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  1. Articolo scritto in una giornata grigia e piovosa in cui viene da dare i numeri. Scherzi a parte, il Nikon Z 105mm f2.8 MC è un obiettivo eccezionale ma, come tutti gli obiettivi di oggi riduce la focale effettiva alle brevi distanze così ad esempio, per avere un rapporto di riproduzione di 1:1 si deve arrivare vicino, 29cm dal sensore (molti meno dalla lente frontale) per una focale reale di 72-3mm e "solo" 36cm per avere un rapporto di riproduzione di 1:2 con una focale reale di 80mm. Focale effettiva su corpo Fx: Variazione della focale effettiva del Nikon Z 105mm f2.8 MC A me, come a molti molti altri appassionati di macro sul campo, alle volte piacerebbe avere una maggiore distanza di messa a fuoco a parità di rapporto di riproduzione, per controllare meglio lo sfuocato, la luce, più spesso per non far fuggire il (o farci assalire dal) soggetto. Per questo amiamo focali macro un po' più lunghe come il 150mm o il 180mm. Purtroppo non esiste un tele macro nikon Z di quelle lunghezze focali. Esiste un modo di compensare perlomeno la riduzione della focale effettiva con il 105mm? E' ovvio che passando da un corpo Fx ad uno Dx si ha un aumento della focale equivalente di 1,5 volte. E' una soluzione, ma non è quello che mi interessa mostrare oggi. L'articolo è rivolto a chi non ha corpi Dx e non gli interessa procurarseli. Con il vecchio Nikon 105mm f2.8 AFS VR G era possibile montare un moltiplicatore, ad esempio con un TC 14 si otteneva un 150mm abbastanza valido. Il Nikon Z 105mm f2.8 MC non accetta i moltiplicatori, però c'è un altro modo di recuperare almeno la focale effettiva con un semplice trucco che permette di scattare a distanze maggiori di quelle specificate. Basta usare un tubo di prolunga. Il tubo Meike da 18mm Normalmente si usano i tubi di prolunga per avvicinarsi, qui invece lo propongo come mezzo per restare più lontani!! Come ho scritto altre volte, aumentando il tiraggio con il tubo, per avere il soggetto a fuoco l'obiettivo si troverà a dover focheggiare ad una distanza nominale superiore a quella effettiva. Nell'esempio che propongo, con il tubo Meike da 18mm, alla distanza reale di 29cm l'obiettivo si posizionerà su una distanza focale di oltre 50cm recuperando quasi completamente la lunghezza focale nominale. Secondo i miei conti, se non ho preso abbagli già a 47cm abbiamo una focale effettiva pari a 105mm circa. Focali effettive su corpi FX con e senza il tubo di prolunga: In questa serie di immagini mostro come sia possibile restare più lontani ed avere un maggiore ingrandimento. Se mai dovesse servire, sapete che si può fare, senza alcuna perdita di qualità, si perde solo un po' di luce. Per capire, ecco un esempio pratico (nessuna postproduzione nè interesse per l'estetica, la profondità di campo o che, le foto con il solo scopo di mostrare i rapporti di riproduzione), il Triceratopo è lungo 12cm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 67cm si ha ha un RR di 1:5 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 93mm, a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 57cm si ha ha un RR di 1:4 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 91mm a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 47cm si ha ha un RR di 1:3 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 88mm a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 36cm si ha ha un RR di 1:2 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 80mm, a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza minima di messa a fuoco di circa 29cm si ha ha un RR di 1:1 con il solo obiettivo (a sinistra) che ha focale effettiva di 72mm, a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Come è tipico per i tubi di prolunga l'effetto è più marcato a focali effettive minori . Un grafico delle due soluzioni (corpo Dx e tubo di prolunga) a confronto. NOTE: Ho usato un tubo corto (18mm) perchè con lunghezze superiori a mio avviso diventa sconsigliabile usare questo metodo per aumentare le distanze, sia per la perdita di luce, che per la possibilità che il tutto si riveli meno pratico ed efficiente. ma nulla vieta a qualcun altro di provare (poi magari pubblicare i risultati ) E' chiaro che con i tubi di prolunga si perde la possibilità di mettere a fuoco ad infinito, ma se stiamo facendo macro la cosa in quel preciso momento non ci interessa. DISCLAIMERS: 1) Non è un metodo indispensabile, il 105mm f2.8 MC può benissimo essere usato da solo, con un po' di accortezza si fa di tutto; qui ho solo voluto mostrare che esiste questo effetto e, se serve o anche solo per gioco, si può sfruttare. 2) Esistono cento altri modi di fotografare da più lontano (lenti addizionali su tele zoom ad esempio), lo so e ne ho scritto spesso, ma il focus di questo articolo è il Nikon Z 105mm f2.8 MC. Silvio Renesto
  2. Avendo temporaneamente sottomano tre 105mm macro, una DSRL Nikon Dx (D7100), Una Mirrorless DX (la Z Fc) e in più una Mirrorless APS-H (la SIGMA Sd QUATTRO H),con un po' di tempo da stare in casa, ho voluto fare un mini test più per curiosità che altro e vedere da una parte come si comportano i tre 105, dall'altra confrontare la resa del Nikon Z 105 MC su Z fc con quella del 105 SIGMA sulla SD QUATTRO H, in situazione da laboratorio. Alcune osservazioni preliminari 1) Questo articolo è solo un piccolo test, non vuole assolutamente essere al livello del super completo confronto tra i due 105mm nikon di Max Aquila: 2) Il mio discorso Z vs SIGMA è ristretto alla foto statica in ambiente controllato. In natura su soggetti animati/li l'operatività della SIGMA è ... problematica. OK, detto questo, vediamo il protocollo di lavoro ho proceduto così: ho preso un preso un pezzo di arenaria (una roccia derivata da sabbia) e l'ho fotografato ad un rapporto di riproduzione intorno ad 1:2. Ho scattato con la D7100 e il 105mm micro G Con la Z Fc ed il 105mm MC Con la Z Fc ed il 105mm micro G (+ FTZ) Con la SIGMA Sd QUATTRO H ed il 105mm Sigma apo macro. Ho portato tutte le foto a 20mpx. Tutte le foto a 100 ISO , f8 e con il pannello a led MOMAN per avere la stessa luce. Risultati, foto ridotte a 3000x2000pixel cliccare per aprirle. Nikon D7100 e 105mm Micro G Nikon Zfc e 105mm micro G Nikon FZfc e Nikon Z 105mm MC SIGMA Sd QUATTRO H e 105mm Sigma Apo Macro. Conclusioni. Personali e soggettive. Potete non essere d'accordo che resteremo amici comunque . Sicuramente mi vien da dire che l'idea di abbandonare le DSRL per le Z è più che giustificata! (Vi ricordo che l'illuminazione è la stessa per tutte le foto). L'osservazione di Max che il 105 micro G migliora sensibilmente sulla mirrorless anche Dx è pienamente supportata anche da questo test. Il Nikon Z 105mm MC ha però una superiore nitidezza e, anche se non è il soggetto più adatto, comunque mostra una più graduale transizione fra zone a fuoco e fuori fuoco. La SIGMA "spacca", questo contesto è il suo pane ma, sorpresa, la differenza di nitidezza con il 105 MC è direi quasi irrilevante, tenendo conto che nella foto con il 105 SIGMA la riduzione a 20mpx dagli originari 24 mpx della SIGMA ne ha aumentato la percezione di nitidezza. Tutto questo "a prescindere" dalle differenze di ergonomia, velocità di scrittura e tutto il resto che ben conosciamo e che nell'uso pratico fanno propendere per Nikon (Z) nella maggior parte dei casi (anche se non tutti, la SIGMA in alcune situazioni ha sempre la sua ragion d'essere). Eccoci al termine di questo mini-test. Spero abbia detto qualcosa anche a voi.
  3. PRO ben costruito, vetro e metallo diaframma dal funzionamento rassicurante nitidissimo sul piano di messa a fuoco (il che per questo prezzo non è mica scontato !) sfuocato onirico oltre il piano di messa a fuoco consente effetti di fuoco selettivo sensazionali obiettivo per "creativi" relativamente economico (credo intorno ai €200) CONTRO discreta distorsione da correggere a mano assenza di trattamenti antiriflesso di livello superiore sfuocato "strano" davanti al piano di messa a fuoco inutile chiudere il diaframma, le foto migliorano ma si perde carattere Arriva nell'usuale "cubetto" di cartone telato, elegante ma e compatto, il nuovo TTArtisan 35mm f/0.95 disponibile con attacco Z. E' il fratello corto del 50/0.95 che abbiamo provato questa estate. A differenza di quello che, bene o male copriva anche il formato pieno pur essendo progettato per APS-C, questo è strettamente DX, quindi praticamente un normale ultraluminoso. Un obiettivo del genere si compra per usarlo sempre a tutta apertura. Infatti, sebbene le sue caratteristiche ottiche in generale migliorino chiudendo il diaframma, non vedo perché farlo. Ci sono 35mm migliori per fare foto a diaframma chiuso, a cominciare dal 16-50 del kit di Z50/Z30/Zfc. Lo sfuocato è onirico, come deve essere, e il carattere delle fotografie di questo obiettivo si presta al genere "nostalgico". Ascoltate un disco di musica biedermeier mentre guardate le sue foto e vi sentirete tutti merletti e nastrini. ovviamente, come si conviene per i superluminosi, non c'è modo di evitare l'aberrazione cromatica assiale (verde dopo il fuoco e magenta prima del fuoco) che si mantiene nei punti luminosi, riprodotti abbastanza bene. C'è una discreta distorsione a barilotto che va corretta a occhio (io ho impostato +16 in ACR) lo sfuocato come dicevo è onirico ma davanti al punto di messa a fuoco, a volte succedono cose "strane" mentre nelle vedute non ho notato stranezze guardate la bellezza dello sfuocato sulla sinistra, oltre il fuoco e i pasticci sulla destra, sul tronco, prima del fuoco anche in questa foto, oltre la ringhiera ma naturalmente noi abbiamo occhi per guardare quello che succede nel frame, no ? una giornata senza sole al lago, depressione pura, ben impressa dall'obiettivo nelle foto Naturalmente, sfruttando anche la distanza minima di messa a fuoco di soli 35cm ho voluto provarlo anche nel ritratto. Sempre ad f/0,95. Le foto che seguono non hanno praticamente postproduzione devo ammettere che io ho grandissima facilità di messa a fuoco con questo obiettivo, una sensazione che con il 50/0.95 non sono riuscito ad avere I colori sono abbastanza morbidi. Siamo sempre a tutta apertura. ma la nitidezza sul piano di messa a fuoco è elevata. Che per un obiettivo da circa 200 euro è difficile da immaginare. *** Costruttivamente è un gioiello. Confesso che l'ho voluto per mostrarlo con Morgana, la mia nuova Nikon Zfc Black Edition. A me pare che stiano benissimo insieme. L'obiettivo è tutto in metallo e vetro. Solido con una sensazione di luxury diffusa. il tappo è a vite, ben dimensionato e ben costruito. Con incisioni nitide. Non c'è paraluce in dotazione. Ammesso che serva. Non ho provato ma credo che prenderà ogni riflesso possibile se ci mettiamo in condizioni di abbagliarlo. attenzione al diaframma. E' bello ma non è perfettamente circolare. Cosa che si traduce in uno sfuocato non proprio bellissimo quando chiudiamo il diaframma. Raccomando di comprare ed usare questo obiettivo perché è un f/0.95 qui, completamente aperto. Riflessi verdi in un occhio di luce. piccolo, compatto, leggero, eppure robustissimo. Il diaframma ha un click leggero ma rassicurante. Anche nel video mi sono trovato bene, di seguito alcuni videoclip montati senza pretese, se vi va, date un'occhiata. Nel complesso è un bell'oggetto. Calibrate le vostre aspettative e vi troverete bene. A me piace e anche solo per questo, fa da gemello al 50/0.95.
  4. Si fa presto a dire il re dei teleobiettivi. Ma in questo caso credo che questa definizione possa mettere tutti d'accordo perché parliamo del tele luminoso più lungo a catalogo, che è il sogno - spesso proibito visto il prezzo - di moltissimi fotografi naturalisti e non solo. Non sono nuovo ai supertele nikon, avendo usato per molti anni il 500/4 in versione G ed E (e prima il 200-400 ed il 300/2.8). Ma è mio primo 600/4. Molto curioso, direi quasi trepidante, di mettermi alla prova sul campo. Ma il protagonista è lui, lo vedete in tutto il suo splendore nella fotografia che illustra questo articolo, allo scopo di dare un senso di scala montato sulla Z9. E qui a fianco al 100-400, la lente polivalente per eccellenza che nel mio corredo è destinato a far coppia fissa con il 600/4 per le fotografie ambientate. Ma quello che più li separa non è la lunghezza, ma la dimensione della lente frontale. Enorme! Ma andiamo con ordine. Nikon ha fatto le cose per bene, o almeno quasi. Il 600/4, come gli ultimi tele lunghi della casa, è consegnato con una sacca di cordura monospalla. Un bel passo avanti rispetto ai totalmente inutili valigioni delle generazioni precedenti. Molto ben fatto. Lo avrei fatto un po' più grande, capace cioè di contenere anche un corpo macchina, possibilmente non montato. Ma come vedete è dimensionato per la sola lente. Non è un grande problema, difficile che un fotografo esca solo con una macchina ed un 600/4. Ma se volesse farlo avrebbe bisogno di un'altra borsa. In ogni caso, lo ribadisco, un enorme passo avanti rispetto alla precedente impostazione. Altre due novità interessanti che vedete in questa immagine: Il paraluce ed il tappo anteriore. Entrambi sono dimensionati in modo piuttosto - per un 600/4 - contenuto, rendendo la lente più maneggevole e più semplice da trasportare nello zaino. Qui, per esempio, vedete come uno zaino relativamente piccolo (ICU Fstop XLPro) sia in grado di contenerlo insieme ad un intero corredo Z (Z9, Z6II, 100-400 e 24-120). Di fatto, il "problema" è solo il diametro della lente frontale, impegnativa per dir poco. Ma si chiude e non da fastidio nel trasporto a patto di non riempire molto lo zaino (un vecchio Satori EXP). Parlerò della scelta dello zaino per volare con questo corredo nelle prossime settimane. Ma torniamo al protagonista. In questa immagine diversi elementi interessanti per questa presentazione - Il TC integrato, una feature di una utilità incredibile fotografando in ambienti ostili (pioggia, neve, polvere, vento) e alle primissime prove capace di allungare la focale da 600 a 840 millimetri senza avvertibile perdita di qualità. Il TC dedicato e specifico per lo schema ottico ha di sicuro una marcia in più. - L'attacco treppiede, incredibilmente privo della scanalatura Arca. Davvero incredibile perdersi in un dettaglio del genere per una lente che costa poco meno di 18.000€. Anche perché, lo avete visto nell'immagine di copertina, la lente montata è perfettamente bilanciata sul piedino e quindi effettivamente ne basta uno così corto. Occorrerà comprarne apposta uno aftermarket (anche perché, seconda stupidaggine, è cambiata la disposizione delle viti e quindi i piedini delle precedenti generazioni non sono compatibili). - È cambiata la scatolina portafiltri, ora senza sporgenze (e senza un filtro neutro, come le precedenti generazioni, destinato a catturare polvere), Ma torniamo alla vista di insieme: Da destra a sinistra i tre anelli: messa a fuoco e due anelli programmabili, con texture del tutto diversa tra di loro in modo da essere perfettamente riconoscibili al tatto, oltre che dalla posizione. Interessante in particolare il più a sinistra, che consente, per esempio, di essere associato a diverse modalità di messa a fuoco (una in posizione centrata, una diversa ruotando a sx, una terza ruotando a DX). Presenti i soliti tasti programmabili. Un particolare del TC, che impugnata la macchina, cade perfettamente sotto le dita per una attivazione immediata senza dover distogliere l'occhio dal mirino. Sia del fermo, per evitare movimenti accidentali, sia del TC vero e proprio. E, subito sotto, il pulsante per riprendere una posizione di messa a fuoco. A mia memoria, la "gobba" è più piccola di quella del 180-400/4. Particolare del paraluce, in carbonio anche se sprovvisto della satinatura "racing" delle precedenti edizioni, orgogliosamente prodotto in Giappone. Provvisto di fermo a vite per un bloccaggio sicuro in ogni condizione, sfruttato per tenere in posizione il tappo protettivo frontale. E' presto per dare riscontri d'uso, sarebbe pura superbia liquidare un oggetto del genere con annotazioni sulle prestazioni basate su poche ore. Nella redazione di Nikonland non siamo youtubber, lo rivendichiamo con orgoglio. Compriamo i nostri prodotti e li usiamo sul campo, con attenzione e tutta le capacità di cui disponiamo. Per farlo occorrerà tempo. Posso però già dire alcune cose, secondo me interessanti. La prima è quasi scontata, ma giova precisarlo: Tutto trasuda la meticolosa costruzione professionale, studiata nei dettagli per garantire la migliore esperienza sul campo. Poi parliamo del peso. Questo 600/4S TC inaugura un'era in cui il 600/4 non è più una lente tremendamente pesante da trasportare. Una volta veniva definito back breaker. Non è più così. Come? Questo 600/4S pesa 3.260gr Il 500/4E pesa 3.090gr, il TC14III 190gr, l'FTZ 125gr: totale 3.405gr. Perché lo confronto con il 500/4E? molto semplice: il 500/4 è stato spesso scelto, rispetto al 600/4, per la maggiore trasportabilità. Il modello E è il 500/4 più leggero della storia Nikon. Ed il 600/4E? 3.810gr... più TC e FTZ fanno 4.125gr. Già tra i due 600/4 la differenza è di quasi un KG in meno! Ma non è solo questione di peso. L'altra parola chiave è bilanciamento. Questo 600/4 ha il baricentro decisamente più arretrato: è molto più facile usarlo a mano libera. Certo, resta la lente frontale molto grande. Ma quella dipende dalla fisica, non c'è niente da fare se non si vogliono i compromessi delle lenti di fresnel. Quindi che dire? Sono soddisfattissimo, non sto letteralmente nella pelle dalla voglia di usarlo sul campo. Un grazie speciale a Nital per avermelo fatto avere in fretta! Massimo Vignoli per Nikonland (c) 25/12/2022
  5. Si, lo so, per un sacco di tempo mi sono detto : c'è un 24mm DX Nikon, in roadmap, Viltrox non ha una rete di assistenza, Viltrox di qua, Viltrox di la. Ma poi ho provato il 13mm f/1.4 e sono rimasto folgorato. Il miglior obiettivo DX che io abbia mai avuto per le mani. Ho comprato il 56/1.4 e mi sono ritrovato qualche cosa di meglio del vecchio Voigtlander da 58mm con cui abbiamo giocato spesso con le nostre reflex. Ed eccomi qua con il nuovo piccolino, un bel 23mm f/1.4 AUTOFOCUS, equivalente ad un 35mm in formato classico. In livrea argento perché Bella lo voleva così ... per fare pendant alla sua acconciatura argentata e poi, vuoi mettere quando indossa i suoi diamanti ? la scatola non riserva sorprese. dentro ci sono le solite dotazioni. lui è bello massiccio, tutto in metallo tranne i tappi. qui con suo fratello, quello nero, montato su Bella reduci da tanti shooting insieme ed eccoli al primo abbraccio. Argento su Argento ! i fusti dei due obiettivi mi sembrano identici. Cambiano i paraluce. e a me così, piace da morire. Che ci volete fare ! Insomma, ecco la presentazione. Il peso è circa 300 grammi. Il fusto è 69x73mm, il tappo è da 52mm. La distanza minima di messa a fuoco è di 30 cm. schema ottico ed MTF senza sorprese. L'autofocus è veloce, con motore passo-passo. La messa a fuoco precisa. Ovviamente funzionano tutti gli automatismi Nikon. Insomma, un buon primo incontro. Nei prossimi giorni l'articolo proseguirà con il test approfondito. Bene, abbiamo visto che è ben costruito ma come va ? E' bello, solido, ben costruito e anche nella livrea silver si presenta bene (meglio dal vivo che in foto). Ma ovviamente qui ci interessano le prestazioni. Bene, in estrema sintesi, comune denominatore di questi Viltrox APS-C (almeno per quanto riguarda 23-33-56, perchè il 13 è di una categoria a se stante, per ora) è quello di essere obiettivi "vecchia scuola". Ovvero, hanno una resa a tutta apertura buona ma non eccezionale. Bisogna chiudere ad f/2-f/4 per avere una buona nitidezza. Che resta ottima in centro ma non agli angoli. Insomma, per certi versi è come avere la riproposizione di certi obiettivi Nikon AF dei "bei tempi andati", quelli con un carattere loro. Lo conferma la presenza di una certa quantità di aberrazione cromatica assiale, visibile ai diaframmi più aperti che si corregge ma non del tutto : vedere il dettaglio di questo scatto ad f/1.4 sarà sempre presente in tutte le vostre foto : verde dopo il fuoco e magenta prima del punto di messa a fuoco. La vignettatura non c'è probabilmente corretta del tutto in automatico. L'obiettivo ha un profilo in ACR/LR : mentre c'è un filo di distorsione a barilotto, presente ma non eccessiva. Ricordiamoci sempre che si tratta di un obiettivo da 23mm anche se copre il campo di un 35mm. In tema di flare e di riflessi il trattamento è accettabile e non si riscontrano situazioni drammatiche (come il caso del TTArtisan da 32mm f/2.8 provato sia da me che da Max su queste stesse pagine). Anche sul tema "colore" possiamo dire che è un obiettivo "vecchia scuola" con una resa un pò pastello su cui si deve intervenire - se si vuole - a proprio gusto. nitidezza in centro ad f/1.4, un pò di confusione oltre colori "vivid", un pò addomesticati secondo il mio giudizio (ma siamo pur sempre in novembre). Per il resto è un obiettivo piacevole, non piccolissimo sulla Zfc per cui è assolutamente raccomandata l'impugnatura SmallRig Adatto per passeggiate ed istantanee Io lo trovo piacevole e lo raccomando "senza pretese" di assoluto, come ci aspetteremmo da un Nikkor Z di classe S (di quelli da 1000 e più euro al pezzo). CONCLUSIONI PRO ben costruito, tutto in metallo, paraluce incluso ha l'anello dei diaframmi funzionante in automatico senza settare nulla in menù ha prestazioni "vecchia scuola" sul morbido e con un carattere suo l'autofocus è ineccepibile in tutte le modalità, il motore è silenzioso ha il profilo per ACR/LR per le correzioni automatiche in sviluppo dei NEF il rapporto prezzo/prestazioni è ottimo, considerando che per quei soldi Nikon ci vende obiettivi in plastica (baionetta compresa) e senza nemmeno il paraluce, con luminosità di 1-2-4 stop inferiore insieme ai fratelli 33 e 56mm rappresentano un bel corredino APS-C per le nostre ZFc/Z50/Z30 senza spendere un capitale di luminosità elevata rispetto agli obiettivi a corredo di Nikon si trova sui principali canali online CONTRO presenza di aberrazioni cromatiche assiali piccola distorsione a barilotto è comunque un 23mm non è un vero 35mm abbastanza morbido a tutta apertura, bisogna chiudere ad f/2.8-f/4 per avere il massimo di nitidezza l'assistenza Viltrox è inesistente io comunque nel complesso lo raccomando. Non perché io l'abbia comprato e mi senta di difenderlo, perché è un obiettivo "giusto". Chi invece pretende il massimo non ha che da orientarsi su un Nikkor Z di fascia S *** Alcune considerazioni generali su Viltrox e su questi obiettivi. Questi obiettivi APS-C (aggiungo il 13/1.4 che reputo eccezionale e di fascia superiore agli altri 3) colmano una lacuna nell'offerta di Nikon per le nostre Nikon Z APS-C. E in quanto tali li apprezziamo. Nikon ha promesso un fisso da 24mm in formato DX che è presente da tempo in roadmap ma ancora non si vede. Dalla sagoma sembra più piccolo e sarà evidentemente in plastica e quindi molto leggero. Probabilmente più adatto di questo alla Nikon Zfc, perchè la sua presa inesistente rende difficoltoso tenere in mano obiettivi così "concreti" di metallo e vetro. Ma probabilmente non sarà luminoso come questo. Che - nella filosofia di Max Aquila - è disponibile oggi. Quindi Carpe Diem ... Ma ... noi non siamo collegati con Viltrox. Questi Viltrox li ho comperati io di tasca mia. Perchè mi piacciono e mi piace come sono fatti, come stanno sulla Zfc, come funzionano. Senza la pretesa che siano il massimo. Che non si rompano ... e quindi che non sappia con chi far valere la garanzia. In questa ottica e su ragionamenti di medio periodo, io preferisco sempre il prodotto Nikon, garantito da Nital. Se però è presente sul mercato e costa un prezzo che è correlato al bisogno che le mie Zfc assolvono. Che non è quello che assolve la mia Z9. A buon intenditor ...
