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Corredo Nikon (sintetico !)


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  1. Ci è arrivato in visione uno dei primi esemplari di Nikkor Z 70-180/2.8 che abbiamo provato per una quindicina di giorni nelle circostanze più varie. Alcune decine di migliaia di scatti per formarci un'opinione diretta, al di la delle specifiche e dei "si dice" del web. Ma prima vediamolo insieme. la scatola non desta sorprese, è la classica in cartone colorato di nero e dorato. tutti gli esemplari di normale importazione hanno queste etichette sul lato della scatola. In particolare il codice EAN : diffidare di quelli che non le hanno, sono di importazione "alternativa". naturalmente poi ci deve essere il marchio che assicura la garanzia Nital di 4 anni oltre all'adesivo Nital vip. aprendo la scatola sporgono i manualetti multilingue. sotto al primo separatore bianco c'è una scatoletta in cartoncino che contiene il paraluce, confezionato a parte. che funge anche da fermo per l'obiettivo che è posto al di sotto, avvolto in un foglio di schiuma bianca l'obiettivo e il suo paraluce. Qui siamo nella posizione a 70mm. Come sappiamo questo zoom si allunga all'aumentare della focale, come evidenziato in questo montaggio : alla fine è poca cosa ma è bene saperlo. Nell'uso non si nota, non c'è una netta sensazione di spostamento del baricentro. l'obiettivo è fabbricato in Cina mentre il paraluce nelle Filippine. Sappiamo che Nikon non ha fabbriche nelle Filippine e ufficialmente ha dismesso anche quelle cinesi dopo la chiusura delle linee di Coolpix e Nikon 1. esteticamente l'obiettivo è del tutto omogeneo con la restante linea Nikkor Z. In particolare facciamo notare l'anello programmabile, con la sua finitura diamantata, la scritta Nikkor argento, le serigrafie in rilievo e il grosso punto bianco in corrispondenza con l'innesto dell'ottica sul corpo fotocamera. ancora più evidenti in questo dettaglio. lo zoom ha una posizione di blocco in corrispondenza dei 70mm che serve a non far allungare inavvertitamente l'obiettivo quando è a riposo. Ovviamente va sbloccato prima per poter cambiare la lunghezza focale. queste riprese non fanno risaltare con immediatezza quanto sia compatto questo obiettivo. Nella realtà è lungo quanto il Nikkor Z 105/2.8 S e giusto un paio di centimetri più lungo del Nikkor Z 24-120/4 S con il quale si accompagna bene in un eventuale kit da vacanza compatto e prestazionale (cui magari associare quando necessario un Nikkor Z 14-30/4 S). Per questo lo abbiamo fotografato vicino al Nikkor Z 70-200/2.8 S VR : a 70mm a 180mm. Sappiamo che il 70-200/2.8 S non modifica la sua lunghezza al variare della focale. Andando alle specifiche effettive, il peso è inferiore agli 800 grammi, il passo filtri è di 67mm, mette a fuoco a 27cm in posizione 70mm e a 85cm in posizione 180mm. Ha un motore elettrico passo-passo, è composto da 19 lenti in 14 gruppi di cui 5 in ED, una in Super ED e tre asferiche. Il diaframma è a 9 lamelle ed è lungo, a riposo, 151mm. il passo filtri da 67mm è coerente con una parte della linea di obiettivi Nikkor Z di secondo equipaggiamento, come ad esempio, il Nikkor Z 28-75/2.8 e il Nikkor Z 17-28/2.8 con cui compone un ottimo trio di ottiche luminose in grado di creare un intero corredo. La lente anteriore è trattata in modo da essere repellente e facilitare la pulizia. é ovviamente dotato di anelli a tenuta di polvere e umidità ed è anche compatibile con i teleconverter Nikon TC 1.4x e TC 2.0x con i quali mantiene il totale automatismo. lo schema ottico, piuttosto sofisticato, che però non integra il classico gruppo di stabilizzazione dei teleobiettivi. In effetti questo obiettivo conta sullo stabilizzatore integrato alla fotocamera per compensare le vibrazioni e i movimenti indotti dal fotografo. MTF sintetico, piuttosto lusinghiero che promette buone prestazioni al centro, specie alla focale più lunga. *** Esaurita la panoramica, due parole su aspetto e consistenza. E' una costruzione leggera ed economica ma non in termini dispregiativi, anzi, prima di sentire quanto sia leggero, ha in verità un aspetto premium, merito della finitura sobria ma ben disegnata dei Nikkor Z. La ghiera dello zoom è consistente e ruota bene soprattutto grazie alla sua corsa molto breve. Anche il block Lock è solido e rassicurante. E' buono anche il paraluce che all'interno ha una finitura zigrinata per assorbire meglio i riflessi. Sappiamo - è inutile girarci intorno - che le origini di questo obiettivo sono Tamron, la prima apparizione di questo 70-180/2.8 é proprio avvenuta con marchio Tamron per Sony alcuni anni orsono. Il suo lancio, considerando il mix di caratteristiche e di prestazioni unite ad un prezzo aggressivo hanno fatto a suo tempo scalpore, tanto da convincere in un certo qual modo Sony a riprogettare (e riprezzare) i suoi due 70-200/2.8 ed f/4 per distanziarlo. L'ingresso nel sistema Nikon è per noi quindi ragione di curiosità, visto che i due ecosistemi non sono simili. Nikon qui ha fatto del suo meglio - diciamo anche che ci è riuscita - per integrare il progetto Tamron nel sistema Z, tanto che risulta indistinguibile esteticamente dagli altri obiettivi. Ma anche funzionalmente dobbiamo sottolineare il "miracolo" di renderlo compatibile con i due teleconverter (il Tamron per Sony non li accetta, per quanto ci consta) ma soprattutto di omologarlo al mondo Z via firmware. A dispetto dell'elemento frontale compatto (solo 67mm di passo filtri) non c'è accenno di vignettatura, nemmeno ai diaframmi più aperti. Non si vede alcuna aberrazione cromatica, almeno ad occhio nudo e se c'è distorsione, sinceramente sarà a livello strumentale. In quanto alle prestazioni generali, l'autofocus non è un fulmine, diciamo che è in linea con quello del Nikkor Z 24-200mm ma è preciso. Però di questo ed altro ancora parlerà in un inciso il nostro tester. complessivamente noi esprimiamo un giudizio positivo con alcuni caveat che confermano, se ce ne fosse stato bisogno, che il Nikkor Z 70-200/2.8 S non deve temere nulla da questo lancio. Si tratta di due obiettivi concepiti per fotografi differenti che appartengono a due categorie di prodotti molto diverse. Qui l'abbiamo voluto riprendere montato sulla Nikon Z9 ma nella realtà si trova più a suo agio sulla Z8 o su una delle altre Z full-frame che sono quelle che possono accoppiare l'obiettivo con il loro stabilizzatore integrato sul sensore. Escluderemmo di usarlo con Z50/Z30/Zfc salvo che con tempi di scatti veramente veloci. L'assenza di aggancio del treppiedi (perfettamente intonato con la filosofia del progetto "compatto e leggero"), non ci pare che vada incontro alla capacità di messa a fuoco molto ravvicinata e al rapporto di ingrandimento favorevole. Salvo, appunto, scattare con tempi di sicurezza molto elevati e/o con l'ausilio di illuminazione sempre adeguata. Ma questo è un campo che abbiamo volutamente evitato di esplorare ritenendo questo obiettivo un oggetto più indicato per la fotografia generale, mai quella specialistica, per la quale, per fortuna, il corredo Nikkor Z, offre opportunità più adeguate. Se questo articolo vi è sembrato utile mettete un like. A voi non costa nulla ma per noi fa una grande differenza per capire quali siano gli argomenti che i lettori trovano più interessanti. Non abbiate timore ad aggiungere i vostri commenti
  2. Appena arrivata nel nostro laboratorio la scheda CFExpress Sabrent Rocket da 1 TB (serie BLU). Sabrent è un noto marchio californiano che si è fatto un nome nel mercato degli SSD e in particolare gli M2 con tecnologia NVMe in cui compete con marchi come Samsung e la connazionale Crucial. Come sappiamo le schede CFExpress altro non sono che delle unità SSD di tipo M2 in formato 2240 inserite dentro ad un involucro corazzato. Quindi il passaggio a questo mercato - più vantaggioso in termini di margine unitario - è stato automatico anche per Sabrent. I prodotti sono progettati in California e prodotti a Taiwan, presumibilmente da TSMC (presumibilmente con stepper Nikon). Il modello in prova è quello più grande disponibile e costa su Amazon.it 284 euro. Esiste anche un taglio da 512 GB che attualmente costa solo 170 euro. Sono prezzi estremamente vantaggiosi in termini di costo effettivo per Gigabyte, e in questo momento, finita la crisi dei microchip si assiste ad una fortissima discesa delle quotazioni per eccesso della domanda. Per cronaca, al lancio questa scheda costava non meno di 700 euro. Abbiamo scelto il taglio da 1TB perchè abbiamo riscontrato che le schede più grandi offrono prestazioni superiori rispetto a quelle più piccole in tutti i prodotti di tutti i produttori, tranne le poche serie speciali come le ProGrade Cobalt e le Lexar Diamond. ASPETTO E DESCRIZIONE La scheda arriva in un micropacchetto nero che riporta la provenienza e la produzione. Tolta la scatoletta, ci troviamo davanti ad un cassettino metallico imbottito che da una forte sensazione di prodotto premium la scheda è analoga per design a tutte le altre che abbiamo provato. Al tatto sembra leggermente più leggera delle altre presenti in laboratorio. parata di schede CFExpress. Avendo fatto già delle comparative in passato sullo stesso sistema di lettura (pc Windows con Intel i9 e lettore USB 3.2 ProGrade) vi rimandiamo a quelle per vedere le prestazioni delle altre schede. Le trovate su queste stesse pagine. PRESTAZIONI DI LABORATORIO La scheda è arrivata non formattata. E' stato necessario usare la Z9 per la prima formattazione, dopo di che anche il pc l'ha regolarmente rilevata. formattata in exFat mette a disposizione oltre 1 miliardo di byte equivalenti a 953 gigabyte. Una prima verifica "nel mondo reale" è sempre la copia di file dal computer. In questo caso svariate cartelle di file NEF per un totale di 850 Gigabyte copiate da un disco M2 Crucial da 4TB capace di circa 3500 MB/s di velocità massima. Il trasferimento si è avviato mantenendo una media effettiva di circa 400 MB/s ma la temperatura si è subito impennata andando dagli iniziali 52 °C fino a destare allarme pericolo rosso a 84 °C al trasferimento di 528 GB. Sono condizioni anormali per cui raramente una scheda sarà impegnata. Tranne che per la registrazione di video 8K, formato per cui questa scheda non è versata ... Durante il classico test eseguito con Crystal DiskMark la temperatura è stata mediamente sui 62 °C mentre usando BlackMagicDesign Disk Speed Test - che simula continui trasferimenti di video - abbiamo rilevato un'altra impennata di temperature ancora sotto controllo ma quasi al limite critico. Andando alle prestazioni sintetiche rileviamo una capacità interessante : che però non abbiamo riscontrato nell'uso corrente come testimoniato anche nel video (parte scrittura a sinistra). Le crocine bianche indicano i test falliti. In conclusione si tratta di una scheda di memoria adatta alle fotografie e ai formati video non sofisticati. Non la useremmo mai nei formati a 10 o 12 bit né nel video 8K. Con la Nikon Z9 abbiamo misurato un "accettabile" ma ben lungi dall'essere record capacità di saturare il buffer con 50 scatti in NEF con compressione senza perdita. Che sono diventati 225 con la compressione elevata alla massima qualità. Nello stress test che prevede 60 secondi di dito premuto sul pulsante di scatto anche all'esaurirsi del buffer, questo si traduce in circa 11.3 scatti al secondo con compressione migliore e 16.4 scatti al secondo con la compressione media. Come con le altre schede non abbiamo avuto interruzioni negli scatti con la compressione elevata che è di fatto equivalente, per capacità di raffica, all'uso del jpg. Conclusioni preliminari Premesso che queste misure non sono necessariamente riproducibili e che vanno prese per quello che sono ... ovvero misure di laboratorio, al confronto abbiamo una scheda di prestazioni medie, non eccezionali ma nemmeno scadenti, ma con una capacità di memorizzazione esagerata per le necessità del fotografo medio (la immaginiamo come scheda unica durante un lungo safari o un lungo viaggio in qualche località esotica senza computer di backup al seguito) con un vantaggiosissimo rapporto prezzo/capacità. Con qualche caveat relativo alle temperature di esercizio che possono diventare elevate. Per le quali ci riserviamo di approfondire dopo almeno un mese di utilizzo continuo sul campo nelle più sfidanti condizioni di scatto reale.
