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Corredo Nikon (sintetico !)


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  1. Annunciata, arrivata... ed in anteprima di immagini, eccola su Nikonland: la Nikon Z 5II, che si aggiunge al gruppo delle mirrorless Z dotate del nuovo processore Expeed7, con il nuovo modello di fascia bassa in formato FX La Compatibile ... per una quantità di ragioni che verranno man mano a galla in questo articolo, a cominciare ovviamente dalla baionetta Z capace di tutto il catalogo ottiche FX e DX ed, attraverso gli adattatori FTZ I e II, anche se dovesse pungere vaghezza di continuare ad utilizzarvi ottiche AFS e G, per godere della completa trasmissione elettrica delle funzioni tra fotocamera ed obiettivo, comprese tutte le innovative opportunità di AF. Compatibile con i vecchi obiettivi F anche MF, ai quali regala il valore aggiunto del VR sul sensore, che aiuta a risolvere la maggior parte dei problemi di mosso a mano libera con illuminazione disponibile. Per ogni riserva relativa a vecchi obiettivi, fare sempre riferimento alla guida liberamente consultabile dalla sezione download del sito ufficiale Nikon, appena pubblicata qui . Compatibile con tutte le unità flash Nikon (anche le più datate) del sistema CLS ed ovviamente con i più moderni flash wireless radiocontrollati. Compatibile attraverso la lettura dei relativi file NP3, con il nuovo sistema di gestione di controllo e personalizzazione dei Picture Control, (ne abbiamo scritto qui ) già inaugurato con analogo pulsante dedicato sulla maschera superiore, sulla Z 50II (e da poco aggiornato sulla Zf, come già sulla Z 6III) Compatibile attraverso la presa di ricarica batteria usb-c a qualsiasi sistema di alimentazione a corrente alternata o continua (dotato di adeguata potenza) tanto da non essere presente il vecchio ed obsoleto caricabatteria, essendo sufficiente un cavetto ed un alimentatore dei tanti che utilizziamo quotidianamente, anche in macchina, per i nostri dispositivi. (le altre prese sono la HDMI tipo D e quelle per microfono e cuffie) la batteria è l'eterna EN-EL15c e come si vede, nel suo vano è presente la contattiera che consente a questa mirrorless Z la compatibilità con ben due differenti battery grip, grazie ad opportuna modifica del disegno del suo fondello la cui descrizione affido ad apposito e separato articolo: Compatibile con i file RAW (aggiornate Camera RAW, che sono appena arrivati) di compressione ad alta efficienza, altamente consigliati dalla redazione di Nikonland per la loro indistinguibilità pratica rispetto al RAW lossless, ma dotati di un ingombro dimezzato o più che dimezzato rispetto quello lossless. Il sensore è come noto il solito CMOS da 24,5 mpx già adottato su un universo di fotocamere, nonsolonikon, ampiamente sperimentato, dotato di un rapporto segnale rumore con il solito dual gain che ne fa apprezzare analogo funzionamento tra gli ISO minimi (100) ed il secondo scalino del tracciato, posto a 800 ISO, sensore che sviluppa un file da 6048x4032 a pieno formato e di peso attorno ai 24M Compatibile con le SD UHS-II di ultima generazione: doppio slot, per la felicità di chi voglia spendere il minimo indispensabile per il serbatoio delle proprie immagini: ma Nikonland consiglia di non usare schede obsolete, nonostante la compatibilità estrema di questo supporto ! Rispetto il modello precedente, sicuramente uno dei più ignorati dal pubblico (ingiustamente a mio parere) oltre a sanare i principali difetti relativi alla scarsa velocità di scatto ed al risibile buffer che impediva velleità appena appena più velleitarie della slow-photography (peraltro su altri marchi ampiamente apprezzata in quanto tale ) questa Nikon Z possiede tutte le prerogative del processore che monta (lo stesso delle ammiraglie e prosumer, ma anche della Z 50II) in termini di dinamica, reattività e progressione: un otturatore elettronico che raggiunge in modalità silenziosa t/8000" ed in basso arriva fino ai tempi lunghi di 900" (oltre a posa B e T) mentre in meccanico e a prima tendina elettronica arriva al massimo tempo di t/2000" e sincronizza il flash fino ad 1/200" (strano: la Z50II arriva anche ad 1/250") oltre al funzionamento in FP (scia di microlampi). Lo scatto in sequenza consente fino a 7ftg/s in modo lento ed in modo veloce fino a 10 ftg/s in modalità silenziosa e fino a 15 dichiarati in modalità estesa. Oltre alle modalità C15 e C30 (solo in JPG normal) di derivazione video . Video a 4K (3840x2160p) fino a 60ftg/s Tutte le modalità AF riguardo alla tipologia dei sensori, eyeAF incluso, sono presenti su questa new entry, compreso l'auspicato gruppo relativo all'individuazione dell'occhio degli uccelli, che su fotocamere come la Z6III è stato inserito via fw solo in questi giorni. Focus stacking, Pixel shift, Time Lapse, intervallometro, opzioni di rete con menù a parte ed ogni altra opportunità dei modelli superiori sono qui presenti. Sensore stabilizzato a cinque assi e pulisci sensore erano già presenti sul modello precedente (cosa che spesso le persone ignoravano), mentre su questa versione mkII troviamo il comodo ed ormai generalizzato monitor LCD touch da 3,2" e 2100k di punti, orientabile in tutte le direzioni, ripiegabile per la massima protezione dello stesso in borsa o in giro. Utilizzabile in live view con l'abilitazione dal menù per la sola messa a fuoco oppure anche per lo scatto. Le dimensioni sono quelle classiche della precedente Z5, comuni anche alle Z6 e 7: mm 134 x 101 x 72 che la rendono compatibile oltre che con due battery grip, anche con ogni accessorio smallrig da avvitarvi sotto, mutuato dalle precedenti Z citate. Pesa 7etti in ordine di marcia. Le sue dimensioni, paragonate alla sorellina DX Z50II, disposizione dei comandi analoga, praticamente identica non solo tra le due low-level, ma come anche nei modelli più alti di gamma unica differenza, il flashettino incorporato da NG7 della DX Questa Nikon Z5II è di certo la versione in divisa ufficiale della Nikon Zf, della quale condivide ogni contenuto tecnico, salvo il vestito vintage. E in relazione all'ambito reflex il suo riferimento più vicino pensiamo possa essere la tanto osannata D750: stesso sensore, prestazioni superiori (AF, raffica, video, live view) grazie alla sua natura mirrorless ed all'evoluzione tecnologica maturata in questi ultimi anni. Nell'utilizzo corrente mi sono sbizzarrito negli ambiti a me consueti ed in pochi giorni da quando l'ho ricevuta, sono riuscito a scattare diverse migliaia di scatti con obiettivi dei più disparati, compresi alcuni non originali. Compatibile con tutto, in quanto dotabile anche di battery grip che aiuta con i tele più ponderosi anche e sopratutto nelle inquadrature verticali, mi sono molto divertito in particolar modo con il recente oggetto di test che è il Nikkor Z 28-400/4-8 VR e con tanti altri, nei prossimi giorni la metterò alla prova. In buona parte degli scatti ho giocato anche con i Picture Control facilmente personalizzabili, di certo impatto rispetto a quelli di default, se tarati sulle nostre esigenze come quelli sviluppati da Mauro Maratta per Nikonland e pubblicati in un recente articolo: prontezza dell' AF in ogni modalità (l'eyeAF auto sembra meno deciso del solito ad individuare, ma le foto poi risultano perfette) e raffiche gestibili con facilità e nei "tagli" più indicati alla tipologia di macchina, senza arrivare ai 20 ftg/s qui fuori luogo: devo dire comunque, come già osservato sulla Z50II, che noto una maggiore propensione al rolling shutter che sulle rispettive versioni mk I. Probabilmente il nuovo processore è davvero troppo per la dinamica di sensori ormai davvero datati, pur se perfettamente efficaci. Facile fotocamera per giocare con i wide anche spinti e maneggevole con ogni tipologia di obiettivo. L'opportunità di caricare personalizzazioni dei file NP3 dei Picture Control aggiunge sapore, a patto di sapersene servire a tempo, luce e luogo debito (standard) (Velvia100) (Velvia50) (standard) (superia) (Velvia100) (Superia) L'abbinamento al Nikkor Z 28-400 4/8 è poi superbo e davvero da considerare per ogni occasione fotografica che includa spostamenti, viaggi e tour anche impegnativa: magari in abbinata ad un superwide ed un piccolo macro fisso. Una parte delle foto le ho scattate con grande soddisfazione nel giorno di Pasqua a Prizzi, in provincia di Palermo, dove da secoli si svolge la tradizione del "Ballo dei Diavoli", una caratteristica processione delle statue dell' Immacolata e del Cristo, divise dalle scorribande dei diavoli e della morte, che tentano di non farli ricongiungere. A cui partecipano non solo i paesani, ma anche una gran quantità di persone che provengono da tutte le parti del mondo. Banda, tamburinai, salti, balli, canti e oboli da versare per essere liberati se catturati dai diavoli... E Picture Control (Velvia sopratutto) a profusione Così come il periodo di festività pasquale ha invogliato anche all'uso dei Picture Control in bianco e nero (HP5) (TMax) (Neopan) (TMax rosso) Esperienza di scatto con questa Nikon Z5II del tutto paragonabile per sensazione di affidabilità e coerenza alle altre mirrorless del più recente catalogo Z: il processore Expeed7 le accomuna di certo e rende le differenze effettivamente poco percepibili su di utilizzi come quelli condotti, che poi sono la maggior parte delle occasioni di scatto a nostra disposizione. Per le specificità esistono i corpi macchina e gli obiettivi adatti: il fattore "C" della compatibilità assoluta della Z5II con ogni altro componente del listino Nikon Z ne fa un punto di riferimento assoluto non soltanto per il prezzo, che al momento della commercializzazione è fissato (solo corpo più scheda SD da 128GB) a 1899euro e facilmente andrà in discesa dopo i primissimi mesi. Ma sopratutto perchè per una buona parte dei potenziali clienti, la differenza di prestazioni, puramente in senso di maggior reattività dell'AF e di capacità di raffica e di resistenza al rolling shutter di una NIkon Z6III potrebbe non valere la differenza di prezzo dei 900 euro che le separano. A maggior ragione, il possessore di una Z6III o di una più datata 6II o 7II, potrebbe trovare in questa Z5II l'ideale complemento come secondo corpo al pari di come in ambito reflex, la D750 lo è stata negli specifici corredi F-mount. Per noi di Nikonland, diventerà presto il best-buy del catalogo mirrorless Nikon Z Max Aquila photo © per Nikonland 2025
  2. alcune (non sono tutte) delle schede di memoria di casa. Le facciamo ruotare, le usiamo a seconda della macchina scelta per quel lavoro. Le sostituiamo periodicamente. Le schede di memoria non devono essere considerate "per la vita", non sono da pensare come serbatoi perpetui. Sono contenitori temporanei. Come erano le pellicole una volta : hanno un loro ciclo di vita valido. Specialmente oggi che ce ne sono tante, di tanti marchi, di tante tecnologie diverse. Con prestazioni, tagli e costruzioni differenti. Aspettavamo con ancora maggiore curiosità l'arrivo di queste ARMOR di Lexar, annunciate circa un anno fa ma commercializzate in ritardo. Arrivano adesso, al solito, nelle due serie - SILVER e GOLD - diverse per prestazioni e taglio. Ma accomunate da una caratteristica unica : hanno lo chassis in acciaio inossidabile. se la confezione non dice proprio nulla di così diverso dal solito compresa la produzione in Taiwan (se la Cina rivuole indietro la vecchia isola di Formosa qualche cosa vorrà dire ...) e la semplicità della dotazione, la solita protezione in plastica, utile per l'eventuale stoccaggio o trasporto fuori sede. E' al tatto che la differenza si vede, si sente, si tocca. Il peso, la consistenza, la sensazione di solidità non hanno nulla a che vedere con le classiche schedine SD di plastica che sembrano flettersi al solo guardarle. Queste non rimbalzano se le posi sul tavolo, perché pesano. E il ting è chiaramente metallico. Insomma ACCIAIO INOSSIDABILE non è uno slogan di marketing, è la realtà. E non ci sono etichette adesive che si consumano nell'uso : le scritte sono incise al laser e vengono assicurate come perpetue. la forma è conforme allo standard e sono compatibili al 100% con le "comuni" schede SD. Ma sono diverse. A parte il materiale, i pin dorati non hanno la protezione dei filetti di plastica che tendono a fresarsi nell'uso e nel leva e metti hanno anche rimosso l'inutile interruttore di protezione da scrittura. Come diceva Ford, tutto ciò che non c'è non si rompe non potremmo dire che siano belle con tutto questo dorato, ma solide si. E apparentemente costruite per durare e dare fiducia all'utente. Il taglio è quello giusto (ma la gamma parte da 64GB e si arriva fino ad 1TB) E più che sufficiente per un uso fotografico con le nostre 20 e 24 megapixel sia DX che FX. Il prezzo accettabile (intorno ai € 141 ma probabilmente il prezzo risente della novità) ma oggi con i prezzi delle CFExpress di taglio grande in ribasso, non si può fare un confronto alla pari per gigabyte. Ovviamente lasciamo che ognuno faccia queste considerazioni per se. Ci sono schede SD di taglio piccolo che costano spiccioli. Sono pensate per essere usa e getta. Queste promettono potenza e durata. Sono delle "ammiraglie" ! pagina del sito Lexar.com con le caratteristiche in dettaglio Il prodotto ha tutte le certificazioni possibili nella categoria ed ha ricevuto il premio TIPA 2025. Quindi le vogliamo confrontare con le più veloci SD che abbiamo in casa ? *** per le prove abbiamo usato un comune mini PC Windows 11. Un modello di mezzo, non esageratamente veloce ma nemmeno obsoleto. Il lettore usato è un combinato SD+microSD con cavetto fisso USB-C della stessa Lexar. Lexar ARMOR Gold, scrittura sequenziale e lettura sequenziale quasi come i valori di targa incisi sulla scheda Lexar Gold 2000x, più veloce in scrittura di circa il 20%. Tutto sommato nulla che si possa notare fotografando e in quanto ai tempi di lettura delle foto scattate, tra 285 e 270 MB/s non c'è alcuna differenza pratica. e nel video : valori che confermano anche le prove empiriche di lettura e scrittura di cartelle da 50~80 GB su Windows con file da 20 megabyte l'uno di media. Nel video, come vedete, pur essendo una scheda V60, abbiamo velocità compatibili con l'8K60 in formato compresso e fino al 4KP25 in quello RAW. Alla prova dei fatti si tratta di una scheda veloce, in linea con le prestazioni promesse e adeguata a stare nella classe GOLD di Lexar. *** La proveremo a lungo termine nell'uso quotidiano fotografando per poter dire quanto sia efficiente ed affidabile ma le prime impressioni sono eclatanti. Dobbiamo ammettere che sul piano tattile, di sensazione, di valore dell'oggetto, non c'è alcun paragone con le tradizionali schede SD. Al di là del fatto che ci siano modelli di SD che sono più veloci di queste (è il caso delle 2000x) o che costano meno per GB (come lo sono le Silver PRO). Per quanto ci riguarda, pur non utilizzando per compiti gravosi le schede SD (sostanzialmente solo su Zf, Z50 II e Zfc) non torneremo mai più indietro. E quindi, da oggi, consideriamo le vecchie schede ad esaurimento, da smaltire a fine ciclo operativo. In sintesi : R A C C O M A N D A T O Pro: prestazioni adeguate alla classe GOLD di Lexar costruzione che da l'impressione di essere indistruttibile. Effettivamente sembra corazzata, come dice il nome ARMOR il prezzo è tutto sommato accattabile, anche se ci sono schede SD che costano molto meno la gamma di tagli è adeguata ad ogni necessità fotografica o anche video (da 64GB a 1TB) Contro: rendono le normali SD in plastica improvvisamente obsolete (sul piano costruttivo e della fiducia nell'utilizzo) non ancora diffusissime e quindi soggette ad oscillazioni di prezzo
  3. Nel 2024 ho comprato diversi obiettivi Viltrox, a partire dal desiderato e inedito 16/1,8 a finire con una serie di barattolini identici per dimensioni e peso, alcuni FX altri DX, più per curiosità che per esigenza specifica, se non per l'ingombro inconsistente, unitamente a prezzi assolutamente invoglianti all'acquisto, associati alla promessa di buone prestazioni. E' il caso appunto dell' AF 56mm f/1,7 Z, che appartiene alla serie AIR APS-C di Viltrox, che deve probabilmente la sua denominazione ai soli 2 etti di peso, paraluce incluso, del suo peso, frutto dei suoi 6cm di lunghezza, per un diametro filtri da 52mm, a realizzare un luminoso mediotele DX per le piccole di casa Nikon, come le Z50/50II, le Zfc e la Z30. Accreditato di uno schema abbastanza articolato (pensando agli antichi mediotele Nikkor a 4 lenti) da ben 11 lenti in 9 gruppi, con una notevole quantità di vetri a bassa dispersione e ad alto indice di rifrazione (evidentemente a buon mercato i vetri speciali cinesi, considerato il prezzo inferiore ai 180 euro) e parallelamente di test MTF da urlo, se rispondenti al tracciato pubblicato un obiettivo costruito con materiali certamente poco nobili, per il contenimento del prezzo, ferma restando la baionetta in metallo, sulla quale si affaccia la presa USB-C per gli aggiornamenti firmware (che in casa Viltrox si susseguono con una certa frequenza) Dimensioni utili a far infilare sempre, ovunque si vada, questo piccoletto in borsa grazie anche al paraluce reversibile per diminuire ulteriormente (se ce ne fosse stato bisogno) l'altezza fuori tutto Un 56mm f/1,7 APS-C equivale in pieno formato esattamente ad un 84mm di pari luminosità, ossia all'archetipo Nikon di mediotele (focale che deriva dalle prime Nikon telemetro a pellicola di formato leggermente inferiore a quello Leica, quindi allo scopo di compensare la differenza di campo inquadrato dai 90-100mm tedeschi dell'epoca) E si tratta di una lunghezza focale fantastica, in quanto adatta più di uno standard da 50mm a stringere su di un volto in ritratto, a parità di distanza di ripresa, così come di uno spettacolare obiettivo per i paesaggisti, quelli che non insistano sui dettagli, ma che al tempo stesso non vogliano tuttoleggiare con un grandangolare, col quale si vede... il tutto, senza ...ammirare niente. In più, la discretamente ridotta distanza minima di messa a fuoco da 55cm dal piano focale, opportunamente assecondata da una semplice lente addizionale da 52mm di diametro (classico per Nikon), potrebbe far diventare ancor più interessante questo intrigante Viltrox AIR. Di fatto, messo alla prova con diaframmi mediamente chiusi come quelli tra f/5,6 ed f/8, si dimostra coerente ai dati qualitativi promessi dallo schema ottico adottato, da bordo a bordo, annullando anche la componente di vignettatura invece presente ai diaframmi più luminosi anche giocando con i Picture Control personalizzabili della Z50II Ovviamente messo alla prova con le aperture maggiori, i risultati restano pienamente soddisfacenti nell'uso comune (ossia non nella riproduzione di perfetta planeità di un muro di mattoni rossi, posto che il muratore fosse all'altezza della bisogna) la vignettatura chiaramente diventa percepibile tra f/1,7 ed 1,8 e fino a f/4, ma nitidezza e aberrazioni cromatiche non sono eccessive Nel ritratto, genere per cui un mediotele è principalmente votato, i risultati non mi dispiacciono, anche se non posseggono la "trasparenza" di certe realizzazioni Nikon a cui ci siamo abituati con la linea Z, ovviamente di dimensioni e prezzo nettamente differenti. In quanto all'utilizzo in close-up, a partire dalle immagini alla sua distanza minima, fino all'aggiunta di una lente addizionale (Marumi DHG200 Achromat +5) direi che anche in questo caso non si possa che dirne bene, determinando in questo Viltrox AF 50/1,7 Z un obiettivo generalista quasi alla pari di uno zoom. Si nota indubbiamente un discreto ammorbidimento ai diaframmi più aperti, specie nell'uso combinato della lente addizionale, che progressivamente sparisce diaframmando. Come del resto del tutto naturale per una lente frontale di così ridotte dimensioni, pur essendo assistita da elementi speciali, che non può in alcun modo immaginare di competere con i 62 o 67 mm delle lenti frontali dei mediotele tradizionali di pari luminosità . Ma che per un obiettivo cinese da 170 euro, dotato di motore stm di messa a fuoco (silenzioso ed efficiente), che supporta tutto il firmware Nikon anche dopo gli aggiornamenti che si sono succeduti (tranne qualche passo falso dal quale la casa cinese è subito corsa ai ripari) facile da portare sempre appresso e da utilizzare in tanti contesti anche con le fotocamere mirrorless dalle dimensioni più contenute, i cui utenti chiedono specificamente obiettivi fissi di questa categoria, rappresenta proprio la quadratura del cerchio. Me la sono presa comoda a scrivere questa review (ho il 56/1,7 da fine luglio scorso) così come quella dei suoi simili in mio possesso, proprio perchè ho voluto ben fissare le impressioni che questi Viltrox mi stanno suggerendo. Non credo di esagerare nel consigliarlo a tutti coloro che cerchino un obiettivo facile e luminoso da utilizzare anche per i viaggi. Che non siano di interesse scientifico... Max Aquila photo © per Nikonland 2025
  4. Sono passati quasi sei anni dal mio articolo in anteprima sulla Nikon Z6 che appellai in maniera più che convinta, la necessaria ! Un articolo piuttosto letto a giudicare dagli oltre 19mila click ricevuti in questi anni e che ha mosso al suo acquisto molte persone che mi lessero, tutti o quasi soddisfatti in funzione di prestazioni e prezzo contenuto per quel suo sensore da 24mpx, in uso prima e dopo ad una caterva di apparecchi non solo Nikon. Dopo una meno fausta versione MKII che a fronte di doppio processore, secondo slot di memoria e predisposizione per un MB-N11 portabatteria per due EN-EL15b non aveva percettibilmente migliorato le carenze strutturali del progetto della prima, a livello di mirino elettronico, affidabilità dell' AF e assoggettabilità al rolling shutter (anche e nonostante i successivi copiosi aggiornamenti fw) eccoci arrivati alla terza figlia del progetto iniziale, nata sotto la bandiera del rivolgimento strutturale, sempre intorno al medesimo sensore, dal taglio congeniale alla maggior parte degli utenti per dimensioni e rapporto S/R dotata di rotella multiselettrice a sx di stampo PSAM+U1/2/3+Auto, quindi ben differente dalle Z9/8 compatta quanto le precedenti sorelle e ciò nonostante, dotata di un'impugnatura tanto profonda da consentirne un agevole uso a mano libera Il sensore non dispone della tendina di protezione che invece è uno dei jolly delle Z9 ed 8 e resta quindi esposto alla polvere al momento del cambio ottica il monitor posteriore è pivotante, come nelle Z30/Zfc/Zf e ciò costituisce un indubbio valore aggiunto in moltissime situazioni scomde di ripresa, come nello still life o nella macrofotografia, ma anche in mille altri ambiti come quello delle riprese video, per le quali questa Z6iii è particolarmente dotata così come per i formati di salvataggio disponibili in ambito video, alla stregua della linea professionale delle mirrorless Nikon con l'apposita sezione per le connessioni di rete ed altre opzioni, di alcune delle quali nelle precedenti Z6, non vi era traccia il livello è dichiaratamente quello superiore delle Z9/8, come si vede dalla dotazione di bordo che comprende anche il pixel shift, presentato in anteprima sulla Zf, il focus shift, le filtrature per l'ammorbidimento della pelle, il controllo di vignettatura, distorsione e diffrazione automatici, i picture control personalizzabili... anche le opzioni di formattazione scheda sono assolutamente identiche adesso a quelle della Z8 la sezione delle connessioni fisiche è completa, ma mi infastidisce solo la posizione della USB-C, così in alto, per la ricarica veloce: l'avrei preferita in basso, invertita rispetto a quella per il remote control, che storicamente verrà di certo usata molte meno volte. Il doppio slot per una CF Express ed una SD di ultima generazione si trova, così come per le precedenti 6, dietro apposito sportellino di facile apertura... ...se non fosse per il nottolino a triangolo per la tracolla, che ogni volta si interpone al momento dell'apertura e necessita di essere spostato un pò più seccante quando si usi una tracolla che contribuisce all'impedimento (suggerisco a chi non usi tracolla di togliere del tutto il triangolino a questo scopo) nottolino 6iii .mp4 Una decisione incredibile, di non continuità con le precedenti 6 e 6ii è quella delle dimensioni del corpo macchina, più larghe di appena 5mm rispetto le precedenti, tanto da non consentire l'utilizzo del pur buono MB-N11 della Z6ii nè di ogni altro accessorio come le basette ed i rig adatti alla precedente 6ii, dalla quale anche, in teoria, dovrebbero arrivare i potenziali acquirenti di questa nuova 6iii ecco la differenza irrisoria che impedisce il fissaggio di una basetta Smallig di protezione del fondello costringendo gli acquirenti della Z6iii potenzialmente in possesso di un MB-N11 all'acquisto dell'analogo e quasi indistinguibile MB-N14...! Direi, un autogol, giacchè consentendo l'utilizzo del precedente MB oltre ad ottimizzare le scorte di magazzino di negozianti e della stessa Casa, si sarebbe lanciato un messaggio di continuità e miglioramento che in questo modo e per la somma necessaria per l'acquisto di un portabatterie non modulare (come del resto non è neppure quello ancora più approssimativo della Z8) non consente di sorridere tanto ai possessori di 6ii che vogliano passare al nuovo modello e si troveranno costretti a sostituire anche questo, per taluni importante, accessorio. Lineare, filante, maneggevole, come le Z6 che l'hanno preceduta: decisamente più compatta di una professionale Z9, come richiesto dagli utenti interessati a questa linea di mirrorless... ma dotata della maggior parte dei comandi e tasti, compresi quelli programmabili, presenti sulle ammiraglie Nikon Z dal joystick al multiselettore, disposti peraltro praticamente nello stesso ordine (fatta salva la presenza dei pulsanti duplicati nella Z9 per l'impugnatura verticale) le differenze vanno cercate come nella Settimana Enigmistica, e ben poco salta all'occhio, come ad esempio il monitor superiore più piccolo di qualche mm, quadrato invece che rettangolare, per lasciare spazio ad uno stupido pulsante di illuminazione (normalmente coassiale al pulsante di scatto) ed ai forellini per l'altoparlante di playback... roba che poi dicono che uno si butta a sinistra... Questa Nikon Z6iii arriva insomma con un ritardo epico sul mercato: diciamolo pure che avremmo voluto che fosse così la Z6ii del 2020, che al netto del doppio processore rispetto il singolo della Z6, del doppio slot di memorie e della possibilità di un MB con i contatti elettrici (tutte cose assenti sulla Z6) deluse fortemente tutti gli acquirenti che desideravano prestazioni ben differenti dal modello precedente, in termini di AF e del mirino elettronico. Ma i tempi necessari sono stati questi, è dovuto arrivare il nuovo processore, Expeed 7, il nuovo mirino elettronico ad alta risoluzione e fluidità assoluta, dotato della gamma colore DCI-P3 (una prima assoluta), ma sopratutto, dotato per la prima volta di un sensore parzialmente stacked, ossia un compromesso di costi e prestazioni rispetto i full stacked di Z9 ed 8. In questo modo si mantiene un otturatore meccanico per la risoluzione dei problemi di banding causati dal rolling shutter di un otturatore elettronico meno veloce del frame/rate di quello delle ammiraglie, consentendo la scelta, obbligata sulle Z9 ed 8 Tutti contenti, insomma: fotografi prestazionali sportivi (fino ad t/16.000) e di reportage, ritrattisti con modelle che vogliono sentire il click dell'otturatore mentre scatta, fotografi da cerimonia in caso di presenza di luci disturbanti, fotografi da reflex che avevano digerito al massimo la prima tendina elettronica (col limite del t/2000..che poi vengono a protestare su Nikonland), paesaggisti da buio assoluto (ISO da 100 fino a 64mila) Ed allora perchè, accanto alla migliorata efficienza dell' AF anche ad EV proibitivi, poi lo scivolone dell' eyeAF sugli uccelli non presente come invece sugli apparecchi dotati dello stesso processore e perfino sulla iconica Nikon Zf che per tutto potremmo