  6. Z 17-28 unboxing.mp4 Non appena annunziato ne abbiamo dato notizia ...non appena avuta la notizia... ce lo siamo fatto mandare ! e quindi, eccovelo... Montato sulla Z5 che non sarà l'unica Z ad accoglierlo, a nostro avviso, essendo la soluzione più congeniale per inserire in corredo uno zoom wide 0,65x che copra alcuni tra i più frequentati angoli di campo come quelli dei grandangoli 17, 18, 20, 24 e 28mm tutti alla luminosità da "triade" di f/2,8 E chi sarebbero gli altri componenti la triade? Intanto il già noto 28-75mm della stessa luminosità, già testato su queste pagine pochi mesi fa che condivide con questo nuovo 17-28 la discendenza progettuale Tamron, essendo uno dei cinque obiettivi dell'accordo stipulato da Nikon con questo marchio. Il terzo, in ragione dell'economia di acquisto, potrebbe intanto essere il primo degli zoom tele di Tamron dedicato alla baionetta Z, quel 70-300/4,5-6,3 del quale abbiamo detto appena un paio di mesi fa, che già completa l'offerta per Nikon Z in un segmento finora non presente nelle roadmap Nikon. Una soluzione in economia che non preclude ovviamente l'acquisto del ben più performante Nikkor Zoom 70-200/2,8S che però si trova su un altro livello di prezzo. Torniamo al 17-28: come anticipato nel video dell'unboxing, parliamo di uno zoom che pesa appena 470 grammi ed ingombra quanto, o poco più, di un 50/1,8S distanza minima di maf 19cm alla focale minima, 26cm a quella massima. Diaframma a nove lamelle e motori AF stepper, come ormai consueto per Nikon. Non stabilizzato (ma sfrutta il VR del corpo macchina) Schema 13 lenti in 11 gruppi (come quello del Tamron da cui proviene), molte delle quali speciali ghiera programmabile a scelta per diaframma/esposizione/iso la zoomata e la messa a fuoco non producono allungamenti di sorta le proporzioni lo legano alla serie Z delle 5, 6 e 7 MK1 e 2, ma non dubito di vederlo ben figurare anche su di una Z9 per le sue caratteristiche da jolly, una volta assegnatogli uno spazio in borsa. costruito in Cina, ma ormai siamo abituati. Certamente garantito da Nikon, chiunque sia il progettista che lo ha disegnato e, nella fattispecie del distributore italiano, per ben 4 anni dall'acquisto ! Nei prossimi giorni lo metterò alla frusta sulle mie Nikon Z. Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022
  7. Per ammirarlo, lo avete già ammirato, al meglio delle sue possibilità, su di una dannunziana Zfc di verde vestita (tutta di verde mi voglio vestire...). Io invece l'ho usato per fotografare, cercando il modo di esaltarlo, a cominciare dalle sue qualità: quella di essere forse il fisso grandangolare più luminoso mai progettato per il formato APS-C, quantomeno per Nikon. sicuramente uno dei più belli, esteticamente, disponibile in nero oppure in silver... infine, di risultare un ottimo 20mm equivalente, da 94° di angolo di campo ! non solo per i dati di targa Ergo...aspettiamo ancora che Nikon si svegli e cominci a commercializzare gli obiettivi promessi per le sue macchine presenti e future in formato DX ??? (tra i quali, qui in Redazione di Nikonland, siamo pronti a scommettere che mai apparirà un 13/1,4...) oppure.... CARPE DIEM !!! ...mettiamoci l'animo in pace e cerchiamo di prendere il meglio dalla produzione cinese, che comincia da qualche tempo a dimostrare di essere in grado di produrre per la qualità e non più solamente per il facile profitto, basato su numeri incontrollati a prezzi infimi: questo Viltrox, sui canali commerciali usuali per questi marchi, costa poco meno di 500 euro, ossia molto meno della metà di un Nikkor Z 20/1.8 (il suo riferimento in FX), ed soltanto un terzo di uno zoom Z 14-30/4 che è uguale per peso e dimensioni, ma meno luminoso di ben tre stop...!!! La qual cosa, fa di questo Viltrox un vero game changer... non solo in bianco e nero, come grida a gran voce di essere utilizzato il più possibile (da chi sappia cosa sia il BN) ma anche fortissimo, vigoroso e facilmente orientabile, senza postproduzioni, direttamente on camera, anche a colori: per i più saturi dei quali ha un debole. Quindi...non solo interni a tutta apertura... ma assolutamente anche esterni e ai diaframmi più consoni: sembra rispondere a tutti nel medesimo modo, senza transizioni da morbido a definito e si comporta come vorrete, se padroneggerete profili colore e modalità di esposizione: come in questi due scatti ripresi dallo stesso punto di ripresa si presta, grazie alla perfetta integrazione con i controlli di distorsione ed aberrazione attraverso i sw delle Nikon Z, anche allo stitching nudo e crudo come in questo, realizzato con una semplice traslazione a mano libera, con sette fotogrammi successivi, uniti poi su Lightroom. Obiettivo facile da gestire, su tutte e tre le Z DX con cui l'ho usato, con una preferenza particolare per le sue doti da street performer della nuova Z30, che è anche la Nikon Z con la migliore disposizione dei comandi, insieme alla Ammiraglia Z9. Quindi perfettamente indicato per le uscite fuoriporta e le gite in famiglia dove la sua brillantezza e nitidezza, definiscono ogni tipo di illuminazione diretta o in controluce in qualsiasi condizione, grazie alla sua luminosità intrinseca la quale porta con facilità a sfidare ogni limite di convenienza (sempre ricordandoci di non avere VR a disposizione) Chi non vorrebbe sapere cosa nascondano le rosse cupole arabe della chiesa di San Cataldo a Palermo? ed ecco che il Viltrox 13/1,4 dà il meglio di se... anche senza rispettare canoni architettonici e messe in bolla... ... suscitando pura suggestione Dalla Cappella del Sabato (per le religiose del convento) della gesuitica Casa Professa: alle sue cripte... ...questo obiettivo è un "must have" in tutte le borse di chi possegga una Nikon Z dx... e quasi quasi, direi anche di chi, possedendo una Z7 o 7II voglia levarsi lo sfizio del 20mm equivalente senza dover spendere una cifra... lavorando in DX su quel sensore ben capace di segnale. Il resto è...mancia ! Ordinaria amministrazione per un obiettivo del genere, se portato a Ballarò, tra colori, forme, sapori e odori, che questo Viltrox riesce, a mio modesto avviso, a veicolare... Credo che facilmente ci si possa fare un'opinione... E se non sarà il giorno delle carpe sarà quello del pescespada ! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022
  8. Premessa. Nikon con la Z9 ha fatto un enorme salto avanti nelle prestazioni autofocus delle mirrorless. Questo non significa che le precedenti Z avessero un autofocus inefficace, tutt’altro. Anche loro, mi riferisco alla mia esperienza diretta su Z6 e Z6II ma anche ad informazioni ricevute da amici e sul campo per le Z7 e Z7II, hanno un buon funzionamento e di fatto le immagini che ho scelto per illustrare l'articolo sono scattate con tutte loro. Ma se serve il massimo, quello è ad oggi presente solo sulla Z9. Per ottenere quelle prestazioni, però, occorre capire come districarsi nelle varie opzioni. Quella che segue è quindi una guida pratica, basata sulla mia esperienza, attraverso la quale ho selezionato cosa usare nei diversi scenari. Quasi tutto è applicabile, pur con diversi livelli di efficacia ed ergonomia, alle Z “più piccole” ma la macchina presa a riferimento è la Z9. Z6 su 500/5.6PF 1/250 f5.6 ISO 2500 Informazioni di base. Come mette a fuoco una mirrorless? Come detto, questa è una guida pratica. Non cercherò quindi la correttezza formale dei termini usati per illustrare i concetti, ma cercherò di essere il più possibile chiaro e comprensibile. In soldoni, il software riceve dal sensore le informazioni sull’immagine inquadrata e determina dove è il massimo contrasto nell’ambito della modalità AF selezionata, se previsto cerca di riconoscere il soggetto e concentra l'analisi su quello. L'analisi è fatta con algoritmi sofisticati, il vero vantaggio competitivo di ogni produttore. Noi dobbiamo tenere presente che a fianco ad una logica predittiva c'è il rapido movimento avanti ed indietro del piano di fuoco e la ripetuta lettura dei dati dal sensore. Z6II su 500/5.6PF 1/2000 f5.6 ISO 250 (gli spruzzi di neve davanti credo rendano l'idea della velocità con la quale correva giù da li) Questa è la base, l’ABC. Ma ne discendono subito alcune conclusioni: 1) Abbiamo risolto il problema della calibrazione delle lenti e, in parte, del focus shift. 2) Esporre correttamente è determinante (o almeno evitare di lamentarsi se l’AF non trova il contrasto in scene slavate dalla sovra esposizione o illeggibili per la sottoesposizione). 3) La velocità dell’AF dipende direttamente dalla velocità di lettura del sensore, questo è il motivo più rilevante per cui la Z9 è più veloce della Z6II che è più veloce della Z7II che…. Il legame con la velocità del sensore è ancora più forte, allo stato attuale delle tecnologie, della velocità del processore (che come vedremo può essere aiutato). 4) La velocità dell’AF dipende dalla velocità del motore AF della lente, che a sua volta può dipendere da quanto “spinge” la batteria della macchina. Non è un caso se le vecchie lenti AFS sono compatibili ma le nuove, con i motori lineari, vanno meglio. O se il nuovo 400/2.8 usi i nuovi VCM. Quindi non date la colpa all’AF della vostra Z se davanti montate un bradipo. O se volete spingere al massimo un supertele AFS attraverso l’FTZ con una EN-EL15. 5) Poiché fino a f5.6 le ML mettono a fuoco a diaframma chiuso (differenza fondamentale rispetto alle reflex che lo fanno a diaframma aperto), la percezione del migliore piano di fuoco da parte della macchina può richiedere un movimento più ampio, quindi uno zic di tempo in più (o di imprecisione). Ma anche che la macchina faticherà di più di una reflex a mettere a fuoco il soggetto se “stacca poco” dallo sfondo e la lente è poco luminosa (e qui temo che quelli che pensano che con la capacità ISO delle attuali macchine tra un 500/4 ed un 200-600/6.3 la maggiore differenza sia nel peso abbiano una epifania). 6) Più è piccola l’area AF selezionata e meno c’è da calcolare, questo in particolare aiuta le sorelline della Z9, quindi l’AF è più reattivo (e la macchina meno propensa ad “andar per funghi”). Z6II 500/5.6PF 1/1000 f5.6 ISO 1600 - (Un sacco di neve in mezzo: Dynamic Area AF Small) Z6II 100-400/4.5-5.6S 1/2000 f8 ISO 320 (sembra quasi fermo, ma vi posso assicurare che viaggiava veloce, sommando al proprio movimento quello del gommone - 1/2000 non è un errore di impostazione) E allora? Come impostiamo la Z9 per avere il massimo? Premesso che, come sapete, io non credo di avere la verità in tasca - e che quindi ci sono di sicuro altri modalità che per altri fotografi producono risultati analoghi o anche migliori - Io faccio così: 1) Sempre AF-C, ovvio… (beh, nella paesaggio o nella macro se ben appoggiato AF-S ) 2) a1 - “Selezione priorità AF-C” - su messa a fuoco + scatto. 3) a3 - “Focus Tracking + Lock-On” - su 2 (uno step più rapida del default). 4) a6 - “Attivazione AF” su ON. I fanatici della messa a fuoco con il pollice riflettano su un fatto: la necessità di focheggiare e ricomporre è passata con le reflex, oggi puoi mettere a fuoco ovunque abbia un senso. 5) a11 - “Visualizzazione a fuoco AF-C” - su ON, per me è determinante vedere quando la macchina ha acquisito il fuoco. 6) a14 - Velocità di selezione punto AF - su High. 7) f2 - controlli personalizzati. Associo al pulsante AF-On una specifica modalità di AF (ovviamente diversa da quella impostata sotto il pulsante di scatto). Le modalità modalità AF che uso di più sono tre: - Dynamic-area AF Small. Funziona così: la macchina mette a fuoco nel quadretto selezionato ed usa gli altri 8 come assistenti per agevolare la conservazione del fuoco sul soggetto in caso di movimento (del soggetto o della macchina!). Questa è la mia “messa a fuoco di fino” ed il modo che uso in macro se non ho appoggi, mentre se li ho preferisco AF-S e Pinpoint. E' la modalità con la quale scatto i miei animalscapes (anche se sto sperimentando l'1x1). Per chi pensa in termini di reflex, questo è sostanzialmente uguale al “dynamic-area 9 points”. L’altro vantaggio è che questa modalità dà poco peso al soggetto più vicino, quindi è preferibile usarla ad esempio mentre nevica forte (momento nel quale la wide-area tende a preferire la neve che cade tra fotografo e soggetto). Z6 su 105/2.8MC 1/50 f3.2 ISO100 (AF-S Pinpoint) Z9 su 105/2.8MC 1/400 f4 ISO90 (AF-C Dynamic-area AF Small). - Wide-area AF Small abbinata al riconoscimento del soggetto. La macchina cerca all’interno del quadrato selezionato e cerca di riconoscere, nell’ordine, corpo, testa ed occhio. Non sempre riesce e mi aspetto costanti miglioramenti nel tempo del software. Nella mia esperienza ci sono due fattori macroscopicamente discriminanti: quanto è grande l’occhio nel fotogramma e quanto contrasta con le zone di testa/muso che sono accanto. Per chi pensa in termini di reflex, questo è la più vicina approssimazione dei gruppi. Non è così preciso nel capire il punto più vicino…. Ma - spesso - riconosce l’occhio, cosa che quanti con i gruppi si sono trovati il fuoco sul naso o sul becco dovrebbero valutare positivamente. Z9 su 500/4E FL 1/2000 f5.6 ISO 500 Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/2000 f5.6 ISO 250 Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/2000 f5.6 ISO 220 - Wide-area AF C1 abbinata al riconoscimento del soggetto ed impostata a 1x1. Questa è un pochetto tricky. Ma fa miracoli su animali con l’occhio poco contrastato in quanto la sua piccola dimensione consente di selezionare comunque la messa a fuoco dove è l’occhio anche se questo non è riconosciuto. E conserva la priorità al soggetto più vicino. Z9 su 24-120/4 @115mm 1/400 f4 ISO 64 Integrazione: Wide Area AF 1x1 (aggiornamento FW 3.0) fa miracoli anche nei casi in cui si vuole contare sul riconoscimento del soggetto ma non si è sicuri del fatto che l'automatismo lo riconosca e si fotografa in situazioni intricate. Per me, al momento, è una delle opzioni più interessanti in naturalistica, riuscendo a coniugare una gran capacità di selezione del punto esatto di messa a fuoco per soggetti non riconosciuti con la capacità di riconoscerli. Insomma in passepartout! Da notare che le wide-area trovano e mantengono a fuoco il soggetto - occhio compreso - anche fuori dal proprio perimetro (purché vicino allo stesso). Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/2000 f5.6 ISO 220 Come vedete, non ho inserito aree grandi. Capisco che chi vuole fotografare uccelli in volo con lo sfondo del cielo azzurro e senza sbattersi a muovere il joystick questa possa essere una carenza. Il motivo è presto detto: io seleziono dove voglio il soggetto nel fotogramma con il joystick e poi focheggio. Una foto perfettamente a fuoco ma composta male ha per me molto poco valore. Ma ho scritto “che uso di più” non esclusivamente. Una volta capiti i razionali della scelta sarà facile usare quando serve la Wide-area AF Large o, meglio, la dimensione/forma del custom C2 che ha il miglior fitting con il soggetto e la situazione che volete fotografare. Quindi sta al fotografo determinare quando sia utile usare aree più grandi. Ma ricordate alcune cose: - usare un’area molto più grande del soggetto quando la macchina non ne riconosce l’occhio è alla base del rischio che la macchina preferisca mettere a fuoco altrove. In particolare se il nostro soggetto è scuro ed a basso contrasto, come tutti gli animali che tendono ad avere un pelo che li mimetizza, peggio ancora se intorno ci sono alti contrasti (es. erba/canne/foglie/pietre illuminata dal sole). - è un modo per diventare matti se nella scena ci sono diversi animali. Cosa piuttosto rara, per quello da li ho iniziato questo paragrafo sulle aree grandi, fotografando uccelli in volo. - la difficoltà nel mettere a fuoco con aree piccole è sostanzialmente... nel fotografo. Già, per aumentare la percentuale di successo occorre imparare a tenere l'area sopra il soggetto. Volutamente, nella mia analisi non ho nemmeno inserito il 3D. Non ne ho grande esperienza, probabilmente lo proverei ad usare se, ad esempio, volessi riprendere l’involo di un airone fermo su un posatoio. Z9 su 500/4E FL 1/2000 f5.6 ISO 500 (non sembra, ma questa è la vera lotta per la sopravvivenza: il gabbiamo è li per predare le uova che le due femmine di Edredone stanno covando) Bonus track. C’è ancora una cosa che non vi ho detto: perché associo ad AF-On una modalità AF diversa da quella del pulsante di scatto? Molti ci saranno già arrivati, la risposta è facile. Perché questo mi consente di ottenere un risultato enormemente utile, che descrivo con un esempio: - Sto fotografando un animale fermo, lo faccio con Dynamic-area AF Small. Cerco di tenere gli ISO bassi, anche impostando tempi mediamente lunghi. O magari un paesaggio, mentre aspetto che succeda qualcosa. - All’improvviso l’azione si scatena, uso il bottone AF-On sotto il quale ho memorizzato Wide-area AF Small…. Oltre a 1/2000, il diaframma più aperto che ha la mia lente, Auto ISO e raffica a 20fps (ovviamente qualsiasi valore è possibile, la scelta dipende dal contesto). In sostanza è come avere 2 impostazioni diverse accessibili semplicemente scegliendo di mettere a fuoco con l’indice o il pollice. Ovviamente potete combinare i due modi secondo la vostra preferenza o caratteristica della sessione di scatto. Gli esempi sono infiniti. La mia scelta è però quella di usare il pollice per l’azione, in particolare quella più inattesa, per cui invariabilmente tempi rapidi, tutta apertura ed auto ISO. Ed impostare di volta in volta, secondo quello che lo shooting richiede, AF e parametri di esposizione sotto il pulsante di scatto. Si può arrivare ad un risultato analogo anche con i bank, li ho usati per un po’. Ma preferisco questo modo perché lo trovo più immediato e semplice da memorizzare. Z9 su 100-400/4.5-5.6S @400mm 1/500 f5.6 ISO 280 Chiudo l'articolo sotto lo sguardo attento e furbetto di questa volpe artica in muta, quindi vi confido che di motivo per usare il doppio AF ne ho un altro. Siamo in una transizione: non ho ancora chiaro quali animali sono riconosciuti e con quale precisione. Quindi sperimento. E siamo alla fine. Spero di non aver deluso chi si aspettava formule magiche, vi ho fornito i principi sui quali imposto le mie scelte, distillati in ore sul campo e leggendo tutto il materiale che ho trovato. Massimo Vignoli per Nikonland (c) 23/10/2022
  9. Uno, due, tre, quattro..., sei, sette e mezzo! Obiettivi da 7,5mm pur se sul formato ridotto, non sono certo in tanti. Tra questi spicca, da poco anche in Z-mount, il TTartisan f/2 un fisheye rettilineare APS-C caratterizzato da un MTF incredibile, da uno schema articolato, con ben 5 elementi speciali, da un peso contenuto in soli 350grammi e, per non guastare il tutto, da un prezzo di vendita sconvolgente, inferiore ai 180 euro. Ovviamente MF, privo di qualsiasi contatto elettrico e dotato di una pdc tale da tenere a fuoco dalla minima maf di 12cm fino ad infinito, già dai diaframmi medi, tanto da rendere quasi inutilizzabile la massima apertura di f/2....se non ci fosse, in bundle all'obiettivo, anche un microscopico filtro ND1000 (mille, ossia -10 stop) in vetro, da avvitare alla lente posteriore, del diametro incredibile di soli 27,5mm... davvero inconsueto. Il tappo anteriore in metallo è invece scomodissimo, perchè ha due punti solamente di contatto, quelli dell'accenno di paraluce incorporato al fisheye: balla in continuazione e scappa al primo attrito. Consiglio di tenere in borsa l'obiettivo sempre col tappo anteriore in alto, per evitare fortuiti sfregamenti fra bordo in metallo e lente anteriore dell'obiettivo. 7,5mm equivalgono a 180° di angolo di campo proprio come quelli del mio 11/2,8 TTartisan in FX, che ho usato davvero poco negli ultimi tempi, ma che aveva colpito nel segno, anch'esso, due anni fa, al tempo della mia prova su strada Per non smentirmi, ho utlizzato anche il suo fratellino DX negli stessi ambiti dove allora avevo scattato le immagini del test: attratto più dagli ambiti ristretti, dentro i quali angoli di campo simili causano implosioni che caratterizzano gli scatti e ne determinano l'interesse all'acquisto. Ma non solamente effetto a tutti i costi: perchècon questi obiettivi, scegliendo con accuratezza punto di ripresa e contesto, ci si può permettere l'illusione della curva continua, proprio come dovremmo interpretare l'orizzonte conosciuto... il sole è ben difficile dissimularlo con superfici di vetro così estese ed omnicomprensive: allora tanto vale...interpretarlo con gli spicchi del diaframma a sette lamelle di questo fisheye, difetti da ghost inclusi oppure nasconderlo, facendo spostamenti anche solamente di pochi millimetri dell'angolo di ripresa... E la magnificenza dei mosaici in oro zecchino della cattedrale ortodossa di Palermo, la Chiesa della Martorana, ve li ricordate? gira la testa anche a me, mentre inquadro ruotandomi di 90 gradi sul soggetto nella volta nulla più che un fisheye può dare il senso del Tutto di simili meraviglie pur mantenendo in questo modo, anche ai diaframmi più aperti, un grado di nitidezza così elevato su tutto ciò che risulta inquadrato Cambiando contesto, ma non concetto: guardate pur compresso dal punto di ripresa, l'esterno della guglia del Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, alta ben 74m ed invece al suo interno... l'appiattimento che ne deriva dalla proiezione angolare del fisheye e nel suo punto di massima ortogonalità...: impensabile...! quando, senza restare in bolla, si espande invece l'orizzonte della nostra altezza relativa (questo genere di obiettivi dovrebbe essere utilizzato da giocatori di basket) oppure esagerando...in una curava barocca continua... Saltando di palo in frasca, abbandonando gli eccessi architetturali e sconfinando in territori più congeniali, anche per testare colore e nitidezza... facendo appena un pò di attenzione alle linee cadenti... e neppure poi tanta... dove non ci siano riferimenti lineari, se non curvilinei, ecco che è il suo... e ho scoperto come il formato 16:9, tarpando il fotogramma, aiuti non poco a distrarre dall'...effetto speciale che questo genere di obiettivi ha nomea di essere Vogliamo aggiungere una luce ausiliaria a migliorare il rapporto luminoso di contrasto? Un piccolo Godox MF12 tenuto con la sinistra mentre la destra sorregge fotocamera ed obiettivo (a proposito, per scattare queste foto ho usato tutte e tre le Z DX, ossia Z30, Z50 e Zfc, in ordine di quantità di scatti) con il calabrone a pochi cm da me... Insomma continuerei ad oltranza con le foto che mi sono divertito a scattare, entrando nella scena, come queste che seguono, realizzate a Ballarò ma probabilmente a causa delle vibrazioni o di qualche urto subito nel viaggio che lo ha portato da me a Palermo, a questo bel fisheye gli si è allentata la baionetta Z e sono in attesa di portarlo ad un fotoriparatore per il serraggio che io non riesco a realizzare. Peccato, perchè così non ho ancora avuto modo di utilizzarlo col suo filtrino ND1000 che è di certo il valore aggiunto per un obiettivo del genere, con cui si fotografa prevalentemente in iperfocale, senza neppure spostare da infinito la ghiera di maf , con diaframmi da f/8 o più chiusi ancora. Mi riservo pertanto di integrare il test: che non può che essere globalmente positivo, fatta la tara ai difetti connaturati a questa categoria: Pregi: qualità: brillantezza, nitidezza, colori poca vignettatura per un obiettivo così luminoso compattezza e, pur essendo costruito tutto in metallo, il peso prezzo ottimo filtro ND1000 in omaggio...che devo ancora provare Difetti: tappo anteriore pessimo paraluce inesistente, sarebbe stata meglio una corona circolare flare e ghosts se utilizzato in maniera incauta ...mi si è smollata la baionetta ... Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022 il capone a tocchetti, impanato e fritto, è la morte sua...