  3. Articolo scritto in una giornata grigia e piovosa in cui viene da dare i numeri. Scherzi a parte, il Nikon Z 105mm f2.8 MC è un obiettivo eccezionale ma, come tutti gli obiettivi di oggi riduce la focale effettiva alle brevi distanze così ad esempio, per avere un rapporto di riproduzione di 1:1 si deve arrivare vicino, 29cm dal sensore (molti meno dalla lente frontale) per una focale reale di 72-3mm e "solo" 36cm per avere un rapporto di riproduzione di 1:2 con una focale reale di 80mm. Focale effettiva su corpo Fx: Variazione della focale effettiva del Nikon Z 105mm f2.8 MC A me, come a molti molti altri appassionati di macro sul campo, alle volte piacerebbe avere una maggiore distanza di messa a fuoco a parità di rapporto di riproduzione, per controllare meglio lo sfuocato, la luce, più spesso per non far fuggire il (o farci assalire dal) soggetto. Per questo amiamo focali macro un po' più lunghe come il 150mm o il 180mm. Purtroppo non esiste un tele macro nikon Z di quelle lunghezze focali. Esiste un modo di compensare perlomeno la riduzione della focale effettiva con il 105mm? E' ovvio che passando da un corpo Fx ad uno Dx si ha un aumento della focale equivalente di 1,5 volte. E' una soluzione, ma non è quello che mi interessa mostrare oggi. L'articolo è rivolto a chi non ha corpi Dx e non gli interessa procurarseli. Con il vecchio Nikon 105mm f2.8 AFS VR G era possibile montare un moltiplicatore, ad esempio con un TC 14 si otteneva un 150mm abbastanza valido. Il Nikon Z 105mm f2.8 MC non accetta i moltiplicatori, però c'è un altro modo di recuperare almeno la focale effettiva con un semplice trucco che permette di scattare a distanze maggiori di quelle specificate. Basta usare un tubo di prolunga. Il tubo Meike da 18mm Normalmente si usano i tubi di prolunga per avvicinarsi, qui invece lo propongo come mezzo per restare più lontani!! Come ho scritto altre volte, aumentando il tiraggio con il tubo, per avere il soggetto a fuoco l'obiettivo si troverà a dover focheggiare ad una distanza nominale superiore a quella effettiva. Nell'esempio che propongo, con il tubo Meike da 18mm, alla distanza reale di 29cm l'obiettivo si posizionerà su una distanza focale di oltre 50cm recuperando quasi completamente la lunghezza focale nominale. Secondo i miei conti, se non ho preso abbagli già a 47cm abbiamo una focale effettiva pari a 105mm circa. Focali effettive su corpi FX con e senza il tubo di prolunga: In questa serie di immagini mostro come sia possibile restare più lontani ed avere un maggiore ingrandimento. Se mai dovesse servire, sapete che si può fare, senza alcuna perdita di qualità, si perde solo un po' di luce. Per capire, ecco un esempio pratico (nessuna postproduzione nè interesse per l'estetica, la profondità di campo o che, le foto con il solo scopo di mostrare i rapporti di riproduzione), il Triceratopo è lungo 12cm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 67cm si ha ha un RR di 1:5 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 93mm, a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 57cm si ha ha un RR di 1:4 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 91mm a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 47cm si ha ha un RR di 1:3 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 88mm a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza di messa a fuoco di circa 36cm si ha ha un RR di 1:2 con il solo obiettivo (a sinistra), che ha focale effettiva di 80mm, a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Alla distanza minima di messa a fuoco di circa 29cm si ha ha un RR di 1:1 con il solo obiettivo (a sinistra) che ha focale effettiva di 72mm, a destra il RR con il tubo di prolunga da 18mm. Come è tipico per i tubi di prolunga l'effetto è più marcato a focali effettive minori . Un grafico delle due soluzioni (corpo Dx e tubo di prolunga) a confronto. NOTE: Ho usato un tubo corto (18mm) perchè con lunghezze superiori a mio avviso diventa sconsigliabile usare questo metodo per aumentare le distanze, sia per la perdita di luce, che per la possibilità che il tutto si riveli meno pratico ed efficiente. ma nulla vieta a qualcun altro di provare (poi magari pubblicare i risultati ) E' chiaro che con i tubi di prolunga si perde la possibilità di mettere a fuoco ad infinito, ma se stiamo facendo macro la cosa in quel preciso momento non ci interessa. DISCLAIMERS: 1) Non è un metodo indispensabile, il 105mm f2.8 MC può benissimo essere usato da solo, con un po' di accortezza si fa di tutto; qui ho solo voluto mostrare che esiste questo effetto e, se serve o anche solo per gioco, si può sfruttare. 2) Esistono cento altri modi di fotografare da più lontano (lenti addizionali su tele zoom ad esempio), lo so e ne ho scritto spesso, ma il focus di questo articolo è il Nikon Z 105mm f2.8 MC. Silvio Renesto
  4. Avendo temporaneamente sottomano tre 105mm macro, una DSRL Nikon Dx (D7100), Una Mirrorless DX (la Z Fc) e in più una Mirrorless APS-H (la SIGMA Sd QUATTRO H),con un po' di tempo da stare in casa, ho voluto fare un mini test più per curiosità che altro e vedere da una parte come si comportano i tre 105, dall'altra confrontare la resa del Nikon Z 105 MC su Z fc con quella del 105 SIGMA sulla SD QUATTRO H, in situazione da laboratorio. Alcune osservazioni preliminari 1) Questo articolo è solo un piccolo test, non vuole assolutamente essere al livello del super completo confronto tra i due 105mm nikon di Max Aquila: 2) Il mio discorso Z vs SIGMA è ristretto alla foto statica in ambiente controllato. In natura su soggetti animati/li l'operatività della SIGMA è ... problematica. OK, detto questo, vediamo il protocollo di lavoro ho proceduto così: ho preso un preso un pezzo di arenaria (una roccia derivata da sabbia) e l'ho fotografato ad un rapporto di riproduzione intorno ad 1:2. Ho scattato con la D7100 e il 105mm micro G Con la Z Fc ed il 105mm MC Con la Z Fc ed il 105mm micro G (+ FTZ) Con la SIGMA Sd QUATTRO H ed il 105mm Sigma apo macro. Ho portato tutte le foto a 20mpx. Tutte le foto a 100 ISO , f8 e con il pannello a led MOMAN per avere la stessa luce. Risultati, foto ridotte a 3000x2000pixel cliccare per aprirle. Nikon D7100 e 105mm Micro G Nikon Zfc e 105mm micro G Nikon FZfc e Nikon Z 105mm MC SIGMA Sd QUATTRO H e 105mm Sigma Apo Macro. Conclusioni. Personali e soggettive. Potete non essere d'accordo che resteremo amici comunque . Sicuramente mi vien da dire che l'idea di abbandonare le DSRL per le Z è più che giustificata! (Vi ricordo che l'illuminazione è la stessa per tutte le foto). L'osservazione di Max che il 105 micro G migliora sensibilmente sulla mirrorless anche Dx è pienamente supportata anche da questo test. Il Nikon Z 105mm MC ha però una superiore nitidezza e, anche se non è il soggetto più adatto, comunque mostra una più graduale transizione fra zone a fuoco e fuori fuoco. La SIGMA "spacca", questo contesto è il suo pane ma, sorpresa, la differenza di nitidezza con il 105 MC è direi quasi irrilevante, tenendo conto che nella foto con il 105 SIGMA la riduzione a 20mpx dagli originari 24 mpx della SIGMA ne ha aumentato la percezione di nitidezza. Tutto questo "a prescindere" dalle differenze di ergonomia, velocità di scrittura e tutto il resto che ben conosciamo e che nell'uso pratico fanno propendere per Nikon (Z) nella maggior parte dei casi (anche se non tutti, la SIGMA in alcune situazioni ha sempre la sua ragion d'essere). Eccoci al termine di questo mini-test. Spero abbia detto qualcosa anche a voi.