consigliare piuttosto che per andare a caccia fotografica di tarabusi ed aironi cenerini? Solo persone, animali autoveicoli ed...aerei...!!! Ma ci saranno nel mondo così tante persone incapaci di tenere a fuoco la carlinga di un velivolo, piuttosto che un svasso in picchiata sullo stagno? Scivoloni del marketing nikoniano, cui abbiamo assistito negli anni e che si protraggono a dispetto dell'esperienza. Sicuramente correggibile con il prossimo aggiornamento fw (come quello che nelle 6ii e 7ii introdusse appunto la distinzione per categorie di eyeAF) Ma incomprensibili per uno staff votato alla progettazione di strumenti per la cattura delle immagini. Per esempio: insieme ad animali e persone, cosa c'è di più fotografato se non i fiori...? A casa, in natura: non dovremmo chiedere anche un riconoscimento automatico dei petali piuttosto che degli stami? Giusto per parlare di cose concrete... visto che un fiore mosso dal vento e fotografato a distanze da close up photography, non è che sia più facile da tenere a fuoco, magari con uno zoomino, di un aviogetto a centinaia di metri o di un cagnolino che corre... lo stesso valga per i fotografatissimi insetti, spesso non riconosciuti dall'opzione animali dell' eyeAf Di fatto una fotocamera brillante e semplice da utilizzare, venduta ad un prezzo forse ancora passibile di qualche ribasso, come sempre accade dopo i primi sei mesi dalla commercializzazione, che dovrebbe andare nelle mani delle persone più disparate, per realizzare la concretizzazione delle loro immagini in ogni ambito considerabile. Ho scattato in un mese con la Nikon Z6iii una discreta quantità di foto in molte modalità, prevalentemente in slow photography per la strada, con obiettivi ben differenti tra di loro, dal Nikkor Z 35/1,4 usato anche in ambiti non prettamente convenzionali per la sua tipologia, a zoomoni come il 28-400 in prestito da Mauro Maratta oppure il mio Z 24-200, passando per il superwide Viltrox 16/1,8Z ed il Nikkor MC 50 che resta un jolly per tante situazioni di ripresa. In ogni situazione mi sono trovato a mio agio con questa macchina, che è perfettamente centrata per autonomia sulla batteria EN-EL15c che la equipaggia (ricordatevi che non accetta le batterie non originali) è perfettamente equipaggiata per ogni situazione di ripresa, anche sportiva, disponendo dello scatto continuo fino a 120 ftg/s e di ripresa video RAW 6K, così come di ogni formato foto NEF presente anche sulle ammiraglie, alle quali deve essere oggi commisurata. Non surriscalda anche in uso intensivo, è dotata di ogni risorsa di ripresa che Nikon abbia fin qui presentato sulla linea Z: è la summa dell'esperienza maturata dalla "necessaria" Nikon Z6 del 2018. Purtroppo nel frattempo si era creata una grossa cesura nel catalogo tra le ammiraglie Z9 e Z8 e le fotocamere di prima generazione FX con i successivi aggiornamenti che erano insufficienti a colmare il gap. In mezzo le divertenti Zf e Zfc, che altro non sono che una dimostrazione delle storia del marchio, unitamente a dei contenuti fortissimi, come nel caso della Zf, ma del tutto inadeguata a sostenere obiettivi che non siano puramente da passeggio. Invece questa Nikon Z6iii, magari opportunamente dotata del suo MB-N14 (che ne aumenterebbe il prezzo di circa 400 euro), diventa la candidata ideale ad utilizzare tutti questi obiettivi middle class Z dagli zoom trans standard, come il 24-120 ed i 70-200, fino agli zoomoni come il già citato 28-400 (che ho usato sulla macchina nuda e cruda) ed il più ponderoso 180-600, senza colpo ferire... Oltre ovviamente ad ogni fisso disponibile, eccezion fatta per i più pesanti f/1,2 ed oltre. Molte delle persone che oggi posseggono una Z8 utilizzandola molto al di sotto delle sue potenzialità, probabilmente avrebbero comprato una Nikon Z6iii se fosse stata già disponibile un anno fa: è questo il leit-motiv delle discussioni che si aprono su ogni forum di fotografia, dove gli utenti paragonano i prezzi delle fotocamere invece che le loro prestazioni in rapporto alle proprie necessità ed abitudini di scatto. Nessuno, pur desiderandola, comprerebbe una Lamborghini o una Ferrari solo per accompagnare i figli a scuola o la moglie a far la spesa. Status symbol a parte (ed ormai le fotocamere sono più che altro un boomer symbol, ossia ...un boomerang) sarebbe un vero spreco ed alla lunga anche un motivo di insoddisfazione per chi ritenga ancora che una fotocamera professionale consenta di realizzare immagini migliori di quelle che possono scaturire a pari condizioni (perizia, ottica, soggetto) da una fotocamera più economica. E di persone che la pensano così, ce ne sono moltissime in circolazione... Questa Nikon Z6iii è quindi necessaria³: al cubo come da titolo, perchè diventa il cardine del sistema Z intorno al quale ruotano sia le due macchine di categoria, peso ed ergonomia superiore (e relativa differenza di prezzo) e le attuali DX che verranno certamente integrate da nuovi modelli nell'immediato e prossimo futuro. Probabilmente la sua presenza in catalogo non farà rimpiangere anche la possibilità di una Z 7iii: la sovrapposizione con la Z8 anche a livello di prezzo diventerebbe inutilmente marcata. Max Aquila photo © per Nikonland 2024
  5. Abbiamo testato dovendo alla fine esprimere un giudizio negativo sul piano prestazionale, le prime schede con standard CF 4.0 qualche mese fa. Ne potete leggere -> QUI <- Singolarmente dopo i nostri test ProGrade ha declassato le prestazioni indicate in scrittura per quelle schede, mantenendole sul mercato a quel prezzo aggressivo. Ci incuriosiva però verificare anche da parte del nostro fornitore principale lo stato dell'arte del nuovo standard. Lexar ha presentato ad inizio anno al CES di Las Vegas la sua nuova linea ma l'ha realmente immessa sul mercato solo adesso. Abbiamo approfittato della prima offerta su Amazon di un venditore di Hong Kong per comprarne un esemplare da 1 TB. Si tratta di una scheda della linea Silver. Sappiamo che Lexar propone le sue schede in tre linee differenti caratterizzate da prezzi e prestazioni calanti. Abbiamo le alto di gamma, le Diamond, poi le Gold e infine le Silver. Le Diamond sono quelle più veloci, le Gold quelle con i tagli più grandi, le Silver quelle a più buon mercato. L'operazione viene ripetuta anche con le schede CFexpress di tipo B in standard 4.0. Secondo la CFA, queste schede sono allineate al protocollo PCIExpress 4, potendo usare con due lane di comunicazione, una banda passante teorica massima fino a 4 Gigabyte al secondo. Il protocollo è stato annunciato solo a fine 2023. ProGrade è stata la prima a muoversi mentre Lexar ha solo annunciato la nuova generazione che giunge sul mercato adesso. Si tratta di potenzialità veramente elevate che difficilmente un fotografo potrà apprezzare concretamente nella realtà e che vanno più che altro incontro alle esigenze del video RAW ad altissime prestazioni, dove i flussi per i formati più densi, richiedono velocità di scrittura sostenuta minima di alto livello. La confezione è la solita sul retro riporta anche scritte in italiano, segno che è allineata alle esigenze del nostro mercato il marchio evidenzia la produzione a Taiwan. Longsys, la società che c'è dietro il marchio assicura che a prescindere dal luogo di produzione, i componenti sono suoi. Un segno ulteriore segno della vicinanza tra Cina e la provincia ribelle dove si producono il grosso dei microchip mondiali. la scheda è protetta dal solito blister e una volta liberata si differenzia dalle altre Silver solo per il fatto che reca la scritta 4 e velocità di scrittura e lettura più elevate del solito. Si tratta di velocità massime ("fino a") con un'indicazione di velocità di scrittura sostenuta massima di 2600 megabyte al secondo. Nel solito ambiente di test (una workstation che sfrutta porte USB-C in standard 4.0, lettore ProGrade dedicato alle CF 4.0 con cavetto USB-C 4.0 certificato) abbiamo riscontrato effettivamente velocità molto elevate non del tutto allineate ai valori dichiarati che restano probabilmente irraggiungibili in condizioni operative ma comunque, molto, molto elevate. Possiamo immaginare che le Diamond offrano prestazioni superiori. Ma non possiamo dire di quanto nella realtà. il test di BlackMagic mostra capacità di scrittura inferiori ma comunque adeguate a sopportare non il formato 8K RAW ma addirittura il 12K. In condizioni da fotografo comune, e pur a mente che le prestazioni possono variare per un milione di motivi diversi (stato del disco principale, stato del buffer, congestione della memoria etc.), abbiamo verificato che la copia di 100 gigabyte di RAW della Z8 avviene alle velocità maggiori che abbiamo riscontrato sinora Lettura scrittura con tempi di realizzo che si valutano in secondi, non minuti. Le temperature pur a fronte di centinaia di gigabyte di creazione file si mantengono entro livelli accettabili anche se al tatto abbiamo riscontrato la solita generazione di calore. L'inserimento della scheda nella nostra Z9 è avvenuta normalmente, mentre sulle prime è stato complicato estrarla. Forzando è uscita e poi non ci sono più stati problemi nel reintrodurla e nell'estrarla. Nell'uso pratico non abbiamo riscontrato problemi. La Z9 la vede perfettamente, non è necessario formattarla. E viene scritta regolarmente. Crediamo che questa scheda abbia prestazioni ampiamente superiori alle capacità delle Z9/Z8, che lo ricordiamo, sono state concepite per lo standard 2.0 ed utilizzano un solo canale di comunicazione. E' stato riportato che al CP+ di Yokohama, Lexar e ProGrade hanno anticipato di essere in contatto con Nikon per lo sviluppo del protocollo sulla prossima generazione di Z9 che ci attendiamo possa uscire sul mercato tra un anno o poco più. Probabilmente quella macchina - che porterà raffiche in RAW da 30 o 60 se non più fotogrammi al secondo, avrà anche formati video ancora più pressanti degli attuali. Per tacere delle esigenze delle RED DIGITAL della fascia più alta. Per cui pensiamo sia giudizioso considerare queste nuove schede come opportunità in prospettiva. Nel complesso non abbiamo nulla di negativo da segnalare su questa scheda che da oggi viene immessa nel normale ciclo produttivo insieme alle altre.
  6. Shangri-la è un luogo "mitico" descritto nel romanzo Orizzonte Perduto di James Hilton del 1933 e reso celebre dall'omonimo film di Frank Capra del 1936. Dovrebbe essere situato sull'Himalaya ed assolutamente introvabile, nonostante ogni sforzo, da chi non è puro di cuore. In esso sono naturalmente bandite tutte le debolezze umane e si vive in armonia con purezza di sentimenti. Mitico per una intera generazione, tanto che i piloti del raid di Doolittle del 1942, catturati dai giapponesi, dissero di essere partiti dalla base di Shangri-la. L'US NAVY mise in mare una portaerei d'attacco classe Essex con questo nome, CV 38, entrata in servizio nel 1944. *** Sul web ho letto recensioni e impressioni contrastanti su queste nuove elettrostatiche. Che si rifanno nel concetto alle mie "vecchie" Jade II ma che riprendono nel nome le blasonate (e inarrivabili) Shangri-La. qui la scatola di fianco alle Arya Unveiled, presentate nell'ultima tornata di annunci 2024 di HIFIMAN. la scatola è più alta perché le cuffie elettrostatiche hanno il cavo fisso che va avvolto dentro alla confezione qui sono di fianco alle Jade II. Notare la scelta di usare il nuovo archetto "eco", stile HIFIMAN Edition XS. Sono già collegate al mio vecchio Stax SRM-006t, valvolare di 20-25 anni (che ha quotazioni Ebay inconcepibili ... ed a ragione secondo me), infatti le ho comprate "nude" senza il loro amplificatore dedicato. Bello ma per il momento per me superfluo. Il segnale arriva via cavi XLR dal Audio-gd R8HE Mk 3 che a sua volta pesca via I2S dalla DI24HE collegata via USB al mio mini PC. E andiamo subito alle dolenti note. HIFIMAN qui è andata al risparmio. Le Mini Shangri-la sono state concepite al risparmio. Tutto quanto. Non ho visto l'amplificatore perché ho comprato solo le cuffie fidandomi delle capacità del mio Stax ma le cuffie sembrano cuffie da 350 euro. L'archetto è quello eco, il materiale sembra latta, il cavo una fettuccia rigida. Sono meno comode di Arya ma anche di Jade, perché i padiglioni non si muovono e sto meditando di vedere se sia possibile sostituirlo con quello delle Arya. il marchietto è stampato sull'attacco dell'archetto i cinque terminali dorati di contatto in "standard" Stax. State tranquilli le HIFIMAN elettrostatiche nascono nel solco della tradizione Stax e sono elettricamente compatibili. l'aspetto è dimesso con quell'argento che le fa sembrare di latta. Il cavo è fisso, non si può cambiare se non in fabbrica in caso di taglio o usura. E' rigido e si impiglia ovunque. in trasparenza mostrano una colorazione verde particolari delle regolazioni dell'archetto il verdolino della copertura del driver elettrostatico il cuscinetto è abbastanza simile a quello delle Edition XS. Anzi mi sembra che sia tutto molto simile a quel modello (da 387 euro) Smarcata la costruzione, andiamo al suono. Sulle prime mi sembravano aspre. Ho preferito subito loro le Arya Unveiled. Ma dopo un paio di mesi ho cambiato completamente idea. Intanto, come da mia abitudine, le misure : HIFIMAN Mini Shangri-La su miniDSP Ears a confronto le precedenti Jade II (dopo la cura con i nuovi cuscinetti che hanno incrementato il basso) confronto con varie misure alle Shangri-la stringendo oppure lasciando laschi i padiglioni sulle orecchie. Sono sensibili al trafilaggio d'aria laterale e la risposta sui bassi varia a seconda del grado di pressione. Passando da una all'altra con un brano identico, sfruttando il fatto che gli amplificatori delle elettrostatiche hanno sempre più di un attacco per cuffie, la differenza di risposta è evidente. Più piena e gonfia nel basso per le Jade II, più profonda ma meno potente nelle Shangri-la. Il medio - la voce - è più rifinita nelle Shangri-la, più elegante, più piacevole. Insomma, cuffie differenti abbastanza da qualificarle e definirle perfettamente. *** Dopo un rodaggio importante, non concedetevi mai un giudizio sommario su cuffie serie come queste, posso dare un giudizio complessivo. Sono cuffie di categoria superiore a quella che il loro prezzo suggerisce. Non ho mai ascoltato le HIFIMAN Susvara ma probabilmente le collocherei in quella fascia (~8000 euro) se si potesse fare una pesatura economica. Sono eccezionalmente chiare, di un nitore inaudito. Ogni strumento è ben definito e c'è intorno aria e spazio. Gli strumenti ad arco, le arpe, le voci, sono semplicemente eccezionali. Mai ascoltate prima così, tanto che viene difficile staccarsene. La fatica di ascolto è inesistente, salvo che non vi facciate prendere dall'entusiasmo e non alziate troppo il volume. La sensibilità comunque è elevata e non serve tanta potenza. Se la cavano bene con tutto e no si direbbe che il basso sia da elettrostatica. Giudizio complessivo Anche con l'heavy metal o l'hard rock si sente tutto a meraviglia. Il massimo lo danno con la musica acustica registrata in modo eccezionale. Sono di quelle cuffie che vi danno l'impressione di poter distinguere tra un file a 192Khz e uno a 96 o a 48. Ma senza le "fanfaronate" eccessivi - mi perdoneranno i loro proprietari - delle HE1000 di tutte le versioni. Chiare, chiarissime ma velocissime in tutta la gamma di frequenza. Così la musica vi arriva naturale così da sembrarvi senza intermediari. Anche in basso, si, certo, con cuffie dinamiche siamo da un'altra parte. Ma perdendo quella velocità e coerenza che qui invece sembra naturale. Tanto da riuscire a percepire il diverso livello solo con un confronto diretto ma senza mai che, ascoltando la musica, vi possa mancare qualche cosa. L'unico appunto lo faccio alla costruzione. Costano comunque 1250 euro, che diventano più del doppio se non avete l'amplificatore in casa. Non si può lesinare su dettagli che industrialmente non possono costare più di qualche decine di euro. Ma all'ascolto generano dipendenza. Io non ho mai ascoltato le Susvara. Chi le conosce, dice che queste suonano in quella categoria (e a questo punto, mi chiedo come possano essere le Shangri-la, quelle senior !) PRO: simili alle Jade II nella realtà sono cuffie di una categoria superiore. Fanno sembrare quelle, ordinarie e grossolane sensibili non serve alzare il volume, anzi, in genere si abbassa indispensabile avere una catena al di sopra di ogni sospetto per farle rendere. Costano una cifra ragionevole ma in tutto ci vogliono qualche migliaio di euri per farle galoppare suono naturale all'inverosimile, staccano le Arya Unveiled che, per me, sono le migliori planari che ho mai ascoltato il basso c'è, ka**o, non credetemi quando vi dico che le elettrostatiche non hanno basso. Queste hanno tutto quello che serve ! abbastanza comode ma più che altro, sono prive di fatica d'ascolto. CONTRO: sembrano di latta; costruttivamente non sono all'altezza del prezzo che costano necessitano di un front-end adeguato; non sono cuffie da telefonino o da DAP in single end e anche in questo caso direi che sarebbe sciocco spendere queste cifre per poi pilotarle con l'iPhone o l'iPad come mi pare che qualcuno cerchi di fare il cavo non intercambiabile potrebbe essere nel tempo un handicap tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) Impianto usato per la prova : Audio-gd DI24HE, alimentata via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player DAC Audio-gd R8HE Mk III collegato via cavo I2S Audioquest Amplificatore a valvole in classe A Stax SRM-006t cavo in dotazione confronto HIFIMAN Arya Unveiled con cavo artigianale inglese dischi ascoltati : dischi in grado di valorizzarne le capacità di dettaglio, nitore, definizione, timbrica, dinamica. Musica ben registrata, chiara, seria.
  7. pagina delle caratteristiche dal sito del distributore Playstereo.com Versione riveduta e aggiornata dell'apprezzata HIFIMAN Ananda. Che incorpora i nuovi magneti stealth e il diaframma ultrasottile e si ripresenta con un nuovo look, tutto argento, per differenziarsi meglio da altri modelli della gamma. Nella prima versione si trattava sostanzialmente di una alternativa economica alle più prestigiose Arya, molto distanti dalle HE1000, di cui questa nuova versione ricalca un pò il look. il marchietto ANANDA NANO caratterizza l'arco di queste cuffie. che riprendono la forma del padiglione e anche la struttura dalle cuffie superiori. Ma con un pizzico di attenzione al risparmio nel sistema di articolazione dell'arco che di fatto impedisce ai padiglioni di seguire la forma della testa con leggerezza. Questo, unito ad una pressione piuttosto importante e ad una banda superiore - bella - piuttosto rigida, sulle prime non rende queste cuffie molto comode, almeno sulla mia testa. Allungando la corsa regolabile la pressione si attenua ma restano puntate sulla parte bassa. Non escludo che col tempo si adeguino alla forma della testa. In genere bisogna avere pazienza su questi versanti. Ma comunque Audivina (un guanto !), Arya e HE1000 restano di una categoria a se per quanto riguarda la comodità in testa. Detto questo, è tutto piuttosto solido e di qualità. I cuscinetti sono ottimi, morbidi (forse troppo), ben consistenti e aderenti. Anche la banda sembra superiore per consistenza a quella delle Arya. padiglioni e cuscinetti, approvati per fattura e consistenza. come la griglia di protezione, molto bella e resistente. La spugna interna praticamente nasconde del tutto i diaframmi, invisibili all'occhio e ben protetti. Nel complesso io le definisco molto belle. Non aggraziate come Arya e HE1000 ma siamo chiaramente in quella fascia di estetica e concretezza. *** Le cuffie hanno il classico spinotto da 3.5mm che le rendono compatibili con ogni cavo adatto a tutte le altre HIFIMAN di nuova generazione. Per cui le ho utilizzate con il miglior cavo che ho in caso, sull'integrato HIFIMAN R-27HE. L'impedenza da 14 Ohm anche se la sensibilità è medio-bassa, garantisce un carico facile ed elevata capacità di erogazione di corrente da parte dell'amplificatore. Io potrei scaricare decine di watt ma con il controllo di volume a meno della metà suonano già forte. Diamo un'occhiata alla risposta in frequenza. che è già all'origine decisamente molto corretta e lineare. Quasi una riga con una variazione inudibile fino a 3000 Hz. Dopo di che ci sono le solite oscillazioni in alta frequenza. Io fino a li non ci arrivi e nemmeno ci arriva la mia musica. Mentre la promessa di un basso e medio basso molto autorevole mi sembrano un buon viatico per queste cuffie, dopo le stranezze dei due modelli chiusi appena provati sul nostro sito. Ebbene, alla prova dei fatti, l'ascolto è di gran lunga il più soddisfacente che mi è capitato negli ultimi anni. Il basso è pieno, corposo, autorevole e punchy. Il medio basso risponde con la stessa velocità e autorevolezza. Il medio è pulito e chiaro. Nel complesso le definirei cuffie dal suono chiaro ma senza che nessuna gamma sai oscurata o prevaricata da quella alta che è si frizzante ma senza sibilanti o fastidiose esagerazioni. Neutre e concrete, sin dalla prima nota. Che sia jazz o heavy metal, sinfonico o barocco. Sono cuffie adatte a tutti i generi e a tutti gli ascolti. In particolare la voce femminile jazz con accompagnamento ritmico veloce. Ma non solo, il violino, il coro. cuffie autorevoli, dal suono pieno e piacevole, capaci di offrire un grande e notevole palcoscenico (senza pretese impossibili) con una buona evidenza di quanto in primo piano ma senza che scompaiano gli strumenti secondari. dire che la concretezza traspare dalla fattura. Così i miei dischi selezionati per i test si alternano veloci tra loro. Il suono resta chiaro e cristallino, ma questa è una firma del marchio, non di queste cuffie. Che invece si pongono esattamente nella mediana tra gli altri modelli, prendendo il meglio da tutti gli altri. Moderno, antico, complesso, semplice, senza differenze di interpretazione. Come se fossero cuffie di riferimento. Che al prezzo di € 559 è il complimento migliore che mi viene da fare. Naturalmente Arya, HE1000 Stealth e HE1000 SE sono li per offrire ancora più forza, ancora più dettaglio, ancora più analiticità, ancora - chi più, chi meno - effetto WOW. Che comunque a queste ANANDA NANO non difetta. Quasi che avessero preso, crescendo, tutto il meglio delle HE1000 senza alcuni eccessi sulle alte frequenza che non mi hanno troppo appassionato. Cuffie perfette insomma, con le sole riserve sull'indossabilità e comodità indotte da quel meccanismo di articolazione rigido e una certa inerzia nel copiare il profilo della mia testa. Forse non sarà così per tutti, ma per me, sulle prime, sono risultate non comodissime. Sul suono invece non ho riserve. E penso che con il tempo diventeranno ancora più piacevoli e naturali. Senza voler usare troppe iperboli, tra le HIFIMAN che ho provato sinora, sono le migliori per equilibrio, risposta e rapporto prezzo/prestazioni. Provatele un pò anche voi se potete. Non credo che le rimanderete indietro ! Giudizio complessivo PRO: belle e consistenti sia per materiali che per estetica fanno il verso non troppo velatamente alle HIFIMAN HE1000, come se fosse una sorta di loro manifesto di intenti facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) come per tutte le magnetoplanari, sempre poco sensibili coinvolgenti ed emozionanti hanno un basso perfetto, un medio corretto e una gamma alta mai invadenti il fronte sonoro è decentemente esteso (ma condensato sulla vostra testa, non fatevi troppe illusioni, cuffie sono !) rapporto prezzo / prestazioni eccezionale. Per delle planari non si può avere nulla di simile a questo prezzo ! CONTRO: scomode, l'articolazione dei padiglioni è modesta e la pressione sulla mia testa (non so sulla vostra) è elevata, spero che nel tempo si allentino perché così le posso tenere in testa per non troppe ore la dotazione è al solito scarna (solo il cavetto single ended); per farle suonare come le ho sentite io rischierete di spendere molto per il cavo come le planari in generale, richiedono un buon front-end per dare il meglio di loro (ma questo non è certo demerito loro !) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com
  8. fosse un obiettivo come altri, basterebbe il primo approccio. Ma qui siamo di fronte un oggetto tale che ci vogliono almeno sei mesi per capirlo abbastanza da poterne riparlare. E' un pò come per le cuffie magnetostatiche che sto provando. Le ho già da due mesi e le sto appena rodando. Comincerò solo tra qualche settimana ad approfondire il carattere di ognuna. Perchè ognuna ha il carattere che ha. E non sarebbe onesto liquidarle con il primo ascolto. Lo stesso qui, si, certo, l'effetto sbalorditivo di quello sfuocato e di quelle palline perfettamente rotonde colpisce subito. Ma avete notato che, come al solito, sul web non si parla più di questo obiettivo ? Perché non ci si da più il tempo di imparare a conoscere gli strumenti prima di dare un giudizio complessivo obiettivo. E in questo caso posso già anticipare che non basteranno questi primi sei mesi ma ci vorranno anni perché diventi un vero amico come lo fu il vecchio 200mm f/2. Quello che posso dire subito, per farla finita con questo preambolo, è che questo è forse il più caratteristico ed unico Nikkor Z, dopo l'inarrivabile 58/0.95 Noct. Si, perché il 400/2.8 e il 600/4 sono eccellenti, ma in fondo simili ai precedenti pari classe, almeno all'ultima generazione senza teleconverter. Qui invece abbiamo un obiettivo originale, unico e che non va semplicemente a sostituire il vecchio 135/2 DC sulla piazza da oltre trenta anni, diventa un riferimento permanente. E' un obiettivo cinematografico anche se non si fa video, anzi, soprattutto se non si fa video, viene normale seguire l'azione, seguendo il soggetto, inquadrandolo non solo sullo stretto ma anche nella scena in cui si trova ci penserà lui a caratterizzare l'immagine passo dopo passo in qualunque circostanza sia in interni che in esterni invitando te a scattare e lei a muoversi senza pensarci troppo, anzi, pensando a se un passo indietro, uno avanti (quello che segue è un crop del precedente scatto) per vedere quello che succede quale che sia la luce Certo, lo "stretto" è il suo pane ma non solo Dello sfuocato si è anche troppo abusato ma più che dell'effetto Netflix che adesso è tanto in voga io guardo a quello che succede dietro perché ci sia l'impronta nella ripresa non solo in esterni La focale è impegnativa L'imperare dei telefonini e delle focali corte ha largamente condizionato il nostro sguardo. E con il teleobiettivo si rischia facilmente "l'effetto faccione" che non piace alle modelle ritratte, abituate ai selfie. Per cui bisogna stare attenti, scegliere soggetto e punto di ripresa. e anche osare la figura, oltre al ritrattone l'impatto sarà ugualmente assicurato Ma in studio su sfondo uniforme è sprecato sebbene sia sensazionale nel dipingere una rossa fumante Mi fermo qui Perché conservo in archivio solamente 51.944 scatti fatti con questo 135 da quando ce l'ho. Che è diventato la mia prima scelta quando il soggetto lo pretenda. Ma non sempre. In alternativa e in antagonismo al 85/1.2. Fantastico ma molto differente. Mentre ho abolito del tutto il 105mm fisso che prima amavo tanto. Ma solo perché Nikon ancora non ne ha proposto uno di questo livello. Questo è ammaliante, straordinario, irreprensibile, prezioso. E rende ogni immagine ripresa degna di essere coccolata e curata al massimo. Sebbene io debba aggiungere per finire che il 99% degli scatti che ho presentato in questo articolo, per lo più scelti a caso tra sequenze riprese a raffica lente, siano al naturale come sono stati registrati sulle schede di memoria. Un'ultima considerazione sulla fotocamera da usare con il 135/1.8 S Plena. Si sposa solo o quasi con la Z9. Con la Z8 l'ho usato perché in quel momento non avevo la Z9. Con la Zf va bene solo per le foto di repertorio (quelle della macchina con l'obiettivo). Non per demeriti dell'elettronica della Zf, ma perché quel corpo proprio non lo regge quell'obiettivo. Sono unioni pensate all'origine. Il 135 e la Z9, la Z9 e il 135.
