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Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video youtube dove l'oratore, in un lungo monologo, cerca di convincerci con dovizia di argomenti, che i monitor professionali non possano suonare in altro modo che mediocre. Se la premessa è questi monitor siano della classe dei mitici Yamaha NS, quelli bianchi messi sul banco del mixer, pensati all'epoca in cui la destinazione del missaggio era la compressione di dinamica e picchi in modo da non far saltare le cupole dei tweeter e le membrane dei woofer dei poveri impiantini di casa, incapaci di reggere livelli adeguati, allora si. L'idea è riprodurre un suono medio, più che mediocre, in linea con quello che poi ascolterà l'utente medio. Siamo ancora all'epoca del vinile stampato in malo modo e riprodotto finché il master non si rovina e poi ascoltato sui mitici 15 watt e con le casse Heco o Indiana Line. Con il lancio del CD, peggio mi sento, la dinamica ha avuto un picco ma gli impianti sono rimasti quelli. E quindi il missaggio ne doveva tenere conto. Ma oggi è un altro paio di tasche. Abbiamo avuto una profonda selezione degli ascoltatori. Una buona parte - il grosso - è scomparso. Quelli che avevano il compattone o hanno le casse con i coni da ribordare oramai ascoltano la musica in auto o con le cuffiette. Quelli che la musica la amano come noi, invece, hanno impianti in grado di rendere "quasi" tutta la dinamica che si vuole, almeno restando a volumi inferiori alla soglia del dolore alle orecchie ... ... quindi la pretesa è che il materiale sonoro sia reso disponibile al meglio, su supporto ... smaterializzato e semplici lettori software si permettono di fare lo scan della dinamica al volo dei brani ascoltati in streaming mostrando curve che si approssimano al limite teorico dei bit a disposizione. Tolto quel limite, e adeguati gli impianti di riproduzione, il mix deve essere fatto con monitor buoni. Quindi sia i near-field (quelli posti sul banco) che quelli mid-field (quelli messi dietro al banco) sono di un livello superiore, mediamente. Sono attivi, sono potenti. Sono fedeli. E intanto sono arrivati produttori nuovi che hanno proposto linee di monitor attivi multivia, con tanti watt a disposizione, driver di qualità, processori interni, flessibilità di pilotaggio. Non mi riferisco solo o esclusivamente a quelli di riferimento (sono in genere messi a parete negli studi di registrazione e servono più che altro per impressionare i clienti, perché hanno prestazioni da palco) ma a tutti gli altri. Dando un'occhiata a venditori di livello come Thomann si ha un esempio della gamma proposta, anche da marchi famosi come Dynaudio. E di produttori specializzati come Neumann, Focal, Genelec, Adam Audio. I marchi citati si contendono la scena, insieme ad altri meno famosi, nell'attrezzare gli studi di tutto il mondo, con monitor di tutte le fasce economiche. Ci sono sistemi a 2 e a 3 vie, con 2-3-4 driver per canale. Sono sistemi amplificati, che accettano segnali per lo più analogici (ma alcuni anche digitali). Che si possono controllare via software con connessione ethernet. E vari livelli di sofisticazione. E che possono costare svariate migliaia di euro l'uno (perché i monitor attivi professionali si comprano per singolo pezzo). Adam Audio, europea società berlinese che si permette ancora di fare alcune lavorazioni in patria, si è guadagnata un nome con una gamma completa e su svariati livelli che può accontentare sia l'hobbysta che il grande studio. Qui abbiamo già visto la prova di un modello a tre vie della serie S, io ho in casa dallo scorso dicembre una coppia di due vie serie T e questa coppia di tre vie serie A di cui vi parlo in questo articolo. Sono monitor a tre vie, 4 altoparlanti, tre amplificatori, cross-over interno a DSP, controllo del suono via DSP, ingresso ethernet per il controllo dei parametri e l'immissione della curva di correzione. *** Ma perché ne parliamo su queste pagine ? Perché questi sistemi, concepiti per il professionale possono essere benissimo adattati anche per l'ascolto in casa. Purché, purché, purchè ... Tornando al video di cui parlavo all'inizio, il monitor professionali non sono pensati per un uso "pronto e cuoci". Hanno una risposta che pur regolabile dal pannello posteriore, è pensata per dare solo la base al professionista. Che sa benissimo che in base al posizionamento in studio e al tipo di suono che cerca per il suo lavoro, non potrà accontentarsi del suono così come esce dai diffusori. Solo dopo la calibrazione i monitor saranno pronti per l'uso a cui sono destinati. Altrimenti, è vero, suoneranno in modo se non mediocre, almeno ordinario. qui abbiamo i miei due monitor, posizionati sul tavolo di lavoro, a circa 35° di orientamento verso di me, il medio e all'altezza delle mie orecchie, a 110 cm di distanza per la precisione. Con 60 cm di spazio dietro verso la parete, ad angolo per il monitori di destra, la finestra, per il monitor di destra. Sono monitor piuttosto grandi, 531 x 350 x 236 mm, Peso: 17,1 kg. Stanno su un piedistallo in metallo regolabile a 20 cm dal piano. la pagina con le specifiche di Thomann. Sono sempre in cima alla classifica delle vendite. In pronta consegna. A me sono arrivati con UPS in due giorni. i dati di amplificatori e altoparlanti Dicevo che la risposta sarà influenzata da tanti fattori. Le due misure che ho pubblicato più in alto sono differenziate per l'altezza dal piano. Ma presentano entrambe rinforzi e cancellazioni sul basso per interferenze costruttive e distruttive dovute all'emissione posteriore che arriva in fase o in controfase rispetto a quella anteriore dei due woofer da 7'' e delle aperture reflex. Il medio presente anche esso un paio di avvallamenti ma poi tutto sommato prosegue abbastanza linearmente verso l'alto, con una risposta quasi piana. Naturalmente sono compromessi dovuti al posizionamento e all'assenza totale di assorbenti o trattamenti acustici in questa stanza che certo non è uno studio di registrazione. Ma è una stanza comune come quella di tutti gli altri. Ovviamente l'ascolto così sarà pesantemente influenzato da queste anomalie. Per non parlare della presenza di oggetti nel campo acustico. Per risolvere il problema senza ribaltare la stanza o spendere N volte il valore dei monitor per il trattamento della stanza (mai abbastanza efficace in una casa normale, quale che sia la spesa fatta), oggi si interviene per via elettronica. Misurando la risposta da diversi punti vicini a quello dove si troverà l'ascoltatore, per avere poi un modello capace di generare una serie di filtri che modifichino digitalmente - a monte del sistema di riproduzione - la risposta misurata. Non solo in asse sul piano della potenza in arrivo ma soprattutto intervenendo sulla fase dei due canali e sui ritardi alle singole frequenze. Adam Audio propone per questa serie l'uso di Sonarworks, che si interfaccia con il DSP integrato per inserire la correzione direttamente dentro ai diffusori. Io non dispongo di questo software che non conosco se non per le recensioni lette. Soprattutto non possiedo un microfono XLR e non ho interfacce con alimentazione a 48 V. Per cui ho preferito usare il mio Dirac Live che conosco e che utilizza il mio microfono usb Umik di minidsp. Partendo dalla risposta numero due di cui sopra, ho fatto la calibrazione poco fa, dopo aver cambiato i piedistalli dei due monitor. ho usato la simulazione di uno studio, non quella tipica di una sala di ascolto. Il sistema dopo le 9 misurazioni standard ha proposto questo genere di correzione che mi convince perfettamente, perché segue un profilo di tipo Harman con un rinforzo sempre gradito sotto ai 100 Hz, ponendo un limite intorno ai 30 Hz ma con una risposta piena a 32 Hz. Considerando che i due 7'' in parallelo equivalgono ad un 10 pollici circa, non è male. Come detto il midrange in composito da 3.5 pollici è all'altezza delle mie orecchie mentre il tweeter X-ART (air-motion) fatto a mano da artigiane berlinesi è poco più sopra. Impiegando il Dirac Processor come terminale di Audirvana, il mio sistema non è influenzato da queste elaborazioni. perché lui "impersona" la porta USB Amanero della mia Audio-gd DI24HE che a sua volta alimenta il DAC R-1 NOS e il preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III. *** Una installazione tipica per questi monitor non vi mostro la mia perché è molto più disordinata e soprattutto non ha alcun Mac ma un più modesto mini PC cinese a controllare il tutto. Io non ci produco musica, mi limito ad ascoltarla, scrivere le modeste recensioni che vedete su queste pagine, provare apparecchi. questi monitor, pur compatti per lo standard di settore, sono imponenti, essendo larghi poco meno del mio monitor da 32 pollici. E pesano un botto, difficili da spostare una volta posizionati. A conferma della solidità tutta teutonica. Il materiale delle membrane è tutto tecnico, la corsa dei due woofer è lunga. La distorsione anche a livelli da ... studio di registrazione, è inesistente ed è più probabile che vibrino i vetri. Complici le due porte reflex anteriori l'emissione è solida e concreta. Il suono - una volta calibrato - è concreto, lineare, cristallino, senza enfasi. Coerente e solido. Con una immagine stereofonica granitica. L'impostazione resta di tipo teutonico ed è tale da non perdonare nulla alle registrazioni. Ma è questa la loro prerogativa, ciò che ne giustifica l'esistenza. Roberta Invernizzi nel disco Fineline "O dolcezze amarissime" non è in alcun modo edulcorata ed è resa senza indulgenza (la voce è sempre bellissima ma il microfono è troppo vicino secondo me ...). Se la registrazione è pulita, viene voglia di alzare il volume fino oltre la metà (del logaritmico controllo di volume analogico del mio Audio-gd) come è il caso della straordinaria registrazione di Ysaye di Hypérion. Come quella Vraft Recordings di Art Pepper + Eleven del 1959. Naturalmente potrei giocare con i livelli del Dirac per modulare la risposta come la voglio io ma snaturerei la logica di questi monitor. E poi, io ho altri diffusori più strutturati per dare una visione più musicale e meno "in avanti" della musica in questa stanza. Sempre calibrati con Dirac Live ma progettati per essere meno presenti. Del resto, non volevate un suono monitor dettagliato e radiografante ? Eccolo qua ! il pannello posteriore con gli ingressi, l'inusuale presa ethernet, la presa di corrente e i controlli di tono a DSP, oltre al bianciamento. Tutte cose che io ho lasciato rigorosamente in flat. Personalmente sconsiglio di usare monitor di questo tipo con collegamento single-ended, devono essere usati con cavi XLR di buona qualità. vista di tre quarti con gli splendidi driver in primo piano e le porte dei condotti reflex agli angoli. La smussatura ai bordi superiori è puramente estetica. il famoso tweeter X-ART con la guida d'onda. E' possibile girarlo anche in orizzontale per modificare la dispersione. E concludiamo così anche se potremmo parlarne a lungo. Magari se ci saranno commenti ... I monitor attivi professionali suonano in modo mediocre ? Decisamente no, se sono buoni e di ultima generazione e sono calibrati bene a seconda dello scopo che si ha in mente. Possono sostituire amplificatore e diffusori HIFI tradizionali ? Decisamente si, con qualità costruttiva di un ordine di grandezza superiore, risparmiando spazio e denaro rispetto a certe proposte da audio-gonzi che circolano nel mondo hifi di oggi oramai ridotto a "il gatto e la volpe" da un lato e tante pecorelle credulone dall'altra parte. Giudizio complessivo PRO: costruzione inappuntabile. Siamo realmente nel mondo professionale è un apparecchio di fascia media ma le prestazioni sono di alta gamma potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori suono ad alta risoluzione, gamma media e alta cristallina i vantaggi delle tre vie, di cui quelle superiori di gran classe disponibilità di controlli sia hardware che software per personalizzare il suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene della cosiddetta alta fedeltà che questo livello costruttivo e questo suono se lo sognano possibilità di calibrazione interna tramite il software opzionale Sonarworks (con microfono dedicato) CONTRO: pesanti e ingombranti su un tavolo, meglio su piedestalli professionali in solida ghisa il suono "fuori dalla scatola" non basta per convincere l'ascoltatore il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) non perdonano le cattive registrazioni (anche perché questi monitor dovrebbero servire per verificare il mix delle registrazioni audio) non costano poco ma Adam Audio propone altre soluzioni più abbordabili sia nella gamma A che in quella T dove ci sono modelli sorprendenti per capacità sonore rispetto al costo
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Apple ha lanciato la soluzione ideale per molti fotografi con i suoi Apple Mini, specie con l'ultima generazione di macchine dotate di SoC serie M. Chi non ha bisogno di un portatile trova in questi sistemi un perfetto complemento da scrivania grazie al complesso di estetica moderna e basso impatto in termini di occupazione di spazio. Avendo a disposizione una discreta potenza in una piccola confezione. Collegando un monitor e con mouse e tastiera wireless in un attimo si è attivi. E non è così complicato portarselo dietro se a destinazione si trova un monitor adatto. un Mac Mini con processore M2 dotato di 8 core con dotazione di 8 gigabyte di RAM e 256 GB di spazio su disco costa solo €549. Ma non tutti sono attratti dal sistema operativo Apple, molti si trovano bene con Windows, specie con la stabilità raggiunta dalla versione 11. Però trovano accattivante l'idea di abbandonare il solito "scatolone" tower pieno di ventole, pesante ed enorme. Fino a poco tempo fa non restava che invidiare i colleghi Apple. Ma nell'ultimo periodo, anche con la spinta della stessa Intel che ha promosso una sua linea di mini PC (Intel NUC, recentemente ceduta per intero ad Asus che adesso la sta sviluppando in proprio), si presentano soluzioni interessanti anche per chi usa Windows. Ci sono svariati marchi cinesi che offrono apparecchi esteticamente non così aggraziati come gli Apple ma in compenso più semplici da integrare e con tanta potenza a disposizione. Noi stiamo provando il Minis Forum UM 790 PRO, un mini PC da 5 pollici e un quarto di lato e 2 pollici di altezza, per un volume di 0.7 litri e un peso di 450 grammi. Che monta al suo interno un potente AMD Ryzen 7945HS a 8 core e una scheda grafica integrata 780M su una scheda madre lillipuziana - probabilmente di produzione Asus ma con BIOS Minis Forum - accoppiato con un alimentatore esterno grande come un lettore di schede CFexpress da 140 watt massimi. Che offre all'interno due slot di memoria SODIMM DDR5 con spazio fino a 64 Gigabyte e due slot M.2 da 80mm. Abbiamo scelto AMD - dopo 30 anni dall'ultimo computer dotato di un processore di questo marchio - perché offre il miglior bilancio potenza/consumo forte del suo processo di produzione a 4nm, che Intel per il momento non mette a disposizione. Vedremo se le prossime generazioni di Intel ristabiliranno gli equilibri in campo ma al momento un i9 13900H è penalizzato da thermal throttling (limitazione della potenza per effetto del calore generato) mentre il Core 185H sembra ancora immaturo. alimentatore e cavetteria. Nella scatola c'è anche una piastra per eventualmente montarlo dietro ad un monitor VESA. Il pacchetto "chiavi in mano" viene €845 euro, con 64 GB di RAM e un M.2 Kingston da 1TB. a cuore aperto, in primo piano sulla sinistra, il disco M.2 da 1TB e i due DIMM per 64GB. Sulla destra, sulla griglia, la miniventola e più a destra, i due "dissipatori" per gli M.2 Incontentabili e sempre alla ricerca di spazio di storage e volendo sfruttare al massimo questo mini PC, abbiamo scelto di supercaricarlo con due M.2 Crucial da 4 TB abbinati in RAID 0 prima e dopo sono dischi PCIExpress Gen.4 di buone prestazioni ma soprattutto di un eccellente rapporto prezzo/prestazioni (circa 230 euro l'uno). Gli stessi che, sempre in RAID 0, equipaggiano il desktop principale impostato su un Intel i9 13900K e che hanno mostrato eccellenti capacità. rimontato (sono solo 4 vitine nascoste sotto ai piedini in gomma) con sopra uno dei nostri obiettivi Nikkor Z "vintage" compatti. e qui con sopra un lettore combinato ProGrade, davanti ad un monitor ASUS da 32'' e un monitor Adam Audio T8V, praticamente scompare. per citare il Professor Zichichi, dall'infinitamente piccolo (il mini PC) all'infinitamente grande (il preamplificatore/amplificatore/DAC Audio-GD in classe A da 25 chilogrammi). ma forse il confronto con l'iPhone 15 Pro rende ancora più l'idea. Insomma sta in una mano. Questa configurazione, con il disco M.2 da 1TB riciclato dentro ad un involucro in alluminio con porta USB 3.2 Gen.2, è costata in totale circa 1.300 euro. Ha una potenza di calcolo che i benchmark stabiliscono essere intorno a quella di un Apple Mini M2. Ma un Apple Mini M2 con 64 GB di RAM e 8TB di dischi costa, all'Apple Store, € 5.669 spedizione gratuita o ritiro a mano in Piazza Liberty. Noi abbiamo comprato tutto su Amazon.it *** Questa macchina su cui stiamo scrivendo in questo momento, ha sostituito integralmente un desktop da 20 chilogrammi di 54x44x24cm dotato di Intel i9, scheda video RTX 2070 Super, alimentatore Gold da 750 Watt e raffreddamento a liquido con una decina di ventole da 120 e 140mm. Rispetto a quello, in termini di prestazioni, siamo li. La differenza tra la scheda video integrata e quella discreta si vede per lo più nell'esportazione di video e nell'applicazione di plugin con intelligenza artificiale. Ma restiamo nell'interno della potenza di un Apple Mini M2 (se possiamo credere ai test su Youtube, da parte di persone credibili). Monta Photoshop e Lightroom. Legge schede di memoria ad 1 GB/secondo dalle porte USB 4. Ha in dotazione solo porte aggiornate e può collegare fino a 4 monitor. Sta in una mano e le temperature non si alzano mai nemmeno dopo 24 ore di utilizzo continuato. A riposo consuma circa 8W mentre di picco non raggiunge i 65 Watt. La ventolina probabilmente farà 23 dB di rumore. L'unico benchmark che presentiamo noi, perché è una nostra "creatura", il RAID 0 da 7450 GB fornisce prestazioni molto elevate. Ovviamente è in backup con un disco meccanico via Terramaster D5-300C collegato in USB 3.2. le temperature, pur senza dissipatori sofisticati stanno su livelli al di sotto di quelle corporee degli umani sani. Ah, mentre stiamo scrivendo, il Minis Forum sta anche suonando Bach via USB attraverso l'Audio-GD R27 HE e due monitor professionali Adam Audio A77H. Il tutto senza un cedimento mentre sono collegati due monitor video da 32'' Asus in 4K. E' arrivata, anche per gli utenti Windows, la fine dell'era dei grossi desktop e la libertà dal tutto in uno dei notebook ? Tranne il caso in cui si faccia video sofisticato o rendering 3D ci sentiamo di rispondere un sentito si ! Le prossime generazioni di processori, sia Intel che AMD si annunciano particolarmente interessanti, sia lato prestazioni per watt (e quindi bassi consumi e temperature) ma anche in termini di pura potenza grafica, sfruttando un processo di metallizzazione ancora più spinto e in linea con quello, prima esclusivo, di Apple. Che in borsa comincia un pò a soffrire.
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Nikon Z50 II al Cross+Studio [att.: NUDO !]
