che in quelle in ombra. cosa che rileviamo ad ogni variazione di sensibilità. Che comunque potremmo definire simile nel suo andamento, anche per la Zf (valida sino a 6400-12800 ISO dopo di che da usare se non se ne può fare a meno). Naturalmente intervenendo con il riduttore di rumore di Lightroom il risultato sarà livellato. e anche per questo riteniamo che oramai questi discorsi siano superati dalla disponibilità dei plugin con Intelligenza Artificiale in grado di fare miracoli in questo campo. Ma ci premeva almeno dare un contributo di discussione al riguardo. Nella migliore delle ipotesi la qualità di immagine di questo sensore sarà uguale - alle varie sensibilità - a quella dei precedenti sensori da 24 megapixel. Nella peggiore, sarà lievissimamente inferiore con un pizzico di rumore in più. Ci pare che comunque l'amplificazione anche qui sia duale con 100 ISO di base e 800 ISO di seconda base. Soppressori di rumore che intervengono con un filtraggio importante e invasivo a partire da appena sopra i 12800 ISO e poi proseguono a scalare, con le ultime due posizioni in gamma lineare di sola emergenza.- 16 comments
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Viltrox AF 13mm f/1,4 Z: carpe diem...
Max Aquila posted an article in Test obiettivi compatibili con Nikon Z
Per ammirarlo, lo avete già ammirato, al meglio delle sue possibilità, su di una dannunziana Zfc di verde vestita (tutta di verde mi voglio vestire...). Io invece l'ho usato per fotografare, cercando il modo di esaltarlo, a cominciare dalle sue qualità: quella di essere forse il fisso grandangolare più luminoso mai progettato per il formato APS-C, quantomeno per Nikon. sicuramente uno dei più belli, esteticamente, disponibile in nero oppure in silver... infine, di risultare un ottimo 20mm equivalente, da 94° di angolo di campo ! non solo per i dati di targa Ergo...aspettiamo ancora che Nikon si svegli e cominci a commercializzare gli obiettivi promessi per le sue macchine presenti e future in formato DX ??? (tra i quali, qui in Redazione di Nikonland, siamo pronti a scommettere che mai apparirà un 13/1,4...) oppure.... CARPE DIEM !!! ...mettiamoci l'animo in pace e cerchiamo di prendere il meglio dalla produzione cinese, che comincia da qualche tempo a dimostrare di essere in grado di produrre per la qualità e non più solamente per il facile profitto, basato su numeri incontrollati a prezzi infimi: questo Viltrox, sui canali commerciali usuali per questi marchi, costa poco meno di 500 euro, ossia molto meno della metà di un Nikkor Z 20/1.8 (il suo riferimento in FX), ed soltanto un terzo di uno zoom Z 14-30/4 che è uguale per peso e dimensioni, ma meno luminoso di ben tre stop...!!! La qual cosa, fa di questo Viltrox un vero game changer... non solo in bianco e nero, come grida a gran voce di essere utilizzato il più possibile (da chi sappia cosa sia il BN) ma anche fortissimo, vigoroso e facilmente orientabile, senza postproduzioni, direttamente on camera, anche a colori: per i più saturi dei quali ha un debole. Quindi...non solo interni a tutta apertura... ma assolutamente anche esterni e ai diaframmi più consoni: sembra rispondere a tutti nel medesimo modo, senza transizioni da morbido a definito e si comporta come vorrete, se padroneggerete profili colore e modalità di esposizione: come in questi due scatti ripresi dallo stesso punto di ripresa si presta, grazie alla perfetta integrazione con i controlli di distorsione ed aberrazione attraverso i sw delle Nikon Z, anche allo stitching nudo e crudo come in questo, realizzato con una semplice traslazione a mano libera, con sette fotogrammi successivi, uniti poi su Lightroom. Obiettivo facile da gestire, su tutte e tre le Z DX con cui l'ho usato, con una preferenza particolare per le sue doti da street performer della nuova Z30, che è anche la Nikon Z con la migliore disposizione dei comandi, insieme alla Ammiraglia Z9. Quindi perfettamente indicato per le uscite fuoriporta e le gite in famiglia dove la sua brillantezza e nitidezza, definiscono ogni tipo di illuminazione diretta o in controluce in qualsiasi condizione, grazie alla sua luminosità intrinseca la quale porta con facilità a sfidare ogni limite di convenienza (sempre ricordandoci di non avere VR a disposizione) Chi non vorrebbe sapere cosa nascondano le rosse cupole arabe della chiesa di San Cataldo a Palermo? ed ecco che il Viltrox 13/1,4 dà il meglio di se... anche senza rispettare canoni architettonici e messe in bolla... ... suscitando pura suggestione Dalla Cappella del Sabato (per le religiose del convento) della gesuitica Casa Professa: alle sue cripte... ...questo obiettivo è un "must have" in tutte le borse di chi possegga una Nikon Z dx... e quasi quasi, direi anche di chi, possedendo una Z7 o 7II voglia levarsi lo sfizio del 20mm equivalente senza dover spendere una cifra... lavorando in DX su quel sensore ben capace di segnale. Il resto è...mancia ! Ordinaria amministrazione per un obiettivo del genere, se portato a Ballarò, tra colori, forme, sapori e odori, che questo Viltrox riesce, a mio modesto avviso, a veicolare... Credo che facilmente ci si possa fare un'opinione... E se non sarà il giorno delle carpe sarà quello del pescespada ! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022- 22 comments
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HIFIMAN Edition XS : recensione
M&M posted a blog entry in BWV 988 : Variazioni Goldberg's BWV 988 : Recensioni Audio