  5. PRO ben costruito, vetro e metallo diaframma dal funzionamento rassicurante nitidissimo sul piano di messa a fuoco (il che per questo prezzo non è mica scontato !) sfuocato onirico oltre il piano di messa a fuoco consente effetti di fuoco selettivo sensazionali obiettivo per "creativi" relativamente economico (credo intorno ai €200) CONTRO discreta distorsione da correggere a mano assenza di trattamenti antiriflesso di livello superiore sfuocato "strano" davanti al piano di messa a fuoco inutile chiudere il diaframma, le foto migliorano ma si perde carattere Arriva nell'usuale "cubetto" di cartone telato, elegante ma e compatto, il nuovo TTArtisan 35mm f/0.95 disponibile con attacco Z. E' il fratello corto del 50/0.95 che abbiamo provato questa estate. A differenza di quello che, bene o male copriva anche il formato pieno pur essendo progettato per APS-C, questo è strettamente DX, quindi praticamente un normale ultraluminoso. Un obiettivo del genere si compra per usarlo sempre a tutta apertura. Infatti, sebbene le sue caratteristiche ottiche in generale migliorino chiudendo il diaframma, non vedo perché farlo. Ci sono 35mm migliori per fare foto a diaframma chiuso, a cominciare dal 16-50 del kit di Z50/Z30/Zfc. Lo sfuocato è onirico, come deve essere, e il carattere delle fotografie di questo obiettivo si presta al genere "nostalgico". Ascoltate un disco di musica biedermeier mentre guardate le sue foto e vi sentirete tutti merletti e nastrini. ovviamente, come si conviene per i superluminosi, non c'è modo di evitare l'aberrazione cromatica assiale (verde dopo il fuoco e magenta prima del fuoco) che si mantiene nei punti luminosi, riprodotti abbastanza bene. C'è una discreta distorsione a barilotto che va corretta a occhio (io ho impostato +16 in ACR) lo sfuocato come dicevo è onirico ma davanti al punto di messa a fuoco, a volte succedono cose "strane" mentre nelle vedute non ho notato stranezze guardate la bellezza dello sfuocato sulla sinistra, oltre il fuoco e i pasticci sulla destra, sul tronco, prima del fuoco anche in questa foto, oltre la ringhiera ma naturalmente noi abbiamo occhi per guardare quello che succede nel frame, no ? una giornata senza sole al lago, depressione pura, ben impressa dall'obiettivo nelle foto Naturalmente, sfruttando anche la distanza minima di messa a fuoco di soli 35cm ho voluto provarlo anche nel ritratto. Sempre ad f/0,95. Le foto che seguono non hanno praticamente postproduzione devo ammettere che io ho grandissima facilità di messa a fuoco con questo obiettivo, una sensazione che con il 50/0.95 non sono riuscito ad avere I colori sono abbastanza morbidi. Siamo sempre a tutta apertura. ma la nitidezza sul piano di messa a fuoco è elevata. Che per un obiettivo da circa 200 euro è difficile da immaginare. *** Costruttivamente è un gioiello. Confesso che l'ho voluto per mostrarlo con Morgana, la mia nuova Nikon Zfc Black Edition. A me pare che stiano benissimo insieme. L'obiettivo è tutto in metallo e vetro. Solido con una sensazione di luxury diffusa. il tappo è a vite, ben dimensionato e ben costruito. Con incisioni nitide. Non c'è paraluce in dotazione. Ammesso che serva. Non ho provato ma credo che prenderà ogni riflesso possibile se ci mettiamo in condizioni di abbagliarlo. attenzione al diaframma. E' bello ma non è perfettamente circolare. Cosa che si traduce in uno sfuocato non proprio bellissimo quando chiudiamo il diaframma. Raccomando di comprare ed usare questo obiettivo perché è un f/0.95 qui, completamente aperto. Riflessi verdi in un occhio di luce. piccolo, compatto, leggero, eppure robustissimo. Il diaframma ha un click leggero ma rassicurante. Anche nel video mi sono trovato bene, di seguito alcuni videoclip montati senza pretese, se vi va, date un'occhiata. Nel complesso è un bell'oggetto. Calibrate le vostre aspettative e vi troverete bene. A me piace e anche solo per questo, fa da gemello al 50/0.95.
  6. Si, lo so, per un sacco di tempo mi sono detto : c'è un 24mm DX Nikon, in roadmap, Viltrox non ha una rete di assistenza, Viltrox di qua, Viltrox di la. Ma poi ho provato il 13mm f/1.4 e sono rimasto folgorato. Il miglior obiettivo DX che io abbia mai avuto per le mani. Ho comprato il 56/1.4 e mi sono ritrovato qualche cosa di meglio del vecchio Voigtlander da 58mm con cui abbiamo giocato spesso con le nostre reflex. Ed eccomi qua con il nuovo piccolino, un bel 23mm f/1.4 AUTOFOCUS, equivalente ad un 35mm in formato classico. In livrea argento perché Bella lo voleva così ... per fare pendant alla sua acconciatura argentata e poi, vuoi mettere quando indossa i suoi diamanti ? la scatola non riserva sorprese. dentro ci sono le solite dotazioni. lui è bello massiccio, tutto in metallo tranne i tappi. qui con suo fratello, quello nero, montato su Bella reduci da tanti shooting insieme ed eccoli al primo abbraccio. Argento su Argento ! i fusti dei due obiettivi mi sembrano identici. Cambiano i paraluce. e a me così, piace da morire. Che ci volete fare ! Insomma, ecco la presentazione. Il peso è circa 300 grammi. Il fusto è 69x73mm, il tappo è da 52mm. La distanza minima di messa a fuoco è di 30 cm. schema ottico ed MTF senza sorprese. L'autofocus è veloce, con motore passo-passo. La messa a fuoco precisa. Ovviamente funzionano tutti gli automatismi Nikon. Insomma, un buon primo incontro. Nei prossimi giorni l'articolo proseguirà con il test approfondito. Bene, abbiamo visto che è ben costruito ma come va ? E' bello, solido, ben costruito e anche nella livrea silver si presenta bene (meglio dal vivo che in foto). Ma ovviamente qui ci interessano le prestazioni. Bene, in estrema sintesi, comune denominatore di questi Viltrox APS-C (almeno per quanto riguarda 23-33-56, perchè il 13 è di una categoria a se stante, per ora) è quello di essere obiettivi "vecchia scuola". Ovvero, hanno una resa a tutta apertura buona ma non eccezionale. Bisogna chiudere ad f/2-f/4 per avere una buona nitidezza. Che resta ottima in centro ma non agli angoli. Insomma, per certi versi è come avere la riproposizione di certi obiettivi Nikon AF dei "bei tempi andati", quelli con un carattere loro. Lo conferma la presenza di una certa quantità di aberrazione cromatica assiale, visibile ai diaframmi più aperti che si corregge ma non del tutto : vedere il dettaglio di questo scatto ad f/1.4 sarà sempre presente in tutte le vostre foto : verde dopo il fuoco e magenta prima del punto di messa a fuoco. La vignettatura non c'è probabilmente corretta del tutto in automatico. L'obiettivo ha un profilo in ACR/LR : mentre c'è un filo di distorsione a barilotto, presente ma non eccessiva. Ricordiamoci sempre che si tratta di un obiettivo da 23mm anche se copre il campo di un 35mm. In tema di flare e di riflessi il trattamento è accettabile e non si riscontrano situazioni drammatiche (come il caso del TTArtisan da 32mm f/2.8 provato sia da me che da Max su queste stesse pagine). Anche sul tema "colore" possiamo dire che è un obiettivo "vecchia scuola" con una resa un pò pastello su cui si deve intervenire - se si vuole - a proprio gusto. nitidezza in centro ad f/1.4, un pò di confusione oltre colori "vivid", un pò addomesticati secondo il mio giudizio (ma siamo pur sempre in novembre). Per il resto è un obiettivo piacevole, non piccolissimo sulla Zfc per cui è assolutamente raccomandata l'impugnatura SmallRig Adatto per passeggiate ed istantanee Io lo trovo piacevole e lo raccomando "senza pretese" di assoluto, come ci aspetteremmo da un Nikkor Z di classe S (di quelli da 1000 e più euro al pezzo). CONCLUSIONI PRO ben costruito, tutto in metallo, paraluce incluso ha l'anello dei diaframmi funzionante in automatico senza settare nulla in menù ha prestazioni "vecchia scuola" sul morbido e con un carattere suo l'autofocus è ineccepibile in tutte le modalità, il motore è silenzioso ha il profilo per ACR/LR per le correzioni automatiche in sviluppo dei NEF il rapporto prezzo/prestazioni è ottimo, considerando che per quei soldi Nikon ci vende obiettivi in plastica (baionetta compresa) e senza nemmeno il paraluce, con luminosità di 1-2-4 stop inferiore insieme ai fratelli 33 e 56mm rappresentano un bel corredino APS-C per le nostre ZFc/Z50/Z30 senza spendere un capitale di luminosità elevata rispetto agli obiettivi a corredo di Nikon si trova sui principali canali online CONTRO presenza di aberrazioni cromatiche assiali piccola distorsione a barilotto è comunque un 23mm non è un vero 35mm abbastanza morbido a tutta apertura, bisogna chiudere ad f/2.8-f/4 per avere il massimo di nitidezza l'assistenza Viltrox è inesistente io comunque nel complesso lo raccomando. Non perché io l'abbia comprato e mi senta di difenderlo, perché è un obiettivo "giusto". Chi invece pretende il massimo non ha che da orientarsi su un Nikkor Z di fascia S *** Alcune considerazioni generali su Viltrox e su questi obiettivi. Questi obiettivi APS-C (aggiungo il 13/1.4 che reputo eccezionale e di fascia superiore agli altri 3) colmano una lacuna nell'offerta di Nikon per le nostre Nikon Z APS-C. E in quanto tali li apprezziamo. Nikon ha promesso un fisso da 24mm in formato DX che è presente da tempo in roadmap ma ancora non si vede. Dalla sagoma sembra più piccolo e sarà evidentemente in plastica e quindi molto leggero. Probabilmente più adatto di questo alla Nikon Zfc, perchè la sua presa inesistente rende difficoltoso tenere in mano obiettivi così "concreti" di metallo e vetro. Ma probabilmente non sarà luminoso come questo. Che - nella filosofia di Max Aquila - è disponibile oggi. Quindi Carpe Diem ... Ma ... noi non siamo collegati con Viltrox. Questi Viltrox li ho comperati io di tasca mia. Perchè mi piacciono e mi piace come sono fatti, come stanno sulla Zfc, come funzionano. Senza la pretesa che siano il massimo. Che non si rompano ... e quindi che non sappia con chi far valere la garanzia. In questa ottica e su ragionamenti di medio periodo, io preferisco sempre il prodotto Nikon, garantito da Nital. Se però è presente sul mercato e costa un prezzo che è correlato al bisogno che le mie Zfc assolvono. Che non è quello che assolve la mia Z9. A buon intenditor ...