  10. Il Nikkor Z 24-120mm f/4 S ha fatto un rapido passaggio per casa mia in queste settimane di settembre. Era tanta la curiosità di provarlo. Non come "tuttofare giramondo" come pare sia considerato dai più. Ma come ottica specializzata in grado di sostituire il Nikkor Z 70-200/2.8 S (alle gare di dragway) e tutto un arsenale di Nikkor Z in studio fotografico. Ed è questo l'oggetto di questo test. Che poi un vero test non è. Nel senso che quando io prendo totale confidenza con il mezzo che sto usando (è il caso della Nikon Z9 già con me da inizio anno ma è stato altrettanto immediato con questo zoom transtandard) mi dimentico del tutto che ... sto provando un obiettivo e mi concentro su quello che mi piace di più : fotografare. Ecco, credo che questa sia la sintesi estrema delle mie settimane d'uso con questo obiettivo. E' talmente naturale usarlo che tutto il resto passa in secondo piano. E' privo di difetti ottici (giusto un filino minimo di vignettatura alle focali più corte). E' nitidissimo sempre. Ha un autofocus rapidissimo. E' tanto affidabile da toglierti ogni ansia. Anche di cambiare obiettivo Morale, ho fatto 17.582 scatti in quattro sessioni fotografiche con due modelle. Usandolo in tutta la gamma focale ma principalmente - ma guarda un pò - tra 85 e 105mm. Difetti ? Si, personalmente rinuncerei ai 24mm per arrivare invece a 135 sul lato più lungo ! Per il resto capisco perfettamente perché Nikon non riesca a produrne abbastanza per soddisfare le richieste. La finisco qui nell'introdurre la lunga teoria di foto che ho selezionato per convalidare quanto dicevo più sopra : altro che test, io ho scattato con questo obiettivo come se facesse parte del mio arsenale in pianta stabile ... da anni. Mi scuso se la gran parte di queste foto sono da visualizzare in situazioni di privacy ma io adoro le donne. Tanto più quando, così belle, lo sono ancora di più al naturale ! *** Location : Cross+Studio di Milano, sale Bridge e Watt Modelle : Silvjia e Ginevra Luci : Godox M600D e UL200 con fresnel da 10'' e riflettore in ambiente misto naturale+artificiale Diaframma quasi sempre f/4, sensibilità ISO 64 e ISO 500, bilanciamento del bianco su Natural Auto, picture control su Portrait o Monocromatico, NEF compresso ed efficienza elevata e ovviamente la mia adorata Nikon Z9 Messa a fuoco perfetta ? Checked ! immagine piena dettaglio del viso immagine piena dettaglio del viso al 100% immagine piena dettaglio al 100% La capacità di lettura del sistema è tale da poter aprire impunemente le ombre per ottenere ogni dettaglio visibile mentre le tonalità di colore sono esattamente come le vedo ad occhio nessuna incertezza sull'incarnato. Queste foto non hanno alcun ritocco se non in dettagli marginali. Nessuna teoria del colore applicata, né gradazioni tonali o altre sofisticherie. Io scatto troppo per permettermi anche queste complicazioni ... al limite posso starare io il bianco per avere un effetto a piacere ... Ma partendo da una base assolutamente neutra, come si conviene per uno strumento chiaramente professionale dettaglio della foto precedente (con la pelle e tutto il resto di Silvjia al naturale) insomma, lavoro se uno lavora, divertimento se uno si diverte. Senza pensare un secondo allo strumento che deve essere del tutto duttile, come la creta dello scultore. Altra situazione, altra modella, altro tipo di luce : Ma torniamo per un attimo all'altra scena, per confrontare i differenti contrasti resi. sono mezzi busti ma ho la certezza che se ingrandisco gli occhi al 100% li avrò perfettamente a fuoco ! Ma per averne la certezza ... voilà ! Chiudiamo una sala ... ... per spostarci nell'altra In questo set alternavo la Z9 con il 24-120/4 ad f/4 con la Zfc e un obiettivo f/1.4 per differenziare le riprese, quindi la gran parte delle immagini riprese con il 24-120/4 sono figure intere o quasi in varie situazioni di luce e postura. Concludendo in una visione caravaggesca dove si esaltano forme e volumi. Insomma ... ... il più l'ho già detto. E' difficile che trovi la confidenza assoluta con un obiettivo nuovo già la prima volta. E' come con le modelle, devo prendere bene le misure per sapere fin dove posso osare con la giusta tranquillità. Ma non è raro che con i Nikkor Z già dai primi scatti la sintonia sia totale. Con questo Nikkor Z 24-120/4 S ho fatto circa 25.000 scatti in tre settimane. Non so se qualcuno sia da buttare. Certamente non per causa sua. Piena soddisfazione. Ecco, in questo articolo potete vedere cosa pensa questo obiettivo, delle donne. Io non c'entro, ho lasciato fare a lui e a loro (il problema adesso è che mi è piaciuto tanto che, una volta spedito al destinatario, mi manca. Ma che diamine, come dice il mio amico Giuseppe, mica posso comprarmi sempre tutto !)
  11. Per considerazioni generali sul nuovo Nikkor Z 400mm f/4.5 S vi rimando al mio unboxing del 18 luglio : qui ne parlo invece con due mesi di foto fatte in varie occasioni, potendo dare un giudizio più completo e pratico. In relazione all'oggetto in se il mio quartetto di voci, due tenori, un basso e un baritono. Mi ritengo particolarmente fortunato - toccando ferro - a disporre di questo geniale quartetto di ottiche compatte e leggere. Di fatto condividono la filosofia molto legata a quella delle mirrorless che vanno incontro alle esigenze di contenimento pesi ed ingombri richiesta dall'intero mercato. A parte il 500mm f/5.6 PF, che sfrutta la tecnologia Phase Fresnel, gli altri tre obiettivi sono abbastanza simili. Condividono buona parte dell'impostazione, hanno lo stesso piedino del treppiedi, differiscono di pochissimo nel peso e, come vedete, anche nell'altezza e nel diametro. Tanto che è facile confonderli se andate via di corsa. Io devo sempre leggere bene l'etichetta per essere certo di non sbagliare obiettivo. Ma è tanto bello poter scegliere in base al tempo, all'estro, alla giornata, allo scopo dell'uscita fotografica. Andando in particolare al nuovo Nikkor Z 400mm f/4.5 mi sento di fare alcune precisazioni, già anticipate in più occasioni ma che secondo me è utile ribadire. Ne ho discusso anche a voce con Max e ho tratto queste conclusioni. Questi obiettivi appartengono alla stessa categoria. Il 400mm f/4.5 va confrontato con il 100-400 e il 70-200, non con i supertele - sia Z che F - della fascia superiore. Tutto lo identifica come appartenente alla categoria media. la scatola il paraluce il collarino del treppiedi l'assenza di una sacca/borsa/astuccio tipici dei supertele (anche del 800/6.3 PF) la costruzione : robusta e professionale ma senza quei requisiti di resistenza a condizioni estreme e ad abusi in ambiente ostile che invece caratterizzano che so, un 400/2.8 o un 600/4, giusto per fare nomi e cognomi questo 400mm però si stacca per il design. Se vi ricordate, nei primi tempi delle mirrorless, specie dalla campana Sony, ci è stato raccontato che il disegno degli obiettivi wide e super-wide si sarebbe avvantaggiato principalmente dal tiraggio corto e dalla gola più larga del bocchettone. Bene, Nikon ci ha dimostrato con questo nuovo obiettivo - che sarà seguito, ne sono certo, da altri fratelli in futuro - quanto ciò sia vero solo in parte. Insomma, quando i progettisti Nikon hanno configurato lo Z Mount sapevano di poter trarre vantaggio anche nel disegno delle focali lunghe. Altrimenti non si spiegherebbe il miracolo di un 400mm che senza elementi a diffrazione, riesce ad essere così piccolo, leggero, compatto eppure così prestazionale. E senza i limiti degli obiettivi PF. Nel conto di questo progetto, però, ci sta una minore cura, un prodotto - sempre di fascia premium - ma decisamente situato più sotto dell'inarrivabile Nikkor Z 400mm f/2.8 TC. Non sto dicendo che questi obiettivi siano scarsi sul piano costruttivo, solo che a dispetto del prezzo di acquisto non proprio economico, restiamo nella gamma descritta dal 70-200/2.8 e 100-400. Oggetti eccellenti ma non costruiti come un 800/5.6. Smarcati questi due assunti, andiamo al sodo Si fa presto oggi a parlare di game changer, ovvero di oggetto che cambia le regole del gioco. Anzi, se ne abusa. Ma mai, fino ad ora, avevamo avuto a disposizione un 400mm ancora ben luminoso, così piccolo e leggero, da usare esclusivamente a mano libera, e allo stesso tempo così prestazionale. Questo per me, che pure posso scegliere, come avete visto, con cosa uscire ogni mattina, è qualche cosa che mi sta cambiando la vita. Specialmente quando dietro c'è attaccata la Nikon Z9. Avere la capacità di scaricare potenzialità fotografiche di questo livello, portandomi solo una borsetta leggera e per nulla ingombrante. Niente treppiedi, niente testa. Niente altro. Si, lo so, sono cose che ho già scritto a proposito del fantastico Nikkor F 500/5.6 PF quando è uscito quattro anni fa. Ma con questo 400mm Nikon si è superata. Perchè è un oggetto meglio bilanciato, ancora più facile da usare, pronto all'uso e meno impegnativo come focale. Con superiore luminosità massima. Potendo peraltro passare con un click in formato crop della Z9 all'equivalente - per angolo di campo soltanto - di un 600mm che nel video possono diventare anche 800 e più. E proprio nel video che l'ho trovato meraviglioso, capace di seguire il fuoco senza incertezza e senza rumori. Sempre in modo fluido e con una capacità di lettura anche del controluce, eccellente, senza interventi in postproduzione. Rispetto al 500/5.6 PF il silenzio è assoluto, anche per ciò che riguarda di stabilizzazione. Le prestazioni allineate ma con una prontezza superiore in termini di aggancio del soggetto. Rispetto al 70-200/2.8 S duplicato, non c'è confronto. Quella è una soluzione di ripiego da usare quando proprio si è rimasti con solo quell'obiettivo e basta. Mentre contro il 100-400/4.5-5.6 secondo me qui abbiamo prestazioni migliori in senso generale (specie di sfuocato), un miglior bilanciamento (il 400/4.5 non si allunga) e una pasta delle immagini di un gradino superiore. Il 100-400 ovviamente offre la variabilità della focale. Ma io spesso fotografo tutto il tempo a 400mm e non mi serve altro. Insomma, che altro dire ? Niente, non trovo difetti, tutto sommato nemmeno nella fattura da saldare a Nikon per averlo. Io ne sono innamorato e dubito che me ne priverò mai. Si sovrappone con altre soluzioni che già possiedo. Va bene, ma ogni violinista in casa ha più di un violino. Avete idea di quanto possa costare un bel violino ? E un pianoforte da concerto ? Informatevi ... Mi fermo qui per non diventare ulteriormente verboso. Propongo un montaggio di vari spezzoni di video in una giornata ventosa di luglio. Uno slideshow di immagini scattate in differenti occasioni. E qualche foto significativa. Specie l'ultima. 400mm.mp4 montaggio di più clip video 400slideshow.mp4 slideshow di alcune foto fatte in differenti occasioni Z9X_1272.MP4 mamma Ippo con figlio Ippo (Le Cornelle) Un falcone da caccia con il sole negli occhi. Sfondo liquefatto, senza accorgimenti particolari. e qui un animale meraviglioso, qui ritratto in ombra, ad alta sensibilità della Z9 Chiudo con un nikonista entusiasta di questo obiettivo e della mia Z9 ma eternamente indeciso nel fare il grande passo dalla reflex ... ... che quando si convincerà di passare finalmente agli strumenti giusti per quello che deve fare lui - come questo meraviglioso Nikkor Z 400mm f/4.5 - forse avrà già l'età per desiderare qualche cosa di ancora più leggero e compatto anche se solo "abbastanza buono" e non eccellente come questo (io certamente, per quell'epoca sarò costretto dagli acciacchi a sfogliare solamente le centinaia di migliaia di foto che scatterò in questi mesi con il mio 400mm)
  12. Il 2022 è per me un anno fotograficamente molto speciale, iniziato a febbraio con una grande avventura in Norvegia, in cerca dei Musk Ox al Dovrefjell NP. Ma è nei mesi successivi che si fa ancora più interessante quando, sbirciando i soliti siti, vedo che incredibilmente - di solito occorre prenotare con grandissimo anticipo, sono disponibili posti per un viaggio che sogno di fare da anni, in giugno 2022!!! Si tratta di andare alle isole Svalbard, territori di oltremare incorporati alla Norvegia, che, posizionate tra i 74 e gli 81° di latitudine nord, sono le terre abitate più a nord del pianeta Terra. Ad un passo dal polo nord! Lì è tutto coperto dai ghiacci per la maggior parte dell’anno e, anche dove in estate questi si sciolgono, la terra si scongela solo in superficie consentendo la crescita di nient’altro che piccola vegetazione - poca erba, muschi e licheni - nelle zone più riparate e soleggiate. Insomma, un ambiente veramente severo, anche in estate, che mi attrae in particolare per la presenza dell’Orso Polare. Vederlo, e auspicabilmente fotografarlo, è un sogno che ho da anni. E pur essendo le Svalbard abitate da altri bellissimi animali, se andiamo è proprio per lui. Plurale, perché è della partita anche il mio amico Alberto, guarda caso conosciuto diversi anni fa in Finlandia a fotografare orsi… Come avete visto dalla cartina, il viaggio è piuttosto lungo: da Malpensa via Francoforte ed Oslo si arriva a Longyearbyen. Ma non è finita, perché sostanzialmente è tutto un viaggio: da li proseguiremo su una piccola nave, appositamente attrezzata per queste spedizioni, la MS-Malmo, che è un guscio di noce di 37 mt di lunghezza e 8.8 mt di larghezza. Eccola in azione in una delle serate del nostro percorso insieme: Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/1000 f8 ISO320 La MS-Malmo è un vascello storico, costruito nel 1943 con la struttura rinforzata necessaria ad operare sul mare ghiacciato, che ha servito la Swedish National Maritime Administration come nave pilota e nella manutenzione dei fari. A fine servizio, nei primi anni 2000, è stata convertita in nave da spedizione ed è in grado di imbarcare 12 fotografi, 2 guide e 7 persone di equipaggio. Essere accompagnati da guide esperte è fondamentale, non solo perché nonostante si dica che qui ci siano più orsi polari che persone, incontrarli non è così semplice, ma anche perché gli animali sono protetti e la guida ha l’obbligo di rispettare, e far rispettare, rigide regole di comportamento. In questo viaggio, noi siamo particolarmente fortunati perché oltre a Svein Wik, il capo spedizione che da oltre 10 anni organizza questi viaggi, abbiamo Audun Rikardsen, che è professore di biologia marina all’università di Tromso e un fotografo piuttosto bravo ed affermato (ad esempio, nel 2015 ha vinto il Wildlife Photographer of the Year nella categoria portfolio). Compito delle guide è sia indicare al capitano dove portare la Malmo che guidare i gommoni. Ne abbiamo 2, che imbarcano ciascuno 6 fotografi ed una guida, da dove si fanno la maggior parte delle fotografie. Quindi tutto a mano libera! Giusto per farvi un’idea: Z6II su 100-400/4.5-5.6S@100mm 1/400 f8 ISO100 Anche sulla nave si va a mano libera: il motore fa vibrare notevolmente tutta la struttura e, compatibilmente con la capacità del fotografo di usare lenti lunghe in questo modo, è più semplice così. Z9 su 24-120/4S@24mm 1/320 f10 ISO200 Come il titolo di questo articolo lascia già intendere, la mia attrezzatura era - quasi - tutta Z: Z9 e Z6II 14-24/2.8S 24-120/4S 100-400/4.5-5.6S L’unica lente F il 500/4E, con il suo TC14EII. Sarebbe stato bellissimo avere nello zaino anche un fiammante 400/28S, ma le consegne di Nikon non avranno volumi adeguati ancora per molto tempo e non è stato minimamente possibile averne uno, chissà se per la prossima volta… Il materiale si è comportato benissimo e ho avuto modo di apprezzare l’utilità di alcuni elementi di design capaci di semplificare molto la vita del fotografo in viaggio, come la possibilità di caricare rapidamente le batterie attraverso il cavo standard USB-C e l’alimentatore del portatile, evitando di aggiungere al bagaglio 2 carica batterie. O la saracinesca a protezione del sensore della Z9, che con il vento che tirava ha fatto il proprio dovere in più di una occasione. O, sempre per la Z9, la grande semplicità ed efficacia nel passare al formato DX, con il quale ho fatto circa il 15% delle immagini. O la sua ergonomia.... insomma potrei andare avanti a descrivere cosa mi piace per un mucchio di tempo. Per dare qualche elemento quantitativo del materiale alla base di questa experience, in totale ho scattato quasi 20.000 immagini in poco meno di 2 settimane, di cui 3/4 con la Z9, che cercavo di avere, situazione per situazione, sulla lente principale nell'occasione. Ma senza farne una ossessione, vi assicuro che, con tutti i propri limiti, la Z6II non ha affatto sfigurato, anzi si è confermata essere un ottimo secondo corpo, migliore nell’operatività della D810 che accompagnava la D5 prima della mia transizione mirrorless. A ogni modo, l'evidenza del beneficio nella transizione credo sia chiara a tutti: la D5 era macchina ottimizzata per fotografare l'azione in bassa luce, mentre la Z9 sa fare tutto! In relazione alle lenti: la parte del leone l’hanno avuta il 500/4 (44%) ed il 100-400 (38%). Direi che questa, come attestato della qualità del 100-400, sia una informazione da valutare. Il resto lo ha fatto il 24-120 mentre il 14-24 è restato li ad aspettare il suo turno… che non è mai venuto. Ci fosse stata la giusta situazione, grazie a lui avrei potuto fare immagini stratosferiche, per cui nessun pentimento per averlo portato. Tornando alla fotografia, i primi scatti li facciamo prima di imbarcarci, su una piccola laguna vicino all’aeroporto. Servono ad acclimatarci e a smaltire un po’ di stress: il viaggio era partito subito in salita, con la perdita dei bagagli miei e di Alberto… fortunatamente ritrovati e recapitati dopo un giorno e mezzo. Cosa che, grazie alla prudenza di arrivare a Longyearbyen 2 giorni prima dell’imbarco, fortunatamente non avrà conseguenze. Z9 su 500/4E+TC14II@700mm in DX mode 1/1600 f5.6 ISO720 Z9 su 500/4E+TC14II@700mm 1/3200 f5.6 ISO800 Ma per i nostri standard, è già natura selvaggia praticamente già tra le case di Longyerabyen... Z9 su 500/4E@500mm 1/500 f5.6 ISO140 Z9 su 500/4E@500mm in DX mode 1/1600 f5.6 ISO320 ...anche perché l’area dove è possibile muoversi liberamente è decisamente ristretta e per uscirne occorre essere armati o accompagnati da una guida armata. l’Orso Polare è il più grande carnivoro terreste (un maschio è alto 2.5-3 mt, pesa 500-600kg) e non ha paura dell’uomo, anzi lo considera una preda possibile se non trova di meglio (nel senso che le foche sono più gustose di noi, ma la fame è brutta). Nel passato, anche recente, sono capitati numerosi incidenti, in apparente intensificazione anche nella zona cosiddetta sicura (nel 2020 un uomo di 38 anni è stato attaccato ed ucciso nel piccolo campeggio che è in paese). Uno dei tanti effetti del cambio climatico che qui si vede in modo ancora più chiaro che da noi. Ma, come dicevo, il motivo per cui siamo qui è raggiungere la natura più selvaggia ed auspicabilmente avere l’occasione di vedere e fotografare non solo l’orso polare ma anche altri animali iconici dell’Artico. Per farlo navigheremo un sacco, qui vedete la cartina con gli appunti di pugno di Svein, affissa in salone. Avrei potuto ricostruire tutto su Google maps grazie alle coordinate GPS registrate da Alberto e fare un file perfetto... ma sintetico. È stata una fantastica avventura! Spero che, attraverso questa istantanea, possiate percepire un po’ del fascino che hanno quegli appunti. Immaginate vederli crescere, giorno dopo giorno, fissando nella memoria situazioni ed emozioni che saranno per sempre con me. E che spero le mie fotografie siano almeno un po' in grado di evocare. C’è anche l’annotazione di dove ci siamo fermati con il motore in avaria. Credo che non dimenticherò mai il momento in cui il motore si è spento ed è suonato l’allarme. Ero in cuccetta a rivedere un po’ di foto, sono saltato giù e ho raggiunto tutti gli altri che si stavano radunando nel punto di raccolta, in salone. Il capitano ci ha riferito che, per un guasto alla pompa di raffreddamento, eravamo senza motore. Ci ha trasparentemente spiegato che non avevano il ricambio e che non potevano ancorare la Malmo perché lì l’oceano era troppo profondo. Ma che, ovviamente, avrebbero cercato di gestire la situazione al meglio. Non lo abbiamo visto per diverse ore, chiuso in sala macchine con l’ingegnere di bordo. Questo era l’ambiente in cui andavamo alla deriva: Z6II su 24-120/4@69mm 1/400 f8 ISO100 Poteva andare malissimo, ma fortunatamente non c’era vento forte o mare grosso e il fenomenale ingegnere di bordo è riuscito, cannibalizzando la pompa del circuito antincendio (!) a ripristinare il circuito di raffreddamento del motore. In caso di condizioni avverse e/o di impossibilità di riparazione, la via di uscita sarebbe stata quella di essere evacuati con elicottero militare, sul quale salire via verricello. Insomma non proprio una cosa piacevole, non solo perché avrebbe rappresentato la fine anticipata della vacanza (il rischio era concreto e le istruzioni, in quella eventualità, sarebbero state di lasciare tutto sulla MS-Malmo ed indossare le tute stagne). Abbiamo capito l’ultima notte e giorno di navigazione, dentro una tempesta con 20 m/s di vento e le onde che spazzavano il ponte, quanto nella sfiga fossimo stati fortunati che, al momento del guasto, il tempo fosse stato buono. Ma forse è solo perché non sono un marinaio. Il capitano quella tempesta l’ha definita “a day in the office for the crew, you have to be prepared to stand it”… ma il suo viso e quelli dell’equipaggio, che evidentemente la notte non l'avevano passata come me in cuccetta imbottito di xamamina, raccontavano una storia diversa. Ma parlavamo di paesaggi un po’ speciali, no? Z6II su 24-120/4@48mm 1/640 f8 ISO200 Z9 su 24-120/4@70mm 1/500 f8 ISO64 Z6II su 100-400/4.5-5.6@100mm 1/640 f11 ISO160 E questo è il primo orso polare che io abbia mai visto. Fotografato, grazie al sole di mezzanotte, alle 1:56:40 di mattina. Anche qui un ricordo emozionante. L'orso lo abbiamo visto per ora di cena, dormiva pacifico. Abbiamo fatto un giro, e lui continuava a dormire. Allora si è deciso di fare la stessa cosa.... una mezz'ora al massimo di sonno e poi "Polar bear... Polar bear... GET UP!". In 10' netti sono vestito ed attrezzato di tutto punto seduto nello zodiac. Ovviamente nel frattempo l'orso non si vede più e giriamo in gommone una mezz'ora buona per ritrovarlo. Ma eccolo! Z9 su 500/4E+TC14II@700mm 1/2000 f6.3 ISO1250 Uno splendido maschio. L’orso polare come nome scientifico ha Ursus maritimus. Indovinate perché? Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO900 Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO1000 Ma non è stato l’unico incontro, abbiamo visto un altro maschio e questa bella famigliola, impegnata a fare incetta di uova di edredone su un' isoletta - ovviamente raggiunta a nuoto - e poi a farsi un mucchio di coccole. Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO1800 Ma come dicevo non ci sono solo orsi....Questa è l’emersione del più grande mammifero del pianeta, fotografato dallo Zodiac: una balenottera azzurra (33metri di lunghezza, 190 tonnellate di peso). È poco più piccola della Malmo. Impossibile avere un’idea precisa della sua enorme dimensione senza essere in posizione molto elevata. Ed un incontro piuttosto fortunato, visto che è la prima anche per Audun! Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/2000 f8 ISO400 Si naviga con condizioni di luce sempre mutevoli... Z6II su 24-120/4@49mm 1/800 f5.6 ISO100 E si fanno incontri (i più attenti vedranno che questa famigliola è anche nello scatto precedente, che di fatto è di pochi minuti prima). Z9 su 500/4ES@500mm 1/1000 f4 ISO100 A volte si scende a terra... Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/2000 f5.6 ISO320 Z6II su 24-120/4@120mm 1/400 f16 ISO900 Ma solo dopo aver verificato con cura l'assenza di orsi nei paraggi e sotto l'occhio vigile delle guide, che non si separano mai dal fucile e dai dispositivi per spaventarli - dover sparare ad un orso per salvarci la vita solo per aver fatto fotografie nel momento sbagliato sarebbe una tragedia che nessuno di noi vorrebbe vedere mai. Z9 su 500/4E@500mm 1/500 f4 ISO110 La Z9, consente di fare cose che mai avrei potuto fare con la D5. Prima ero sulla spiaggia, quindi era un po' più facile. Mentre qui sono sporto fuori bordo, sdraiato sul tubolare del gommone, e la Z9 con montato il 100-400 è a pelo d’acqua. Perché solo con la Z9? Impugnatura ergonomica e monitor basculante… Oltre al coraggio di abbassarla sull’acqua fino a quando le dita non la toccano (dritta di Audun e questo sarebbe un altro filone da trattare...)! Z9 su 100-400/4.5-5.6S@230mm 1/500 f8 ISO250 La varietà di soggetti e situazioni nelle quali ho usato con successo l'attrezzatura è lunghissima, impossibile sintetizzarla in un solo articolo: Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/1600 f5.6 ISO360 Z6II su 500/4E@500mm 1/3200 f4.5 ISO100 Z9 su 100-400/4.5-5.6S@290mm 1/160 f16 ISO200 Z9 su 500/4E@500mm 1/2000 f5.6 ISO1000 Z6II su 24-120/4S@70mm 1/320 f11 ISO160 Z9 su 100-400/4.5-5.6S@400mm 1/2000 f5.6 ISO500 Chiudo con una foto che, ancora, suscita in me una forte emozione. Lo so, quelle che la precedono sono più spettacolari, ma questa è la fine del mare navigabile e l’inizio della banchisa. Almeno dove era il 19/6/2022, 80° 00'N 015° 00'E off Moffen Island. Il punto più a nord che io abbia mai raggiunto, con il Polo a circa 1000Km da noi. Z9 su 24-120/4S@49mm 1/200 f11 ISO64 Ci siamo volontariamente incagliati qui un giorno intero, sperando che 3 lontanissimi orsi, appena visibili con il binocolo, in caccia di foche, si avvicinassero. Spesso capita addirittura di incocciare in qualche orso curioso che si avvicina moltissimo alla nave. Purtroppo non è successo. È l’unica cosa che avrei voluto avere in più da questo viaggio: vedere un orso in caccia sulla banchisa, ma alla fine è meglio così: ho un validissimo motivo per tornare! Questo probabilmente è l’articolo più lungo che io abbia mai scritto, è ormai tempo di bilanci. Dopo il 2021, quando vendendo le reflex avevo un po’ buttato il cuore oltre l’ostacolo, il 2022 lo ricorderò come l’anno della raggiunta maturità del mondo Z. Ho fotografato molto e fatto due spedizioni fotografiche decisamente impegnative, usando con grande profitto solo corpi Z, lenti Z e residuando con bocchettone F unicamente i miei 500mm. Senza dubbio, la Z9 è l’ammiraglia che aspettavamo. Occorre solo lasciarla correre come preferisce e non forzarla a fare la reflex senza specchio. Se lo farai, ti darà risultati fantastici e ti aiuterà a portare la tua fotografia oltre ai tuoi precedenti limiti. La Z6II ha ottime qualità, ma non è un'ammiraglia. Sfido chiunque a capire delle immagini fatte sopra cosa è scattato con quale corpo, senza guardare le mie note. Ha qualità di immagine da vendere. Solo corre molto meno della sorellona, ma non sempre serve correre. Il 24-120 è il tuttofare di qualità che risolve tutte le situazioni, un must have per chi fotografa come me. Paesaggi, reportage, animali: è buono per tutto. Il 100-400 ha una qualità eccellente, è semplicissimo da usare a mano libera ed ha un AF estremamente veloce. Il range di focale è enormemente comodo ma non fa rimpiangere minimamente zoom meno spinti come il 70-200. C’è solo una cosa che vorrei chiedere a Nikon: un supertele con cui sostituire il 500/4E e abbandonare l’FTZ. Nikon? Mi senti? Massimo Vignoli per Nikonland (c) 11/9/2022
  13. Chi non sogna una fiammante Alfa Romeo Giulia GTAm Rosso Competizione con scarico Akrapovic ? Non tutti possiamo permettercela, però. E chi potrebbe, fa bene a chiedersi quanto potrebbe sfruttarla per le sue speciali ed uniche caratteristiche che ne hanno già fatto un'auto di culto. Tenerla in garage ad invecchiare ? Mai. Uscire nel traffico congestionato e viaggiare a 30 allora ? Che vergogna. Ognuno di noi, se ne ha bisogno, dovrebbe avere l'auto che fa per lui. Il giusto compromesso di tutte le sue caratteristiche. Ragionamento - se perdonate la mia passione per le auto sportive e le fuoriserie - che si può estendere a qualsiasi altro oggetto (o soggetto : vedi il partner) sulla terra. Anche la fotocamera. Molti di noi hanno comprato la Nikon Z9 e se la godono. Ma la Z9 si può paragonare alla Giulia GTAm per molti aspetti. Va bene in pista. Meno per la gita fuori porta con i figli, i suoceri e il cagnolino. Si, ci si può fare un paesaggio. Ma una Z7 non darebbe nulla di meno. Anzi. A molto meno. Ma non mi fermo qui. Proseguo. Nella realtà, per le foto di un fotografo di tutti i giorni, non c'è nemmeno bisogno di una Z7 o di una Z6. Spesso una Z5 è più che sufficiente. Spesso una Z50 basta tranquillamente. Io ho avuto una Z50 che ho passato a Max quando ho comprato la seconda Zfc. Si perchè la Zfc - che è la sorella carina della Z50 quanto la Z30 è la gemella con gli occhi castani della Z50 - mi piace molto ed è la fotocamera che impiego per praticamente tutte le foto di tutti i giorni. Tranne quando devo fare un lavoro tanto impegnativo per cui è necessario far uscire dal garage la Z9 ! E' una cosa strana perché 20 anni fa, quando sono uscite le prime reflex digitali, ci sentivamo menomati da quel formato ridotto, imposto dal contenimento dei costi dei sensori che riduceva la potenzialità dei nostri obiettivi. Ma, appunto, dopo 20 anni, la tecnologia è andata tanto avanti che una Nikon in formato DX non ha moltissimo da invidiare in termini di qualità di immagine, rispetto ad una FX. Si arriva a sensibilità che nemmeno la D3 poteva permettersi, avendo una dinamica complessiva anni luce più avanti. Le funzionalità sono tali e quali a quelle delle Nikon Z in pieno formato. Ma sono più economiche, più compatte, più ... alla mano. Anche più "spendibili", consentitemi di dirlo, di una Z9 con attaccato un obiettivo da 5000 euro quando andiamo in certi posti ... Direte voi, ma c'è il problema degli obiettivi. Nikon propone solo tre corpi macchina e tre zoom di taglio medio-basso. Ecco, questo oramai è solo un retaggio del passato, un preconcetto. Questi tre zoom, ne abbiamo parlato a lungo su queste pagine, sono di qualità eccellente, anche il plastichino 16-50 VR che io uso per quasi la totalità degli scatti dei prodotti oggetto delle prove e dei test per Nikonland. Scatto nel mio studio con la piccolina e il piccoletto, pilotando flash professionali per 2400 W/s con softbox da 120 e 140cm di diametro. Figuriamoci se smuovo la Z9 per fare cosine del genere ... Ma ai tre obiettivi Nikon, possiamo già oggi aggiungere una serie di proposte "di terze parti" che possono incontrare l'interesse di tutti. In questa foto che riprende la mia Bella Nikon Zfc con il suo vestitino verde menta, vedete tutti gli obiettivi adatti ad una Zfc/Z50/Z30 che ho in casa. Ma non sono tutti. Altri, e di belli, ne mancano. Come ad esempio i Viltrox AF 23/1.4 e 33/1.4. Mentre ne ho aggiunti tre che sono full-frame ma che sembrano fatti apposta per le nostre piccoline : i due Nikkor Z 28/2.8 e 40/2 e il nuovo TTArtisan AF 32/2.8 e nulla vieta di aggiungere il 50/2.8 MC che per l'appunto è stato usato per questo scatto foto scattata con l'altra Nikon Zfc e il Nikkor Z MC 50/2.8 in luce naturale (focus stacking di 16 scatti montati con Helicon Focus). E' tanto "perfetto" che potrebbe andare su un catalogo commerciale ... Sono già molti gli obiettivi adatti alle nostre piccole Nikon Z DX, molti sono autofocus, altri manual focus. Ci sono fisheye, superwide, obiettivi da ritratto, obiettivi superluminosi f/0.95 ... ed altri, intraprendenti produttori universali proporranno prossimamente altri obiettivi. Come Viltrox che sta costruendo un corredo di eccellenti obiettivi AF che consentono poi di scegliere il marchio del corpo macchina da abbinare loro. Ma anche Tamron si aggiungerà, facilmente, ai produttori di obiettivi autofocus in formato DX. E come vedete mi sto limitando ad indicare obiettivi nativi con attacco Z, trascurando l'enormità di obiettivi di tutti i tempi utilizzabili via adattatore "scemo" o "intelligente". Insomma, già oggi, l'alibi della mancanza di obiettivi decade. Se le immagini che seguono non vi convincono, allora la causa è il vostro snobismo Seguono foto prese da Nikonland, scattate rigorosamente con Nikon Z in formato DX con gli obiettivi più vari, dal modesto 16-50 al supercremoso TTArtisan 50/0.95, senza trascurare tutti gli altri. Ditemi voi se, senza saperlo, potreste pensare che sono stati scattati con una Z50 anziché con una Z7 II da 3.600 euro. con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio in esterni, davanti a tutti ! con 1800 Watt/s di flash professionali con svariati metri cubi di softbox davanti, fondale, esposimetro esterno, etc. etc. La risoluzione è bassa, limitata a 20 megapixel ? Errore, ho consegnato un file per la stampa in formato poster portata a 80 megapixel di un mio scatto fatto con la Zfc e un obiettivo del 1957 Nikon Zfc e Trioplan 2/100mm del 1957. Scatto portato a 11557 pixel di lato in formato TIFF a 16 bit partendo dal NEF originale via Photoshop (migliora AI) e stampato poi "a parete". Insomma, rifletteteci bene. Forse vi basta una DX, purché sia una Nikon Z ... Si perchè queste macchine - e qui non abbiamo esplorato il video, eccellente, che hanno, ma solo il lato fotografico - sono piccole, modeste e relativamente economiche e sono solo la prima generazione di Nikon Z. Ma nei fatti sono delle Supergirl a tutti gli effetti ... e vi sfido a dimostrare il contrario. Che sia il primo corpo o il secondo corpo rispetto ad un'altra macchina più impegnativa e costosa, faranno tutto ciò che saprete far loro fare ... tutti gli scatti di questo articolo provengono da fotocamere Nikon Z in formato DX. Nessuna Nikon FX è stata sacrificata per ottenere il risultato. Usando fotocamere FX ed obiettivi da 2500 euro sarebbero venute foto migliori ? Forse, se ne sareste stati capaci. Ma già così vi sfidiamo a provarci ... In ogni caso, comprate Nikon : vivrete più sani e sereni
  14. Scopo di questo articolo è illustrare le differenze di funzionalità e di risultati facendo macro a soggetti vivi - farfalle e libellule - con il MC 105/2.8S o il 100-400/4.5-5.6S. Presentiamo innanzi tutto i protagonisti: Come vedete, sono due lenti fisicamente molto diverse: meno di 700gr il 105 e poco più del doppio il 100-400, volume e dimensioni coerenti con la differenza di peso. A dire che il 100-400 è lente molto semplice da usare a mano libera ma il 105 lo è anche di più. Vedete anche più di un segno d’uso: questo test nasce da una esperienza "di campo" di molti mesi, fatta in ogni condizione. Tornando alle lenti, sono entrambe eccezionali, sotto ogni punto di vista. Ovviamente il MC 105/2.8S nasce per la macro, anche se ha una resa così splendida in termini di nitidezza, colori e sfocato da essere capace di fare benissimo qualsiasi altra cosa sia confacente ad un medio tele. Quindi, lasciatemi dire che gioca in casa. Z6II su MC 105/2.8S 1/160 f6.3 ISO 1600 - E' una delle prime immagini che ho ripreso con il 105, il 2/9/2021 - sul terrazzo di casa È più difficile dire per cosa nasca il 100-400/4.5-5.6S. Sul sito di Nikon USA, per presentarlo, ci sono fotografie di sport e di wildlife. Francamente, al minimo, avrei aggiunto anche qualche paesaggio. Insomma, per me resta valida la sintesi che ho usato nel 2018 quando ho scritto della mia esperienza sul campo con il suo predecessore, l’80-400/4.5-5.6 AFS VRII: “Quando la versatilità è importante”. Concetto che per questa nuova realizzazione, grazie al grande miglioramento della resa ottica, assume un significato nuovo in quanto, nel suo caso, la resa non è minimamente sacrificata alla versatilità (tornerò in argomento con un articolo che racconterà la mia esperienza a 360° con il 100-400 quanto prima). Z9 su 100-400/4.5-5.6@300mm 1/400 f5.6 ISO 100 - E' una delle prime immagini che ho ripreso con il 100-400, il 21/2/2022 - Norvegia. Come vedete, per me l'uso naturale del 100-400 è in situazione e per soggetti decisamente diversi dalla macro. Non di meno, molti appassionati della fotografia macro a soggetti vivi preferiscono usare lenti più lunghe del 105mm perché così facendo si possono garantire una più ampia distanza di lavoro conservando un buon rapporto di riproduzione. Sotto questo punto di vista il 100-400/4.5-5.6S è un vero campione in quanto mette a fuoco a meno di un metro (98cm a 400mm di focale; 75cm a 100mm di focale) e raggiunge un RR di 0.38x. Ma che significa? Non entrerò in analisi tecnico/teoriche, francamente non ne sono capace e qui su Nikonland abbiamo Silvio che è enormemente più preparato di me. Ma ve lo farò vedere. A 400mm e con il sensore ad 1mt tondo dal soggetto inquadra così (FX): Per dare qualche elemento utile, scattando questa fotografia il paraluce è a 66cm dal soggetto. Distanza che, a parità di rapporto di riproduzione - cioè dimensione del soggetto nella fotografia, potrei ulteriormente aumentare montando un tubo da 11mm, caso nel quale guadagnerei altri 9cm (perché? perché così facendo riduco il focus breathing aumentando la focale. Di solito lo si fa per poter mettere a fuoco più vicino, ma funziona anche in questo modo). Alla stessa distanza, se monto il 105MC ottengo questo (FX): Per dare un'idea, quel tubetto di crema solare è lungo 7.5cm. Per ottenere lo stesso RR con il 105MC mi devo avvicinare parecchio, riducendo la distanza tra soggetto e sensore a 44cm, che corrispondono a 22cm disponibili tra paraluce e soggetto. 22cm contro i 66 (o 75 con il tubetto) del 100-400/4.5-5.6S. Ovviamente, con il 105MC posso avvicinarmi ancora, fino ad arrivare al famoso 1:1 che il 100-400 non raggiunge. Ma con un soggetto vivo ed attivo è piuttosto difficile farlo. A questo punto credo sia chiara una prima discriminante: l’uso del 100-400/4.5-5.6S è preferibile a quello del MC 105/2.8S quando si debba stare lontani, avendo comunque un soggetto piuttosto ingrandito nel fotogramma. Ma per me non è tutto qui, quello è l’ovvio. Di fatto, c’è una ulteriore e secondo me anche più grande differenza. A 400mm abbiamo un angolo di campo di poco più di 6° mentre a 105mm siamo a oltre 23°. Questo significa che la scena inquadrata dietro al soggetto è enormemente più ampia e questo consente, a seconda del punto di vista, di avere mediamente sfondi meno presenti all’aumentare della lunghezza focale. Sottolineo mediamente: non significa che sempre a 105mm non si possano avere sfondi del tutto sfumati o che a 400mm non si possano avere ambientazioni ben rappresentate (beh, questo è molto più difficile). Ma, semplicemente, che con 400mm è semplice avere, anche in situazioni di "sfondo complicato" un risultato come questo: Z9 su 100-400/4.5-5.6@400mm 1/400 f8 ISO 64 Oppure fare fotografie così: Z9 su 100-400/4.5-5.6@400mm 1/2000 f11 ISO 4500 Mentre con il 105MC si fanno più semplicemente foto come questa (si, è la stessa coppietta di prima): Z9 su MC 105/2.8S 1/2000 f4 ISO 200 O questa, cercando i giusti riflessi sul corso d'acqua sopra il quale questa bellezza stava cacciando: Z9 su MC 105/2.8S 1/640 f5.6 ISO 64 Per meglio spiegare, di seguito lo stesso soggetto a pochi minuti di distanza e nella stessa posizione, giusto il tempo di cambiare lente: Z9 su MC 105/2.8S 1/1250 f2.8 ISO 72 Z9 su 100-400/4.5-5.6@400mm 1/640 f8 ISO 500 Più chiaro così? Non è solo la differenza di ingrandimento a rendere diverse queste due immagini, è soprattutto il diverso angolo di campo! Quindi, in assenza di vincoli legati alla timidezza del soggetto - che ci possono far preferire o addirittura rendere indispensabile l’uso del 100-400 - la scelta tra le due lenti è sostanzialmente una scelta artistica, che produce immagini ben diverse tra loro. Ovviamente, con un po' di attenzione - ed il soggetto giusto - è possibile ottenere uno sfondo perfettamente sfumato anche con il 105MC ed anche a diaframma molto chiuso. Ma possibile, sul campo, non significa probabile. Z9 su MC 105/2.8S 1/125 f16 ISO 200 In ogni caso, vedete bene che l’impronta delle due lenti, che caratterizza le immagini, è ben diversa. Poi, uscendo per un attimo dall’ambito artistico, ci dobbiamo dire che il 105MC è più nitido del 100-400. Cosa ovvia. Ma anche che diaframmando uno stop o poco più il 100-400 alla massima focale ed alla minima distanza di messa a fuoco è comunque nitidissimo. 100-400: Z9 su 100-400/4.5-5.6@400mm 1/800 f11 ISO 100 E ancora, non vuol dire che con il 105 non ci si possa avvicinare abbastanza: serve, però, di sicuro più pazienza ed “istinto del cacciatore” da parte del fotografo. Oltre ad un po’ di fortuna nel trovare soggetto e situazione giusta. Z9 su MC 105/2.8S 1/800 f5.6 ISO 500 Z9 su MC 105/2.8S 1/400 f4 ISO 90 Z9 su MC 105/2.8S 1/400 f16 ISO 1250 In sintesi quando scegliere uno e quando l’altro sul campo? È un fatto soggettivo e la scelta dipende molto dal risultato che si sta cercando. La mia esperienza d’uso mi porta a dire: 100-400/4.5-5.6S: - Quando non posso avvicinarmi e voglio un soggetto più grande. - Se lo sfondo è proprio brutto. - se…. ho quello e non il MC 105/2.8S ma voglio cimentarmi ugualmente nella macro. MC 105/2.8S: - Sempre Devo dire che, invariabilmente, preferisco il risultato fotografico complessivo che porto a casa con il 105MC e che, quindi, a chi persegue certi tipi di immagini non consiglierei di comprare il 100-400 pensando di usarlo prevalentemente per fare macro. Non è un caso se, in ambito macro, il 75% delle foto che ho fatto finora siano con il 105 e solo il 25% con il 100-400. Così come che, tra le svariate migliaia di foto fatte con il 100-400, solo una frazione sia in ambito macro. Ovviamente, altri fotografi possono avere altre opinioni o, più semplicemente, fotografare spesso soggetti non avvicinabili (o non avere la pazienza/voglia per farlo). Per loro, questo articolo dimostra gli ottimi risultati ottenibili con il 100-400 anche in ambito macro. Quindi: Horses for courses! Massimo Vignoli per Nikonland (c) 25/8/2022