  9. HIFIMAN Audivina e Audio-GD R27HE Chantal Chamberland, Temptation (I put a spell on You), 2019 Maria Pia De Vito, So Right (Harlem in Havana, The One-eyed Man), 2005 Art Pepper + Eleven (1960) Magnus Ostrom & Dan Berglund e.s.t. 30 (2024) la pagina di presentazione del distributore italiano Playstereo.com Sulle prime non mi sono piaciute per niente. E' inutile nasconderlo. Sono cuffie molto particolari. Dopo un paio di mesi di rodaggio però sono cambiate. Ed io ho imparato a sfruttarle per quello che sono. Però bisogna farle scaldare. E bisogna che il front-end sia caldo. Io le metto sopra al mio Audio-GD R-27HE che dissipa 1200 Watt per metterne 20 sull'uscita bilanciata e il carico di 20 Ohm delle Audivina. E metto un disco di jazz. Quando lui raggiunge i 45-50 °C (scotta al tatto), allora le indosso. Mentre apprezzo la comodità di averle in testa (nonostante il peso aggiuntivo delle coppe in vero legno lucidato a mano stanno in testa esattamente come le HE1000. Perché in fondo, sono delle HE1000 ... !) Robbie Williams parte con il suo swing in puro stile Sinatra/Martin. E la performance comincia ad avvolgermi. Il palco è enorme - per delle cuffie - ma l'atmosfera è da cantina adibita a jazz club. Le note di marketing non scherzano, è così, al di là di quanto dicono sulle forme pensate su quelle del palco di Bayreuth. Sono cuffie da jazz (vocale ma non solo), più che da grande articolazione sinfonica. Se sono calde - perché fredde sono aspre - l'atmosfera è calda, suadente, avvolgente. Affascinante. Emozionante. Almeno, quanto lo è la musica che ascoltate (non saprei dire come siano se un soprano canta Berg ...). Nonostante la sensibilità sia alta - almeno nel dichiarato - il volume a seconda dei programmi cresce. A 60 punti (logaritmici) il mio RE-27 eroga al picco 12 Watt e ci vogliono tutti per apprezzare la straordinaria Seconda di Mendelssohn nella recente registrazione di Paavo Jarvi. Ma non è nelle grandi formazioni che queste cuffie danno il massimo. Perché per delle planari, la focalizzazione e il microdettaglio non è al massimo. Il Dr. Fang ha preparato un piatto particolare in cui sono state sacrificate in parte le peculiarità di introspezione analitica delle HE1000 in cambio di impatto e coinvolgimento. Così la voce è un pò più indietro e il basso più pieno e potente. Gli strumenti brillano il giusto. Solo a condizione di alzare di molto il volume - almeno con le mie malandate orecchie - si ottiene un riequilibrio, che io reggo per poco ma con risultati veramente emozionanti. Chantal Chamberland è veramente "tentatrice" con il suo Temptation e l'incantesimo di I Put a Spell On You funziona. Audivina fa brillare i trilli del pianoforte e della chitarra prima che la voce calda e leggermente roca di Chantal entri in scena e porti il canto su percussioni leggermente arretrate. Il piano è li a destra, un pò in alto. Lei è in centro, leggermente a sinistra. E c'è veramente l'illusione del piccolo gruppo jazz che suona su un paio di tavole qui davanti a me. Passo al violoncello cavernoso della Folia della Kobekina e apprezzo ogni corda ed ogni pizzicato. Ma il tono è scuro, cupo, non chiaro come sarebbe con le Arya o le HE1000. Chiamo in causa la straordinaria Bernarda Fink nell'altrettanto straordinaria interpretazione di lieder di Brahms. Il suo Guten Abend è piacevole e senza asprezze, fino alle note più alte. E anche Silje Neergard non riesce a straziarmi i timpani come ricordo che è riuscita a fare con le HE1000. Il pianoforte di Lugansky nel suo recital a Verbier è metallico. Il pianoforte con le Audivina non mi convince del tutto. E' meglio di quello delle Sundara Closed Back che è un pò ovattato. Ma qui alle volte è un pò troppo metallico, altre invece è perfettamente intonato (straordinaria la Campanella di Nikolai, di un garbo eccezionale, ben resa anche dalle cuffie che non eccedono in nessun registro). La registrazione di Dina Ugorskaya del II Libro del Clavicembalo ben Temperato è spettacolare, pur nei 44.2/24. Il piano è chiaro e preciso, le due mani perfettamente identificabili, il basso entra leggero e nitido ma potente. Intimissimo il violino e i pochi strumenti che accompagnano Tetzlaff nel concerto di Berg. Il violino non ha il nitore che si può sentire con le HE1000, è più intimo. La performance eccelle sul medio, rinforzata dal poco medio-basso che questo strumento ha. Il clavicembalo risulta smussato di molte asperità e il suono è argentino ma molto caldo, almeno quello usato da Giulia Nuti nel "The Fall of the Leaf". Potrebbe rendere gradevole questo strumento a chi lo ama poco. Ultima incursione sul sinfonico. I bassi di chiusura frase dell'introduzione della Rapsodia Paganini di Rachmaninoff sono potenti e profonde. La registrazione DG con Wang e Dudamel rende pienamente giustizia all'idea dell'autore anche se in taluni momento io sento (o mi invento) alcuni accenni un pò crudi. Andando sul repertorio più moderno, Peter Gabriel è energetico ma si perde un pò della qualità del mix minuzioso del suo "i/o". Il sinfonismo jazzista dei King Crimson è coinvolgente. Basso profondo, immagine stereo che segue le scelte del sound engineer, percussioni molto veloci. Impianto sonoro ampio. La voce in Cirkus è indietro rispetto al pianoforte ma è chiarissima. Bellissimo il sax baritono ma soprattutto le percussioni. Il basso di Toni Levin. Intendiamoci, il corpo è importante ma lontano dall'eccesso delle cuffie dinamiche più punchy. Sono e restano delle cuffie planari, non un imbastardimento con la scusa del padiglione chiuso. Ma chiudo con quello che secondo me è l'ambiente ideale per queste cuffie, il jazz. The Tea Leaf Prophecy, cantata da Joni Mitchell con l'accompagnamento di Herbie Hancock e i suoi, nel disco dedicato all'autrice è piacevole ma più interessante ancora il duetto tra Tina Turner e gli strumentisti (sax in primis). Ancora, la performance non è "monitor" come sarebbe con l'iperanaliticità delle HE1000. Il problema è che qui siamo in un test, in una prova. Queste sono cuffie da ascolto. Rilassato, piacevole, dove non si va a ricercare la performance ma il divertimento. Per questo smetto di pensarci e mi godo il resto del brano senza più indugiare su come siano il piano (bello !) o il sax (bellissimo !!) o Tina (!!!!). *** la risposta delle HIFIMAN Audivina misurata con miniDSP Ears, alla guida un trio di Audio-GD. Giudicando dalla risposta in frequenza non si darebbero nemmeno pochi euro per queste cuffie. Tanto è ... poco lineare l'andamento, con quella collina sul medio centrata sui 1000 Hz. Vi assicuro - se volete fidarmi - che questa è la risposta dopo due mesi di rodaggio. Perché all'inizio tutta la parte destra era più alta. Sospetto che con i mesi e gli anni, il tutto si linearizzerà maggiormente. Ma non dobbiamo vedere queste cuffie né come neutre, né come cuffie monitor. Sono cuffie da apprezzare ascoltando musica, avvolti da un guscio caldo e con la voglia di ascoltare solo musica, non individuare ogni singolo strumento nello spazio. La prestazione cambia da disco a disco e da brano a brano. Potete amarle oppure odiarle a seconda di quello che ascoltate, di come state, di come cambia la musica. In un certo qual modo sono cuffie un pò bizzarre e vanno prese per come sono. Possibilmente dimenticando molte iperboli di alcuni recensori. Chi le considera spazzatura e le detesta in modo clamoroso, chi le consiglia senza controindicazioni. La verità assoluta non esiste. Queste cuffie sono un modo di aggirare certi limiti delle planari - bellissime, chiarissime ma, proprio in quanto planari, leggere e poco coinvolgenti - per proporre un suono più emozionante e corposo, anche a rischio di snaturarle un pò. Che siano chiuse non cambia la sostanza - tranne che per me che non sopporto a lungo le cuffie chiuse per questioni di ... udito - si cede un pò di focalizzazione spaziale e di dettaglio in primo piano, per spingere i solisti un pò indietro per avere più spazio, aria e corpo sul medio-basso. Peccato per quel picco ad un Khz che a me ammazza buona parte del repertorio che ascolto di più nella mia vita musicale. Insomma, non sono cuffie per il barocco, per il pianoforte solo, per il coro femminile di Hildegard Von Bingen. Oppure si ? Aspetta un attimo ... Ma si invece, funzionano anche con il monofonico del XII secolo. Forse dovremmo aprire un pò di più i cancelli delle nostre aspettative. Insomma, suonano tutto, con una netta preferenza per il jazz acustico, secondo me. *** Costruttivamente non c'è molto da dire. Avete presente le HIFIMAN HE1000 ? Ecco, sono praticamente identiche (stesso archetto, stessi padiglioni, stessa articolazione, stessa banda), tranne quelle meravigliose coppe in legno naturale lucidato a mano con il marchietto HIFIMAN in mezzo. l'interno del padiglione è impreziosito da una doppia protezione. I cuscinetti sono eccezionali (se vi piace il color tabacco). La banda è meglio di quella delle Arya, secondo me. Ma penso di poter concludere a questo punto. Ricordo che le ho in testa praticamente da più di due mesi. Che sono maturate. Che sono maturato io. Che in certi momenti non mi convincono, ma dopo un pò mi fanno lacrimare per l'emozione. Sono cuffie particolari, non per tutti. Allargano l'orizzonte interpretativo di chi ama le cuffie. Bellissime, per me non possono essere le uniche cuffie di casa. Se leggete le (poche) recensioni che ci sono online, non prendetele alla lettera. Magari, se vi interessa un altro modo di ascoltare la musica ma siete malati come me di planari e non vi interessano più le dinamiche, provatele se qualcuno ve lo concede. Ma non per cinque minuti. Ci vuole tempo, bisogna capirle. Può essere che scatti la scintilla. Oppure no. A me "hanno fatto un incantesimo" e ne sono stregato. No, non rinnego le mie Arya e certamente non le mie Jade, sono tutta un'altra storia quelle. Ma so che quando ho bisogno di un certo tipo di suono, le Audivina risponderanno divinamente. Da par loro, perché sono Divine. Ma attenti, come tutte le Dive, non tollerano confronti. Se passate dalle HE1000 a queste, sulle prime non vi piaceranno. Ma dopo un pò ... non vi verrà voglia di tornare indietro (e viceversa !). Giudizio complessivo PRO: belle come il sole praticamente le HIFIMAN HE1000 con le coppe in legno lucidato facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) dentro alla modesta confezione c'è almeno un cavo bilanciato (ma vi toccherà comprarne uno migliore per farle cantare al meglio) coinvolgenti ed emozionanti più delle Arya e della media delle planari ma con qualche compromesso da accettare l'aver arretrato gli strumenti solisti ha ampliato il palco nel suo complesso (per delle cuffie) qualità costruttiva elevata CONTRO: costano un botto ! D'accordo quelle coppe costano ma ... il cavo bilanciato in dotazione è buona ma giusto per cominciare perdono quell'analiticità, iperdettaglio, precisione ed effetto wow tipico delle HE1000 sono cuffie chiuse, sulle lunghe impegnano di più le orecchie (almeno è così per me, preferisco le aperte) non possono essere le uniche planari di casa. Se avete queste, dovreste avere anche le HE1000 Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com
  10. R-27 rappresenta il top di gamma degli integrati - DAC/preamplificatore/amplificatore cuffie - di Audio-gd. L'erede ideale degli apparecchi dotati di chip di conversione 1704. Nella realtà al momento la gamma si compone dei soli R-28 ed R27, perché il piccolo R11 non è più in produzione. R-27 è disponibile in più versioni, quella in esame è la R-27 HE, dotata di alimentazione rigenerativa, il fiore all'occhiello di Audio-gd insieme all'amplificazione ACSS. Veniamo proprio al cuore di questo dispositivo, l'alimentazione. questa scheda è marchiata orgogliosamente Regenerate Power Supply ed è una delle due collegate al trasformatore di ingresso. che è di dimensioni generose, resinato al suo interno e con una schermatura in rame. E' un avvolgimento che potrebbe sostenere il carico di un discreto amplificatore finale di potenza e che qui invece si limita ad accogliere la corrente di rete a 220 Volt. per consegnarla pulita e "rigenerata" con frequenza stabile e tensione fissa a tre ulteriori trasformatori più compatti, ognuno alimentante le rispettive sezioni di alimentazione delle tre sezioni in cui è diviso il dispositivo. La circuiteria di ricezione del segnale e i due canali del DAC. vista parziale in pianta, da destra e nel centro, le due sezioni di alimentazione : la rigenerativa e quella per i singoli canali. La simmetria è ammirevole. Non all'altezza di realizzazioni ultrasofisticata l'articolazione, più definibile artigianale - sebbene di alto livello - sia per la presenza di svariate cavetterie volanti quanto di residui di lavorazione non proprio eleganti. Regna su tutto il sovradimensionamento complessivo. di rado nelle recensioni vengono rappresentati i fondi degli apparecchi. Eccolo qua, invece, al di là dello spessore del piano - 8mm di alluminio rigido - il numero di feritoie, ma soprattutto l'innumerevole quantità di viti di blocco delle varie schede interne dimostra lo sfoggio di materiale (e i discendenti tempi di assemblaggio) degli apparecchi di questa classe. Che per Audio-gd sono lo standard di riferimento, siano essi all-in-one come questo, semplici preamplificatori, DAC puri o amplificatori integrati. Ne sono prova i 2560 grammi del solo coperchio, fissato con una dozzina di viti, lo spessore del telaio a pianta quadrata e il peso complessivo di 22.000 grammi che lo rendono un campione di ... facilità di posizionamento in casa. Il mio piano è profondo 60cm eppure lo regge a fatica in estensione, con i cavi di connessione posteriori che sfiorano la parete di fondo. questa versione è in alluminio naturale, spazzolato. Bella e lucente ma un pò fragile sia nel catturare le impronte delle dita quanto degli eventuali graffi per sfregamento. Poco male, la superficie non suona. Ma un telaio del genere assicura la dissipazione dell'elevato calore prodotto. Che nel caso del più compatto Master 9 Mk III tende a raggiungere temperature da ustione mentre qui, caldo è caldo ma nulla di anormale. di trequarti così non impressione poi tanto, sembra uno strumento di misura industriale qui con il coperchio appoggiato sopra (per toglierlo, l'unica è farlo scivolare mettendo in bilico la macchina), invece è più impressionante. ma deve impressionare l'interno, ordinato eppure molto affollato, qui evidenziato dalla fotografia a telaio aperto e posto sul fianco. A sinistra abbiamo i due canali del convertitore, in mezzo a loro la scheda di ricezione, davanti le alimentazioni separate che prendono energia dai tre trasformatori alloggiati in un vano separato da pareti di schermatura. Infine a destra, l'alimentazione rigenerativa, un trasformatore di ingresso e due schede simmetriche. A ridosso della parete frontale, la scheda di controllo del display. altra vista del marchio della scheda di alimentazione rigenerativa altra vista di tre quarti anteriore. Si nota subito il minimalismo dei controlli : accensione e due tastini di selezione delle varie modalità e ingressi. Manopola del volume (elettronico) ed uscite cuffie, single ended e bilanciate. la scheda centrale che contiene tutta l'elettronica di ricezione del segnale, il processore di controllo, i due clock di precisione. dettaglio del processore dedicato agli ingressi, un Altera Cyclone a 32 bit, i due clock, i due isolatori degli ingressi. Componentistica allo stato dell'arte. sopraelevata la schedina di ingresso USB, sotto i vari isolatori degli altri ingressi, clock esterno compresi. Anche la porta I2S rappresentata da una presa HDMI è isolata, a garanzia di pulizia del segnale. Della porta USB viene usato solo il ricevitore mentre tutto il resto è ricostruito dal processore. La distinzione tra le schedine dovrebbe consentire maggiore separazione. Secondo Audio-gd, questo ingresso è tanto qualitativo da non richiedere una interfaccia digitale esterna (ci sentiamo di avere qualche dubbio, almeno considerando la qualità della DI-24 HE che stiamo utilizzando in un altro stack in parallelo a questo apparecchio). ma andiamo al pezzo forte del DAC effettivo. I due canali sono disimpegnati da quattro moduli simmetrici posti su due schede separate impilate una sull'altra e ulteriormente schermate da una piastra d'acciaio avvitata sopra. Sono i moduli DA-7 specifici di Audio-gd e responsabili della conversione del tutto analogica del segnale digitale in analogico. i due DA-7 del canale sinistro, coperti dalla piastra di schermatura che una volta rimossa mette in mostra la topologia del tutto simmetrica del push-pull. Due processori Xilinx si incaricano di coordinare il lavoro mentre una serie di chip regolano la precisione della maglia di resistenze. Il cuore di un convertitore R2R sta qui. Al posto di uno o di più chip sintetici, viene usato un circuito analogico composto da resistenze di precisione che leggono a cascata il segnale. I due moduli sovrapposti offrono 4 convertitori per singolo canale, per un totale di 8, per il segnale PCM. Per il DSD ci sono 4 moduli dedicati. Ovviamente non viene fatta alcuna conversione da PCM a DSD come in molto apparecchi economici (anche di gran marca). la pianta di un modulo Audio-gd DA-7 Mk II installato nel R-27 HE. Tra i due moduli, che hanno alimentazione superiore, c'è il controllo di volume, anche esso a resistenze, quindi discreto, separato per ogni singolo canale. Per offrire una reale circuitazione bilanciata. al capo opposto, avvitata sul pannello anteriore, la scheda di logica di controllo del display anteriore. la vista al volo dal posteriore ci introduce al pannello ingressi ed uscite. le entrate sono completissime. I2S, ottica, USB di tipo B, XLR AES/EBU e due porte coassiali per clock esterno e digitale SPDIF. In aggiunta una porta speciale per l'eventualità di aggiornare il firmware della macchina (che io farei solo a rischio della vita ...) le uscite sono le tradizionali per Audio-gd, bilanciata XLR, bilanciata ACSS e sbilanciata RCA, con i due canali separati fisicamente. L'unica indicazione del modello è presente in questo adesivo posto vicino alle presa di corrente che reca anche il numero di matricola. più semplice il frontale, con accensione, selettori e prese cuffie con in mezzo il display a cristalli liquidi sono comandi semplici ma solidi. Purtroppo asserviti al sistema poco intuitivo di Audio-gd che necessita la consultazione del manuale per ricordare a cosa corrispondano numeri e lettere mostrate nelle varie fasi. sotto una luce calda, l'alluminio, al vero un pò freddo, appare di una piacevole tonalità champagne. Tutti i connettori sono di altissima qualità. Neutrik per gli XLR e corrispondenti in oro per i coassiali e gli RCA. *** Visto l'interno, imponente, andiamo ai comandi. Il selettore è diviso in due tasti, uno per far ruotare le opzione, l'altro per modificarle. Il problema è l'intelleggibilità delle opzioni impostate. All'accensione l'R-27 fa lampeggiare i led per salutare orgogliosamente mostrando quello che evidentemente è il logo Audio-gd e il nome del modello. L'avvio non è immediato perché l'alimentazione rigenerativa ci mette una manciata di secondi ad andare in linea. quindi compare questa scritta. Quello che si capisce è che ho selezionato la porta USB (la IN 6 guardando il posteriore). Mentre in modalità operativa si legge la frequenza di campionamento rilevata, l'uscita, il guadagno dell'amplificatore, la porta di ingresso, il livello del volume. [non so cosa sia questo 128. Nella realtà il sistema è connesso ma non c'è alcun segnalo. Normalmente quel numero è 44, 48, 96, 192 etc.]