Nikonland Admin posted an article in Nikon Z : Test fotocamere
Svegliati Mauro, c'è la tua Silvjia a Milano e c'è da provare la nuova Z50 II. "Eccheddiamine, non si può mai riposare in pace." Alla fine siamo riusciti a convincere Mauro a muoversi. Ma sulle prime voleva cancellare l'appuntamento con S. Però la sfida era grande e non si è tirato indietro. Per nostra fortuna. In borsa la Z9 con 85/1.2 e 135/1.8 Di scorta la Z50 II con il Viltrox AF 75/1.2 PRO e il Nikkor Z 35/1.4. La batteria EN-EL25a mezza scarica di scorta ad una EN-EL25 presa in prestito da una Zfc. Luci SmallRig RC100B con due batterie Viltrox da 155 Wh. Due treppiedi ripiegabili Neewer da 40/178cm. Cross+Studio prenotato per domenica mattina, sala Tribeca. Un classico e una sicurezza anche in dicembre quando a Milano non c'è luce. Sono esattamente 5 anni dal primo shooting con Silvjia che intanto si è fatta una donna charmant. Quando é tornato ci é sembrato molto soddisfatto ma non l'abbiamo voluto disturbare subito. Siamo riusciti a carpirgli le sue impressioni solo oggi. *** Nikon Z9 con Nikkor Z 85/1.2 S a f/1.2, ISO 500, 1/1000''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare: dopo circa 3-400 scatti con la Z9, Mauro è passato alla Z50 II e non ha più smesso con la Z9 che, indispettita lo ha mandato a quel paese ! "Farmi uscire di casa per non lavorare, cretino !" Quindi, Mauro, come è andata ? Uff. E' stato stressante perché non era una cosa programmata. Ti avevo detto che non volevo essere disturbato almeno fino a primavera. Si, certo ma mica ci potevamo andare noi, ti immagini ? E intanto le impressioni sulla Z50 II in studio chi le scriveva ? D'accordo hai sempre ragione tu, inutile combatterti, sei peggio dei Borg. "Noi_siamo_i_Borg_ogni_resistenza_è_superflua_arrendetevi_e_sarete_assimilati" Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Va bene, vuoi cercare di essere serio, per favore ? Come è andata ? D'accordo. Era mattino ma la luce non era granché, qui c'era il sole, a Milano la nebbia. Ho usato i due SmallRig di riempimento. Silvjia dopo qualche foto ha visto subito che le luci non erano invadenti e restava l'illusione della luce naturale. Dosando al 20-25% la luce, le due batterie da 155 Wh sono state fin troppo, sono rimaste all'80% di carica dopo due ore di scatti. Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare E le macchine ? Le macchine. Ho fatto 9.470 scatti. Lei era ispirata, affascinante e incantevole, ogni posa speciale, le due luci insieme alla luce delle finestre la modellava e la fondeva con il salone. Di fatto però dopo 299 scatti con la Z9 ho finito per usare solo la Z50 II. Tanto che la Z9 dopo un pò ci ha sonoramente mandati affxxxxlo e si messa in disparte. Così, con la Z50 II mi sono ritrovato a scattare anche con 85/1.2 e 135/1.8 in barba al fatto che sono stati pensati per la Z9. Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Addirittura ? Si, il corpo è più grande il giusto. Si sente bene in mano. Il display ribaltabile mi viene buono anche da guida, per lo più ho scattato guardando sul display, senza occhiali, lasciati sul tavolo. Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Ma non mi pare che in passato fosse andata così con Z50 e Zfc. Ma neanche per niente. Con la Z50 ho fatto solo un set e poi l'ho sostituita con la Z6 (all'epoca avevo solo la Z7). Le Zfc le ho usate perché intanto avevo venduto le due Z6 ed aspettavo la Z9. Però per quanto "carine" sono macchine gingillo, non per fotografare. Una pena tenerle in mano per più di 10 minuti di seguito. Non parliamo di quando ci avevo provato con la Nikon 1 J5 e il 32/1.2. Un bradipo sarebbe stato più efficiente. Qui in una sola sessione ho fatto più di 9000 scatti. E dopo un pò mi sembrava di avere in mano una Z8. Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Batteria ? Mi avevi messo dentro la EN-EL25, bontà tua. Ho scattato per circa un'ora e mezza, dopo di che è comparsa la spia rossa ed ho messo la EN-EL25a. Quindi empiricamente posso dire che si fanno le solite 2 ore canoniche di ogni Nikon Z. E' un pò come se Nikon avesse messo dentro alla Z50 II (e sospetto anche dentro la Z6 III) una versione a basso consumo energetico dell'Expeed 7. Con la Z8 avrei avuto qualche surriscaldamento (come sai scatto sempre a raffica anche con le modelle), qui niente ! Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Quindi promozione completa ? Se la Z9 autonomamente si è fatta da parte la risposta sta nei fatti. E in quanto alle foto, parlano da sole, no ? Indistinguibili, come i crop della Z9. Buoni per copertine di rivista, libri, stampe poster. Lo sai che abbiamo in casa dei 100x75cm ricavati da 12 megapixel della D3, no ? E con la D3x da 24 megapixel abbiamo fatto dei posteroni. Questa storia che 20 megapixel non bastano è buona solo per vendere ai fresconi l'ennesima superpixellata bolsa e macchinosa. La Z50 II invece è agile e scattante. Si accende in un microsecondo e non si ferma mai. Nikon Z50 II con Nikkor Z 135/1.8 Plena ad f/1.8, ISO 500, 1/1250''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Come ti è sembrata con i grossi ? Premesso che con il Viltrox 75/1.2 (che pure non è un fuscello) si lavora perfettamente e che il Nikkor Z 35/1.4 sembrano fatti perfettamente per questa Z50 II, io ho montato più per scommessa che per altro 85/1.2 e 135/1.8 ma mi sono trovato persino meglio che le prime volte con la Z8. Nikon Z50 II con Nikkor Z 85/1.2 ad f/1.2, ISO 500, 1/2000''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Video, ne hai fatti ? Si anche se la luce chiamava a gran voce le foto. Un 4K30p che mi è sembrato del livello di quello di Z8 e Z9. Nikon Z50 II con Viltrox AF 75/1.2 ad f/1.2, ISO 500, 1/2000''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare A che sensibilità hai lavorato ? E in che modalità ? Sempre a 500 ISO con gli obiettivi sempre completamente aperti. Mi è bastato per avere sempre tempi veloci. Picture Control su Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare. Manuale con il tempo scelto da me in base all'esposizione che volevo fare e al tipo di immagini che avevo in mente. Ovviamente NEF ad alta efficienza da meno di 9 megabyte l'uno Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Sviluppo ? Per ora questi NEF li vede solo Photoshop. Ma la lavorazione in Camera Raw è tale e quale a quelli della Z8 o della Z9. Ti ripeto, le immagini sono indistinguibili. E anzi, mi sembra di aver esposto meglio con la Z50 II che con la Z9. Insomma, è il crop dell'immagine che prenderebbe la Z9. Tale e quale. Memoria ? Quella che mi ha messo tu in macchina. La Lexar 1066x in omaggio da Nital. Riempita per circa 90 gigabyte, quindi adeguata. Nessuna impuntatura di nessun genere. Direi che in quanto a schede di memoria non ci saranno mai problemi con questa macchina (purché si usi roba recente e di qualità, come le nostre Lexar). Ma torniamo all'autofocus, per favore. Nessun indugio, ho usato come mia abitudine esclusivamente AREA AUTO AF con riconoscimento del soggetto su Persone. Fuoco sull'occhio o sul volto con il tracking automatico attivo. Io non sono Fred Perry e nemmeno René Lacoste che misurano con il cronografo la velocità di messa a fuoco in millisecondi di una batteria di fotocamere di marchi differenti con gli obiettivi più strambi che hanno, ma, così ad occhio, con lo stesso obiettivo non ho notato differenze rispetto alla Z9. Né di aggancio né di tracking. E più o meno la stessa percentuale di "keeping" come dicono gli americani. Considerato che io scatto a raffica, che mi muovo mentre scatto e che i miei soggetti sono donne vere a sangue caldo, esortate a non stare congelate come baccalà norvegesi ma spogliarsi, rivestirsi, alzarsi e rigirarsi, i fuori fuoco sono rari. Le foto da buttare solo quelle per il soggetto che si è mosso imprevedibilmente ed è finito fuori quadro. Sempre a sensazione e senza uno straccio di prova scientifica, tenderei a dire che la Z50 II è meglio della Zf in questo senso. Probabilmente per effetto del sensore più piccolo, mi pare più reattiva. Oppure dipende dal fatto che la Zf è una macchina che invita ad essere riflessivi, o che produce fotografie meno "affilate" e più "umaniste". In ogni caso in nessun momento mi sono pentito di aver usato la Z50 II al posto della Z9, tranne per il fatto che Silvjia è diventata sempre troppo vicina. Ma la sala mi offriva la possibilità di allontanarmi a mio piacere, cosa non sempre possibile in altri ambienti. Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare E l'annosa questione dell'assenza di stabilizzatore sul sensore ? Cosa ne pensi ? Averlo sarebbe meglio, ovviamente. Ma criticare le scelte dei progettisti non è il mio mestiere. Io faccio il fotografo, altrimenti mi occupo d'altro. In questo genere uso tempi sempre molto rapidi per mettermi al sicuro dal mio di mosso e da quello del soggetto. E alla fine non saprei dire se avere il VR sul sensore farebbe qualche differenza pratica. Nikon Z50 II con Viltrox AF 75/1.2 ad f/1.2, ISO 500, 1/2000''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Rimane la questione della batteria. Io detesto la EN-EL25 perché è stupida come un sasso. Non comunica nulla salvo ad un certo punto stamparti a mirino l'icona della Morte Rossa per invitarti alla sostituzione. E' una cosa che con Z9 ho dimenticato e con Z8 mi capita solo dopo svariate ore. Se dovessi dire cosa veramente non mi piace della Z50 II direi proprio la batteria e il fatto che la scheda di memoria coabiti con la batteria e si debba trafficare col fondello per inserirla ed estrarla. Però all'atto pratico ho fotografato per un'ora e mezza con una EN-EL25. E la scheda di memoria mi avrebbe consentito 12.500 scatti. Esistono ovviamente sul mercato schede più capienti e non è detto che non me ne doti nel 2025. L'altra cosa che non mi piace è la torretta. Per me è superflua. Sta su M permanentemente e mi dimentico che ci sia. Nikon Z50 II con Viltrox AF 75/1.2 ad f/1.2, ISO 500, 1/2000''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Tiriamo le somme ? Mi sono divertito. Non mi è pesato usare la Z50 II. Non garantisco che in altre occasioni la porterò, anche per non indispettire Z9 e Z8. Ma adesso ho la fiducia e la confidenza nei confronti di questa macchina, quella fiducia che mi permette di dimenticarmi completamente di ciò che sto utilizzando per concentrarmi al 100% sulla creazione di immagini. E' il mio processo creativo, un metodo che ho raggiunto dopo più di 40 anni di utilizzo esclusivo di Nikon e che è sublimato dalla potenza di queste mirrorless. In pratica vedo a mirino (o a display) esattamente quello che voglio che sia la mia fotografia. Scatto e continuo a farlo seguendo il flusso dell'azione, mia e della modella. Con la musica di sottofondo e niente che mi distragga da quello che sto facendo. Alla fine potrei anche non riguardare le foto che ho scattato (e spesso, non lo faccio, oppure lo faccio dopo settimane), perché so che sono esattamente come le ho viste mentre scattavo. Con le Nikon DX non ho mai avuto queto feeling, nemmeno con le reflex. E nemmeno con le precedenti Nikon Z in formato DX. Nikon qui ha superato se stessa. Di fatto la Nikon Z50 II non è una entry-level, su questo piano è una professionale. Se era relativamente facile fare una riduzione in scala della Z9 con la Z8 e una replica più economica della Z8 con la Z6 III, qui l'equazione era più complicata. Per il diverso formato e soprattutto per la volontà precisa di mantenere il collocamento del prodotto esattamente allo stesso livello di prezzo della precedente fotocamera. Che oggi può andare gloriosamente in pensione, sostituita da una nuova, piccola ma grandissima ammiraglia miniatura. Ma adesso lasciami che deve arrivare UPS con il nuovo convertitore R2R con alimentazione rigenerativa. Ti lascio alle tue macchinette fotografiche che io vado a dedicarmi alla mia vera passione : la musica ! Nikon Z50 II con Nikkor Z 35/1.4 ad f/1.4, ISO 500, 1/1600''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare Grazie Mauro. Soprattutto grazie a Silvjia mai così affascinante e sempre più espressiva. Ma grazie Nikon per aver aggiunto una piccola meraviglia così prestazionale. E' difficile che Mauro, per come è esigente, si dichiari tanto "confidente" nei confronti di una fotocamera nuova. In passato è successo solo con D5/D6 e Z9. Spesso, interpretandolo tra le righe, si capisce quando una cosa non lo soddisfa del tutto. Se mi ha detto di trattenere in casa la Z50 II privandosi della seconda Zfc (resta in casa solo quella special edition nera e blu) che tanto ha amato esteticamente, è segno di quanto sia genuinamente convinto delle capacità di questa Z50 II. Nikon Z50 II con Nikkor Z 135/1.8 Plena ad f/1.8, ISO 500, 1/1250''. Picture Control Portrait, Bilanciamento del bianco su Luce Solare : LUCE AMBIENTE SENZA RINFORZO Le immagini presentate in questo articolo hanno pochissimo sviluppo e pochissima fotoritocco. Copyright 2024 Nikonland. Riproduzione riservata.- 8 comments
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E non mi bastano mai, non mi bastano mai, non mi bastano mai, non mi bastano. Prima o poi arriverò ad avere la gran parte delle cuffie HIFIMAN che vale la pena di avere. Ed ecco a voi le HE-R10D, ispirate alle classiche Sony R10. Cuffie mitiche che nel 1989 costavano circa 6.000.000 di lire e oggi si scambiano anche a €14.000. Queste cuffie sono : - Chiuse (!) - Con padiglioni in legno pregiato lavorato in CNC (!!) - Con driver dinamico (!!!). Il che stesso sarebbe una eresia considerato che le altre HIFIMAN sono al 99% planari magnetostatiche. Costavano al lancio circa 1500 euro. Adesso sono scontate su Amazon.it a 259 euro. Io le ho avute per 184 euro netti. Da non confondere con le gemelle con dongle R2R ma una sola presa di contatto e con le cugine HIFIMAN HE-R10P, figlie dello stesso progetto ma con driver planare ortodinamico che costavano al lancio circa 6000 euro. LE MISURE le nostre misure sono fatte alla buona, usando miniDSP Ears, un dispositivo USB-C che simula un paio di orecchie su una testa, impiegando REW come software di calibrazione. I grafici che seguono sono esportazioni dei risultati di REW. misura del canale sinistro delle HIFIMAN HE-R10D sovrapposto con le HIFIMAN Sundara Closed Back (planari, chiuse con padiglione in legno) allo stello livello di potenza idem ma con le Sundara Closed Back attenuate di 8dB in sintesi abbiamo la classica risposta a V con un basso esteso anche se non esagerato sulle sub-frequenze come certe planari di fascia alta, una risposta che poi va a digradare fino ad avere un minimo sui 2500 HZ per poi riprendere verso le frequenze alte. A confronto le HIFIMAN Sundara Closed Back, cuffie planari sorprendenti che abbiamo provato nei mesi scorsi. Il confronto le evidenzia come cuffie di impostazione del tutto diversa. Le Sundara sono mediamente molto più sensibili ed hanno un medio molto più in evidenza - anche troppo - e un basso estremo meno sensibile. L'ASCOLTO Andiamo all'ascolto che comincia con il fantastico disco della serie Musica Nuda di Petra Magoni accompagnata al contrabbasso da Ferruccio Spinetti. Disco del 2017 registrato in soli 44.1/16 ma chiarissimo e ben articolato con le due voci in perfetto equilibrio e in primo piano. E prosegue poi con due dischi recentissimi quello con i concerti per pianoforte e orchestra di Beethoven con Alexander Lonquich al pianoforte e sul podio dell'orchestra da camera di Monaco e il fantastico Orlando, rivisitazione moderna dei brani di Orlando di Lasso. e per finire, il bel disco di jazz danese di Peter Vuust ricco di dinamiche e registrato benissimo, uscito quest'ultimo luglio tutti offerti da Qobuz e trasmessi alla linea : Audio-gd DI24HE Audio-gd R1 NOS Audio-gd Master 9 Mk3 con cavi acconci, connessione del DAC via I2S e del pre via cavi ACSS di Audio-gd. Nonostante la potenza richiesta da queste cuffie non sembri bastare mai, io tendo a preferire la modalità di guadagno del primo stadio che ha più dinamica. Ma ho preferito addolcire ancora di più la tonalità delle cuffie selezionando la fragranza "tube" che simula una attenuazione/esaltazione da preamplificatore a valvole studiata dai nostri amici cinesi in lunghe sessioni di ascolto. Le note che seguono sono assolutamente soggettivi e si basano sulla mia esperienza. Prendetele con indulgenza e in fiducia. Nessuno potrà mai sostituirsi alle vostre orecchie nel giudicare un paio di cuffie ...
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R-27 rappresenta il top di gamma degli integrati - DAC/preamplificatore/amplificatore cuffie - di Audio-gd. L'erede ideale degli apparecchi dotati di chip di conversione 1704. Nella realtà al momento la gamma si compone dei soli R-28 ed R27, perché il piccolo R11 non è più in produzione. R-27 è disponibile in più versioni, quella in esame è la R-27 HE, dotata di alimentazione rigenerativa, il fiore all'occhiello di Audio-gd insieme all'amplificazione ACSS. Veniamo proprio al cuore di questo dispositivo, l'alimentazione. questa scheda è marchiata orgogliosamente Regenerate Power Supply ed è una delle due collegate al trasformatore di ingresso. che è di dimensioni generose, resinato al suo interno e con una schermatura in rame. E' un avvolgimento che potrebbe sostenere il carico di un discreto amplificatore finale di potenza e che qui invece si limita ad accogliere la corrente di rete a 220 Volt. per consegnarla pulita e "rigenerata" con frequenza stabile e tensione fissa a tre ulteriori trasformatori più compatti, ognuno alimentante le rispettive sezioni di alimentazione delle tre sezioni in cui è diviso il dispositivo. La circuiteria di ricezione del segnale e i due canali del DAC. vista parziale in pianta, da destra e nel centro, le due sezioni di alimentazione : la rigenerativa e quella per i singoli canali. La simmetria è ammirevole. Non all'altezza di realizzazioni ultrasofisticata l'articolazione, più definibile artigianale - sebbene di alto livello - sia per la presenza di svariate cavetterie volanti quanto di residui di lavorazione non proprio eleganti. Regna su tutto il sovradimensionamento complessivo. di rado nelle recensioni vengono rappresentati i fondi degli apparecchi. Eccolo qua, invece, al di là dello spessore del piano - 8mm di alluminio rigido - il numero di feritoie, ma soprattutto l'innumerevole quantità di viti di blocco delle varie schede interne dimostra lo sfoggio di materiale (e i discendenti tempi di assemblaggio) degli apparecchi di questa classe. Che per Audio-gd sono lo standard di riferimento, siano essi all-in-one come questo, semplici preamplificatori, DAC puri o amplificatori integrati. Ne sono prova i 2560 grammi del solo coperchio, fissato con una dozzina di viti, lo spessore del telaio a pianta quadrata e il peso complessivo di 22.000 grammi che lo rendono un campione di ... facilità di posizionamento in casa. Il mio piano è profondo 60cm eppure lo regge a fatica in estensione, con i cavi di connessione posteriori che sfiorano la parete di fondo. questa versione è in alluminio naturale, spazzolato. Bella e lucente ma un pò fragile sia nel catturare le impronte delle dita quanto degli eventuali graffi per sfregamento. Poco male, la superficie non suona. Ma un telaio del genere assicura la dissipazione dell'elevato calore prodotto. Che nel caso del più compatto Master 9 Mk III tende a raggiungere temperature da ustione mentre qui, caldo è caldo ma nulla di anormale. di trequarti così non impressione poi tanto, sembra uno strumento di misura industriale qui con il coperchio appoggiato sopra (per toglierlo, l'unica è farlo scivolare mettendo in bilico la macchina), invece è più impressionante. ma deve impressionare l'interno, ordinato eppure molto affollato, qui evidenziato dalla fotografia a telaio aperto e posto sul fianco. A sinistra abbiamo i due canali del convertitore, in mezzo a loro la scheda di ricezione, davanti le alimentazioni separate che prendono energia dai tre trasformatori alloggiati in un vano separato da pareti di schermatura. Infine a destra, l'alimentazione rigenerativa, un trasformatore di ingresso e due schede simmetriche. A ridosso della parete frontale, la scheda di controllo del display. altra vista del marchio della scheda di alimentazione rigenerativa altra vista di tre quarti anteriore. Si nota subito il minimalismo dei controlli : accensione e due tastini di selezione delle varie modalità e ingressi. Manopola del volume (elettronico) ed uscite cuffie, single ended e bilanciate. la scheda centrale che contiene tutta l'elettronica di ricezione del segnale, il processore di controllo, i due clock di precisione. dettaglio del processore dedicato agli ingressi, un Altera Cyclone a 32 bit, i due clock, i due isolatori degli ingressi. Componentistica allo stato dell'arte. sopraelevata la schedina di ingresso USB, sotto i vari isolatori degli altri ingressi, clock esterno compresi. Anche la porta I2S rappresentata da una presa HDMI è isolata, a garanzia di pulizia del segnale. Della porta USB viene usato solo il ricevitore mentre tutto il resto è ricostruito dal processore. La distinzione tra le schedine dovrebbe consentire maggiore separazione. Secondo Audio-gd, questo ingresso è tanto qualitativo da non richiedere una interfaccia digitale esterna (ci sentiamo di avere qualche dubbio, almeno considerando la qualità della DI-24 HE che stiamo utilizzando in un altro stack in parallelo a questo apparecchio). ma andiamo al pezzo forte del DAC effettivo. I due canali sono disimpegnati da quattro moduli simmetrici posti su due schede separate impilate una sull'altra e ulteriormente schermate da una piastra d'acciaio avvitata sopra. Sono i moduli DA-7 specifici di Audio-gd e responsabili della conversione del tutto analogica del segnale digitale in analogico. i due DA-7 del canale sinistro, coperti dalla piastra di schermatura che una volta rimossa mette in mostra la topologia del tutto simmetrica del push-pull. Due processori Xilinx si incaricano di coordinare il lavoro mentre una serie di chip regolano la precisione della maglia di resistenze. Il cuore di un convertitore R2R sta qui. Al posto di uno o di più chip sintetici, viene usato un circuito analogico composto da resistenze di precisione che leggono a cascata il segnale. I due moduli sovrapposti offrono 4 convertitori per singolo canale, per un totale di 8, per il segnale PCM. Per il DSD ci sono 4 moduli dedicati. Ovviamente non viene fatta alcuna conversione da PCM a DSD come in molto apparecchi economici (anche di gran marca). la pianta di un modulo Audio-gd DA-7 Mk II installato nel R-27 HE. Tra i due moduli, che hanno alimentazione superiore, c'è il controllo di volume, anche esso a resistenze, quindi discreto, separato per ogni singolo canale. Per offrire una reale circuitazione bilanciata. al capo opposto, avvitata sul pannello anteriore, la scheda di logica di controllo del display anteriore. la vista al volo dal posteriore ci introduce al pannello ingressi ed uscite. le entrate sono completissime. I2S, ottica, USB di tipo B, XLR AES/EBU e due porte coassiali per clock esterno e digitale SPDIF. In aggiunta una porta speciale per l'eventualità di aggiornare il firmware della macchina (che io farei solo a rischio della vita ...) le uscite sono le tradizionali per Audio-gd, bilanciata XLR, bilanciata ACSS e sbilanciata RCA, con i due canali separati fisicamente. L'unica indicazione del modello è presente in questo adesivo posto vicino alle presa di corrente che reca anche il numero di matricola. più semplice il frontale, con accensione, selettori e prese cuffie con in mezzo il display a cristalli liquidi sono comandi semplici ma solidi. Purtroppo asserviti al sistema poco intuitivo di Audio-gd che necessita la consultazione del manuale per ricordare a cosa corrispondano numeri e lettere mostrate nelle varie fasi. sotto una luce calda, l'alluminio, al vero un pò freddo, appare di una piacevole tonalità champagne. Tutti i connettori sono di altissima qualità. Neutrik per gli XLR e corrispondenti in oro per i coassiali e gli RCA. *** Visto l'interno, imponente, andiamo ai comandi. Il selettore è diviso in due tasti, uno per far ruotare le opzione, l'altro per modificarle. Il problema è l'intelleggibilità delle opzioni impostate. All'accensione l'R-27 fa lampeggiare i led per salutare orgogliosamente mostrando quello che evidentemente è il logo Audio-gd e il nome del modello. L'avvio non è immediato perché l'alimentazione rigenerativa ci mette una manciata di secondi ad andare in linea. quindi compare questa scritta. Quello che si capisce è che ho selezionato la porta USB (la IN 6 guardando il posteriore). Mentre in modalità operativa si legge la frequenza di campionamento rilevata, l'uscita, il guadagno dell'amplificatore, la porta di ingresso, il livello del volume. [non so cosa sia questo 128. Nella realtà il sistema è connesso ma non c'è alcun segnalo. Normalmente quel numero è 44, 48, 96, 192 etc.]. Le opzioni modificabili sono il tipo di sovracampionamento (di default è su OFF), il livello di luminosità del display, lo spegnimento o meno del display. C'è infine una modalità "artistica" che Kingwa dice di aver mutuato dal lungo ascolto del giradischi analogico. Dovrebbe essere a suo dire un modo per generare un suono particolarmente dolce e caldo che darebbe il suo meglio con oversampling 1x o 2x. L'ho provata senza tanto successo. A differenza della modalità "tube" del Master 9 Mk III che è anche misurabile nel suo intervento, qui io stento a riconoscerne l'effetto. *** Bene, con questa carrellata ci siamo. Ma vorrei riepilogare le componenti di questo grosso amplificatore. Nello stesso, enorme, telaio, abbiamo : l'alimentazione rigenerativa che è in grado di dare corrente elettrica pulita a tutte le schede, con frequenza precisa e tensione stabilizzata. Non è una cosa banale, qui non ho grossi problemi, ma nella mia casa precedente, la tensione di rete oscillava tra 210 e 230 Volt, con frequenza tutt'altro che stabile. Qui invece avevo fatto installare uno stabilizzatore meccanico che alla fine si è rivelato quasi superfluo, tanto da averlo disinserito l'alimentazione con tre trasformatori separati e circuiti dedicati in classe A la scheda di ricezione dei segnali, controllata da un processore Altera Cyclone, due clock Accusilicon ad alta precisione, isolatori su tutte le prese, ingresso per clock esterno, interfaccia USB Amanero due convertitori "analogici" a discreti (rete di resistenze) controllati da microprocessori due controlli di volume "analogici" a relé due amplificatori in classe A per le uscite cuffie che possono operare con guadagno differenziato a +13dB e +26dB erogando fino a 15 watt su 25 Ohm di carico sulla uscita bilanciata (teoricamente pari a 45-50 watt su un carico di 8 ohm se fosse possibile alimentare dei diffusori) un circuito di preamplificazione lineare, sempre in classe A (uscita fino a 20 V contro i 2~5 se usato come semplice DAC) l'alimentazione è pulita per tutti i sistemi, gli ingressi sono isolati, la macchina è virtualmente esente da jitter già sul piano concettuale. L'avere tutto nello stesso telaio unisce ai difetti di avere un telaio enorme e pesante, i vantaggi di una messa a punto precisa nell'indirizzo della sua firma musicale, come intesa dal progettista. In teoria, un DAC non dovrebbe suonare. Un preamplificatore non dovrebbe suonare. Dovrebbero solo fare il loro lavoro di rendere analogico un segnale digitale - quale che sia - e di elevarne il livello alle necessità del sistema di riproduzione (amplificatore o diffusori amplificati). Il discorso è un pò diverso se pensiamo all'amplificatore cuffie, che può avere un suo carattere, secondo le impostazioni di fondo. Nei modelli economici a chip operazionali, le modalità di funzionamento sono impostate in via digitale. Qui invece è la topologia dell'architettura che influenza il risultato. *** E quindi, alla prova dei fatti, o meglio, del suono ? Che si usi come semplice DAC, come preamplificatore o come dispositivo integrato, l'Audio-gd R-27 HE fa il suo lavoro. E' presente ma è lineare, offre una risposta molto dettagliata e precisa ma non analitica. Ha una impostazione calda e dolce, più o meno a prescindere dalla modalità di funzionamento selezionato. Nei mesi in cui l'ho usato sinora, per lo più è stato senza oversampling (NOS) ed ha pilotato praticamente tutte le cuffie che ho avuto in casa, mettendole sempre in condizioni di dare il meglio di se. Offrendo una risposta ricca e convincente con un palcoscenico ampio, profondo e credibile. Ma non è uno strumento di misura, non è pensato per dare prestazioni di laboratorio asettiche. Ha un carattere e un anima. Tutte orientali. Dolce, gentile, possente ma tranquillo. Come un mastino inglese ma del tutto opposto dalla scuola e filosofia del Nord Europa, votata all'analiticità e all'iperdettaglio, magari a prezzo di una certa fatica di ascolto. Se metto in testa le Arya Organic o le Jade II (in questo caso con l'amplificatore a valvole Stax e l'R-27 che fa solo da DAC) posso stare per ore ad ascoltare la musica che mi piace. Senza pensare un attimo a questo o a quel dettaglio. Tutto mi sembra naturale (quasi) come quando ascolto il mio sistema di diffusori planari a dipolo. Naturalmente se la sorgente fa schifo, farà schifo la musica riprodotta. Se le cuffie (o i diffusori usati : e con le Adam Audio A77H sulle prime è stata una lotta, tanto che le ho passate la Master 9 Mk III) sono secche, aspre o poco definite, l'R-27 non cercherà di ingentilirle, lascerà impietosamente che mostrino i loro difetti, senza tentare di compensarli. Quel caldo e quel dolce, non significano eufonico o edulcorato. Siamo nel mondo dell'alta definizione. E non vi so descrivere la distanza siderale che separa questo sistema dai miei vecchi giradischi Marantz SA11S2 e Teac VRDS 10 con convertitori Philips e BB. Eleganza contro sguaiato. Eppure 25 anni fa quelli erano il non-plus-ultra (o quasi). Vale 3600 euro ? Non saprei dire, dipende da cosa ci dovete fare e cosa vi aspettate che faccia. Se avete più cuffie alto di gamma e un amplificatore in classe A e dei diffusori planari robusti, ascoltate musica unplugged registrata a regola d'arte ... e avete lo spazio dove sistemarlo in modo tale che dissipi il calore che produce. E allora si. Altrimenti sarebbe un vero spreco. Si può avere di più ? Certo, sempre. Io non sono un grande appassionato di sistemi integrati, tendo a preferire le soluzioni a componenti separati. Quindi, restando in casa Audio-GD, una DI-24H, un R-7HE e un HE-9 Mk III sicuramente vi strapperanno dei sorrisi ebeti (specie se avete delle HIFIMAN Susvara o delle HE1000 SE). Ma ad un prezzo più che doppio di quello già stratosferico di questo. Ci sono sistemi più economici di questo che offrano prestazioni simili ? Si certo ma comunque attenzione a selezionare cose che abbiano lo stesso tipo di impostazione a discreti, dall'alimentazione ben dimensionata alla quantità di transistor di uscita, senza operazionali. Ne sono contento ? Si, assolutamente si. Ma in fondo il mio sistema di backup (sempre Audio-gd) riesce a comportarsi a modo, con una prestazione sui monitor attivi da bancone, che è superiore a quella dell'R-27 che è più spietato e schizzinoso. Quindi ? L'Hi END è così, una malattia a cui bisogna saper porre rimedio. Ognuno trova la medicina musicale che fa per lui. Giudizio complessivo PRO: costruzione senza lesinare. Addirittura esagerata solido apparecchio di fascia realmente top; componentistica di pregio ingressi e uscite per tutte le necessità suono eccezionale se la sorgente e il sistema di riproduzione sono all'altezza caldo, dolce ma sempre estremamente dettagliato, senza alcuna concessione nessun convertitore Delta-Sigma che io abbia sinora ascoltato è in grado di dare questo genere di suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene a tre unità separate (interfaccia digitale, DAC e preamplificatore) CONTRO: ingegnerizzazione molto sofisticata per un sistema in apparenza molto semplice costruito per ridondanza quasi overkill costruzione artigianale con molte concessioni a livello di realizzazione (connessioni, resinature, residui su schede e piastre : nulla di questo si vede in occidente, in questa campo Audio-gd deve molto migliorare e curare i dettagli) I francesi userebbero il termine alambique peso, dimensioni, prezzo ... enormi ! comandi e display astrusi (a dir poco) impietoso verso chi non è alla sua altezza (sorgente musicale e cuffie/diffusori)