  7. Z 17-28 unboxing.mp4 Non appena annunziato ne abbiamo dato notizia ...non appena avuta la notizia... ce lo siamo fatto mandare ! e quindi, eccovelo... Montato sulla Z5 che non sarà l'unica Z ad accoglierlo, a nostro avviso, essendo la soluzione più congeniale per inserire in corredo uno zoom wide 0,65x che copra alcuni tra i più frequentati angoli di campo come quelli dei grandangoli 17, 18, 20, 24 e 28mm tutti alla luminosità da "triade" di f/2,8 E chi sarebbero gli altri componenti la triade? Intanto il già noto 28-75mm della stessa luminosità, già testato su queste pagine pochi mesi fa che condivide con questo nuovo 17-28 la discendenza progettuale Tamron, essendo uno dei cinque obiettivi dell'accordo stipulato da Nikon con questo marchio. Il terzo, in ragione dell'economia di acquisto, potrebbe intanto essere il primo degli zoom tele di Tamron dedicato alla baionetta Z, quel 70-300/4,5-6,3 del quale abbiamo detto appena un paio di mesi fa, che già completa l'offerta per Nikon Z in un segmento finora non presente nelle roadmap Nikon. Una soluzione in economia che non preclude ovviamente l'acquisto del ben più performante Nikkor Zoom 70-200/2,8S che però si trova su un altro livello di prezzo. Torniamo al 17-28: come anticipato nel video dell'unboxing, parliamo di uno zoom che pesa appena 470 grammi ed ingombra quanto, o poco più, di un 50/1,8S distanza minima di maf 19cm alla focale minima, 26cm a quella massima. Diaframma a nove lamelle e motori AF stepper, come ormai consueto per Nikon. Non stabilizzato (ma sfrutta il VR del corpo macchina) Schema 13 lenti in 11 gruppi (come quello del Tamron da cui proviene), molte delle quali speciali ghiera programmabile a scelta per diaframma/esposizione/iso la zoomata e la messa a fuoco non producono allungamenti di sorta le proporzioni lo legano alla serie Z delle 5, 6 e 7 MK1 e 2, ma non dubito di vederlo ben figurare anche su di una Z9 per le sue caratteristiche da jolly, una volta assegnatogli uno spazio in borsa. costruito in Cina, ma ormai siamo abituati. Certamente garantito da Nikon, chiunque sia il progettista che lo ha disegnato e, nella fattispecie del distributore italiano, per ben 4 anni dall'acquisto ! Nei prossimi giorni lo metterò alla frusta sulle mie Nikon Z. Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022
  8. Per ammirarlo, lo avete già ammirato, al meglio delle sue possibilità, su di una dannunziana Zfc di verde vestita (tutta di verde mi voglio vestire...). Io invece l'ho usato per fotografare, cercando il modo di esaltarlo, a cominciare dalle sue qualità: quella di essere forse il fisso grandangolare più luminoso mai progettato per il formato APS-C, quantomeno per Nikon. sicuramente uno dei più belli, esteticamente, disponibile in nero oppure in silver... infine, di risultare un ottimo 20mm equivalente, da 94° di angolo di campo ! non solo per i dati di targa Ergo...aspettiamo ancora che Nikon si svegli e cominci a commercializzare gli obiettivi promessi per le sue macchine presenti e future in formato DX ??? (tra i quali, qui in Redazione di Nikonland, siamo pronti a scommettere che mai apparirà un 13/1,4...) oppure.... CARPE DIEM !!! ...mettiamoci l'animo in pace e cerchiamo di prendere il meglio dalla produzione cinese, che comincia da qualche tempo a dimostrare di essere in grado di produrre per la qualità e non più solamente per il facile profitto, basato su numeri incontrollati a prezzi infimi: questo Viltrox, sui canali commerciali usuali per questi marchi, costa poco meno di 500 euro, ossia molto meno della metà di un Nikkor Z 20/1.8 (il suo riferimento in FX), ed soltanto un terzo di uno zoom Z 14-30/4 che è uguale per peso e dimensioni, ma meno luminoso di ben tre stop...!!! La qual cosa, fa di questo Viltrox un vero game changer... non solo in bianco e nero, come grida a gran voce di essere utilizzato il più possibile (da chi sappia cosa sia il BN) ma anche fortissimo, vigoroso e facilmente orientabile, senza postproduzioni, direttamente on camera, anche a colori: per i più saturi dei quali ha un debole. Quindi...non solo interni a tutta apertura... ma assolutamente anche esterni e ai diaframmi più consoni: sembra rispondere a tutti nel medesimo modo, senza transizioni da morbido a definito e si comporta come vorrete, se padroneggerete profili colore e modalità di esposizione: come in questi due scatti ripresi dallo stesso punto di ripresa si presta, grazie alla perfetta integrazione con i controlli di distorsione ed aberrazione attraverso i sw delle Nikon Z, anche allo stitching nudo e crudo come in questo, realizzato con una semplice traslazione a mano libera, con sette fotogrammi successivi, uniti poi su Lightroom. Obiettivo facile da gestire, su tutte e tre le Z DX con cui l'ho usato, con una preferenza particolare per le sue doti da street performer della nuova Z30, che è anche la Nikon Z con la migliore disposizione dei comandi, insieme alla Ammiraglia Z9. Quindi perfettamente indicato per le uscite fuoriporta e le gite in famiglia dove la sua brillantezza e nitidezza, definiscono ogni tipo di illuminazione diretta o in controluce in qualsiasi condizione, grazie alla sua luminosità intrinseca la quale porta con facilità a sfidare ogni limite di convenienza (sempre ricordandoci di non avere VR a disposizione) Chi non vorrebbe sapere cosa nascondano le rosse cupole arabe della chiesa di San Cataldo a Palermo? ed ecco che il Viltrox 13/1,4 dà il meglio di se... anche senza rispettare canoni architettonici e messe in bolla... ... suscitando pura suggestione Dalla Cappella del Sabato (per le religiose del convento) della gesuitica Casa Professa: alle sue cripte... ...questo obiettivo è un "must have" in tutte le borse di chi possegga una Nikon Z dx... e quasi quasi, direi anche di chi, possedendo una Z7 o 7II voglia levarsi lo sfizio del 20mm equivalente senza dover spendere una cifra... lavorando in DX su quel sensore ben capace di segnale. Il resto è...mancia ! Ordinaria amministrazione per un obiettivo del genere, se portato a Ballarò, tra colori, forme, sapori e odori, che questo Viltrox riesce, a mio modesto avviso, a veicolare... Credo che facilmente ci si possa fare un'opinione... E se non sarà il giorno delle carpe sarà quello del pescespada ! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022
  9. Uno, due, tre, quattro..., sei, sette e mezzo! Obiettivi da 7,5mm pur se sul formato ridotto, non sono certo in tanti. Tra questi spicca, da poco anche in Z-mount, il TTartisan f/2 un fisheye rettilineare APS-C caratterizzato da un MTF incredibile, da uno schema articolato, con ben 5 elementi speciali, da un peso contenuto in soli 350grammi e, per non guastare il tutto, da un prezzo di vendita sconvolgente, inferiore ai 180 euro. Ovviamente MF, privo di qualsiasi contatto elettrico e dotato di una pdc tale da tenere a fuoco dalla minima maf di 12cm fino ad infinito, già dai diaframmi medi, tanto da rendere quasi inutilizzabile la massima apertura di f/2....se non ci fosse, in bundle all'obiettivo, anche un microscopico filtro ND1000 (mille, ossia -10 stop) in vetro, da avvitare alla lente posteriore, del diametro incredibile di soli 27,5mm... davvero inconsueto. Il tappo anteriore in metallo è invece scomodissimo, perchè ha due punti solamente di contatto, quelli dell'accenno di paraluce incorporato al fisheye: balla in continuazione e scappa al primo attrito. Consiglio di tenere in borsa l'obiettivo sempre col tappo anteriore in alto, per evitare fortuiti sfregamenti fra bordo in metallo e lente anteriore dell'obiettivo. 7,5mm equivalgono a 180° di angolo di campo proprio come quelli del mio 11/2,8 TTartisan in FX, che ho usato davvero poco negli ultimi tempi, ma che aveva colpito nel segno, anch'esso, due anni fa, al tempo della mia prova su strada Per non smentirmi, ho utlizzato anche il suo fratellino DX negli stessi ambiti dove allora avevo scattato le immagini del test: attratto più dagli ambiti ristretti, dentro i quali angoli di campo simili causano implosioni che caratterizzano gli scatti e ne determinano l'interesse all'acquisto. Ma non solamente effetto a tutti i costi: perchècon questi obiettivi, scegliendo con accuratezza punto di ripresa e contesto, ci si può permettere l'illusione della curva continua, proprio come dovremmo interpretare l'orizzonte conosciuto... il sole è ben difficile dissimularlo con superfici di vetro così estese ed omnicomprensive: allora tanto vale...interpretarlo con gli spicchi del diaframma a sette lamelle di questo fisheye, difetti da ghost inclusi oppure nasconderlo, facendo spostamenti anche solamente di pochi millimetri dell'angolo di ripresa... E la magnificenza dei mosaici in oro zecchino della cattedrale ortodossa di Palermo, la Chiesa della Martorana, ve li ricordate? gira la testa anche a me, mentre inquadro ruotandomi di 90 gradi sul soggetto nella volta nulla più che un fisheye può dare il senso del Tutto di simili meraviglie pur mantenendo in questo modo, anche ai diaframmi più aperti, un grado di nitidezza così elevato su tutto ciò che risulta inquadrato Cambiando contesto, ma non concetto: guardate pur compresso dal punto di ripresa, l'esterno della guglia del Santuario della Madonna delle Lacrime di Siracusa, alta ben 74m ed invece al suo interno... l'appiattimento che ne deriva dalla proiezione angolare del fisheye e nel suo punto di massima ortogonalità...: impensabile...! quando, senza restare in bolla, si espande invece l'orizzonte della nostra altezza relativa (questo genere di obiettivi dovrebbe essere utilizzato da giocatori di basket) oppure esagerando...in una curava barocca continua... Saltando di palo in frasca, abbandonando gli eccessi architetturali e sconfinando in territori più congeniali, anche per testare colore e nitidezza... facendo appena un pò di attenzione alle linee cadenti... e neppure poi tanta... dove non ci siano riferimenti lineari, se non curvilinei, ecco che è il suo... e ho scoperto come il formato 16:9, tarpando il fotogramma, aiuti non poco a distrarre dall'...effetto speciale che questo genere di obiettivi ha nomea di essere Vogliamo aggiungere una luce ausiliaria a migliorare il rapporto luminoso di contrasto? Un piccolo Godox MF12 tenuto con la sinistra mentre la destra sorregge fotocamera ed obiettivo (a proposito, per scattare queste foto ho usato tutte e tre le Z DX, ossia Z30, Z50 e Zfc, in ordine di quantità di scatti) con il calabrone a pochi cm da me... Insomma continuerei ad oltranza con le foto che mi sono divertito a scattare, entrando nella scena, come queste che seguono, realizzate a Ballarò ma probabilmente a causa delle vibrazioni o di qualche urto subito nel viaggio che lo ha portato da me a Palermo, a questo bel fisheye gli si è allentata la baionetta Z e sono in attesa di portarlo ad un fotoriparatore per il serraggio che io non riesco a realizzare. Peccato, perchè così non ho ancora avuto modo di utilizzarlo col suo filtrino ND1000 che è di certo il valore aggiunto per un obiettivo del genere, con cui si fotografa prevalentemente in iperfocale, senza neppure spostare da infinito la ghiera di maf , con diaframmi da f/8 o più chiusi ancora. Mi riservo pertanto di integrare il test: che non può che essere globalmente positivo, fatta la tara ai difetti connaturati a questa categoria: Pregi: qualità: brillantezza, nitidezza, colori poca vignettatura per un obiettivo così luminoso compattezza e, pur essendo costruito tutto in metallo, il peso prezzo ottimo filtro ND1000 in omaggio...che devo ancora provare Difetti: tappo anteriore pessimo paraluce inesistente, sarebbe stata meglio una corona circolare flare e ghosts se utilizzato in maniera incauta ...mi si è smollata la baionetta ... Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022 il capone a tocchetti, impanato e fritto, è la morte sua...