Ed eccoci finalmente all'ultimo pezzo del quintetto di cuffie planari HIFIMAN in prova. Si tratta delle HIFIMAN Edition XS. un modello che si caratterizza storicamente per scelte di compromesso al risparmio per contenere il prezzo ma non per la qualità di ascolto. Ci sono state altre proposte nel recente passato, tutte derivate dall'alto di gamma che non hanno mai deluso. In questo caso la scelta è stata quella di adattare i padiglioni in stile HE1000 all'archetto usato per Deva ed HE400 SE. In questo modo l'indossabilità si mantiene di alto livello ma probabilmente si risparmia sui costi. Nonostante ciò queste cuffie hanno i magneti stealth e i diaframmi ultrasottili, come tutta l'ultima generazione di cuffie. Il padiglione ha la caratteristica forma ovoidale che avvolge del tutto l'orecchio e si poggia sui lati della testa. Le armature sono estremamente solide, con finitura argento. I cuscinetti sono morbidissimi ed avvolgenti, con una texture che ricorda la vera pelle. Si indossano facilmente, non pesano e non stringono troppo, quel tanto che basta per aderire al corpo e non favorire trafilaggi. Sono cuffie aperte ma devono stare ben strette per assicurare un buon basso. la scatola è quella minimal in cartone naturale con una banda adesiva che specifica il modello. e che riporta bene in evidenza tutte le caratteristiche non sono promesse per aria, perché il tutto è mantenuto appena le provate. Sono confortevoli e tecnologicamente avanzate. riporto la pagina del negozio online del distributore italiano. Si caratterizzano per una impedenza bassa di soli 18 Ohm, una sensibilità bassa di 92 dB. Il peso dichiarato è di 405 grammi (non ho verificato, ci credo). L'interno della scatola riprende quello delle altre, con le cuffie protette da un preformato in schiuma di polistirene e l'unico accessorio è un cavetto single-ended, pregevole ma che io non ho usato. I connettori sono quelli standard da 3.5mm, quindi mi permettono di usare i miei cavi bilanciati che impiego con le Arya e le Audivina. l'articolazione, pur non particolarmente raffinata fa il suo lavoro, rendendo queste cuffie meno rigide delle Ananda Nano che invece utilizzano un altro sistema, esteticamente più appagante ma meno confortevole alla prova dei fatti, almeno per me. l'archetto è solido e rivestito di finta pelle, ben rifinita. l'interno del padiglione. Si nota l'armatura interna di protezione, il velo che la ricopre, il nido d'ape esagonale che assicura morbidezza al cuscinetto. *** la misura con il consueto sistema miniDSP Ears mostra una risposta in frequenza ben articolata che ricorda quella dei diffusori acustici. La gamma media non ha evidenze, quella medio-alta ha un avvallamento con un minimo a 2000 Hz e un picco a 4000, la gamma altissima non ha picchi esagerati (come invece hanno le Ananda). Il basso è un pò in ritirata, con una flessione di circa 6 db sotto ai 100 Hz. Ricordo sempre di non innamorarsi di queste misure. Perché possono variare nel tempo e perché non è affatto detto che sulla testa siano confermate, rispetto al sistema di prova con la sua struttura e la sua pressione sonora. Per questo preferisco sempre far maturare ogni cuffia che provo. Nel tempo le cuffie acquistano gradualmente le loro caratteristiche peculiari mano a mano che suonano. E anche le mie orecchie si abituano a riscontrarne le loro peculiarità. Le ho provate in particolare negli ultimi giorni con questa catena : Audirvana che gira su un mini PC Windows interfaccia digitale Audio-gd DI2024 HE dac Audio-gd R1 NOS 2024 amplificatore Audio-gd Master 9 Mk III cavo bilanciato HIFIMAN se le prime impressioni contano ho riscontrato da subito la bassa sensibilità che richiede di alzare il volume dell'amplificato per raggiungere una pressione sonora tale da permettere alle cuffie di dare il meglio di loro. Il suono è caldo e privo di asprezze in generale. E' inutile impiegare la modalità del Master 9 Mk III che simula un amplificatore a valvole, già lo fanno le cuffie. La gamma media è suadente, gli alti setosi e il basso mai invadente. Sembrerebbe un quadro da caminetto in una sera di primo inverno se non fosse che dopo un pò vi accorgete di quanto suonino naturali queste cuffie. Il fortepiano di Elisabeth Pion è pignolo ma grazioso, gli archi presenti, i fiati legnosi. Non è un suono monitor, al contrario, siamo in un ambiente di ascolto. Insomma, queste cuffie propongono una situazione degna di ottimi diffusori acustici ben posizionati in un ambiente acusticamente trattato. Senza rimbombi, senza riflessi. Il suono non è ovattato ma non viene privilegiata nessuna gamma. Insomma, un suono da intenditori. Che sulle prima non farà sbalordire con quell'effetto un pò urlato che hanno altre cuffie ma che apprezzerete se vi piace la buona musica acustica. Lasciando Mozart per passare al jazz di Chantal Chamberland, la sua voce ha un tono roco caratteristico, è forte ma senza dilaniarvi i timpani. La ritmica c'è, è appena dietro, non vi capita di confondere i suoi. Il piano lo individuate subito, così come ogni corda della chitarra. E' la stessa cosa con Pietra Mia De Vito che nel disco So Right è registrata con un mare di ambienza. Ma si sente l'effetto sul microfono quando respira e si alza di frequenza. La voce è chiarissima ma il piano lo è allo stesso modo. Il Prokofiev di Jansen/Makela è come credo lo abbiano ascoltato in sala di regia mentre lo registravano. Alzo un pò il volume dopo il jazz perché il livello è più basso ma dietro al violino i fiati sono perfettamente nitidi come il continuo tremolare degli archi, fino alle prime arcate dei violini. Che meraviglia. Non tutte le cuffie sono adatte a riprodurre a pieno un Fazioli come quello che suona Giltburg. Il suo Rachmaninov è scintillante. Mi piacerebbe però che il basso fosse più presente, perché qui la mano destra ha il sopravvento. Va meglio - ma forse è la registrazione - il disco DG con Babayan e Trifonov e quindi abbasso il volume. Ma il duo suona come se fossero un'orchestra, come credo abbia inteso volere il sound engineer che ha mixato la ripresa. E quindi finisco per rialzare il volume al primo pianissimo. Il Vespro di Pichon si conferma impressionante con tutte le parti in perfetta sincronia. Armoniose è il termine per definire queste cuffie. Poco potenti perché poco sensibili e che richiedono un pizzico di potenza in più. Ma senza che questo vi faccia poi correre dal medico ... Un confronto con la risposta delle quasi equivalenti per prezzo, HIFIMAN Ananda Nano mi porta a confermare quanto siano bravi in HIFIMAN a creare fragranze diverse con ingredienti molto simili. le ANANDA Nano suonano molto più forte, sono dritte come un fuso con un basso prepotente e impetuoso, i medio-alti sono in avanti e gli altissimi sparano. Queste Edition XS anche alzando il volume non perdono il loro carattere morbido, suadente, da ascoltare per ore tanto sono naturali. E in