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Aspettavo con grandissima curiosità l'occasione di provare questo DAC/Amplificatore desktop di HIFIMAN che rappresenta la scelta "entry" tra gli apparecchi di forma tradizionale da tavolo della casa. E' un apparecchio completamente bilanciato, compreso l'attenuatore e che è in grado di pilotare anche le cuffie più scorbutiche. arriva nella scatola di cartone oramai standard per tutti i prodotti HIFIMAN sul retro sono riportate le indicazioni di massima del prodotto. Il marchio R2R Hymalaya richiama il modulo interno di conversione. Conosco già le potenzialità di questo sistema perché lo uso correntemente "in versione mini" nelle DEVA, cuffie di dimensione standard pensate per l'uso in abbinata con il modulo ricevitore/convertitore R2R/amplificatore, per i miei ascolti portatili. Ha un suono in linea con le cuffie planari, dolce e dettagliato, neutro e lineare. aprendo la scatola compare il foam di protezione e una scatoletta che contiene il cavo di alimentazione nel nostro standard. la macchina è molto ben protetta, la confezione è premium nonostante l'aspetto dimesso del cartone. ed eccolo qui, con sopra l'unico accessorio, il cavo di alimentazione. Per il cavo USB dovrete provvedere voi. Si tratta come dicevo di un apparecchio da tavolo di forma tradizionale, 246,5mm x 228mm x 61mm per circa 3 chilogrammi. Piccolo ma non troppo, molto robusto come fa immaginare il peso. Peso che per la gran parte è responsabilità del grosso trasformatore toroidale di alimentazione. Perché l'alimentatore è integrato, come si conviene a tutti gli apparecchi di classe ! il frontale è caratterizzato dal marchio HIFIMAN su una superficie di alluminio spazzolato (il frontalino è bello spesso e fuoriesce in altezza e in larghezza dalla sagoma del telaio. Sulla destra c'è il marchio dorato R2R-Hymalaya, in mezzo tra le due manopole, una banda nera che integra le prese per le cuffie. Le due manopole sono responsabili, quella di sinistra, della selezione tra le modalità di conversione e di amplificazione, quella di destra è invece il comando dell'attenuatore a quattro canali. Le prese sono complete, single-ended nei due formati standard e bilanciate, coassiale da 4.4mm ed XLR a 4 pin. il resto del telaio è nero opaco con gli spigoli morbidi. La sensazione di solidità è palpabile e il peso rassicurante. il retro non presenta sorprese. Ci sono le due uscite di linea, RCA ed Bilanciata e i due ingressi - alternativi - USB, con presa di tipo B o C. La presa di alimentazione è standard, l'interruttore di accensione è nella stessa vaschetta. dettaglio delle uscite, di ottima qualità e degli ingressi, standard. il fondello bisogna prestare attenzione al selettore del voltaggio che - di fabbrica - dovrebbe arrivare impostato sui 230V per la nostra area. Deve essere visibile il numero bianco su fondo rosso 230. Se ci fosse il 115V attenzione, perché accendendo l'apparecchio, salterebbe il fusibile di protezione. la matricola e un primo piano di uno dei quattro piedini che reggono il telaio, ben dimensionati rispetto alle dimensione e al peso del DAC. Ed ecco tre viste ravvicinate del frontale selettore modalità DAC (NOS e OS) e GAIN (LOW e HIGH) per le cuffie le prese per le cuffie e l'attenuatore del volume che riporta solo MIN e MAX ma non ha tacche intermedie. Ovviamente io ... l'ho aperto perché le foto di repertorio non mi bastano mai. così ho avuto la conferma dell'impostazione razionale anche se con molti cavi volanti l'impianto vede il trasformatore toroidale i cui avvolgimenti sono condivisi sulle due schede, le due schede, quella adiacente al frontale relativa ai condensatori di livellamento (30.000 microFarad) e all'amplificazione e quella digitale che comprende sia il ricevitore USB che il convertitore vero e proprio. che é completamente integrato nei due moduli HIFIMAN HYMALAYA, qui nella versione I. Si tratta di moduli integrati composti dalla scala di resistenze di precisione che viene controllata da un microprocessore programmato dal produttore. Ogni modulo si incarica di effettuare la conversione da digitale ad analogico, generando la corrente che va all'amplificatore o alle uscite di linea (quelle in rosso sono le RCA mentre quelle in nero sono le XLR). L'integrazione è elevata, nulla a che vedere con il dispendio di mezzi che mette in campo un produttore più "analogico" come Audio-gd i cui prodotti abbiamo recensito su queste pagine. Del resto dimensioni, pesi ed ingombri definiscono classi diverse tra questi apparecchi. un'altra vita dell'interno con i moduli di conversione in primo piano in corrispondenza delle uscite e delle entrate. Visto nel dettaglio, diamo un'occhiata alle indicazioni del produttore, prese dal suo sito, alla pagina del prodotto. Ricordo che DAC è uscito nel 2022 e da allora nel catalogo HIFIMAN sono entranti altri apparecchi ed è stata introdotta un'altra generazione dei moduli R2R. il modulo originario è stato premiato al VGP in Giappone qui abbiamo lo schema a blocchi. L'amplificatore, definito "high-current" è in grado di uscire con 10,7 Volt per 4.4 watt su 36 Ohm dalle uscite bilanciate. il funzionamento viene garantito come realmente bilanciato a partire dai convertitori, duali, per procedere con i buffer verso l'attenuatore che è analogico e a quattro canali (per le due semionde positiva e negativa del destro e del sinistro) fino all'uscita cuffie. Attenzione, le due uscite di linea posteriori invece non sono amplificate ma fisse, alla tensione nominale standard. Non si tratta in pratica di un preamplificatore ma solamente di un convertitore di linea con integrato un amplificatore cuffie. Chi volesse collegare dispositivi esterni - come diffusori - dovrà utilizzare uno stadio di amplificazione/attenuazione esterno. è quello che abbiamo fatto noi per provarlo. Uscendo con cavi XLR di qualità verso l'amplificatore a valvole Stax con cui alimentiamo di solito le HIFIMAN Jade II cuffie elettrostatiche dal suono chiaro e dettagliato (quelle che abbiamo in testa in questo momento). In questo modo il segnale - immaginiamo a 5 Volt - in uscita dal EF400 verrà poi trattato dall'amplificatore e il livello del segnale in uscita verso le cuffie, regolato dall'attenuatore dell'amplificatore STAX. Se si volessero collegare dei monitor amplificati, cosa possibile ma scomoda, sarà necessario regolare il volume direttamente dai monitor (che normalmente hanno la manopola dietro, impossibile da raggiungere e da vedere ...). Anticipavamo che nel frattempo i moduli HYMALAYA sono stati aggiornati e ne esistono di due nuove versioni che equipaggiano i nuovi DAC che intanto sono stati presentati da HIFIMAN. Come segno di attenzione per i propri clienti, però, per l'EF400 è stato avviato un programma di aggiornamento che permette di sostituire i due convertitori originali con due delle nuove serie. i due nuovi moduli, denominati PRO e disponibili in due diverse versioni, vengono descritti da HIFIMAN come superiori ai leggendari PCM1704 sia in termini di rapporto segnale/disturbo che di distorsione. Probabilmente anche di musicalità, visto il tempo che è passato. E non potrebbe essere altrimenti. Il programma di aggiornamento : promette un notevole incremento di prestazioni in termini sonori. Con un miglioramento "drammatico" dell'esperienza di ascolto. Probabilmente - maligniamo noi - supereranno anche l'unico difetto che abbiamo riscontrato in questo DAC e di cui parleremo nella sezione di ascolto. Legato forse alla potenza degli FPGA di controllo installati nei moduli (nostra ipotesi). *** Bene, lo abbiamo visto, lo abbiamo pesato, lo abbiamo aperto. Sappiamo che offre fino a 4.4 watt di potenza sulle cuffie nelle uscite bilanciate e che ha un selettore per elevare eventualmente il guadagno di uscita. Anticipo che qui io l'ho usato esclusivamente in NOS, trovando la modalità senza oversampling la più dinamica e dettagliata. Mentre con le cuffie che ci sono in casa, non è stato necessario usare il Gain più elevato, anche qui per conservare una buona riserva dinamica. Per di più, il volume non è mai andato oltre un quarto o poco di più. Segno che la potenza c'è se le cuffie non sono di quelle impossibili. E il suono ? Sul principio suonava secco ed asciutto. Dopo due settimane in cui l'ho tenuto costantemente acceso - cosa segnalata dal led anteriore (unica spia che denota l'attività della macchina) e dal teporino a cui si porta il DAC mentre lavora, si è sciolto. E di molto, diventando dolce e pulito. La stessa identica esperienza che ho riscontrato con le DEVA PRO che all'inizio erano inascoltabili e poi nel tempo sono diventate di un chiaro e di un suadente inaspettato, quasi fossero delle ammiraglie. Segno che anche le resistenze e gli FPGA hanno un'anima e che si deve rodare per diventare ascoltabile. Consiglio - anche se l'EF400 non è un classe A - di accenderlo un pò prima di usarlo. Oppure di lasciarlo sempre acceso, tanto consuma poco. Vi ripagherà in classe e calore. Intanto che scrivo sono tornato sull'uscita cuffie dell'EF400 cui ho collegato - in bilanciato le Edition XS. Devo anticipare che gli abbinamenti non sono banali con questo amplificatore. Ho trovato non piacevolissime le Ananda Nano, per esempio, mentre splendide e calde le Sundara Closed Back. Divine, le Audivina, magistrali le Arya Organic. Ma adesso le Edition XS mi stanno piacendo ancora di più (Beethoven, 9a sinfonia, Danish National diretta da Adam Fischer). Naturalmente qui saranno i vostri gusti e le vostre orecchie a guidarvi. Ma con gli Audio-gd le Ananda mi piacciono di più delle Edition XS, qui è il contrario. *** Alcuni disco ascoltati Beethoven i concerti per pianoforte e orchestra. Giovanni Bellucci Suono del pianoforte chiaro e perfettamente posizionato su un'orchestra "leggera" ma ben dimensionata Temptation, Chantal Chamberland Bel basso profondo ma veloce, pelli frizzanti, voce suadente e caldissima di Chantal. Hadewych Van Gent, violoncello, nella sonata per viola di Rebecca Clarke alzo appena il volume perché me lo chiede la musica. Il cello è roco ma esteso fin al suo registro più acuto. Il pianoforte è in secondo piano, basso, come se stessimo seduti tra il pubblico e non sul palco. Bach, Magnificat, Rias Kammerchor Berlin e Akademie fur Alte Musik Berlin Ascolto biased perché si tratta di una delle mie composizioni preferite. L'equilibrio tra le parti è eccellente, senza che nulla turbi l'ascolto. Musica barocca dal vivo, come essere in chiesa durante l'esecuzione, nelle panche di sinistra, in quinta o sesta fila. Art+Pepper + Eleven, 1960, 192/24 classico delle mie sessioni di test, qui sono passato alle HIFIMAN Audivina, prima avevo le Edition XS. Elevata dinamica, il sax è li da qualche parte sulla sinistra ma rivolto verso destra, quando aumenta il volume si incrementa lo spazio che occupa lo strumento. Le cornette e le trombe stanno dietro Art mentre i tromboni sono a destra. Con le percussioni ovunque. Prestazione eccellente, giusto un filo monitor ma che mi convince, perché continuerei ad ascoltare il disco anziché scrivere. Mi fermo qui, era giusto per confermare l'impressione di avere un eccellente front-end al servizio di cuffie che conosco benissimo e di cui mi fido. Sinceramente io non so cosa vogliano espressioni "nero come le pece" che scrivono certi recensori. Se si riferiscono al "silenzio di fondo", credo che non esista oppure se c'è, viene creato ad arte da certi chip. Qui abbiamo un suono complessivamente da giradischi con una bella testina MC. Ma perfetto in ogni dettaglio. Davvero, non scherzo, non saprei cosa dirvi se non ne foste soddisfatti. Adesso provo ad ascoltare le Audivina con l'Audio-gd R27HE. Ok, ok, non parlo più. Non c'è confronto. Ma qui sono passato da un front-end da 3 chili e 400 euro ad uno di 29 chili e quasi 5.000 euro (ho l'interfaccia digitale in mezzo; tutto con rigenerazione di corrente). Ma, se voi non avete cuffie Top of The Line e avete un budget contenuto, sinceramente non saprei di cosa potreste lagnarvi ... di questo HIFIMAN EF400. CONCLUSIONI Pro: piccolo, compatto, ma rassicurante nella sua costruzione tradizionalmente da tavolo (devo ammettere che i nuovi modelli a sviluppo verticale non mi fanno impazzire !) realmente bilanciato suono naturale come norma per i convertitori R2R nessuna gamma in evidenza, dopo un rodaggio nemmeno troppo lungo ed avendo l'accortezza di lasciarlo scaldare prima di usarlo (o tenerlo sempre acceso) la prestazione è degna di un alto di gamma, sarà veramente difficile se non passate giornate intere ad ascoltare musica dire che potreste desiderare di meglio (ma si, sappiamo che gli appassionati sono incontentabili ed è per questo che esistono macchine di costo superiore) anche se i moduli R2R integrati sono superati dai modelli successivi, HIFIMAN ha avviato una campagna di upgrade (a pagamento) che sembra conveniente uscito a circa € 700 adesso è scontato e non è difficile trovarlo per poco più della metà : a questo prezzo è un affarone ! Contro: nell'ascolto si avvertono talvolta nei passaggi di traccia o di livello degli scrocchi che ricordano quelli dei vinili. Probabilmente un limite nel regolare livelli di segnale molto diversi. A me non da alcun fastidio ma per qualche purista potrebbe essere un problema le uscite di linea non sono controllate dall'attenuatore, sono fisse, quindi ogni dispositivo connesso suonerà al massimo se non ha un suo attenuatore l'unica entrata disponibile è quella USB. E' un precisa scelta di progetto ma a qualcuno potrebbe non bastare non c'è un display che dia le indicazioni minime di funzionamento, tipo la frequenza di campionamento del segnale o altro. L'impostazione è minimal da curare l'abbinamento con le singole cuffie, io ho trovato che per alcune il suono è eccezionalmente chiaro e piacevole, per altre "quasi" detestabile, anche se tutte HIFIMAN. Insomma, bello, ben fatto, solido, be n costruito, con un aspetto premium eppure piuttosto economico. Completo per quanto riguarda la prestazione sonora ma minimal nell'approccio - sia delle entrate che delle uscite - e nelle funzioni. Ma quello che promette lo fa : fa suonare bene le cuffie e converte il segnale digitale in un analogico ... veramente tale ! A differenza di tanti suoi colleghi Sigma-Delta fatti con lo stampino il cui suono sembra la fotocopia dell'originale. Ovviamente non si pretenderà la luna. Per quella ci sono front-end di livello adeguato alle aspettative di tutti. Ideale l'abbinamento con HIFIMAN Edition XS per chi ama la musica classica, Sundara Closed Back per chi invece preferisce jazz o musica moderna. *** Nota per gli utenti Windows. Il DAC non viene visto dal sistema se non installate prima i driver scaricabili dal sito ufficiale. operazione che porta via due minuti e poi non si deve fare più nulla. Il driver viene visto da Audirvana e dal lettore Qobuz ed è stabilissimo.
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Generalmente sconsigliamo l'utilizzo di batterie diverse dalle originali. Ne abbiamo provate in passato e alla meglio, durano meno, sono meno efficienti, hanno cicli di scarica improvvisi e sono inaffidabili. Alla peggio, non vengono riconosciute dalle nostre Nikon, oppure si gonfiano e non escono più dall'alloggiamento, salvo incorrere nel rischio di esplosione sempre dietro l'angolo con le batterie al litio. Specie sulle Nikon Z dove sono sottoposte a stress che si traduce in aumento di temperature, sia della batteria che del corpo macchina. Insomma, noi diffidiamo sempre. Ma c'è sempre l'eccezione che conferma la regola. In questo caso abbiamo una batteria che non costa 20 euro al paio con un caricatore in omaggio. Le specifiche parlano di assoluta conformità all'originale che viene citato direttamente. Il produttore non è un'oscuro cantinaro del tutto sconosciuto che esaurita la partita di batterie scompare o ricompare con un altro marchio. SmallRig si è guadagnata una gran fama di qualità. A cominciare dalla infinita sequenza di accessori metallici, veri complementi indispensabili sia per la fotografia che il video (pensiamo alle tante impugnature aggiuntive per tutte le Nikon Z, per arrivare alle cage complete a norme Nato per assicurare i tanti accessori aggiuntivi alle fotocamere senza stressarne il corpo direttamente) per arrivare adesso a luci e sistemi di alimentazione. In catalogo SmallRig adesso ha batterie da 100 Watt di grande valore, del tutto alternative alle V battery ampiamente usate nel mondo del video. E la stessa Nikon fa ricorso a SmallRig per la produzione di accessori che poi commercializza direttamente o con il proprio marchio. Come è il caso del grip per la Nikon Zf, uscito insieme alla fotocamera e perfettamente conforme. Con l'ovvio presupposto che SmallRig ha accesso diretto alle informazioni tecniche del materiale Nikon. Come deve essere per questa batteria. che viene definita comparabile con l'originale e pienamente compatibile. A partire dalle specifiche : 2400 mAH e 7.2 V che arriva in una confezione carina in cartone e una dotazione minimale : batteria e cavetto USB-C Cavetto USB-C ? E per farne che ? Già, perché non avrebbe molto senso comprare una batteria "compatibile" che costa poco meno dell'originale (intorno ai 50 euro su Amazon.it). Se non avesse una peculiarità che la rende unica e più flessibile di quella originale. Aprendo la strada all'opportunità che in futuro anche le batterie originali Nikon incorporino la furbata di questa SmallRig : La possibilità di ricarica diretta via porta USB-C Che sembrerà una banalità oggi che la ricarica USB-C è uno standard ma nelle batterie per le fotocamere non è comune, mentre lo è per le grandi batterie destinate al video. quindi la nostra EN-EL15c di SmallRig si potrà ricaricare, oltre che via caricabatterie standard (o universale), anche via porta USB-C da un alimentatore a rete, da un power-bank da 5 V 2A, da una V battery. del resto quella presina USB-C la in mezzo lo evidenzia benissimo. Perché invece, fatto salvo il piccolo led di segnalazione carica/scarica, e il colore azzurrino, è del tutto simile all'originale. come vediamo nella foto qui sopra, a sinistra la SmallRig, a destra la EN-EL15c che normalmente alimenta la nostra Nikon Z8. inserendo lo spinotto USB-C di un alimentatore Power Delivery da 145 Watt, si accende il led rosso che ne evidenzia lo stato di scarica. che naturalmente diventa verde quando la batteria è completamente carica. durante il ciclo di carica la batteria con il suo microprocessore dialoga con il sistema di ricarica. abbiamo una tensione applicata di appena più di 5 Volt e una corrente che va da 1 A a poco meno di 2, con una potenza applicata che arriva quasi a 10 watt. a ricarica completa abbiamo letto 3562 mAh assorbiti. Non ci "innamoriamo" di questo valore, apparentemente superiore al dato di targa, perché il ciclo per arrivare al 100% di carica richiede più passaggi. Annotiamo il tempo di appena più di due ore per completare la ricarica. *** Nell'uso abbiamo un riscontro positivo anche se per confermare del tutto l'esperienza serviranno, come pensiamo sia ragionevole, almeno dei mesi di continuo utilizzo. La Nikon Z8 riesce a riprendere circa due ore e mezza di video continuativo, oppure, nello stesso tempo, circa 10.000 scatti. Che è un valore in linea con quello dell'originale. In conclusione abbiamo una batteria che ha prestazioni in linea con le nostre EN-EL15c, forse leggermente più prestazionale (la Nikon promette 2280 mAh e 16 Wh, la SmallRig 2400 mAh e 17.28 Wh, ma è tutto da verificare nella pratica e nella realtà ci preme di più che sia altrettanto affidabile, piuttosto che più performante) ma che offre l'indubbia flessibilità aggiuntiva della presa di ricarica incorporata. Che ci libera definitivamente dal dover portare il caricabatterie originale Nikon con noi, potendo usare un qualsiasi alimentatore USB-C, come quello dello smartphone ma, soprattutto, che si può ricaricare a se stante, mentre magari ricarichiamo anche, in parallelo, la batteria della Z8/Zf/Z6/Z7/Z5 oppure le due batterie del battery-grip opzionale. Il costo richiesto non è particolarmente conveniente rispetto alla Nikon ma, siamo sinceri, se lo fosse, la guarderemmo con tanto sospetto in più. Ci fermiamo qui, per il momento. Intanto cercheremo nei prossimi mesi di utilizzarla insieme alle altre Nikon che abbiamo in casa. Ne riferiremo più a lungo termine.
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Abbiamo anticipato nella carrellata sui 50mm disponibili per Nikon Z che avremmo fatto un approfondimento tra i due 50/1.8 e 50/1.4, quelli che potrebbero far nascere qualche perplessità in caso di nuovo acquisto, essendo molto diversi per destinazione e capacità, i restanti due 50/1.2 e 50/2.8 MC. Questo - al di la del titolo ad effetto - non sarà un confronto scientifico ma un discorso fotografico. Che non può che partire dalle fotografie riprese dal vero con i due obiettivi. Ma prima rivediamoli bene insieme e da vicino. Simili nelle dimensioni e nella fattura, condividono più cose di quanto sembri. Dimensioni, diametri, pesi sono poco differenti come il passo filtri, identico i paraluce sono molto simili ma di differente modello. Quello del 50/1.4 è lo stesso di quello del recente 35/1.4. Sul paraluce del 50/1.8 S c'è scritto su quale obiettivo va montato. Mentre sul 50/1.4 stesso c'è in dettaglio l'indicazione del suo paraluce andando alle specifiche il diaframma è a 9 lamelle per ognuno, il 50/1.4 mette a fuoco da tre centimetri più vicino, il peso differisce di 5 grammi, la lunghezza è uguale, il diametro 1.5 mm inferiore nel più luminoso. Abbiamo già visto i grafici MTF che al di là delle differenti aperture a cui sono stati costruiti, già ci dicono molto. E le osservazioni confermeranno nei fatti le previsioni. Lo schema ottico è molto diverso. Sono due obiettivi nella realtà differenti che nascono per assolvere compiti diversi e con compromessi produttivi e di scelta dei materiali che sono figli del progetto. La rinuncia all'ipercorrezione ottica dei Nikkor Z di serie S (costituita qui nel 50/1.8 S da due lenti ED e due asferiche contro una sola asferica e posta prima dei due gruppi finali nel 50/1.4) ha permesso di guadagnare quei due terzi di stop di luminosità massima senza modificare dimensioni e peso. Anzi, facendo risparmiare qualche cosa (complice la produzione di massa in Cina) in termini di costo di acquisto. Visto il quadro generale, andiamo agli scatti che vi preghiamo di accogliere con indulgenza. Non è questo un campo in cui ci piace indugiare e non vorremmo passare per asseveranti. I nostri giudizi sono qui posti per indirizzare le vostre osservazioni. Poi ognuno si farà la propria opinione personale come è giusto che sia. Suggeriamo di guardare a monitor le immagini che seguono ingrandendole. Sono screenshot in formato 4K direttamente da Lightroom; osservarle su cellulare ci sembrerebbe una pura perdita di tempo cominciamo con l'aberrazione cromatica assiale o sferocromatismo, la cosa più semplice da osservare. Nonostante la correzione automatica e comunque a mente la differente apertura, è evidente quanto sia più corretto il 50/1.8 S. Il difetto è ancora presente ma decisamente meno invadente che nel 50/1.4. La stessa cosa si potrà osservare a livello di aberrazione cromatica laterale nelle fotografie nelle zone a forte mutazione di luminosità. Ma è già presente qui se osserviamo, in verticale, la costina nera alla destra del righello. Qui non abbiamo pareti di mattoni ma non ci mancano altre possibilità di riferimento innanzitutto annotiamo come l'immagine ripresa dal 50/1.4 a parità di punto di ripresa e di fotocamera, sia leggerissimamente più ampia. In effetti i due obiettivi non hanno la stessa focale ma questa differisce di qualche cosa. Apparentemente il 50/1.8 S sembra nella realtà un "52mm" o qualche cosa del genere. Vediamo la vignettatura in queste due immagini, nonostante sia attiva la correzione automatica. L'abbiamo esagerata in questo confronto la differenza non è esagerata ma la parte nera degli angoli nel 50/1.4 è molto più immanente. Questo chiaramente si riflette nella qualità dell'immagine ai bordi e agli angoli. qui vediamo il centro immagine ed abbiamo la conferma di come i due frammenti - stesso ingrandimento - non siano sovrapponibili. La nitidezza è buona in entrambe le due foto ma quella del 50/1.8 S è percettibilmente appena migliore. diversamente dall'angolo destro in alto, dove la nitidezza del 50/1.4 cala in modo più evidente. Anche qui notiamo come il campo di ripresa del 50/1.4 sia più ampio con più dettagli presenti dell'altro. Sono osservazione che trovano conferma anche in altre situazioni, come questa, in interni a 3200 ISO e in luce artificiale. se guardate il quadro a destra, manca una sottile fettina che invece è presente nella foto si sinistra. l'oggetto a fuoco qui viene reso in modo abbastanza simile a distanza ravvicinata lo sfuocato alla sua sinistra a fuoco su un soggetto all'estremità sinistra e un dettaglio di una scritta in campo medio. Il dettaglio dei caratteri nella foto del 50/1.8 S è percettibilmente migliore. Ma in generale ci sembrano diversi proprio il modo di rendere le immagini mentre sfuocano chiaramente chiudendo i diaframmi le cose si assimileranno, per quanto possibile. Ma chi compra un luminoso lo fa nella pretesa di usarlo a tutta apertura. Altrimenti ci sono gli zoom, no ? In esterni noi continuiamo a percepire maggiore nitidezza in campo vicino nel 50/1.8 ma è nello sfuocato che le cose cambiano guardate tutti i punti luce come sono differenti, sia per dimensione che per sovrapposizione. Sembra due scene diverse eppure sono riprese a pochi secondi di distanza e con cielo limpido. due video per mostrare l'autofocus in azione Nikkor Z 50/1.4 Z63_6523.MP4 Nikkor Z 50/1.8 S Z63_6522.MP4 Nikkor Z 50/1.4 Z63_6530.MP4 Nikkor Z 50/1.8 S Z63_6531.MP4 Bene, pensiamo di aver messo abbastanza immagini di confronto, potremmo continuare (coma, notturno, flare, riflessi in controluce) ma forse apparirebbe stucchevole. Almeno per noi che abbiamo già un quadro complessivo sufficiente del carattere dei due obiettivi. CONCLUSIONI Simili nelle dimensioni e nel peso, ci sembra che nascano da matite diverse e con diversi fotografi in mente. Clinico e preciso - nel quadro di un obiettivo compatto e di costo accettabile, per avere di meglio c'è sempre il 50/1.2 S - il 50/1.8 S mostra migliore nitidezza sempre, maggiore tenuta ai riflessi, migliore gestione della vignettatura, aberrazione cromatica "quasi" trascurabile. E' leggerissimente più teleobiettivo dell'altro e mette a fuoco da qualche cm di distanza in più. Più gentile col soggetto e con una resa dei punti luce nello sfuocato "magica" rispetto a quella un pò geometrica del 50/1.8 S, mostra invece la corda per le altre qualità, il nuovo 50/1.4. Che nell'uso nel ritratto ci ha ispirato di più, permettendoci foto interessanti sul piano artistico senza aver dovuto scomodare il galattico 50/1.2 S. In termini di nitidezza, anche se prende la paga dagli altri Nikkor Z da 50mm, il 50/1.4 è comunque grandemente meglio dei vecchi Nikkor F che a tutta apertura erano inutilizzabili. In sintesi, per fotografia generale, riprese che richiedono qualità e precisione, riproduzioni in poca luce, fotografia ravvicinata, per magnificare le qualità di Z7/Z8/Z9, sceglieremmo il 50/1.8 S. Per fotografia artistica, ritratto, fotografia di strada e "pittorica", poca luce disponibile, invece preferiremmo, come preferiamo, ogni giorno il 50/1.4 Che in più offre l'impagabile qualità di concedere uno 0,66 EV di luce in più, gratis, senza dover aumentare l'amplificazione della fotocamera. Risparmiando qualche euro.