. Le opzioni modificabili sono il tipo di sovracampionamento (di default è su OFF), il livello di luminosità del display, lo spegnimento o meno del display. C'è infine una modalità "artistica" che Kingwa dice di aver mutuato dal lungo ascolto del giradischi analogico. Dovrebbe essere a suo dire un modo per generare un suono particolarmente dolce e caldo che darebbe il suo meglio con oversampling 1x o 2x. L'ho provata senza tanto successo. A differenza della modalità "tube" del Master 9 Mk III che è anche misurabile nel suo intervento, qui io stento a riconoscerne l'effetto. *** Bene, con questa carrellata ci siamo. Ma vorrei riepilogare le componenti di questo grosso amplificatore. Nello stesso, enorme, telaio, abbiamo : l'alimentazione rigenerativa che è in grado di dare corrente elettrica pulita a tutte le schede, con frequenza precisa e tensione stabilizzata. Non è una cosa banale, qui non ho grossi problemi, ma nella mia casa precedente, la tensione di rete oscillava tra 210 e 230 Volt, con frequenza tutt'altro che stabile. Qui invece avevo fatto installare uno stabilizzatore meccanico che alla fine si è rivelato quasi superfluo, tanto da averlo disinserito l'alimentazione con tre trasformatori separati e circuiti dedicati in classe A la scheda di ricezione dei segnali, controllata da un processore Altera Cyclone, due clock Accusilicon ad alta precisione, isolatori su tutte le prese, ingresso per clock esterno, interfaccia USB Amanero due convertitori "analogici" a discreti (rete di resistenze) controllati da microprocessori due controlli di volume "analogici" a relé due amplificatori in classe A per le uscite cuffie che possono operare con guadagno differenziato a +13dB e +26dB erogando fino a 15 watt su 25 Ohm di carico sulla uscita bilanciata (teoricamente pari a 45-50 watt su un carico di 8 ohm se fosse possibile alimentare dei diffusori) un circuito di preamplificazione lineare, sempre in classe A (uscita fino a 20 V contro i 2~5 se usato come semplice DAC) l'alimentazione è pulita per tutti i sistemi, gli ingressi sono isolati, la macchina è virtualmente esente da jitter già sul piano concettuale. L'avere tutto nello stesso telaio unisce ai difetti di avere un telaio enorme e pesante, i vantaggi di una messa a punto precisa nell'indirizzo della sua firma musicale, come intesa dal progettista. In teoria, un DAC non dovrebbe suonare. Un preamplificatore non dovrebbe suonare. Dovrebbero solo fare il loro lavoro di rendere analogico un segnale digitale - quale che sia - e di elevarne il livello alle necessità del sistema di riproduzione (amplificatore o diffusori amplificati). Il discorso è un pò diverso se pensiamo all'amplificatore cuffie, che può avere un suo carattere, secondo le impostazioni di fondo. Nei modelli economici a chip operazionali, le modalità di funzionamento sono impostate in via digitale. Qui invece è la topologia dell'architettura che influenza il risultato. *** E quindi, alla prova dei fatti, o meglio, del suono ? Che si usi come semplice DAC, come preamplificatore o come dispositivo integrato, l'Audio-gd R-27 HE fa il suo lavoro. E' presente ma è lineare, offre una risposta molto dettagliata e precisa ma non analitica. Ha una impostazione calda e dolce, più o meno a prescindere dalla modalità di funzionamento selezionato. Nei mesi in cui l'ho usato sinora, per lo più è stato senza oversampling (NOS) ed ha pilotato praticamente tutte le cuffie che ho avuto in casa, mettendole sempre in condizioni di dare il meglio di se. Offrendo una risposta ricca e convincente con un palcoscenico ampio, profondo e credibile. Ma non è uno strumento di misura, non è pensato per dare prestazioni di laboratorio asettiche. Ha un carattere e un anima. Tutte orientali. Dolce, gentile, possente ma tranquillo. Come un mastino inglese ma del tutto opposto dalla scuola e filosofia del Nord Europa, votata all'analiticità e all'iperdettaglio, magari a prezzo di una certa fatica di ascolto. Se metto in testa le Arya Organic o le Jade II (in questo caso con l'amplificatore a valvole Stax e l'R-27 che fa solo da DAC) posso stare per ore ad ascoltare la musica che mi piace. Senza pensare un attimo a questo o a quel dettaglio. Tutto mi sembra naturale (quasi) come quando ascolto il mio sistema di diffusori planari a dipolo. Naturalmente se la sorgente fa schifo, farà schifo la musica riprodotta. Se le cuffie (o i diffusori usati : e con le Adam Audio A77H sulle prime è stata una lotta, tanto che le ho passate la Master 9 Mk III) sono secche, aspre o poco definite, l'R-27 non cercherà di ingentilirle, lascerà impietosamente che mostrino i loro difetti, senza tentare di compensarli. Quel caldo e quel dolce, non significano eufonico o edulcorato. Siamo nel mondo dell'alta definizione. E non vi so descrivere la distanza siderale che separa questo sistema dai miei vecchi giradischi Marantz SA11S2 e Teac VRDS 10 con convertitori Philips e BB. Eleganza contro sguaiato. Eppure 25 anni fa quelli erano il non-plus-ultra (o quasi). Vale 3600 euro ? Non saprei dire, dipende da cosa ci dovete fare e cosa vi aspettate che faccia. Se avete più cuffie alto di gamma e un amplificatore in classe A e dei diffusori planari robusti, ascoltate musica unplugged registrata a regola d'arte ... e avete lo spazio dove sistemarlo in modo tale che dissipi il calore che produce. E allora si. Altrimenti sarebbe un vero spreco. Si può avere di più ? Certo, sempre. Io non sono un grande appassionato di sistemi integrati, tendo a preferire le soluzioni a componenti separati. Quindi, restando in casa Audio-GD, una DI-24H, un R-7HE e un HE-9 Mk III sicuramente vi strapperanno dei sorrisi ebeti (specie se avete delle HIFIMAN Susvara o delle HE1000 SE). Ma ad un prezzo più che doppio di quello già stratosferico di questo. Ci sono sistemi più economici di questo che offrano prestazioni simili ? Si certo ma comunque attenzione a selezionare cose che abbiano lo stesso tipo di impostazione a discreti, dall'alimentazione ben dimensionata alla quantità di transistor di uscita, senza operazionali. Ne sono contento ? Si, assolutamente si. Ma in fondo il mio sistema di backup (sempre Audio-gd) riesce a comportarsi a modo, con una prestazione sui monitor attivi da bancone, che è superiore a quella dell'R-27 che è più spietato e schizzinoso. Quindi ? L'Hi END è così, una malattia a cui bisogna saper porre rimedio. Ognuno trova la medicina musicale che fa per lui. Giudizio complessivo PRO: costruzione senza lesinare. Addirittura esagerata solido apparecchio di fascia realmente top; componentistica di pregio ingressi e uscite per tutte le necessità suono eccezionale se la sorgente e il sistema di riproduzione sono all'altezza caldo, dolce ma sempre estremamente dettagliato, senza alcuna concessione nessun convertitore Delta-Sigma che io abbia sinora ascoltato è in grado di dare questo genere di suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene a tre unità separate (interfaccia digitale, DAC e preamplificatore) CONTRO: ingegnerizzazione molto sofisticata per un sistema in apparenza molto semplice costruito per ridondanza quasi overkill costruzione artigianale con molte concessioni a livello di realizzazione (connessioni, resinature, residui su schede e piastre : nulla di questo si vede in occidente, in questa campo Audio-gd deve molto migliorare e curare i dettagli) I francesi userebbero il termine alambique peso, dimensioni, prezzo ... enormi ! comandi e display astrusi (a dir poco) impietoso verso chi non è alla sua altezza (sorgente musicale e cuffie/diffusori)
  11. E non mi bastano mai, non mi bastano mai, non mi bastano mai, non mi bastano. Prima o poi arriverò ad avere la gran parte delle cuffie HIFIMAN che vale la pena di avere. Ed ecco a voi le HE-R10D, ispirate alle classiche Sony R10. Cuffie mitiche che nel 1989 costavano circa 6.000.000 di lire e oggi si scambiano anche a €14.000. Queste cuffie sono : - Chiuse (!) - Con padiglioni in legno pregiato lavorato in CNC (!!) - Con driver dinamico (!!!). Il che stesso sarebbe una eresia considerato che le altre HIFIMAN sono al 99% planari magnetostatiche. Costavano al lancio circa 1500 euro. Adesso sono scontate su Amazon.it a 259 euro. Io le ho avute per 184 euro netti. Da non confondere con le gemelle con dongle R2R ma una sola presa di contatto e con le cugine HIFIMAN HE-R10P, figlie dello stesso progetto ma con driver planare ortodinamico che costavano al lancio circa 6000 euro. Le specifiche : Impedenza: 32Ω Sensibilità: 103dB Peso: 337g LE MISURE le nostre misure sono fatte alla buona, usando miniDSP Ears, un dispositivo USB-C che simula un paio di orecchie su una testa, impiegando REW come software di calibrazione. I grafici che seguono sono esportazioni dei risultati di REW. misura del canale sinistro delle HIFIMAN HE-R10D sovrapposto con le HIFIMAN Sundara Closed Back (planari, chiuse con padiglione in legno) allo stello livello di potenza idem ma con le Sundara Closed Back attenuate di 8dB in sintesi abbiamo la classica risposta a V con un basso esteso anche se non esagerato sulle sub-frequenze come certe planari di fascia alta, una risposta che poi va a digradare fino ad avere un minimo sui 2500 HZ per poi riprendere verso le frequenze alte. A confronto le HIFIMAN Sundara Closed Back, cuffie planari sorprendenti che abbiamo provato nei mesi scorsi. Il confronto le evidenzia come cuffie di impostazione del tutto diversa. Le Sundara sono mediamente molto più sensibili ed hanno un medio molto più in evidenza - anche troppo - e un basso estremo meno sensibile. L'ASCOLTO Andiamo all'ascolto che comincia con il fantastico disco della serie Musica Nuda di Petra Magoni accompagnata al contrabbasso da Ferruccio Spinetti. Disco del 2017 registrato in soli 44.1/16 ma chiarissimo e ben articolato con le due voci in perfetto equilibrio e in primo piano. E prosegue poi con due dischi recentissimi quello con i concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven con Alexander Lonquich al pianoforte e sul podio dell'orchestra da camera di Monaco e il fantastico Orlando, rivisitazione moderna dei brani di Orlando di Lasso. quindi, il bel disco di jazz danese di Peter Vuust ricco di dinamiche e registrato benissimo, uscito quest'ultimo luglio e per finire AC/DC con il classicissimo Back in Black tutti offerti da Qobuz e trasmessi alla linea : Audio-gd DI24HE Audio-gd R8 Mk 3 Audio-gd HE 9 Mk 3 con cavi acconci, connessione del DAC via I2S e del pre via cavi ACSS di Audio-gd. Nonostante la potenza richiesta da queste cuffie non sembri bastare mai, io tendo a preferire la modalità di guadagno del primo stadio che ha più dinamica. Le note che seguono sono assolutamente soggettivi e si basano sulla mia esperienza. Prendetele con indulgenza e in fiducia. Nessuno potrà mai sostituirsi alle vostre orecchie nel giudicare un paio di cuffie ... Ovviamente, non vi sfuggirà come la catena audio davanti alle cuffie valga volgarmente circa 38 volte il prezzo pagato su Ebay per le HE-R10D. Già il solo cavo bilanciato con cui le collego, benché sia quello in dotazione con le Audivina, probabilmente costerebbe di più. Detto questo, andiamo alle prime impressioni. In testa stanno bene, anche se io mi sento più a mio agio con le cuffie a padiglione ovoidale. Queste non pesano, non stringono, non disturbano. Per avere una livello di potenza dei bassi giusto, bisogna portare la manopola a circa 60. Che corrisponde a svariati watt, considerando il fine corsa del mio HE9 di 15. Dimentichiamoci il valore di targa di 103db. La figura di risposta non ne tiene conto. Adesso sto ascoltando di AC/DC e le voci sono chiaramente indietro mentre chitarre e bassi sono in fantastica evidenza. Direi una prestazione "dal vivo". Basso prepotente anche nel disco di Magoni e Spinetti. Qui la voce di Petra è chiarissima con una certa riduzione delle sibilanti presenti nel master, evidentemente per una ripresa con il microfono molto ravvicinata. Contrabbasso molto potente ed articolato che non si fa fatica a seguire. Il "Ti ruberò" di Bruno Lauzi è leggibilissimo. Ma la voce mi sembra un pò ovattata, rispetto a come sono abituato di solito. Jazz molto bello e vivace, caldo, su tutte le gamme e frequenze. Anche qui una performance che sembra dal vivo, non radiografata. Piacevole. Quando ci aggiungiamo la voce, l'impressione resta la stessa. I concerti di Beethoven, sembrano ascoltati dal loggione di una grande sala, non certo in prima fila a tre metri dal pianoforte. Ma questo è un pò di sano realismo, se la registrazione è dello stesso livello. Non ci possiamo aspettare di stare in braccio a Yuja Wang con queste cuffie. Confronti Passare alle Arya Unveiled è come fare un viaggio interstellare. Il suono ridiventa chiaro e pulito, la scena si amplia, il dettaglio ritorna al suo post. Ma anche le Arya sono cuffie che privilegiano l'ascolto e non la radiografia della registrazione. Nessun effetto monitor. Naturalmente con gli AC/DC e le Arya non avremo quell'effetto di ambienza da sotto al palco. Il suono si alza, la voce è in primo piano Anche con le Sundara Closed Back l'effetto è lo stesso. Del resto le due risposte in frequenze parlano chiaro. Si tratta proprio di un tuning diverso. Qui però la differenza di prezzo non aggiunge giustificazioni, considerando che le Sundara sono planari, anche se chiuse e con le coppe in legno. Giudizio complessivo PRO: soluzioni di compromesso per contenere il prezzo (archetto eco) ma buoni cuscinetti, tutto sommato robuste e ben costruite. Ricordiamoci che di listino costavano 1500 euro quando sono state presentate. Bellissimo il legno (se sia vero legno o imitazione in plastica non so, ma l'effetto è splendido e a me sembra vero) a questo prezzo praticamente si comprano delle AKG fatte in Vietnam suono molto caldo, avvolgente, basso potente, dinamica elevata sembra di ascoltare dal vivo in una grande sala risposta da manuale a forma di V esteticamente spettacolari (per il mio gusto) io preferisco i padiglioni a forma di orecchio ma qui, sono grandi, circumaurali, non sovraurarli e quindi sono cuffie comode, per lunghe sessioni di ascolto. Cosa che aggiunta al suono mai aggressivo le rende compagne di musica. CONTRO: impressionano i bassi ma per portare i medi ad un livello da "Hifiman" bisogna alzare il volume il suono sembra un pò ovattato, come se il riflesso dei driver nel padiglione in legno ritornasse indietro e si fondesse in modo confuso con il campo diretto. Ma è insito nel progetto, impegnativo ed ambizioso, alla base delle due HE-R10 mancano totalmente del carattere "radiografante" e "iper-dettagliato" delle planari di fascia alta di Hifiman. Ma io devo anche ammettere che dal vivo conosco la musica in modo del tutto diverso. Insomma, bisogna capire se ci interessa ascoltare l'insieme musicale o se giocare al piccolo chirurgo con la disposizione dei suoni. Quindi, oggettivamente, capisco se queste cuffie hanno causato sconcerto. Hanno realmente poco a che vedere con il tipico suono Hifiman mentre ricordano le cuffie anni '80, tipo Sony e Denon. Come da programma. Io le trovo molto belle in tutta la musica elettronica hard. E poi non spaccano le orecchie anche a livelli molto elevati. Con quei bassi potenti, secchi, ampi. Croce/delizia di queste cuffie è proprio la forma di quei padiglioni in legno. Il riflesso interno ha un flusso particolare che influenza la risposta complessiva. E il tuning è accordato di conseguenza. Il driver - dinamico - sembra digerire ogni potenza. Provate ad ascoltare Thunderstruck "a manetta". No way del tutto con la musica rinascimentale o barocca. E' evidente che queste cuffie sono pensate per altro. Violino ni, violoncello si. Contrabbasso SI!. Formazioni jazz (Art Pepper + Eleven) ben rese anche se qui le Audivina, secondo me sono insuperabili con quella riproduzione fanfarona al massimo. Coro a Cappella ? Ma si, è come essere nella navata centrale e sentire il suono che arriva. Per come doveva essere durante le esibizioni dei cantori, con la gente che doveva stare a distanza, seduta sulle panche. Stessa cosa per l'organo. Pianoforte ? Si, specie certe registrazioni metalliche DG che qui diventano belle calde. E' come accendere il camino d'inverno. L'inizio della Quarta di Sibelius è cavernoso, lugubre, tetro, lamentoso, interminabilmente doloroso. Concludendo ? A me sono piaciute veramente tanto. Mi ridanno quel gusto della musica dal vivo, in 14a fila, che oggettivamente mi manca moltissimo e che, sia le registrazioni attuali che gli strumenti di riproduzione moderni hanno in qualche modo trasformato in sessioni di analisi matematica astratta. Ma sinceramente non le consiglio. Almeno non a chi abbia la smania del confronto o voglia toccare con il dito il campanellino, l'arpa, il bombardino, il ragazzino voce bianca imberbe in terza fila.
  12. compatto ma non troppo, sta bene in mano ma ci vuole un corpo serio per usarlo bene. Pesantuccio con Z50/Z30/Zfc, qui l'abbiamo usato esclusivamente con la Z8, corpo con cui si trova benissimo, sfruttando l'efficiente sistema di messa a fuoco anche a tutta apertura Domanda : Mauro, ma hai già i più meravigliosi obiettivi da ritratto disponibili per Nikon Z, perché anche questo Viltrox ? Risposta : perché non mi bastano mai. Sono sempre alla ricerca di nuove sensazioni, nuove soluzioni, differenti modi di vedere. Pensa che mi sono comprato anche il Sigma 105mm f/1.4 ART, detto anche Stielhandgranate D : di quello parliamo magari in un'altra occasione. Ma questo Viltrox non è un obiettivo DX ? R : si, purtroppo non si può avere tutto dalla vita, evidentemente fare un medio-tele f/1.2 richiede ingombri superiori, qui il compromesso è stato trovato nel mezzo-formato D : e come si rapporta questo 75mm con il tuo 85/1.2 S ? Non sono focali troppo ravvicinate alla fine ? R : premesso che il Nikkor Z 85mm f/1.2 è un obiettivo che sta nell'Olimpo dell'ottica, baciato da Venere quando è uscito dal guscio e che gioca in un campionato dove bisogna nascere già capaci di correre e saltare, si, le focali sono vicine ma se vogliamo 75mm è ancora più gentile di 85mm su certi volti. Ma il fattore di campo ridotto consente comunque di restringere sul volto il ritratto, così da non sprecare nemmeno un pixel. diaframma completamente aperto e completamente chiuso. VIltrox dichiara una immagine ripresa del diametro di 28.4mm. Superiore al formato DX ma insufficiente per coprire il pieno formato. La distanza minima di messa a fuoco è quella tipica del medio-tele da ritratto (~90cm), perché questo è un medio-tele da ritratto ! D : si ma qui andiamo in formato DX e quindi i megapixel si mangiano già alla partenza. Di la verità, non è un falso ideologico usare la Z8 per un obiettivo di questo genere ? R : sentimi bene, credi che, avendo in casa la Nikon Z8, se anche Nikon avesse la compiacenza di mettere sul mercato una buona volta un corpo DX decente io me lo comprerei ? Per farlo dovrebbe essere una Z8 ridotta. E non sono sicuro di essere disposto a spendere le cifre che chiederebbe Nikon per una mini-Z8 in formato DX. E poi, è inutile parlare per astratto, io ho il 75/1.2 (e anche 27/1.2 e 13/1.4 Viltrox) e mi piace usarlo sulla Z8. Sulla Zfc non l'ho montato nemmeno per curiosità, sinora. con il paraluce diventa un obiettivo che richiede un corpo serio. Ma Nikon in formato DX per ora non lo fa. D : d'accordo, mi hai convinto. E come ti sembra sul piano costruttivo. R : guarda, si parte dalle serigrafie nitide sull'anello dei filtri per arrivare all'anello dei diaframmi e a quello di messa a fuoco. E' tutto freddo metallo, solido e ben lavorato con macchine a controllo numerico. C'è il selettore M/AF, un tastino funzione, tutto ben dimensionato e visivamente di qualità. Ma soprattutto è sensazionale la ... sensazione che da l'anello dei diaframmi, fa pensare ad uno Zeiss, non ad un vecchio Nikkor pre-AI. contatti dorati, ovvio. Anello rosso (?) e ingresso USB-C per aggiornare il firmware (operazione semplicissima, basta copiare un file e ci vogliono pochi secondi per averlo pronto) D : e la messa a fuoco ? R : non ho una sensibilità specifica al riguardo. Ma usandolo insieme a Nikkor Z 85 e 135 non ho notato differenze sostanziali. Né in termini di velocità né di precisione. C'è più o meno la stessa percentuale di fuori fuoco (molto bassa, considerando che io scatto a raffica e sempre a tutta apertura; naturalmente in AF-C e con soggetti che respirano). Per cui dopo un pò non ci pensi a cosa stai usando. Se sulla Z8 ho il 75/1.2 e sulla Z9 il 135/1.8, a parte il peso complessivo, non trovo grosse differenze. il profilo presente su Lightroom che provvede alle correzioni automatiche dei NEF D : otticamente ? R : non mi chiedere stelline a diaframma chiuso, controluce madornali e confronto bordo-centro, sono cose che si trovano in qualsiasi video di Youtube dove in compenso non c'è neanche una fotografia vera. Quello che posso dire è che ad f/1.2 è nitidissimo, il piano di messa a fuoco degrada gentilmente verso lo sfuocato. Sfuocato che è bellissimo. Non è il Nikkor Z 85/1.2 S (niente lo è) ma siamo in quell'ordine di idee, per capirci. Le foto dell'uno e dell'altro sono riconoscibili ma si possono tranquillamente mischiare in uno stesso servizio. Insomma, è come ti aspetti che sia un obiettivo superluminoso di fascia alta oggi. Ci sono tanti tentativi sul mercato (i primi gli Zhongy e i TTArtisan, i Sirui per finire) ma questi sono i primi superluminosi che possono giocare insieme ai grandi. Non vedo miglior complimento che potrei fare. Il profilo è corretto, non ho mai notato distorsioni importanti e quasi niente aberrazione cromatica. Ma, lo ripeto, pur sensazionale, è uno di quegli obiettivi che rientra nella categoria dell'arte, non della riproduzione o della tomografia. Non so se mi spiego. D : si si, sei stato chiaro. Una domanda provocatoria, ma quando scegli questo o uno dei Nikkor Z ? R : vado a sensazione, basandomi sul soggetti. Qualche volta ho un viso da 135mm e allora il 75 resta a casa, qualche volta l'85 si presta di più e allora posso provare anche il 75. Qualche volta è una questione di ingombri. E' più facile che in borsa entri il 75 anziché il 135, se ci sono già 50/1.2, 85/1.2 o Sigma 105/1.4 Art. Solo che poter contare su un obiettivo f/1.2 quando c'è poca luce, qualche volta può fare la differenza. E questo magari vince sul f/1.4 del 105 o f/1.8 del 135, se magari quella volta non ho portato l'85. Insomma, per me questo è il vice del Nikkor Z 85/1.2. Non un sostituto di ruolo ma un gregario che si può mandare nella mischia quando serve e che non occupa troppo spazio in borsa. AF/MF, tasto funzione il selettore per avere l'anello dei diaframmi in movimento con e senza click di conferma (utile per il video) D : e tra questi quale si muove meno da casa ? R : devo essere sincero ? Il 50/1.2 S. Ma sapevo che sarebbe stato così. Solo che è sensazionale, l'ho sempre desiderato e quindi devo averlo (anche se ultimamente o "cambiato" la terza Zfc con un Sigma 40/1.4 Art ... obiettivo che mi era piaciuto quasi quanto il 105/1.4 quando l'ho provato) D : tornando al 75/1.2, l'hai mai usato per qualche cosa che non sia un ritratto ? R : mi stai prendendo in giro ? Si, ho fatto qualche scatto rituale ad una macchia di muschio sul tronco di magnolia. Bellissimo, ma è stata l'ultima volta ... D : concludendo ? R : é un obiettivo eccellente, che diventa sensazionale se pensiamo che l'ho pagato meno del Nikkor Z 50/1.8 S scontato in outlet come REFB. Sicuro, affidabile, nitidissimo eppure gentile sui soggetti, con uno sfuocato commovente e una delicatezza di passaggio tra fuoco e fuori fuoco che ne denota la classe superiore. Solo tre anni fa quando usavo i primi compatibili cinesi non avrei mai immaginato di arrivare a dire cose del genere. Mentre adesso le posso ripetere anche per i suoi fratelli, ovvero 13/1.4, 16/1.8 e 27/1.2, tutti figli, evidentemente, della stessa matita. Ricordiamoci che Viltrox ha in cantiere due zoom CINE di fascia 65.000~100.000 $ destinati ad Hollywood e in uscita nel 2025 con cui ha presenziato già a due fiere mondiali della cinematografia. Se mi restano dei dubbi sul marchio riguardano la validità a lungo termine della garanzia visto che la rete di assistenza per ora è giusto un'opinione. Ma poi uso questo 75mm (che dei Viltrox che ho è quello che mi piace di più) e non ci penso. D : che altro aggiungere a queste parole, allora R : ma proprio più nulla. Lo uso intensamente da giugno 2024 e ho fatto decine di migliaia di scatti. Non mi dilungherei oltre e lascerei la parola a loro. E quindi lasciamolo dire alle modelle fotografate. Sono tutti scatti in luce naturale, con luce di riempimento SmallRig RC60B, con la Z8, per lo più esclusivamente a tutta apertura, ISO 500 e con pochissimo o nessun editing. Valeria Barbora Nicole Susanna Elena Giulia Gherta Amelia Silvjia e se non bastassero, ce ne sono altre nell'album qui : That's all folks !