questo mi ricordano le mie amate Arya prima versione. Cuffie che io ho pagato 4 volte di più solo sei anni fa. Che dire di altro. Che sono fatte bene e sono anche belle, sebbene non eleganti come altre HIFIMAN. sembrano robuste e capaci di regalarvi anni di ascolti rilassati. Sono adatte a tutto ma credo che la loro vocazione sia per la musica con strumenti naturali non amplificati. Ma un passaggio sui King Crimson mi smentisce. Perchè la voce di Cirkus è sempre commovente e il pianoforte liquido. Il sax fragoroso e solo i bassi meno esagerati di come li sentirei con le Audivina. Ma non per questo meno belli. Anzi, io li definirei raffinati, capaci di elevare anche la musica più popolare di un intero livello. Insomma, a dispetto di un aspetto un filo più dimesso e di qualche compromesso in più rispetto ad altri modelli della gamma HIFIMAN, queste Edition XS si confermano nella loro essenza. Quando quelli di HIFIMAN usano il marchio Edition, stanno presentando un paio di cuffie eccezionali, one-off da prendere al volo per non farsi sfuggire l'occasione, capaci di condensare in "pochi soldi" le qualità delle loro migliori cuffie. Credetemi, se potete, dovreste ascoltarle. Se siete superficiali, le HE1000 Stealth o le Ananda vi piaceranno subito di più. Ma se avete a cuore innanzitutto la musica e poterla ascoltare a lungo, le qualità neutre e morbide da alto di gamma delle Edition XS dopo il giusto rodaggio vi conquisteranno. Può essere che una parte del merito venga dal front-end che ho utilizzato. Non saprei dire se in single-ended e con un comune ampli-dac cinese da un paio di centinaia di euro le cose sarebbe uguali. Ma ricordatevi che HIFIMAN propone eccellenti DAC R2R capaci di far volare ogni loro cuffia. Giudizio complessivo PRO: buona scelta di compromesso sotto l'aspetto tecnico mantengono la sostanza (magneti e diaframmi) rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari suono neutro, caldo, avvolgente sembrano diffusori acustici in un ambiente ben trattato nessuna gamma in evidenza, elevano di qualità ogni traccia audio di ogni genere sia CONTRO: non impressionano al primo ascolto, devono essere capite; altri modelli saranno certamente più immediati. Non rimandatele indietro al primo ascolto da valorizzare con un DAC R2R e una discreta riserva di potenza non impressionanti sul piano estetico ma comunque ben costruite -
Nikon Z6 / Z6 II nel 2024 : perché, per chi ?
Nikonland Admin posted an article in Nikon Z : Test fotocamere
Non è un segreto per nessuno. Attendiamo nel corso dei prossimi mesi la nuova Nikon Z6 III. E' stato anticipato da tutti i siti di rumors del mondo. Dopo tanti tuoni, verrà prima o poi la pioggia. La Z6 III porterà, come da promessa Nikon ufficializzata più volte, la tecnologia Z9 nella gamma media delle fotocamere Nikon Z. Avrà quindi un processore Expeed 7 con le sue librerie autofocus basate sul riconoscimento dei soggetti e il tracking realtime. Probabilmente avrà un sensore aggiornato, video 4K60p pieno formato, raffica più rapida e in generale prestazioni superiori alla Z6 II. E ci mancherebbe altro, visto che la Z6 II è stata presentata quasi 4 anni fa, nella seconda metà del 2020 e che lei stessa, nella sua architettura, riprende in gran parte le caratteristiche della precedente Z6 del luglio 2018. Naturalmente sei anni non sono passati invano e la tecnologia Nikon più avanzata adesso offre la Nikon Z9 e la Z8 che ne ricalca per la maggior parte le caratteristiche. Ma anche la Nikon Zf, nel suo piccolo ... pur mantenendo lo stesso sensore della Z6/Z6 II riprende in parte le funzionalità di Z8 e Z9. Quindi ha senso parlare di Nikon Z6 e Nikon Z6 II nel 2024 come nuovo acquisto nel 2024 ? A nostro avviso si, perché non tutti i fotografi necessitano di un autofocus allo stato dell'arte, di raffiche fino a 120 frame al secondo, di video 8K e di prestazioni esasperate in ogni campo. Z8 e Z9 rappresentano la punta di diamante dell'offerta fotografica (mirrorless e non solo) di oggi e la Zf, al di là dell'aspetto che ricalca le reflex dei primi anni '80, ne riprende in parte le possibilità tecnologiche. Ma, appunto, per chi fa fotografia ragionata a soggetti immobili o cooperativi, molte delle capacità dell'ultima generazione sono esagerate. Esagerazioni che hanno un prezzo, perché, anche trascurando la Z9, la Nikon Z8 ha costi di accesso inaccettabili per molti fotografi. La Z6 III molto probabilmente si posizionerà ben al di là dello street-price attuale della Z6/Z6 II (rendendone il costo complessivo impegnativo per molti, e anche li, con prestazioni, spesso esuberanti per le necessità effettive). Mentre la Nikon Zf, bellissima e potente, deve piacere. Ma quel fascino vintage in fondo ha successo ma non presso tutti. Insomma, se non siete fotografi animalieri e non fate sport a tempo pieno ma vi dedicate a fotografia da ... fotografo della domenica (nulla di offensivo, intendendo con questo il normale hobby della fotografia che si pratica durante il tempo libero, non come sfogo principale ed elettivo delle proprie passioni), una Nikon Z6 II potrebbe bastarvi. E con il risparmio conseguito (rispetto all'acquisto di una Z8, di una Zf, di una ... Z6 III ... !) potreste anche concedervi quell'obiettivo in più che vi renderebbe più felici della raffica a 30 frame al secondo o del video 4K full-frame. Per tacere del video 8K, indispensabile proprio solo per pochi. La Nikon Z6 II, body, ha un corpo del tutto analogo alla Nikon Z6 da cui si discosta solo per piccoli dettagli esteriormente. presenta un corpo maneggevole, né troppo piccolo, né troppo grande. ha un bel display articolato, non a prova di attacco nucleare come quello della Z8 e nemmeno del tutto articolato come quello della Zf ma comunque bello e ben fruibile. ha, eventualmente, gli attacchi interni per l'innesto del battery-grip opzionale che la rendono più comoda da utilizzare con obiettivi importanti e ne raddoppiano l'autonomia con le due batterie ma soprattutto si appoggia ad un sensore che, seppure non velocissimo e abbastanza soggetto ai fenomeni di rolling-shutter quando usato in modalità tutto "elettronico", vanta ottime doti di dinamica. In più, ha una tenuta