  10. Il Nikkor Z 24-120mm f/4 S ha fatto un rapido passaggio per casa mia in queste settimane di settembre. Era tanta la curiosità di provarlo. Non come "tuttofare giramondo" come pare sia considerato dai più. Ma come ottica specializzata in grado di sostituire il Nikkor Z 70-200/2.8 S (alle gare di dragway) e tutto un arsenale di Nikkor Z in studio fotografico. Ed è questo l'oggetto di questo test. Che poi un vero test non è. Nel senso che quando io prendo totale confidenza con il mezzo che sto usando (è il caso della Nikon Z9 già con me da inizio anno ma è stato altrettanto immediato con questo zoom transtandard) mi dimentico del tutto che ... sto provando un obiettivo e mi concentro su quello che mi piace di più : fotografare. Ecco, credo che questa sia la sintesi estrema delle mie settimane d'uso con questo obiettivo. E' talmente naturale usarlo che tutto il resto passa in secondo piano. E' privo di difetti ottici (giusto un filino minimo di vignettatura alle focali più corte). E' nitidissimo sempre. Ha un autofocus rapidissimo. E' tanto affidabile da toglierti ogni ansia. Anche di cambiare obiettivo Morale, ho fatto 17.582 scatti in quattro sessioni fotografiche con due modelle. Usandolo in tutta la gamma focale ma principalmente - ma guarda un pò - tra 85 e 105mm. Difetti ? Si, personalmente rinuncerei ai 24mm per arrivare invece a 135 sul lato più lungo ! Per il resto capisco perfettamente perché Nikon non riesca a produrne abbastanza per soddisfare le richieste. La finisco qui nell'introdurre la lunga teoria di foto che ho selezionato per convalidare quanto dicevo più sopra : altro che test, io ho scattato con questo obiettivo come se facesse parte del mio arsenale in pianta stabile ... da anni. Mi scuso se la gran parte di queste foto sono da visualizzare in situazioni di privacy ma io adoro le donne. Tanto più quando, così belle, lo sono ancora di più al naturale ! *** Location : Cross+Studio di Milano, sale Bridge e Watt Modelle : Silvjia e Ginevra Luci : Godox M600D e UL200 con fresnel da 10'' e riflettore in ambiente misto naturale+artificiale Diaframma quasi sempre f/4, sensibilità ISO 64 e ISO 500, bilanciamento del bianco su Natural Auto, picture control su Portrait o Monocromatico, NEF compresso ed efficienza elevata e ovviamente la mia adorata Nikon Z9 Messa a fuoco perfetta ? Checked ! immagine piena dettaglio del viso immagine piena dettaglio del viso al 100% immagine piena dettaglio al 100% La capacità di lettura del sistema è tale da poter aprire impunemente le ombre per ottenere ogni dettaglio visibile mentre le tonalità di colore sono esattamente come le vedo ad occhio nessuna incertezza sull'incarnato. Queste foto non hanno alcun ritocco se non in dettagli marginali. Nessuna teoria del colore applicata, né gradazioni tonali o altre sofisticherie. Io scatto troppo per permettermi anche queste complicazioni ... al limite posso starare io il bianco per avere un effetto a piacere ... Ma partendo da una base assolutamente neutra, come si conviene per uno strumento chiaramente professionale dettaglio della foto precedente (con la pelle e tutto il resto di Silvjia al naturale) insomma, lavoro se uno lavora, divertimento se uno si diverte. Senza pensare un secondo allo strumento che deve essere del tutto duttile, come la creta dello scultore. Altra situazione, altra modella, altro tipo di luce : Ma torniamo per un attimo all'altra scena, per confrontare i differenti contrasti resi. sono mezzi busti ma ho la certezza che se ingrandisco gli occhi al 100% li avrò perfettamente a fuoco ! Ma per averne la certezza ... voilà ! Chiudiamo una sala ... ... per spostarci nell'altra In questo set alternavo la Z9 con il 24-120/4 ad f/4 con la Zfc e un obiettivo f/1.4 per differenziare le riprese, quindi la gran parte delle immagini riprese con il 24-120/4 sono figure intere o quasi in varie situazioni di luce e postura. Concludendo in una visione caravaggesca dove si esaltano forme e volumi. Insomma ... ... il più l'ho già detto. E' difficile che trovi la confidenza assoluta con un obiettivo nuovo già la prima volta. E' come con le modelle, devo prendere bene le misure per sapere fin dove posso osare con la giusta tranquillità. Ma non è raro che con i Nikkor Z già dai primi scatti la sintonia sia totale. Con questo Nikkor Z 24-120/4 S ho fatto circa 25.000 scatti in tre settimane. Non so se qualcuno sia da buttare. Certamente non per causa sua. Piena soddisfazione. Ecco, in questo articolo potete vedere cosa pensa questo obiettivo, delle donne. Io non c'entro, ho lasciato fare a lui e a loro (il problema adesso è che mi è piaciuto tanto che, una volta spedito al destinatario, mi manca. Ma che diamine, come dice il mio amico Giuseppe, mica posso comprarmi sempre tutto !)
  11. Per considerazioni generali sul nuovo Nikkor Z 400mm f/4.5 S vi rimando al mio unboxing del 18 luglio : qui ne parlo invece con due mesi di foto fatte in varie occasioni, potendo dare un giudizio più completo e pratico. In relazione all'oggetto in se il mio quartetto di voci, due tenori, un basso e un baritono. Mi ritengo particolarmente fortunato - toccando ferro - a disporre di questo geniale quartetto di ottiche compatte e leggere. Di fatto condividono la filosofia molto legata a quella delle mirrorless che vanno incontro alle esigenze di contenimento pesi ed ingombri richiesta dall'intero mercato. A parte il 500mm f/5.6 PF, che sfrutta la tecnologia Phase Fresnel, gli altri tre obiettivi sono abbastanza simili. Condividono buona parte dell'impostazione, hanno lo stesso piedino del treppiedi, differiscono di pochissimo nel peso e, come vedete, anche nell'altezza e nel diametro. Tanto che è facile confonderli se andate via di corsa. Io devo sempre leggere bene l'etichetta per essere certo di non sbagliare obiettivo. Ma è tanto bello poter scegliere in base al tempo, all'estro, alla giornata, allo scopo dell'uscita fotografica. Andando in particolare al nuovo Nikkor Z 400mm f/4.5 mi sento di fare alcune precisazioni, già anticipate in più occasioni ma che secondo me è utile ribadire. Ne ho discusso anche a voce con Max e ho tratto queste conclusioni. Questi obiettivi appartengono alla stessa categoria. Il 400mm f/4.5 va confrontato con il 100-400 e il 70-200, non con i supertele - sia Z che F - della fascia superiore. Tutto lo identifica come appartenente alla categoria media. la scatola il paraluce il collarino del treppiedi l'assenza di una sacca/borsa/astuccio tipici dei supertele (anche del 800/6.3 PF) la costruzione : robusta e professionale ma senza quei requisiti di resistenza a condizioni estreme e ad abusi in ambiente ostile che invece caratterizzano che so, un 400/2.8 o un 600/4, giusto per fare nomi e cognomi questo 400mm però si stacca per il design. Se vi ricordate, nei primi tempi delle mirrorless, specie dalla campana Sony, ci è stato raccontato che il disegno degli obiettivi wide e super-wide si sarebbe avvantaggiato principalmente dal tiraggio corto e dalla gola più larga del bocchettone. Bene, Nikon ci ha dimostrato con questo nuovo obiettivo - che sarà seguito, ne sono certo, da altri fratelli in futuro - quanto ciò sia vero solo in parte. Insomma, quando i progettisti Nikon hanno configurato lo Z Mount sapevano di poter trarre vantaggio anche nel disegno delle focali lunghe. Altrimenti non si spiegherebbe il miracolo di un 400mm che senza elementi a diffrazione, riesce ad essere così piccolo, leggero, compatto eppure così prestazionale. E senza i limiti degli obiettivi PF. Nel conto di questo progetto, però, ci sta una minore cura, un prodotto - sempre di fascia premium - ma decisamente situato più sotto dell'inarrivabile Nikkor Z 400mm f/2.8 TC. Non sto dicendo che questi obiettivi siano scarsi sul piano costruttivo, solo che a dispetto del prezzo di acquisto non proprio economico, restiamo nella gamma descritta dal 70-200/2.8 e 100-400. Oggetti eccellenti ma non costruiti come un 800/5.6. Smarcati questi due assunti, andiamo al sodo Si fa presto oggi a parlare di game changer, ovvero di oggetto che cambia le regole del gioco. Anzi, se ne abusa. Ma mai, fino ad ora, avevamo avuto a disposizione un 400mm ancora ben luminoso, così piccolo e leggero, da usare esclusivamente a mano libera, e allo stesso tempo così prestazionale. Questo per me, che pure posso scegliere, come avete visto, con cosa uscire ogni mattina, è qualche cosa che mi sta cambiando la vita. Specialmente quando dietro c'è attaccata la Nikon Z9. Avere la capacità di scaricare potenzialità fotografiche di questo livello, portandomi solo una borsetta leggera e per nulla ingombrante. Niente treppiedi, niente testa. Niente altro. Si, lo so, sono cose che ho già scritto a proposito del fantastico Nikkor F 500/5.6 PF quando è uscito quattro anni fa. Ma con questo 400mm Nikon si è superata. Perchè è un oggetto meglio bilanciato, ancora più facile da usare, pronto all'uso e meno impegnativo come focale. Con superiore luminosità massima. Potendo peraltro passare con un click in formato crop della Z9 all'equivalente - per angolo di campo soltanto - di un 600mm che nel video possono diventare anche 800 e più. E proprio nel video che l'ho trovato meraviglioso, capace di seguire il fuoco senza incertezza e senza rumori. Sempre in modo fluido e con una capacità di lettura anche del controluce, eccellente, senza interventi in postproduzione. Rispetto al 500/5.6 PF il silenzio è assoluto, anche per ciò che riguarda di stabilizzazione. Le prestazioni allineate ma con una prontezza superiore in termini di aggancio del soggetto. Rispetto al 70-200/2.8 S duplicato, non c'è confronto. Quella è una soluzione di ripiego da usare quando proprio si è rimasti con solo quell'obiettivo e basta. Mentre contro il 100-400/4.5-5.6 secondo me qui abbiamo prestazioni migliori in senso generale (specie di sfuocato), un miglior bilanciamento (il 400/4.5 non si allunga) e una pasta delle immagini di un gradino superiore. Il 100-400 ovviamente offre la variabilità della focale. Ma io spesso fotografo tutto il tempo a 400mm e non mi serve altro. Insomma, che altro dire ? Niente, non trovo difetti, tutto sommato nemmeno nella fattura da saldare a Nikon per averlo. Io ne sono innamorato e dubito che me ne priverò mai. Si sovrappone con altre soluzioni che già possiedo. Va bene, ma ogni violinista in casa ha più di un violino. Avete idea di quanto possa costare un bel violino ? E un pianoforte da concerto ? Informatevi ... Mi fermo qui per non diventare ulteriormente verboso. Propongo un montaggio di vari spezzoni di video in una giornata ventosa di luglio. Uno slideshow di immagini scattate in differenti occasioni. E qualche foto significativa. Specie l'ultima. 400mm.mp4 montaggio di più clip video 400slideshow.mp4 slideshow di alcune foto fatte in differenti occasioni Z9X_1272.MP4 mamma Ippo con figlio Ippo (Le Cornelle) Un falcone da caccia con il sole negli occhi. Sfondo liquefatto, senza accorgimenti particolari. e qui un animale meraviglioso, qui ritratto in ombra, ad alta sensibilità della Z9 Chiudo con un nikonista entusiasta di questo obiettivo e della mia Z9 ma eternamente indeciso nel fare il grande passo dalla reflex ... ... che quando si convincerà di passare finalmente agli strumenti giusti per quello che deve fare lui - come questo meraviglioso Nikkor Z 400mm f/4.5 - forse avrà già l'età per desiderare qualche cosa di ancora più leggero e compatto anche se solo "abbastanza buono" e non eccellente come questo (io certamente, per quell'epoca sarò costretto dagli acciacchi a sfogliare solamente le centinaia di migliaia di foto che scatterò in questi mesi con il mio 400mm)