  13. Le HIFIMAN Sundara (la versione originale) sono state l'inizio dell'avventura audio di questo sito. Uscite nel 2018 e proposte intorno ai €500, rappresentavano l'offerta midrange del marchio cinese che ha dato nuova vita ai diaframmi planari. Queste cuffie inauguravano anche l'era dei nomi esotici, di vaga derivazione indo-sanscrito, (poi seguite da Arya, Audivina, Deva, Ananda etc.) in contrapposizione con le aride denominazioni numeriche (HE500, HE400, HE1000 etc.). HIFIMAN Sundara se rileggete quella recensione, ritroverete un mio giudizio non del tutto entusiastico. Ad una finitura decisamente di taglio elevato per la fascia di prezzo (poi ridotta abbastanza rapidamente verso i 350 euro), non corrispondeva il suono arioso e neutro che le mie orecchie sono abituate a ritrovare nelle planari. Anzi, mi sono sembrate, pur dopo un lungo rodaggio e il pilotaggio con un front-end decisamente high-end (Audio-Gd Singularity con un glorioso PCM1704UK e una linea di amplificazione in classe A in grado di far suonare letteralmente i sassi), piuttosto secche, aride, asciutte. Poi naturalmente ho ritrovato il suono che più amo nelle Arya e soprattutto nelle Jade II, planari di tipo elettrostatico. Caratteristiche poi doppiate dai modelli successivi fino ad arrivare alle sensazionali HE1000. Se hanno un difetto per alcuni, le planari, è proprio quella resa un pò neutra che accoppiata ad elettroniche altrettanto neutre le rende meno emozionanti di altre soluzioni. Oltre al fatto di essere per loro natura aperte. L'essere senza la schermatura esterna del padiglione è alla base del loro campo sonoro ampio. Ma certamente le rende anche aperte ai suoni esterni (e generatrici di suono per chi vi sta vicino). HIFIMAN negli ultimi anni si è impegnata ad accontentare praticamente tutti. Non so quali procedimenti usa nella sua cucina lo Chef Fang ma con poche modifiche, riesce a rendere il suono dei vari modelli, diverso, pur con una impostazione similare. E quindi una generazione dopo l'altra il suono cambia. Di poco magari ma cambia abbastanza perché uno riesca a preferire un modello ad un altro. A volte il cambiamento è notevole. E così HIFIMAN si è avventurata nelle cuffie chiuse. Potrebbe sembrare una contraddizione in termini : ma come, le planari, ariose e aperte, adesso sono chiuse come delle "qualsiasi" tedesche o giapponesi ? Si, praticamente le nuove ammiraglie HIFIMAN sono cuffie chiuse, le HE-R10P (circa €5000, per capirci). E alle HE1000 si contrappongono le Audivina nella stessa fascia di prezzo e suono. E per chi non può spendere tanto, ci sono anche le HE-R9. Non riuscivo a convincermi dei motivi di questa ... eresia finché non ho ascoltato le Audivina che tante recensioni contrastanti hanno suscitato (ma di quelle parleremo in un altro articolo) Ma quando ho visto che esisteva anche un modello di fascia entry che in pratica è la seconda edizione delle Sundara mi sono convinto che il disegno doveva essere complessivo. E la curiosità è cresciuta. All'inizio queste cuffie erano proposte a €349. Un buon prezzo, appena superiore ad un buon cavo bilanciato fatto bene. Mi sono detto, ho già un milione di HIFIMAN, pure le Audivina, Ma quando le ho viste a € 169 euro non ho potuto esimermi e le ho ordinate. questa schermata con le caratteristiche viene dal sito del distributore italiano di HIFIMAN, Playstereo.com di cui sono cliente da anni. Ho acquistato nel tempo da loro le Arya e le HE1000 Stealth, oltre ad altre cosine meno costose. Offrono un servizio eccellente, competenza e velocità di spedizione. E anche prezzi allineati al mercato, quando non competitivi. Leggo dalle specifiche, la solita risposta estesa ben oltre l'udibile, una impedenza di 20 Ohm e una sensibilità abbastanza elevata (per lo standard planare magnetodinamico) con un peso di 420 gramm. Ma vediamole meglio. COME SONO FATTE la scatola è in cartoncino nobilitato da un adesivo. Adesso è standard per tutte le cuffie HIFIMAN. la completa articolazione del modello sta sul retro sul fronte c'è la foto del modello e le specifiche costruttive : cuffie chiuse, diaframma supernano NEO e magneti stealth. Sia il diaframma - molto, molto più leggero di quello originale delle Sundara aperte - e i magneti "invisibili" sono una caratteristiche di tutte le ultime planari HIFIMAN, entro alla scatola non c'è molto, le cuffie sono avvolte in spugna grigia, la scatoletta sopra contiene solo un cavetto single-ended di tipo economico. Ne ho un fascio e non li uso mai. cuffie e cavetto che ha l'orrido adattatore per il diametro standard da amplificatore desktop serio. Sarà utile per chi usa le cuffie con sistemi portatili, DAP e telefonini. Ma la cosa che non sfuggirà a nessuno è la copertura dei due padiglioni perché il resto è molto simile alle Sundara aperte quelle coppe sono in vero legno, di un bel colore caldo, lavorate con precisione estrema e perfettamente rifinite. Non sfigurano affatto vicine alle Audivina e danno un tocco di originalità che le distingue da qualsiasi altro modello tedesco. Ammetto che le comprerei anche solo per quello i padiglioni sono ben imbottiti, morbidi e comodi, copiano la forma delle vostre orecchie sopra cui poggeranno la sezione è circolare e il diametro simile se non identico al modello aperto. L'archetto è uguale, rifinito di un bel nero opaco. la banda invece è superba, con una bellissima texture che simula la pelle, è comoda e flessibile. Complessivamente, se la vostra testa non è enorme sarà facile regolarle. Sulle prime producono una pressione piuttosto elevata sui lati della testa. Si tratta di avere pazienza, poi si allentano e trovata la regolazione giusta, diventano comode e non pesano. il perno di movimento (non troppo mobile) dell'archetto le tacche di regolazione dell'apertura dell'archetto. Insomma, a 169 euro cose del genere non le ha mai viste nessuno, non credete ? *** PROSEGUE CON PRESTAZIONI E SUONO questa è la risposta in frequenza misurata con miniDSP Hears e REW, armonizzata a dodicesi di ottava. e questa è la risposta in frequenza delle Sundara confrontata con quella delle Audivina allineate per sensibilità (le Audivina sono più "dure" da pilotare e meno sensibili). Come vedete, al di là del differente rodaggio (le Audivina suonano da inizio di aprile, le Sundara da un paio di settimane), l'impianto è simile. Tutt'altro che lineare e tutt'altro che Harman "standard". Sarà un difetto. A prima vista qualcuno farebbe bleah ! Ma dubitare molto di queste misure quando fatte con cuffie nuove. Nel tempo le asperità si livellano e i gap si chiudono. Ma comunque l'impianto è quello di cuffie monitor, non esattamente neutre. E' una cosa puramente voluta. Questo, insieme al diaframma chiuso in una camera di legno costituisce la peculiarità di queste cuffie. Che unite ad un carico leggero e ad una sensibilità abbastanza elevata, le rendono particolari. In estrema sintesi, il suono è caldo - non credete a chi vi dice che sono neutre, mi chiedo con che cosa e cosa ascolti tutti i giorni - e il basso potente. Il medio invece, è un pò più indietro degli alti che sono brillanti ma niente affatto sgradevoli. In questo momento, mentre scrivo, sto passando dalla voce matura di Peter Gabriel al violino di Isabelle Faust e poi alla voce di Sabine Devieilhe. Si tratta solo di adeguare il volume tra una traccia e un'altra. Isabelle suona su frequenze medio-alte ma il volume deve andare in alto. La voce di Sabine è un pò indietro rispetto all'impianto orchestrale, sarà così dal vero ? Non lo so perché l'ho sempre ascoltata in questo Bach con i miei diffusori planari e con le cuffie aperte. Qui è calda e un pò meno in evidenza. Mentre Peter Gabriel gigioneggia caldo su "un tappeto di percussioni acustiche"cit. Lo Stradivari di Isabelle è chiaro, metallico il giusto ma si deve "pompare il volume" per farlo suonare come sono abituato io. Andando ad un repertorio più deciso, i King Crimson degli ultimi tempi suona eccezionalmente bene, come se il mix (eccezionale !) fosse stato fatto con le Sundara. Ascolto Cirkus e mi viene voglia di veleggiare con le braccia aperte .... Siamo ad un terzo dei 10 Watt che l'NFB1 è in grado di scaricare sull'uscita bilanciata ... ! E la batteria entra dirompente sul sax con la voce che resta in evidenza. Ma calda, bella, pulita ma senza prevaricare gli strumenti. Come dal vivo. Incursione nel jazz svedese, un contrabbasso cavernoso con percussioni potenti, dettagliate, materiche. Ultimo passaggio di rito per Gardiner con la cantata n. 21 di Bach. Solenne nel basso ma con i fiati chiari anche se non in primissimo piano. Ok e quindi ? Cuffie da ascolto che non evidenziano in modo iperanalitico i singoli strumenti ma costruiscono un suono avvolgente e caldo. Bassi in evidenza senza strafare come certe chiuse dinamiche (anzi !) ma pur sempre con una dote energetica superiore alla planari aperte. Che son più dettagliate ma meno emozionanti su questo piano. Il medio é un pò indietro e questo porta ad ascoltare a volumi inusitati che però queste cuffie perdonano per la totale assenza di distorsione, tipiche delle planari ortodinamiche. Il campo sonoro non è amplissimo, anzi, è il difetto principale di queste cuffie che non sono fatte per ricreare il fronte sonoro di Bayreuth. Insomma, il suono HIFIMAN reso emozionante, nulla a che fare con le Sundara originali. E un assoluto bargain (affare del secolo) a 169 euro. Se pensate che le sto ascoltando con un cavo HIFIMAN acquistato da Playstereo.com a 280 euro ... Giudizio complessivo PRO: costruzione realmente premium, irreprensibile, quel legno naturale lucidato e di quel colore è già una ragione di acquisto suono caldo, suadente, mai stancante, senza nulla in eccesso : nessuna delle volate pirotecniche delle HE1000 ! carico leggero per qualsiasi dispositivo sensibilità abbastanza elevata ma meglio avere una bella riserva di potenza rapporto prezzo/prestazioni irraggiungibile per qualsiasi planare. Con questi soldi non si comprano nemmeno le più scarse Beyerdynamic ( ma se vi piacciono, compratele pure !) CONTRO: fronte sonoro ridotto, la ricostruzione tridimensionale non è il loro forte medi un po’ indietro, non sono cuffie che separano dettagliatamente voci e strumenti, puntano sull’amalgama con una sonorità più live io le ho ascoltate con un front-end da 3000 euro con un cavo che costa quasi il doppio. Saranno sullo stesso livello con un telefonino o un DAP con 100 mW di potenza ? scomode sulle prime, ci si abitua mentre prendono la forma della vostra testa. Se volete comodità, puntate sulle Audivina tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) ovviamente non hanno né il dettaglio delle HE1000, né il palcoscenico delle Audivina ne la suadenza delle Arya. Ma per quelle dovete aprire il portafogli. A 169 dubito che troverete questo suono. Insomma : Dr. Fang, per questi soldi, non puoi essere serio ! Impianto usato per l'ascolto : DAC Audio-GD R1 NOS 2024 Audio-GD DI24HE in I2S con cavo Audioquest amplificatore Audio-GD NF1B collegato in ACSS (cavi Audio-GD) cavo bilanciato crystal HIFIMAN dischi ascoltati :
  14. Il nuovo Audio-gd Master 9 Mk 3 riprende la denominazione dei precedenti Master 9 ma se ne distanzia per dimensioni e peculiarità costruttive. Ma ne riprende le caratteristiche sonore, elevandole ad una firma sonora ancora più naturale. C'erano una volta l'Audio-Gd Master 9 e il Master 19. Due pezzi di bravura posizionati diversamente sul mercato. Entrambi preamplificatori in classe A bilanciati dual-mono, con amplificatore per cuffie. il Master 9 era una bella bestia, dal telaio standard, 16 chilogrammi, 9 watt su 40 Ohm dall'uscita bilanciata con la raffinata soluzione delle due prese per i canali separi, oltre a quella tradizionale a 4 poli. il Master 19 era condensato in un telaio più compatto, pesava 7 chili ma dimostrava lo stesso approccio e le stesse caratteristiche di fondo e sempre la stessa uscita cuffie. Meno sofisticazione nel complesso ma uguale sostanza. Nell'ultima ristrutturazione del catalogo, il Master 9 è evoluto verso la linea HE (alimentazione rigenerativa), il Master 19 è uscito di catalogo, mentre vi è entrato l'ultimissimo arrivato della gamma, il Master 9 Mk. 3 che è oggetto di questo articolo. Si tratta nuovamente di un componente dual-mono, interamente e realmente bilanciato, tutto in classe A, in un telaio compatto da 7 chilogrammi che idealmente è la versione "condensata" del Master 9 ma con l'approccio meno impegnativo del Master 19. E' stato aggiornato il layout, manopola, comandi, display e prese cuffie sono sostanzialmente identiche a quelle dei modelli di fascia alta (RE27 incluso), ma il peso e il volume occupato sono quelli del Master 19. L'impiego di tecnologia SMD per la produzione delle schede (identiche per i due canali) e delle alimentazioni (sdoppiate a partire dai due trasformatori che sono separati e non usano la stessa armatura) ha consentito un recupero economico che si riflette in un prezzo di acquisto competitivo. Con poco più di 1250 euro si acquista un componente che si può tranquillamente definire allo stato dell'arte, con controlli di volume separati a discreti asserviti da relais con resistenze di precisione, componentistica selezionata audio-grade, soluzioni di livello assoluto e raffinato. Concezione nel dominio della corrente e non nella tensione, connessione con gli altri componenti della catena bilanciata tradizionale o tramite collegamento proprietario ACSS. Le stesse, stessissime capacità di carico che consentono di pilotare qualsiasi cuffia esistente passata, presente e futura (sempre 9 Watt di targa a 40 Ohm oppure 630 mW per 600 Ohm -> equivalenti alla potenza di un amplificatore di potenza da 45 watt con riserva di energia a livello di trasformatori per 135 Watt, quindi più che adeguata ad ogni esigenza). *** Operazione di marketing, quindi ? La linea Master 9 si estingue e viene sostituita dalla HE 9 che propone alimentazione rigenerativa, mentre la linea Master 19 diventa Master 9 e rimane con alimentazione tradizionale. Direi di si e la prova sta nel pudding. Ma andiamo a guardarlo bene da vicino questo preamplificatore. La taglia è quella di un falso magro perché comunque ha una impronta sul tavolo di circa 35x35 cm e una altezza con i piedini di 8,5. Il peso è di 7 chilogrammi. Il telaio è in solido alluminio. I fianchetti sono di 4/5 mm di spessore, il sopra e il sotto sono di 4 mentre frontale e retro di un confortevole 8 mm, anche perché sono quelli più sottoposti a sforzo. l'aspetto riprende quello degli apparecchi più recenti della firma, con gli angoli stondati e il frontalino con due smussi sopra e sotto nella parte centrale, sopra al display. Il display è a due righe come quello degli apparecchi più "belli". la base del telaio ha fori di dissipazione (questo coso dopo mezz'ora scalda da matti !) e una quantità industriale di viti di blocco di schede e dispositivi. I piedini sono generosi e adeguati al peso qui ho cercato - invano - di evidenziare i differenti spessori. Il fianchetto non è così spesso, lo smusso arrotondato è praticato dal pieno del frontale/retro , via fresatura CNC il copritelaio è tenuto fermo da 8 viti filettate. i comandi e le prese cuffie così come il manopolone del volume sono in apparenza identici a quelli del RE27HE che in questo momento lo sta sostituendo alla guida dei dipoli DIP21. le uscite sono di qualità e ben solide, capaci di durare più di una vita. Entrambe hanno il blocco di sicurezza con pulsante di sblocco. Il retro è un condensato di razionalità e di qualità. Le prese e gli ingressi sono identici a quelli delle linee più pregiate. Le prese XLR sono incassate. il dettaglio del canale destro, 4 ingressi, due bilanciati, uno sbilanciato e uno proprietario ACSS. Le uscite sono tre, per i tre tipi di connessione. vicino alla prese di corrente c'è la targa con il seriale e la tensione. Nella realtà all'interno c'è un interruttore che credo consenta di passare a 110 Volt ma non mi interessa verificare. E andiamo finalmente a vederlo aperto la topologia è evidente per quanto molto semplice. I cavi volanti ridotti al minimo. La sezione di sinistra contiene i due trasformatori ben dimensionati, uno per canale. Le due schede sono speculari, una per canale. Contengono anche la parte di livellamento dell'alimentazione. dettaglio dei due trasformatori. Sono tipici delle realizzazioni di Audio-Gd che li lascia liberi, senza resinarli come è un pò abitudine occidentale. il fascio dei cavi che conduce l'alimentazione alle schede di segnale schede che portano marcata la scritta .... Master 19 Mk3 a chiarire definitivamente che questo di fatto è la riedizione del Master 19, con il nome cambiato Il motivo però non è solo marketing, ne parleremo quando si tratterà di definire le sue caratteristiche sonore. un'altra vista d'insieme non guasta mai. A ridosso del pannello frontale e in corrispondenza del display abbiamo la logica di controllo delle indicazioni dello stesso display. Ed ecco finalmente le schede di linea, identiche tra loro qui riprese dai due lati mostrarne i dettagli. Queste schede sono prodotte con procedimenti SMD per contenere i costi ma sono poi misurate singolarmente ed accoppiate dai tecnici di Audio-gd. questo è invece uno dei controlli di volume, realizzato senza uso di potenziometro ma con relais che controllano una rete di resistenze di precisione che intervengono a passi successivi da 0 a 100. il controllo avviene per mezzo di questi due microprocessori. Le due schedine sono sopraelevate per non influenzare per nulla il percorso di segnale delle due schede di linea dettaglio dei perni di sollevamento che sospendono sopra alla scheda di segnale la schedina di regolazione del volume. Tutto è analogico, nonostante vengano impiegati dei microprocessori per il controllo delle funzioni principali, questi non hanno alcuna attinenza col percorso del segnale. le prese di segnale. Quei cavetti trasparenti, davanti alle connessioni della presa XLR di uscita, alimentano la presa ACSS. La presa RCA è separata, non ci sono trucchi come sono spesso usi produttori meno qualificati. Questo apparecchio è realmente dual-mono e veramente bilanciato dall'ingresso alle uscite. Un ultimo sguardo lo meritano i transistor di potenza che, insieme ai condensatori di livellamento, potrebbero popolare un amplificatore di potenza da 45-50 watt senza problemi, grazie anche alla generosa quantità di corrente messa a disposizione dai due trasformatori. E in un telaio così piccolo ... sono disposti sui lati a ridosso della parete di separazione (si vedono in pianta due solide lastre di alluminio da 5mm, una che separa i due canali e una il canale destro dai trasformatori). Questi erogano fino a 9 watt su carichi da 40 Ohm (ovvero 22,5 watt su cuffie da 16 Ohm) e permettono a questo amplificatore di pilotare sostanzialmente qualsiasi carico presente sul mercato. un ultimo sguardo alle prese dorate di uscita. Il foto filettato di blocco del tetto del telaio e la piastra del retro dello stesso. *** Funzionalità Non c'è molto da dilungarsi. Questo apparecchio non richiede regolazioni. Ha un tasto di accensione e due tastini di selezione. All'accensione il display a linee LCD lampeggia qualche cosa che ricorda il nome dell'apparecchio che come tutte le altre indicazioni, tipicamente Audio-gd non è troppo intelleggibile. qui ci sono il numero di ingresso, il volume, il tipo di guadagno impostato e altre indicazioni che .... non ricordo e per cui vi rimando al breve e oscuro manuale presente sul sito del produttore. La peculiarità introdotta in questo apparecchio è quella di disporre di due tipi di risposta - pensati per le cuffie - quella normale (la lettera N dentro a PLNAL) che può essere cambiata nella lettera t (minuscola nell'immagine sopra). La posizione "t" starebbe ad indicare una curva di risposta modulata che scalda il suono, una sorta di effetto loudness che però si applica ad ogni livello di volume. L'ho misurata ed effettivamente è presente e ben audibile. questa è la risposta in frequenza delle cuffie AKG K-371 come come tutte quelle tipicamente del marchio, ha una tendenza al chiaro ben evidente. La posizione "t" del Master 9 Mk 3 attua una attenuazione della risposta a partire dai 100 Hz fino all'estremo superiore che ne ammorbidisce il suono. Mentre incrementa leggermente i bassi da 50 Hz in giù. Un sistema pratico di equalizzazione "al volo" attuato senza interventi digitali o processori di segnali, disegnata dal progettista direttamente nella scheda di amplificazione. Geniale, semplice, funzionale e ... compresa nel prezzo. *** A completamento della presentazione, il prezzo è piuttosto contenuto per la qualità del prodotto e le sue potenzialità, circa 1260 euro. La garanzia illimitata è di 10 anni come standard per Audio-gd. I tecnici, una volta assemblato l'amplificatore lo tengono collegato per circa 300 ore dopo di che lo misurano e lo testano, prima di spedirlo al cliente o al distributore europeo. La raccomandazione è quella di rodarlo per altre 300-500 ore prima di giudicarlo. E di cominciare a considerarlo in opera, solo dopo almeno 30 minuti di accensione, meglio se dopo due ore ...
  15. E' piccolino per gli standard Audio-gd, solo 24x30x8,5 cm per 4.5 chilogrammi di peso. Ma è un piccolo gioiello di integrazione. E' realmente bilanciato. E' realmente R2R. E' realmente tutto in classe A. Ovviamente in un telaio così piccolo non potremmo aspettarci di avere un vero DUAL MONO. L'alimentazione è unica, la scheda madre è unica e comprende tutte le sezioni, anche se la separazione è chiaramente individuabile e i due canali di uscita perfettamente simmetrici. I moduli di conversione, modello DA-7MK2 sono separati, due doppi sovrapposti e protetti dalla solita schermatura che non ho voluto smontare per le mie foto, per cui sfrutto quelle ufficiali del produttore. Sono marchiate Audio-gd per non indurre a pensare che siano prodotte fuori ed adattate. Sono tutte identiche ed accoppiate dopo misurazione. Ne abbiamo già parlato a proposito del R27HE. La rete di resistenze, doppia per ogni sezione di ogni convertitore, è controllata per maggiore precisione da un processore Xilinx che si occupa di mantenere le tolleranze di esercizio. Il segnale entra dalla sezione digitale posta alla sinistra dei moduli ed esce per i canali di amplificazione posti sotto ai moduli. Che vediamo in questa foto qui sotto, perfettamente simmetrici e totalmente a discreti in questo schema a blocchi invece ci viene evidenziato l'angolo di controllo del segnale e l'isolamento galvanico che permette di scartare le spurie in ingresso dalla porta USB. Che è la solita Amanero (solita per Audio-gd in quanto non mi pare che ci sia qualcun altro che la adotta). le alimentazioni, le stabilizzazioni e tutti i circuiti di servizio sono in classe A. Ma in una unica scheda madre, con un solo trasformatore. E' il compromesso di un progetto così compatto e così ... relativamente contenuto di prezzo (circa 900 euro di listino). Al posto della solita parete di separazione che negli apparecchi più grossi è una piastra di alluminio spessa 5mm, qui abbiamo una sottiletta di acciaio, infilata tra l'alimentazione e il resto dei circuiti. Mentre - stranamente, sul lato sinistro della macchina c'è una piastra a ridosso del fianchetto il cui scopo, se non ha motivi di equilibrio meccanico, mi sfugge. Ma vediamolo nelle mie foto del mio esemplare (comprato con i miei soldi da Magna Hifi di Amsterdam). comandi e prese di ingresso sono della stessa qualità di tutti i modelli, anche quelli superiori. Lo standard è molto elevato. la vista di insieme dell'interno con in primo piano l'alimentatore, unico per i tre circuiti il frontale è più che essenziale. La struttura è da macchina industriale. Il dispendio di materiali da ferramenta indiscutibile. il fondello è solido. Non presenta feritoie di sfiato per il calore. uno dei quattro piedini isolati di buona fattura e dimensione. Le tante viti di blocco di componenti elettronici e circuiti. la matricola e la tensione sono stati messi su un lato anzichè sopra alla presa di corrente come di solito evidentemente lo sticker non ci stava. Ingressi e uscite sono di alta qualità. Si nota la porta USB e sotto quella ottica in standard HDMI (ma non compatibile con i segnali video, ovviamente, solo audio) manca, abbastanza inspiegabilmente visto che altri produttori la mettono anche su macchine da 200 euro, un ingresso AES/EBU. Le uscite invece sono complete nei tre standard di tutte le macchine bilanciate Audio-gd. altra vista. Sotto c'è la scheda digitale, la porta USB e quella di controllo del segnale, compreso l'isolamento galvanico della stessa. L'ingresso I2S è regolato da microprocessore. La scheda di alimentazione sta sul frontale ed è unica ma comunque costruito con grande dispendio di materiali, esattamente come quelle doppie o triple dei modelli superiori. Alimenta in classe A tutte le sezione del convertitore. I due moduli doppi, in totale 8 convertitori, sono messi in sopraelevata e schermati da piastre di acciaio. Sono poste sopra i due canali analogici di uscita, totalmente a discreti. vista ravvicinata della porta USB e della logica di controllo digitale. dettaglio degli avvolgimenti del trasformatore dei cablaggi e dei transistor di potenza dell'alimentatore la schedina di controllo del display posta a ridosso del frontale il frontale, sezione pulsanti ancora un dettaglio della scheda USB di Amanero e l'FPGA Xilinx già visto negli altri DAC Audio-gd che è programmato dal costruttore allo scopo di controllare i flussi di segnale in ingresso verso i moduli di conversione Per finire le funzionalità, accessibili per i tre tastini appena sotto al display. Che è ad una sola linea e a LED a barre, come nelle calcolatrici degli anni '70. Comunica poco e per di più lampeggia le informazioni in successione (tipo frequenza di campionamento in ingresso, porta, settaggi). Abbastanza discutibile ma è una costante di tutti i prodotti del marchio. 44.1 Kilohertz. Ok. e poi ? boh ?
  16. Apple ha lanciato la soluzione ideale per molti fotografi con i suoi Apple Mini, specie con l'ultima generazione di macchine dotate di SoC serie M. Chi non ha bisogno di un portatile trova in questi sistemi un perfetto complemento da scrivania grazie al complesso di estetica moderna e basso impatto in termini di occupazione di spazio. Avendo a disposizione una discreta potenza in una piccola confezione. Collegando un monitor e con mouse e tastiera wireless in un attimo si è attivi. E non è così complicato portarselo dietro se a destinazione si trova un monitor adatto. un Mac Mini con processore M2 dotato di 8 core con dotazione di 8 gigabyte di RAM e 256 GB di spazio su disco costa solo €549. Ma non tutti sono attratti dal sistema operativo Apple, molti si trovano bene con Windows, specie con la stabilità raggiunta dalla versione 11. Però trovano accattivante l'idea di abbandonare il solito "scatolone" tower pieno di ventole, pesante ed enorme. Fino a poco tempo fa non restava che invidiare i colleghi Apple. Ma nell'ultimo periodo, anche con la spinta della stessa Intel che ha promosso una sua linea di mini PC (Intel NUC, recentemente ceduta per intero ad Asus che adesso la sta sviluppando in proprio), si presentano soluzioni interessanti anche per chi usa Windows. Ci sono svariati marchi cinesi che offrono apparecchi esteticamente non così aggraziati come gli Apple ma in compenso più semplici da integrare e con tanta potenza a disposizione. Noi stiamo provando il Minis Forum UM 790 PRO, un mini PC da 5 pollici e un quarto di lato e 2 pollici di altezza, per un volume di 0.7 litri e un peso di 450 grammi. Che monta al suo interno un potente AMD Ryzen 7945HS a 8 core e una scheda grafica integrata 780M su una scheda madre lillipuziana - probabilmente di produzione Asus ma con BIOS Minis Forum - accoppiato con un alimentatore esterno grande come un lettore di schede CFexpress da 140 watt massimi. Che offre all'interno due slot di memoria SODIMM DDR5 con spazio fino a 64 Gigabyte e due slot M.2 da 80mm. Abbiamo scelto AMD - dopo 30 anni dall'ultimo computer dotato di un processore di questo marchio - perché offre il miglior bilancio potenza/consumo forte del suo processo di produzione a 4nm, che Intel per il momento non mette a disposizione. Vedremo se le prossime generazioni di Intel ristabiliranno gli equilibri in campo ma al momento un i9 13900H è penalizzato da thermal throttling (limitazione della potenza per effetto del calore generato) mentre il Core 185H sembra ancora immaturo. alimentatore e cavetteria. Nella scatola c'è anche una piastra per eventualmente montarlo dietro ad un monitor VESA. Il pacchetto "chiavi in mano" viene €845 euro, con 64 GB di RAM e un M.2 Kingston da 1TB. a cuore aperto, in primo piano sulla sinistra, il disco M.2 da 1TB e i due DIMM per 64GB. Sulla destra, sulla griglia, la miniventola e più a destra, i due "dissipatori" per gli M.2 Incontentabili e sempre alla ricerca di spazio di storage e volendo sfruttare al massimo questo mini PC, abbiamo scelto di supercaricarlo con due M.2 Crucial da 4 TB abbinati in RAID 0 prima e dopo sono dischi PCIExpress Gen.4 di buone prestazioni ma soprattutto di un eccellente rapporto prezzo/prestazioni (circa 230 euro l'uno). Gli stessi che, sempre in RAID 0, equipaggiano il desktop principale impostato su un Intel i9 13900K e che hanno mostrato eccellenti capacità. rimontato (sono solo 4 vitine nascoste sotto ai piedini in gomma) con sopra uno dei nostri obiettivi Nikkor Z "vintage" compatti. e qui con sopra un lettore combinato ProGrade, davanti ad un monitor ASUS da 32'' e un monitor Adam Audio T8V, praticamente scompare. per citare il Professor Zichichi, dall'infinitamente piccolo (il mini PC) all'infinitamente grande (il preamplificatore/amplificatore/DAC Audio-GD in classe A da 25 chilogrammi). ma forse il confronto con l'iPhone 15 Pro rende ancora più l'idea. Insomma sta in una mano. Questa configurazione, con il disco M.2 da 1TB riciclato dentro ad un involucro in alluminio con porta USB 3.2 Gen.2, è costata in totale circa 1.300 euro. Ha una potenza di calcolo che i benchmark stabiliscono essere intorno a quella di un Apple Mini M2. Ma un Apple Mini M2 con 64 GB di RAM e 8TB di dischi costa, all'Apple Store, € 5.669 spedizione gratuita o ritiro a mano in Piazza Liberty. Noi abbiamo comprato tutto su Amazon.it *** Questa macchina su cui stiamo scrivendo in questo momento, ha sostituito integralmente un desktop da 20 chilogrammi di 54x44x24cm dotato di Intel i9, scheda video RTX 2070 Super, alimentatore Gold da 750 Watt e raffreddamento a liquido con una decina di ventole da 120 e 140mm. Rispetto a quello, in termini di prestazioni, siamo li. La differenza tra la scheda video integrata e quella discreta si vede per lo più nell'esportazione di video e nell'applicazione di plugin con intelligenza artificiale. Ma restiamo nell'interno della potenza di un Apple Mini M2 (se possiamo credere ai test su Youtube, da parte di persone credibili). Monta Photoshop e Lightroom. Legge schede di memoria ad 1 GB/secondo dalle porte USB 4. Ha in dotazione solo porte aggiornate e può collegare fino a 4 monitor. Sta in una mano e le temperature non si alzano mai nemmeno dopo 24 ore di utilizzo continuato. A riposo consuma circa 8W mentre di picco non raggiunge i 65 Watt. La ventolina probabilmente farà 23 dB di rumore. L'unico benchmark che presentiamo noi, perché è una nostra "creatura", il RAID 0 da 7450 GB fornisce prestazioni molto elevate. Ovviamente è in backup con un disco meccanico via Terramaster D5-300C collegato in USB 3.2. le temperature, pur senza dissipatori sofisticati stanno su livelli al di sotto di quelle corporee degli umani sani. Ah, mentre stiamo scrivendo, il Minis Forum sta anche suonando Bach via USB attraverso l'Audio-GD R27 HE e due monitor professionali Adam Audio A77H. Il tutto senza un cedimento mentre sono collegati due monitor video da 32'' Asus in 4K. E' arrivata, anche per gli utenti Windows, la fine dell'era dei grossi desktop e la libertà dal tutto in uno dei notebook ? Tranne il caso in cui si faccia video sofisticato o rendering 3D ci sentiamo di rispondere un sentito si ! Le prossime generazioni di processori, sia Intel che AMD si annunciano particolarmente interessanti, sia lato prestazioni per watt (e quindi bassi consumi e temperature) ma anche in termini di pura potenza grafica, sfruttando un processo di metallizzazione ancora più spinto e in linea con quello, prima esclusivo, di Apple. Che in borsa comincia un pò a soffrire.