spesso sorprendente agli alti ISO, come dimostrato in più articoli, anche ultimamente. lo scatto qui sopra è ripreso con li sensore della Nikon Z6/Z6 II/D780, trattato con Lightroom. E' uno scatto a 51200 ISO. Ma sembrerebbe una qualsiasi ripresa a 200-400 ISO, non vi sembra ? e questo qui sopra invece è ripreso a 12800 ISO. Ma passerebbe indenne il processo per la stampa in grande formato. Qui possiamo vantare un utilizzo pieno in molti generi per un totale di oltre 200.000 scatti con le varie Z6/Z6 II che abbiamo avuto a disposizione. Se abbiamo trovato un limite è nella capacità di seguire soggetti che si muovono ad alta velocità nella raffica ad alta risoluzione. Perché la Z6, come la Z7, olre i 5 frame per secondo, commuta la visione a mirino in una sorta di moviola che non è più realtime ma è un intercalare di immagini statiche riprese l'attimo prima. Con il risultato che quello che si vede non ha esatta correlazione temporale con la realtà. Cosa che impedisce di seguire con puntualità l'azione. Ma se non fate azione e non usate la raffica, non ve ne accorgerete mai. Così come non vi farà un baffo il fatto di avere l'otturatore meccanico. Se non siete fotografi da milioni di scatti, un otturatore pensato per fare 200.000 scatti vi durerà per sempre ! Sbaglierebbe chi pensa che i suoi 24 megapixel siano un limite. Nella realtà 24 megapixel sono più che sufficienti - anzi - di più, per la maggior parte degli usi. Come abbiamo modestamente cercato di dimostrare in un recente editoriale : Di quanti megapixel abbiamo realmente bisogno nel 2024 ? Potendo in ogni momento, intervenire via software/AI, per - qualora servisse - quadruplicarli fino a 96 pixel e senza bisogno del pixel shift, senza muoverci da Lightroom/Photoshop : Il Migliora Immagine di Adobe : I - Super Resolution (ingrandimento immagini) In questo esempio, lo scatto del sensore da 24 megapixel della Z6, portato a 96 megapixel con Lightroom e la sua intelligenza artificiale : basterebbe per stampare in formato poster, o anche 240x160cm a parete. Ma nella realtà è solo il crop di un volto ripreso da una figura ambientata, portato ad risoluzione quadrupla e stampabile in grande formato ! Insomma, abbiamo visto i suoi limiti, evidenziato i suoi pregi, vediamola a confronto con le altre soluzioni Nikon. Con la Nikon Z8 non condivide nulla se non il marchio Nikon. La Nikon Z8 è una macchina professionale ad alte prestazioni, pensata per assecondare ogni necessità del suo proprietario. Ma è più grossa, più pesante, più costosa. Molto più costosa. Richiede ottiche più pregiate, perché la Z6 con il suo 24-70/4 va benissimo. Mentre per la Z8 ci vuole, al minimo, il più costoso e ingombrante 24-120/4. lato prestazioni non ci sono paragoni. Ma se uno di voi interessati a questo confronto punta sulle prestazioni, può anche smettere di leggere. La Nikon Z8 vincerà sempre. Però, siate sinceri, siete sicuri che vi servano quelle potenzialità ? Se è così preparatevi a spendere i 5.549 euro necessari per avere la Z8 con il 24-120/4 (in questo momento scontati di 700 euro per una campagna in corso). Per la Z6 II con il 24-70/4 ne basteranno 2.499. E se preferireste il 24-120/4 al posto del più piccolo obiettivo dato in kit standard con la Z6, l'offerta è pari a € 2.749. Insomma, circa la metà di risparmio che possono andare in un bel grandangolare o in un bel teleobiettivo, a seconda di cosa vi piace fotografare di più. Naturalmente la Z8 offre comandi professionali, mirino tondo, tenuta per migliaia e migliaia e migliaia di scatti continui (non ha parti meccaniche che si possono usurare, come ad esempio, l'otturatore meccanico) la differente architettura tra Z8 e Z6 è evidente. Una è una macchina realmente professionale, l'altra viene definita prosumer, né professionale né consumer, insomma, una via di mezzo. Ma per un fotografo senza pretese professionali e senza un corredo professionale il solo corpo non farebbe differenza, salvo impegnare buona parte del budget disponibile a discapito delle ottiche, più importanti per il risultato complessivo. Con la Nikon Zf le differenze sembrano più estetiche. Nella realtà le due macchine condividono solo il sensore, che è esattamente lo stesso 24 megapixel CMOS impiegato anche su D780 e Z6 prima serie. ma l'architettura è ancora più diversa. La Zf si rifà alle reflex Nikon dei primi anni '80 (ad esempio FM2 o FE2, o anche, più recente, FM3a) e andrebbe usata regolando i quadranti anziché le ghiere. mentre la Z6 II è una macchina di impostazione moderna. La Z6 è più ergonomica, più compatta, più leggera. Utilizza schede di memoria di tipo CFexpress insieme alle comuni SD. La Zf ha uno strano miscuglio di SD e microSD. certo la Zf è più raffinata, più affascinante. Anche più prestante, perché ha un processore 10 volte più veloce di quello della Z6. Che le permette un autofocus simile a quello di Z8 e Z9. Ma la qualità d'immagine (e del video) é del tutto sovrapponibile a quella della Z6. Quindi a meno che non abbiate necessità di un autofocus evoluto e non siate attratti dall'aspetto e dalle funzionalità vintage della Zf, con la Z6 farete le stesse identiche fotografie. La Zf è un modello più recente, oggi non è scontata, quindi costa di più. Peraltro non ha una gamma di obiettivi pensata per lei. Mentre la Z6 si trova a suo agio con ogni Nikkor Z e con ogni Nikkor F via Nikon FTZ. Naturalmente se siete affascinati dalle top model degli anni '80 sceglierete la Zf. Ma la Z6 II resta una scelta razionale. E la Nikon Z6 di prima serie ? C'è un mare di usato a prezzi di ogni genere, di macchine usate e come nuove. E spesso si trovano anche fondi di magazzino, realmente nuovi. La Z6 condivide quasi tutto con la Z6 II, salvo pochi dettagli. I tre più importanti, sono interni. La Z6 II ha due processori Expeed 6, che si dividono il carico tra loro. La Z6 ne ha solo uno. Questo ha consentito alla Z6 II di offrire all'utente il video 4k60P (seppure in formato DX) cosa che alla Z6 I è preclusa. La Z6 II ha anche un buffer leggermente maggiorato. Ma soprattutto la Z6 II ha due slot di memoria uno per XQD/CFexpress e uno per SD, mentre la Z6 ha solo lo slot per XQD/CFexpress. Quando non si ricercano