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Generalmente uso obiettivi Nikkor Z sulla Zf. Magari non proprio quelli più enormi, se possibile i suoi due Special Edition e qualcuno di quelli più compatti. Oppure il Viltrox 20/2.8. Ma la Zf si accoppia esteticamente meglio con obiettivi più eleganti se non proprio d'epoca. Il guaio è che quelli con attacco Z sono pochi e costosissimi. Impensabile per me acquistarli solo per l'estetica (penso, ad esempio, agli ultimi Voigtlander). Ecco che mi viene in aiuto un cinese che ho in casa, che pur con attacco Leica M ha in dotazione un adattatore che non è un pugno in un occhio come il Nikon FTZ o i tanti cinesi K&F. Il TTArtisan è discreto ed ha un bel profilo conico che si accoppia con l'obiettivo dello stesso marchio, il 50/0.95 concepito come alternativa economica (seppur con prestazioni molto lontane) al Noctilux di Leica. Intendiamoci bene : con il Noct Nikkor Z 58/0.95 non ha alcuna attinenza ... é tutto metallo e vetro, lega leggera, alluminio e ottone. Niente plastica. La sensazione tattile è sontuosa, la presa in mano solida, l'impressione ricorda più quella di essere in presenza di una Lagonda V12 anziché un obiettivo dei nostri tempi. Come vorremmo che fossero gli obiettivi pensati per la Nikon Zf. A parte una distanza minima di messa a fuoco un pò esagerata per un "normale" (70 cm !) e più vicina a quella di un 85mm, risulta anche divertente da utilizzare, quando ci si vuole divertire a fotografare per svago. ha il grande pregio di "vederci" letteralmente "al buio" e di poter scattare proprio con un filo di luce o in penombra. E con lo stabilizzatore della Zf (qui tarato per un 50/1.2) ci va a nozze per non dimenticare tutte le facilitazioni alla messa a fuoco manuale uniche della Nikon Zf. Infine, l'anello di messa a fuoco è molto solido e la corsa adeguata, permettono di riuscire a fare cose difficili anche con una profondità di campo così ridotta. Qui è usato esclusivamente ad f/0.95 come è prescritto nel contratto di vendita originale quindi posso mettere a fuoco sull'occhio vigile di quel pelandrone di George oppure di Isabella, quando passa a reclamare la pappa nella realtà i difetti ottici sono molti ma non tanto da rendere nulla la "magia" del campo di smaterializzazione indotto da quell'apertura ridottissima. E non ritenendo opportuno l'acquisto della meraviglie delle meraviglie Nikkor Z (non comprerei il 58/0.95 nemmeno fosse ad un quarto del prezzo di listino), mi basta così
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Chi segue queste piccole recensioni, sa che tra le HIFIMAN planari tradizionali a diaframma ovale, le mie preferite sono le Arya, anche più delle HE1000. Per quella naturalezza "umana" che hanno, pur nella chiarezza proverbiale di questo genere di cuffie ma senza gli eccessi pirotecnici della serie superiore. Le ho da anni e mi sono abituato al loro suono. L'unico difetto che ho riscontrato è una certa scarsa tenuta dei materiali usati (ho dovuto sostituire i cuscinetti perché il rivestimento si è letteralmente sbriciolato; la banda superiore è usurata; in qualche momento anche una delle due prese di segnale traballa. Insomma, non una grande resa per la somma spesa ...). Ma in quanto a piacevolezza del suono, solo le Jade II - e solo sul medio-alto - le superano, per i miei gusti. Tanto che non ho avuto grande curiosità di provare il modello aggiornato con i diaframmi alleggeriti e i magneti stealth. Invece ho avuto la possibilità, grazie ad HIFIMAN Europe che ringrazio per la grande cortesia, di usare per due mese il nuovo modello Organic. Che si caratterizza per la banda attorno ai padiglioni che ricorda il legno naturale. E per tante altre caratteristiche che adesso vedremo. Unboxing e descrizione la scatola è quella dell'ultima serie, molto economica. specifiche esibite nello sticker sulla scatola : nuovi diaframmi ultrasottili e magneti "invisibili" riportate anche sul retro della scatola Per fortuna HIFIMAN adesso si è standardizzata sugli spinotti da 3.5mm. In questo modo i cavi sono tutti intercambiabili. la dotazione è inesistente. E devo dire che per cuffie di questa fascia di prezzo trovare solo un cavetto single-ended economico è una delusione. Ma HIFIMAN sa che noi appassionati siamo ben forniti di cavi buoni. E devo ammettere che i cavi bilanciati che ci sono in dotazione negli altri modelli non mi fanno impazzire, quindi va bene così. Anche se si deve mettere in conto di spendere un altro paio di centinaia di euri per un cavo adeguato alla classe di queste cuffie. Io qui ho alternato il cavo artigianale "inglese" fattomi su misura per le mie Arya e il cavo crystal di HIFIMAN acquistato da Playstereo.com liberati dalla scatola ecco le cuffie nella doppia tonalità, nero opaco e legno tipo ciliegio. l'estetica a me sembra accattivante, giusto un filo meno austera di quella delle mie Arya originali ma non tanto più vistosa come altri modelli color panna e tabacco ... noto subito che i nuovi cuscinetti sono nettamente meglio di quelli della prima serie. A prima vista sono rassicuranti. Indossati sono comodissimi. La fascia "in legno" sembra semplice vinile. L'archetto e la banda sono identiche a quelli della prima serie. Arya Organic dettaglio dell'armatura esterna, la grigia di protezione è molto robusta, si intravvede il diaframma che ha un colore che tende al verde. ancora un dettaglio della texture similpelle dei cuscinetti, proprio belli. l'interno, anche qui dietro al tessuto protettivo, si vede l'armatura metallica a protezione del diaframma, leggerissimo ed altrettanto fragile. Il meccanismo di movimento è totale a tutto vantaggio della comodità nell'indossare. E' un dettaglio a cui si presta poca attenzione sulle prime, concentrati sulla qualità del suono. Ma sulle lunghe la differenza tra cuffie diverse sta anche nella loro indossabilità a lungo termine. l'interno dell'archetto con le tacche di blocco e l'indicazione del canale Right. Si nota anche lo snodo che libera il movimento del padiglione. Specifiche e risposta in frequenza riprendo la pagina prodotto del mio fornitore abituale Playstereo.com che riporta anche il prezzo al pubblico di 1.449 euro con IVA in Italia. risposta in frequenza delle Arya Organic misurata con miniDSP Hears a confronto con le Arya V1 qui allineate per azzerare la differenza di sensibilità. Ripeto sempre di non innamorarsi troppo della risposta delle cuffie che nel tempo tende a modificarsi. Certe asperità si smussano e certe altre si incrementano mano a mano che il diaframma matura con l'uso. Qui però possiamo annotare immediatamente due cose. Le Arya Organic hanno realmente una sensibilità superiore a parità di regolazione del volume. Merito dei nuovi magneti e dell'impedenza dimezzata di 16 Ohm. La differenza è netta e si nota in caso di commutazione "al volo" tra i due modelli : è necessario allineare il volume. E poi una impostazioni diversa sulla gamma media. Questa è effetto dell'invecchiamento delle mie Arya perché all'inizio il medio non era così lineare. Comunque ci sono 4-5 dB di differenza nella gamma critica che va da 1.000 ai 2000 Hz. E' una gamma in cui ci sta la voce umana, specie quella femminile, e il violino. E poi le Arya Organic hanno acuti più frizzanti e un corpo più rotondo sul medio-basso. Segue con le impressioni di ascolto e le differenze con il modello precedente Le Arya Stealth pesano 440 g, però la pressione è perfettamente distribuita, i padiglioni sono morbidi e perfettamente sigillanti (pelle e poliestere, non in velluto); la forma asimmetrica dei padiglioni auricolari, rende l'utilizzo di queste cuffie una vera gioia. Anche per lunghe o lunghissime sessioni di ascolto. L'aspetto, come detto, non ha nulla di nuovo rispetto ai modelli precedenti, a parte il finto legno. Insomma, una sensazione rassicurante. Nell'ascolto, confermano l'impostazione tipica di questo modello. Musicale, pulito, trasparente. Il basso ha un buon corpo e una completa estensione, ma è leggero, tipicamente planare. Nitide e risolute, perfette per la musica da camera, il violino, la voce femminile. Sicuramente il medio e il medio alto sono avanti, mentre il basso è indietro anche se c'è ed è profondo. Ma, appunto, è leggero. Ma c'è più energia e meno secchezza rispetto all'assoluta neutralità del suono delle prime Arya. Gli alti e gli altissimi sono frizzanti. Non esagerati come quelli delle HE1000 ma sono certamente molto evidenti. Con il rodaggio un pò questa cosa si stempera. Ho l'esperienza delle prime Arya e sono sicuro che tra un anno le mie sensazioni saranno differenti. Insomma, al momento non sono certamente morbidi gli alti di queste cuffie (per niente !) ma non sono nemmeno aggressivi. L'impressione complessiva è di un ascolto in primissimo piano, dalla prima fila della platea, potendo quasi toccare il primo violino. C'è un dettaglio elevatissimo - caratteristica primaria di queste cuffie - con una resa che nell'insieme beneficia di un basso corposo e di un estremo acuto rifinitissimo. Il medio è un pò colorato - in senso positivo - e questo finisce col caratterizzare le voci. Il palcoscenico è buono ma comunque suonano in testa, proprio per questo iperdettaglio e questa nitidezza esasperata. Probabilmente è il compromesso scelto, per mantenerle nella tradizione di questo modello. Per allargare la scena e dare più profondità probabilmente si sarebbe dovuto scegliere di allontanare gli strumenti e perdere così tutti questi dettagli. Se il master è eccellente, non si perde una nota. In questo momento sto ascoltando Janine Jansen nel primo di Prokofiev e la sento qui nella mia testa ! Ma è impossibile perdersi una nota, uno squillo, una acciaccatura. Nonostante la sensibilità sia molto alta, tendo a tenere il volume alto. Magdalena Kozena ha registrato un disco molto intimo di canzoni slave con il marito Sir Simon alla testa della Czech. La sua voce in genere un pò critica qui è morbida e naturale ma un pò esile. Anche il violoncello della Kobekina suona in avanti, bello insieme alle nacchere. Del pianoforte (in questo caso il duo Trifonov + Babayan) si sente letteralmente ogni corda. Ma è un suono leggero, cantato, musicale. Le mani di Lugansky che articola la marcia funebre di Sigfrido ci sono tutte, e in primo piano. Andando a generi moderni, Amelia, con Joni MItchell accompagnata da Herbie Hancock è di rara bellezza e conferma la musicalità di queste cuffie. Anche il jazz svedese che sto ascoltando mentre faccio questi test di cuffie si conferma interessante, anche se l'estremo basso - estesissimo - è meno coinvolgente che con le HIFIMAN chiuse. Nel confronto con le Arya V1 che vi risparmio nel dettaglio, io trovo che le Organic siano complessivamente più musicali, più emozionanti, più coinvolgenti. Dove le V1 sono più neutrali, più terse, più radiografanti ma meno dettagliate e ipernitide. Con le Organic l'ascolto diventa un viaggio tra sonorità ricche e interessanti. Rendendo le V1 in un certo qual modo più "noioso", meno accattivanti. Ma più accurate nell'immagine complessiva. In sintesi, strumenti di indagine le Organic, musicalmente meno frizzanti ma più naturali e rilassanti le Arya. Che poi è l'impressione che ho in tutti i confronti con i modelli più recenti. Come se in HIFIMAN avessero voluto aggiungere un pò di pepe ad una prestazione che è eccellente ma a tratti monotona. Continuo a pensare che le Arya, in generale, non sia adatte al rock più energetico. Non perché non ne valorizzino il contenuto, al contrario. Ma l'analiticità e la trasparenza elevata portano a sottovalutare di molto l'impatto che si stempera di fronte a tutto quel dettaglio strumentale con tutto davanti e in primo piano. Ascoltare il rock o l'heavy in mezzo ai musicisti ? Grazie, no, meglio stare in mezzo al Takacs Quartet che accenna Schubert con il suo suono particolare. Quindi, concludendo ? Sono sempre le Arya, queste Organic. Non so dire se mi piacciano di più delle V1, a tratti si, perché sono più coinvolgenti senza usare trucchi speciali. Il basso è più pieno, potente e profondo, aiutato particolarmente da un medio-basso più dinamico. La sensibilità superiore aiuta certamente. Il senso di leggerezza dei nuovi diaframmi si sente tutto. La differenza di dettaglio è tutta a favore delle Organic che somigliano in questo alle HE1000 SE. Ma le Arya V1 restano naturali come delle elettrostatiche e per questo le amerò sempre. Comunque sia, promosse ad ammiraglie di casa, queste Organic, con l'unico caveat dato dalla scarsa dotazione per cuffie che costano una cifra iperbolica (€1449 non sono noccioline) senza un cavo bilanciato anche basico. Serve un front-end elevato per godersele, forse sarebbero aiutate da un DAC Sigma-Delta, non ho provato. Lo farò. Con i miei diffusori planari ho definitivamente reintegrato il vecchio ES9018 dell'Audio-GD NFB 7. Ma il dettaglio e l'analiticità di queste cuffie al medio e all'alta richiedono la chiarezza e la trasparenza di un R2R. E purtroppo non c'è compromesso possibile al riguardo. Giudizio complessivo PRO: simile nell'aspetto alle Arya precedenti, tranne la banda in simil-legno costruttivamente alcuni particolari sembrano di qualità nettamente superiore a quelli delle Arya V1 impedenza dimezzata a 16 Ohm e sensibilità conseguentemente aumentata in teoria si possono pilotare "con un filo di gas" e con qualsiasi dispositivo; io però raccomando di avere il miglior front-end a disposizione (DAC+AMPLI+SORGENTE) e con una buona riserva di potenza più coinvolgenti ed emozionanti delle Arya V1, sia per intonazione che per effetto del nuovo diaframma e dei magneti stealth. il suono sembra una sintesi tra le Arya e le HE1000 buona in tutte le caratteristiche, suono naturale con solo il medio un pò colorato; assenza di distorsione; dettaglio molto elevato ma non iperanalitico; palcoscenico abbastanza ampio comode come un guanto alle orecchie e in testa CONTRO: un pò meno naturali e rilassanti rispetto alle Arya V1 che però al confronto alla lunga sembrano "noiose" basso profondo e più potente di quello delle Arya V1 ma sempre con una risposta da planare necessitano di un front-end adeguato; non sono cuffie da telefonino o da DAP in single end per un apparecchio da €1500 la dotazione è insufficiente; un cavo bilanciato è d'obbligo tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audrivana come player cavo crystal HIFIMAN confronto HIFIMAN Arya V1 con cavo artigianale inglese dischi ascoltati :
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Lexar Professional CFexpress Silver 4.0 da 1 TB
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Abbiamo testato dovendo alla fine esprimere un giudizio negativo sul piano prestazionale, le prime schede con standard CF 4.0 qualche mese fa. Ne potete leggere -> QUI <- Singolarmente dopo i nostri test ProGrade ha declassato le prestazioni indicate in scrittura per quelle schede, mantenendole sul mercato a quel prezzo aggressivo. Ci incuriosiva però verificare anche da parte del nostro fornitore principale lo stato dell'arte del nuovo standard. Lexar ha presentato ad inizio anno al CES di Las Vegas la sua nuova linea ma l'ha realmente immessa sul mercato solo adesso. Abbiamo approfittato della prima offerta su Amazon di un venditore di Hong Kong per comprarne un esemplare da 1 TB. Si tratta di una scheda della linea Silver. Sappiamo che Lexar propone le sue schede in tre linee differenti caratterizzate da prezzi e prestazioni calanti. Abbiamo le alto di gamma, le Diamond, poi le Gold e infine le Silver. Le Diamond sono quelle più veloci, le Gold quelle con i tagli più grandi, le Silver quelle a più buon mercato. L'operazione viene ripetuta anche con le schede CFexpress di tipo B in standard 4.0. Secondo la CFA, queste schede sono allineate al protocollo PCIExpress 4, potendo usare con due lane di comunicazione, una banda passante teorica massima fino a 4 Gigabyte al secondo. Il protocollo è stato annunciato solo a fine 2023. ProGrade è stata la prima a muoversi mentre Lexar ha solo annunciato la nuova generazione che giunge sul mercato adesso. Si tratta di potenzialità veramente elevate che difficilmente un fotografo potrà apprezzare concretamente nella realtà e che vanno più che altro incontro alle esigenze del video RAW ad altissime prestazioni, dove i flussi per i formati più densi, richiedono velocità di scrittura sostenuta minima di alto livello. La confezione è la solita sul retro riporta anche scritte in italiano, segno che è allineata alle esigenze del nostro mercato il marchio evidenzia la produzione a Taiwan. Longsys, la società che c'è dietro il marchio assicura che a prescindere dal luogo di produzione, i componenti sono suoi. Un segno ulteriore segno della vicinanza tra Cina e la provincia ribelle dove si producono il grosso dei microchip mondiali. la scheda è protetta dal solito blister e una volta liberata si differenzia dalle altre Silver solo per il fatto che reca la scritta 4 e velocità di scrittura e lettura più elevate del solito. Si tratta di velocità massime ("fino a") con un'indicazione di velocità di scrittura sostenuta massima di 2600 megabyte al secondo. Nel solito ambiente di test (una workstation che sfrutta porte USB-C in standard 4.0, lettore ProGrade dedicato alle CF 4.0 con cavetto USB-C 4.0 certificato) abbiamo riscontrato effettivamente velocità molto elevate non del tutto allineate ai valori dichiarati che restano probabilmente irraggiungibili in condizioni operative ma comunque, molto, molto elevate. Possiamo immaginare che le Diamond offrano prestazioni superiori. Ma non possiamo dire di quanto nella realtà. il test di BlackMagic mostra capacità di scrittura inferiori ma comunque adeguate a sopportare non il formato 8K RAW ma addirittura il 12K. In condizioni da fotografo comune, e pur a mente che le prestazioni possono variare per un milione di motivi diversi (stato del disco principale, stato del buffer, congestione della memoria etc.), abbiamo verificato che la copia di 100 gigabyte di RAW della Z8 avviene alle velocità maggiori che abbiamo riscontrato sinora Lettura scrittura con tempi di realizzo che si valutano in secondi, non minuti. Le temperature pur a fronte di centinaia di gigabyte di creazione file si mantengono entro livelli accettabili anche se al tatto abbiamo riscontrato la solita generazione di calore. L'inserimento della scheda nella nostra Z9 è avvenuta normalmente, mentre sulle prime è stato complicato estrarla. Forzando è uscita e poi non ci sono più stati problemi nel reintrodurla e nell'estrarla. Nell'uso pratico non abbiamo riscontrato problemi. La Z9 la vede perfettamente, non è necessario formattarla. E viene scritta regolarmente. Crediamo che questa scheda abbia prestazioni ampiamente superiori alle capacità delle Z9/Z8, che lo ricordiamo, sono state concepite per lo standard 2.0 ed utilizzano un solo canale di comunicazione. E' stato riportato che al CP+ di Yokohama, Lexar e ProGrade hanno anticipato di essere in contatto con Nikon per lo sviluppo del protocollo sulla prossima generazione di Z9 che ci attendiamo possa uscire sul mercato tra un anno o poco più. Probabilmente quella macchina - che porterà raffiche in RAW da 30 o 60 se non più fotogrammi al secondo, avrà anche formati video ancora più pressanti degli attuali. Per tacere delle esigenze delle RED DIGITAL della fascia più alta. Per cui pensiamo sia giudizioso considerare queste nuove schede come opportunità in prospettiva. Nel complesso non abbiamo nulla di negativo da segnalare su questa scheda che da oggi viene immessa nel normale ciclo produttivo insieme alle altre.- 5 comments
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Lui è più giovane di me ma si porta 12 chili di zaino e di attrezzature. Io 1600 grammi. Con lo stesso accredito per stare a bordo pista e non in tribuna, dite che io farei foto peggiori di lui con il mio 28-400 ? A suo tempo le mie foto erano indistinguibili da quelle dei professionisti, dalle stesse piazzole, qualsiasi cosa usassi ... Una volta, tanti anni fa, anche io andavo in autodromo con due corpi professionali, il 70-200/2.8 e un superteleobiettivo. E' stata la volta del 400/2.8 VR, poi del 500/4, qualche volta, anche il 600/4. Mi caricavo come un asino, facevo un sacco di chilometri. Ero orgoglioso di me e del mio corredo. Poi cercavo di fare foto dinamiche, di auto non congelate, anche quando le avevo di fronte. Con il diaframma chiuso e tempi non troppo veloci. Ma dopo qualche bel primo piano del muso, finivo per divertirmi di più a fare i panning. Cercando di andare a tempi sempre più lenti fino ad 1/30'' e anche meno. Con il risultato che il diaframma si chiudeva a livelli ben distanti dalla luminosità massima di quei capolavori dell'ottica giapponese. Ben dentro il limiti dove la diffrazione interviene a distruggere la nitidezza dello scatto. Già minata dall'aria piena di gas di scarico, calda e spesso con una grande dose di umidità. Ma soprattutto il mio bel super-tele fisso, finiva per restare la gran parte del tempo nello zaino. Nel tempo poi, perdendo l'accredito per le complessità di accesso e le normative di sicurezza ed aumentando le distanze, si è ulteriormente ridotta la necessità di prestazione assoluta. Obbligandomi a situazioni in cui di certo la massima qualità di immagine è l'ultima delle possibilità umanamente raggiungibili. Dietro la rete, da 30 metri. Cose così. A quale scopo, quindi, impiegare ottiche di quella portata ? Già non mi spiego i professionisti che le dispiegano ancora. E infatti, vedo più spesso Z9 accoppiate con 100-400 o 400/4.5, al posto di 70-200/2.8 e 400/2.8. Che secondo me è già troppo, anche se hai l'accredito e sei vicino al soggetto. Perché conta di più il gesto fotografico e la profondità di campo, alla ricerca della leggibilità di scritte e sponsor che la nitidezza ad f/2.8 *** Oggi sono passato senza troppi patemi d'animo dalle soluzioni reflex a quelle mirrorless. Mi fido al 100% del riconoscimento automatico dei veicoli (AREA AUTO AF), che beccano il fuoco anche oltre la rete in uscita dai box o nel rettifilo. Per lo più ho scattato negli ultimi anni con Z9 e 100-400, per centinaia di migliaia di scatti. Mai rimpiangendo il mio 400/2.8 ceduto da un pezzo. Ma mi sono chiesto se, in pieno sole, a 1/30'', anche il 100-400 non sia sin troppo. Tanto sono buone le capacità di risolvenza delle ottiche di oggi giorno, anche quelle scarse. E poi, ad f/32, che differenza farebbe ? So di far sollevare più di un sopracciglio ma l'anno scorso ho fotografato spesso in autodromo con il 24-200. E in quest'ultimo periodo l'ho fatto con il suo sostituto, il 28-400/4-8. Senza vergognarmi nemmeno un pò. la Z8 con il 28-400. Un chilo e mezzo, basta una tracolla leggera, non da nemmeno nell'occhio, nessuno si spaventa e nessun malintenzionato vi "punta.". Si, lo so, ne convengo. E' buio come la pece. Ma se la luce è schifosa, in generale le foto verranno schifose, quale che sia l'obiettivo. Anzi, l'aria sarà ancora più schifosa e tale da rendere le foto ancora più inutili. Quindi perchè schifare un obiettivo buio, quando usato a diaframma medio, in pieno sole ? Con la Z8 ci va a nozze, sta in una borsetta, va bene per fare anche il reportage della corsa senza bisogno di cambiare obiettivo. Lo sforzo di portarselo dietro è tale che, se non fosse per gli sterrati, ci andrei in bermuda e ciabatte da camera. Oltre i 200mm cede di nitidezza. Ok, ma è dove io scatto a tempi lenti e filando le auto. Mentre alle focali più corte, la nitidezza è più che sufficiente. questi scatti a 66mm non fanno rimpiangere un 70-200/2.8. Sono ad f/8. Non avrei aperto di più con il 70-200. Che di contro a 66mm e sotto non ci va ... come non va per fare queste panoramiche, alla focale che più mi serve al momento. Senza dover avere un secondo o un terzo corpo con me, con montato magari un 24-120/4. Se serve chiudo : magari con un colpo di flash e a tempi lenti va come deve andare, se il manico c'è Lo vogliamo congelare ? Se c'è luce si può fare e la nitidezza è più che adeguata per questa Mustang. Si potrebbe fare di meglio ma non stiamo cercando finezze. Ovviamente chi va in cerca dell'Araba Fenice presente in tre esemplari nei luoghi più inospitali dell'Eurasia e raggiungibile solo dopo marce per valli e clivi impervi di 60 miglia in solitario, di quelle che solo i veri uomini affrontano per poi fare lo scatto, unico, raro di cui andare veramente fieri, si doterà anche del 600/4 TC che useranno solo al suo massimo. Ma un sorpasso in rettifilo filato ad 1/125'' non sarebbe possibile con quell'obiettivo : che non potrebbe prendere a meno di 100mm l'ingresso di questa Aston Martin ai box dopo una decelerazione bruciante da 300 a 80 Km/h in pochi metri né pizzicare questa 911 GT in staccata alla Prima Variante E in generale, seguire ogni tipo di azione, anche la più varia, senza in alcun modo pesare nelle mani, nella borsa, sulle spalle del fotografo che non professa l'ascesi e l'estati della fatica fotografica, ma si diverte a fotografare le cose che lo entusiasmano. Come queste belle GT: o queste esotiche muscle cars a meno di 1/30'' che siano F2 o F1 storiche ma anche F1 impegnate nel campionato 2024 poco importa. Le F2 sputano fuoco in staccata, l'avevate mai notato in TV ? Io l'ho scoperto facendo loro il panning attraverso la rete alla Prima Variante Un dettaglio, eccolo : l'auto in movimento ? Eccola la tifosa di Lew Hamilton ? Eccola l'argentino con l'inglesina ? Eccolo qua al suo debutto il proprietario della texana che orgogliosamente ne lucida il cofano ? Eccolo la vecchia Lotus di Jackie Hicks ? I commissari che puliscono dal ghiaietto la variante ? Basta accorciare al massimo la focale. Un obiettivo solo, good enough ! E un secondo dopo, ecco di nuovo un panning in circostanze varie senza farsi scappare nessuna occasione fuoco sicuro dietro alla rete. Dieci anni fa avrei dato del matto a chi me lo avrebbe detto. Oggi non ci penso nemmeno, è automatico ! Sir Lewis Hamilton l'anno prossimo avrà una rossa : con cosa lo fotograferò io ? E la tifosa Ferrari in tribuna. Panoramica del campo volo di Rivanazzano prima dell'inizio delle gare. Lei con il cellulare, io con il 28-400 Ancora Charles Leclerc che prova le sue carte per la sua storica seconda vittoria a Monza ammirato a vista da un'altra tifosa Insomma, la faccio breve, che le foto qualche cosa dovrebbero dire. Questo genere di foto non richiede sto granché di livello ottico. Il 28-400 è sufficientemente nitido alle focali più corte quando si fotografa con la pretesa che tutto sia bello pulito. Quando i tempi, l'aria, le condizioni di scatto oramai sono quelle che sono, non fa differenza se abbiamo un'ottica da 17.500 euro o una da 1.500. Good Enough. Ma che belle queste Nikon Z ! Ammettendo in tutta sincerità che, ovviamente, con un obiettivo più importante e con la Z9 mi esalto di più, la questione di fondo era piuttosto se questo genere di foto si può fare anche con un obiettivo generalista come il super-zoom dei super-zoom. Un obiettivo che fa schifare i più e che io stesso non avrei nemmeno nominato ai tempi delle reflex. Oggi si può fare. I motori sono sufficienti, la qualità di immagine quella che serve per fare foto così che al massimo saranno ingrandite in A4 o in A3, per lo più delle volte si fermeranno in formato web. Ma più che sufficienti per qualsiasi scopo anche professionale. Se posso trovare dei difetti, sono due. L'obiettivo è un pò leggerino e sento che mi balla in verticale, cosa che riduce la percentuale di foto buone, rispetto a quelle riprese con quel campione di equilibrio che è il Nikkor Z 100-400 (l'obiettivo che ovviamente continuo a consigliare per chi fa di questo genere il suo principale). Il VR, in Sport fa un pò ballare gli occhi a mirino. Il prezzo è sconsiderato per un obiettivo del genere. Ma si sa che questo non è un problema, dato che Nikon ha bisogno di fatturare e quindi poi, è disposta a scontare ... Diciamo poi che con la Z6 III il 28-400 sarebbe anche meglio assortito. E che con questo "combo" come dicono quelli che vivono di recensioni, mi sentirei a mio agio anche a fotografare jet. Che per lo più delle volte, volano in aria ancora più sporca e ancora più pregna di umidità e pulviscolo o calore, per non parlare del kerosene incombusto presente in aria, delle auto in autodromo.