  15. Consideriamo i binocoli Nikon serie Prostaff come gli entry-level tra quelli dotati di prismi a tetto. La mancanza di lenti ED li differenzia dai più pregiati Monarch ma le forme, grazie al design, sono pulite, lineari e compatte. Moderne. Le prestazioni sono comunque di buon livello e il rapporto prezzo/prestazioni molto interessante. Presentata lo scorso mese di giugno, la linea Prostaff adesso vede introdotti 8 nuovi modelli, declinati nelle classiche serie con lenti da 30 e 42mm e con ingrandimenti di 8 e 10x, divise in due linee, denominate P3 e P7, presumibilmente dipendenti dal numero di superfici trattate (3 e 7). i quattro binocoli disponibili nella linea Nikon Prostaff P7 e le caratteristiche tecniche principali. Si tratta essenzialmente di due linee di carrozzeria che condividono l'impostazione generale, cambiando, a parità di obiettivi, l'ingrandimento fisso. Il modello in prova è quello probabilmente più interessante, in quanto vanta già lenti da 42mm e mantiene un confortevole ingrandimento 8x. Il peso complessivo è di circa 600 grammi, le dimensioni non superano i 15x13cm. La luminosità è buona, la migliore del gruppo. la precedente linea Prostaff 7s, modello 8x42, equivalente per posizionamento, al nuovo modello in prova. I nuovi Prostaff P7 prendono il posto dei Prostaff 7s, usciti di catalogo ed in esaurimento presso la rete di vendita. COME E' FATTO rispetto ai precedenti Prostaff 7s il design si presenta più sobrio in generale, con i due scafi composti sostanzialmente da tronchi di cono in policarbonato iniettato di resina, rivestito da una superficie gommata ergonomica. Mancano le sagomature sinuose dei precedenti, il disegno si avvicina in questo molto di più ai Monarch. I prismi a tetto vantano un processo di alluminatura che ne consente una elevata luminosità e una relativa resistenza ai riflessi. i due semicorpi sono articolati da un ponte abbastanza esteso, mobile il giusto con la ghiera di messa a fuoco ben dimensionata. I paraluce sono ben fatti e consentono una visione senza occhiali di ottimo livello. Ma si tratta di un binocolo ottimo per l'uso anche con gli occhiali. In questo, il modello 8x42 si presenta più confortevole del 8x30, almeno nella mia esperienza con il mio Prostaff 7s 8x30. Infatti l'estrazione pupillare è la più elevata della serie. Teniamo conto che d'estate, oltre che per chi ha difetti di vista (come il sottoscritto) gli occhiali da sole saranno probabilmente ampiamente utilizzati. Quindi l'uso con gli occhiali non è mai da sottovalutare. E' scomodo fare leva e metti, dovendo intanto anche regolare eventuali tarature diottrica. che in questo modello é sull'oculare di destra, come d'uso nei Nikon, tramite un anello che è dotato di fermo. L'anello purtroppo non è totalmente zigrinato e la sua rotazione non è agevolissima. Il fermo è piuttosto duro da azionare ma in questo c'è la sicurezza che poi non si muoverà accidentalmente. il complesso, complici anche l'assenza delle solite scritte Nikon dorate, si presenta piuttosto sobrio. Con una texture ben disegnata che contribuisce alla presa sicura in mano anche senza usare le cinghie (io detesto ogni tipo di cinghietta). La tonalità è cangiante e va dal grigio medio al verde appena accennato. solo una scritta Nikon argentata sul frontale, le altre iscrizioni semi-invisibili. Nella foto sopra si vede il trattamento antiriflessi tendente al verde smeraldo con piccole sfumature magenta a seconda della luce. sopra é chiuso e sotto è completamente esteso. La regolazione della distanza interpupillare è molto agevole. Forse sin troppo. come lo è la regolazione di messa a fuoco, forse è solo il caso del mio modello in visione. Ma io preferisco di gran lunga che la ghiera di messa a fuoco sia dura e stabile, per non poterla muovere inavvertitamente durante l'uso. Ciononostante si mette a fuoco agevolmente. Lo ripeto, forse è solo il mio esemplare perché tutti gli altri Nikon che ho provato sinora, anche dopo anni, presentano un movimento con una resistenza adeguata. dettaglio dell'estensione del paraluce e l'anello per montare la cinghietta viste superiori. Solo la scritta P7 in bianco è evidente il resto è semplicemente in rilievo, non verniciato ma di fatto scompare in esterni. PRESTAZIONI OTTICHE Nell'uso ho riscontrato una gradevole assenza di distorsioni geometriche a tutti i livelli, come anche di vignettatura, pure in una giornata di sole pieno come in questo caso. La vista sul lago è completa, anche guardando ai bordi l'immagine. Sul piano delle aberrazioni cromatiche, pur presenti, queste sono da andare a cercare su linee tese e con forte differenza di luminosità, e solo un occhio allenato le può mettere riscontrare agevolmente. Questo nonostante i vetri usati non siano nobili prodotti di tipo ED. La curvatura di campo è quasi assente per quanto io riesca a vedere ad occhio nudo. In quanto ai difetti di coma, sottolineo quanto questo non possa essere considerato un binocolo astronomico, per nulla, ma le fonti di luce sono ragionevolmente puntiformi (se riuscite a stare abbastanza fermi da tenerle ben inquadrate). vista attraverso le lenti principali e dalla parte degli oculari. Assenza di riflessi importanti, tonalità di verde del trattamento confermata anche sul campo. sui difetti ottici mi fermerei qui, sapete come la penso. Un binocolo non produce fotografie, vi fa godere il mondo che avete di fronte con gli occhi. Ed ognuno di noi, volente o nolente ha difetti di vista. Possiamo anche sottoporre un binocolo ai test di laboratorio più severi ma se poi i nostri occhi non sono in grado di distinguere dettagli molto fini o non sono sensibili a certe raffinatezze, sarà difficile andare oltre quello che vediamo ... COME VA SUL CAMPO al netto della relativa difficoltà nel regolare tenendo gli occhi negli oculari la correzione diottrica e la relativa "mollezza" della messa a fuoco e della meccanica in generale, che io ritengo essere limitata al sample in prova, questo binocolo va molto bene, specie se consideriamo il prezzo allineato a questa fascia di binocoli ed inferiore ai 300 euro. Non è un oggetto di lusso, non lo è nell'aspetto e nelle finiture ma in termini di prestazioni non lo si rimpiange. L'immagine è netta, nitida, materica. Si nota una resa più tridimensionale di altri binocoli che ho provato, più soggetti ad un forte schiacciamento dell'immagine. Rispetto al mio 8x30 della generazione precedente la differenza - a vantaggio di questo P7 - è abbastanza immediata e ci vuole poco per convincersi che sono stati fatti dei passi avanti. Che sia lo schema ottico, il trattamento o i materiali usati, l'immagine è più convincente. Viene voglia di usarlo ed è divertente riuscire a distinguere dettagli invisibili anche a lunga distanza. Mi ha particolarmente convinto l'immagine della luna piena alle 04:00 del mattino ma specialmente riuscire ad individuare gli aerei in volo dalle scie di condensazione appena rischiarate dalle luci intermittenti di navigazione. L'aereo, quasi invisibile ad occhio nudo per la quota di volo, diventa a portata d'occhio, pur nel buio della notte. Ma è in tutte le occasioni che questo binocolo si distingue per le qualità della sua immagine. Appena regolato, i dettagli riempiono l'intera visuale. Quasi dispiace che il campo inquadrato non sia superiore. Ma questo taglio è un compromesso tra osservazione e scoperta ed è corretto che sia così. lato oculari e iscrizioni sulla ghiera di messa a fuoco ancora un dettaglio della regolazione diottrica con il suo fermo oculare e paraluce paraluce estesi a confronto con il mio piccoletto. I vantaggi del piccolo sono evidenti ma così anche la scomodità d'uso nella pratica. Si nota anche il diverso stile, completamente cambiato tra le due generazioni di binocoli di classe comunque omogenea. sovrapposti, la differenza tra le lenti è tutta a vantaggio del P7 8x42. ancora un dettaglio degli oculari e dei riflessi del trattamento superficiale. CONCLUSIONI Nikon con questa nuova serie ha scelto, per l'estetica, di seguire l'understatement già tracciato con le serie superiori e i top di gamma. E' un Nikon ma per capirlo bisogna guardare da vicino. I precedenti Prostaff, con le loro scritte dorate invece te lo gridano da lontano. Poco male perché sul piano ottico, che è quello più importante, non ci sono arretramenti. L'immagine, anche avendo a mente quella del più pregiato M7 8x42 che ho provato di recente, non è così in ritirata, nonostante il costo di questo P7 sia notevolmente più conveniente. Anzi, devo dire che non considerando io come "definitivi" e "per una vita" i binocoli ma come strumenti da uso continuo, ed avendo io svariati difetti di vista che non valorizzano per forza di cose, i modelli più sofisticati, tendo a preferire le soluzioni ragionevoli sul piano del rapporto prezzo/prestazioni. Ci sono sul mercato binocoli 8x42 da 1000-1500 e più euro. Sono certamente oggetti prestazionali e con meccaniche a tutta prova ma in fondo bisogna sempre avere ben in mente cosa ci serve e per farci cosa. Se avete bisogno di un binocolo generico, buono praticamente per tutto, senza particolari limitazioni, dal prezzo interessante (ho visto street-price intorno ai 280 euro, forse anche qualche cosa meno), potreste anche fermarvi qui. Forse buttare l'occhio su un modello da 2.800 euro sulle prime non vi renderebbe palese dove sia tutta questa differenza. E' un pò come era nell'hi-fi, per avere piccole migliorie in termini di pura esperienza di ascolto, i costi lievitavano di un fattore 10. Probabilmente è così anche con i binocoli. Quindi promosso ? Si, avuta conferma che il movimento della meccanica nei modelli commerciali offre più resistenza all'uso, come piace a me.
  16. l'ho comprato ad inizio 2020 in un negozio online tedesco che lo offriva a buon prezzo e senza spese di spedizione. Cercavo un buon treppiedi in fibra di carbonio, compatto, leggero ma robusto, con sezione principale da 36mm e in grado di alzarsi fino ad altezza d'occhio. Questa è la definizione completa del mio Leofoto LS-365C che nel codice parlante, indica la serie, il diametro della sezione principale (36mm) e il numero delle sezioni di ogni gamba (5). in configurazione da trasporto è lungo meno di 50cm ed occupa poco spazio anche trasversalmente perché le tre gambe si allineano perfettamente senza lasciare spazio interno (circa 10cm in tutto) Il peso di 1.77 chilogrammi lo configurano come peso leggero (anche se non peso mosca come certi con gambe di diametro massimo di 25mm) ma le sezioni di 36-32-28-25-22 sono superiori alla maggior parte degli altri treppiedi. Con una testa come quella che ho deciso di utilizzare in questo caso ha una altezza minima poggiato a terra e con le gambe aperte, di 54 cm mentre esteso al massimo, sempre con la testa, arriva a superare i 160 cm La borsa in dotazione è abbastanza capiente e in questa configurazione contiene oltre alla testa montata, anche una base di livellamento di cui parleremo in fondo a questo articolo. Le dotazioni sono quelle usuali e comprendono le classiche punte opzionali per sostituire i piedini in gomma quando lo si usi su terreno roccioso (mai nel mio caso) e un set di chiavi oltre al moschettone per appendere contrappesi alla crociera per assicurarne la stabilità in caso di vento forte materiale che sta tranquillamente nella tasca laterale del treppiedi. La fibra di carbonio usata è del tipo Toray a 10 strati il complesso dei blocchi a vite di fermo delle 5 sezioni di ogni gamba la serie delle 5 sezioni estesa per necessità di foto La ferramenta è di alto livello, sagomata con macchine a controllo numerico e rivestita anodicamente la crociera è forata e non mancano i passanti per l'eventuale blocco a vite della testa. Le viti di ancoraggio a cava esagonale hanno la personalizzazione Leofoto incisa i fermi di blocco dell'inclinazione delle gambe sono solidi e danno idea di non allentarsi in anni di utilizzo. Il rivestimento in tessuto batista verde delle gambe è stato aggiunto aftermarket di mano proprio da Valerius Brustianus, Abate Benedettino di Novara. Caratteristica tipica di questi treppiedi é di poter stare completamente aperti in modo da offrire una altezza minima di una manciata di cm da terra, eventualmente estensibile per il tramite di una colonna, anche questa in fibra di carbonio, che nel mio caso è una Artcise da 40mm con e senza colonna. Siamo a pochi cm da terra, ideale per riprese stabili di fiori, funghi ed altro, se lo spazio è sufficiente. Le gambe sono mobili indipendentemente in termini di inclinazione ed estensione e quindi è possibile "copiare" fedelmente il terreno. Confronto con gli altri treppiedi di casa Snocciolare pesi e misure fa sembrare competenti ma spesso non dà un effettiva misura di come stanno le cose. Non quanto un sano confronto. Si sa che ogni treppiedi, per quanto eccellente, non può coprire ogni esigenza. Uno troppo robusto non sarà mai troppo portatile e uno troppo leggero non sarà mai abbastanza stabile e rigido. Per questo io ho in casa tre treppiedi di questo tipo, con caratteristiche simili ma di taglio diverso. E decine di teste diverse, a seconda della missione. questo trio, di cui il Leofoto al centro è l'unico sguarnito di testa, ci da qualche idea. Dall'alto un sistematico con sezione massima da 40mm, 2.8 chilogrammi e testa video che pesa come ... il più piccolo in primo piano, il Sirui AM-254 che con la sua testina arriva a stento a 1200 grammi. In mezzo il Leofoto si pone esattamente come compromesso : robusto viste le sezioni delle gambe ma comunque di peso intermedio ed in grado di portare teste più importanti del Sirui anche se non così possente come l'Artcise AS95C che è pensato per superare anche i terremoti della California. una vista dei tre, montati, ognuno con testa a sfera ci chiarisce ulteriormente il punto. per ogni missione il suo treppiedi e la sua testa. I miei treppiedi non sono sposati con una data testa, ne hanno una di elezione ma generalmente le cambio a seconda del bisogno. Basta una svitata e una riavvitata e si riparte meglio organizzati. Qui abbiamo da sinistra un treppiedi con gambe da 25mm e una testa da 36mm, uno con gambe da 36 e una testa da 44mm, uno con gambe da 40mm e una eccezionale testa da 54mm a prova di tutto. Non porterei in campagna l'ultimo ma solo in situazioni a portata di macchina. Non userei mai il primo se non per le Zfc/Z50. Uso quello di mezzo per escursioni a piedi lunghe pur con la sicurezza di avere uno strumento affidabile e robusto. Tutti e tre ... dal giusto prezzo. Come va ? Penso di aver già dato l'idea. Non mi fanno impazzire i fermi delle varie sezioni che hanno la tendenza a svitarsi oltre misura (non che si svitino da sole, intendiamoci, solo che quando le svito e voglio fare in fretta, si svitano troppo e vanno fuori corsa. Ma è un attimo sistemarle) mentre i blocchi dell'inclinazione sono eccezionali, così come la tenuta in ogni inclinazione e posizione. La borsa è ben fatta anche se non come quella di altri treppiedi. Si capisce che è un compromesso ed è giusto così. All'epoca l'ho pagato circa 300 euro. Adesso il suo prezzo è lievitato verso i 400 come tutto il listino Leofoto che, a mio parere, è arrivato far concorrenza a certi marchi occidentali, non so se del tutto meritatamente. Tanto che pur essendone soddisfatto, ho preferito l'Artcise da 40mm al posto del Leofoto LN-404 che oramai costa quasi 800 euro. Ma prezzi a parte, un treppiedi deve fare il suo lavoro e questo lo fa, dandomi la giusta confidenza nel mezzo. ancora una carrellata della ferramenta del treppiedi. Che è la parte più importante : hai voglia ad esaltare le qualità del carbonio, se gli elementi che lo devono "tenere" saldo si sfaldano o non tengono tra loro. Qui ogni parte è ben regolata, calibrata e progettata. La costruzione è priva di sbavature e di difetti. In tre anni di uso non ho nulla da lamentare. ancora un confronto tra il medio e il grande di casa. E' indubbio che ... nel dubbio tra quale portare, esce di casa più facilmente il Leofoto. L'Artcise può reggere un fucile automatico, un 800mm moltiplicato che spara alla luna e sostituire i vecchi impressionanti Manfrotto 058 o Sirui tripath che tengo sempre fermi in studio (pesano più di 5 chili l'uno). La testa che ho scelto per questo treppiedi Credo che un oggetto di questo tipo si trovi a suo agio con una testa a sfera da 44mm, ha le giuste proporzioni e il giusto peso. La crociera è adeguata e anche esteticamente non c'è nulla da obiettare. In questo caso ho selezionato la Marsace XB-2, ribassata da 44mm, molto robusto e priva di giochi e imprecisioni. è una testa con panoramica singola sulla base, dotata di buone regolazioni e soprattutto una adeguata forza di ritenuta. Si tratta della copia della Sunwayphoto da 44mm a suo tempo distribuita anche in occidente. In effetti il progettista è lo stesso che si è messo in proprio portandosi via qualche disegno. Per non farmi mancare nulla l'ho dotata anche di base di livellamento a semiculla da 60mm Mengs DY-60A, si tratta di un elemento aggiuntivo sul mercato anche con altri marchi (tra cui la stessa Leofoto) che consente un duplice uso : livellamento rapido tenendo lo stelo della sfera fisso, oppure panning tipo gimbal tenendo lasca la base e ferma la sfera (evitando quel fastidioso effetto pendolo quando si smolla invece la sfera per muovere rapidamente il teleobiettivo per seguire un soggetto in rapido passaggio). Aggiunge peso e altezza ma a me piace da matti e sostituisce la più grossa semiculla inserita come standard nei sistematici e nei tripath per usi video o combinati video e foto. insomma, è una chicca, che si inserisce sopra al treppiedi avvitandola come se fosse una testa e che poi accoglie sopra di se la testa vera e propria. Nulla di più. Alluminio estruso e tornito con finitura ineccepibile per poche decine di euro. Non ho saputo resistere. Bene, siamo arrivati alla fine di questa breve prova che racchiude in poche righe l'esperienza di 3 anni di uso abbastanza frequente, sia in esterni che in studio in trasferta. E' compatto, abbastanza leggero e poco ingombrante da non far sorgere domande del tipo "lo porto o non lo porto ?", efficiente, robusto, ben costruito, perfetto per il suo scopo "universale" e non specialistico. Adatto a qualsiasi testa e in ogni occasione. Durerà certo più di me. Io l'ho pagato - credo - il giusto, oggi forse si dovrebbe cercare qualche alternativa. E mi pare che anche qui, il catalogo Artcise/Innorel su Amazon.it, per ora offra qualche alternativa simile per caratteristiche, più conveniente per la fattura. A voi la scelta ma soprattutto, definendo ben prima dell'acquisto quali siano le vostre esigenze e comprendendo esattamente da cosa possano essere risolte. Considerando che non esistono piedi e teste adatte a tutto, esistono piedi e teste adeguate a quello che dovete fare.