prestazioni, fateci essere onesti, le CFexpress sono un lusso inutile. Le SD, al netto della loro struttura più fragile, vanno bene ugualmente ed hanno il pregio di essere più economiche e più facilmente interfacciabili. Infine, ultima differenza eclatante - perchè una Z6 I e una Z6 II si distinguono a stento sul piano estetico - è il differente battery-grip disponibile. la Nikon Z6 II ha un vero battery-grip con impugnatura ergonomica e comandi verticali duplicati la Nikon Z6 invece si deve contentare di un semplice battery-pack che contiene due batterie ma nessun comandi di scatto. Ma, in estrema sintesi, se queste peculiarità non vi interessano per il vostro stile fotografico, Nikon Z6 e Nikon Z6 II faranno foto perfettamente identiche tra loro. Come saranno identiche alle foto fatte con la Nikon Zf o la reflex Nikon D780 che condivide sensore e processore con la Nikon Z6 e rappresenta l'estremo ponte di collegamento tra reflex Nikon e mirrorless Nikon Z. Quindi, concludendo ? Bisogna fare l'identikit del fotografo, prima di decidere quale fotocamera sia meglio comperare. Se si fa fotografia d'azione, sport o wildlife in movimento, allora il nostro consiglio è puntare alla Nikon Z8 (se non alla Z9). Oppure attendere la Nikon Z6 III che forse offrirà prestazioni di quel genere, in un corpo compatto ed a prezzo più abbordabile (ma comunque ampiamente più costoso della Z6 II). Se invece la propria fotografia non prevede la necessità di riconoscimento in tempo reale e tracking del soggetto, raffica per inseguimenti ad alta velocità, video sofisticato, una Z6 potrebbe bastare. Il risparmio economico sarebbe solo razionale ed utilizzabile per acquistare altri obiettivi utili per il proprio genere fotografico. La Nikon Zf rappresenta una alternativa. Più che altro per soddisfare aneliti di stile e nostalgico, non necessariamente razionali. Che non ci permettiamo di criticare, perché noi stessi siamo vittima del fascino della Nikon Zf. Perché ogni Nikon Z, in mano al fotografo giusto e con i giusti obiettivi Nikkor Z, farà la sua felicità a prescindere dal nome del modello, dalla targhetta sul suo corpo macchina e dal cartellino del prezzo. Buone scelte ! *** Giudizio finale PRO: compatta e leggera Ben costruita dispone di memorie di tipo avanzato (CFexpress) qualità di immagine elevata (specie lato dinamica e tenuta agli alti ISO) prezzo/prestazioni, specie in promozione o sull'usato, eccezionale rispetto ai modelli nuovi, per chi non necessita delle prestazioni della nuova generazione non richiede il corredo più sofisticato per rendere al meglio (cosa pretesa invece dalla Nikon Z8) a differenza della Nikon Zf, gli obiettivi S di prima generazione sono pensati per lei CONTRO: affetta da artefatti di rolling-shutter quando usata in otturatore elettronico verrà presto avvicendata dal modello Z6 III autofocus di prima generazione che viene da considerare "primitivo" se rapportato agli standard attuali Nikon effetto "moviola" a mirino che perde il tempo reale quando si fotografa alla raffica massima video 4K60p permesso solo nel modello II e solo in formato 1.5x adatta a generi fotografici più posati (ma è un difetto ?)- 22 comments
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La domanda sorge spontanea: dopo aver utilizzato per due mesi e più il Viltrox AF 20/2,8 serie Air (obiettivi fissi di piccole dimensioni e privi della ghiera dei diaframmi), ma cosa ne pensi rispetto al tuo Z 20/1,8 che possiedi fin dalla sua uscita nel marzo di quattro anni fa? Dove i relativi test (Nikkor S e Viltrox) non possano determinare "a distanza" un punto di vista soggettivo, ma condivisibile per dare modo ai lettori di Nikonland di formarsene uno proprio, a distanza di un mese dall'articolo sul Viltrox, torno a parlarne per chiarire ogni ragionevole dubbio in proposito. Le differenze che separano i due progetti non sono solo di prezzo (il Viltrox costa 7 volte meno del Nikkor) nè tantomeno di sola luminosità (quella del Nikkor è di uno virgola un terzo di diaframma maggiore) che ne separa le utilità destinando di certo il Viltrox agli usi correnti di un 20mm, mentre il Nikkor a quelli fuori dal comune, proprio grazie alla maggiore disponibilità in available light, (ma sopratutto per la capacità di isolare meglio il soggetto su cui si metta a fuoco, giuoco arduo con un 20mm), quanto per la effettiva differenza dimensionale che fa del Viltrox un obiettivo compatto e da portarsi sempre appresso, mentre limita la scelta per il Nikkor a quelle occasioni nelle quali si sappia con certezza che sia quello e non altri l'obiettivo che assumerà il ruolo di protagonista sulla scena. una bella differenza quella dimensionale e di peso tra i due... Esteticamente invece sembra che Viltrox abbia voluto fare assomigliare questa sua serie economica a quella standard di Nikon, formata da tutta la serie dei fissi f/1,8 usciti nei primi tre anni dalla presentazione della linea Z mount Una differenza sostanziale, ovviamente, quella della presa usb-c per consentire al Viltrox futuri aggionamenti fw, che non dubitiamo seguiranno a ruota quelli sostanziali delle fotocamere Z, (come già successo di recente): ci mancava solo che potessero essere aggiornati direttamente dal corpo macchina Nikon ! Dei difettucci veniali del Viltrox, ho già detto nell'articolo che lo riguarda: distorsione palese sui riferimenti retti a distanza ravvicinata e una marcata vignettatura, non solamente a tutta apertura: tutto facilmente correggibile in postproduzione (non godendo degli automatismi di correzione hw propri delle ottiche Nikkor) Ma una volta corretti questi difetti, quali differenze possono determinare alla scelta chi del diaframma e 1/3 in più di luminosità del Nikkor Z...non se ne faccia proprio nulla, perchè con i suoi 20mm fotografa...come si fotografa perlopiù con un wide di questo angolo di campo, ossia a diaframma chiuso e magari anche senza inquadrare dal mirino, ma dal monitor ad altezza dello stomaco? In questi due mesi di compresenza dei due 20mm nella mia borsa, ho scattato diverse volte con la stessa inquadratura, vicendevolmente coi due. Mi sono fatto l'idea che al netto dei pregi e difetti estremi, non