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Nikon Monarch M7 è sinonimo di qualità. I modelli M7 (8x e 10x, con obiettivi da 30 e da 42mm) rappresentano il top di gamma. Hanno carrozzeria in metallo rivestita di gomma goffrata, lenti ED, impermeabilizzazione a tenuta stagna e trattamento antiriflesso integrale. Soprattutto sono caratterizzati da un ampio campo visivo che consente una visione chiara e ampia, quasi "grandangolare". il modello oggetto di questa prova è quello intermedio, l'8x42. Qui rappresentato dietro al mio Prostaff 7s 8x30 per evidenziarne ingombro e volume differente. L'oculare destro incorpora la correzione diottrica che presenta un blocco per evitare spostamento dopo la regolazione. I due paraluce sono ampi e comodi. La visione con gli occhiali non ne risente "troppo". i copriobiettivi sono dotati di anello che si avvolge al corpo del binocolo, rendendoli difficili da perdere. Nei modelli delle altre gamme invece devono essere vincolati alla cinghia, il che a volte può essere noioso (io detesto le cinghie e mi da fastidio essere obbligato a montarle !). la sagoma aerodinamica dei due semicorpi, il ponte centrale con l'ampia ghiera di messa a fuoco copriobiettivi su e giù vista anteriore con gli oculari, ben dimensionati. si vede il trattamento antiriflesso in azione sotto a 1800 W/s di flash paraluce estratti dettaglio della ghiera di messa a fuoco, molto ben demoltiplicata. Orgogliosamente viene riportato l'angolo di campo, corrispondente ad oltre 60° di effettivo le caratteristiche tecniche : 670 grammi, 14x13 cm. Ampia distanza di accomodamento dell'occhio (i modelli più piccolo stanno sui 15mm e rendono scomodo l'uso con gli occhiali), la grande pupilla d'uscita, indice di luminosità, ma soprattutto i 145 metri di campo visivo a 1000 metri. accessori dei due modellie 8x30 e 8x42 che condividono l'impostazione COME VA SUL CAMPO splendido in ogni circostanza, sia in piena luce che all'imbrunire. Comodo da "indossare", facile da regolare sia con gli occhiali che senza. La regolazione diottrica è un pò dura ma la cosa non guasta, tanto una volta sistemata non si deve più toccare. La ghiera di messa a fuoco è ampia, a portata di dita, rapida ma soprattutto ben ferma una volta messa a punto. Complessivamente l'esperienza è ottima. Non é un peso piuma ma si tengono benissimo in mano, anche per molto tempo. Si apprezza sempre l'ampio campo di visione, se questo binocolo è usato per avvistamento, più che per osservazione. Nel caso inverso, ricordo che c'è il modello 10x che condivide tutta la struttura, tranne gli oculari. CARATTERISTICHE OTTICHE Effettivamente l'aberrazione cromatica bisogna andarsela a cercare. Nessuna vignettatura in nessun caso, anche usando - come sono costretto a fare io - gli occhiali. Un filo di distorsione geometrica a cuscinetto verso la trequarti del campo inquadrato. Ma solo se guardiamo a linee geometriche perfette. Ma soprattutto lascia sbigottiti la chiarezza di visione, la nitidezza dell'immagine a tutto campo, la capacità di separazione del primo piano dagli altri oggetti, caratteristica di tutti i binocoli Nikon, caratterizzati - tutti - da qualità analitiche elevate, che mi lasciano sempre sbigottito. Sinceramente non riesco a trovare un difetto. O forse si, il cartellino del prezzo (circa 600 euro su Amazon.it, con garanzia Nital 10 anni). è un binocolo molto elegante che, senza essere sfacciato, dice chiaramente di essere un prodotto premium, sebbene non della massima fascia di prezzo. Ma per prestazioni, per avere di più, bisogna spendere cifre a 3 zeri. E sinceramente per un 8x42 da avvistamento non saprei se sia il caso. dettaglio dell'interno con gli attacchi delle lenti la pupilla con in primo piano i riflessi delle superfici trattate - benissimo - dei prismi a tetto. altro dettaglio degli oculari finezza, no poi così necessaria in questo binocolo, l'attacco per l'adattatore da treppiedi a vite. Ma questo è un binocolo da usare a mano libera. Chiudo col raffronto dimensionale tra 8x42 e 8x30, sono due binocoli di classi diverse ma le dimensioni sono confrontabili e consentono di capire dove stia la differenza tra un 42 e un 30. Qualità che si apprezzano quando c'è meno luce, più che sulle caratteristiche generali e che hanno consentito ai progettisti Nikon di fare un binocolo luminoso, nitido, ben proporzionato. A volte troppo piccolo non è un pregio, salvo che non sia necessario avere veramente un oggetto compattissimo perché in casa si hanno già binocoli più grandi (è il mio caso, che amo i 16x e i 20x). I riflessi del flash (verdi nel Prostaff in alto, neutri nel Monarch con lenti ED) fanno chiaramente capire la diversa classe di appartenenza. Insomma, devo dare un giudizio complessivo ? Binocolo premium, di ottime caratteristiche e di qualità ottiche ben equilibrate. Farà felice ogni felice possessore. Ringraziamo Nital Spa, distributore per l'Italia di tutti i prodotti Nikon, per il prestito in visione.
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Viltrox AF 27mm f/1.2 PRO per Nikon Z
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Obiettivo di fascia decisamente alta, della linea PRO di Viltrox, pensato per le macchine APS-C e disponibile anche con attacco Z. Nonostante il prezzo contenuto, per gli standard cui ci ha abituati Nikon, è costruito tutto in metallo, ha la ghiera del diaframma perfettamente funzionale e funzionante su Z. La consistenza è concretamente solida e la presa in mano è sensazionale. solo il paraluce e il tappo sono in plastica ma anche il paraluce è di ottima fattura, come cerchiamo di evidenziare nelle fotografie. pur non compattissimo, sta perfettamente anche sulla Zfc ma in fondo sembra più adatto a corpi macchina più importanti. Infatti lo vedremmo bene - se fosse full frame - sulla Zf ma alla fine lo abbiamo usato con grande profitto sulla Z8, nonostante, come è ovvio, imposti automaticamente in formato DX. l'obiettivo ha il selettore AF/MF ed ha un bottone programmabile dall'utente. l'anello dei diaframmi è ben congegnato ed è possibile selezionare il funzionamento con o senza blocco ai singoli valori, a vantaggio di fotografi o di videografi. la qualità delle incisioni è finemente definita in bianco e riporta orgogliosamente sull'anello dei filtri ogni indicazione, compresa la dimensione del cerchio immagine di 28.4mm, più che sufficiente a coprire il formato. In effetti nelle osservazione e nelle foto scattate, non abbiamo notato l'insorgere di vignettatura, anche ad f/1.2, pur avendo a mente l'intervento della correzione automatica via software, correttamente mantenuta nell'ambiente di sviluppo Adobe. ancora un dettaglio dell'anello dei diaframmi, qui fermato ad f/1.2 Completando il discorso sugli aspetti costruttivi, abbiamo 15 lenti in 11 gruppi, una distanza minima di messa a fuoco di 28cm, il diaframma è a 11 lamelle, le dimensioni sono di 82x94mm e il peso di 605 grammi. L'obiettivo è perfettamente armonizzato con il grande attacco Z, non sembra, come nel caso di altri produttori, un adattamento di un progetto "per Sony", con l'applicazione di un elemento di raccordo. gli elementi che compongono il complesso schema ottico l'MTF ufficiale che già ad f/1.2 mostra un livello decisamente impressionante. la presa USB-C posta sulla baionetta metallica, da cui si aggiorna il firmware. Ricordiamo che Viltrox tra le società che propongono obiettivi "elettronici" compatibili è tra le più sollecite ad aggiornare il firmware dei propri prodotti, nel caso di insorgenza di inconvenienti o per migliorarne le prestazioni sul piano dell'autofocus. Andando sul piano pratico, usato sia Z8 che su Zfc non ha dato alcun problema, venendo riconosciuto come nativo dalle nostre macchine. All'apparenza e salvo misurazioni strumentali, i difetti ottici sono tutti ben corretti ed è realmente difficile evidenziarne qualcuno. Si diceva della vignettatura, ininfluente, come lo è l'aberrazione cromatica, sia assiale che laterale. La tenuta al flare è di buon livello, nonostante l'elevata apertura. Pur avendo una focale che - al di là del campo inquadrato moltiplicato per 1.5x - è quella di un 27mm, lo sfuocato è piacevole. Usato in decine di migliaia di scatti durante questi mesi, si è sempre rivelato piacevole. Nell'uso con la Zfc - che risulta leggermente sbilanciata in termini di presa in mano visto il peso di 600 grammi dell'obiettivo - si apprezza ancora di più il diaframma tradizionale regolabile tramite l'anello dedicato, ben di più del "anello programmabile" elettronico che ci offre Nikon. La meccanica è sempre vincente rispetto ai selettori by-wire. Ma è con la Nikon Z8 che l'abbiamo apprezzato veramente, offrendo uno strumento di elevata luminosità e buona correttezza geometrica, in condizioni di scarsa luce disponibile in interni. La limitazione del formato per la Z8 non è un problema, potendo comunque offrire una risoluzione residua di circa 20 megapixel, tanto quanto le nostre macchine DX. La Nikon Z8 aggiunge il sempre apprezzabile sistema di stabilizzazione on-camera, assente nelle Nikon DX. Con il 75/1.2 e il 13/1.4 compone di fatto un corredo invidiabile e definitivo, per chi se ne voglia servire in condizione di luce sfidante. Sinceramente troveremmo eccessivi questi obiettivi se usati a diaframma chiuso. Esistono soluzioni più compatte, economiche e leggere adatte per le nostre piccole Nikon DX. Se in futuro Nikon volesse avventurarsi verso una macchina DX di fascia più alta - ipotesi che vediamo sempre più remota - allora avremo già pronto un corredo di livello adeguato, senza pretenderlo da Nikon che sappiamo già, oltre all'onesto 24/1.7, non ci offrirà nulla. Aggiungiamo solo qualche scatto a testimonianza dell'uso, rimandando poi all'album dedicato (accessibile solo dagli iscritti più assidui del sito), come prova d'uso. sono scatti invariabilmente ad f/1.2, eseguiti da M&M durante l'estate o nei primi giorni di questo autunno. Complessivamente ci sentiamo di emettere un giudizio FORTEMENTE POSITIVO su questo obiettivo che, se fosse prodotto da Nikon, verrebbe proposto ad un prezzo non inferiore al triplo dei €443 euro ai cui è stato acquistato da un fornitore online internazionale, con spedizione da HK. Pro: costruzione esemplare presa in mano ed ergonomia sensazionali : sembra un obiettivo ZEISS prestazioni ottiche di livello che non stentiamo a definire eccezionali costo contenuto, semplicemente inarrivabile per Nikon perfetta compatibilità con tutte le funzioni delle Nikon Z per le quali appare come un obiettivo del tutto nativo al pari dei veri Nikkor Z perfettamente corretto a livello software con profilo incorporato dentro LR e ACR supporto da parte di Viltrox in materia di aggiornamenti firmware sfuocato interessante per la focale, merito di apertura massima eccezionale e diaframma ad 11 lamelle sul mercato non esistono proposte di questo livello a prescindere dal prezzo in formato DX, almeno per Nikon Z Contro: resta comunque un grandangolare simile per focale ad un 28mm, nonostante poi copra il campo di un 41mm circa. Non è un normale, è un grandangolare abbastanza grosso e pesante per Zfc/Z50/Z30, richiederebbe una macchina Nikon Z più "importante", oppure andrà usato su Z8 o Z7 sostanzialmente inutile se si pensa di usarlo a diaframma chiuso. Questo obiettivo costituisce un corredo sensazionale per "available light" insieme ai pari classe 13/1.4 e 75/1.2 l'assistenza e la distribuzione Viltrox sono in fase di strutturazione. Si dovrà verificarne la bontà nel malaugurato caso di malfunzionamento o guasto fisico altre fotografie : GIUDIZIO FINALE : DECISAMENTE RACCOMANDATO se vi serve un obiettivo così luminoso, altrimenti meglio optare per il più tranquillo Nikon 24/1.7- 2 comments
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SmallRig RC 100B : a grande richiesta ! [e batteria V-Mount da 99 Wh]
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Perché a grande richiesta ? Abbiamo parlato del "piccolo" SmallRig RC60B solo pochi mesi fa : si tratta di una luce di eccellenti caratteristiche sia di qualità che per quanto attiene alla portatilità/compattezza/peso contenuto. Ma ogni cosa si può perfezionare. E se nel fare ciò si riesce anche ad installare maggiore potenza, abbiamo una nuova soluzione per chi ne senta le necessità. Il nuovo SmallRig RC100B è compatibile lato accessori con il modello RC60B a cui si affianca, non lo sostituisce. Ma aggiunge funzionalità differenti che per alcuni saranno un limite ma in ambito professionale fanno la differenza. Infatti l'aumento di potenza non giunge senza un compromesso che è l'abbandono della batteria integrata. Scelta comprensibile per rendere più efficiente la ventilazione - di fatto il corpo dell'illuminatore è asservito al raffreddamento del punto luce da 100 Watt - e per garantire una capacità adeguata a fronte di tale maggiore potenza, si è rinunciato alla batteria interna. Quindi l'illuminatore deve essere alimentato esternamente. L'alimentazione può avvenire a mezzo rete elettrica, con un alimentatore adatto e opzionale, oppure tramite power-bank PD da almeno 100 watt, oppure, scelta ovvia in ambito professionale, con una batteria V-Mount, sempre diffusa nei corredi video che si innesta direttamente sul retro dell'apparecchio. Pensandoci bene, l'utilizzo "volante" che è la vocazione di questi attrezzi, non può che avvenire logicamente con una di queste batterie. Perché avere cavi volanti e prese di rete - magari dove la rete non c'è - non è pratico e toglierebbe molti dei vantaggi di queste luci compatte (se dobbiamo portare alimentatori e cavi di prolunga, allora sceglieremo un illuminatore tradizionale da 200 e più watt). Quindi idealmente RC100B + V-Mount battery è il connubio perfetto. Il tutto sta in una borsetta occupando esattamente lo stesso volume di quanto fa un RC60B con un powerbank di scorta. Con una autonomia leggermente inferiore se usiamo la piena potenza ma potendo comunque vantare una capacità di illuminazione che si avvicina a quella di due RC60B. Di qui anche il costo finale che si avvicina - corpo + batteria - a quello di due RC60B. ne esistono due versioni, una "mobile" e una standard che si differenziano per gli accessori in dotazione. Noi abbiamo optato per la standard 700 grammi in un palmo di mano per 100 Watt di potenza sono un bel biglietto da visita la garanzia di operazioni silenziose (zero decibel fino al 20% di potenza e tra 18 e 26 dB per potenze elevate sono garanzia di video indisturbati) la gamma di accessori in crescita - qui l'impugnatura con batteria in corporata che per ora non è ancora disponibile in negozio - ma soprattutto la compatibilità con quelli già disponibili per l'RC 60B, tipo riflettore, softbox, adattatori etc. l'ecosistema SmallRig in cui si inserisce l'RC 100B Ma fatte queste precisazioni, andiamo a vedere da vicino cosa e come è fatta questa nuova luce che abbiamo messo in produzione a partire da questo mese di ottobre e già vanta diversi set risolti con successo, relegando un solo RC60B al ruolo di luce d'effetto o di appoggio. la dotazione della confezione (in questa foto manca nella realtà il cavo USB-C di alimentazione, qualora disponiate di una fonte PD nel vostro corredo : perché nella confezione del RC100B non c'è) l'elegante struttura, tutta in alluminio lavorato e verniciato ad alto livello, dell'illuminatore. Ricorda sia nella sagoma che nei dettagli quella del RC60B, con un dimensionamento più generoso dei fori di dissipazione. anche i comandi e il display sono simili e funzionano allo stesso modo. Sono stati spostati sul lato - più comodi anche se la superficie è inclinata, il pulsante di accensione e gli ingressi di alimentazione. Accorgimento necessario in quanto il posteriore adesso è del tutto dedicato all'attacco a V per la batteria esterna. la parte inferiore - anche questa presenta feritoie di raffreddamento oltre alla piastra di aggancio del sostegno, ben imbullonata. Qui si vedono chiaramente il pulsante ON/OFF, l'ingresso USB-C di potenza e la presa di forza a 24 Volt per l'eventuale alimentatore dedicato opzionale (-> da acquistare a parte a circa € 50 euro, se uno ne ha bisogno per installazioni fisse o per impieghi lunghi). il posteriore con il caratteristico incavo a V per inserire l'incastro della batteria e, sotto, il pettine di aggancio dei contatti elettrici della batteria stessa qui in dettaglio. La corrente in gioco - gli Ampere - é di livello elevato, quindi il materiale qui è generosamente dimensionato. l'altro lato, dedicato alle scritte e al pulsante di sgancio della batteria il COB anteriore con la tipica finitura che accoppia led di colore diverso e che consente di avere una regolazione - fedele - della temperatura colore. Questa luce non è RGB ma forse proprio per questo ha un indice CRI e una precisione colore molto elevata. In pratica tra 4500 e 5700 K sostanzialmente corrisponde alla luce solare di mezzo giorno. Andiamo alla batteria, componente essenziale - e da comprare a parte visto che l'RC 100C non dispone di batteria integrata - per avere un sistema portatile. Qui abbiamo acquistato una SmallRig V99, una batteria che assicura potenza adeguata e ampia capacità. mentre gli altri lati sono lisci, quello sotto corrisponde esattamente al posteriore della luce. L'aggancio è sicuro, immediato e richiede un decimo di secondo. montata sul posteriore, la batteria sporge leggermente verso l'alto ma nel complesso non è enorme. Ovviamente aumenta di parecchio peso e volume del sistema. Le specifiche parlano di 11,2 x 7,2 x 5,4 cm per 600 grammi di peso. E' il modello intermedio, ne esistono da 50 e fino a 200 Wh. Ovviamente il taglio della batteria influenzerà la durata di utilizzo ma anche pesi, ingombri e costi complessivi. in questo caso il complesso risulta perfettamente equilibrato e non richiede di usare treppiedi particolari per sostenerlo. Basta lo snodo in dotazione - che è identico a quello del RC 60 B - che mantiene la stessa mobilità anche con la batteria inserita. La batteria si ricarica direttamente per la presa di forza PD in circa 2 ore e mezza. dispone di un display OLED "parlante" che da svariate indicazioni, tra cui, ovviamente, la percentuale residua di carica. che nell'illuminatore è indicata solo genericamente con la grafica. qui abbiamo il solito tester USB-C che dichiara di avere un passaggio sostenuto di circa 3 A per 20 Volt per una risultante potenza assorbita di 64 Watt circa, come disponibili dalla presa del caricabatterie che stiamo impiegando. valori che sono confermati, almeno sul piano della tensione di ingresso, dal display della batteria. Insomma non si tratta semplicemente di una batteria ma di un sistema di alimentazione (ci sono svariate prese ed uscite ed è persino presente una filettatura per avvitarla eventualmente ad un sostegno. Può essere validamente utilizzata anche per alimentare altre cose, per esempio un RC 60B, usando un morsetto da treppiedi per sostenerla sotto al dispositivo. Ma sul mercato esistono accessori di ogni tipo, vista l'ubiquità, specie in campo video professionale di questo tipo di batterie. piena carica o quasi dettaglio degli attacchi disponibili - USB-C, USB-A, bipolari. La scelta di SmallRig - che non a caso le produce - colloca quindi la soluzione a diritto in campo professionale. il cono di luce emesso a solo il 15% di potenza dall'illuminatore è notevole. Merito soprattutto del riflettore efficiente che incrementa di molto direttività ed intensità della luce sul soggetto. Chiudiamo con un confronto con il modello RC 60B che viene affiancato, non necessariamente sostituito dalla nuova luce. sagoma, ingombro e peso sono vicini. Il nuovo modello è solo di poco più grosso del precedente. Per questo motivo non capiamo la decisione - forse dettata da economia ? - di SmallRig di non consegnarlo con la stessa borsetta. Noi abbiamo impiegato pochi minuti ad adattarne uno, semplicemente ritagliandone la sagoma su quella dell'altro ottenendo così certamente una soluzione più elegante e pratica, specie quando si va da un cliente o comunque in esterni ed è decisamente unprofessional farsi vedere con una scatola di cartone ... come pretenderebbe il produttore ! la scatola in cui viene consegnato il prodotto e che dovrebbe fungere anche da contenitore sul campo, tranne che, come facciamo noi in taluni casi, non mettiate tutto alla rinfusa nella borsa fotografica. Meglio la soluzione "borsetta" o valigia rigida, facilmente adattabile se già non ne avete una. le possibilità operative "volanti" di un RC 100B con una batteria da 99Wh. Potenza e autonomia Abbiamo misurato la luce disponibile. Ad un metro con il riflettore standard abbiamo circa 16000 Lux. Un livello ottimo anche se inferiore al dato ottimistico dichiarato dal produttore. Con il guscio di silicone che ammorbidisce nettamente la luce, abbiamo un livello pari a 1800 Lux. Per confronto, il modello RC 60 B fa misurare rispettivamente 8300 e 970 Lux. Il che ci conferma quanto empiricamente avevamo ipotizzato, ovvero che il COB installato sul RC 100B emette all'incirca il doppio di potenza, siano questi 120 Watt non sapremmo dire, ma è possibile. Questo in parte spiega il fatto che la batteria da 99 Wh con la luce a piena potenza non dura un'ora ma una cinquantina di minuti. Mentre con un impiego in luce mista - ambiente più illuminatore - con livelli tra il 30 e il 50% al massimo, si riesce a lavorare anche per due o tre ore. Ognuno ha il proprio mileage al riguardo. Noi riteniamo che nel ritratto questo tipo di luce vada usata dosandone l'effetto in luce mista, quini andando ad incrementare il livello della luce naturale, per dare accento ed effetto. O in controluce ma sfruttando la luce esistente in ambiente e mai come luce unica. In quel caso la luce sarebbe troppo puntiforme e dura e richiederebbe un softbox o un altro tipo di diffusore con un abbattimento notevole della potenza disponibile. Insomma, dipende molto da cosa si deve fare e cosa si vuole ottenere. Probabilmente per still-life o macro sarebbe diverso. Ma pensiamo che anche per la macro sul campo la luce diretta in ambiente misto sia sempre preferibile. Altrimenti ci sono soluzioni più potenti - ma anche meno portatili - di questa. Il vantaggio di questo genere di luce, che accomuna RC 100B ed RC 60B, è la facilità di impiego, senza fili e con "impegno" di trasporto minimi. Ogni "complicazione" andrebbe a vantaggio di soluzioni più grandi (ci sono oramai LED di ogni potenza e flash ben più potenti ancora). Conclusioni Ci attendevamo lo stesso genere di impiego e di prestazioni già ampiamente sperimentati con il modello da 60 watt ma con una potenza doppia. E SmallRig non ci ha delusi. Non è sempre così ma quando succede è una soddisfazione. Se ci sono limiti in questa luce sono nel concetto che bisogna sposare se si vuole questo tipo di soluzione. Avendo a mente che noi abbiamo luci fino a 600 watt di ogni tipo, con modificatori adatti ad ogni scopo. Qui parliamo di luci che non possono sostituire emettitori più grandi e più potenti ma che fanno della portatilità e facilità di messa in campo e di impiego - anche in ambienti molto piccoli - la loro arma vincente. I costi non sono indifferenti ma la differenza rispetto a fotografare con la luce che c'è, rendono l'impiego - a nostro avviso - non rinunciabile, una volta che si è provato. Del resto spendiamo cifre di gran lunga superiori per borse o accessori di secondaria importanza, per non parlare di obiettivi e fotocamere. Quindi : Pro: luce potente, oltre il dato di targa (probabilmente) con indice CRI che testimonia elevata fedeltà peso, ingombro, facilità di impiego, a tutta prova costruzione esemplare, di livello decisamente elevato e professionale costo contenuto (pari a poco più del modello RC 60B, salvo scontistica, esclusa la batteria) compatibilità con gli altri accessori della stessa linea di luci batteria v-mount di impiego più professionale, rapido e sicuro rispetto alla soluzione un pò da bricoleur del RC 60B (che però dispone di batteria interna) quando se ne vuole aumentare la autonomia con un power bank appeso sul retro Contro: è consegnato in una semplice scatola di cartone che, benché bella e con una valida protezione in schiuma, è inadatta a portare la luce in location o da un cliente è consegnato del tutto privo di fonte di alimentazione : visto il livello e il tipo di luce, SmallRig evita di obbligarvi a comperare cose che potreste avere già (alimentatori adeguati e batterie V-mount adatte) o che potete scegliere in base alle vostre effettive esigenze a differenza del RC 60B non ha batteria integrata (scelta del tutto condivisibile vista la potenza e la necessità di ventilazione ma è certo un punto a favore del modello più piccolo) costo di lancio impegnativo se sommiamo il prezzo del kit (di listino 268 euro anche se già scontato del 15% a cui va aggiunta una batteria da 99 Wh che costa intorno ai 174 euro, anche se scontata anche esso). Ma - fidatevi - vi possiamo assicurare che se fate ritratto in luce ambiente in location non attrezzate e con spazi limitati, la qualità delle vostre foto crescerà così tanto che la spesa vi sembrerà indifferente, per i risultati. costo elevato dell'alimentatore opzionale da 24 volt che utilizza un connettore proprietario e quindi non è riutilizzabile per altri scopi Insomma, per noi è uno strumento già inserito in linea di produzione. Tanto che pensiamo di prendere un secondo esemplare in primavera, approfittando del naturale decremento dei prezzi.- 3 comments
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E' piccolino per gli standard Audio-gd, solo 24x30x8,5 cm per 4.5 chilogrammi di peso. Ma è un piccolo gioiello di integrazione. E' realmente bilanciato. E' realmente R2R. E' realmente tutto in classe A. Ovviamente in un telaio così piccolo non potremmo aspettarci di avere un vero DUAL MONO. L'alimentazione è unica, la scheda madre è unica e comprende tutte le sezioni, anche se la separazione è chiaramente individuabile e i due canali di uscita perfettamente simmetrici. I moduli di conversione, modello DA-7MK2 sono separati, due doppi sovrapposti e protetti dalla solita schermatura che non ho voluto smontare per le mie foto, per cui sfrutto quelle ufficiali del produttore. Sono marchiate Audio-gd per non indurre a pensare che siano prodotte fuori ed adattate. Sono tutte identiche ed accoppiate dopo misurazione. Ne abbiamo già parlato a proposito del R27HE. La rete di resistenze, doppia per ogni sezione di ogni convertitore, è controllata per maggiore precisione da un processore Xilinx che si occupa di mantenere le tolleranze di esercizio. Il segnale entra dalla sezione digitale posta alla sinistra dei moduli ed esce per i canali di amplificazione posti sotto ai moduli. Che vediamo in questa foto qui sotto, perfettamente simmetrici e totalmente a discreti in questo schema a blocchi invece ci viene evidenziato l'angolo di controllo del segnale e l'isolamento galvanico che permette di scartare le spurie in ingresso dalla porta USB. Che è la solita Amanero (solita per Audio-gd in quanto non mi pare che ci sia qualcun altro che la adotta). le alimentazioni, le stabilizzazioni e tutti i circuiti di servizio sono in classe A. Ma in una unica scheda madre, con un solo trasformatore. E' il compromesso di un progetto così compatto e così ... relativamente contenuto di prezzo (circa 900 euro di listino). Al posto della solita parete di separazione che negli apparecchi più grossi è una piastra di alluminio spessa 5mm, qui abbiamo una sottiletta di acciaio, infilata tra l'alimentazione e il resto dei circuiti. Mentre - stranamente, sul lato sinistro della macchina c'è una piastra a ridosso del fianchetto il cui scopo, se non ha motivi di equilibrio meccanico, mi sfugge. Ma vediamolo nelle mie foto del mio esemplare (comprato con i miei soldi da Magna Hifi di Amsterdam). comandi e prese di ingresso sono della stessa qualità di tutti i modelli, anche quelli superiori. Lo standard è molto elevato. la vista di insieme dell'interno con in primo piano l'alimentatore, unico per i tre circuiti il frontale è più che essenziale. La struttura è da macchina industriale. Il dispendio di materiali da ferramenta indiscutibile. il fondello è solido. Non presenta feritoie di sfiato per il calore. uno dei quattro piedini isolati di buona fattura e dimensione. Le tante viti di blocco di componenti elettronici e circuiti. la matricola e la tensione sono stati messi su un lato anzichè sopra alla presa di corrente come di solito evidentemente lo sticker non ci stava. Ingressi e uscite sono di alta qualità. Si nota la porta USB e sotto quella ottica in standard HDMI (ma non compatibile con i segnali video, ovviamente, solo audio) manca, abbastanza inspiegabilmente visto che altri produttori la mettono anche su macchine da 200 euro, un ingresso AES/EBU. Le uscite invece sono complete nei tre standard di tutte le macchine bilanciate Audio-gd. altra vista. Sotto c'è la scheda digitale, la porta USB e quella di controllo del segnale, compreso l'isolamento galvanico della stessa. L'ingresso I2S è regolato da microprocessore. La scheda di alimentazione sta sul frontale ed è unica ma comunque costruito con grande dispendio di materiali, esattamente come quelle doppie o triple dei modelli superiori. Alimenta in classe A tutte le sezione del convertitore. I due moduli doppi, in totale 8 convertitori, sono messi in sopraelevata e schermati da piastre di acciaio. Sono poste sopra i due canali analogici di uscita, totalmente a discreti. vista ravvicinata della porta USB e della logica di controllo digitale. dettaglio degli avvolgimenti del trasformatore dei cablaggi e dei transistor di potenza dell'alimentatore la schedina di controllo del display posta a ridosso del frontale il frontale, sezione pulsanti ancora un dettaglio della scheda USB di Amanero e l'FPGA Xilinx già visto negli altri DAC Audio-gd che è programmato dal costruttore allo scopo di controllare i flussi di segnale in ingresso verso i moduli di conversione Per finire le funzionalità, accessibili per i tre tastini appena sotto al display. Che è ad una sola linea e a LED a barre, come nelle calcolatrici degli anni '70. Comunica poco e per di più lampeggia le informazioni in successione (tipo frequenza di campionamento in ingresso, porta, settaggi). Abbastanza discutibile ma è una costante di tutti i prodotti del marchio. 44.1 Kilohertz. Ok. e poi ? boh ?