  12. Chi non sogna una fiammante Alfa Romeo Giulia GTAm Rosso Competizione con scarico Akrapovic ? Non tutti possiamo permettercela, però. E chi potrebbe, fa bene a chiedersi quanto potrebbe sfruttarla per le sue speciali ed uniche caratteristiche che ne hanno già fatto un'auto di culto. Tenerla in garage ad invecchiare ? Mai. Uscire nel traffico congestionato e viaggiare a 30 allora ? Che vergogna. Ognuno di noi, se ne ha bisogno, dovrebbe avere l'auto che fa per lui. Il giusto compromesso di tutte le sue caratteristiche. Ragionamento - se perdonate la mia passione per le auto sportive e le fuoriserie - che si può estendere a qualsiasi altro oggetto (o soggetto : vedi il partner) sulla terra. Anche la fotocamera. Molti di noi hanno comprato la Nikon Z9 e se la godono. Ma la Z9 si può paragonare alla Giulia GTAm per molti aspetti. Va bene in pista. Meno per la gita fuori porta con i figli, i suoceri e il cagnolino. Si, ci si può fare un paesaggio. Ma una Z7 non darebbe nulla di meno. Anzi. A molto meno. Ma non mi fermo qui. Proseguo. Nella realtà, per le foto di un fotografo di tutti i giorni, non c'è nemmeno bisogno di una Z7 o di una Z6. Spesso una Z5 è più che sufficiente. Spesso una Z50 basta tranquillamente. Io ho avuto una Z50 che ho passato a Max quando ho comprato la seconda Zfc. Si perchè la Zfc - che è la sorella carina della Z50 quanto la Z30 è la gemella con gli occhi castani della Z50 - mi piace molto ed è la fotocamera che impiego per praticamente tutte le foto di tutti i giorni. Tranne quando devo fare un lavoro tanto impegnativo per cui è necessario far uscire dal garage la Z9 ! E' una cosa strana perché 20 anni fa, quando sono uscite le prime reflex digitali, ci sentivamo menomati da quel formato ridotto, imposto dal contenimento dei costi dei sensori che riduceva la potenzialità dei nostri obiettivi. Ma, appunto, dopo 20 anni, la tecnologia è andata tanto avanti che una Nikon in formato DX non ha moltissimo da invidiare in termini di qualità di immagine, rispetto ad una FX. Si arriva a sensibilità che nemmeno la D3 poteva permettersi, avendo una dinamica complessiva anni luce più avanti. Le funzionalità sono tali e quali a quelle delle Nikon Z in pieno formato. Ma sono più economiche, più compatte, più ... alla mano. Anche più "spendibili", consentitemi di dirlo, di una Z9 con attaccato un obiettivo da 5000 euro quando andiamo in certi posti ... Direte voi, ma c'è il problema degli obiettivi. Nikon propone solo tre corpi macchina e tre zoom di taglio medio-basso. Ecco, questo oramai è solo un retaggio del passato, un preconcetto. Questi tre zoom, ne abbiamo parlato a lungo su queste pagine, sono di qualità eccellente, anche il plastichino 16-50 VR che io uso per quasi la totalità degli scatti dei prodotti oggetto delle prove e dei test per Nikonland. Scatto nel mio studio con la piccolina e il piccoletto, pilotando flash professionali per 2400 W/s con softbox da 120 e 140cm di diametro. Figuriamoci se smuovo la Z9 per fare cosine del genere ... Ma ai tre obiettivi Nikon, possiamo già oggi aggiungere una serie di proposte "di terze parti" che possono incontrare l'interesse di tutti. In questa foto che riprende la mia Bella Nikon Zfc con il suo vestitino verde menta, vedete tutti gli obiettivi adatti ad una Zfc/Z50/Z30 che ho in casa. Ma non sono tutti. Altri, e di belli, ne mancano. Come ad esempio i Viltrox AF 23/1.4 e 33/1.4. Mentre ne ho aggiunti tre che sono full-frame ma che sembrano fatti apposta per le nostre piccoline : i due Nikkor Z 28/2.8 e 40/2 e il nuovo TTArtisan AF 32/2.8 e nulla vieta di aggiungere il 50/2.8 MC che per l'appunto è stato usato per questo scatto foto scattata con l'altra Nikon Zfc e il Nikkor Z MC 50/2.8 in luce naturale (focus stacking di 16 scatti montati con Helicon Focus). E' tanto "perfetto" che potrebbe andare su un catalogo commerciale ... Sono già molti gli obiettivi adatti alle nostre piccole Nikon Z DX, molti sono autofocus, altri manual focus. Ci sono fisheye, superwide, obiettivi da ritratto, obiettivi superluminosi f/0.95 ... ed altri, intraprendenti produttori universali proporranno prossimamente altri obiettivi. Come Viltrox che sta costruendo un corredo di eccellenti obiettivi AF che consentono poi di scegliere il marchio del corpo macchina da abbinare loro. Ma anche Tamron si aggiungerà, facilmente, ai produttori di obiettivi autofocus in formato DX. E come vedete mi sto limitando ad indicare obiettivi nativi con attacco Z, trascurando l'enormità di obiettivi di tutti i tempi utilizzabili via adattatore "scemo" o "intelligente". Insomma, già oggi, l'alibi della mancanza di obiettivi decade. Se le immagini che seguono non vi convincono, allora la causa è il vostro snobismo Seguono foto prese da Nikonland, scattate rigorosamente con Nikon Z in formato DX con gli obiettivi più vari, dal modesto 16-50 al supercremoso TTArtisan 50/0.95, senza trascurare tutti gli altri. Ditemi voi se, senza saperlo, potreste pensare che sono stati scattati con una Z50 anziché con una Z7 II da 3.600 euro. con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio in esterni, davanti a tutti ! con 1800 Watt/s di flash professionali con svariati metri cubi di softbox davanti, fondale, esposimetro esterno, etc. etc. La risoluzione è bassa, limitata a 20 megapixel ? Errore, ho consegnato un file per la stampa in formato poster portata a 80 megapixel di un mio scatto fatto con la Zfc e un obiettivo del 1957 Nikon Zfc e Trioplan 2/100mm del 1957. Scatto portato a 11557 pixel di lato in formato TIFF a 16 bit partendo dal NEF originale via Photoshop (migliora AI) e stampato poi "a parete". Insomma, rifletteteci bene. Forse vi basta una DX, purché sia una Nikon Z ... Si perchè queste macchine - e qui non abbiamo esplorato il video, eccellente, che hanno, ma solo il lato fotografico - sono piccole, modeste e relativamente economiche e sono solo la prima generazione di Nikon Z. Ma nei fatti sono delle Supergirl a tutti gli effetti ... e vi sfido a dimostrare il contrario. Che sia il primo corpo o il secondo corpo rispetto ad un'altra macchina più impegnativa e costosa, faranno tutto ciò che saprete far loro fare ... tutti gli scatti di questo articolo provengono da fotocamere Nikon Z in formato DX. Nessuna Nikon FX è stata sacrificata per ottenere il risultato. Usando fotocamere FX ed obiettivi da 2500 euro sarebbero venute foto migliori ? Forse, se ne sareste stati capaci. Ma già così vi sfidiamo a provarci ... In ogni caso, comprate Nikon : vivrete più sani e sereni
  13. Consideriamo i binocoli Nikon serie Prostaff come gli entry-level tra quelli dotati di prismi a tetto. La mancanza di lenti ED li differenzia dai più pregiati Monarch ma le forme, grazie al design, sono pulite, lineari e compatte. Moderne. Le prestazioni sono comunque di buon livello e il rapporto prezzo/prestazioni molto interessante. Presentata lo scorso mese di giugno, la linea Prostaff adesso vede introdotti 8 nuovi modelli, declinati nelle classiche serie con lenti da 30 e 42mm e con ingrandimenti di 8 e 10x, divise in due linee, denominate P3 e P7, presumibilmente dipendenti dal numero di superfici trattate (3 e 7). i quattro binocoli disponibili nella linea Nikon Prostaff P7 e le caratteristiche tecniche principali. Si tratta essenzialmente di due linee di carrozzeria che condividono l'impostazione generale, cambiando, a parità di obiettivi, l'ingrandimento fisso. Il modello in prova è quello probabilmente più interessante, in quanto vanta già lenti da 42mm e mantiene un confortevole ingrandimento 8x. Il peso complessivo è di circa 600 grammi, le dimensioni non superano i 15x13cm. La luminosità è buona, la migliore del gruppo. la precedente linea Prostaff 7s, modello 8x42, equivalente per posizionamento, al nuovo modello in prova. I nuovi Prostaff P7 prendono il posto dei Prostaff 7s, usciti di catalogo ed in esaurimento presso la rete di vendita. COME E' FATTO rispetto ai precedenti Prostaff 7s il design si presenta più sobrio in generale, con i due scafi composti sostanzialmente da tronchi di cono in policarbonato iniettato di resina, rivestito da una superficie gommata ergonomica. Mancano le sagomature sinuose dei precedenti, il disegno si avvicina in questo molto di più ai Monarch. I prismi a tetto vantano un processo di alluminatura che ne consente una elevata luminosità e una relativa resistenza ai riflessi. i due semicorpi sono articolati da un ponte abbastanza esteso, mobile il giusto con la ghiera di messa a fuoco ben dimensionata. I paraluce sono ben fatti e consentono una visione senza occhiali di ottimo livello. Ma si tratta di un binocolo ottimo per l'uso anche con gli occhiali. In questo, il modello 8x42 si presenta più confortevole del 8x30, almeno nella mia esperienza con il mio Prostaff 7s 8x30. Infatti l'estrazione pupillare è la più elevata della serie. Teniamo conto che d'estate, oltre che per chi ha difetti di vista (come il sottoscritto) gli occhiali da sole saranno probabilmente ampiamente utilizzati. Quindi l'uso con gli occhiali non è mai da sottovalutare. E' scomodo fare leva e metti, dovendo intanto anche regolare eventuali tarature diottrica. che in questo modello é sull'oculare di destra, come d'uso nei Nikon, tramite un anello che è dotato di fermo. L'anello purtroppo non è totalmente zigrinato e la sua rotazione non è agevolissima. Il fermo è piuttosto duro da azionare ma in questo c'è la sicurezza che poi non si muoverà accidentalmente. il complesso, complici anche l'assenza delle solite scritte Nikon dorate, si presenta piuttosto sobrio. Con una texture ben disegnata che contribuisce alla presa sicura in mano anche senza usare le cinghie (io detesto ogni tipo di cinghietta). La tonalità è cangiante e va dal grigio medio al verde appena accennato. solo una scritta Nikon argentata sul frontale, le altre iscrizioni semi-invisibili. Nella foto sopra si vede il trattamento antiriflessi tendente al verde smeraldo con piccole sfumature magenta a seconda della luce. sopra é chiuso e sotto è completamente esteso. La regolazione della distanza interpupillare è molto agevole. Forse sin troppo. come lo è la regolazione di messa a fuoco, forse è solo il caso del mio modello in visione. Ma io preferisco di gran lunga che la ghiera di messa a fuoco sia dura e stabile, per non poterla muovere inavvertitamente durante l'uso. Ciononostante si mette a fuoco agevolmente. Lo ripeto, forse è solo il mio esemplare perché tutti gli altri Nikon che ho provato sinora, anche dopo anni, presentano un movimento con una resistenza adeguata. dettaglio dell'estensione del paraluce e l'anello per montare