ci sia poi una differenza eclatante di qualità tra questi obiettivi così differenti, già a partire dagli schemi ottici, molto particolari Nikkor viltrox nikkor viltrox nikkor viltrox anche nelle condizioni più estreme di controluce, con il sole dritto in inquadratura e con diaframmi medio-chiuso : nikkor viltrox oppure con esposimetro spot* che chiude drasticamente le ombre, proteggendo le alte luci nikkor viltrox (pur con il solito carico suppletivo di vignettatura del secondo...) Ed anche in condizioni di luce uniforme e diffusa e con diaframma decisamente chiusi nikkor viltrox ...oppure con diaframmi medi nikkor viltrox così pure con diaframmi aperti (TA per il Viltrox) nikkor viltrox ciò che noto è una certa predisposizione del Nikkor ad aprire meglio del Viltrox sulle trame di soggetti contrastati e ripetitivi, risolvendoli chiaramente meglio del cinese, anche in virtù della differente classe di appartenenza, sopratutto quando siano a TA entrambi come nelle due foto di seguito (quindi il Nikkor a f/1,8) nikkor viltrox a maggior ragione, chiudendo il Nikkor all'apertura maggiore del Viltrox nikkor viltrox realizzando differenze ben poco percettibili, se non ad ingrandimenti elevati, qui non consentiti, evidenziabili su grandi formati di stampa. Lasciando inalterate in una normale visione dei files ed in una versatile gestione di contrasto e saturazione, il piacere dell'utilizzo di un angolo di campo davvero esteso, con il quale divertirsi anche ad esagerare, in assenza di dogmi interpretativi. nikkor viltrox nikkor viltrox In fondo un supergrandangolare serve anche a questo e non certamente ad inscatolarsi dentro canoni aulici di ripresa. L'acquirente del Viltrox AF 20/2,8 si divertirà a giocare con un obiettivo che gli è costato poco più di un euro al grammo e non gli impedirà di realizzare immagini molto più corrette e nitide di qualunque altro 20mm f/2,8 fabbricato per Nikon da qualsiasi altro produttore, prima di questo Mentre l'acquirente del Nikkor Z 20/1,8S sarà una persona che non arriva per caso a questo obiettivo di questa luminosità, perchè se ne servirà per le sue riprese di architettura dove troverà un file già perfetto in partenza, scevro da distorsioni curvilinee anche già scattando in jpg e sopratutto in grado di isolare il soggetto su cui ha effettuato la messa a fuoco, in una misura che il Viltrox mai potrà permettere con un livello di nitidezza adeguato alle aspettative del suo proprietario Certamente...le Nikon di elezione per il Nikkor Z 20/1,8S sono le Z9 e Z8, così come una Z7/II dotata di BG, necessario per controbilanciare peso e lunghezza di un fisso che lascia meno di un cm ad uno zoom come il 24-120 (quando li ho accanto capovolti, spesso li scambio per errore) Mentre la gioia di non sentire il peso di un obiettivo come il Viltrox AF 20/2.8 davanti ad una Zf oppure ad una Z 5,6,7 e magari anche davanti ad una DX facendo la tara al taglio di formato indegno della qualità di questo piccolo, ma ottimo obiettivo, è impagabile anche per chi possegga il Nikkor S. Soluzione? Se aveste una Z9 ed una Zf (o una Z5,6,7) comprateli entrambi e scegliete con quale uscire di volta in volta ! Max Aquila photo per Nikonland 2024
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HIFIMAN Ananda Nano : l'hi-end a ~€500
M&M posted a blog entry in BWV 988 : Variazioni Goldberg's BWV 988 : Recensioni Audio
pagina delle caratteristiche dal sito del distributore Playstereo.com Versione riveduta e aggiornata dell'apprezzata HIFIMAN Ananda. Che incorpora i nuovi magneti stealth e il diaframma ultrasottile e si ripresenta con un nuovo look, tutto argento, per differenziarsi meglio da altri modelli della gamma. Nella prima versione si trattava sostanzialmente di una alternativa economica alle più prestigiose Arya, molto distanti dalle HE1000, di cui questa nuova versione ricalca un pò il look. il marchietto ANANDA NANO caratterizza l'arco di queste cuffie. che riprendono la forma del padiglione e anche la struttura dalle cuffie superiori. Ma con un pizzico di attenzione al risparmio nel sistema di articolazione dell'arco che di fatto impedisce ai padiglioni di seguire la forma della testa con leggerezza. Questo, unito ad una pressione piuttosto importante e ad una banda superiore - bella - piuttosto rigida, sulle prime non rende queste cuffie molto comode, almeno sulla mia testa. Allungando la corsa regolabile la pressione si attenua ma restano puntate sulla parte bassa. Non escludo che col tempo si adeguino alla forma della testa. In genere bisogna avere pazienza su questi versanti. Ma comunque Audivina (un guanto !), Arya e HE1000 restano di una categoria a se per quanto riguarda la comodità in testa. Detto questo, è tutto piuttosto solido e di qualità. I cuscinetti sono ottimi, morbidi (forse troppo), ben consistenti e aderenti. Anche la banda sembra superiore per consistenza a quella delle Arya. padiglioni e cuscinetti, approvati per fattura e consistenza. come la griglia di protezione, molto bella e resistente. La spugna interna praticamente nasconde del tutto i diaframmi, invisibili all'occhio e ben protetti. Nel complesso io le definisco molto belle. Non aggraziate come Arya e HE1000 ma siamo chiaramente in quella fascia di estetica e concretezza. *** Le cuffie hanno il classico spinotto da 3.5mm che le rendono compatibili con ogni cavo adatto a tutte le altre HIFIMAN di nuova generazione. Per cui le ho utilizzate con il miglior cavo che ho in caso, sull'integrato HIFIMAN R-27HE. L'impedenza da 14 Ohm anche se la sensibilità è medio-bassa, garantisce un carico facile ed elevata capacità di erogazione di corrente da parte dell'amplificatore. Io potrei scaricare decine di watt ma con il controllo di volume a meno della metà suonano già forte. Diamo un'occhiata alla risposta in frequenza. che è già all'origine decisamente molto corretta e lineare. Quasi una riga con una variazione inudibile fino a 3000 Hz. Dopo di che ci sono le solite oscillazioni in alta frequenza. Io fino a li non ci arrivi e nemmeno ci arriva la mia musica. Mentre la promessa di un basso e medio basso molto autorevole mi sembrano un buon viatico per queste cuffie, dopo le stranezze dei