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SmallRig RC 60B : una luce può cambiare il tuo modo di fotografare ?
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SmallRig 60B : una luce può cambiare modo di fotografare ? La risposta breve sembra essere si. Ma al quesito risponderà M&M. Qui, intanto, una breve anteprima. Cos'è ? E' una luce COB (ovvero un LED a circuito integrato singolo) da 60 Watt con batteria integrata, ricarica via presa USB-C. Regolabile di intensità e di temperatura colore via dimmer. Dotata anche di effetti speciali per il video (tipo televisore rotto, macchina della polizia, lampo, etc.). Come è fatto ? Arriva in una bella confezione. con dentro una splendida valigetta atta a contenere tutti gli accessori. Questo è un valore perché altre luci, anche molto più costose, non ne sono dotate. E così si finisce per perdersi qualche cosa. la dotazione prevede l'illuminatore, un riflettore standard argentato, un accessorio per tenere in mano la luce (per i video "volanti") uno per avvitare l'illuminatore su uno stativo standard e un accessorio utilissimo per montare un power bank dietro alla luce stessa in modo da aumentare l'autonomia complessiva. l'illuminatore, elegante, ben rifinito, in solido metallo. Anche i comandi e i dimmer sono ben dimensionati, affidabili, solidi. La costruzione è negli standard consueti di SmallRig. Abbiamo conosciuto questo marchio per le sue costruzioni in alluminio (cage & affini per fotocamere e video). Adesso si sta allargando anche al campo illuminazione, batterie, con lo stesso standard di qualità. Ben superiore alle solite "cineserie" da quattro soldi. il pacchetto completo. Notare i due cavi, uno corto e uno lungo, per la ricarica via porta Power Delivery di un alimentatore da almeno 60 watt o un power bank da 20 volt e 3 ampere. dettaglio dell'impugnatura manuale e del raccordo snodato per lo stativo il riflettore è responsabile della resa luminosa molto elevata l'accessorio che montato posteriormente all'illuminatore fa da morsetto al power bank accessorio (non incluso nella confezione, ma va bene uno standard di quelli per ricaricare iPhone o MacBook) qui montato sul retro, uno da 100 watt, con un cavetto usb-c adatto, direttamente alla presa di alimentazione. i comandi, il MODE per gli effetti, l'INT per la potenza, il CCT per la temperatura colore il COB è puntiforme, più piccolo di quello dei LED ad alimentazione fissa. Questione di dissipazione di calore. Questa luce ha una ventolina integrata che si innesta in fase di ricarica ma raramente durante l'uso la parte inferiore dove c'è la piastra per il collegamento dello snodo dello stativo i comandi posteriori. Il tasto ECO consente di risparmiare la batteria a discapito della potenza erogata. La presa USB-C per l'alimentazione/ricarica, il tasto di accensione con il riflettore montato l'accessorio per montare il power-bank con lo snodo ripresa dei componenti altro dettaglio del posteriore con il power bank agganciato il display che indica la fase di ricarica le dimensioni sono persino inferiori a quelle di un iPhone di vecchia generazione l'eleganza del prodotto : non vi farà mai sfigurare, specie se siete milanisti. Potenza e autonomia All'atto pratico la luce è potente. Misurata con un luxmetro, ad un metro emette con il riflettore standard la stessa potenza di un Godox LA200D. Questo perché la diffusione è puntiforme e il riflettore è pensato per accrescere l'intensità in asse. Ovviamente questo è a discapito della dimensione del cono, che "vignetterà" se utilizzato a distanza ravvicinata. Ovviamente un LA200D riprende il sopravvento se usato a distanza con il suo riflettore o con un softbox grande (figuriamoci con un ombrello). Questa annotazione per capire bene per quali usi sia pensata questa luce. Foto e video in ambienti piccoli, a distanza ravvicinata, specie a potenze ridotte, dove non si rimpiange di usare la luce diretta senza softbox. Soprattutto in luce mista ambiente/artificiale. L'autonomia è buona, 45 minuti a tutta potenza con la batteria integrata. Più del doppio con un powerbank dotato. Ore di impiego a potenze marginali. Disponendo di più power-bank si può lavorare per ore e ore distanti da prese di corrente. L'RC 60B sul dispaly indica l'autonomia residua quando non è alimentato, la carica residua in % quando è in ricarica. Ovviamente il dispositivo confonde un power bank con un alimentatore, indicando che è connesso alla rete anche quando invece c'è il power bank. Ma non è un problema. In tre mesi di utilizzo e 80.000 scatti, nessun problema. Tanto che ne è stato comprato un secondo esemplare. Ma per l'esperienza d'uso lasciamo la parola a chi lo sfrutta ad ogni seduta.- 50 comments
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Lexar Professional CFExpress Silver 512GB
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Lexar è diventato il nostro fornitore di riferimento per le schede CFExpress così come lo è sempre stato per le SD e lo era per le XQD. Abbiamo provato schede di differenti produttori e nessuna delle altre ha dimostrato la stessa costanza di prestazione e di rendimento sul medio termine. Rileviamo peraltro prestazioni uniformi tra i differenti tagli di memoria, grande disponibilità di capienze e velocità, su tre linee prodotto differenti. Attendiamo con interesse la disponibilità delle nuove CF 4.0, presentate la CES di Las Vegas e non ancora immesse sul mercato ... dopo il mezzo flop delle ProGrade da noi testate qualche mese fa. Questa Lexar è della serie Silver, idealmente quella "basica" che mostra il miglior rapporto prezzo/prestazioni. Più in alto ci sono le Gold (le più capienti) e le Diamond (le più veloci). Abbiamo scelto il taglio da 512 GB per le nostre esigenze e lo proviamo oggi in vista di utilizzarlo poi con la nuova Nikon Z6 III, apparentemente ci sembra la scelta più indicata, visto che quella macchina propone file e video di dimensioni ridotte rispetto a Z8 e Z9. *** La scheda viene consegnata nella consueta confezione in cartone con dentro un contenitore in plastica che a sua volta protegge il classico guscio/custodia per la scheda che si caratterizza per la banda in color argento. Le prestazioni promesse sono stampigliate sulla confezione e sulla scheda : 1750 MB/s in lettura e 1300 MB/s. Sappiamo che queste sono promesse e quindi noi facciamo sempre le nostre misure nei nostri sistemi. Come per le altre schede Lexar di recente produzione (le schede che confronteremo in questa sede sono tutte dell'ultima produzione), è ben evidenziato Made in Taiwan. Ovvero chip e controller provengono da Taiwan, sede di TSMC. Longsys - proprietaria del marchio Lexar - produce nella Cina continentale i chip e i componenti degli altri supporti di massa. Ma evidentemente ancora non dispone della tecnologia per produrre ai livelli richiesti dalle CFExpress/NVME. la confezione ha stampigliature anche in italiano. Un segno di attenzione al nostro paese e chiaramente questo prodotto - acquistato da noi su Amazon.it - appartiene alla serie distribuita regolarmente nel nostro continente. Stia attento l'acquirente alle fregature sempre possibili in questo segmento. Acquistando da un venditore affidabile si ha la possibilità di essere rimborsati o di avere la sostituzione del prodotto, qualora non risultasse conforme o fosse contraffatto. ecco la scheda ripresa in controluce, in luce artificiale non si apprezza bene la banda che però non si può confondere con la Gold perché quella ha la banda dorata ben visibile, mentre la Diamond ha lo scudetto al posto della banda colorata. il trio di schede che abbiamo in laboratorio. Gold da 1TB, Silver da 512 GB, Diamond da 256GB. *** Le misure si sono dimostrate ben distanti dalle promesse, ma è la norma anche per le altre schede. a riposo abbiamo riscontrato 30 °C (25 °C è la temperatura ambiente di oggi). Mentre dopo un test e il trasferimento di 2650 file la temperatura è arrivata a 45 °C. Dopo una serie di test abbiamo registrato un massimo di 56 °C senza che si attivasse nessun avviso di allarme automatico. Siamo nella norma per questi dispositivi. Per quanto riguarda le prestazioni, abbiamo misurato un dato interessante, peraltro abbastanza omogeneo tra lettura e scrittura questo è misurato con un lettore USB 4.0 ProGrade con un miniPC Windows. Mentre questo è con la workstation da scrivania che mostra un vantaggio marginale. Per riscontro, il trasferimento dati (la semplice copia di qualche cartella di immagini NEF) evidenzia un valore medio di circa 700 MB/s, interessante anche se al di sotto del GB/s che in media riscontriamo con la Gold o la Diamond. In video : abbiamo la conferma. La scheda maneggia circa 900 MB/s ed è in grado di sopportare praticamente il formato 8K. Come c'è evidenziato sulla confezione. Ovviamente la scheda funziona perfettamente sulle nostre Nikon. Ci fermeremmo qui con le misure, riservandoci poi di testarla, come anticipato, con la Nikon Z6 III. Salvo evidenziare che ... ... strumentalmente, i valori in scrittura e in lettura, misurati con gli stessi strumenti, si dimostrano praticamente di poco differenti tra le tre schede confrontate. Ci permetteremmo di concludere che le differenze tra le schede siano da considerare oramai marginali a questi livelli e che prestazionalmente si equivalgano. Potremmo pensare che quelle più pregiate possano sopportare meglio il flusso elevato e continuo delle macchine più prestanti, magari con i formati video più impegnativi. Ma salvo verifica a questo punto, almeno per Lexar, è solo una questione di costo al Gigabyte. *** La scheda da 1 TB costa 239,99 euro, con un costo per GB di €0,24 per GB La scheda da 512 GB costa 169,9 euro, con un costo per GB di €0,33 per GB La scheda da 256 GB costa 118,99 euro, con un costo per GB di €0,46 per GB La scheda da 128 GB costa 93,99 euro, con un costo per GB di €0,73 per GB con un vantaggio per l'acquirente che cresce con il crescere del taglio (perché ovviamente si diluisce il costo della scheda rispetto ai chip). la temperatura media rilevata durante i primi test (copia di file per 59 gigabyte).- 40 comments
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Nikon Z6 III : prove di sensibilità del sensore
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Prima, qualche premessa. non siamo grandi appassionati di questi test di confronto "di rumore" alle varie sensibilità e tra fotocamere diverse perché pur cercando di essere il più possibile "rigorosi" le variabili in gioco sono tante. Inoltre, è nella fotografia reale che si apprezzano o meno le potenzialità di una fotocamera riscontriamo più di un segnale che ci fa pensare come questa famiglia di sensori BSI, al di là di tutto, offra prestazioni similari, quando non completamente coincidenti, al netto del punto base della gamma lineare ISO e della risoluzione infine, per quanto si voglia pensare di fare prove ripetibili, non sappiamo quanto il software di sviluppo intervenga - in positivo o in negativo - nelle varie fasi. E certamente il supporto di Adobe alla Nikon Z6 III, benché già disponibile, non può che essere preliminare. detto questo abbiamo fatto alcuni scatti in ambiente, una stanza illuminata da un pallida luce esterna in una mattina di pioggia. Abbiamo fatto la sequenza 800 ISO -> 64.000 ISO con la Z6 III, ripetendola poi con la Zf che ben conosciamo. Macchina su treppiedi, esposizioni identiche, bilanciamento del bianco pre-impostate. Modalità Silenziosa. Il target è un ritratto in formato 100x75 posto sulla parete a circa 3 metri dal punto di ripresa. L'obiettivo è il Nikkor 105/2.8. Esposizione che può sembrare non corretta ma che è quella che vedevamo ad occhio nudo nel momento della ripresa (di questo inizio estate che continua ad essere piovoso e con il cielo pressocché sempre coperto). 800 ISO 1600 ISO 3200 ISO 6400 ISO 12800 ISO 25600 ISO 51200 ISO 64000 ISO Nella sequenza, qui ridotta a 2500 punti di lato lungo per esigenze di pubblicazione, giudichiamo il file ad ISO 800 quasi perfettamente pulito e di poco differente da quello a 100 ISO (qui omesso perché inutile): Salendo l'incremento del rumore digitale ci sembra lineare, con una intensità che si mantiene pienamente tollerabile fino a 6400 ISO. A 12800 ISO la presenza del rumore è più evidente. A 25600 ISO abbiamo la comparsa delle prima bande colorate verticali. Che a 51200 aumentano in modo casuale, per diventare persistenti e a macchia di leopardo alla sensibilità massima di ISO 64000. Senza interventi, secondo il nostro modo di utilizzare queste fotocamere, giudicheremmo il file ottimamente sfruttabile fino a 6400. Con la necessità di intervento in ogni caso a 12800 ISO. Da evitare se possibile le sensibilità più elevate. Il confronto con la Zf ci conforta nel valutare i due sensori imparentati sul piano della capacità di catturare la luce. Accettando una variabilità tra le tarature dei due esemplari di fotocamera che apparentemente fanno sembrare alcune foto della Zf più chiare di quelle della Z6 III, a livello percettivo notiamo un leggerissimo livello di rumore superiore nella Z6 III. Ma ancora, non possiamo essere certi che non ci sia una variabilità tra i due esemplari. E potrebbe essere che due campioni diversi possano mostrare evidenze diverse. Di fondo però vogliamo dire che nella pratica le differenze sarebbero riscontrabili strumentalmente ma non abbastanza da influenzare il lavoro di un fotografo. Sospettiamo che l'impostazione tra i due sensori - che sono differenti nel resto - dal punto di vista di sensibilità e amplificazioni, sia molto, molto simile. le impostazioni sono identiche, i due scatti sono percettibilmente diversi. Il file della Zf sembra essere leggermente più chiaro e più pulito. Ma la differenza è minima, sia nelle zone in luce che in quelle in ombra. cosa che rileviamo ad ogni variazione di sensibilità. Che comunque potremmo definire simile nel suo andamento, anche per la Zf (valida sino a 6400-12800 ISO dopo di che da usare se non se ne può fare a meno). Naturalmente intervenendo con il riduttore di rumore di Lightroom il risultato sarà livellato. e anche per questo riteniamo che oramai questi discorsi siano superati dalla disponibilità dei plugin con Intelligenza Artificiale in grado di fare miracoli in questo campo. Ma ci premeva almeno dare un contributo di discussione al riguardo. Nella migliore delle ipotesi la qualità di immagine di questo sensore sarà uguale - alle varie sensibilità - a quella dei precedenti sensori da 24 megapixel. Nella peggiore, sarà lievissimamente inferiore con un pizzico di rumore in più. Ci pare che comunque l'amplificazione anche qui sia duale con 100 ISO di base e 800 ISO di seconda base. Soppressori di rumore che intervengono con un filtraggio importante e invasivo a partire da appena sopra i 12800 ISO e poi proseguono a scalare, con le ultime due posizioni in gamma lineare di sola emergenza.- 21 comments
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HIFIMAN Audivina e Audio-GD R27HE Chantal Chamberland, Temptation (I put a spell on You), 2019 Maria Pia De Vito, So Right (Harlem in Havana, The One-eyed Man), 2005 Art Pepper + Eleven (1960) Magnus Ostrom & Dan Berglund e.s.t. 30 (2024) la pagina di presentazione del distributore italiano Playstereo.com Sulle prime non mi sono piaciute per niente. E' inutile nasconderlo. Sono cuffie molto particolari. Dopo un paio di mesi di rodaggio però sono cambiate. Ed io ho imparato a sfruttarle per quello che sono. Però bisogna farle scaldare. E bisogna che il front-end sia caldo. Io le metto sopra al mio Audio-GD R-27HE che dissipa 1200 Watt per metterne 20 sull'uscita bilanciata e il carico di 20 Ohm delle Audivina. E metto un disco di jazz. Quando lui raggiunge i 45-50 °C (scotta al tatto), allora le indosso. Mentre apprezzo la comodità di averle in testa (nonostante il peso aggiuntivo delle coppe in vero legno lucidato a mano stanno in testa esattamente come le HE1000. Perché in fondo, sono delle HE1000 ... !) Robbie Williams parte con il suo swing in puro stile Sinatra/Martin. E la performance comincia ad avvolgermi. Il palco è enorme - per delle cuffie - ma l'atmosfera è da cantina adibita a jazz club. Le note di marketing non scherzano, è così, al di là di quanto dicono sulle forme pensate su quelle del palco di Bayreuth. Sono cuffie da jazz (vocale ma non solo), più che da grande articolazione sinfonica. Se sono calde - perché fredde sono aspre - l'atmosfera è calda, suadente, avvolgente. Affascinante. Emozionante. Almeno, quanto lo è la musica che ascoltate (non saprei dire come siano se un soprano canta Berg ...). Nonostante la sensibilità sia alta - almeno nel dichiarato - il volume a seconda dei programmi cresce. A 60 punti (logaritmici) il mio RE-27 eroga al picco 12 Watt e ci vogliono tutti per apprezzare la straordinaria Seconda di Mendelssohn nella recente registrazione di Paavo Jarvi. Ma non è nelle grandi formazioni che queste cuffie danno il massimo. Perché per delle planari, la focalizzazione e il microdettaglio non è al massimo. Il Dr. Fang ha preparato un piatto particolare in cui sono state sacrificate in parte le peculiarità di introspezione analitica delle HE1000 in cambio di impatto e coinvolgimento. Così la voce è un pò più indietro e il basso più pieno e potente. Gli strumenti brillano il giusto. Solo a condizione di alzare di molto il volume - almeno con le mie malandate orecchie - si ottiene un riequilibrio, che io reggo per poco ma con risultati veramente emozionanti. Chantal Chamberland è veramente "tentatrice" con il suo Temptation e l'incantesimo di I Put a Spell On You funziona. Audivina fa brillare i trilli del pianoforte e della chitarra prima che la voce calda e leggermente roca di Chantal entri in scena e porti il canto su percussioni leggermente arretrate. Il piano è li a destra, un pò in alto. Lei è in centro, leggermente a sinistra. E c'è veramente l'illusione del piccolo gruppo jazz che suona su un paio di tavole qui davanti a me. Passo al violoncello cavernoso della Folia della Kobekina e apprezzo ogni corda ed ogni pizzicato. Ma il tono è scuro, cupo, non chiaro come sarebbe con le Arya o le HE1000. Chiamo in causa la straordinaria Bernarda Fink nell'altrettanto straordinaria interpretazione di lieder di Brahms. Il suo Guten Abend è piacevole e senza asprezze, fino alle note più alte. E anche Silje Neergard non riesce a straziarmi i timpani come ricordo che è riuscita a fare con le HE1000. Il pianoforte di Lugansky nel suo recital a Verbier è metallico. Il pianoforte con le Audivina non mi convince del tutto. E' meglio di quello delle Sundara Closed Back che è un pò ovattato. Ma qui alle volte è un pò troppo metallico, altre invece è perfettamente intonato (straordinaria la Campanella di Nikolai, di un garbo eccezionale, ben resa anche dalle cuffie che non eccedono in nessun registro). La registrazione di Dina Ugorskaya del II Libro del Clavicembalo ben Temperato è spettacolare, pur nei 44.2/24. Il piano è chiaro e preciso, le due mani perfettamente identificabili, il basso entra leggero e nitido ma potente. Intimissimo il violino e i pochi strumenti che accompagnano Tetzlaff nel concerto di Berg. Il violino non ha il nitore che si può sentire con le HE1000, è più intimo. La performance eccelle sul medio, rinforzata dal poco medio-basso che questo strumento ha. Il clavicembalo risulta smussato di molte asperità e il suono è argentino ma molto caldo, almeno quello usato da Giulia Nuti nel "The Fall of the Leaf". Potrebbe rendere gradevole questo strumento a chi lo ama poco. Ultima incursione sul sinfonico. I bassi di chiusura frase dell'introduzione della Rapsodia Paganini di Rachmaninoff sono potenti e profonde. La registrazione DG con Wang e Dudamel rende pienamente giustizia all'idea dell'autore anche se in taluni momento io sento (o mi invento) alcuni accenni un pò crudi. Andando sul repertorio più moderno, Peter Gabriel è energetico ma si perde un pò della qualità del mix minuzioso del suo "i/o". Il sinfonismo jazzista dei King Crimson è coinvolgente. Basso profondo, immagine stereo che segue le scelte del sound engineer, percussioni molto veloci. Impianto sonoro ampio. La voce in Cirkus è indietro rispetto al pianoforte ma è chiarissima. Bellissimo il sax baritono ma soprattutto le percussioni. Il basso di Toni Levin. Intendiamoci, il corpo è importante ma lontano dall'eccesso delle cuffie dinamiche più punchy. Sono e restano delle cuffie planari, non un imbastardimento con la scusa del padiglione chiuso. Ma chiudo con quello che secondo me è l'ambiente ideale per queste cuffie, il jazz. The Tea Leaf Prophecy, cantata da Joni Mitchell con l'accompagnamento di Herbie Hancock e i suoi, nel disco dedicato all'autrice è piacevole ma più interessante ancora il duetto tra Tina Turner e gli strumentisti (sax in primis). Ancora, la performance non è "monitor" come sarebbe con l'iperanaliticità delle HE1000. Il problema è che qui siamo in un test, in una prova. Queste sono cuffie da ascolto. Rilassato, piacevole, dove non si va a ricercare la performance ma il divertimento. Per questo smetto di pensarci e mi godo il resto del brano senza più indugiare su come siano il piano (bello !) o il sax (bellissimo !!) o Tina (!!!!). *** la risposta delle HIFIMAN Audivina misurata con miniDSP Ears, alla guida un trio di Audio-GD. Giudicando dalla risposta in frequenza non si darebbero nemmeno pochi euro per queste cuffie. Tanto è ... poco lineare l'andamento, con quella collina sul medio centrata sui 1000 Hz. Vi assicuro - se volete fidarmi - che questa è la risposta dopo due mesi di rodaggio. Perché all'inizio tutta la parte destra era più alta. Sospetto che con i mesi e gli anni, il tutto si linearizzerà maggiormente. Ma non dobbiamo vedere queste cuffie né come neutre, né come cuffie monitor. Sono cuffie da apprezzare ascoltando musica, avvolti da un guscio caldo e con la voglia di ascoltare solo musica, non individuare ogni singolo strumento nello spazio. La prestazione cambia da disco a disco e da brano a brano. Potete amarle oppure odiarle a seconda di quello che ascoltate, di come state, di come cambia la musica. In un certo qual modo sono cuffie un pò bizzarre e vanno prese per come sono. Possibilmente dimenticando molte iperboli di alcuni recensori. Chi le considera spazzatura e le detesta in modo clamoroso, chi le consiglia senza controindicazioni. La verità assoluta non esiste. Queste cuffie sono un modo di aggirare certi limiti delle planari - bellissime, chiarissime ma, proprio in quanto planari, leggere e poco coinvolgenti - per proporre un suono più emozionante e corposo, anche a rischio di snaturarle un pò. Che siano chiuse non cambia la sostanza - tranne che per me che non sopporto a lungo le cuffie chiuse per questioni di ... udito - si cede un pò di focalizzazione spaziale e di dettaglio in primo piano, per spingere i solisti un pò indietro per avere più spazio, aria e corpo sul medio-basso. Peccato per quel picco ad un Khz che a me ammazza buona parte del repertorio che ascolto di più nella mia vita musicale. Insomma, non sono cuffie per il barocco, per il pianoforte solo, per il coro femminile di Hildegard Von Bingen. Oppure si ? Aspetta un attimo ... Ma si invece, funzionano anche con il monofonico del XII secolo. Forse dovremmo aprire un pò di più i cancelli delle nostre aspettative. Insomma, suonano tutto, con una netta preferenza per il jazz acustico, secondo me. *** Costruttivamente non c'è molto da dire. Avete presente le HIFIMAN HE1000 ? Ecco, sono praticamente identiche (stesso archetto, stessi padiglioni, stessa articolazione, stessa banda), tranne quelle meravigliose coppe in legno naturale lucidato a mano con il marchietto HIFIMAN in mezzo. l'interno del padiglione è impreziosito da una doppia protezione. I cuscinetti sono eccezionali (se vi piace il color tabacco). La banda è meglio di quella delle Arya, secondo me. Ma penso di poter concludere a questo punto. Ricordo che le ho in testa praticamente da più di due mesi. Che sono maturate. Che sono maturato io. Che in certi momenti non mi convincono, ma dopo un pò mi fanno lacrimare per l'emozione. Sono cuffie particolari, non per tutti. Allargano l'orizzonte interpretativo di chi ama le cuffie. Bellissime, per me non possono essere le uniche cuffie di casa. Se leggete le (poche) recensioni che ci sono online, non prendetele alla lettera. Magari, se vi interessa un altro modo di ascoltare la musica ma siete malati come me di planari e non vi interessano più le dinamiche, provatele se qualcuno ve lo concede. Ma non per cinque minuti. Ci vuole tempo, bisogna capirle. Può essere che scatti la scintilla. Oppure no. A me "hanno fatto un incantesimo" e ne sono stregato. No, non rinnego le mie Arya e certamente non le mie Jade, sono tutta un'altra storia quelle. Ma so che quando ho bisogno di un certo tipo di suono, le Audivina risponderanno divinamente. Da par loro, perché sono Divine. Ma attenti, come tutte le Dive, non tollerano confronti. Se passate dalle HE1000 a queste, sulle prime non vi piaceranno. Ma dopo un pò ... non vi verrà voglia di tornare indietro (e viceversa !). Giudizio complessivo PRO: belle come il sole praticamente le HIFIMAN HE1000 con le coppe in legno lucidato facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) dentro alla modesta confezione c'è almeno un cavo bilanciato (ma vi toccherà comprarne uno migliore per farle cantare al meglio) coinvolgenti ed emozionanti più delle Arya e della media delle planari ma con qualche compromesso da accettare l'aver arretrato gli strumenti solisti ha ampliato il palco nel suo complesso (per delle cuffie) qualità costruttiva elevata CONTRO: costano un botto ! D'accordo quelle coppe costano ma ... il cavo bilanciato in dotazione è buona ma giusto per cominciare perdono quell'analiticità, iperdettaglio, precisione ed effetto wow tipico delle HE1000 sono cuffie chiuse, sulle lunghe impegnano di più le orecchie (almeno è così per me, preferisco le aperte) non possono essere le uniche planari di casa. Se avete queste, dovreste avere anche le HE1000 Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com