  17. Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video youtube dove l'oratore, in un lungo monologo, cerca di convincerci con dovizia di argomenti, che i monitor professionali non possano suonare in altro modo che mediocre. Se la premessa è questi monitor siano della classe dei mitici Yamaha NS, quelli bianchi messi sul banco del mixer, pensati all'epoca in cui la destinazione del missaggio era la compressione di dinamica e picchi in modo da non far saltare le cupole dei tweeter e le membrane dei woofer dei poveri impiantini di casa, incapaci di reggere livelli adeguati, allora si. L'idea è riprodurre un suono medio, più che mediocre, in linea con quello che poi ascolterà l'utente medio. Siamo ancora all'epoca del vinile stampato in malo modo e riprodotto finché il master non si rovina e poi ascoltato sui mitici 15 watt e con le casse Heco o Indiana Line. Con il lancio del CD, peggio mi sento, la dinamica ha avuto un picco ma gli impianti sono rimasti quelli. E quindi il missaggio ne doveva tenere conto. Ma oggi è un altro paio di tasche. Abbiamo avuto una profonda selezione degli ascoltatori. Una buona parte - il grosso - è scomparso. Quelli che avevano il compattone o hanno le casse con i coni da ribordare oramai ascoltano la musica in auto o con le cuffiette. Quelli che la musica la amano come noi, invece, hanno impianti in grado di rendere "quasi" tutta la dinamica che si vuole, almeno restando a volumi inferiori alla soglia del dolore alle orecchie ... ... quindi la pretesa è che il materiale sonoro sia reso disponibile al meglio, su supporto ... smaterializzato e semplici lettori software si permettono di fare lo scan della dinamica al volo dei brani ascoltati in streaming mostrando curve che si approssimano al limite teorico dei bit a disposizione. Tolto quel limite, e adeguati gli impianti di riproduzione, il mix deve essere fatto con monitor buoni. Quindi sia i near-field (quelli posti sul banco) che quelli mid-field (quelli messi dietro al banco) sono di un livello superiore, mediamente. Sono attivi, sono potenti. Sono fedeli. E intanto sono arrivati produttori nuovi che hanno proposto linee di monitor attivi multivia, con tanti watt a disposizione, driver di qualità, processori interni, flessibilità di pilotaggio. Non mi riferisco solo o esclusivamente a quelli di riferimento (sono in genere messi a parete negli studi di registrazione e servono più che altro per impressionare i clienti, perché hanno prestazioni da palco) ma a tutti gli altri. Dando un'occhiata a venditori di livello come Thomann si ha un esempio della gamma proposta, anche da marchi famosi come Dynaudio. E di produttori specializzati come Neumann, Focal, Genelec, Adam Audio. I marchi citati si contendono la scena, insieme ad altri meno famosi, nell'attrezzare gli studi di tutto il mondo, con monitor di tutte le fasce economiche. Ci sono sistemi a 2 e a 3 vie, con 2-3-4 driver per canale. Sono sistemi amplificati, che accettano segnali per lo più analogici (ma alcuni anche digitali). Che si possono controllare via software con connessione ethernet. E vari livelli di sofisticazione. E che possono costare svariate migliaia di euro l'uno (perché i monitor attivi professionali si comprano per singolo pezzo). Adam Audio, europea società berlinese che si permette ancora di fare alcune lavorazioni in patria, si è guadagnata un nome con una gamma completa e su svariati livelli che può accontentare sia l'hobbysta che il grande studio. Qui abbiamo già visto la prova di un modello a tre vie della serie S, io ho in casa dallo scorso dicembre una coppia di due vie serie T e questa coppia di tre vie serie A di cui vi parlo in questo articolo. Sono monitor a tre vie, 4 altoparlanti, tre amplificatori, cross-over interno a DSP, controllo del suono via DSP, ingresso ethernet per il controllo dei parametri e l'immissione della curva di correzione. *** Ma perché ne parliamo su queste pagine ? Perché questi sistemi, concepiti per il professionale possono essere benissimo adattati anche per l'ascolto in casa. Purché, purché, purchè ... Tornando al video di cui parlavo all'inizio, il monitor professionali non sono pensati per un uso "pronto e cuoci". Hanno una risposta che pur regolabile dal pannello posteriore, è pensata per dare solo la base al professionista. Che sa benissimo che in base al posizionamento in studio e al tipo di suono che cerca per il suo lavoro, non potrà accontentarsi del suono così come esce dai diffusori. Solo dopo la calibrazione i monitor saranno pronti per l'uso a cui sono destinati. Altrimenti, è vero, suoneranno in modo se non mediocre, almeno ordinario. qui abbiamo i miei due monitor, posizionati sul tavolo di lavoro, a circa 35° di orientamento verso di me, il medio e all'altezza delle mie orecchie, a 110 cm di distanza per la precisione. Con 60 cm di spazio dietro verso la parete, ad angolo per il monitori di destra, la finestra, per il monitor di destra. Sono monitor piuttosto grandi, 531 x 350 x 236 mm, Peso: 17,1 kg. Stanno su un piedistallo in metallo regolabile a 20 cm dal piano. la pagina con le specifiche di Thomann. Sono sempre in cima alla classifica delle vendite. In pronta consegna. A me sono arrivati con UPS in due giorni. i dati di amplificatori e altoparlanti Dicevo che la risposta sarà influenzata da tanti fattori. Le due misure che ho pubblicato più in alto sono differenziate per l'altezza dal piano. Ma presentano entrambe rinforzi e cancellazioni sul basso per interferenze costruttive e distruttive dovute all'emissione posteriore che arriva in fase o in controfase rispetto a quella anteriore dei due woofer da 7'' e delle aperture reflex. Il medio presente anche esso un paio di avvallamenti ma poi tutto sommato prosegue abbastanza linearmente verso l'alto, con una risposta quasi piana. Naturalmente sono compromessi dovuti al posizionamento e all'assenza totale di assorbenti o trattamenti acustici in questa stanza che certo non è uno studio di registrazione. Ma è una stanza comune come quella di tutti gli altri. Ovviamente l'ascolto così sarà pesantemente influenzato da queste anomalie. Per non parlare della presenza di oggetti nel campo acustico. Per risolvere il problema senza ribaltare la stanza o spendere N volte il valore dei monitor per il trattamento della stanza (mai abbastanza efficace in una casa normale, quale che sia la spesa fatta), oggi si interviene per via elettronica. Misurando la risposta da diversi punti vicini a quello dove si troverà l'ascoltatore, per avere poi un modello capace di generare una serie di filtri che modifichino digitalmente - a monte del sistema di riproduzione - la risposta misurata. Non solo in asse sul piano della potenza in arrivo ma soprattutto intervenendo sulla fase dei due canali e sui ritardi alle singole frequenze. Adam Audio propone per questa serie l'uso di Sonarworks, che si interfaccia con il DSP integrato per inserire la correzione direttamente dentro ai diffusori. Io non dispongo di questo software che non conosco se non per le recensioni lette. Soprattutto non possiedo un microfono XLR e non ho interfacce con alimentazione a 48 V. Per cui ho preferito usare il mio Dirac Live che conosco e che utilizza il mio microfono usb Umik di minidsp. Partendo dalla risposta numero due di cui sopra, ho fatto la calibrazione poco fa, dopo aver cambiato i piedistalli dei due monitor. ho usato la simulazione di uno studio, non quella tipica di una sala di ascolto. Il sistema dopo le 9 misurazioni standard ha proposto questo genere di correzione che mi convince perfettamente, perché segue un profilo di tipo Harman con un rinforzo sempre gradito sotto ai 100 Hz, ponendo un limite intorno ai 30 Hz ma con una risposta piena a 32 Hz. Considerando che i due 7'' in parallelo equivalgono ad un 10 pollici circa, non è male. Come detto il midrange in composito da 3.5 pollici è all'altezza delle mie orecchie mentre il tweeter X-ART (air-motion) fatto a mano da artigiane berlinesi è poco più sopra. Impiegando il Dirac Processor come terminale di Audirvana, il mio sistema non è influenzato da queste elaborazioni. perché lui "impersona" la porta USB Amanero della mia Audio-gd DI24HE che a sua volta alimenta il DAC R-1 NOS e il preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III. *** Una installazione tipica per questi monitor non vi mostro la mia perché è molto più disordinata e soprattutto non ha alcun Mac ma un più modesto mini PC cinese a controllare il tutto. Io non ci produco musica, mi limito ad ascoltarla, scrivere le modeste recensioni che vedete su queste pagine, provare apparecchi. questi monitor, pur compatti per lo standard di settore, sono imponenti, essendo larghi poco meno del mio monitor da 32 pollici. E pesano un botto, difficili da spostare una volta posizionati. A conferma della solidità tutta teutonica. Il materiale delle membrane è tutto tecnico, la corsa dei due woofer è lunga. La distorsione anche a livelli da ... studio di registrazione, è inesistente ed è più probabile che vibrino i vetri. Complici le due porte reflex anteriori l'emissione è solida e concreta. Il suono - una volta calibrato - è concreto, lineare, cristallino, senza enfasi. Coerente e solido. Con una immagine stereofonica granitica. L'impostazione resta di tipo teutonico ed è tale da non perdonare nulla alle registrazioni. Ma è questa la loro prerogativa, ciò che ne giustifica l'esistenza. Roberta Invernizzi nel disco Fineline "O dolcezze amarissime" non è in alcun modo edulcorata ed è resa senza indulgenza (la voce è sempre bellissima ma il microfono è troppo vicino secondo me ...). Se la registrazione è pulita, viene voglia di alzare il volume fino oltre la metà (del logaritmico controllo di volume analogico del mio Audio-gd) come è il caso della straordinaria registrazione di Ysaye di Hypérion. Come quella Vraft Recordings di Art Pepper + Eleven del 1959. Naturalmente potrei giocare con i livelli del Dirac per modulare la risposta come la voglio io ma snaturerei la logica di questi monitor. E poi, io ho altri diffusori più strutturati per dare una visione più musicale e meno "in avanti" della musica in questa stanza. Sempre calibrati con Dirac Live ma progettati per essere meno presenti. Del resto, non volevate un suono monitor dettagliato e radiografante ? Eccolo qua ! il pannello posteriore con gli ingressi, l'inusuale presa ethernet, la presa di corrente e i controlli di tono a DSP, oltre al bianciamento. Tutte cose che io ho lasciato rigorosamente in flat. Personalmente sconsiglio di usare monitor di questo tipo con collegamento single-ended, devono essere usati con cavi XLR di buona qualità. vista di tre quarti con gli splendidi driver in primo piano e le porte dei condotti reflex agli angoli. La smussatura ai bordi superiori è puramente estetica. il famoso tweeter X-ART con la guida d'onda. E' possibile girarlo anche in orizzontale per modificare la dispersione. E concludiamo così anche se potremmo parlarne a lungo. Magari se ci saranno commenti ... I monitor attivi professionali suonano in modo mediocre ? Decisamente no, se sono buoni e di ultima generazione e sono calibrati bene a seconda dello scopo che si ha in mente. Possono sostituire amplificatore e diffusori HIFI tradizionali ? Decisamente si, con qualità costruttiva di un ordine di grandezza superiore, risparmiando spazio e denaro rispetto a certe proposte da audio-gonzi che circolano nel mondo hifi di oggi oramai ridotto a "il gatto e la volpe" da un lato e tante pecorelle credulone dall'altra parte. Giudizio complessivo PRO: costruzione inappuntabile. Siamo realmente nel mondo professionale è un apparecchio di fascia media ma le prestazioni sono di alta gamma potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori suono ad alta risoluzione, gamma media e alta cristallina i vantaggi delle tre vie, di cui quelle superiori di gran classe disponibilità di controlli sia hardware che software per personalizzare il suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene della cosiddetta alta fedeltà che questo livello costruttivo e questo suono se lo sognano possibilità di calibrazione interna tramite il software opzionale Sonarworks (con microfono dedicato) CONTRO: pesanti e ingombranti su un tavolo, meglio su piedestalli professionali in solida ghisa il suono "fuori dalla scatola" non basta per convincere l'ascoltatore il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) non perdonano le cattive registrazioni (anche perché questi monitor dovrebbero servire per verificare il mix delle registrazioni audio) non costano poco ma Adam Audio propone altre soluzioni più abbordabili sia nella gamma A che in quella T dove ci sono modelli sorprendenti per capacità sonore rispetto al costo
  18. Un grandissimo grazie ad HIFIMAN che ci ha inviato in prova questo set - cuffie Jade II e amplificatore dedicato - si tratta di un sistema che pur essendo entry-level per la gamma di cuffie elettrostatiche del marchio HIFIMAN possono offrire una risposta definitiva a certe esigenze di ascolto. Ma non voglio anticipare troppo le conclusioni dell'articolo che troverete in fondo alle note di ascolto. Andiamo direttamente alla prova di ascolto comparativa : la batteria di campionesse a confronto : HIFIMAN JADE II, HIFIMAN ARYA, STAX SR404 SN *********************************************************************** Seguono i brani ascoltati in dettaglio ma in SINTESI : Le Jade offrono un suono entusiasmante e dettagliato ma sono estremamente selettive sia nel genere che nei singoli dischi. Inadatte - secondo il mio punto di vista - a dipanare enormi masse orchestrali o contenuti energetici elevati, nei piccoli complessi, sia vocali che strumentali e soprattutto negli strumenti solisti, danno il massimo con un risultato che è ad un passo dall'evento reale. Attenzione al volume perchè dopo un pò potreste farvi male : non c'è distorsione e quindi si tende a voler ascoltare ogni singolo suono distinto dagli altri. Le vecchie Stax se la cavano ma offrono sempre una prova molto personale, spesso sopra le righe. Portano in luce cose che con le Arya non si sentono proprio ma trascurano invece intere sezioni dello spettro. Le Arya sono la sintesi e l'equilibrio. Magari gli amanti della musica rock/heavy faranno bene ad evitarle, ma per gli altri sono un vero piacere. Ma le Jade in alcuni dischi sono semplicemente di un'altra classe. Non sempre, però dove le Arya danno una prova ottima ma non sorprendente, le Jade invece rendono magico quello che state ascoltando. Le acquisterei ? Ve lo dico alla fine ! *********************************************************************** I dischi utilizzati nella prova in batteria AC/DC : The Razors Edge/Thunderstruck e Fire Your Guns Jade : suono dettagliato, precisissimo ma nel complesso sottile. Chitarre non invadenti, voce un pò più sottile di come la conosco io. Basso indietro, un pò vuoto. Arya : basso pieno anche se non stravolgente, voce chiara, piatti metallici ma concreti Stax : chitarre fantastiche, voce perfetta, basso secco, corto, anzi, cortissimo Le Arya danno la risposta più convincente con un genere che non è adatto a nessuna di queste planari. Le Stax, al solito, se la cavano sempre bene, le Jade non trovano giustizia con questa musica Bach : Grosse Preludien un Fugen - Ullrich Bohme Jade : il pedale è più presente di quanto non si senza con le Stax, le voci superiori sono perfettamente separate, la spazialità del suono esemplare, rispetto alle Stax ma anche alle Arya Arya : basso molto più in evidenza ma si nota un pò di stacco con il medio e l'alto. Suono complessivamente più convincente delle altre due cuffie Stax : suono avvolgente e deciso, basso non particolarmente immanente e immagine non particolarmente ampia ma c'è tutto quello che si vorrebbe sentire Le Arya hanno la risposta più completa ma il suono delle Jade è semplicemente più bello. Le Stax rappresentano invece un organo molto più piccolo. Sinéad O'Connor : I do not want what I haven't got/Feel so different Jade : la voce è su un altro piano come c'era da aspettarsi, l'orchestra presente con i suoi pizzicati, immagine larghissima Arya : voce chiarissima, bella. Violini tersi, cristallini, nessuna fatica a seguire l'intero brano anche a volumi da mal di testa Stax : voce perfettamente amalgamata con l'orchestra, bassi pieno, immagine ampia Le Jade sono più emozionanti e nel complesso il risultato è più sexy di quello delle Arya. Le Stax non ci arrivano proprio. Sergey Babayan : Rachmaninoff/Appasionato Jade : mano sinistra molto più in evidenza, basso in ritirata, un pianoforte troppo più esile di quanto non si vorrebbe Arya : prestazione esemplare, suono pieno, pianoforte smisurato, basso potente, le due mani in perfetto equilibrio Stax : alti un pò metallici, sembra che la registrazione sia stata effettuata più da vicino, i bassi non si sentono Arya, Arya, Arya, soprattutto. Schubert : Trio Op. 100/II Andante con moto Jade : immagine fantastica, pianoforte non troppo in evidenza, violino lagnoso, violoncello un pò esile Arya : il violoncello qui si riscatta in pieno, il violino è meno rugoso, meno brillante, meno sexy, il pianoforte è completo e non copre gli altri strumenti Stax : pianoforte in evidenza che copre il violino, il violoncello é bello ma non abbastanza pieno Arya e Jade alla pari, che vi piaccia di più il violoncello o il violino, dipende da voi. Bach/Christian Tetzlaff : Ciaccona in re minore Jade : il violino moderno di Tetzlaff è semplicemente inarrivabile nel suono offerto dalle Jade, si sente il suo respiro (del violino, non del violinista), il nero tra gli spazi, una prova di un livello artistico sensazionale Arya : bello e completo, amalgamato Stax : elegante, questo è il campo delle elettrostatiche, pulito, chiaro, analitico. Manca però la nitidezza e il capacità di microdettaglio delle Jade Jade insuperabile, Stax per una prova molto personale, Arya in secondo piano. Questo disco è meraviglioso, con le Jade non riesco a smettere di ascoltarlo. Queste cuffie dovrebbero essere consigliate a tutti i violinisti. Diana Krall : The girl in the other room Jade : rispetto alle Stax si sente di più il riverbero della voce, il suono del piano è più bello e anche l'accompagnamento è più rotondo Arya : basso più rotondo, contrabbasso perfettamente udibile dove con le Stax non si sente, la voce è in secondo piano ed è meno chiara rispetto alle altre due, un pò più bassa e manca di tutto il dettaglio e l'ultrarealismo delle Jade Stax : la voce di Diana è più in risalto con le Stax, ma il complesso della prova offerta dalle Jade è di un altro livello Anche qui le Jade secondo me danno prova di elevato livello. Le Arya sono raffinate ma non così sexy. Silje Nergaard Jade : voce bellissima di cui si apprezza ogni dettaglio, pianoforte un pò metallico, meno appagante ma non è quello che mi interessa in questo disco Arya : bello finché non si sente con le Jade ma il pianoforte delle Arya è di un altro livello Stax : complessivamente meglio delle Jade, è il timbro di voce che meglio si presta alla sua impostazione. Pianoforte chiaro e tutto sommato migliore di quello delle Jade Jade o Stax secondo i vostri gusti. Probabilmente per me, Stax John Williams : tema di Guerre Stellari Jade : suono chiaro, forse troppo ma è questione di gusti Arya : equilibrio energetico più lineare con una presenza sulle basse più intensa ma archi meno accattivanti delle altre due Stax : bello ma suono un pò esile Un direttore d'orchestra qui certamente tenderebbe a preferire le Arya, i violinisti continuerebbero a scegliere Jade Genesis : Sellng England by the pound Jade : la voce di Peter Gabriel appare un pò più esile di quanto non mi piacerebbe, e i bassi sono chiaramente meno potenti Arya : bella prova, voce, quadro d'insieme, potenza, più interessante Stax : suono troppo esile, troppo sbilanciato sulle alte E' un disco che anche rimasterizzato resta un pò aspro. Le tre cuffie danno una prova differente. Le Stax eccellono negli arpeggi delle chitarre, le Jade nella voce di Gabriel che però é più corretta nelle Arya che hanno più potenza. Le Stax in un ascolto prolungato sono troppo esili e un pò artificiose. Beethoven/Savall : sinfonia n. 3 Jade : suono pulito, ampio, archi setosi e leggeri, bassi decisamente in secondo piano Arya : questione di equilibrio, questa registrazione si caratterizza per l'ampio risalto dato ai timpani e la leggerezza degli archi. Il contenuto energetico con le Arya salta subito in primo piano, non che con le due elettrostatiche non ci siano i timpani, ma sono leggeri ed aperti come il resto della registrazione Stax : una via di mezzo tra le due, archi in primo piano, medio-bassi in evidenza, bassi profondi inesistenti (contrabbassi) Monteverdi : Il terzo libro de' madrigali Con questa registrazione - praticamente perfetta - siamo nel dominio delle cuffie planari. Sinceramente non riesco a decidere una prevalenza. Le Stax pongono, come sempre, in primissimo piano le voci femminili. Le Jade hanno un suono splendido e, magicamente, le voci maschili sono le più belle. Le Arya, eleganti ed energetiche come sempre. Till Bronner : Night Fall E' un disco in cui si sente il fiato di Till mentre suona e ogni singola corda del contrabbasso di Dieter Ilg. Le tre cuffie danno una interpretazione molto differente tra loro. Le Stax mettono tutto in primo piano, senza privilegiare nulla. Le Arya sono più scure. Le Jade, incredibilmente dettagliate in tutto, e a dispetto di quello che si penserebbe, donano il più bel contrabbasso immaginabile. Il suono è più chiaro ma più lucido, come l'evento reale. *********************************************************************** Jade e Stax si sono alternate sia sull'amplificatore HIFIMAN che sul mio valvolare Stax. Le Arya sono state pilotate dal mio Audio-GD R28 via cavo bilanciato in argento. L'Audio-GD R28 ha fatto sa semplice ricevitore/DAC per gli amplificatori delle elettrostatiche. Costruzione : Robuste e bellissime. Meglio delle Arya. Non solo per quella fluorescenza verde che traspare dai padiglioni ma proprio per l'insieme. Mi piace di più sia il pad che l'archetto, tondo. Stanno perfettamente in testa senza alcun bisogno di regolazione. il cavo è di ottima fattura. Non lunghissimo e ovviamente, non intercambiabile. Sembra anche robusto. Connettori di splendida fattura, nel complesso più elegante della fettuccia interminabile delle mie Stax. Costruttivamente sono superiori alle Stax, che sono sempre state fragili e tutte in plastica (oltre che orrende) quel connettore pentapolare è del tutto compatibile, come la tensione di alimentazione, agli standard Stax : quindi intercambiabilità totale. segni particolari ? Bellissime ! L'amplificatore offerto in bundle è di ottima fattura. Solido e pesante, non offre appigli a critiche. L'esemplare in prova ha la manopola del volume un pò allentata. Forse basterebbe stringere le viti di blocco ma non ho voluto verificare. offre due uscite per due cuffie differenti (cosa che mi ha permesso di alternare all'ascolto le mie Stax senza equilibrismi) mentre gli ingressi sono sia bilanciati (da preferire, perchè le elettrostatiche sono bilanciate per natura) che sbilanciati la sagoma laterale è a forma di trapezio, giusto per rendere più elegante la forma complessiva. ho letto in molte recensioni critiche a questo apparecchio. Nell'ascolto in confronto con il mio Stax (che costa molto di più ed è a valvole) si notano alcune sfumature a favore dello Stax ma sostanzialmente solo nella gamma più alta. Considerando l'offerta di acquisto e la disponibilità molto rara di amplificatori per cuffie elettrostatiche io non starei troppo a pormi dei dubbi. Se non avete già uno Stax in casa, prendetelo con fiducia. ****************************************************************************************************************** Non sto ad indicare le caratteristiche tecniche delle Jade II, potete trovarle insieme a tutta la documentazione sul sito ufficiale. Per i più tecnici, rimando alle misure di risposta che ho effettuato e pubblicato nei giorni scorsi qui : e che in larga parte trovano conferma nelle sensazioni di ascolto. ********************************************************************************************** Conclusioni Prova molto, molto impegnativa perché queste sono cuffie di alto livello e con caratteri simili. Difficile stabilire un vincitore anche se tenderei ad escludere le Stax che guardo con indulgenza per la loro età e per cosa hanno rappresentato per me. Se non avessi già le Arya acquisterei subito le Jade II. Si sposano alla perfezione con quello che significano per me le cuffie. Per me l'ascolto in cuffia non è una alternativa a quello tradizionale con gli altoparlanti. Quello resta il mio modo di ascoltare la musica. In cuffia voglio poter analizzare il dettaglio e non mi interessa una riproduzione o un tentativo di riproduzione in scala dell'evento musicale. Il dettaglio, il suono, tutto ciò che generalmente non si riesce ad ascoltare anche dal miglior speaker del mondo. Per questo credo che non ci possano essere delle cuffie assolute in grado di suonare tutto al meglio e come piace a me. Le Jade II, se vogliamo, sono ancora più esclusive in una visione di questo genere perché sono eccezionali - non esito a dire MAGICHE - in certe cose. Ma non in tutte, sebbene sappiano dare sempre una interpretazione di grandissima classe. Suono raffinato, dolce, mai affaticante sebbene il medio e l'alto - almeno finché arrivano le miei vecchie orecchie - sia di una precisione ad altissima risoluzione. Nei violini non ho mai sentito niente di altrettanto realistico. E nelle voci a cappella o comunque, senza intermediari elettronici in mezzo, non si possono assolutamente battere in questa fascia di prezzo. E nel jazz fatto di piccoli gruppi e con voci complementari, dove persino il contrabbasso diventa vivo oltre l'immaginabile. Sono molto meno convincenti dove ci vuole energia e dove le masse sonore trascinano il senso del suono. Dove non c'è dettaglio è uno spreco utilizzare queste cuffie. Un pò come tentare di guardare fuori dalla finestra con il microscopio. Anche le Arya non sono indicatissime per i grandi volumi sonori (non parlo di livello acustico, parlo di volume, avete in mente l'ottava sinfonia di Mahler ?) ma si tolgono dai guai meglio delle Jade. Se hanno un limite è nel prezzo del sistema, perchè uno deve comprarsi anche l'amplificatore. E queste non possono essere le uniche cuffie che hai in casa, perchè per certe cose non possono essere usate (tipo il rock o l'heavy metal, oltre alla grande orchestra). Ma se avete già un amplificatore oppure volete avere dei monitor elettrostatici che in fondo costano una frazione di qualsiasi altra cosa di fascia superiore possiate immaginare, beh, pensateci bene. Io stesso, che potrei comprare le sole cuffie, sono maledettamente indeciso .... cederò alla tentazione ? Ve lo farò sapere !