la cinghietta viste superiori. Solo la scritta P7 in bianco è evidente il resto è semplicemente in rilievo, non verniciato ma di fatto scompare in esterni. PRESTAZIONI OTTICHE Nell'uso ho riscontrato una gradevole assenza di distorsioni geometriche a tutti i livelli, come anche di vignettatura, pure in una giornata di sole pieno come in questo caso. La vista sul lago è completa, anche guardando ai bordi l'immagine. Sul piano delle aberrazioni cromatiche, pur presenti, queste sono da andare a cercare su linee tese e con forte differenza di luminosità, e solo un occhio allenato le può mettere riscontrare agevolmente. Questo nonostante i vetri usati non siano nobili prodotti di tipo ED. La curvatura di campo è quasi assente per quanto io riesca a vedere ad occhio nudo. In quanto ai difetti di coma, sottolineo quanto questo non possa essere considerato un binocolo astronomico, per nulla, ma le fonti di luce sono ragionevolmente puntiformi (se riuscite a stare abbastanza fermi da tenerle ben inquadrate). vista attraverso le lenti principali e dalla parte degli oculari. Assenza di riflessi importanti, tonalità di verde del trattamento confermata anche sul campo. sui difetti ottici mi fermerei qui, sapete come la penso. Un binocolo non produce fotografie, vi fa godere il mondo che avete di fronte con gli occhi. Ed ognuno di noi, volente o nolente ha difetti di vista. Possiamo anche sottoporre un binocolo ai test di laboratorio più severi ma se poi i nostri occhi non sono in grado di distinguere dettagli molto fini o non sono sensibili a certe raffinatezze, sarà difficile andare oltre quello che vediamo ... COME VA SUL CAMPO al netto della relativa difficoltà nel regolare tenendo gli occhi negli oculari la correzione diottrica e la relativa "mollezza" della messa a fuoco e della meccanica in generale, che io ritengo essere limitata al sample in prova, questo binocolo va molto bene, specie se consideriamo il prezzo allineato a questa fascia di binocoli ed inferiore ai 300 euro. Non è un oggetto di lusso, non lo è nell'aspetto e nelle finiture ma in termini di prestazioni non lo si rimpiange. L'immagine è netta, nitida, materica. Si nota una resa più tridimensionale di altri binocoli che ho provato, più soggetti ad un forte schiacciamento dell'immagine. Rispetto al mio 8x30 della generazione precedente la differenza - a vantaggio di questo P7 - è abbastanza immediata e ci vuole poco per convincersi che sono stati fatti dei passi avanti. Che sia lo schema ottico, il trattamento o i materiali usati, l'immagine è più convincente. Viene voglia di usarlo ed è divertente riuscire a distinguere dettagli invisibili anche a lunga distanza. Mi ha particolarmente convinto l'immagine della luna piena alle 04:00 del mattino ma specialmente riuscire ad individuare gli aerei in volo dalle scie di condensazione appena rischiarate dalle luci intermittenti di navigazione. L'aereo, quasi invisibile ad occhio nudo per la quota di volo, diventa a portata d'occhio, pur nel buio della notte. Ma è in tutte le occasioni che questo binocolo si distingue per le qualità della sua immagine. Appena regolato, i dettagli riempiono l'intera visuale. Quasi dispiace che il campo inquadrato non sia superiore. Ma questo taglio è un compromesso tra osservazione e scoperta ed è corretto che sia così. lato oculari e iscrizioni sulla ghiera di messa a fuoco ancora un dettaglio della regolazione diottrica con il suo fermo oculare e paraluce paraluce estesi a confronto con il mio piccoletto. I vantaggi del piccolo sono evidenti ma così anche la scomodità d'uso nella pratica. Si nota anche il diverso stile, completamente cambiato tra le due generazioni di binocoli di classe comunque omogenea. sovrapposti, la differenza tra le lenti è tutta a vantaggio del P7 8x42. ancora un dettaglio degli oculari e dei riflessi del trattamento superficiale. CONCLUSIONI Nikon con questa nuova serie ha scelto, per l'estetica, di seguire l'understatement già tracciato con le serie superiori e i top di gamma. E' un Nikon ma per capirlo bisogna guardare da vicino. I precedenti Prostaff, con le loro scritte dorate invece te lo gridano da lontano. Poco male perché sul piano ottico, che è quello più importante, non ci sono arretramenti. L'immagine, anche avendo a mente quella del più pregiato M7 8x42 che ho provato di recente, non è così in ritirata, nonostante il costo di questo P7 sia notevolmente più conveniente. Anzi, devo dire che non considerando io come "definitivi" e "per una vita" i binocoli ma come strumenti da uso continuo, ed avendo io svariati difetti di vista che non valorizzano per forza di cose, i modelli più sofisticati, tendo a preferire le soluzioni ragionevoli sul piano del rapporto prezzo/prestazioni. Ci sono sul mercato binocoli 8x42 da 1000-1500 e più euro. Sono certamente oggetti prestazionali e con meccaniche a tutta prova ma in fondo bisogna sempre avere ben in mente cosa ci serve e per farci cosa. Se avete bisogno di un binocolo generico, buono praticamente per tutto, senza particolari limitazioni, dal prezzo interessante (ho visto street-price intorno ai 280 euro, forse anche qualche cosa meno), potreste anche fermarvi qui. Forse buttare l'occhio su un modello da 2.800 euro sulle prime non vi renderebbe palese dove sia tutta questa differenza. E' un pò come era nell'hi-fi, per avere piccole migliorie in termini di pura esperienza di ascolto, i costi lievitavano di un fattore 10. Probabilmente è così anche con i binocoli. Quindi promosso ? Si, avuta conferma che il movimento della meccanica nei modelli commerciali offre più resistenza all'uso, come piace a me.
  14. l'ho comprato ad inizio 2020 in un negozio online tedesco che lo offriva a buon prezzo e senza spese di spedizione. Cercavo un buon treppiedi in fibra di carbonio, compatto, leggero ma robusto, con sezione principale da 36mm e in grado di alzarsi fino ad altezza d'occhio. Questa è la definizione completa del mio Leofoto LS-365C che nel codice parlante, indica la serie, il diametro della sezione principale (36mm) e il numero delle sezioni di ogni gamba (5). in configurazione da trasporto è lungo meno di 50cm ed occupa poco spazio anche trasversalmente perché le tre gambe si allineano perfettamente senza lasciare spazio interno (circa 10cm in tutto) Il peso di 1.77 chilogrammi lo configurano come peso leggero (anche se non peso mosca come certi con gambe di diametro massimo di 25mm) ma le sezioni di 36-32-28-25-22 sono superiori alla maggior parte degli altri treppiedi. Con una testa come quella che ho deciso di utilizzare in questo caso ha una altezza minima poggiato a terra e con le gambe aperte, di 54 cm mentre esteso al massimo, sempre con la testa, arriva a superare i 160 cm La borsa in dotazione è abbastanza capiente e in questa configurazione contiene oltre alla testa montata, anche una base di livellamento di cui parleremo in fondo a questo articolo. Le dotazioni sono quelle usuali e comprendono le classiche punte opzionali per sostituire i piedini in gomma quando lo si usi su terreno roccioso (mai nel mio caso) e un set di chiavi oltre al moschettone per appendere contrappesi alla crociera per assicurarne la stabilità in caso di vento forte materiale che sta tranquillamente nella tasca laterale del treppiedi. La fibra di carbonio usata è del tipo Toray a 10 strati il complesso dei blocchi a vite di fermo delle 5 sezioni di ogni gamba la serie delle 5 sezioni estesa per necessità di foto La ferramenta è di alto livello, sagomata con macchine a controllo numerico e rivestita anodicamente la crociera è forata e non mancano i passanti per l'eventuale blocco a vite della testa. Le viti di ancoraggio a cava esagonale hanno la personalizzazione Leofoto incisa i fermi di blocco dell'inclinazione delle gambe sono solidi e danno idea di non allentarsi in anni di utilizzo. Il rivestimento in tessuto batista verde delle gambe è stato aggiunto aftermarket di mano proprio da Valerius Brustianus, Abate Benedettino di Novara. Caratteristica tipica di questi treppiedi é di poter stare completamente aperti in modo da offrire una altezza minima di una manciata di cm da terra, eventualmente estensibile per il tramite di una colonna, anche questa in fibra di carbonio, che nel mio caso è una Artcise da 40mm con e senza colonna. Siamo a pochi cm da terra, ideale per riprese stabili di fiori, funghi ed altro, se lo spazio è sufficiente. Le gambe sono mobili indipendentemente in termini di inclinazione ed estensione e quindi è possibile "copiare" fedelmente il terreno. Confronto con gli altri treppiedi di casa Snocciolare pesi e misure fa sembrare competenti ma spesso non dà un effettiva misura di come stanno le cose. Non quanto un sano confronto. Si sa che ogni treppiedi, per quanto eccellente, non può coprire ogni esigenza. Uno troppo robusto non sarà mai troppo portatile e uno troppo leggero non sarà mai abbastanza stabile e rigido. Per questo io ho in casa tre treppiedi di questo tipo, con caratteristiche simili ma di taglio diverso. E decine di teste diverse, a seconda della missione. questo trio, di cui il Leofoto al centro è l'unico sguarnito di testa, ci da qualche idea. Dall'alto un sistematico con sezione massima da 40mm, 2.8 chilogrammi e testa video che pesa come ... il più piccolo in primo piano, il Sirui AM-254 che con la sua testina arriva a stento a 1200 grammi. In mezzo il Leofoto si pone esattamente come compromesso : robusto viste le sezioni delle gambe ma comunque di peso intermedio ed in grado di portare teste più importanti del Sirui anche se non così possente come l'Artcise AS95C che è pensato per superare anche i terremoti della California. una vista dei tre, montati, ognuno con testa a sfera ci chiarisce ulteriormente il punto. per ogni missione il suo treppiedi e la sua testa. I miei treppiedi non sono sposati con una data testa, ne hanno una di elezione ma generalmente le cambio a seconda del bisogno. Basta una svitata e una riavvitata e si riparte meglio organizzati. Qui abbiamo da sinistra un treppiedi con gambe da 25mm e una testa da 36mm, uno con gambe da 36 e una testa da 44mm, uno con gambe da 40mm e una eccezionale testa da 54mm a prova di tutto. Non porterei in campagna l'ultimo ma solo in situazioni a portata di macchina. Non userei mai il primo se non per le Zfc/Z50. Uso quello di mezzo per escursioni a piedi lunghe pur con la sicurezza di avere uno strumento affidabile e robusto. Tutti e tre ... dal giusto prezzo. Come va ? Penso di aver già dato l'idea. Non mi fanno impazzire i fermi delle varie sezioni che hanno la tendenza a svitarsi oltre misura (non che si svitino da sole, intendiamoci, solo che quando le svito e voglio fare in fretta, si svitano troppo e vanno fuori corsa. Ma è un attimo sistemarle) mentre i blocchi dell'inclinazione sono eccezionali, così come la tenuta in ogni inclinazione e posizione. La borsa è ben fatta anche se non come quella di altri treppiedi. Si capisce che è un compromesso ed è giusto così. All'epoca l'ho pagato circa 300 euro. Adesso il suo prezzo è lievitato verso i 400 come tutto il listino Leofoto che, a mio parere, è arrivato far