due modelli chiusi appena provati sul nostro sito. Ebbene, alla prova dei fatti, l'ascolto è di gran lunga il più soddisfacente che mi è capitato negli ultimi anni. Il basso è pieno, corposo, autorevole e punchy. Il medio basso risponde con la stessa velocità e autorevolezza. Il medio è pulito e chiaro. Nel complesso le definirei cuffie dal suono chiaro ma senza che nessuna gamma sai oscurata o prevaricata da quella alta che è si frizzante ma senza sibilanti o fastidiose esagerazioni. Neutre e concrete, sin dalla prima nota. Che sia jazz o heavy metal, sinfonico o barocco. Sono cuffie adatte a tutti i generi e a tutti gli ascolti. In particolare la voce femminile jazz con accompagnamento ritmico veloce. Ma non solo, il violino, il coro. cuffie autorevoli, dal suono pieno e piacevole, capaci di offrire un grande e notevole palcoscenico (senza pretese impossibili) con una buona evidenza di quanto in primo piano ma senza che scompaiano gli strumenti secondari. dire che la concretezza traspare dalla fattura. Così i miei dischi selezionati per i test si alternano veloci tra loro. Il suono resta chiaro e cristallino, ma questa è una firma del marchio, non di queste cuffie. Che invece si pongono esattamente nella mediana tra gli altri modelli, prendendo il meglio da tutti gli altri. Moderno, antico, complesso, semplice, senza differenze di interpretazione. Come se fossero cuffie di riferimento. Che al prezzo di € 559 è il complimento migliore che mi viene da fare. Naturalmente Arya, HE1000 Stealth e HE1000 SE sono li per offrire ancora più forza, ancora più dettaglio, ancora più analiticità, ancora - chi più, chi meno - effetto WOW. Che comunque a queste ANANDA NANO non difetta. Quasi che avessero preso, crescendo, tutto il meglio delle HE1000 senza alcuni eccessi sulle alte frequenza che non mi hanno troppo appassionato. Cuffie perfette insomma, con le sole riserve sull'indossabilità e comodità indotte da quel meccanismo di articolazione rigido e una certa inerzia nel copiare il profilo della mia testa. Forse non sarà così per tutti, ma per me, sulle prime, sono risultate non comodissime. Sul suono invece non ho riserve. E penso che con il tempo diventeranno ancora più piacevoli e naturali. Senza voler usare troppe iperboli, tra le HIFIMAN che ho provato sinora, sono le migliori per equilibrio, risposta e rapporto prezzo/prestazioni. Provatele un pò anche voi se potete. Non credo che le rimanderete indietro ! Giudizio complessivo PRO: belle e consistenti sia per materiali che per estetica fanno il verso non troppo velatamente alle HIFIMAN HE1000, come se fosse una sorta di loro manifesto di intenti facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) come per tutte le magnetoplanari, sempre poco sensibili coinvolgenti ed emozionanti hanno un basso perfetto, un medio corretto e una gamma alta mai invadenti il fronte sonoro è decentemente esteso (ma condensato sulla vostra testa, non fatevi troppe illusioni, cuffie sono !) rapporto prezzo / prestazioni eccezionale. Per delle planari non si può avere nulla di simile a questo prezzo ! CONTRO: scomode, l'articolazione dei padiglioni è modesta e la pressione sulla mia testa (non so sulla vostra) è elevata, spero che nel tempo si allentino perché così le posso tenere in testa per non troppe ore la dotazione è al solito scarna (solo il cavetto single ended); per farle suonare come le ho sentite io rischierete di spendere molto per il cavo come le planari in generale, richiedono un buon front-end per dare il meglio di loro (ma questo non è certo demerito loro !) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com- 4 comments
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Dall'ultima guida dell'agosto 2019 non è successo moltissimo in campo reflex da parte di Nikon e, nella realtà, nemmeno altri marchi hanno mostrato particolare attività. Abbiamo una certa convinzione che il tempo delle reflex, almeno per quanto riguarda la proposta di nuovi modelli - corpi macchina e obiettivi - sia tramontata. Oggi tutti i produttori spingono tutta la ricerca sulle mirrorless. Per quanto riguarda Nikon, riteniamo che ancora oggi, sebbene ci siano 11 fotocamere a catalogo, sia per gli obiettivi e per l'autofocus a rilevazione di fase che va esplorata l'opportunità del passaggio. I Nikkor Z, sfruttano il tiraggio ridotto e la gola particolarmente larga per sfruttare schemi ottici avanzati a tutto vantaggio delle qualità ottiche. E anche sul piano dell'integrazione software-ottica sono stati fatti passi da gigante. Di fatto, nella maggior parte dei casi, difetti come la vignettatura e l'aberrazione cromatica sono cose del passato. Persino la distorsione viene controllata, qualche volta non senza compromessi importanti, e praticamente azzerata. In più abbiamo ottiche che per le reflex semplicemente non sono mai esistite, oppure su Nikon sono solo state un sogno. Crediamo che difficilmente si vedranno nuovi obiettivi Nikon F. Mentre tecnicamente è impossibile utilizzare gli obiettivi Z su Nikon F. *** Pur con queste premesse, è inutile girare attorno a quello che è il freno principale dell'eventuale passaggio : il costo complessivo. Praticamente - il discorso vale non solo per Nikon - è quasi come passare ad un altro marchio. Anche se sappiamo che qualcuno detesta i mirini elettronici, preferendo la più naturale visione del pentaprisma. Ma è probabile che questi siano la minoranza. Si deve scegliere il corpo giusto e poi contentarsi di adattare i propri obiettivi se sono compatibili. Per poi capire che solo con i Nikkor Z le Nikon Z danno il massimo ... per i soldi che sono costate. Per questo, quando un fotografo dispone già degli obiettivi adatti ai generi che pratica, é economicamente preferibile rimanere nel mondo reflex. Magari permettendosi qualche aggiunta sfiziosa che un tempo si poteva solo sognare. In questa guida, che vuole solo essere una rivisitazione della precedente, vorremmo solo puntualizzare quali siano le opportunità ma anche i limiti di una strategia del genere. Il limite principale è quello di rimanere e di rischiare di rimanere per sempre o molto a lungo (perché più va avanti il tempo, il mercato del materiale reflex