  19. Ci sono fior di influencer che producono video dai titoli ammiccanti del tipo "Macchina XXX, come la imposto io", oppure "Ecco cosa impostare nella vostra nuova YYY per non sbagliare una foto", o anche "XXX ZZZ, ecco cosa hai sempre sbagliato". Noi non siamo così bravi ma approfittiamo dell'arrivo in casa di una Z6 III di ritorno dal giro per le Yellow Week per i maggiori dealer nazionali dove è stata dimostrata, così come era, uscita dalla scatola, per suggerire qualche cosa agli acquirenti della Z6 III. Magari meno avvezzi alle complesse opzioni delle moderne Nikon Z. La macchina ha 14.455 scatti, equamente ripartiti tra otturatore meccanico ed otturatore elettronico. Produce file denominati DSC, ha i NEF in formato compresso senza perdita, D-Lighting attivo, etc. 1 La cosa che abbiamo apprezzato di più della Z6 III è la possibilità di lavorare in otturatore elettronico per la maggior parte del tempo. Ciò comporta diversi vantaggi e poche limitazioni. Le limitazioni riguardano il tempo di sincro-flash ridotto ad 1/60'' e il rischio di avere banding in caso di luci artificiali oscillanti. Casi che nella quotidianità capitano abbastanza di rado e che possono essere ovviate al momento, passando in otturatore meccanico all'occorrenza. Ma usando l'otturatore elettronico abbiamo il vantaggio di non usurare l'otturatore meccanico che con la quantità di scatti al secondo che fanno queste nuove Nikon si rischia di portare rapidamente al limite (elevato ma non troppo). Non solo, l'assenza di vibrazioni totale porta ad annullare ogni rischio di shock meccanico che possa influenzare la qualità dell'immagine in caso di tempi non velocissimi. E non dimentichiamoci la possibilità di lavorare in totale silenzio, in modalità silenziosa. Quando selezioniamo l'otturatore elettronico, la macchina attiva i suoni sintetizzati, modulabili secondo i gusti per tipo di suono, di ampiezza e di volume. Per i casi in cui sia necessario avere comunque ... il click. Ma comunque non utilizza l'otturatore meccanico, il click è emesso dal cicalino incorporato della macchina. Per impostare permanentemente l'otturatore elettronico si va nel menù IMPOSTAZIONI alla voce d6 ovviamente riporteremo nel MIO MENU' l'opzione rapida di modifica del tipo di otturatore per i casi in cui sia necessario avere quelle meccanico. 2 La seconda opzione che consigliamo è la qualità della registrazione RAW, ovvero il tipo di compressione. Come tutte le macchine Nikon con il processore Expeed 7 è disponibile la compressione TicoRAW che permette un notevole risparmio di spazio. C'è - teoricamente, perché in pratica non abbiamo mai notato alcuna differenza - una impercettibile perdita di informazioni ma il vantaggio di avere file grandi la metà per noi è più importante. dal MENU' RIPRESA cerchiamo Registrazione RAW ed entriamo nelle impostazioni scegliendo Efficienza Elevata 3 Una cosa che abbiamo notato nelle immagini di molti fotografi è il nome del file. Il generico DSC impostato come standard da Nikon ci dice poco. Ma soprattutto, quando in casa sono passate e passano tante Nikon i file si confondono. Noi preferiamo dare un nome specifico ai file di ogni singola fotocamera, in modo da riconoscersi senza aprirli o leggere le proprietà. lo vediamo qui, sempre nel MENU DI RIPRESA FOTO, alla foce Nome file che possiamo modificare a piacimento, almeno per i primi tre caratteri (gli altri sono una sequenza numerica impostata dal contatore). scrivendo Z63, i nostri file verranno nominati automaticamente Z63_XXXX.YYY con XXXX numerato automaticamente da 0001 a 9999 e li riconosceremo al volo da quelli della Z9 (che chiamiamo a coerenza) o della Z8 o anche della D850 etc. 4 Pensiamo che chi condivide le foto faccia bene ad inserire il nome dell'autore nei dati Exif delle immagini. E' un sistema per identificarsi anche se non può evitare il plagio. Ci sono due opzioni specifiche per farlo, Autore e Copyright si può scrivere cioé che si vuole, attingendo dall'intero alfabeto. 5 Importante per noi e per chi preferisce scattare in totale silenzio, quando usa l'otturatore elettronico, è l'opzione Modo Silenzioso. C'è una opzione nel menù impostazioni. A noi piace averla a portata di indice destro e per questo programmiamo il tasto REC del video in modo tale che premendolo si passi automaticamente da silenzioso a normale. dai controlli nel MENU PERSONALIZZAZIONI selezioniamo il tasto REC (registrazione video, il puntino rosso) ed andiamo ad impostare Modo Silenzioso 6 Per i pochi che fanno occasionalmente video, ci sono un paio di cose che è bene sistemare prima di girare qualche videoclip per impedire di avere formati particolari o risoluzioni elevate anche qui è possibile dare un nome file che ricordi la Z6 III consigliamo poi di scendere ad un formato che non comporti file enormi, sia da memorizzare che da trasferire. Se il video non è il vostro mestiere e non ci fate editing sofisticato, basterà poi che il file sia di tipo MP4 per avere immediata compatibilità ovunque, anziché il meno comune MOV 7 Le modalità di messa a fuoco automatico nelle ultime macchine sono tante e complete. Ma forse troppe. E se si ha necessità di cambiare modalità rapidamente mentre si fotografa, averle tutte a disposizione può essere fuorviante. Senza per questo rinunciare alle altre, noi siamo soliti limitare alle tre che usiamo di frequente la selezione rapida, lasciando nel menù le altre. Per farlo l'operazione è questa : Dal MENU PERSONALIZZAZIONI si seleziona a Messa a Fuoco e la voce a8, Limita selez. modo area AF verrà presentata la lista di tutte le modalità con un segno di spunta davanti. Per attivarle/disattivarle si agisce su quel riquadro. Noi ci limitiamo al punto singolo, all'area dinamica piccola e all'AREA AF AUTO. Ma naturalmente ognuno avrà le sue preferite. Le altre resteranno a disposizione passando dal menù i 8 Il mio menù, infine, permette di avere la lista delle funzioni che più si richiamano fotografando. E' possibile aggiungere voci, toglierne, spostarne, organizzandosi l'ultima sezione del - sempre troppo vasto - menù della Z6 III con le opzioni più importanti e che magari al momento in cui ci servono, non ci ricordiamo dove andare a trovare. Bene, speriamo di avere fatto cosa gradita a qualcuno - anche agli utenti di altre fotocamere che si ritroveranno in molte impostazioni tra queste - non necessariamente per seguire i nostri consigli ma almeno per orientarsi su come rendere più agile la propria fotocamera. Noi ci raccomandiamo più che altro sul PUNTO 1, quello relativo all'otturatore elettronico. Se non è proprio indispensabile usare quello meccanico, è inutile usarlo e per lo più le nostre fotografie non ne saranno influenzate. Nei casi circoscritti in cui l'otturatore meccanico e il suo shock di vibrazioni è indispensabile, avremo il tempo di reinserirlo. Questo è tutto ma siamo sicuri che altri fotografi avranno i loro consigli da aggiungere qui nei commenti.
  20. Aspettavo con grandissima curiosità l'occasione di provare questo DAC/Amplificatore desktop di HIFIMAN che rappresenta la scelta "entry" tra gli apparecchi di forma tradizionale da tavolo della casa. E' un apparecchio completamente bilanciato, compreso l'attenuatore e che è in grado di pilotare anche le cuffie più scorbutiche. arriva nella scatola di cartone oramai standard per tutti i prodotti HIFIMAN sul retro sono riportate le indicazioni di massima del prodotto. Il marchio R2R Hymalaya richiama il modulo interno di conversione. Conosco già le potenzialità di questo sistema perché lo uso correntemente "in versione mini" nelle DEVA, cuffie di dimensione standard pensate per l'uso in abbinata con il modulo ricevitore/convertitore R2R/amplificatore, per i miei ascolti portatili. Ha un suono in linea con le cuffie planari, dolce e dettagliato, neutro e lineare. aprendo la scatola compare il foam di protezione e una scatoletta che contiene il cavo di alimentazione nel nostro standard. la macchina è molto ben protetta, la confezione è premium nonostante l'aspetto dimesso del cartone. ed eccolo qui, con sopra l'unico accessorio, il cavo di alimentazione. Per il cavo USB dovrete provvedere voi. Si tratta come dicevo di un apparecchio da tavolo di forma tradizionale, 246,5mm x 228mm x 61mm per circa 3 chilogrammi. Piccolo ma non troppo, molto robusto come fa immaginare il peso. Peso che per la gran parte è responsabilità del grosso trasformatore toroidale di alimentazione. Perché l'alimentatore è integrato, come si conviene a tutti gli apparecchi di classe ! il frontale è caratterizzato dal marchio HIFIMAN su una superficie di alluminio spazzolato (il frontalino è bello spesso e fuoriesce in altezza e in larghezza dalla sagoma del telaio. Sulla destra c'è il marchio dorato R2R-Hymalaya, in mezzo tra le due manopole, una banda nera che integra le prese per le cuffie. Le due manopole sono responsabili, quella di sinistra, della selezione tra le modalità di conversione e di amplificazione, quella di destra è invece il comando dell'attenuatore a quattro canali. Le prese sono complete, single-ended nei due formati standard e bilanciate, coassiale da 4.4mm ed XLR a 4 pin. il resto del telaio è nero opaco con gli spigoli morbidi. La sensazione di solidità è palpabile e il peso rassicurante. il retro non presenta sorprese. Ci sono le due uscite di linea, RCA ed Bilanciata e i due ingressi - alternativi - USB, con presa di tipo B o C. La presa di alimentazione è standard, l'interruttore di accensione è nella stessa vaschetta. dettaglio delle uscite, di ottima qualità e degli ingressi, standard. il fondello bisogna prestare attenzione al selettore del voltaggio che - di fabbrica - dovrebbe arrivare impostato sui 230V per la nostra area. Deve essere visibile il numero bianco su fondo rosso 230. Se ci fosse il 115V attenzione, perché accendendo l'apparecchio, salterebbe il fusibile di protezione. la matricola e un primo piano di uno dei quattro piedini che reggono il telaio, ben dimensionati rispetto alle dimensione e al peso del DAC. Ed ecco tre viste ravvicinate del frontale selettore modalità DAC (NOS e OS) e GAIN (LOW e HIGH) per le cuffie le prese per le cuffie e l'attenuatore del volume che riporta solo MIN e MAX ma non ha tacche intermedie. Ovviamente io ... l'ho aperto perché le foto di repertorio non mi bastano mai. così ho avuto la conferma dell'impostazione razionale anche se con molti cavi volanti l'impianto vede il trasformatore toroidale i cui avvolgimenti sono condivisi sulle due schede, le due schede, quella adiacente al frontale relativa ai condensatori di livellamento (30.000 microFarad) e all'amplificazione e quella digitale che comprende sia il ricevitore USB che il convertitore vero e proprio. che é completamente integrato nei due moduli HIFIMAN HYMALAYA, qui nella versione I. Si tratta di moduli integrati composti dalla scala di resistenze di precisione che viene controllata da un microprocessore programmato dal produttore. Ogni modulo si incarica di effettuare la conversione da digitale ad analogico, generando la corrente che va all'amplificatore o alle uscite di linea (quelle in rosso sono le RCA mentre quelle in nero sono le XLR). L'integrazione è elevata, nulla a che vedere con il dispendio di mezzi che mette in campo un produttore più "analogico" come Audio-gd i cui prodotti abbiamo recensito su queste pagine. Del resto dimensioni, pesi ed ingombri definiscono classi diverse tra questi apparecchi. un'altra vita dell'interno con i moduli di conversione in primo piano in corrispondenza delle uscite e delle entrate. Visto nel dettaglio, diamo un'occhiata alle indicazioni del produttore, prese dal suo sito, alla pagina del prodotto. Ricordo che DAC è uscito nel 2022 e da allora nel catalogo HIFIMAN sono entranti altri apparecchi ed è stata introdotta un'altra generazione dei moduli R2R. il modulo originario è stato premiato al VGP in Giappone qui abbiamo lo schema a blocchi. L'amplificatore, definito "high-current" è in grado di uscire con 10,7 Volt per 4.4 watt su 36 Ohm dalle uscite bilanciate. il funzionamento viene garantito come realmente bilanciato a partire dai convertitori, duali, per procedere con i buffer verso l'attenuatore che è analogico e a quattro canali (per le due semionde positiva e negativa del destro e del sinistro) fino all'uscita cuffie. Attenzione, le due uscite di linea posteriori invece non sono amplificate ma fisse, alla tensione nominale standard. Non si tratta in pratica di un preamplificatore ma solamente di un convertitore di linea con integrato un amplificatore cuffie. Chi volesse collegare dispositivi esterni - come diffusori - dovrà utilizzare uno stadio di amplificazione/attenuazione esterno. è quello che abbiamo fatto noi per provarlo. Uscendo con cavi XLR di qualità verso l'amplificatore a valvole Stax con cui alimentiamo di solito le HIFIMAN Jade II cuffie elettrostatiche dal suono chiaro e dettagliato (quelle che abbiamo in testa in questo momento). In questo modo il segnale - immaginiamo a 5 Volt - in uscita dal EF400 verrà poi trattato dall'amplificatore e il livello del segnale in uscita verso le cuffie, regolato dall'attenuatore dell'amplificatore STAX. Se si volessero collegare dei monitor amplificati, cosa possibile ma scomoda, sarà necessario regolare il volume direttamente dai monitor (che normalmente hanno la manopola dietro, impossibile da raggiungere e da vedere ...). Anticipavamo che nel frattempo i moduli HYMALAYA sono stati aggiornati e ne esistono di due nuove versioni che equipaggiano i nuovi DAC che intanto sono stati presentati da HIFIMAN. Come segno di attenzione per i propri clienti, però, per l'EF400 è stato avviato un programma di aggiornamento che permette di sostituire i due convertitori originali con due delle nuove serie. i due nuovi moduli, denominati PRO e disponibili in due diverse versioni, vengono descritti da HIFIMAN come superiori ai leggendari PCM1704 sia in termini di rapporto segnale/disturbo che di distorsione. Probabilmente anche di musicalità, visto il tempo che è passato. E non potrebbe essere altrimenti. Il programma di aggiornamento : promette un notevole incremento di prestazioni in termini sonori. Con un miglioramento "drammatico" dell'esperienza di ascolto. Probabilmente - maligniamo noi - supereranno anche l'unico difetto che abbiamo riscontrato in questo DAC e di cui parleremo nella sezione di ascolto. Legato forse alla potenza degli FPGA di controllo installati nei moduli (nostra ipotesi). *** Bene, lo abbiamo visto, lo abbiamo pesato, lo abbiamo aperto. Sappiamo che offre fino a 4.4 watt di potenza sulle cuffie nelle uscite bilanciate e che ha un selettore per elevare eventualmente il guadagno di uscita. Anticipo che qui io l'ho usato esclusivamente in NOS, trovando la modalità senza oversampling la più dinamica e dettagliata. Mentre con le cuffie che ci sono in casa, non è stato necessario usare il Gain più elevato, anche qui per conservare una buona riserva dinamica. Per di più, il volume non è mai andato oltre un quarto o poco di più. Segno che la potenza c'è se le cuffie non sono di quelle impossibili. E il suono ? Sul principio suonava secco ed asciutto. Dopo due settimane in cui l'ho tenuto costantemente acceso - cosa segnalata dal led anteriore (unica spia che denota l'attività della macchina) e dal teporino a cui si porta il DAC mentre lavora, si è sciolto. E di molto, diventando dolce e pulito. La stessa identica esperienza che ho riscontrato con le DEVA PRO che all'inizio erano inascoltabili e poi nel tempo sono diventate di un chiaro e di un suadente inaspettato, quasi fossero delle ammiraglie. Segno che anche le resistenze e gli FPGA hanno un'anima e che si deve rodare per diventare ascoltabile. Consiglio - anche se l'EF400 non è un classe A - di accenderlo un pò prima di usarlo. Oppure di lasciarlo sempre acceso, tanto consuma poco. Vi ripagherà in classe e calore. Intanto che scrivo sono tornato sull'uscita cuffie dell'EF400 cui ho collegato - in bilanciato le Edition XS. Devo anticipare che gli abbinamenti non sono banali con questo amplificatore. Ho trovato non piacevolissime le Ananda Nano, per esempio, mentre splendide e calde le Sundara Closed Back. Divine, le Audivina, magistrali le Arya Organic. Ma adesso le Edition XS mi stanno piacendo ancora di più (Beethoven, 9a sinfonia, Danish National diretta da Adam Fischer). Naturalmente qui saranno i vostri gusti e le vostre orecchie a guidarvi. Ma con gli Audio-gd le Ananda mi piacciono di più delle Edition XS, qui è il contrario. *** Alcuni disco ascoltati Beethoven i concerti per pianoforte e orchestra. Giovanni Bellucci Suono del pianoforte chiaro e perfettamente posizionato su un'orchestra "leggera" ma ben dimensionata Temptation, Chantal Chamberland Bel basso profondo ma veloce, pelli frizzanti, voce suadente e caldissima di Chantal. Hadewych Van Gent, violoncello, nella sonata per viola di Rebecca Clarke alzo appena il volume perché me lo chiede la musica. Il cello è roco ma esteso fin al suo registro più acuto. Il pianoforte è in secondo piano, basso, come se stessimo seduti tra il pubblico e non sul palco. Bach, Magnificat, Rias Kammerchor Berlin e Akademie fur Alte Musik Berlin Ascolto biased perché si tratta di una delle mie composizioni preferite. L'equilibrio tra le parti è eccellente, senza che nulla turbi l'ascolto. Musica barocca dal vivo, come essere in chiesa durante l'esecuzione, nelle panche di sinistra, in quinta o sesta fila. Art+Pepper + Eleven, 1960, 192/24 classico delle mie sessioni di test, qui sono passato alle HIFIMAN Audivina, prima avevo le Edition XS. Elevata dinamica, il sax è li da qualche parte sulla sinistra ma rivolto verso destra, quando aumenta il volume si incrementa lo spazio che occupa lo strumento. Le cornette e le trombe stanno dietro Art mentre i tromboni sono a destra. Con le percussioni ovunque. Prestazione eccellente, giusto un filo monitor ma che mi convince, perché continuerei ad ascoltare il disco anziché scrivere. Mi fermo qui, era giusto per confermare l'impressione di avere un eccellente front-end al servizio di cuffie che conosco benissimo e di cui mi fido. Sinceramente io non so cosa vogliano espressioni "nero come le pece" che scrivono certi recensori. Se si riferiscono al "silenzio di fondo", credo che non esista oppure se c'è, viene creato ad arte da certi chip. Qui abbiamo un suono complessivamente da giradischi con una bella testina MC. Ma perfetto in ogni dettaglio. Davvero, non scherzo, non saprei cosa dirvi se non ne foste soddisfatti. Adesso provo ad ascoltare le Audivina con l'Audio-gd R27HE. Ok, ok, non parlo più. Non c'è confronto. Ma qui sono passato da un front-end da 3 chili e 400 euro ad uno di 29 chili e quasi 5.000 euro (ho l'interfaccia digitale in mezzo; tutto con rigenerazione di corrente). Ma, se voi non avete cuffie Top of The Line e avete un budget contenuto, sinceramente non saprei di cosa potreste lagnarvi ... di questo HIFIMAN EF400. CONCLUSIONI Pro: piccolo, compatto, ma rassicurante nella sua costruzione tradizionalmente da tavolo (devo ammettere che i nuovi modelli a sviluppo verticale non mi fanno impazzire !) realmente bilanciato suono naturale come norma per i convertitori R2R nessuna gamma in evidenza, dopo un rodaggio nemmeno troppo lungo ed avendo l'accortezza di lasciarlo scaldare prima di usarlo (o tenerlo sempre acceso) la prestazione è degna di un alto di gamma, sarà veramente difficile se non passate giornate intere ad ascoltare musica dire che potreste desiderare di meglio (ma si, sappiamo che gli appassionati sono incontentabili ed è per questo che esistono macchine di costo superiore) anche se i moduli R2R integrati sono superati dai modelli successivi, HIFIMAN ha avviato una campagna di upgrade (a pagamento) che sembra conveniente uscito a circa € 700 adesso è scontato e non è difficile trovarlo per poco più della metà : a questo prezzo è un affarone ! Contro: nell'ascolto si avvertono talvolta nei passaggi di traccia o di livello degli scrocchi che ricordano quelli dei vinili. Probabilmente un limite nel regolare livelli di segnale molto diversi. A me non da alcun fastidio ma per qualche purista potrebbe essere un problema le uscite di linea non sono controllate dall'attenuatore, sono fisse, quindi ogni dispositivo connesso suonerà al massimo se non ha un suo attenuatore l'unica entrata disponibile è quella USB. E' un precisa scelta di progetto ma a qualcuno potrebbe non bastare non c'è un display che dia le indicazioni minime di funzionamento, tipo la frequenza di campionamento del segnale o altro. L'impostazione è minimal da curare l'abbinamento con le singole cuffie, io ho trovato che per alcune il suono è eccezionalmente chiaro e piacevole, per altre "quasi" detestabile, anche se tutte HIFIMAN. Insomma, bello, ben fatto, solido, be n costruito, con un aspetto premium eppure piuttosto economico. Completo per quanto riguarda la prestazione sonora ma minimal nell'approccio - sia delle entrate che delle uscite - e nelle funzioni. Ma quello che promette lo fa : fa suonare bene le cuffie e converte il segnale digitale in un analogico ... veramente tale ! A differenza di tanti suoi colleghi Sigma-Delta fatti con lo stampino il cui suono sembra la fotocopia dell'originale. Ovviamente non si pretenderà la luna. Per quella ci sono front-end di livello adeguato alle aspettative di tutti. Ideale l'abbinamento con HIFIMAN Edition XS per chi ama la musica classica, Sundara Closed Back per chi invece preferisce jazz o musica moderna. *** Nota per gli utenti Windows. Il DAC non viene visto dal sistema se non installate prima i driver scaricabili dal sito ufficiale. operazione che porta via due minuti e poi non si deve fare più nulla. Il driver viene visto da Audirvana e dal lettore Qobuz ed è stabilissimo.
  21. Generalmente sconsigliamo l'utilizzo di batterie diverse dalle originali. Ne abbiamo provate in passato e alla meglio, durano meno, sono meno efficienti, hanno cicli di scarica improvvisi e sono inaffidabili. Alla peggio, non vengono riconosciute dalle nostre Nikon, oppure si gonfiano e non escono più dall'alloggiamento, salvo incorrere nel rischio di esplosione sempre dietro l'angolo con le batterie al litio. Specie sulle Nikon Z dove sono sottoposte a stress che si traduce in aumento di temperature, sia della batteria che del corpo macchina. Insomma, noi diffidiamo sempre. Ma c'è sempre l'eccezione che conferma la regola. In questo caso abbiamo una batteria che non costa 20 euro al paio con un caricatore in omaggio. Le specifiche parlano di assoluta conformità all'originale che viene citato direttamente. Il produttore non è un'oscuro cantinaro del tutto sconosciuto che esaurita la partita di batterie scompare o ricompare con un altro marchio. SmallRig si è guadagnata una gran fama di qualità. A cominciare dalla infinita sequenza di accessori metallici, veri complementi indispensabili sia per la fotografia che il video (pensiamo alle tante impugnature aggiuntive per tutte le Nikon Z, per arrivare alle cage complete a norme Nato per assicurare i tanti accessori aggiuntivi alle fotocamere senza stressarne il corpo direttamente) per arrivare adesso a luci e sistemi di alimentazione. In catalogo SmallRig adesso ha batterie da 100 Watt di grande valore, del tutto alternative alle V battery ampiamente usate nel mondo del video. E la stessa Nikon fa ricorso a SmallRig per la produzione di accessori che poi commercializza direttamente o con il proprio marchio. Come è il caso del grip per la Nikon Zf, uscito insieme alla fotocamera e perfettamente conforme. Con l'ovvio presupposto che SmallRig ha accesso diretto alle informazioni tecniche del materiale Nikon. Come deve essere per questa batteria. che viene definita comparabile con l'originale e pienamente compatibile. A partire dalle specifiche : 2400 mAH e 7.2 V che arriva in una confezione carina in cartone e una dotazione minimale : batteria e cavetto USB-C Cavetto USB-C ? E per farne che ? Già, perché non avrebbe molto senso comprare una batteria "compatibile" che costa poco meno dell'originale (intorno ai 50 euro su Amazon.it). Se non avesse una peculiarità che la rende unica e più flessibile di quella originale. Aprendo la strada all'opportunità che in futuro anche le batterie originali Nikon incorporino la furbata di questa SmallRig : La possibilità di ricarica diretta via porta USB-C Che sembrerà una banalità oggi che la ricarica USB-C è uno standard ma nelle batterie per le fotocamere non è comune, mentre lo è per le grandi batterie destinate al video. quindi la nostra EN-EL15c di SmallRig si potrà ricaricare, oltre che via caricabatterie standard (o universale), anche via porta USB-C da un alimentatore a rete, da un power-bank da 5 V 2A, da una V battery. del resto quella presina USB-C la in mezzo lo evidenzia benissimo. Perché invece, fatto salvo il piccolo led di segnalazione carica/scarica, e il colore azzurrino, è del tutto simile all'originale. come vediamo nella foto qui sopra, a sinistra la SmallRig, a destra la EN-EL15c che normalmente alimenta la nostra Nikon Z8. inserendo lo spinotto USB-C di un alimentatore Power Delivery da 145 Watt, si accende il led rosso che ne evidenzia lo stato di scarica. che naturalmente diventa verde quando la batteria è completamente carica. durante il ciclo di carica la batteria con il suo microprocessore dialoga con il sistema di ricarica. abbiamo una tensione applicata di appena più di 5 Volt e una corrente che va da 1 A a poco meno di 2, con una potenza applicata che arriva quasi a 10 watt. a ricarica completa abbiamo letto 3562 mAh assorbiti. Non ci "innamoriamo" di questo valore, apparentemente superiore al dato di targa, perché il ciclo per arrivare al 100% di carica richiede più passaggi. Annotiamo il tempo di appena più di due ore per completare la ricarica. *** Nell'uso abbiamo un riscontro positivo anche se per confermare del tutto l'esperienza serviranno, come pensiamo sia ragionevole, almeno dei mesi di continuo utilizzo. La Nikon Z8 riesce a riprendere circa due ore e mezza di video continuativo, oppure, nello stesso tempo, circa 10.000 scatti. Che è un valore in linea con quello dell'originale. In conclusione abbiamo una batteria che ha prestazioni in linea con le nostre EN-EL15c, forse leggermente più prestazionale (la Nikon promette 2280 mAh e 16 Wh, la SmallRig 2400 mAh e 17.28 Wh, ma è tutto da verificare nella pratica e nella realtà ci preme di più che sia altrettanto affidabile, piuttosto che più performante) ma che offre l'indubbia flessibilità aggiuntiva della presa di ricarica incorporata. Che ci libera definitivamente dal dover portare il caricabatterie originale Nikon con noi, potendo usare un qualsiasi alimentatore USB-C, come quello dello smartphone ma, soprattutto, che si può ricaricare a se stante, mentre magari ricarichiamo anche, in parallelo, la batteria della Z8/Zf/Z6/Z7/Z5 oppure le due batterie del battery-grip opzionale. Il costo richiesto non è particolarmente conveniente rispetto alla Nikon ma, siamo sinceri, se lo fosse, la guarderemmo con tanto sospetto in più. Ci fermiamo qui, per il momento. Intanto cercheremo nei prossimi mesi di utilizzarla insieme alle altre Nikon che abbiamo in casa. Ne riferiremo più a lungo termine.