  17. In casa ho ennemila treppiedi e ennemila^2 teste per treppiedi. Ma non ne avevo nemmeno uno piccolo e leggero. Guardavo il Leofoto LS-254C (vedi prova su queste pagine a firma Valerio Brustia) che ha effettivamente le caratteristiche che mi interessano ma il suo prezzo è lievitato ad ben oltre 300 euro. Cui aggiungere l'inevitabile testina adatta ... e non mi pareva il caso di spendere tutti quei soldi per un aggeggio cui comunque non delegherò mai la "foto della vita". Lo scopo è quello di appoggio leggero, senza impegno, per le Nikon Zfc che nel mio caso, escono di casa predisposte per Arca Swiss, pesano poco e generalmente le uso con obiettivi altrettanto poco impegnativi. Quindi non a quei soldi. Al solito mi induce in tentazione Amazon con una offerta allettante, meno di 150 euro e per di più in cinque rate senza interessi. L'oggetto del desiderio, comprato lo scorso febbraio, è il Sirui AM-254 Qui su Nikonland, vedendo strutture, finiture e sigle dei treppiedi più comuni di provenienza cinese, ci siamo fatti l'idea che tutti questi marchi siano solo dei semplici uffici di progettazione che utilizzano componenti standard o simili, prodotti da una fabbrica enormemente più grande ed in grado di rifornire tutti quanti in quantità. Lo testimonia la qualità della fibra di carbonio usata (Toray a 10 filamenti) filata in modo indifferente, quale sia il prezzo e la taglia del treppiedi. E le sigle di denominazione, parlanti per la maggior parte dei casi. Come nei due treppiedi citati, 254, di cui 25 è il diametro della gamba maggiore e 4, il numero delle sezioni. Per non parlare della minuteria, dei colori, dei componenti metallici lavorati in CNC. Ma eccolo qui, il piccolino, poco più di 40 cm ritratto e meno di un chilogrammo "nudo". Amazon me lo ha consegnato direttamente con questa scatola, senza ulteriore imballo. Poco male. dentro c'è una sacca capiente, adatta anche a treppiedi di maggiore taglia, che contiene tutti i componenti, compresa la colonnina opzionale da 20cm qui con tutto dentro, pronta per il viaggio e qui con tutti i componenti fuori. il modello pare sia destinato al solo mercato europeo, probabilmente per questioni di certificazioni CE. le buste contenenti chiavi a brugola e spikes a punta per sostituire eventualmente i piedini gommati. l'orgoglioso marchio. Il treppiedi ovviamente arriva in finitura carbonio con inserti in alluminio verniciati a caldo in blu. Io ho seguito gli antichi dettami dell'amanuense novarese Valerius Brustianus ed ho ricoperto la gamba superiore con la batista color verde erba. Non per velleità mimetiche, ma perchè le mie mani sudano e mi da fastidio impugnare il carbonio. Il tessuto in cotone assorbente è un vantaggio, specie d'estate. Il grip aumenta e anche la confidenza. Questioni psicologiche, insomma ... Dettagli costruttivi la crociera con la vite standard per montare alternativamente, la testa o la colonnina. Notare le viti con cava esagonale brunite e marchiate Sirui, insieme ai blocchi in alluminio fresato in CNC verniciati di azzurro. l'insieme dei fermi delle varie gambe e il marchietto adesivo. la parte sotto della crociera, con la filettatura per appendere eventualmente un contrappeso o altro. Cose degne di treppiedi di fascia più alta. La particolare conformazione degli snodi consente un uso totalmente ribassato su cui eventualmente montare la colonnina da 20 cm oppure no, a seconda delle esigenze dettagli ulteriori della crociera e della vite di montaggio. La testina Artcise EB-36S In casa ho duemila teste ma nessuna di questa taglia. Sirui ne propone diverse ma a prezzi che sono paragonabili con quelli del treppiedi. E non mi è sembrato il caso. Per cui ho scelto questa Artcise, di conformazione e meccanica simile ad altre di altri marchi, che vanta una sfera da 36mm con un fermo robusto in teflon e un bel morsetto. Pesa in tutto 200 grammi e costa ... la bellezza di 36 euro, praticamente un euro a millimetro di sfera. Ovviamente non intendo usarla per lavori pesanti ma mi aspetto che mi dia affidamento. la sfera è in alluminio (diffidare di quelle cave in plastica) è ben dimensionata ma piccolina e proporzionata con questo treppiedi ha tutte le caratteristiche standard, compresa bolla sul morsetto Arca Swiss abbastanza robusto l'ho detto che è piccolina ? lo è vicino alla Artcise XB54 da 54mm e circa un chilogrammo, pensata per ben altri sforzi di torsione e di sostegno. La colonna Sirui SL-200-EU è una colonnina in fibra di carbonio, diametro 28mm, altezza 200mm, ulteriormente estensibile con lo stesso criterio delle gambe del treppiedi per qualche cosa di più di 32cm montata ed estesa in generale diffido delle colonne estensibili che rientrano nella base del treppiedi. Indeboliscono la struttura complessiva e soprattutto, non si possono togliere facilmente e quando lo si fa, è complicato rimetterle. Questa semplicemente si avvita al posto della testa quando serve estendere ulteriormente il treppiedi. Ed è facile aggiungere qualche centimetro al volo, senza dover muovere tutte le gambe sottostanti. anche in campagna o dove siete. Come va Questo per me è un treppiedi da escursione, come il più pesante Leofoto LS-365C che ho addirittura dotato di base livellante. Quindi da usare fuori, perché in casa ne ho tanti altri di pesanti e a prova di scossa tellurica che non mi sognerei mai di portare in giro salvo che non abbia a disposizione robusti aiutanti. Quindi eccolo qui nell'erba piccolo ! con le gambe estese, senza testa con la testa con la colonna montata ed estesa Estendere le gambe è un attimo, il movimento è semplice e privo di impegno. Si sblocca il fermo, lo stelo va giù per gravità, si riblocca il fermo, si sblocca l'altro etc. seconda di quante sezioni serva estendere. completamente esteso fa la sua figura, sebbene le gambine sia sottili (come dicevo, l'elemento più grande ha un diametro di 25mm, quello ricoperto di batista verde). Ed è ragionevolmente fermo e robusto. Certo mai come il mio sistematico con le gambe da 40mm ... che però pesa tre volte e richiede una testa che da sola pesa più di questo treppiedi ... ecco qua la testina in batteria che ospita la mia Gigi che in questo caso sta offrendo la sua livella per mettere in bolla il sistema (pigrizia, la bolla a liquido è davanti, opposta al morsetto) Gigi in questo caso indossa il Nikkor Z 105/2.8 MC, un peso maxi per lei ma che la testina Artcise EB-36S sostiene con disinvoltura questo è uno scatto ripreso in una situazione simile, in casa, con un tempo di 6 secondi. Mi pare adeguato, anche se nella realtà non userò praticamente mai questo sistema per foto del genere. L'ho usato invece per fotografare Ginevra con il TTArtisan 50/0.95 e potermi concentrare anziché sui miei movimenti, sulla messa a fuoco di precisione. Con risultati lusinghieri ... lei può stare congelata ma se intanto tu ti muovi, non è possibile mettere a fuoco con un manual focus che ha 1 mm di profondità di campo mentre se stai progettando un servizio o stai facendo un video, è indispensabile avere un punto di ripresa costante e ferma, anche se non è necessario montarci sopra una Z9 con un 600/4 stessa identica inquadratura, ripetuta anche in un video in cui muovo il fuoco da un fiore all'altro, senza incertezze. Nikon Zfc e TTArtisan 50/0.95 su Sirui AM-254 con testina Artcise EB-36S Conclusioni E' in fibra ci carbonio. Pesa 990 grammi. E' lungo 42 cm ma si estende, volendo, fino a 160cm da terra. Oppure a 8 cm da terra se ti serve. E' ragionevolmente stabile, regge una testa adeguata. Costa il giusto. Viene consegnato con tutto quello che serve e anche il superfluo (braccino per montare uno smartphone o non so che altro, piedini a punta in alluminio se andate su una pietraia etc. etc.). Sembra che sia fatto per durare. Io in questi mesi l'ho usato a lungo senza il minimo inconveniente. La colonnina opzionale è fatta benissimo. La testina è decente, a quel prezzo. Usandola qualche piccola incertezza di rotazione se ne va via. Pesa poco e ingombra poco. La sacca è comoda, robusta, più che capiente. Ho dimenticato qualche cosa ? Si, costa meno di altri prodotti come il Leofoto. Per tacere dei gioiellieri europei o americani.
  18. Nikon Monarch M7 è sinonimo di qualità. I modelli M7 (8x e 10x, con obiettivi da 30 e da 42mm) rappresentano il top di gamma. Hanno carrozzeria in metallo rivestita di gomma goffrata, lenti ED, impermeabilizzazione a tenuta stagna e trattamento antiriflesso integrale. Soprattutto sono caratterizzati da un ampio campo visivo che consente una visione chiara e ampia, quasi "grandangolare". il modello oggetto di questa prova è quello intermedio, l'8x42. Qui rappresentato dietro al mio Prostaff 7s 8x30 per evidenziarne ingombro e volume differente. L'oculare destro incorpora la correzione diottrica che presenta un blocco per evitare spostamento dopo la regolazione. I due paraluce sono ampi e comodi. La visione con gli occhiali non ne risente "troppo". i copriobiettivi sono dotati di anello che si avvolge al corpo del binocolo, rendendoli difficili da perdere. Nei modelli delle altre gamme invece devono essere vincolati alla cinghia, il che a volte può essere noioso (io detesto le cinghie e mi da fastidio essere obbligato a montarle !). la sagoma aerodinamica dei due semicorpi, il ponte centrale con l'ampia ghiera di messa a fuoco copriobiettivi su e giù vista anteriore con gli oculari, ben dimensionati. si vede il trattamento antiriflesso in azione sotto a 1800 W/s di flash paraluce estratti dettaglio della ghiera di messa a fuoco, molto ben demoltiplicata. Orgogliosamente viene riportato l'angolo di campo, corrispondente ad oltre 60° di effettivo le caratteristiche tecniche : 670 grammi, 14x13 cm. Ampia distanza di accomodamento dell'occhio (i modelli più piccolo stanno sui 15mm e rendono scomodo l'uso con gli occhiali), la grande pupilla d'uscita, indice di luminosità, ma soprattutto i 145 metri di campo visivo a 1000 metri. accessori dei due modellie 8x30 e 8x42 che condividono l'impostazione COME VA SUL CAMPO splendido in ogni circostanza, sia in piena luce che all'imbrunire. Comodo da "indossare", facile da regolare sia con gli occhiali che senza. La regolazione diottrica è un pò dura ma la cosa non guasta, tanto una volta sistemata non si deve più toccare. La ghiera di messa a fuoco è ampia, a portata di dita, rapida ma soprattutto ben ferma una volta messa a punto. Complessivamente l'esperienza è ottima. Non é un peso piuma ma si tengono benissimo in mano, anche per molto tempo. Si apprezza sempre l'ampio campo di visione, se questo binocolo è usato per avvistamento, più che per osservazione. Nel caso inverso, ricordo che c'è il modello 10x che condivide tutta la struttura, tranne gli oculari. CARATTERISTICHE OTTICHE Effettivamente l'aberrazione cromatica bisogna andarsela a cercare. Nessuna vignettatura in nessun caso, anche usando - come sono costretto a fare io - gli occhiali. Un filo di distorsione geometrica a cuscinetto verso la trequarti del campo inquadrato. Ma solo se guardiamo a linee geometriche perfette. Ma soprattutto lascia sbigottiti la chiarezza di visione, la nitidezza dell'immagine a tutto campo, la capacità di separazione del primo piano dagli altri oggetti, caratteristica di tutti i binocoli Nikon, caratterizzati - tutti - da qualità analitiche elevate, che mi lasciano sempre sbigottito. Sinceramente non riesco a trovare un difetto. O forse si, il cartellino del prezzo (circa 600 euro su Amazon.it, con garanzia Nital 10 anni). è un binocolo molto elegante che, senza essere sfacciato, dice chiaramente di essere un prodotto premium, sebbene non della massima fascia di prezzo. Ma per prestazioni, per avere di più, bisogna spendere cifre a 3 zeri. E sinceramente per un 8x42 da avvistamento non saprei se sia il caso. dettaglio dell'interno con gli attacchi delle lenti la pupilla con in primo piano i riflessi delle superfici trattate - benissimo - dei prismi a tetto. altro dettaglio degli oculari finezza, no poi così necessaria in questo binocolo, l'attacco per l'adattatore da treppiedi a vite. Ma questo è un binocolo da usare a mano libera. Chiudo col raffronto dimensionale tra 8x42 e 8x30, sono due binocoli di classi diverse ma le dimensioni sono confrontabili e consentono di capire dove stia la differenza tra un 42 e un 30. Qualità che si apprezzano quando c'è meno luce, più che sulle caratteristiche generali e che hanno consentito ai progettisti Nikon di fare un binocolo luminoso, nitido, ben proporzionato. A volte troppo piccolo non è un pregio, salvo che non sia necessario avere veramente un oggetto compattissimo perché in casa si hanno già binocoli più grandi (è il mio caso, che amo i 16x e i 20x). I riflessi del flash (verdi nel Prostaff in alto, neutri nel Monarch con lenti ED) fanno chiaramente capire la diversa classe di appartenenza. Insomma, devo dare un giudizio complessivo ? Binocolo premium, di ottime caratteristiche e di qualità ottiche ben equilibrate. Farà felice ogni felice possessore. Ringraziamo Nital Spa, distributore per l'Italia di tutti i prodotti Nikon, per il prestito in visione.
  19. Io adoro i forti ingrandimenti e le lenti importanti. Ma qualche volta è necessario avere per le mani un apparecchio compatto e leggero. Il mio Monarch 10x56 è fantastico ma è grosso e pesa più di un chilo. Alla ricerca di un modello più compatto e dal buon rapporto prezzo prestazioni mi sono studiato la linea dei Prostaff, binocoli caratterizzati da design moderno e funzionale, sfruttando le potenzialità offerte dai prismi a tetto, e dal prezzo abbordabile. qui a confronto con il mio Monarch 10x56 già oggetto di prova su queste pagine qui il corpo è in policarbonato rinforzato in fibra (anziché in metallo). I copriobiettivi sono staccati. Ma per il resto l'impostazione è simile in rilievo le specifiche, dorate riportate davanti e dietro dove c'è anche l'ingrandimento e l'angolo di campo apparente vista lago lato obiettivo e oculare dove possiamo vedere la pupilla e il complesso delle superfici riflettenti interne. qui invece in primo piano il meccanismo di snodo per cercare il miglior confort di visuale a seconda della distanza tra i propri occhi. I punti luce illuminati di verde ci dicono qualche cosa del trattamento superficiale ma ancora di più della composizione dello schema ottico che non fa uso, come nella serie Monarch, di lenti ED. il corpo è rivestito di superfici texturizzate a prova di scivolo. Maneggevole e compatto, sta benissimo in mano. Pesa poco più di quattro etti e trova posto in qualsiasi borsa o zaino. le caratteristiche prese dal sito Nikon Imaging. L'estrazione pupillare è un filo meno dell'ideale. Ed infatti nell'uso con gli occhiali si nota. Rimarco comunque le dimensioni di 12x12 cm per 5 di profondità e il peso di 415 grammi. Il campo visivo è un filo contenuto come confermato dalla visione a 1.000 metri, di 114 metri, più simile a quella di un 10x che di un 8x. nell'osservazione a distanza, questo si avvicina all'inquadratura permessa da un 300mm in fotografia a 35mm. Mi è arrivato nella classica scatola dei binocoli Nikon acquistato su Amazon, è Nital con garanzia regolare di 10 anni. l'intero contenuto più i manuali non vi spaventate di queste riprese di studio che lo fanno sembrare enorme, è piccolissimo. come confermato in questa immagine che lo vede davanti ad un Monarch M7 8x42 con in fondo il Monarch 10x56. qui le cose ridiventano "normali", con i paraluce estesi. Notare la dimensione generosa della ghiera di messa a fuoco. qui in dettaglio, in evidenza anche la regolazione diottrica, sull'oculare destro. qui ripresa da sotto Made in China ma comunque con matricola regolare. i copriobiettivi. Gli unici elementi insieme alla mascherina coprioculari, chiaramente "cheap". COME VA ? Ho detto che è compatto e leggero ? Beh, lo ripeto, è compatto e leggero. Ma è anche robusto, sembra un bull-dog. In mano sta benissimo nonostante la taglia minuscola. Si regola al volo sia per quanto riguarda la distanza interpupillare che per la messa a fuoco. E' effettivamente un pò ridotta l'estrazione pupillare. Tutto sommato, regolata la correzione diottrica, mi sono trovato meglio senza occhiali. Ma con i paraluce ritratti anche con gli occhiali - da sole o da vista - si usa bene. La messa a fuoco è fluida e decisa. Io riesco a seguire bene anche persone in movimento. Persino i miei cani se non corrono. Tutto sommato non è uno di quegli oggetti che ti fanno guardare male dai passanti, nessuno ha minacciato di chiamare la polizia mentre lo usavo sul lungo lago. PRESTAZIONI Nonostante gli obiettivi da 30mm - minuscoli effettivamente - la luminosità relativa è buona. Però sconsiglierei di prendere il modello 10x. Evidentemente il trattamento delle superfici riflettenti dei prismi è funzionale. Per avere di meglio si deve necessariamente optare per un modello con lenti più grandi. In termini di correzioni ottiche, le aberrazioni cromatiche si notano ma andandosele a cercare. Sono sottolineature verdi o magenta a seconda della caduta di luce. Ottima la risposta ai riflessi. Non ho notato alcuna vignettatura, quello che temevo come punto debole visti i 30mm. La messa a fuoco minima è di poco più di 150 cm. Che potrebbe essere utile in qualche circostanza, anche se io vedo i binocoli strumenti per vedere almeno a qualche decina di metri. Abbastanza evidente una distorsione a cuscinetto, spostandosi verso la tre quarti dell'immagine, da entrambi i lati. Nel complesso però - vista la destinazione di un binocolo di questa classe, pagato 164 euro - la visione mi pare senza pecche. Eccellente l'acuità che permette di leggere quanto i vostri occhi vi permettono di distinguere a seconda della distanza. Al centro l'immagine è nitidissima e materica. Permane l'effetto di stacco dallo sfondo del piano di messa a fuoco, tipico di tutta questa classe di binocoli, che rende la visione da effetto wow ma un filo bidimensionale per lo schiacciamento degli oggetti. CONCLUSIONI Mi aspettavo di peggio. Anzi, non sapevo cosa aspettarmi. Ma nella realtà credo che questo sia uno dei miei migliori acquisti di materiale Nikon degli ultimi anni. Con questi soldi non si compra nessun obiettivo, qui abbiamo un bel binocolo impermeabile, ben costruito, leggero, compatto, prestazionale, poco costoso, facilissimo da usare e che non richiede alcun accorgimento per sfruttarlo al meglio. Facilmente mi seguirà più dei suoi fratelli più potenti, per il pregio di sapersi nascondere nella borsa o nello zainetto. Se devo trovare il pelo nell'uovo, veramente (perché la qualità un pò economica dei coprioculari e copriobiettivi o della cinghietta mi sembrano peccatucci veniali) è l'angolo di campo un pò ridotto. Per il resto credo che per avere di meglio si debba salire di prezzo a livelli tali che forse non vale la pena spendere per un semplice 8x30 da "appoggio". Intanto che provavo questo binocolo di cui sono assolutamente soddisfatto, mi informano dalla regia che è uscita la nuova linea Prostaff P7 di cui abbiamo dato notizia in questi giorni. Le caratteristiche del modello 8x30 sono simili ma ... il campo visivo è nettamente superiore (8.7° e 152 metri contro 6.5° e 115 metri) a costo di dimensioni e peso leggermente superiore. Ne proveremo uno se sarà disponibile per vedere come Nikon è riuscita a migliorare un progetto già di livello estremamente interessante. se non vi basta un Prostaff 7s, Nikon vi propone un Monarch M7, qui in versione 8x42 e lenti ED. E' bello poter scegliere tra oggetti di questo livello.
  20. Non è ancora il mio ma è un esemplare definitivo. La commercializzazione comincerà il mese prossimo, questo è soltanto in visione grazie a Nital, distributore nazionale dei prodotti Nikon. Ma spero che il mio arrivi presto perché ne sono già innamorato ... Intanto vi propongo l'unboxing. Chi lo ha ordinato, porterà pazienza, ma quando arriverà il suo, sarà esattamente così. Quindi è come se lo facessimo qui, tutti insieme. Arriva in una scatola di cartone con ben evidente la garanzia e la distribuzione regolare anche sul lato superiore aprendo il cartone si vede la sagoma della sacca CL-L3 sotto all'imballaggio di protezione bugnato. mi libero della scatola ed ecco qui la sacca di protezione - chiamarla astuccio mi pare riduttivo - e i manualetti di garanzia multilingue. un dettaglio vezzoso, le cinghiette gialle per tirare le due zip di apertura della sacca. il marchio Nikkor cucito in argento all'interno altre protezioni in spugna la cinghia ... il basamento della sacca è in cordura rinforzata con inserti plastici ecco qua : obiettivo, paraluce e cappa parapolvere molto ben rifinita il meccanismo di blocco/sblocco del paralucione in plastica ma eccolo qua, lui, che si prende tutta la scena : tutti i dettagli sono nella più piena ultima tendenza dei Nikkor S, quella inaugurata con il 105/2.8 S (ghiere diamantate) E non aspetto ulteriormente per montarlo sulla Z9. O meglio, per montare la Z9 dietro al 800mm ... per confronto ho scelto i miei due lunghi, il bellissimo 500/5.6 PF di cui non intendo privarmi, e il nuovo 100-400 Z che è il mio compagno di giochi di questi mesi Insomma, questo è il tour di unboxing. Le prime impressioni sono notevoli ma non ve le voglio anticipare. Dico solo che da terra, della casa di fianco riesco ad inquadrare soltanto il camino della cucina sul tetto ... La messa a fuoco fulminea. Si tiene bene in mano anche a mano libera. La separazione dei piani mi pare eccellente per questa focale. Ma di foto con questo capolavoro parleremo nei prossimi giorni Ultimi dettagli : la S dei Nikkor Superiori il piedino del treppiedi visto da sotto dettaglio delle viti di connessione. Si svitano. Aspettiamo un ricambio Arca Swiss vista laterale ancora una ripresa, artistica, delle incisioni. la focale e posato sul piano.