si deprezza) con le reflex e i loro problemi. Che sostanzialmente sono legati all'autofocus : in particolare la concentrazione dei punti di messa a fuoco in centro e la necessità, spesso e volentieri, di dover registrare la messa a fuoco per compensare eventuali difetti di messa a fuoco dei singoli obiettivi. L'altro problema è l'invecchiamento del materiale, che necessita di manutenzione, registrazione di precisione (lo specchio, il sensore di messa a fuoco non sono eterni ed hanno tolleranze che con il tempo peggiorano e richiedono una messa a punto). Le reflex hanno dispositivi meccanici che le mirrorless hanno abbandonato (Z8 e Z9 non hanno più nemmeno l'otturatore). Quindi riparazioni, magari con ricambi che cominciano a scarseggiare o a mancare. E i costi inerenti. Che per le ammiraglie sono superiori di quelli delle altre macchine. Come lo sono per le automobili di lusso rispetto alle utilitarie. Resta il fatto che però, se uno ha un parco ottiche che lo soddisfa, si trovano molti corpi macchina, sia sul nuovo che sull'usato. Dall'epoca dell'ultima guida all'acquisto sono uscite due sole nuove reflex Nikon. La Nikon D6, che è una evoluzione estrema dell'ammiraglia dedicata allo sport e alla fotografia "senza compromessi". Il suo prezzo è improponibile (€ 7.500 euro nuova, oltre € 5.000 sul poco usato). E' una fotocamera bellissima, quasi perfetta - fatti salvi i limiti di messa a fuoco che già abbiamo detto - ma che ha venduto poco. Sinceramente la trascureremmo, puntando ad un usato sicuro e garantito di una Nikon D5. Se ne trovano intorno ai 3.000 euro. La Nikon D5 è una macchina estremamente capace, con il solo limite di avere una base ISO piazzata intorno ai 1600 ISO e di avere quindi una dinamica "addomesticata" alle sensibilità inferiori. La D5 è abbastanza recente da essere compatibile con memorie e batterie di produzione corrente. E i ricambi sono ampiamente disponibili. Le ammiraglie precedenti non ci sentiamo di raccomandarle. Oltre ad avere oramai una certa età sul groppone - e con un uso professionale potrebbero non essere belle come sembrano - i ricambi cominciano a scarseggiare e possono presentare la necessità di sostituire la batteria (una EN-EL18 costa 200 euro contro i 50 euro di una EN-EL15 compatibile con tutte le altre Nikon), l'otturatore, anche altre parti meccaniche tipo il pulsante di scatto e lo sportellino delle memorie, ed usare schede di memoria in via di estinzione (come Compact Flash oppure XQD di prima generazione). l'altra novità, e forse l'ultima reflex digitale Nikon della storia è un bell'esempio di ibridazione. La Nikon D780, in pratica l'erede della D750, incorpora molta tecnologia mirrorless derivata dalla Z6, a cominciare da processore e sensore. Il sensore è migliore di quello di tutte le altre reflex Nikon e a specchio alzato si comporta come una mirrorless, mettendo a fuoco con la rilevazione di fase direttamente sul sensore principale. E' ancora a listino. Purtroppo è molto costosa. E sull'usato è rara (circa € 1.500). Ma probabilmente sarà la più longeva tra le ultime reflex Nikon. Di tutte le altre reflex Nikon, ci sentiamo di caldeggiare solo la Nikon D850 e la D500. La Nikon D850, che è tra le migliori reflex di tutti i tempi, ha il solo limite di essere un pò scorbutica con la messa a fuoco (richiede la registrazione degli obiettivi non perfetti) e per esprimersi al massimo, pretende di utilizzare obiettivi di fascia altissima. Ovvero gli ultimi Nikkor F serie E e i Sigma Art e Sigma Sport. Si trova ancora nuova a prezzi scontati, oppure usata intorno ai 2.000 euro o poco di più. La Nikon D500 è più "di bocca buona" ma probabilmente oramai risente dell'età (2016). Ha il vantaggio di essere disponibile facilmente e a prezzi accessibili (appena sopra i 1000 euro). una buona alternativa alla D500 può essere la Nikon D7500. A noi è piaciuta, è ancora a listino sul nuovo, condivide il sensore con la D500 (e con Z50/Z30/Zfc). Costa meno di 1200 euro sul nuovo e intorno a 850 euro (anche meno) usata. Sarebbe la candidata ideale a sostituire le Nikon D3x00 o Nikon D5x00 ma anche D7000 e D7100. Ma attenzione, sia D500 che D7500, moltiplicheranno per 1.5x la focale dei vostri obiettivi. Tenetene conto ! I test approfonditi di tutte le reflex Nikon citate sono disponibili tra i nostri articoli : qui In tutti i casi raccomandiamo di acquistare usato con una garanzia valida ed effettivamente applicabile. Riparare queste macchine può essere impegnativo, costoso e l'accesso ai laboratori autorizzati qualche volta vincolato alla provenienza della macchina. *** OBIETTIVI DA REFLEX Qui c'è da divertirsi e passarsi ogni capriccio. Un pò é Nikon che sconta i prodotti in magazzino, ma più che altro é chi fa il passaggio a Nikon Z che vende a prezzi interessanti per finanziarsi i nuovi acquisti. Non è difficile oggi trovare un superteleobiettivo da 500 o 600mm a poco più di 5.000 euro. Sigma ha recentemente venduto a 4.000 euro il suo 500mm f/4 Sport, il prezzo corrente dell'usato ... Ma per chi li apprezza, si trovano a meno di 2000 euro i vari 200-400/4. Per non dimenticare i 70-200/2.8, 24-70/2.8 di tutte le serie, oltre a 14-24/2.8 etc. etc. e qualsiasi altra cosa un tempo abbiate desiderato e non vi siete potuti permettere. un Nikkor F 500mm f/4G, da nuovo ci volevano € 9.000, oggi si trova a poco più di 3.000, anche con garanzia di un anno. Anche qui, o soprattutto qui : attenzione alla garanzia. Alcune serie di obiettivi hanno motori SWM fragili che facilmente richiederanno la sostituzione. Operazione che può costare anche 1.000 euro pronta cassa. Su Nikonland ci sono articoli su oltre 100 differenti obiettivi : qui *** Ecco, questa guida voleva essere più che altro una carrellata di consigli per gli acquisti, dettata dal buon senso del "padre di famiglia". Ma ci possono essere centinaia di combinazioni differenti che cambiano in base a dove siete voi e a dove vorreste andare anche a fronte di una particolare "occasione". Nei commenti c'è lo spazio per affrontare ogni caso, se avrete la cortesia di esporcelo. Intanto ... buoni acquisti e buone foto con le vostre amate reflex !
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