  22. Abbiamo anticipato nella carrellata sui 50mm disponibili per Nikon Z che avremmo fatto un approfondimento tra i due 50/1.8 e 50/1.4, quelli che potrebbero far nascere qualche perplessità in caso di nuovo acquisto, essendo molto diversi per destinazione e capacità, i restanti due 50/1.2 e 50/2.8 MC. Questo - al di la del titolo ad effetto - non sarà un confronto scientifico ma un discorso fotografico. Che non può che partire dalle fotografie riprese dal vero con i due obiettivi. Ma prima rivediamoli bene insieme e da vicino. Simili nelle dimensioni e nella fattura, condividono più cose di quanto sembri. Dimensioni, diametri, pesi sono poco differenti come il passo filtri, identico i paraluce sono molto simili ma di differente modello. Quello del 50/1.4 è lo stesso di quello del recente 35/1.4. Sul paraluce del 50/1.8 S c'è scritto su quale obiettivo va montato. Mentre sul 50/1.4 stesso c'è in dettaglio l'indicazione del suo paraluce andando alle specifiche il diaframma è a 9 lamelle per ognuno, il 50/1.4 mette a fuoco da tre centimetri più vicino, il peso differisce di 5 grammi, la lunghezza è uguale, il diametro 1.5 mm inferiore nel più luminoso. Abbiamo già visto i grafici MTF che al di là delle differenti aperture a cui sono stati costruiti, già ci dicono molto. E le osservazioni confermeranno nei fatti le previsioni. Lo schema ottico è molto diverso. Sono due obiettivi nella realtà differenti che nascono per assolvere compiti diversi e con compromessi produttivi e di scelta dei materiali che sono figli del progetto. La rinuncia all'ipercorrezione ottica dei Nikkor Z di serie S (costituita qui nel 50/1.8 S da due lenti ED e due asferiche contro una sola asferica e posta prima dei due gruppi finali nel 50/1.4) ha permesso di guadagnare quei due terzi di stop di luminosità massima senza modificare dimensioni e peso. Anzi, facendo risparmiare qualche cosa (complice la produzione di massa in Cina) in termini di costo di acquisto. Visto il quadro generale, andiamo agli scatti che vi preghiamo di accogliere con indulgenza. Non è questo un campo in cui ci piace indugiare e non vorremmo passare per asseveranti. I nostri giudizi sono qui posti per indirizzare le vostre osservazioni. Poi ognuno si farà la propria opinione personale come è giusto che sia. Suggeriamo di guardare a monitor le immagini che seguono ingrandendole. Sono screenshot in formato 4K direttamente da Lightroom; osservarle su cellulare ci sembrerebbe una pura perdita di tempo cominciamo con l'aberrazione cromatica assiale o sferocromatismo, la cosa più semplice da osservare. Nonostante la correzione automatica e comunque a mente la differente apertura, è evidente quanto sia più corretto il 50/1.8 S. Il difetto è ancora presente ma decisamente meno invadente che nel 50/1.4. La stessa cosa si potrà osservare a livello di aberrazione cromatica laterale nelle fotografie nelle zone a forte mutazione di luminosità. Ma è già presente qui se osserviamo, in verticale, la costina nera alla destra del righello. Qui non abbiamo pareti di mattoni ma non ci mancano altre possibilità di riferimento innanzitutto annotiamo come l'immagine ripresa dal 50/1.4 a parità di punto di ripresa e di fotocamera, sia leggerissimamente più ampia. In effetti i due obiettivi non hanno la stessa focale ma questa differisce di qualche cosa. Apparentemente il 50/1.8 S sembra nella realtà un "52mm" o qualche cosa del genere. Vediamo la vignettatura in queste due immagini, nonostante sia attiva la correzione automatica. L'abbiamo esagerata in questo confronto la differenza non è esagerata ma la parte nera degli angoli nel 50/1.4 è molto più immanente. Questo chiaramente si riflette nella qualità dell'immagine ai bordi e agli angoli. qui vediamo il centro immagine ed abbiamo la conferma di come i due frammenti - stesso ingrandimento - non siano sovrapponibili. La nitidezza è buona in entrambe le due foto ma quella del 50/1.8 S è percettibilmente appena migliore. diversamente dall'angolo destro in alto, dove la nitidezza del 50/1.4 cala in modo più evidente. Anche qui notiamo come il campo di ripresa del 50/1.4 sia più ampio con più dettagli presenti dell'altro. Sono osservazione che trovano conferma anche in altre situazioni, come questa, in interni a 3200 ISO e in luce artificiale. se guardate il quadro a destra, manca una sottile fettina che invece è presente nella foto si sinistra. l'oggetto a fuoco qui viene reso in modo abbastanza simile a distanza ravvicinata lo sfuocato alla sua sinistra a fuoco su un soggetto all'estremità sinistra e un dettaglio di una scritta in campo medio. Il dettaglio dei caratteri nella foto del 50/1.8 S è percettibilmente migliore. Ma in generale ci sembrano diversi proprio il modo di rendere le immagini mentre sfuocano chiaramente chiudendo i diaframmi le cose si assimileranno, per quanto possibile. Ma chi compra un luminoso lo fa nella pretesa di usarlo a tutta apertura. Altrimenti ci sono gli zoom, no ? In esterni noi continuiamo a percepire maggiore nitidezza in campo vicino nel 50/1.8 ma è nello sfuocato che le cose cambiano guardate tutti i punti luce come sono differenti, sia per dimensione che per sovrapposizione. Sembra due scene diverse eppure sono riprese a pochi secondi di distanza e con cielo limpido. due video per mostrare l'autofocus in azione Nikkor Z 50/1.4 Z63_6523.MP4 Nikkor Z 50/1.8 S Z63_6522.MP4 Nikkor Z 50/1.4 Z63_6530.MP4 Nikkor Z 50/1.8 S Z63_6531.MP4 Bene, pensiamo di aver messo abbastanza immagini di confronto, potremmo continuare (coma, notturno, flare, riflessi in controluce) ma forse apparirebbe stucchevole. Almeno per noi che abbiamo già un quadro complessivo sufficiente del carattere dei due obiettivi. CONCLUSIONI Simili nelle dimensioni e nel peso, ci sembra che nascano da matite diverse e con diversi fotografi in mente. Clinico e preciso - nel quadro di un obiettivo compatto e di costo accettabile, per avere di meglio c'è sempre il 50/1.2 S - il 50/1.8 S mostra migliore nitidezza sempre, maggiore tenuta ai riflessi, migliore gestione della vignettatura, aberrazione cromatica "quasi" trascurabile. E' leggerissimente più teleobiettivo dell'altro e mette a fuoco da qualche cm di distanza in più. Più gentile col soggetto e con una resa dei punti luce nello sfuocato "magica" rispetto a quella un pò geometrica del 50/1.8 S, mostra invece la corda per le altre qualità, il nuovo 50/1.4. Che nell'uso nel ritratto ci ha ispirato di più, permettendoci foto interessanti sul piano artistico senza aver dovuto scomodare il galattico 50/1.2 S. In termini di nitidezza, anche se prende la paga dagli altri Nikkor Z da 50mm, il 50/1.4 è comunque grandemente meglio dei vecchi Nikkor F che a tutta apertura erano inutilizzabili. In sintesi, per fotografia generale, riprese che richiedono qualità e precisione, riproduzioni in poca luce, fotografia ravvicinata, per magnificare le qualità di Z7/Z8/Z9, sceglieremmo il 50/1.8 S. Per fotografia artistica, ritratto, fotografia di strada e "pittorica", poca luce disponibile, invece preferiremmo, come preferiamo, ogni giorno il 50/1.4 Che in più offre l'impagabile qualità di concedere uno 0,66 EV di luce in più, gratis, senza dover aumentare l'amplificazione della fotocamera. Risparmiando qualche euro.
  23. Generalmente uso obiettivi Nikkor Z sulla Zf. Magari non proprio quelli più enormi, se possibile i suoi due Special Edition e qualcuno di quelli più compatti. Oppure il Viltrox 20/2.8. Ma la Zf si accoppia esteticamente meglio con obiettivi più eleganti se non proprio d'epoca. Il guaio è che quelli con attacco Z sono pochi e costosissimi. Impensabile per me acquistarli solo per l'estetica (penso, ad esempio, agli ultimi Voigtlander). Ecco che mi viene in aiuto un cinese che ho in casa, che pur con attacco Leica M ha in dotazione un adattatore che non è un pugno in un occhio come il Nikon FTZ o i tanti cinesi K&F. Il TTArtisan è discreto ed ha un bel profilo conico che si accoppia con l'obiettivo dello stesso marchio, il 50/0.95 concepito come alternativa economica (seppur con prestazioni molto lontane) al Noctilux di Leica. Intendiamoci bene : con il Noct Nikkor Z 58/0.95 non ha alcuna attinenza ... é tutto metallo e vetro, lega leggera, alluminio e ottone. Niente plastica. La sensazione tattile è sontuosa, la presa in mano solida, l'impressione ricorda più quella di essere in presenza di una Lagonda V12 anziché un obiettivo dei nostri tempi. Come vorremmo che fossero gli obiettivi pensati per la Nikon Zf. A parte una distanza minima di messa a fuoco un pò esagerata per un "normale" (70 cm !) e più vicina a quella di un 85mm, risulta anche divertente da utilizzare, quando ci si vuole divertire a fotografare per svago. ha il grande pregio di "vederci" letteralmente "al buio" e di poter scattare proprio con un filo di luce o in penombra. E con lo stabilizzatore della Zf (qui tarato per un 50/1.2) ci va a nozze per non dimenticare tutte le facilitazioni alla messa a fuoco manuale uniche della Nikon Zf. Infine, l'anello di messa a fuoco è molto solido e la corsa adeguata, permettono di riuscire a fare cose difficili anche con una profondità di campo così ridotta. Qui è usato esclusivamente ad f/0.95 come è prescritto nel contratto di vendita originale quindi posso mettere a fuoco sull'occhio vigile di quel pelandrone di George oppure di Isabella, quando passa a reclamare la pappa nella realtà i difetti ottici sono molti ma non tanto da rendere nulla la "magia" del campo di smaterializzazione indotto da quell'apertura ridottissima. E non ritenendo opportuno l'acquisto della meraviglie delle meraviglie Nikkor Z (non comprerei il 58/0.95 nemmeno fosse ad un quarto del prezzo di listino), mi basta così
  24. Chi segue queste piccole recensioni, sa che tra le HIFIMAN planari tradizionali a diaframma ovale, le mie preferite sono le Arya, anche più delle HE1000. Per quella naturalezza "umana" che hanno, pur nella chiarezza proverbiale di questo genere di cuffie ma senza gli eccessi pirotecnici della serie superiore. Le ho da anni e mi sono abituato al loro suono. L'unico difetto che ho riscontrato è una certa scarsa tenuta dei materiali usati (ho dovuto sostituire i cuscinetti perché il rivestimento si è letteralmente sbriciolato; la banda superiore è usurata; in qualche momento anche una delle due prese di segnale traballa. Insomma, non una grande resa per la somma spesa ...). Ma in quanto a piacevolezza del suono, solo le Jade II - e solo sul medio-alto - le superano, per i miei gusti. Tanto che non ho avuto grande curiosità di provare il modello aggiornato con i diaframmi alleggeriti e i magneti stealth. Invece ho avuto la possibilità, grazie ad HIFIMAN Europe che ringrazio per la grande cortesia, di usare per due mese il nuovo modello Organic. Che si caratterizza per la banda attorno ai padiglioni che ricorda il legno naturale. E per tante altre caratteristiche che adesso vedremo. Unboxing e descrizione la scatola è quella dell'ultima serie, molto economica. specifiche esibite nello sticker sulla scatola : nuovi diaframmi ultrasottili e magneti "invisibili" riportate anche sul retro della scatola Per fortuna HIFIMAN adesso si è standardizzata sugli spinotti da 3.5mm. In questo modo i cavi sono tutti intercambiabili. la dotazione è inesistente. E devo dire che per cuffie di questa fascia di prezzo trovare solo un cavetto single-ended economico è una delusione. Ma HIFIMAN sa che noi appassionati siamo ben forniti di cavi buoni. E devo ammettere che i cavi bilanciati che ci sono in dotazione negli altri modelli non mi fanno impazzire, quindi va bene così. Anche se si deve mettere in conto di spendere un altro paio di centinaia di euri per un cavo adeguato alla classe di queste cuffie. Io qui ho alternato il cavo artigianale "inglese" fattomi su misura per le mie Arya e il cavo crystal di HIFIMAN acquistato da Playstereo.com liberati dalla scatola ecco le cuffie nella doppia tonalità, nero opaco e legno tipo ciliegio. l'estetica a me sembra accattivante, giusto un filo meno austera di quella delle mie Arya originali ma non tanto più vistosa come altri modelli color panna e tabacco ... noto subito che i nuovi cuscinetti sono nettamente meglio di quelli della prima serie. A prima vista sono rassicuranti. Indossati sono comodissimi. La fascia "in legno" sembra semplice vinile. L'archetto e la banda sono identiche a quelli della prima serie. Arya Organic dettaglio dell'armatura esterna, la grigia di protezione è molto robusta, si intravvede il diaframma che ha un colore che tende al verde. ancora un dettaglio della texture similpelle dei cuscinetti, proprio belli. l'interno, anche qui dietro al tessuto protettivo, si vede l'armatura metallica a protezione del diaframma, leggerissimo ed altrettanto fragile. Il meccanismo di movimento è totale a tutto vantaggio della comodità nell'indossare. E' un dettaglio a cui si presta poca attenzione sulle prime, concentrati sulla qualità del suono. Ma sulle lunghe la differenza tra cuffie diverse sta anche nella loro indossabilità a lungo termine. l'interno dell'archetto con le tacche di blocco e l'indicazione del canale Right. Si nota anche lo snodo che libera il movimento del padiglione. Specifiche e risposta in frequenza riprendo la pagina prodotto del mio fornitore abituale Playstereo.com che riporta anche il prezzo al pubblico di 1.449 euro con IVA in Italia. risposta in frequenza delle Arya Organic misurata con miniDSP Hears a confronto con le Arya V1 qui allineate per azzerare la differenza di sensibilità. Ripeto sempre di non innamorarsi troppo della risposta delle cuffie che nel tempo tende a modificarsi. Certe asperità si smussano e certe altre si incrementano mano a mano che il diaframma matura con l'uso. Qui però possiamo annotare immediatamente due cose. Le Arya Organic hanno realmente una sensibilità superiore a parità di regolazione del volume. Merito dei nuovi magneti e dell'impedenza dimezzata di 16 Ohm. La differenza è netta e si nota in caso di commutazione "al volo" tra i due modelli : è necessario allineare il volume. E poi una impostazioni diversa sulla gamma media. Questa è effetto dell'invecchiamento delle mie Arya perché all'inizio il medio non era così lineare. Comunque ci sono 4-5 dB di differenza nella gamma critica che va da 1.000 ai 2000 Hz. E' una gamma in cui ci sta la voce umana, specie quella femminile, e il violino. E poi le Arya Organic hanno acuti più frizzanti e un corpo più rotondo sul medio-basso. Segue con le impressioni di ascolto e le differenze con il modello precedente Le Arya Stealth pesano 440 g, però la pressione è perfettamente distribuita, i padiglioni sono morbidi e perfettamente sigillanti (pelle e poliestere, non in velluto); la forma asimmetrica dei padiglioni auricolari, rende l'utilizzo di queste cuffie una vera gioia. Anche per lunghe o lunghissime sessioni di ascolto. L'aspetto, come detto, non ha nulla di nuovo rispetto ai modelli precedenti, a parte il finto legno. Insomma, una sensazione rassicurante. Nell'ascolto, confermano l'impostazione tipica di questo modello. Musicale, pulito, trasparente. Il basso ha un buon corpo e una completa estensione, ma è leggero, tipicamente planare. Nitide e risolute, perfette per la musica da camera, il violino, la voce femminile. Sicuramente il medio e il medio alto sono avanti, mentre il basso è indietro anche se c'è ed è profondo. Ma, appunto, è leggero. Ma c'è più energia e meno secchezza rispetto all'assoluta neutralità del suono delle prime Arya. Gli alti e gli altissimi sono frizzanti. Non esagerati come quelli delle HE1000 ma sono certamente molto evidenti. Con il rodaggio un pò questa cosa si stempera. Ho l'esperienza delle prime Arya e sono sicuro che tra un anno le mie sensazioni saranno differenti. Insomma, al momento non sono certamente morbidi gli alti di queste cuffie (per niente !) ma non sono nemmeno aggressivi. L'impressione complessiva è di un ascolto in primissimo piano, dalla prima fila della platea, potendo quasi toccare il primo violino. C'è un dettaglio elevatissimo - caratteristica primaria di queste cuffie - con una resa che nell'insieme beneficia di un basso corposo e di un estremo acuto rifinitissimo. Il medio è un pò colorato - in senso positivo - e questo finisce col caratterizzare le voci. Il palcoscenico è buono ma comunque suonano in testa, proprio per questo iperdettaglio e questa nitidezza esasperata. Probabilmente è il compromesso scelto, per mantenerle nella tradizione di questo modello. Per allargare la scena e dare più profondità probabilmente si sarebbe dovuto scegliere di allontanare gli strumenti e perdere così tutti questi dettagli. Se il master è eccellente, non si perde una nota. In questo momento sto ascoltando Janine Jansen nel primo di Prokofiev e la sento qui nella mia testa ! Ma è impossibile perdersi una nota, uno squillo, una acciaccatura. Nonostante la sensibilità sia molto alta, tendo a tenere il volume alto. Magdalena Kozena ha registrato un disco molto intimo di canzoni slave con il marito Sir Simon alla testa della Czech. La sua voce in genere un pò critica qui è morbida e naturale ma un pò esile. Anche il violoncello della Kobekina suona in avanti, bello insieme alle nacchere. Del pianoforte (in questo caso il duo Trifonov + Babayan) si sente letteralmente ogni corda. Ma è un suono leggero, cantato, musicale. Le mani di Lugansky che articola la marcia funebre di Sigfrido ci sono tutte, e in primo piano. Andando a generi moderni, Amelia, con Joni MItchell accompagnata da Herbie Hancock è di rara bellezza e conferma la musicalità di queste cuffie. Anche il jazz svedese che sto ascoltando mentre faccio questi test di cuffie si conferma interessante, anche se l'estremo basso - estesissimo - è meno coinvolgente che con le HIFIMAN chiuse. Nel confronto con le Arya V1 che vi risparmio nel dettaglio, io trovo che le Organic siano complessivamente più musicali, più emozionanti, più coinvolgenti. Dove le V1 sono più neutrali, più terse, più radiografanti ma meno dettagliate e ipernitide. Con le Organic l'ascolto diventa un viaggio tra sonorità ricche e interessanti. Rendendo le V1 in un certo qual modo più "noioso", meno accattivanti. Ma più accurate nell'immagine complessiva. In sintesi, strumenti di indagine le Organic, musicalmente meno frizzanti ma più naturali e rilassanti le Arya. Che poi è l'impressione che ho in tutti i confronti con i modelli più recenti. Come se in HIFIMAN avessero voluto aggiungere un pò di pepe ad una prestazione che è eccellente ma a tratti monotona. Continuo a pensare che le Arya, in generale, non sia adatte al rock più energetico. Non perché non ne valorizzino il contenuto, al contrario. Ma l'analiticità e la trasparenza elevata portano a sottovalutare di molto l'impatto che si stempera di fronte a tutto quel dettaglio strumentale con tutto davanti e in primo piano. Ascoltare il rock o l'heavy in mezzo ai musicisti ? Grazie, no, meglio stare in mezzo al Takacs Quartet che accenna Schubert con il suo suono particolare. Quindi, concludendo ? Sono sempre le Arya, queste Organic. Non so dire se mi piacciano di più delle V1, a tratti si, perché sono più coinvolgenti senza usare trucchi speciali. Il basso è più pieno, potente e profondo, aiutato particolarmente da un medio-basso più dinamico. La sensibilità superiore aiuta certamente. Il senso di leggerezza dei nuovi diaframmi si sente tutto. La differenza di dettaglio è tutta a favore delle Organic che somigliano in questo alle HE1000 SE. Ma le Arya V1 restano naturali come delle elettrostatiche e per questo le amerò sempre. Comunque sia, promosse ad ammiraglie di casa, queste Organic, con l'unico caveat dato dalla scarsa dotazione per cuffie che costano una cifra iperbolica (€1449 non sono noccioline) senza un cavo bilanciato anche basico. Serve un front-end elevato per godersele, forse sarebbero aiutate da un DAC Sigma-Delta, non ho provato. Lo farò. Con i miei diffusori planari ho definitivamente reintegrato il vecchio ES9018 dell'Audio-GD NFB 7. Ma il dettaglio e l'analiticità di queste cuffie al medio e all'alta richiedono la chiarezza e la trasparenza di un R2R. E purtroppo non c'è compromesso possibile al riguardo. Giudizio complessivo PRO: simile nell'aspetto alle Arya precedenti, tranne la banda in simil-legno costruttivamente alcuni particolari sembrano di qualità nettamente superiore a quelli delle Arya V1 impedenza dimezzata a 16 Ohm e sensibilità conseguentemente aumentata in teoria si possono pilotare "con un filo di gas" e con qualsiasi dispositivo; io però raccomando di avere il miglior front-end a disposizione (DAC+AMPLI+SORGENTE) e con una buona riserva di potenza più coinvolgenti ed emozionanti delle Arya V1, sia per intonazione che per effetto del nuovo diaframma e dei magneti stealth. il suono sembra una sintesi tra le Arya e le HE1000 buona in tutte le caratteristiche, suono naturale con solo il medio un pò colorato; assenza di distorsione; dettaglio molto elevato ma non iperanalitico; palcoscenico abbastanza ampio comode come un guanto alle orecchie e in testa CONTRO: un pò meno naturali e rilassanti rispetto alle Arya V1 che però al confronto alla lunga sembrano "noiose" basso profondo e più potente di quello delle Arya V1 ma sempre con una risposta da planare necessitano di un front-end adeguato; non sono cuffie da telefonino o da DAP in single end per un apparecchio da €1500 la dotazione è insufficiente; un cavo bilanciato è d'obbligo tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audrivana come player cavo crystal HIFIMAN confronto HIFIMAN Arya V1 con cavo artigianale inglese dischi ascoltati :
  25. In questo articolo vorremmo riepilogare le caratteristiche dei 50mm disponibili per il sistema Nikon Z (escludiamo il 58/0.95 che riteniamo - a ragione - di un'altra categoria) Abbiamo peraltro la fortuna di averli tutti e quattro in casa e quindi li possiamo esibire in questa foto di gruppo. abbiamo messo vicini i due più luminosi che secondo noi hanno prerogative che idealmente li avvicinano, mentre il macro e il 50/1.8 S sono più consanguinei, nonostante siano pensati per scopi differenti. In questo specchietto abbiamo il riepilogo delle caratteristiche principali. Ovviamente sono tutti autofocus (un motore solo) ed hanno diaframma elettromagnetico. L'anello di messa a fuoco manuale è azionato virtualmente, cioé via anello a movimento continuo che simula l'azione ma senza realmente insistere sulla meccanica che è invece elettroattuata. viste le caratteristiche, di seguito invece abbiamo messo gli schemi ottici e i grafici MTF. Vanno confrontati cum grano salis, in quanto sono presi a diaframmi con apertura molto diversa. Ma già così ci dicono moltissimo delle loro caratteristiche che poi, effettivamente, si ritrovano nell'uso. Ma prestate un attimo attenzione. Perché guardando questi MTF e dimenticandoci della nostra storia, si potrebbe essere autorizzati a dire che il nuovo 50/1.4 sia un schifezza. E invece sono gli altri Nikkor Z che sono eccezionali. Date solo un'occhiata al grafico del vecchio 50/1.4G, 8 lenti in 7 gruppi : e immaginatelo montato su una Z8 o una Z7 ... Qualche parola che giunge dall'esperienza che abbiamo avuto usando questi obiettivi per completare il quadro ? Ecco qua. Nikkor Z 50mm f/1.2 S PRO: Sfuocato sensazionale Nitido quando serve Costruzione inappuntabile Ottime prestazioni generali CONTRO: Enorme. Enorme. Enorme. Pesante quasi quanto un 70-200/2.8 Molto costoso Irrazionale Nikkor Z 50mm f/1.8 S PRO: Nitido e con caratteristiche ottiche sostanzialmente impeccabili Silenzioso e ben costruito Sfuocato di categoria superiore CONTRO: Né così piccolo né così compatto (e anche discretamente pesante) Costoso rispetto alle precedenti generazioni (ma prezzo secondo noi giustificato) Nikkor Z MC 50mm f/2.8 PRO : ottime prestazioni ottiche, obiettivo corretto che non richiede alcun intervento in postproduzione brillante, colori vivaci, facile da usare compatto, tutto sommato bello da vedere, leggero eclissa totalmente il vecchio 60/2.8G : l'upgrade è da fare senza nemmeno pensarci CONTRO : soluzioni ingegneristiche strampalate (il cuore dell'obiettivo che esce, il paraluce ridicolo, il passo filtri fuori epoca) costoso in relazione al 105/2.8 che in confronto sembra "regalato" Nikkor Z 50mm f/1.4 PRO: ricorda per le sue caratteristiche di resa fotografica i vecchi 50mm f/1.4 manual focus ma con prestazioni ottiche allineate ai giorni nostri estremamente luminoso Sfuocato eccellente a condizione che si scelga bene lo sfondo; è soprattutto lo sfuocato sul soggetto che si giova delle sue qualità Obiettivo "umanista" un classico moderno, perfetto per cerimonia, ritratto e quando c'è poca luce o si vuole più gentilezza sul soggetto rispetto a quanto fanno tutti gli obiettivi moderni CONTRO: Soluzioni di compromesso per contenerne costo e ingombro/peso hanno impedito di correggere a fondo i difetti ottici rispetto agli altri 50mm Manca del trattamento antiriflesso e questo si nota nei controluce o quando si presentano bagliori a distanze estremamente ravvicinate si comporta come i vecchi superluminosi (prestazione onirica ma mediocre) E quindi ? Qual'è quello da avere ? Ma è evidente, tutti e quattro ! Se potete ... Potete escludere il micro se non fate macro ed avete bisogno di fotografare a diaframmi molto aperti. Dove effettivamente farà la differenza il piccolissimo 50/2. 8 MC ? A distanze ravvicinate e chiudendo ad f/8, in studio o all'aperto. Con un pò di aiuto di luce artificiale. Altrimenti è inutile. Impietoso sulle persone ... Per gli altri tre, il 50/1.8 S è un obiettivo che va bene per tutto, adatto al perfezionista che vuole immagini corrette sin dall'origine e non fotografa sempre in condizioni di luci al limite. Il 50/1.2 S è il sostituto autofocus del 58/0.95 che resta confinato in una categoria dove si confrontano gli dei di Olimpo e Valhalla e richiede capacità non comuni anche al fotografo. La versione 1.2 porta in dote l'autofocus e caratteristiche eccezionali. Se solo fosse un 58mm sarebbe fantastico e non si porrebbero certi dubbi. Però è oggettivamente un pachiderma che non ha eguali in nessun marchio. Qui Nikon voleva un 50mm finalmente senza compromessi. Quanto averlo e usarlo sia razionale lo lasciamo stabilire a voi. Ma se per lo più fotografate dove la luce "appena disponibile" è un elemento concreto che compone le vostre fotografie, allora non vi pentirete mai dei quasi 3000 euro che costa. Resta il nuovo arrivato, il 50/1.4 senza la S. Che non è il più corretto ma comunque è meglio di ogni altro 50/1.4 della storia Nikon. Non è il 50/1.2 ma gli si avvicina per luminosità e sfuocato. A condizione che impariate a conoscerne i limiti che vengono fuori quando la luce non è del tutto addomesticata. Però in fondo è quello che costa meno e sembra pensato apposta per la Zf, ricordando (in meglio) il carattere dei vecchi 50/1.4, ripreso appena dal 40/2 SE che però gli è nettamente inferiore. E per chi fotografa le persone, per noi, è quello da avere. Naturalmente abbiamo semplificato più che altro a beneficio di chi voglia farsi un'idea propria, avendo di fronte tutte le informazioni disponibili. Poi non c'è che da provarli. Per fotografare, non per fare test, che avevate capito ? 50mm è l'obiettivo con cui una volta si imparava a fotografare, fotografando qualsiasi cosa.
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