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Il nuovo Audio-gd Master 9 Mk 3 riprende la denominazione dei precedenti Master 9 ma se ne distanzia per dimensioni e peculiarità costruttive. Ma ne riprende le caratteristiche sonore, elevandole ad una firma sonora ancora più naturale. C'erano una volta l'Audio-Gd Master 9 e il Master 19. Due pezzi di bravura posizionati diversamente sul mercato. Entrambi preamplificatori in classe A bilanciati dual-mono, con amplificatore per cuffie. il Master 9 era una bella bestia, dal telaio standard, 16 chilogrammi, 9 watt su 40 Ohm dall'uscita bilanciata con la raffinata soluzione delle due prese per i canali separi, oltre a quella tradizionale a 4 poli. il Master 19 era condensato in un telaio più compatto, pesava 7 chili ma dimostrava lo stesso approccio e le stesse caratteristiche di fondo e sempre la stessa uscita cuffie. Meno sofisticazione nel complesso ma uguale sostanza. Nell'ultima ristrutturazione del catalogo, il Master 9 è evoluto verso la linea HE (alimentazione rigenerativa), il Master 19 è uscito di catalogo, mentre vi è entrato l'ultimissimo arrivato della gamma, il Master 9 Mk. 3 che è oggetto di questo articolo. Si tratta nuovamente di un componente dual-mono, interamente e realmente bilanciato, tutto in classe A, in un telaio compatto da 7 chilogrammi che idealmente è la versione "condensata" del Master 9 ma con l'approccio meno impegnativo del Master 19. E' stato aggiornato il layout, manopola, comandi, display e prese cuffie sono sostanzialmente identiche a quelle dei modelli di fascia alta (RE27 incluso), ma il peso e il volume occupato sono quelli del Master 19. L'impiego di tecnologia SMD per la produzione delle schede (identiche per i due canali) e delle alimentazioni (sdoppiate a partire dai due trasformatori che sono separati e non usano la stessa armatura) ha consentito un recupero economico che si riflette in un prezzo di acquisto competitivo. Con poco più di 1250 euro si acquista un componente che si può tranquillamente definire allo stato dell'arte, con controlli di volume separati a discreti asserviti da relais con resistenze di precisione, componentistica selezionata audio-grade, soluzioni di livello assoluto e raffinato. Concezione nel dominio della corrente e non nella tensione, connessione con gli altri componenti della catena bilanciata tradizionale o tramite collegamento proprietario ACSS. Le stesse, stessissime capacità di carico che consentono di pilotare qualsiasi cuffia esistente passata, presente e futura (sempre 9 Watt di targa a 40 Ohm oppure 630 mW per 600 Ohm -> equivalenti alla potenza di un amplificatore di potenza da 45 watt con riserva di energia a livello di trasformatori per 135 Watt, quindi più che adeguata ad ogni esigenza). *** Operazione di marketing, quindi ? La linea Master 9 si estingue e viene sostituita dalla HE 9 che propone alimentazione rigenerativa, mentre la linea Master 19 diventa Master 9 e rimane con alimentazione tradizionale. Direi di si e la prova sta nel pudding. Ma andiamo a guardarlo bene da vicino questo preamplificatore. La taglia è quella di un falso magro perché comunque ha una impronta sul tavolo di circa 35x35 cm e una altezza con i piedini di 8,5. Il peso è di 7 chilogrammi. Il telaio è in solido alluminio. I fianchetti sono di 4/5 mm di spessore, il sopra e il sotto sono di 4 mentre frontale e retro di un confortevole 8 mm, anche perché sono quelli più sottoposti a sforzo. l'aspetto riprende quello degli apparecchi più recenti della firma, con gli angoli stondati e il frontalino con due smussi sopra e sotto nella parte centrale, sopra al display. Il display è a due righe come quello degli apparecchi più "belli". la base del telaio ha fori di dissipazione (questo coso dopo mezz'ora scalda da matti !) e una quantità industriale di viti di blocco di schede e dispositivi. I piedini sono generosi e adeguati al peso qui ho cercato - invano - di evidenziare i differenti spessori. Il fianchetto non è così spesso, lo smusso arrotondato è praticato dal pieno del frontale/retro , via fresatura CNC il copritelaio è tenuto fermo da 8 viti filettate. i comandi e le prese cuffie così come il manopolone del volume sono in apparenza identici a quelli del RE27HE che in questo momento lo sta sostituendo alla guida dei dipoli DIP21. le uscite sono di qualità e ben solide, capaci di durare più di una vita. Entrambe hanno il blocco di sicurezza con pulsante di sblocco. Il retro è un condensato di razionalità e di qualità. Le prese e gli ingressi sono identici a quelli delle linee più pregiate. Le prese XLR sono incassate. il dettaglio del canale destro, 4 ingressi, due bilanciati, uno sbilanciato e uno proprietario ACSS. Le uscite sono tre, per i tre tipi di connessione. vicino alla prese di corrente c'è la targa con il seriale e la tensione. Nella realtà all'interno c'è un interruttore che credo consenta di passare a 110 Volt ma non mi interessa verificare. E andiamo finalmente a vederlo aperto la topologia è evidente per quanto molto semplice. I cavi volanti ridotti al minimo. La sezione di sinistra contiene i due trasformatori ben dimensionati, uno per canale. Le due schede sono speculari, una per canale. Contengono anche la parte di livellamento dell'alimentazione. dettaglio dei due trasformatori. Sono tipici delle realizzazioni di Audio-Gd che li lascia liberi, senza resinarli come è un pò abitudine occidentale. il fascio dei cavi che conduce l'alimentazione alle schede di segnale schede che portano marcata la scritta .... Master 19 Mk3 a chiarire definitivamente che questo di fatto è la riedizione del Master 19, con il nome cambiato Il motivo però non è solo marketing, ne parleremo quando si tratterà di definire le sue caratteristiche sonore. un'altra vista d'insieme non guasta mai. A ridosso del pannello frontale e in corrispondenza del display abbiamo la logica di controllo delle indicazioni dello stesso display. Ed ecco finalmente le schede di linea, identiche tra loro qui riprese dai due lati mostrarne i dettagli. Queste schede sono prodotte con procedimenti SMD per contenere i costi ma sono poi misurate singolarmente ed accoppiate dai tecnici di Audio-gd. questo è invece uno dei controlli di volume, realizzato senza uso di potenziometro ma con relais che controllano una rete di resistenze di precisione che intervengono a passi successivi da 0 a 100. il controllo avviene per mezzo di questi due microprocessori. Le due schedine sono sopraelevate per non influenzare per nulla il percorso di segnale delle due schede di linea dettaglio dei perni di sollevamento che sospendono sopra alla scheda di segnale la schedina di regolazione del volume. Tutto è analogico, nonostante vengano impiegati dei microprocessori per il controllo delle funzioni principali, questi non hanno alcuna attinenza col percorso del segnale. le prese di segnale. Quei cavetti trasparenti, davanti alle connessioni della presa XLR di uscita, alimentano la presa ACSS. La presa RCA è separata, non ci sono trucchi come sono spesso usi produttori meno qualificati. Questo apparecchio è realmente dual-mono e veramente bilanciato dall'ingresso alle uscite. Un ultimo sguardo lo meritano i transistor di potenza che, insieme ai condensatori di livellamento, potrebbero popolare un amplificatore di potenza da 45-50 watt senza problemi, grazie anche alla generosa quantità di corrente messa a disposizione dai due trasformatori. E in un telaio così piccolo ... sono disposti sui lati a ridosso della parete di separazione (si vedono in pianta due solide lastre di alluminio da 5mm, una che separa i due canali e una il canale destro dai trasformatori). Questi erogano fino a 9 watt su carichi da 40 Ohm (ovvero 22,5 watt su cuffie da 16 Ohm) e permettono a questo amplificatore di pilotare sostanzialmente qualsiasi carico presente sul mercato. un ultimo sguardo alle prese dorate di uscita. Il foto filettato di blocco del tetto del telaio e la piastra del retro dello stesso. *** Funzionalità Non c'è molto da dilungarsi. Questo apparecchio non richiede regolazioni. Ha un tasto di accensione e due tastini di selezione. All'accensione il display a linee LCD lampeggia qualche cosa che ricorda il nome dell'apparecchio che come tutte le altre indicazioni, tipicamente Audio-gd non è troppo intelleggibile. qui ci sono il numero di ingresso, il volume, il tipo di guadagno impostato e altre indicazioni che .... non ricordo e per cui vi rimando al breve e oscuro manuale presente sul sito del produttore. La peculiarità introdotta in questo apparecchio è quella di disporre di due tipi di risposta - pensati per le cuffie - quella normale (la lettera N dentro a PLNAL) che può essere cambiata nella lettera t (minuscola nell'immagine sopra). La posizione "t" starebbe ad indicare una curva di risposta modulata che scalda il suono, una sorta di effetto loudness che però si applica ad ogni livello di volume. L'ho misurata ed effettivamente è presente e ben audibile. questa è la risposta in frequenza delle cuffie AKG K-371 come come tutte quelle tipicamente del marchio, ha una tendenza al chiaro ben evidente. La posizione "t" del Master 9 Mk 3 attua una attenuazione della risposta a partire dai 100 Hz fino all'estremo superiore che ne ammorbidisce il suono. Mentre incrementa leggermente i bassi da 50 Hz in giù. Un sistema pratico di equalizzazione "al volo" attuato senza interventi digitali o processori di segnali, disegnata dal progettista direttamente nella scheda di amplificazione. Geniale, semplice, funzionale e ... compresa nel prezzo. *** A completamento della presentazione, il prezzo è piuttosto contenuto per la qualità del prodotto e le sue potenzialità, circa 1260 euro. La garanzia illimitata è di 10 anni come standard per Audio-gd. I tecnici, una volta assemblato l'amplificatore lo tengono collegato per circa 300 ore dopo di che lo misurano e lo testano, prima di spedirlo al cliente o al distributore europeo. La raccomandazione è quella di rodarlo per altre 300-500 ore prima di giudicarlo. E di cominciare a considerarlo in opera, solo dopo almeno 30 minuti di accensione, meglio se dopo due ore ...
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Provare delle cuffie per riferirne a persone che non si conoscono non è impresa facile. Chi lo fa con nonchalance (il web ne è pieno, non parliamo di Youtube) è un millantatore o uno che mente sapendo di mentire. E chi inventa vocaboli o paragoni incomprensibili lo fa solo per buttare fumo negli occhi. Non parliamo di quando si fa un confronto tra due apparecchi. Passi se sono diametralmente differenti. Ma quando parliamo di cuffie top alimentate da un amplificatore over-the-top, ci vuole umiltà. E tempo. Quindi datemi tempo, vi prego. Cercherò di essere soggettivamente il più obiettivo possibile. Ma la musica e la sua riproduzione è il più grande amore della mia vita. Nato quando sono nato e che morirà quando le mie orecchie mi precederanno là dove sono Bach, Beethoven e Brahms. a sinistra, le HIFIMAN Arya V1 con i nuovi cuscinetti, a destra, le HE1000 Stealth. Sotto ai cavi, il supercarrozzato Audio-GD R27 HE. *** Per ogni considerazione generale sulle HE1000, la cui stirpe alligna sin dal 2015, rimando al precedente articolo : Come suonano le HIFIMAN HE1000 Stealth ? Come tutte le magnetoplanari aperte. Il suono è aperto, chiaro, brillante con un campo sonoro ben sviluppato (per quanto possibile nelle cuffie). I bassi sono estesi ma neutri, non sono cuffie da "bassisti", lo dice chiaramente la risposta in frequenza e lo conferma l'ascolto. Il pedale di un grand'organo si sente perfettamente fino in fondo, manca l'elemento tellurico, ci si aspetterebbe di sentire le panche vibrare. Estesissimo ma chiaro. Chi si aspetta da cuffie del genere un effetto speciale ascoltando musica elettronica o techno, ha sbagliato candeggio. Ma l'articolazione è estremamente più raffinata. In generale, lo dico senza snobismo, le HE1000 si comportano come ammiraglie. Non sono per un ascolto casuale e richiedono "orecchie educate" per farsi apprezzare. E una alimentazione di livello. In un primo momento le ho provate in parallelo con Arya ed HE400 SE con un SMSL 400DO, buon tutto in uno impostato su ES9038 e con una buona sezione di amplificazione. Forse il miglior apparecchio di questo tipo sotto ai 500 euro. Ebbene, non riuscivo a trovare differenze, pur dannandomi a cambiare tracce. Insomma, a costo di sembrare banale, non sono strumenti banali all'ascolto. Ci vuole orecchio. E ce ne vuole parecchio (cit. !). Ma soprattutto ci vuole un motore equivalente. Per questo anche con l'Audio-GD R28 (un all-in-one che si mangia tutte le creature asfittiche da meno di due chilogrammi di cui si riempiono la bocca gli "influencer" su UTUbe) mostrava un pò la corda. E quindi ho approfittato di uno scontone dell'IVA per sostituirlo con il fratellone R27 HE, un apparecchio che oltre ad avere il doppio dei moduli R2R vanta anche una alimentazione introvabile sulla terra. E alla fine, mentre le cuffie si scioglievano e le mie orecchie si "educavano", ho capito quello che il Dr. Fang ci vuole dire. Come i Master Chef lui non svela le ricette segrete ma propone tanti piatti sulla tavola, con tante fragranze diverse, molte volte simili ma non così sovrapponibili. Lui sa che i palati, come le orecchie, hanno gusti differenti. E i più raffinati non si accontentano della stessa pietanza tutti giorni. Un vero appassionato di cuffie avrà più strumenti, ognuno adatto ad un tipo di ascolto, di umore, di giornata, di occasione. Gli altri modelli di HIFIMAN sono di impressione più immediata. Queste richiedono più tempo per capirne l'essenza. E se una volta il loro costo era tale che questo poteva già svelare una parte del loro segreto, adesso che sono sullo stesso piano delle "sorelline" Arya, bisogna rifletterci sopra. Insomma. Preparatevi ad abbassare o ad alzare il volume. Dipenderà da molti fattori diversi. *** Silje Nergaard : Be still My Heart Abbondanza di sibilanti su una voce in primissimo piano. Pianoforte abbastanza esile. Riverbero complessivo che porta ad apprezzare la scena nel suo spazio, nonostante la voce sia proprio a centro-sinistra. Come se lei vi guardasse di tre quarti da sinistra. Volume che deve essere abbassato di parecchio. Rach 39/5, Babayan, DG Pianoforte gigantesco, acuti metallici, basso lungo, esteso ma in secondo piano. Volume che corre su di 15 punti. Diana Krall, California Dreamin' Minchiapapà, voce in primissimo piano e violini "elettrici" in attesa delle percussioni che si sommano, calde, ritmiche. La voce resta li in mezzo, con quella vaga venatura roca, visto che la Signora nel 2014 aveva già i suoi anni. Janine Jansen : Prokofiev, concerto per violino n.2, secondo movimento Conosco lo Stadivari del 1707 di questa registrazione come se fosse un vecchio amico. Qui rispetto al solito ha una voce un filino più stridulo e nervosa. In compenso i bassi pizzicati di accompagnamento sono di un volume ascoltato solo con i 15'' finora. L'effetto lacrima facile di Mauro arriva comunque subito dopo. Non ci posso fare niente. E' meglio dell'estratto di cipolla ! L'organo della Thomaskirche di Lipsia riempie l'aria e sembra che riempia anche quella della piazza antistante e che il vecchio Bach stesso si possa alzare la da dove riposa. Pedale possente, medio deciso, acuti che risuonano. Tolgo il saluto a chi non riesce ad apprezzare una fuga a tre voci come la 548. Non ce la faccio a staccare l'ascolto devo andare oltre ... forse il più grande complimento che possa fare ad uno strumento di ascolto mentre lo provo. Si può separare ogni nota del pedale anche se il volume è oltre 60 e i manuali stanno asciugando letteralmente la cera dalle candele. Commozione e applausi a scena aperta. A Bach, a Bohme, a Fang. Ma mi sto distraendo e sono andato alla meravigliosa fuga in Re maggiore BWV 532 che anche io, nel mio piccolo, strimpellavo quando avevo dita buone ... Joni Mitchell/Herbie Hancock/Norah Jones : Court and Spark Pianoforte squillante e un pò metallico, bassi possenti, piatti spettacolari, voce chiara nella sua tonalità naturale. Meglio abbassare un pò il volume. La voce resta chiara, la scena ne acquista in naturalezza. Molto naturale il sax. Anche Edith & The Kingpin, con Tina Turner si apprezza di più ad un volume più moderato ma per ascoltare ogni nuance dell'accompagnamento dovrete sacrificare qualche pò di udito. La batteria è tridimensionale e si sente il sax soffiare. Anche Amelia, con la stessa Joni Mitchell è allo stesso livello. Dal vivo. Sul piano del test, è bellissimo avere a disposizione nella stessa registrazione e sullo stesso set, voci così diverse, caratteristiche e conosciute. la meravigliosa registrazione dei Mottetti di Bach del Pygmalion ha una estensione di scena esagerata. Qui si individuano i gruppi di cantanti sulle voci quando intervengono (Komm, Jesu, komm BWV 229). Io però continuo a sentire delle squillanti un pò "cattive". AC/DC : Highway to Hell Devo ripartire tre volte perché un riverbero così non l'avevo ancora sentito in vita mia. La voce è più alta che dal vivo. Bassi che per me sono altro che presenti. Chi cerca di più, sinceramente avrà bisogno presto anche dell'apparecchio acustico ... ! Il 24° capriccio di Paganini con l'Anselmo Bellosio del 1775 di Alina Ibragimova si fa apprezzare ad alto volume. Qui sento le inflessioni dell'archetto e il cambio di tono dello strumento che segue duttile la mano dell'artista. Bella prova. Registrazione di 10 piani sopra quella Decca della Jansen. *** Confronto sintetico Non vi annoio con la ripetizione dei miei commenti di ascolto. Le mie Arya sono più che rodate. Adesso le sto imparando a conoscere con i nuovi cuscinetti che, non si direbbe, ma ne hanno "arrotondato" il suono, incrementando il basso profondo e il medio. Restano meno sensibili delle HE1000 e quindi in un confronto immediato è necessario alzare il volume. Nel complesso e con le stesse tracce che vedete sopra, mi sembrano più indicate per un ascolto di tutti i giorni. Dove non si chiede di essere stupiti nell'immediato con una prestazioni eccezionale. Sono anche più portate a perdonare nefandezze di registrazione, specie lato acuti. Sibilanti e microfoni troppo ravvicinati risultano più addomesticati rispetto alle HE1000. Se dovessi usare solo poche parole per definirle direi naturali e umane. Questo aiuta a contenere la stanchezza di ascolto che, non so a voi, ma per me è sempre dietro l'angolo con le cuffie (io non sono proprio in grado di ascoltare cuffie chiuse per questa ragione). E rende piacevole continuare ad ascoltare musica. Un pò il carattere delle elettrostatiche. Le HE1000 Stealth al confronto sono decisamente più analitiche, portano in evidenza i dettagli, aumentano ed amplificano ogni contrasto. Sono, se mi permettete un paragone tirato per i capelli, una versione ad alta definizione VS una a definizione normale. Le HE1000 Stealth stupiscono per il microcontrasto e per l'impatto. Si sentono cose che non si sentono facilmente con altre cuffie (e quasi mai con i diffusori). Come se fossero dei monitor professionali mettono tutto in evidenza. Qualche volta troppo. La scena è più ampia. Molto di più. Il basso sembra più profondo, nella realtà è solo più veloce ed efficiente. Insomma, stupiscono. Ma un pò stancano per la loro brillantezza, per me, eccessiva. Secondo me hanno bisogno di maturare e di perdere un pò di eccesso di brillantezza per diventare compagne di tutti i giorni. Ma se vi volete stupire ed emozionare, avete orecchie buone e un amplificatore/DAC Top Of The Line, allora sono la scelta per voi. Potendo, io sceglierei una o l'altra a seconda dei casi. E a seconda di altri (per esempio con la musica da camera) sceglierò le elettrostatiche Jade II. Conclusioni Insomma, forse non ho risposto alla domanda. E' vero. Le HE1000 Stealth sono cuffie eccezionali. E se dovessi paragonarle ad un obiettivo Nikkor (in fondo siamo ospiti su Nikonland) le paragonerei al 138/1.8 S Plena. "Eccezionale ma non per tutto o per tutti". Lo stesso per queste cuffie. Con le Arya più simili al 50/1.2 S. Non pensate di comperarle perché sono le ammiraglie di gamma. Magari le Arya, le Ananda o le XS per voi saranno meglio. Io non vi so aiutare.