  21. Il Trioplan è una di quelle leggende. Quali leggende ? Quelle leggendarie ottiche di cui si racconta nelle sere d'estate attorno ai fuochi, con i cani accucciati e gli umani affratellati dal mito. Un obiettivo - parliamo dell'originale - che affonda le radici in un disegno semplice, il tripletto di Cooke, del 1916. Meyer Optik di Gorlitz (una cittadina della Sassonia orientale, al confine con la Polonia attuale), società fondata da Hugo Meyer che grazie anche alla collaborazione del progettista Paul Rudolph (il papà del Planar e del Tessar quando lavorava per Zeiss) negli anni '20 arrivò a fare anche 100.000 obiettivi l'anno. Il Trioplan costava meno del Tessar perché, appunto, aveva solo tre lenti al posto di quattro. il mio esemplare è un pò più recente, perché risale al dopoguerra, quindi alla produzione della ex-DDR, quando Meyer-Optik in qualche modo visse le vicende della stessa Zeiss della vicina Jena (dove aveva sede la Carl Zeiss storica, almeno la parte rimasta all'est dopo la divisione delle due germanie). ha una matricola abbastanza alta che lo identifica come una delle ultime serie in alluminio estruso, con incisioni bianche e nere. e l'identificazione già in millimetri (2.8/100, mentre gli esemplari precedenti avevano la focale in cm) penso che sia stato prodotto intorno al 1958 o giù di li. Il disegno però è conforme all'originale, ed ha attacco Exakta. Successivamente questi obiettivi avranno finitura nera (e qualità inferiore) fino alla fine del "collettivo" che farà chiudere i battenti alla società (nel 1990 Meyer-Optik è stata incorporata da Carl Zeiss e poi liquidata. Non confondiamo quella Meyer-Optik con la ripresa del marchio avvenuta con varie vicissitudini negli ultimi anni per riproporre alcuni degli antichi progetti in chiave moderna a prezzi adatti ai gonzi. Le accomuna il marchio e nulla più. Ma prima di andare alle radici del .... mito, la spiegazione del perché ne parliamo sulle pagine di Nikonland. Ho acquistato questo obiettivo una decina di anni fa, prima che le sue quotazioni raggiungessero valori inconfessabili, a seguito della comparsa di adattatori che ne consentivano l'uso, chiaramente in manual focus, sulle mirrorless. Ma noi di Nikon siamo andati oltre ... grazie al MEGADAP MTZ11 di Gabale. Il Meyer-Optik Trioplan deve la sua leggenda alle sue qualità ottiche che ne determinano effetti di sfuocato onirici. Ma noi nikonisti possiamo usarlo in autofocus grazie al MEGADAP MTZ 11 infatti eccolo qua montato sulla mia Nikon Zfc con adattatori di tiraggio il MEGADAP MTZ11 (LEICA M -> Nikon Z) e un ulteriore adattatore cinese "stupido" Exakta-> Leica M i due adattatori separati dal corpo macchina e dall'obiettivo il MEGADAP MTZ11 permette di far diventare "autofocus" praticamente tutti gli obiettivi manual focus esistenti. Direttamente se con attacco Leica M, grazie ad un altro adattatore per Leica M se nativi per un altro attacco, come è il caso del mio Trioplan. come vedete, il suo fascino post-moderno lo mantiene, con la sua struttura in alluminio naturale, le parti in ferro (debitamente arrugginite) e i tanti segni e graffi dei suoi più di 60 anni. Oddio, questo è l'unico obiettivo più vecchio di me ... che sono disposto ad usare su una Nikon. Nella realtà avrete letto su queste pagine che io non amo adattare vecchie glorie su macchine moderne. Questa è una eccezione per tributare gli onori ad un fossile ben conservato ma soprattutto ad un congegno geniale che ne permette l'uso anche a me che vado esclusivamente di autofocus. Andando a considerazioni più tecniche, se lo sfuocato lo dobbiamo allo schema semplice e al diaframma a 15 lamelle, l'uso è caratterizzato da un elicoide a lunghissima corsa, circa un giro e mezzo per andare da 1.1 metri all'infinito. Una cosa che mette in difficoltà il Megadap che ha un movimento di 6mm in tutto. Ma tutto si risolve, basta mettere grossolanamente a fuoco ad occhio e poi premere il tasto messa a fuoco. Magia : il MEGADAP centrerà il fuoco sul soggetto, dove avete messo il cursore della messa a fuoco. Con il Trioplan però si compone per lo sfuocato, perché le foto normali sono poco significative, caratterizzate solo da una eterea presenza, dovuta al contrasto bassissimo che questo obiettivo produce. é il caso ad esempio di questo scatto che ha cercato solo il colore o meglio, i colori o questo, ancora più una tavolozza di gialli qui invece cominciamo ad inquadrare le potenzialità dell'oggetto : siamo a diaframma aperto, ovviamente, il soggetto in primo piano è abbastanza visibile mentre dietro, sul nero, compaiono i giochi del diaframma Ma andiamo al titolo dell'articolo, Trioplan e Tulipani, perchè ho atteso che i miei tulipani fiorissero per fare le foto necessarie a questo articolo e qui Gauguin chiama mano a mano Cezanne e poi Van Gogh con tinte che da pastello diventano più o meno intense a seconda della temperatura della luce, del sole, delle ombre, del contrasto tra il soggetto e ciò che gli sta dietro fino all'apoteosi dei punti di luce, scelti con gli occhi, non casuali. Il Trioplan è un obiettivo otticamente mediocre se lo si usa con gli occhi del ... geometra. Bisogna liberare la fantasia e curare la mente per ricavarne immagini di un altro mondo. Come nella carrellata che aggiungo qui, ringraziando Hugo Meyer, Paul Rudolph e il Signor Nikon che ha creato una fotocamera in grado di attirare la creatività di tutti noi, compresi Gabale e il suo MEGADAP MTZ11 Ringraziamenti : a mia madre per i tanti tulipani comprati insieme e coltivati con amore a Nikon per la mia Zfc (anzi, per le mie Zfc con cui ho realizzato questo articolo) ad Ebay che mi ha permesso di comprare per 250 euro il Trioplan quando adesso ce ne vogliono 500-700 a Megadap per l'eccezionale MTZ11 ad Amazon che vende adattatori per mirroless a meno di 20 euro (come è il caso di questo noname per Exakta su Leica M)
  22. La prima volta che ho fotografato le Ferrari FXX a Monza, una la pilotava Michael Schumacher ed al suo fianco c'era un atterrito Jean Todt. Oggi in Autodromo c'erano quelle FXX e anche il modello più recente. Ma c'era anche la F1 di Michael Schumacher e al volante c'era uno che ha il casco di Michael Schumacher. Per me appassionato di auto e di Ferrari, l'emozione è stata tanta. Non solo per le auto ma perchè oggi sono potuto tornare in autodromo dopo tre anni. E ci sono andato per la prima volta con la Nikon Z9 (accompagnata dal Nikkor Z 100-400/4.5-5.6 S, obiettivo che ho acquistato per usarlo proprio qui). Una nota di colore. Oggi e domani si svolge un evento a porte chiuse, sono le Corse Clienti della Ferrari, un programma ultra-riservato e destinato ai pochi fortunati (e ricchissimi) clienti Ferrari in grado di potersi permettere una vera F1 o una FXX (che è in pratica una F1 a ruote coperte) più l'assistenza in pista di un team di tecnici e meccanici della Scuderia Ferrari insieme a tutor affermati come Marc Gené. Un'altra nota di colore. L'autodromo era formalmente aperto ma in pratica se si poteva entrare non si poteva andare da nessuna parte. Le tribune erano chiuse e ci sono lavori in corso ovunque, almeno lato "bosco" che è in corso di ripiantumazione. Tante tribune poi, anche famose come le due terminali della "Roggia" o tutte quelle iniziali della "Ascari" sono state rimosse. Spero per rifarle nuove. Anche se al momento non c'è traccia. Come se non fossero mai esistite ... Ma andiamo a noi. A parte i 7 km di passeggiata nella natura, non ero sicuro di veder girare le auto. Ma la presenza di commissari, ambulanze e servizi anti-incendio mi ha rassicurato. Ho scattato dall'unico posto in cui c'era ... posto. Quindi foto e video risulteranno monotoni. Speriamo in maggiore varietà quando l'autodromo tornerà frequentabile. Speriamo presto (anche se per ora resta solo la ... Speranza, al riguardo !). Non ricordo più quando è stata l'ultima volta che sono stato in autodromo con la D5. Dal 2018 ho cercato di andarci con le Z7 e Z6. E poi sappiamo cosa è successo negli ultimi due anni. Ma ad un occhio abituato a queste condizioni devo ammettere che sulle prime il mirino, pur eccezionale della Z9 qualche penalizzazione rispetto a quello fantastico della D5 (con il sole e il chiaro di oggi) l'ha mostrata. C'é un filo di lag (ma estremamente ridotto) e la visione non si scappa, è video. Ma sono bastati 10 minuti di scatti in totale silenzio e con i 20 sontuosi frame al secondo per capire che sono tutte fisime. Certo, in futuro ci sarà spazio per migliorare ancora anche questi aspetti e con un sensore da 1 ms di tempo di lettura e un mirino a più alto refresh serviti da un processore 10 volte più veloce avremo una realtà migliorata. Ma già oggi così è stato semplice adeguarsi al sistema. Per lo più ho usato il 100-400 moltiplicato. Le distanze sono tali che si scatta ~500mm. Anzi, sul rettilineo e nei video ho approfittato del fattore di moltiplicazione 1.5x del formato DX per incrementare ancora il dettaglio, forte dei 45 megapixel di base del sensore della Z9 che ho modulato in 24 megapixel in full-frame e in 20 megapixel in DX. Per il resto è commovente vedere come il riconoscimento automatico dell'autofocus pesca al volo le auto, non importa che abbiano ruote coperte o scoperte e non importa a che velocità vadano : le pesca al volo. Tanto che ho fotografato praticamente sempre così. E anche in video, in AF-F mi sono fidato del tracciamento automatico, sempre perfetto con il soggetto in primo piano perfettamente nitido. Come sempre nello sport ho scattato in jpg, in questo caso Normal+, ritengo inutile conservare file più grandi. Anche perché nei panning io cerco il tempo limite inferiore. E non sono certo condizioni da ingrandimento murale e ispezione con la lente di ingrandimento ... Autofocus promosso, ben assecondato dalle prestazioni silenziose e sicure del 100-400mm, anche se moltiplicato e praticamente sempre ad f/8. Unico punto da segnalare ma non ho abbastanza esperienza per definirne i contorni, il fatto che settando la "priorità alla messa a fuoco" in alcuni casi la macchina ha rifiutato di scattare. Ma passando in modalità mista fuoco/scatto, non ci sono più stati problemi. Poco importa, mi sono divertito come un matto. Aggiungo poche foto, non si tratta di capolavori ma di foto di prova, e, nei commenti, dei video, a mio avviso di grande qualità considerando che tenevo tutto a mano libera e che io non sono granché esperto in questo campo. La fluidità del movimento è eccellente e anche l'audio, con il microfono incorporato, non mi pare male. Schumacher, Vettel, Alonso ... Gené ? altre foto nei commenti, domani Oggi sono stanco ma appagato
  23. Il mio test sul campo della Z9 (e di qualche lente). Eccomi qui, a raccontarvi di una bellissima avventura. La prima, dopo anni di covid, di incertezze e paure. Paure che hanno condizionato la scelta del dove, del quando e del come questa avventura si sarebbe materializzata, ma non la mia voglia di andare. Un racconto che però contiene anche una milestone importante: il mio primo viaggio fotografico privo di reflex. Si, perché sono andato con la Z9 - quella di Mauro, ancora fatico a credere che il suo altruismo sia arrivato a propormi di prestarmela - la Z6II come back-up e secondo corpo, il 24-120/4S, il 100-400/4-5.6S (sempre di Mauro) ed il 500/5.6PF su FTZ. La destinazione il parco Dovrefjell, in Norvegia. Obiettivo fotografico riprendere i Musk Ox, un relitto dell'era glaciale che vive qui ed in pochi altri posti al mondo, nel loro trascorrere l'inverno sulle montagne. C'ero già stato nel 2016, ne raccontai sul vecchio sito, portandone a casa un vivido ricordo, che con questo viaggio ho aumentato esponenzialmente. Ma non è stato facile, io e Marco, l'amico con il quale ho condiviso tante giornate sul campo, abbiamo dovuto guadagnarcela. A cominciare dall'inizio: la guida che avrebbe dovuto accompagnarci il primo giorno, in modo da assicurarci di trovare gli animali, non può più farlo e ci propone di andare insieme il mercoledì. Perdere metà settimana per noi non è solo inopportuno, è impossibile. Non ci perdiamo d'animo. Ho la traccia GPS per raggiungere il posto dove li trovammo nel 2016: cominceremo da li, da soli. La giornata non è delle migliori. O forse si se piace la montagna. Dove erano nel 2016 ora non ci sono e, per trovarli, camminiamo oltre 10km solo andata, sbinocolando qua e la. È pomeriggio inoltrato, siamo disidratati e stanchi, preoccupati dal ritorno. Ma il cielo è fatto di luci epiche e contiene una sorpresa: una bellissima Golden Eagle. Questa non è solo la prima immagine ripresa lassù con la Z9, ma quasi un manifesto di cosa può fare il suo sensore in luce che definire sfidante è poco. E pure il suo autofocus. Il tutto anche a chi è al suo primo giorno di utilizzo, purché sappia come usare una Nikon! Z9 su 100-400/4-5.6S@280mm 1/500 f8 ISO64 Ah, i Musk Ox. Si, trovati! Z6II su 80-400/4.5-5.6@220mm 1/320 f7.1 ISO140 Lo dico subito, non è una cosa da super uomini. Ma a chi dei lettori vorrà andare lassù consiglio di allenarsi ed equipaggiarsi con cura. Quel giorno all'auto la temperatura era di -17°C, lassù di sicuro diversi gradi in meno. Ma spesso in quota, a noi è capitato ogni pomeriggio e l'ultimo giorno già dal mattino, c'è vento molto forte e la temperatura percepita è inferiore. Ancora di più quando si è stanchi. Ma è bellissimo. Almeno per me. Z9 su 100-400/4.-5.6S@100mm 1/400 f5.6 ISO100 Z9 su 100-400/4.-5.6S@400mm 1/400 f8 ISO400 Z9 su 100-400/4.-5.6S@100mm 1/125 f11 ISO180 Z9 su 100-400/4.-5.6S@400mm 1/400 f8 ISO640 In breve il tempo è peggiorato, la neve scende fitta ed il vento continua a montare. Cosa che scopriremo essere abituale nella settimana in cui siamo stati li: tutti i pomeriggi il tempo è stato variamente.... orribile. Ed il vento è passato da raffiche forti a costantemente forte. Z9 su 100-400/4.-5.6S@185mm 1/640 f8 ISO400 Le nostre energie sono finite, tempo di scendere. Sarà dura, siamo veramente stanchi e la distanza da percorre per tornare enorme. Gambe di piombo, ma cuore leggero: li abbiamo trovati. E senza aiuto. Per noi vale doppio, anzi quadruplo. Io ho un sorriso in più: la Z9 mi sta già conquistando. Davvero ho tra le mani la mirrorless capace di farmi dimenticare la D5! E pure il 100-400, unica lente che ho portato con me in questa prima esplorazione, mi sembra lo strumento professionale solido e capace di produrre costantemente risultati. Il giorno successivo lo trascorriamo riposando, mangiando per recuperare le energie e cercando un passaggio più diretto per raggiungere gli animali camminando meno. Ci riusciamo, prima attraverso un attento esame delle cartine poi con una risolutiva conversazione con un ranger. In un attimo è già mattina....Questa immagine è una nuova testimone delle qualità del sensore di questa Z9. Francamente non sono sicuro che questo JPG sia capace di restituire le delicatissime sfumature di colore in quelle nuvole di neve portata dal vento attraverso i primi raggi del sole. Z9 su 100-400/4.-5.6S@400mm 1/400 f5.6 ISO100 Ma è una mattina piuttosto diversa dalla giornata soleggiata che abbiamo avuto lunedì. La prossima, correggetemi se sbaglio, è la prima immagine con il 24-120/4S. Per me è diventato un must have, niente di meno. Non so se publicherò un test "scientifico". Ma credetemi: va benissimo, a tutte le focali e diaframmi. Vignetta un poco, mi da fastidio l'idea ma è totalmente risolvibile in post produzione. Z9 su 24-120/4S@120mm 1/200 f5.6 ISO64 Stiamo tornado su per il nuovo percorso che abbiamo trovato. Non siamo soli e confesso che a me fa quasi piacere: Sono spazi immensi, l'uomo si sente piccolo. Di fatto, in una natura così, lo è di sicuro. Z9 su 24-120/4S@120mm 1/200 f13 ISO64 Loro sono tre norvegesi, una guida e due clienti. Passeranno 2 notti lassù in tenda, per farlo salgono con le pulkas, le famigerate slitte, per trasportare tutto il necessario. Le ho provate nel 2016, molto dura tirarle su. La frase "Quanto ti senti vivo, eh?" che mi ha ispirato il titolo di questo articolo è sua. Me l'ha chiesto appena ci siamo incrociati, probabilmente avevo una espressione strana sul volto. "Un sacco!" gli ho risposto sorridendo E questo è il quarto essere umano incontrato. Un norvegese in sci. Scende. Z9 su 24-120/4S@120mm 1/250 f11 ISO64 Ma prima ci si è avvicinato per darci due notizie, entrambe interessanti. La prima è che i Musk Ox sono spariti. La seconda è che lui torna subito giù, le previsioni del tempo dicono SNOWSTORM e lui non vuole trovarcisi in mezzo. Capito che noi proseguiremo nonostante tutto, ci dice dove non li ha trovati (che è dove li abbiamo trovati lunedì, per oltre 1km a seguire e più sotto) e ci augura "good luck". In pochissimo, scivolando, è lontano. Siamo divisi tra il fatto che le previsioni del tempo che abbiamo visto noi sono decisamente migliori delle sue (ERRORE maiuscolo, vedremo poi) ed il senso di disperazione di trovarsi di nuovo senza soggetti da fotografare. Ma dura poco, tiriamo fuori i... la voglia di fotografare e decidiamo di salire ben più su, in modo da avere un punto di vista elevato. Chissà, alla fine sarà un posto diverso e magari saranno là. O forse da lassù riusciremo a vederli con i binocoli. Beh, bisogna crederci. E lo facciamo. Un'ora dopo troviamo questo: un Musk ox è passato di qui (già, per chi non lo sapesse il bue muschiato appartiene alla famiglia delle capre e le sue fatte sono a pallini; più o meno un ungulato e Silvio sa che vuol dire)! Z9 su 24-120/4S@29mm 1/250 f11 ISO64 Nel frattempo la Z9 si conferma sempre più come tool ideale, in quanto capace di essere a proprio agio sia fotografando animali sia fotografando paesaggi. Vedremo, per chi ha la pazienza di arrivare in fondo, i punti di forza che ho trovato in questo intenso test sul campo. Insomma, avanti avanti avanti.... li troviamo ancora! sono laggiù. Provo a scendere ma è troppo ripido per le ciaspole che abbiamo affittato, senza ramponi posteriori. Ed allora le togliamo, scendiamo solo con gli scarponi. Ripido e lungo, poi sarà da risalire. Ma li abbiamo trovati ancora!!!! Z9 su 100-400/4-5.6S@400mm 1/400 f5.6 ISO72 Z9 su 100-400/4-5.6S@400mm 1/500 f5.6 ISO64 Z9 su 500/5.6PF+TC14@700mm 1/500 f8 ISO360 Il tempo sta peggiorando velocemente, ancora una volta il pomeriggio porta neve e vento. Ma non è come lunedì. È molto, molto più forte. Aveva ragione lo sciatore norvegese. Z9 su 500/5.6PF+TC14@700mm 1/800 f8 ISO1100 I Musk Ox sembrano averlo sempre saputo, sia perché sono diversi Km lontano da dove erano ieri sia perché stanno fermi, come a risparmiare le energie. Il maschio dominante sta un poco discosto dal resto del branco. È il più forte e lo sottolinea agli altri che cercano riparo dal vento l'uno a ridosso dell'altro. E così controlla noi che siamo lontani e pur sempre degli intrusi nel loro mondo. Z9 su 100-400/4-5.6S@100mm 1/100 f16 ISO320 Incontriamo i tre norvegesi, hanno allestito il campo e seguito le nostre tracce per trovare gli animali. Stiamo insieme pochi minuti, noi dobbiamo assolutamente scendere. La velocità con cui la tempesta si abbatte su di noi preoccupa tutti e la guida ci chiede conferma di essere in grado di scendere, di conoscere il percorso da seguire e di poterlo fare con quel tempo. Lo rassicuriamo, siamo esperti di montagna ed abbiamo 2 GPS. Z9 su 100-400/4-5.6S@400mm 1/200 f11 ISO800 Ma fa davvero paura... "Quanto ti senti vivo, eh?" Qui è Marco, che bilancia la necessità di fare in fretta con quella evitare di prendere dei rischi. Una distorsione, qui ed ora, sarebbe veramente un problema. Z9 su 100-400/4-5.6@100mm 1/400 f5.6 ISO500 Continua a peggiorare. Non ho fotografie di come sono state le ore successive. Mai sperimentato una tempesta di questo genere, all'aperto senza alcun riparo. Il vento ti spara in faccia la neve orizzontalmente, senza le maschere sarebbe impossibile camminare nella direzione che dobbiamo seguire. Ma le raffiche, la totale assenza di visibilità - 2 o 3 metri al massimo - ed il terreno che poco dopo torna piatto rendono molto difficile capire dove andare. Il GPS è ostacolato dal fatto che, bersagliati dalle raffiche, continuiamo a zigzagare e non ci da indicazioni chiare. Questo il meglio che siamo riusciti a fare, registrato dal GPS. Il ricciolo è nel centro del pianoro. Scopriremo che è stata una tempesta fortissima e che gli animali, evidentemente percependone l'arrivo, si sono spostati così tanto per cercare un minimo ridosso. La statale E6 - collega OSLO a Trondheim, una delle arterie principali del paese - chiusa per ore perché gli spazzaneve non riuscivano a passare. Al punto che tornati all'auto saremo obbligati ad andare in direzione opposta a quella necessaria a raggiungere il nostro Cabin. Ma abbiamo assoluto bisogno di bere, mangiare e dormire. Siamo esausti. Ancora. Ma niente che una buona cena ed una notte di sonno non possano risolvere! Questa è l'alba del giorno dopo, dalla finestra dell'hotel dove abbiamo trovato da dormire. L'ho già detto che la Z9 ha un sensore che incredibile? Z9 su 100-400/4-5.6@100mm 1/400 f5.6 ISO140 Al mattino, la strada che ci riporta al Cabin, finalmente pulita dallo spazzaneve, si presenta così. C'e molto meno vento di ieri, anche se 17m/s sono 61km/h! Z9 su 24-120/4S@83mm 1/800 f11 ISO400 Altro giorno di riposo, anche dallo stress psicologico. Ma non rinunciamo ad un giretto dietro casa. C'è una luce molto speciale. Questo tempo, a queste latitudini ed in questa stagione è una miscela unica. Z9 su 24-120/4S@51mm 1/50 f11 ISO64 La Z9 favorisce riprese ad angoli estremi, come questa: Z9 su 24-120/4S@24mm 1/25 f16 ISO64 Ottenuta così, grazie allo schermo estraibile e basculabile. Z6II su 24-70/4S@28mm 1/80 f11 ISO100 Ma il richiamo della montagna è troppo forte, vogliamo fotografare ancora i Musk Ox. Allora il giorno dopo si torna su. Questo sono io, sul pianoro dove non riuscivamo ad orientarci mercoledì. Di nuovo vento forte, maschere indispensabili, ancora. Ma non nevica. Z6II su 80-400/4.5-5.6@80mm 1/250 f8 ISO100 Non nevica dal cielo, ma il vento è fortissimo. E spazza i pendii senza tregua. Difficilissimo inquadrare e comporre. Z9 su 500/5.6PF+TC14@700mm 1/1000 f8 ISO320 Gli animali sono molto irrequieti. In questa stagione non corrono, per risparmiare energie. E non siamo certo noi a spaventarli (siamo a circa 200mt, impossibile tentare un avvicinamento in queste condizioni) anche perché questo maschio corre verso di noi. Z9 su 500/5.6PF+TC14@700mm 1/1000 f8 ISO400 Tanto vento cancella ogni traccia in pochi minuti. Z9 su 24-120/4S@24mm 1/1250 f16 ISO64 I tre norvegesi hanno trascorso con noi le ultime ore. Il freddo è molto intenso ed oggi mollano prima loro, tornano finalmente in valle. Non riesco ad immaginare come debba essere stata la loro notte in tenda! Probabilmente loro non si spiegano come facciamo a fare avanti ed indietro, a macinare tutti quei Km e quei dislivelli con quello zaino. Z9 su 24-120/4S@120mm 1/1600 f13 ISO64 Dopo pochi minuti faremo la stessa cosa, l'avventura è alla fine anche per noi. Ora, una settimana dopo essere rientrato a casa, al caldo, è tempo di bilanci. È tempo di farsi domande e trovare, non solo nei ricordi ma anche nei file, le giuste risposte. Come va la Z9? Ho trovato i seguenti punti di forza: - Dimensioni adeguate, anche nell'uso con i guanti - Impugnatura confortevole, anche con lenti lunghe - Grande reattività, è un purosangue come la D5 - Batteria di grande capacità, anche nel freddo intenso - 1500 scatti con il 60% di una carica a -20°C - Lo spostamento del bottone di riproduzione immagini (da in alto a SX ad in basso a DX), che a primo impatto mi è parso un errore, rende possibile vedere a mirino le immagini scattate senza spostare la mano sinistra (che sorregge l'obiettivo) - Possibilità di ridurre l'area usata nel mirino, rendendo più semplice fotografare a chi porta gli occhiali (e con la maschera). - Migliori sensori di prossimità sull'oculare, non impazziscono con la neve come quelli della Z6II - Migliori ghiere di regolazione tempi e diaframmi - Migliore possibilità di personalizzazione delle informazioni visibili a mirino, compresa la visione dell'avvenuto scatto (e sfido chiunque fotografi al vento con i guanti a dire che sia inutile) - Area di messa a fuoco che diventa verde a fuoco raggiunto anche in AF-C (una delle peggiori mancanze di Z6II e Z7II) - Area AF Wide che veramente mette a fuoco sul soggetto più vicino, come i gruppi della D5 - Eliminata la tendenza a "cadere sullo sfondo" se più luminoso del soggetto - Migliore qualità del mirino, evidentissima nell'uso "fianco a fianco" - avendo l'accortezza di impostare un PC FLAT - Tendina a protezione del sensore al cambio di lente, di enorme utilità in ambienti ostili come questo - File molto belli, pastosi. Almeno tra 64 e 3200 ISO. Punti di debolezza? - Peso ed ingombro. Dopo tanto uso di corpi piccoli, soprattuto in montagna, si fanno sentire. Per chi ne fa un uso come il mio più che difetti questi sono caratteristiche e sono ampiamente compensati dai vantaggi che un corpo così garantisce. Per gli altri? l'ho già scritto: è grossa e pesante, secondo me ne vedremo un sacco in vendita appena uscirà un corpo più piccolo con questo sensore. In sostanza, non ha battuto ciglio. Sui 3000 scatti fatti ne ho fuori fuoco poche decine, nonostante aver sempre fotografato a mano libera, con focali da 24 a 700mm ed in un vento micidiale. Un vero strumento professionale Nikon. Qui mi aspetta fedele mentre bevo una tazza di te dal thermos. Quindi è promossa? A pieni voti! Ora qualche mese di pazienza, aspetto buono buono che Nital si decida a mandare da NOC la mia!!!! Massimo Vignoli per Nikonland(c) 8/3/2022
  24. appena arrivato da una due giorni di "contatto" con la Z9. Ma dovrete attendere domattina per leggere l'articolo. Adesso sono ...s t a n c o ! *** il totem che ci ha accolti fuori dal circolo sportivo dove si è tenuta la presentazione della Z9. i giornalisti presenti in sala la presentazione dell'evento da parte di Marco Rovere, responsabile PR di Nital e la presentazione vera e propria da parte del Product Manager, Giuseppe Maio cui lascio sintetizzare l'imbarazzante lista di caratteristiche della Nikon Z9, troppo lunga per qualsiasi presentazione "concisa" : ZFC_9904.mp4 il programma della giornata che comprendeva sessioni in interno e all'aperto per saggiare le prestazioni della Z9 di cui c'erano sei esemplari a disposizione. Alcuni scatti fatti in palestra durante la prima sessione. E poi fuori, ad un gruppo di runners Il residuo di corpi ed ottiche portati da Nital per l'evento Ma sabato c'è stato anche un evento a Milano, riservato ai fotografi NPS, invitati singolarmente (circa una cinquantina) che hanno potuto provare la macchina e fare tutte le domande necessarie senza alcuna formalità allo staff NPS di Nital. Ho visto persone molto interessate ed espressioni molto eloquenti se non proprio di sorpresa, di soddisfazione per il nuovo prodotto e la sua gamma di obiettivi, presente e futura. *** Fin qui due parole necessarie di presentazione degli eventi e di ringraziamento per averci invitati (Max non è potuto venire per altri impegni, visto il breve preavviso, io ho il vantaggio di stare a due ore di macchina da Torino e ad un'ora scarsa da Milano, quindi per me è stato più facile liberarmi). Ma adesso andiamo alla macchina e alle mie prime impressioni. Ovviamente parziali perchè non basteranno dei mesi per esprimere un giudizio compiuto ed approfondito su una macchina che non solo è rivoluzionaria ma che, lo sappiamo già, evolverà rapidamente e forse anche profondamente mano a mano che gli ingegneri Nikon completeranno i processi di sviluppo del firmware. PRESA IN MANO Alcune sensazioni, sono commoventi. Il ritorno della torretta di sinistra, finalmente utile a differenza di quella semplificata delle altre Z. Torna il selettore della modalità di automatismo (MODE) a tastino (non il PASM delle macchine amatoriali). E la raffica, da scatto singolo alla nuova raffica super-veloce da 120 fps. ma ancora più commovente e da lacrimuccia persistente il ritorno della combinazione per fare il FORMAT senza andare nel menù ... che è posto sul tastino ISO per una azione a due dita con due mani. La foto sopra mostra il bel display superiore OLED, sempre leggibile anche al sole. tutti i comandi sono ben dimensionati, la presa in mano estremamente confortevole. Bellissimo il selettore delle modalità autofocus, ben in rilievo ma anche inclinato per poterlo raggiungere comodamente. il vano schede di memoria che perde la sicura esterna (un retaggio della F5) ma è sicuro e ben dimensionato. Notare la scritta "Attenzione Schede .... CALDE" ancora un dettaglio della torretta di sinistra con il tastino Fn4 in evidenza. Il peso della macchina è consistente, non sembra meno robusta della D6. Anzi, la documentazione Nikon dice che la scocca è più robusta, con le due parti anteriore e posteriore che sono unite al fondello in un unico guscio, per aumentare la robustezza e poter dissipare il calore più facilmente. Nel poco uso che ne ho fatto non posso dare assicurazioni al riguardo ma sono certo che Nikon sa cosa dice quando assicura che il rischio di surriscaldamento non esiste. Comunque esperienza d'uso ed ergonomia del tutto analoga a quella di una Nikon D1~D6. Se uno ha provato o posseduto una di quelle macchine, si troverà immediatamente a casa con la Z9. Ingombro appena inferiore ma è una cosa che si nota solo se affiancate le due macchine. COME VA Al di là delle tante cose lette sul web o viste sui video dei primi tester, mi interessavano due cose essenzialmente. Provare se l'autofocus è un reale passo avanti rispetto alle altre Z, provare la nuova raffica a 120 fps (perchè, sinceramente, 20 scatti al secondo sono tanti ma in fondo non tanti più di 14) e vedere come va agli alti ISO. Sull'autofocus devo dire che è come avere in mano una D6 che mette a fuoco a tutto frame e lo fa con una animazione a mirino che è coerente con quello che sta facendo. Se c'è una persona nel frame l'AF le si attacca addosso e non la molla nemmeno se viene coperta da un altro elemento. Se l'occhio è visibile va su quello, altrimenti passa alla testa. O al corpo. Il tracking 3D è intuitivo : si mette il cursore da dove si vuole che questo parta e basta premere a metà il tasto di scatto perché il tracking segua qualunque cosa ci sia sotto al cursore, senza nessun'altra contorsione mentale. Ma soprattutto sbalordisce la velocità di azione. Avevo con me la Zfc e, benché io possa metterci del mio per fare la differenza, si ha la sensazione di usare un motorino a confronto della moto BMW più evoluta e potente del mercato. IL MIRINO Chiarissimo, nessun oscuramento, visione fluida e continua. In raffica non si vede nulla, almeno in quelle più rapide, nelle altre c'è una animazione che fa capire che ... stiamo scattando. Perchè altrimenti benché la macchina sta registrando centinaia di scatti, non si percepisce nulla. In interni è uguale ad un mirino ottico. In esterni anche meglio. O, almeno, io vedo meglio in questo mirino che in quello della D6. Anche qui il confronto con la Zfc è impietoso. Ma sono macchine tra cui in mezzo scorre ... un oceano. Probabilmente per qualcuno sarà troppo contrastato. Ma credo sia possibile personalizzarlo. ALTI ISO Sono certo che sarà il punto dove ci sarà tanto dibattito al riguardo. E' una macchina ad alta risoluzione. Ha base ISO 64. Non è stata pensata per un uso esclusivo - come D5-D6 - o preferenziale nei palazzetti dello sport più bui del mondo. Ma per quanto il mileage mio possa essere diverso da quello degli altri, personalmente mi sentirei a mio agio a fotografare tranquillamente a 6400 ISO ed oltre. Anche senza particolari interventi in sviluppo che a me non appassionano più di tanto. Nei commenti troverete foto a testimonianza. RAFFICA a 120 FPS Emozionante, spettacolare, precisa. Non saprei che altro aggiungere. Se non ricordando che io con la D3 (12 megapixel e resa molto più grezza della Z9) ho fatto stampe da 60x90cm e che normalmente veniva usata dai fotografi sportivi per doppie pagine e copertine di riviste di basket. Qui però abbiamo una precisione chirurgica mentre si segue ogni più indistinguibile ad occhio nudo, movimento del soggetto. Naturalmente non sarà da usare indiscriminatamente, pena avere sequenze di scatti tutti troppo uguali tra loro. Ma quando serve si potrà cogliere l'attimo che c'è in mezzo a due attimi contigui .... CI VOGLIONO SCHEDE NUOVE Scordatevi le XQD. Sono compatibili ma appena appena sufficienti ad usare la macchina per scenari statici. Ed usare la Z9 per fare solo paesaggio non sarebbe renderle giustizia. Per avere il massimo ci vogliono CFExpresso di fascia alta e, possibilmente, di taglio serio (una scheda da 64 gigabyte la riempite in mezz'ora di scatti). 5000 ISO, 1/500'', f/2.8, 85mm la visualizzazione del punto di AF scelto dalla macchina, uno scatto a caso della sequenza a 120 fps Di più non saprei che aggiungere. In fondo non si può pretendere di più da pochi minuti di prova pratica di uno strumento che richiederà mesi di apprendimento approfondito per poterne comprendere tutti pregi e scoprirne anche i limiti. Ma in fondo è anche per questo che ci piacciono i nostri giocattoli, vero ? Insomma, diffidate di chi in 5 minuti vi sa dire ogni cosa, con l'assoluta certezza di un messia tecnologico. Vi invito a guardare nei commenti gli scatti e le sequenze che ho potuto mettere insieme da questo breve contatto. Sulla disponibilità per chi l'ha ordinata, purtroppo non ho notizie troppo confortanti. Nital spera di avere le prime dopo la metà di dicembre ma c'è da esaudire la prelazione contrattuale per gli NPS. Ma poi le consegne proseguiranno con cadenza settimanale fino ad esaurimento degli ordini. Ci vorrà pazienza per averla ma non è l'attesa del piacere essa stessa un piacere?
  25. ENGLISH VERSION HIFIMAN Deva is the second bluetooth headphone from Hifiman after Ananda. It uses the same approach and aims to flexibility of use, allowing for different input options: wired, traditional connection to a desktop amp USB cable, for PC/Mac connection wireless, using Bluetooth 5.0 protocol You can turn Deva into a wireless headphone using the new Hifiman Bluetooth module, the “Bluemini”, which replaces the traditional wire and includes an USB socket for charging the battery and the control buttons. Nothing extraordinary so far, right? but when we add that this is – as the other premium Hifiman models – a planar headphone using the new “supernano” diaphragm and we look at the price, which is entry-level considering Hifiman pricelist, then we can call it a miracle. Moreover, while Ananda BT doesn’t have the wired traditional option, the Deva has it, for all the cases where a wireless connection is not possible or when we want to enjoy the sound of an analogic amp. Basically, Deva is placed under Sundara and ideally replace the glorious HE.400, at least in terms of pricing and market segmentation, but with an ease of use remarkably improved. However we should not forget that the official retail price of Sundara and HE-400 was 450€, whereas Deva starts at 349€. Specification : circumaural, open-back, planar magnetic headphone impedance: 18 Ohm weight: 360g sensitivity: 93.5dB 3.5mm TRRS audio cable With its 25g Bluemini dongle dongle includes Blueetooth receiver, USB-C port, built-in DAC and 230mW Amp. The dongle also adds the battery needed to support approximately 7-10 hours of playback per charge.Bluemini supports file resolutions up to 192 KHz/24 bit via USB and 96/24 in wireless mode, using a Qualcomm CSR8675 chipset. From Hifiman website, the new “supernano” diaphragm, used also in other premium Hifiman headphones of the latest generation. Some detail of the Bluemini, the dongle is primary responsible of the wireless connectivity of Hifiman Deva. Top-notch integration and build quality: only 25g including the plastic shell. Unboxing : The classic black Hifiman cardboard box, pretty solid, showing both on front and back sides the new Bluetooth feature. Even inside the box, the packaging is premium, similar to HE-400. The cables available: 3.5mm audio cable, 3.5mm to 6.3mm converter, 2m USB-A/USB-C cable and the dongle that turns the headphone into wireless. User manual. The look has colors similar to HE-1000, but the shape of the pads and the mechanic are closer to Sundara and HE-400. Brown colors and silver finishing make them modern and lively. The swiveling ear cups make the Deva comfortable over my years. The headband is soft, upholstered and strong. If I really had to find a negative point, it would be the visible screws, but on the other hand they make any possible replacement of a damaged component easier. It’s an open-back headphone such all the planar headphones of this series and the external part of the pad is well protected by a metal honeycomb grid. The Deva logo is proudly shown, as in other Hifiman models. The maximum extension of the headband, for “important” heads. The inside of the ear cups is soft in contact with skin. I used Deva while I was biking and didn’t make me sweat. The letter showing the left channel and the jimbal of the headband. The cable connecting the pads is seated inside the groove under the letter L. It’s pretty well recessed beneath the surface, therefore I’m not expecting any damage from use over time. In the left pad there is the only external connection: it can be used either with the Amp cable or the dongle. The pad with the dongle on. The other side USB socket, confirmation LED, control buttons So, as a whole, the impression is excellent. Build quality is slightly below the other Hifiman models I know, such Sundara and HE-400, but anyway better than the average of headphones from other companies. If in the past Hifiman was criticized, not for the sound, but for the build quality and the details, things got significantly better from the second version of the previous generation and the Sundara. Let’s not forget that the price for a planar Bluetooth headphone might be quite higher. If I had to point out a little flaw, it’s the 6.3mm convertor: while it works perfectly, it doesn’t seat flush once plugged-in, and it’s a bit hard to pull out. I’d rather prefer a screw-on adapter, but it’s really a small thing. Measures : I coupled the Deva with my desktop amplfier to get a first impression, then I took this opportunity to check the frequency response using my miniDSP ears: The frequency response confirmed my impressions during the first listening. A good presentation across the whole frequency range, with very articulated bass, very clear miss and not aggressive highs. Frequency response of Deva coupled with Audio-GD R28 preamp. The real surprise was the response using the USB-C wire via dongle. Considering the difference of the power outputs (my amp’s output goes up to 7.5W at 32 Ohm, while the built-in amp output is 230mW), I was not really expecting to see two responses so similar. Frequency response of the Deva coupled with Audio-GD R28 (in red) and using the Bluemini dongle connected to my laptop via USB-C (in green). Not considering some difference due to measurement errors, I see a better bass using the desktop amp (in red) compared to the dongle built-in amp (in green), while it’s the opposite from 1500 to 2000Hz with the dongle showing less damping in this section so important in the audio range. In short, either for the optimization studied by engineers, or for the very low impedance of this headphone, this small 25g box is able to make shine a headphone with a quite low sensitivity. Comfort : The Hifiman Deva is few grams lighter than the Sundara and they have comparable shapes. The pads are more comfortable than those of HE-400, but less comfortable compared to the wider pads of Sundara. With Bluemini on, even if its weight is only 25g, you can fell some imbalance towards the left ear, but it is not an unbearable discomfort, after a while you don't think about it anymore. The pressure over the head and the ears is just right, even for long listening sessions. In wireless mode there is no kind of issue, even moving around the room. The control buttons are easy to reach and the confirmation sound is nice. There are 2 control buttons: the bigger one is for switching on and off and Bluetooth connection. The smaller button, close to USB socket, is for turning the battery charge on. When the headphone is simply wired the charge remains off. Even during playback the charge is switched off. Beautiful and elegant with its brown and contrasted colors, as the light decreases it gets a darker look, that fits well in a wooden location, both high-tech and stylish. A round of applause for the Hifiman designers! Listening test : I tested this headphone for a while in all the configurations: analog cable, USB and Blueetooth. Then I compared them, in order to give a better idea to the readers, to two very different headphones: my Arya, a premium Hifiman headphone and my personal reference, and the AKG K712 Pro, professional monitor headphones, dynamic, that were considered in a segment slightly superior to Deva when they were marketed. Deva’s sound presentation reminds me the HE-400i V2 that I owned until the beginning of the year. The bass range has full body and the extension is well articulated. Mids are clear and well defined, while highs and very high frequencies are never annoying. There is no emphasis in any sound range, but the sound is refined, clearly in line with a planar system, and I find it more enjoyable than the Sundara, that I tested last year. Where Sundara is dry and need some equalization to get a more balanced sound, Deva is already excellent out of the box. Soudstage is good and I couldn’t find the annoying feeling of hearing the sound inside my head. Three-dimensionality is not exaggerated, but we are pretty close. Very good! Mids are sweet and clear, but there is no attempt to over-sweeten them. The volume is adequate and in all the recordings I listened to there was no need to turn up the volume. Well-recorded female voices seem to have everything to gain from these headphones. As you know, I listen 99% to classical music, but these headphones go pretty well with any genre. But even in less "noble" uses such as Skype, video games with sound effects and movies, the overall balance, without excessive emphasis but also without shortcomings in the range, allow a fruition always in line with expectations. The comparison between HIFIMAN Deva, AKG K712 Pro and HIFIMAN Arya. HIFIMAN Deva: the latest album by Silje Nergaard (jazz-vocal) highlights the singer's voice, while keeping the piano very present. It’s even better in the album with rhythmic accompaniment of 2000 "Port of Call", where the voice is highlighted on a nice bass base and below the rhythmic accompaniment. AKG K712 Pro: very cold but realistic piano, you can hear the singer breathing between sentences. We are at the apotheosis of the "monitor" sound as conceived by AKG. In the trio, finally there is generous bass while Silje's "impertinent" voice dominates snares and cymbals. The most interesting performance of the K712 in this listening test. HIFIMAN Arya: sweeter than the other ones, low range extended to the extreme but less full of the other two. But here she deserves a kiss! I can hear some sibilance that in the other two headphones wasn’t there. HIFIMAN Deva: Mark Knopfler doesn’t keep us waiting too long and after entering with his guitar here is his hoarse voice. I feel like turning up the volume.It is a 1985 record but very well recorded (and remastered here). Bass, mids, treble perfectly calibrated. You can't stop listening to it AKG K712 Pro: less engaging as a whole, but Knopfler's voice is more separate from the rest, percussions in great evidence, guitar even more.The sound is cold, different, not necessarily unpleasant. A diametrically opposite interpretation. HIFIMAN Arya: Brothers in arms, sweet and soft with the rhythmic section over the head. Compact, dense, convincing sound. HIFIMAN Deva: The 1751 Testore Milanese violin played by Franziska Pietsch has a metallic, cold voice that contrasts a lot with the Mediterranean tones of Ravel's violin sonata. The piano that accompanies it is less bright because it is played so as not to overpower the violin. AKG K712 Pro: the presentation is similar, but I have to turn up the volume to feel the same balance. The violin is lighter, less metallic, more prominent. But the sound is elegant, light. HIFIMAN Arya: here too the violin is not as metallic as with the Deva, on the contrary, it’s sweet, and the piano is very sweet. The sound is fast, delicate. HIFIMAN Deva: Teodor Currentzis' latest madness and his vision of Beethoven's Fifth Symphony. Perfect tonal balance with generous bass and a majestic orchestral full. Good extension of the soundstage to the outside. AKG K712 Pro: there is less impact although the volume is higher. The texture of the violins, however, is very precise, as are the upper harmonics of the wind instruments. It is as if there was a magnifying glass on the right side of the spectrum and the left one was a little compressed. HIFIMAN Arya: wide, concert hall sound, without being artificially spectacular. In the third movement every single instrument is heard. HIFIMAN Deva: Ton Koopman's "spectacular" Bach in 96/24 edition is bright, clear, fast. You might want a little more pedal but that is certainly not missing in the Passacaglia in C minor which closes the disc. AKG K712 Pro: The bass is there but it is behind. Instead the treble is present. The sound is unbalanced and one would like to equalize it, but to avoid any form of contamination I wanted to make this comparison without any filter in between, using the corresponding audio driver directly. HIFIMAN Arya: The organ is excellent, the bass is there but it is the full that highlights a tangible thickness in which every single voice is heard. HIFIMAN Deva: I close with Lady Gaga's A star is born. The guitar is here, somewhere. The voice of the unsuspected Bradley Cooper seems to me a bit to nasal and a little unbalanced in the medium-high frequencies. Lady Gaga is perfect, exciting, with some echo and the violin in background. Bass without tails and reverberations. And she climbs the stairs to heaven. AKG K712 Pro: Shallow is less exciting, the sound is more monitor-like with AKG. The guitar is clear, Bradley's voice is more subtle. Lady Gaga’s voice sounds detached from the rest of the music. But she is more behind than before. And yet the rest is all more subtle. HIFIMAN Arya: the scene is the stadium, open wide. Bradley's voice sounds finally like I remembered in the movie. The guitar is not so evident but very delicate, in short he doesn’t look bad compared to Lady Gaga who, when she enters, gets the due applause. Here too, she can sing as high as she wants, Arya follows her even higher. The two voices are well blended. So, to recap and with the natural subjectivity of such a comparison, I can say that HIFIMAN Deva offers a balanced performance in all types of music, with a coherent sound, favoring bass and medium, with treble not too evident and always without sibilants. The performance is more captivating than that of AKG's K712 which have a different setting, with the mids back and increasing highs. It is the Central European monitor sound, designed for long working / listening sessions. Compared to Arya - which is 5 times more expensive – Deva is at first more spectacular and more captivating. In a quick switch we might even like it more. But Arya’s sound is more refined, intended for educated ears, mids and treble texture is of a higher class and bass is more extensive even if it may seem less powerful. In the case of the organ, for example, there is no comparison. But also with chamber music and well-recorded female voices. But not everyone will be able to understand it without long listening session. Which is good for the Deva, since you don't need to drain your bank account to buy it. What surprised me is that in the comparison I used the amplifier for the two traditional headphones and the Bluemini for the Deva, but it was the Deva that sounded louder and louder. With very little power this can makes a show of force. Coupling : I used Deva with the desktop amp in high gain mode. No problems whatsoever (and my amp is able to deliver many watts). With iPhone and Android tablet in Bluetooth. With a desktop computer using streaming web-services. With the Fiio 5 and its built-in amplifier. Deva is always an easy load and is always able to play loud. I believe they will never be a problem for anyone under any circumstances. Conclusions : Pro's it’s beautiful and well built capable of classy sound like all HIFIMAN planars flexible, able to play wired and wireless simple to use and not requiring complex setup procedures. When you want to listen to music, they are ready to please you sound is clear, powerful, it needs little power to make it play loud. The soundstage should satisfy everyone with good ears. A little bit raucous with a frequency response that looks like the Harman curve. no equalization required: it sounds good in its natural state and out of the box it doesn’t require any break-in. After many hours of use, the sound is still the same impressive price / performance ratio. Indeed, miraculous. It’s inexpensive, but it’s difficult to find decent planar cans for the same money, let alone wireless and of this quality Con's Bluemini is small, compact and light, but still it slightly unbalances the seating over the head Deva is not as comfortable as Sundara and much more uncomfortable than the other two headphones used in the tests (but there is worse, much worse, I assure you) the supplied USB cable is nice, very soft, maybe it could be a meter longer to allow some more freedom. But this is a headphone designed for wireless use mainly the 6.3 mm jack adapter did not convince me, it is not screwed-on, it fits, but it seems that it is not completely housed. It’s more an aesthetic issue than a real one. In a nutshell, I believe that, all in all, starting from flexibility combined with high sound quality, the possibility of working with any source, at this price Deva is given away! We hope that HIFIMAN will not change its mind and increase price. Does Ananda sound better? It's possible. But Ananda isn't for everyone.
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