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compatto ma non troppo, sta bene in mano ma ci vuole un corpo serio per usarlo bene. Pesantuccio con Z50/Z30/Zfc, qui l'abbiamo usato esclusivamente con la Z8, corpo con cui si trova benissimo, sfruttando l'efficiente sistema di messa a fuoco anche a tutta apertura Domanda : Mauro, ma hai già i più meravigliosi obiettivi da ritratto disponibili per Nikon Z, perché anche questo Viltrox ? Risposta : perché non mi bastano mai. Sono sempre alla ricerca di nuove sensazioni, nuove soluzioni, differenti modi di vedere. Pensa che mi sono comprato anche il Sigma 105mm f/1.4 ART, detto anche Stielhandgranate D : di quello parliamo magari in un'altra occasione. Ma questo Viltrox non è un obiettivo DX ? R : si, purtroppo non si può avere tutto dalla vita, evidentemente fare un medio-tele f/1.2 richiede ingombri superiori, qui il compromesso è stato trovato nel mezzo-formato D : e come si rapporta questo 75mm con il tuo 85/1.2 S ? Non sono focali troppo ravvicinate alla fine ? R : premesso che il Nikkor Z 85mm f/1.2 è un obiettivo che sta nell'Olimpo dell'ottica, baciato da Venere quando è uscito dal guscio e che gioca in un campionato dove bisogna nascere già capaci di correre e saltare, si, le focali sono vicine ma se vogliamo 75mm è ancora più gentile di 85mm su certi volti. Ma il fattore di campo ridotto consente comunque di restringere sul volto il ritratto, così da non sprecare nemmeno un pixel. diaframma completamente aperto e completamente chiuso. VIltrox dichiara una immagine ripresa del diametro di 28.4mm. Superiore al formato DX ma insufficiente per coprire il pieno formato. La distanza minima di messa a fuoco è quella tipica del medio-tele da ritratto (~90cm), perché questo è un medio-tele da ritratto ! D : si ma qui andiamo in formato DX e quindi i megapixel si mangiano già alla partenza. Di la verità, non è un falso ideologico usare la Z8 per un obiettivo di questo genere ? R : sentimi bene, credi che, avendo in casa la Nikon Z8, se anche Nikon avesse la compiacenza di mettere sul mercato una buona volta un corpo DX decente io me lo comprerei ? Per farlo dovrebbe essere una Z8 ridotta. E non sono sicuro di essere disposto a spendere le cifre che chiederebbe Nikon per una mini-Z8 in formato DX. E poi, è inutile parlare per astratto, io ho il 75/1.2 (e anche 27/1.2 e 13/1.4 Viltrox) e mi piace usarlo sulla Z8. Sulla Zfc non l'ho montato nemmeno per curiosità, sinora. con il paraluce diventa un obiettivo che richiede un corpo serio. Ma Nikon in formato DX per ora non lo fa. D : d'accordo, mi hai convinto. E come ti sembra sul piano costruttivo. R : guarda, si parte dalle serigrafie nitide sull'anello dei filtri per arrivare all'anello dei diaframmi e a quello di messa a fuoco. E' tutto freddo metallo, solido e ben lavorato con macchine a controllo numerico. C'è il selettore M/AF, un tastino funzione, tutto ben dimensionato e visivamente di qualità. Ma soprattutto è sensazionale la ... sensazione che da l'anello dei diaframmi, fa pensare ad uno Zeiss, non ad un vecchio Nikkor pre-AI. contatti dorati, ovvio. Anello rosso (?) e ingresso USB-C per aggiornare il firmware (operazione semplicissima, basta copiare un file e ci vogliono pochi secondi per averlo pronto) D : e la messa a fuoco ? R : non ho una sensibilità specifica al riguardo. Ma usandolo insieme a Nikkor Z 85 e 135 non ho notato differenze sostanziali. Né in termini di velocità né di precisione. C'è più o meno la stessa percentuale di fuori fuoco (molto bassa, considerando che io scatto a raffica e sempre a tutta apertura; naturalmente in AF-C e con soggetti che respirano). Per cui dopo un pò non ci pensi a cosa stai usando. Se sulla Z8 ho il 75/1.2 e sulla Z9 il 135/1.8, a parte il peso complessivo, non trovo grosse differenze. il profilo presente su Lightroom che provvede alle correzioni automatiche dei NEF D : otticamente ? R : non mi chiedere stelline a diaframma chiuso, controluce madornali e confronto bordo-centro, sono cose che si trovano in qualsiasi video di Youtube dove in compenso non c'è neanche una fotografia vera. Quello che posso dire è che ad f/1.2 è nitidissimo, il piano di messa a fuoco degrada gentilmente verso lo sfuocato. Sfuocato che è bellissimo. Non è il Nikkor Z 85/1.2 S (niente lo è) ma siamo in quell'ordine di idee, per capirci. Le foto dell'uno e dell'altro sono riconoscibili ma si possono tranquillamente mischiare in uno stesso servizio. Insomma, è come ti aspetti che sia un obiettivo superluminoso di fascia alta oggi. Ci sono tanti tentativi sul mercato (i primi gli Zhongy e i TTArtisan, i Sirui per finire) ma questi sono i primi superluminosi che possono giocare insieme ai grandi. Non vedo miglior complimento che potrei fare. Il profilo è corretto, non ho mai notato distorsioni importanti e quasi niente aberrazione cromatica. Ma, lo ripeto, pur sensazionale, è uno di quegli obiettivi che rientra nella categoria dell'arte, non della riproduzione o della tomografia. Non so se mi spiego. D : si si, sei stato chiaro. Una domanda provocatoria, ma quando scegli questo o uno dei Nikkor Z ? R : vado a sensazione, basandomi sul soggetti. Qualche volta ho un viso da 135mm e allora il 75 resta a casa, qualche volta l'85 si presta di più e allora posso provare anche il 75. Qualche volta è una questione di ingombri. E' più facile che in borsa entri il 75 anziché il 135, se ci sono già 50/1.2, 85/1.2 o Sigma 105/1.4 Art. Solo che poter contare su un obiettivo f/1.2 quando c'è poca luce, qualche volta può fare la differenza. E questo magari vince sul f/1.4 del 105 o f/1.8 del 135, se magari quella volta non ho portato l'85. Insomma, per me questo è il vice del Nikkor Z 85/1.2. Non un sostituto di ruolo ma un gregario che si può mandare nella mischia quando serve e che non occupa troppo spazio in borsa. AF/MF, tasto funzione il selettore per avere l'anello dei diaframmi in movimento con e senza click di conferma (utile per il video) D : e tra questi quale si muove meno da casa ? R : devo essere sincero ? Il 50/1.2 S. Ma sapevo che sarebbe stato così. Solo che è sensazionale, l'ho sempre desiderato e quindi devo averlo (anche se ultimamente o "cambiato" la terza Zfc con un Sigma 40/1.4 Art ... obiettivo che mi era piaciuto quasi quanto il 105/1.4 quando l'ho provato) D : tornando al 75/1.2, l'hai mai usato per qualche cosa che non sia un ritratto ? R : mi stai prendendo in giro ? Si, ho fatto qualche scatto rituale ad una macchia di muschio sul tronco di magnolia. Bellissimo, ma è stata l'ultima volta ... D : concludendo ? R : é un obiettivo eccellente, che diventa sensazionale se pensiamo che l'ho pagato meno del Nikkor Z 50/1.8 S scontato in outlet come REFB. Sicuro, affidabile, nitidissimo eppure gentile sui soggetti, con uno sfuocato commovente e una delicatezza di passaggio tra fuoco e fuori fuoco che ne denota la classe superiore. Solo tre anni fa quando usavo i primi compatibili cinesi non avrei mai immaginato di arrivare a dire cose del genere. Mentre adesso le posso ripetere anche per i suoi fratelli, ovvero 13/1.4, 16/1.8 e 27/1.2, tutti figli, evidentemente, della stessa matita. Ricordiamoci che Viltrox ha in cantiere due zoom CINE di fascia 65.000~100.000 $ destinati ad Hollywood e in uscita nel 2025 con cui ha presenziato già a due fiere mondiali della cinematografia. Se mi restano dei dubbi sul marchio riguardano la validità a lungo termine della garanzia visto che la rete di assistenza per ora è giusto un'opinione. Ma poi uso questo 75mm (che dei Viltrox che ho è quello che mi piace di più) e non ci penso. D : che altro aggiungere a queste parole, allora R : ma proprio più nulla. Lo uso intensamente da giugno 2024 e ho fatto decine di migliaia di scatti. Non mi dilungherei oltre e lascerei la parola a loro. E quindi lasciamolo dire alle modelle fotografate. Sono tutti scatti in luce naturale, con luce di riempimento SmallRig RC60B, con la Z8, per lo più esclusivamente a tutta apertura, ISO 500 e con pochissimo o nessun editing. Valeria Barbora Nicole Susanna Elena Giulia Gherta Amelia Silvjia e se non bastassero, ce ne sono altre nell'album qui : That's all folks !
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L'ultima guida all'acquisto di Nikonland risale al 2019 ed era incentrata su reflex ed obiettivi per reflex e solo una presenza marginale di materiale Z. Dopo si è aperta la nuova fase delle mirrorless che ancora si sta sviluppando. Riteniamo però che sia già sufficiente per scrivere una nuova guida che contempli, in questo articolo, una scelta ragionata dei corpi macchina, sono già 11 quelli sul mercato. Per poi dedicarci ad un approfondimento sugli obiettivi. Su Nikonland abbiamo avuto la fortuna di avere a disposizione (quasi) tutto ciò che Nikon ha presentato nel mondo Z. Vi invitiamo a leggere gli articoli e i test approfonditi (sono un centinaio) in questa sezione dell'area editoriale. *** Nikon Z, la scelta del corpo macchina. Potremmo anche sbrigarci in un attimo, indicando la Nikon Z8 come la macchina ideale per tutti. Ma non saremmo giusti, perché sebbene fantastica, la Z8 non è indispensabile a tutti. Dipende dalle esigenze effettive. Possiamo però fare un appunto introduttivo in linea generale. Possiamo considerare già obsolete le Nikon Z che non prevedono la porta USB-C come via di comunicazione e di ricarica della batteria. Insieme a quelle che non hanno il processore Expeed 7 (praticamente tutte, tranne Nikon Z9, Z8 e Zf). Ciò però non significa che chi possiede una di queste fotocamere e la usi con profitto debba smettere di usarla né che, a condizioni particolari di acquisto, un fotografo debba trascurare una buona opportunità. Purché sappia cosa sta acquistando in base a ciò che gli serve. Ultima osservazione di carattere generale. Se è vero che il corpo macchina è importante, è ancora più importante metabolizzare il concetto che Nikon Z significa principalmente quel nuovo bocchettone (il più ampio e quello col tiraggio più corto del mercato) su cui Nikon sta progettando i nuovi obiettivi. I veri protagonisti della nuova generazione, per cui le fotocamere rappresentano lo sfogo effettivo. Solo la combinazione Nikon Z + Nikkor Z consente la piena esplicitazione delle qualità offerte dalle nostre mirrorless. Piuttosto che usare una combinazione ibrida, tutto sommato una scelta di natura per lo più economica pensata "al risparmio", tanto vale restare con una splendida reflex come può essere la D850 o come è la D780, per tacere di D5 e D6. E stiamo nominando alcune tra le migliori reflex della storia. A cui purtroppo Nikon non sempre o solo limitatamente ha dato obiettivi degni di loro. Oggi siamo al contrario, con alcuni corpi macchina un pò claudicanti che trovano però supporto da obiettivi che, confrontati con i pari classe da reflex, risultano sempre vincenti e spesso superiori anche a quelli da reflex di categoria superiore. Quindi, si, il corpo macchina è importante ma le ottiche lo sono sempre di più. Infine, il progresso non si ferma. E lo sviluppo è continuo. Per il biennio 2024-2025 ci aspettiamo il lancio di nuove Nikon Z e l'uscita di nuove versione di firmware. In particolare : Nikon Z6 III, nuovo sensore, nuovo processore, prestazioni allo stato dell'arte del suo segmento Nikon Z50 II/Z70, nuovo sensore, nuovo processore, forse stabilizzatore integrato Nikon Z7 III, nuovo sensore, nuovo processore, nuove funzionalità Nikon Z9 II, nuovo processore, sensore aggiornato, prestazioni assolute insieme alle versioni di firmware 2.0 per la Z8 e 5.0 per la Z9 che aggiungano nuove funzionalità alle due macchine di punta. Bene, finita l'introduzione, andiamo al dettaglio. *** a sinistra la Nikon Z8, lanciata nel maggio del 2023, a destra la Nikon Z9, lanciata nell'ottobre 2021 Consideriamo Z9 e Z8 le eredi dirette delle premiate coppie Nikon F5 e Nikon F100 dell'era analogica o Nikon D3 e Nikon D700 dell'era digitale. Offrono il massimo delle performance odierne per Nikon che ha dimostrato di saperle tenere aggiornate anche a livello di sviluppo firmware. Le due macchine condividono buona parte dell'elettronica ed hanno prestazioni quasi coincidenti. Hanno lo stesso sensore, tanto veloce da essere per lo più in grado di azzerare gli effetti del rolling-shutter. Sono le uniche prive di otturatore meccanico, potendo sincronizzare il flash anche senza. Non avendo parti meccaniche, non subiscono usura all'otturatore né necessitano di una sua registrazione periodica. Al di là del differente prezzo, la Z9 va considerata nell'uso di obiettivi grossi ed impegnativi e in ambiti dove conta poter esprimere sempre il massimo del potenziale. La Z8 invece è più abbordabile, per prezzo, peso e volume, potendo funzionare tranquillamente anche senza battery-grip con un fattore di forma non così più impegnativo delle macchine di fascia inferiore. La Z8 paga alla Z9 una minore autonomia, un corpo meno capace di dissipare il calore generato da processore e sensore oltre a qualche dettaglio più o meno importante. L'ergonomia della Z9 è imbattibile. La Z8 è più discreta. La Z9 al momento ha nuove funzionalità aggiunte via firmware (scatto automatico, riconoscimento uccelli) che però ci è stato promesso verranno estese anche alla Z8 ad inizio 2024 (mentre alla Z9 verranno estese funzionalità della Z8 e della Zf che per ora non sono previste nella Z9). Abbiamo un articolo che le confronta dettagliatamente : Nikon Z8 o Nikon Z9 : quale scegliere ? Ma entrambe le macchine andrebbero scelte consapevolmente per lo più da fotografi che richiedano prestazioni, velocità, capacità video allo stato dell'arte, tenuta sul mercato. Hanno caratteristiche professionali che per chi fa foto ragionata in ambienti rilassati sono praticamente tutte superflue. La nostra Nikon Z9 ha accumulato in 18 mesi oltre un milione di scatti e sembra ancora nuova. Le Nikon Z8 passate per il laboratorio sommano circa 250.000 scatti e potrebbero stare in vetrina. Me sappiamo di Z9 e Z8 che in un anno non hanno fatto che poche migliaia di scatti. E alcune sono in vendita sull'usato con 500-600 scatti. Molti meno di quanti ne servano per testare la capacità di una nuova scheda di memoria. Entrambe necessitano di schede di memoria di livello per esprimere il loro potenziale. E fotografi non privi di immaginazione ma, soprattutto, di occasioni fotografiche, perché non passino il più del loro tempo, "sprecate" in vetrina. *** Non troppo a sorpresa, Nikon ha presentato poco più di un mese fa una Z che può essere considerata un ibrido, una sorta di laboratorio sperimentale. la Nikon Zf deve molto del suo appeal all'aspetto che sembra una replica moderna di una reflex a pellicola dei primissimi anni '80 del secolo scorso. Ma dentro quella scocca e sotto a quei quadranti, c'è il sensore della Nikon Z6/Z6 II che offre ancora buone potenzialità, con il processore di Z8 e Z9. Questo è responsabile di funzionalità e prestazioni insospettabili per una semplice fotocamera "vintage", tanto che come autofocus e raffica si mangia la Z6 II a colazione. E in un uso spensierato non fa troppo rimpiangere la Z8. Dove è cedente rispetto alla Z8 e alla Z9 è nel comparto memorie - adeguate alla macchina ma in una strana combinazione tra SD e microSD - e nella relativa vetustà del sensore, ottimo per capacità di dinamica e tenuta al rumore, ma lento nel readout (un ventesimo rispetto a Z8 e Z9) che ha obbligato Nikon a mantenere l'otturatore meccanico e che, se usata in modalità silenziosa, rende le immagini di soggetti in rapido movimento, sensibili agli artefatti indotti dal rolling shutter. La Zf nasce per dare le sensazioni d'uso di un tempo, però manca di ottiche dedicate con l'anello del diaframma funzionante. Ci sono solo due obiettivi - identici a quelli normali - che ne richiamano solo l'estetica. Ma in generale, oltre che bellissima e ottimamente costruita, ha ottime prestazioni e funzionalità anche sovrabbondanti per il fotografo tipo che la "dovrebbe" acquistare. Ne abbiamo parlato in anteprima qui : Nikon Zf : io sono leggenda ! *** Le tre fotocamere che abbiamo già trattato sono quelle più moderne e dotate dell'ultimo processore di immagini Nikon, il responsabile delle migliori prestazioni di autofocus, riconoscimento del soggetto, video evoluto, velocità di raffica. Le successive sono deficitarie in questi comparti e andrebbero considerate dai fotografi che effettivamente, per genere di fotografia praticata o per aspettative generali, non necessitino di quel genere di capacità. Pensando al formato DX, il 24x16mm, Nikon propone una linea di tre fotocamere che sostanzialmente ... sono la stessa macchina proposta in tre allestimenti differenti. Un pò come certe Volkswagen che si trovano negli autosaloni, marchiate anche Seat o Skoda (quando non anche Audi). le tre Nikon in formato DX condividono sensore, processore, batteria, differiscono per aspetto, ergonomia, porte di comunicazione, mirino Delle tre, sinceramente oggi non ci sentiamo più di consigliare la Nikon Z50, tranne che non venga offerta in kit con i due pregevoli zoom dedicati, ad un prezzo inferiore a quello di uno smartphone di fascia media. Pur avendo ancora buone capacità ed essere l'unica ad avere il flash incorporato, non ha la porta USB-C e anche alcuni aspetti a livello firmware sono stati trascurati. E' un pò come se Nikon si fosse dimenticata di lei per dedicarsi agli altri modelli. L'ultima DX proposta, già a metà dell'anno scorso, la Z30 invece, pur nell'assenza di mirino incorporato, presenta il miglior mix di capacità sia in ambito foto che video. E costa il giusto, oltre ad avere una ergonomia infinitamente superiore a quella della più "carina" Zfc che è la prima proposta Nikon di Z con aspetto vintage. Questa ha vinto tutti i concorsi di bellezza, sia nella versione nera che nero e silver e in tutte le possibili combinazioni di pelli colorate. Ma presa in mano a lungo provoca dolori. E come la Zf, manca di ottiche dedicate che consentano di evitare le ghiere del corpo macchina per cambiare il diaframma dell'obiettivo. Nessuna delle tre ha il nuovo autofocus con le librerie di riconoscimento oggetti, salvo il rilevamento dell'occhio di umani e animali (per lo più cani e gatti). Sono da considerare però la porta di ingresso nel mondo Nikon Z, avendo piena compatibilità con ogni obiettivo Nikkor Z. Costano il giusto, sono compatte e leggere. La Z30, in particolare, la più adatta per gite e scampagnate, da tenere in un tascone o in una borsetta minuscola anche quando dotata di un paio di obiettivi. Le ottiche, poche in formato dedicato, sono pregevoli, tutte di gran lunga adeguate alle necessità e superiori a quelle analoghe, offerte da Nikon per le reflex di questa categoria. Insomma, non sono seconde scelte ma vanno prese in considerazione avendo bene a mente cosa si cerca e cosa si ottiene nella scatola. Perché difficilmente potranno essere aggiornate se non con nuovi modelli. Di cui uno, pensiamo, uscirà nel 2024. *** Z6 e Z7 sono le prime Nikon Z presentate oramai 5 anni fa. Poi è arrivata la Z5, modello entry-level per le pieno formato e quindi sono state avvicendate Z6 e Z7 con modelli quasi identici salvo avere un doppio processore e la possibilità di montare un battery-grip con i pulsanti verticali (mentre Z6 e Z7 hanno solo un battery-pack senza comandi di controllo). Il sensore della Z6/Z6 II è originale ed ha buone caratteristiche ma è lento e soggetto a rolling-shutter quando usato in modalità silenziosa. Ha però ottime caratteristiche dinamiche e di tenuta al rumore. Diciamo che è forse il miglior sensore full-frame da 24 megapixel della sua categoria, pur con il limite della relativa lentezza. Il sensore della Z7/Z7 II è quello della Nikon D850 a cui è stata aggiunta la rilevazione di fase sulla matrice di microlenti sopra alla matrice di Bayer. La Z5 ha invece un sensore vecchio - quello della D750 che non ha ancora il dual-gain - ed è limitata in quasi tutte le sue prestazioni. E' nata per offrire un prezzo d'attacco aggressivo che però per noi dovrebbe stare ben al di sotto dei mille euro per essere attraente. Da evitare l'obiettivo in kit Nikkor Z 24-50mm, non perché abbia scarse prestazioni ma per la troppo ridotta escursione focale. la Nikon Z5 e in suoi due slot di memoria di tipo SD a destra, a confronto con la Z6 e il singolo slot XQD/CFexpress La domanda che nasce spontanea, dopo il cappello iniziale non può che essere : vale la pena di pensare ad una Z5-Z6-Z7 a fine 2023 ? In linea di massima ci permetteremmo di rispondere di no, non ci sembra il caso oggi. Se avete atteso fino ad ora, meglio attendere ancora qualche mese in più. Siamo certi che la Z6 verrà avvicendata nella seconda metà del 2024. Forse lo sarà anche la Z7. E le prossime macchine avranno prestazioni e potenzialità tali da renderle "quasi" soluzioni definitive. Ma nemmeno di fronte ad un usato sicuro o ad una offerta che non si può rifiutare ? Qui è d'obbligo il più sonoro dei dipende ! Dipende dalle esigenze del fotografo e se questo non avrà poi a pentirsene quando leggerà le specifiche della prossima generazione che metterà definitivamente fuori mercato la prima. Per fotografia "lenta", paesaggio, foto in studio, still-life, nulla che contempli l'azione, una qualsiasi di queste Nikon Z (e ci permettiamo di dire anche le macchine DX) va meglio delle corrispondenti reflex, specie se usate con gli obiettivi Nikkor Z. Oltre che naturalmente dal budget. Una Z6 a circa 1000 euro può essere un buon affare da tenere magari poi come secondo corpo e intanto allestire un bel corredo. La Z7 invece è sempre stata la Nikon Z con il peggior rapporto prezzo/prestazioni. Andrebbe scelta solo dall'estimatore di quel sensore ... Per la Z5 siamo ancora più scettici. Solo a prezzi molto marginali ma senza poi pentirsene. E la differenza tra Z6 e Z6 II e Z7 e Z7 II ? Non tali da stare troppo a pensarci. Le versioni II hanno aggiunto solo marginali capacità, soprattutto le due schede di memoria, un buffer maggiorato per la Z7, pochi altri dettagli oltre al battery-grip vero di cui abbiamo già detto. Nikon Z6 II e battery-grip per due Nikon EN-EL15b/c con comandi di scatto verticali Nikon Z5 e battery-pack semplice, senza comandi di scatto Salvo che non vi serva il video in formato 4K60p, quello lo offrono solo le versioni II (in full frame la Z7 II e in ritaglio DX la Z6 II). Ma è solo una questione di prezzi in fondo, con un budget ridotto da destinare anche agli obiettivi, allora meglio puntare su una Z6 di prima generazione "usato garantito" e spendere di più sulle ottiche, oppure risparmiare più soldi per la prossima Z6 III che temiamo andrà pericolosamente a sfiorare i 3.000 euro e cominciare a vendere tutto il materiale reflex che abbiamo ancora in casa prima che diventi difficile da "liquidare". State ragionando sul prossimo acquisto e avete ancora dubbi dopo le nostre considerazioni di questo articolo ? Chiedete nei commenti quanto vi rimane oscuro, chiarendo quale sia la vostra situazione attuale e le vostre aspettative. E noi faremo del tutto per aumentare la vostra indecisione confondendovi ancora di più le idee in modo persino più dettagliato !
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pagina delle caratteristiche dal sito del distributore Playstereo.com Versione riveduta e aggiornata dell'apprezzata HIFIMAN Ananda. Che incorpora i nuovi magneti stealth e il diaframma ultrasottile e si ripresenta con un nuovo look, tutto argento, per differenziarsi meglio da altri modelli della gamma. Nella prima versione si trattava sostanzialmente di una alternativa economica alle più prestigiose Arya, molto distanti dalle HE1000, di cui questa nuova versione ricalca un pò il look. il marchietto ANANDA NANO caratterizza l'arco di queste cuffie. che riprendono la forma del padiglione e anche la struttura dalle cuffie superiori. Ma con un pizzico di attenzione al risparmio nel sistema di articolazione dell'arco che di fatto impedisce ai padiglioni di seguire la forma della testa con leggerezza. Questo, unito ad una pressione piuttosto importante e ad una banda superiore - bella - piuttosto rigida, sulle prime non rende queste cuffie molto comode, almeno sulla mia testa. Allungando la corsa regolabile la pressione si attenua ma restano puntate sulla parte bassa. Non escludo che col tempo si adeguino alla forma della testa. In genere bisogna avere pazienza su questi versanti. Ma comunque Audivina (un guanto !), Arya e HE1000 restano di una categoria a se per quanto riguarda la comodità in testa. Detto questo, è tutto piuttosto solido e di qualità. I cuscinetti sono ottimi, morbidi (forse troppo), ben consistenti e aderenti. Anche la banda sembra superiore per consistenza a quella delle Arya. padiglioni e cuscinetti, approvati per fattura e consistenza. come la griglia di protezione, molto bella e resistente. La spugna interna praticamente nasconde del tutto i diaframmi, invisibili all'occhio e ben protetti. Nel complesso io le definisco molto belle. Non aggraziate come Arya e HE1000 ma siamo chiaramente in quella fascia di estetica e concretezza. *** Le cuffie hanno il classico spinotto da 3.5mm che le rendono compatibili con ogni cavo adatto a tutte le altre HIFIMAN di nuova generazione. Per cui le ho utilizzate con il miglior cavo che ho in caso, sull'integrato HIFIMAN R-27HE. L'impedenza da 14 Ohm anche se la sensibilità è medio-bassa, garantisce un carico facile ed elevata capacità di erogazione di corrente da parte dell'amplificatore. Io potrei scaricare decine di watt ma con il controllo di volume a meno della metà suonano già forte. Diamo un'occhiata alla risposta in frequenza. che è già all'origine decisamente molto corretta e lineare. Quasi una riga con una variazione inudibile fino a 3000 Hz. Dopo di che ci sono le solite oscillazioni in alta frequenza. Io fino a li non ci arrivi e nemmeno ci arriva la mia musica. Mentre la promessa di un basso e medio basso molto autorevole mi sembrano un buon viatico per queste cuffie, dopo le stranezze dei due modelli chiusi appena provati sul nostro sito. Ebbene, alla prova dei fatti, l'ascolto è di gran lunga il più soddisfacente che mi è capitato negli ultimi anni. Il basso è pieno, corposo, autorevole e punchy. Il medio basso risponde con la stessa velocità e autorevolezza. Il medio è pulito e chiaro. Nel complesso le definirei cuffie dal suono chiaro ma senza che nessuna gamma sai oscurata o prevaricata da quella alta che è si frizzante ma senza sibilanti o fastidiose esagerazioni. Neutre e concrete, sin dalla prima nota. Che sia jazz o heavy metal, sinfonico o barocco. Sono cuffie adatte a tutti i generi e a tutti gli ascolti. In particolare la voce femminile jazz con accompagnamento ritmico veloce. Ma non solo, il violino, il coro. cuffie autorevoli, dal suono pieno e piacevole, capaci di offrire un grande e notevole palcoscenico (senza pretese impossibili) con una buona evidenza di quanto in primo piano ma senza che scompaiano gli strumenti secondari. dire che la concretezza traspare dalla fattura. Così i miei dischi selezionati per i test si alternano veloci tra loro. Il suono resta chiaro e cristallino, ma questa è una firma del marchio, non di queste cuffie. Che invece si pongono esattamente nella mediana tra gli altri modelli, prendendo il meglio da tutti gli altri. Moderno, antico, complesso, semplice, senza differenze di interpretazione. Come se fossero cuffie di riferimento. Che al prezzo di € 559 è il complimento migliore che mi viene da fare. Naturalmente Arya, HE1000 Stealth e HE1000 SE sono li per offrire ancora più forza, ancora più dettaglio, ancora più analiticità, ancora - chi più, chi meno - effetto WOW. Che comunque a queste ANANDA NANO non difetta. Quasi che avessero preso, crescendo, tutto il meglio delle HE1000 senza alcuni eccessi sulle alte frequenza che non mi hanno troppo appassionato. Cuffie perfette insomma, con le sole riserve sull'indossabilità e comodità indotte da quel meccanismo di articolazione rigido e una certa inerzia nel copiare il profilo della mia testa. Forse non sarà così per tutti, ma per me, sulle prime, sono risultate non comodissime. Sul suono invece non ho riserve. E penso che con il tempo diventeranno ancora più piacevoli e naturali. Senza voler usare troppe iperboli, tra le HIFIMAN che ho provato sinora, sono le migliori per equilibrio, risposta e rapporto prezzo/prestazioni. Provatele un pò anche voi se potete. Non credo che le rimanderete indietro ! Giudizio complessivo PRO: belle e consistenti sia per materiali che per estetica fanno il verso non troppo velatamente alle HIFIMAN HE1000, come se fosse una sorta di loro manifesto di intenti facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) come per tutte le magnetoplanari, sempre poco sensibili coinvolgenti ed emozionanti hanno un basso perfetto, un medio corretto e una gamma alta mai invadenti il fronte sonoro è decentemente esteso (ma condensato sulla vostra testa, non fatevi troppe illusioni, cuffie sono !) rapporto prezzo / prestazioni eccezionale. Per delle planari non si può avere nulla di simile a questo prezzo ! CONTRO: scomode, l'articolazione dei padiglioni è modesta e la pressione sulla mia testa (non so sulla vostra) è elevata, spero che nel tempo si allentino perché così le posso tenere in testa per non troppe ore la dotazione è al solito scarna (solo il cavetto single ended); per farle suonare come le ho sentite io rischierete di spendere molto per il cavo come le planari in generale, richiedono un buon front-end per dare il meglio di loro (ma questo non è certo demerito loro !) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com
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