concorrenza a certi marchi occidentali, non so se del tutto meritatamente. Tanto che pur essendone soddisfatto, ho preferito l'Artcise da 40mm al posto del Leofoto LN-404 che oramai costa quasi 800 euro. Ma prezzi a parte, un treppiedi deve fare il suo lavoro e questo lo fa, dandomi la giusta confidenza nel mezzo. ancora una carrellata della ferramenta del treppiedi. Che è la parte più importante : hai voglia ad esaltare le qualità del carbonio, se gli elementi che lo devono "tenere" saldo si sfaldano o non tengono tra loro. Qui ogni parte è ben regolata, calibrata e progettata. La costruzione è priva di sbavature e di difetti. In tre anni di uso non ho nulla da lamentare. ancora un confronto tra il medio e il grande di casa. E' indubbio che ... nel dubbio tra quale portare, esce di casa più facilmente il Leofoto. L'Artcise può reggere un fucile automatico, un 800mm moltiplicato che spara alla luna e sostituire i vecchi impressionanti Manfrotto 058 o Sirui tripath che tengo sempre fermi in studio (pesano più di 5 chili l'uno). La testa che ho scelto per questo treppiedi Credo che un oggetto di questo tipo si trovi a suo agio con una testa a sfera da 44mm, ha le giuste proporzioni e il giusto peso. La crociera è adeguata e anche esteticamente non c'è nulla da obiettare. In questo caso ho selezionato la Marsace XB-2, ribassata da 44mm, molto robusto e priva di giochi e imprecisioni. è una testa con panoramica singola sulla base, dotata di buone regolazioni e soprattutto una adeguata forza di ritenuta. Si tratta della copia della Sunwayphoto da 44mm a suo tempo distribuita anche in occidente. In effetti il progettista è lo stesso che si è messo in proprio portandosi via qualche disegno. Per non farmi mancare nulla l'ho dotata anche di base di livellamento a semiculla da 60mm Mengs DY-60A, si tratta di un elemento aggiuntivo sul mercato anche con altri marchi (tra cui la stessa Leofoto) che consente un duplice uso : livellamento rapido tenendo lo stelo della sfera fisso, oppure panning tipo gimbal tenendo lasca la base e ferma la sfera (evitando quel fastidioso effetto pendolo quando si smolla invece la sfera per muovere rapidamente il teleobiettivo per seguire un soggetto in rapido passaggio). Aggiunge peso e altezza ma a me piace da matti e sostituisce la più grossa semiculla inserita come standard nei sistematici e nei tripath per usi video o combinati video e foto. insomma, è una chicca, che si inserisce sopra al treppiedi avvitandola come se fosse una testa e che poi accoglie sopra di se la testa vera e propria. Nulla di più. Alluminio estruso e tornito con finitura ineccepibile per poche decine di euro. Non ho saputo resistere. Bene, siamo arrivati alla fine di questa breve prova che racchiude in poche righe l'esperienza di 3 anni di uso abbastanza frequente, sia in esterni che in studio in trasferta. E' compatto, abbastanza leggero e poco ingombrante da non far sorgere domande del tipo "lo porto o non lo porto ?", efficiente, robusto, ben costruito, perfetto per il suo scopo "universale" e non specialistico. Adatto a qualsiasi testa e in ogni occasione. Durerà certo più di me. Io l'ho pagato - credo - il giusto, oggi forse si dovrebbe cercare qualche alternativa. E mi pare che anche qui, il catalogo Artcise/Innorel su Amazon.it, per ora offra qualche alternativa simile per caratteristiche, più conveniente per la fattura. A voi la scelta ma soprattutto, definendo ben prima dell'acquisto quali siano le vostre esigenze e comprendendo esattamente da cosa possano essere risolte. Considerando che non esistono piedi e teste adatte a tutto, esistono piedi e teste adeguate a quello che dovete fare.
  15. In casa ho ennemila treppiedi e ennemila^2 teste per treppiedi. Ma non ne avevo nemmeno uno piccolo e leggero. Guardavo il Leofoto LS-254C (vedi prova su queste pagine a firma Valerio Brustia) che ha effettivamente le caratteristiche che mi interessano ma il suo prezzo è lievitato ad ben oltre 300 euro. Cui aggiungere l'inevitabile testina adatta ... e non mi pareva il caso di spendere tutti quei soldi per un aggeggio cui comunque non delegherò mai la "foto della vita". Lo scopo è quello di appoggio leggero, senza impegno, per le Nikon Zfc che nel mio caso, escono di casa predisposte per Arca Swiss, pesano poco e generalmente le uso con obiettivi altrettanto poco impegnativi. Quindi non a quei soldi. Al solito mi induce in tentazione Amazon con una offerta allettante, meno di 150 euro e per di più in cinque rate senza interessi. L'oggetto del desiderio, comprato lo scorso febbraio, è il Sirui AM-254 Qui su Nikonland, vedendo strutture, finiture e sigle dei treppiedi più comuni di provenienza cinese, ci siamo fatti l'idea che tutti questi marchi siano solo dei semplici uffici di progettazione che utilizzano componenti standard o simili, prodotti da una fabbrica enormemente più grande ed in grado di rifornire tutti quanti in quantità. Lo testimonia la qualità della fibra di carbonio usata (Toray a 10 filamenti) filata in modo indifferente, quale sia il prezzo e la taglia del treppiedi. E le sigle di denominazione, parlanti per la maggior parte dei casi. Come nei due treppiedi citati, 254, di cui 25 è il diametro della gamba maggiore e 4, il numero delle sezioni. Per non parlare della minuteria, dei colori, dei componenti metallici lavorati in CNC. Ma eccolo qui, il piccolino, poco più di 40 cm ritratto e meno di un chilogrammo "nudo". Amazon me lo ha consegnato direttamente con questa scatola, senza ulteriore imballo. Poco male. dentro c'è una sacca capiente, adatta anche a treppiedi di maggiore taglia, che contiene tutti i componenti, compresa la colonnina opzionale da 20cm qui con tutto dentro, pronta per il viaggio e qui con tutti i componenti fuori. il modello pare sia destinato al solo mercato europeo, probabilmente per questioni di certificazioni CE. le buste contenenti chiavi a brugola e spikes a punta per sostituire eventualmente i piedini gommati. l'orgoglioso marchio. Il treppiedi ovviamente arriva in finitura carbonio con inserti in alluminio verniciati a caldo in blu. Io ho seguito gli antichi dettami dell'amanuense novarese Valerius Brustianus ed ho ricoperto la gamba superiore con la batista color verde erba. Non per velleità mimetiche, ma perchè le mie mani sudano e mi da fastidio impugnare il carbonio. Il tessuto in cotone assorbente è un vantaggio, specie d'estate. Il grip aumenta e anche la confidenza. Questioni psicologiche, insomma ... Dettagli costruttivi la crociera con la vite standard per montare alternativamente, la testa o la colonnina. Notare le viti con cava esagonale brunite e marchiate Sirui, insieme ai blocchi in alluminio fresato in CNC verniciati di azzurro. l'insieme dei fermi delle varie gambe e il marchietto adesivo. la parte sotto della crociera, con la filettatura per appendere eventualmente un contrappeso o altro. Cose degne di treppiedi di fascia più alta. La particolare conformazione degli snodi consente un uso totalmente ribassato su cui eventualmente montare la colonnina da 20 cm oppure no, a seconda delle esigenze dettagli ulteriori della crociera e della vite di montaggio. La testina Artcise EB-36S In casa ho duemila teste ma nessuna di questa taglia. Sirui ne propone diverse ma a prezzi che sono paragonabili con quelli del treppiedi. E non mi è sembrato il caso. Per cui ho scelto questa Artcise, di conformazione e meccanica simile ad altre di altri marchi, che vanta una sfera da 36mm con un fermo robusto in teflon e un bel morsetto. Pesa in tutto 200 grammi e costa ... la bellezza di 36 euro, praticamente un euro a millimetro di sfera. Ovviamente non intendo usarla per lavori pesanti ma mi aspetto che mi dia affidamento. la sfera è in alluminio (diffidare di quelle cave in plastica) è ben dimensionata ma piccolina e proporzionata con questo treppiedi ha tutte le caratteristiche standard, compresa bolla sul morsetto Arca Swiss abbastanza robusto l'ho detto che è piccolina ? lo è vicino alla Artcise XB54 da 54mm e circa un chilogrammo, pensata per ben altri sforzi di torsione e di sostegno. La colonna Sirui SL-200-EU è una colonnina in fibra di carbonio, diametro 28mm, altezza 200mm, ulteriormente estensibile con lo stesso criterio delle gambe del treppiedi per qualche cosa di più di 32cm montata ed estesa in generale diffido delle colonne estensibili che rientrano nella base del treppiedi. Indeboliscono la struttura complessiva e soprattutto, non si possono togliere facilmente e quando lo si fa, è complicato rimetterle. Questa semplicemente si avvita al posto della testa quando serve estendere ulteriormente il treppiedi. Ed è facile aggiungere qualche centimetro al volo, senza dover muovere tutte le gambe sottostanti. anche in campagna o dove siete. Come va Questo per me è un treppiedi da escursione, come il più pesante Leofoto LS-365C che ho addirittura dotato di base livellante. Quindi da usare fuori, perché in casa ne ho tanti altri di pesanti e a prova di scossa tellurica che non mi sognerei mai di portare in giro salvo che non abbia a disposizione robusti aiutanti. Quindi eccolo qui nell'erba piccolo ! con le gambe estese, senza testa con la testa con la colonna montata ed estesa Estendere le gambe è un attimo, il movimento è semplice e privo di impegno. Si sblocca il fermo, lo stelo va giù per gravità, si riblocca il fermo, si sblocca l'altro etc. seconda di quante sezioni serva estendere. completamente esteso fa la sua figura, sebbene le gambine sia sottili (come dicevo, l'elemento più grande ha un diametro di 25mm, quello ricoperto di batista verde). Ed è ragionevolmente fermo e robusto. Certo mai come il mio sistematico con le gambe da 40mm ... che però pesa tre volte e richiede una testa che da sola pesa più di questo treppiedi ... ecco qua la testina in batteria che ospita la mia Gigi che in questo caso sta offrendo la sua livella per mettere in bolla il sistema (pigrizia, la bolla a liquido è davanti, opposta al morsetto) Gigi in questo caso indossa il Nikkor Z 105/2.8 MC, un peso maxi per lei ma che la testina Artcise EB-36S sostiene con disinvoltura questo è uno scatto ripreso in una situazione simile, in casa, con un tempo di 6 secondi. Mi pare adeguato, anche se nella realtà non userò praticamente mai questo sistema per foto del genere. L'ho usato invece per fotografare Ginevra con il TTArtisan 50/0.95 e potermi concentrare anziché sui miei movimenti, sulla messa a fuoco di precisione. Con risultati lusinghieri ... lei può stare congelata ma se intanto tu ti muovi, non è possibile mettere a fuoco con un manual focus che ha 1 mm di profondità di campo mentre se stai progettando un servizio o stai facendo un video, è indispensabile avere un punto di ripresa costante e ferma, anche se non è necessario montarci sopra una Z9 con un 600/4 stessa identica inquadratura, ripetuta anche in un video in cui muovo il fuoco da un fiore all'altro, senza incertezze. Nikon Zfc e TTArtisan 50/0.95 su Sirui AM-254 con testina Artcise EB-36S Conclusioni E' in fibra ci carbonio. Pesa 990 grammi. E' lungo 42 cm ma si estende, volendo, fino a 160cm da terra. Oppure a 8 cm da terra se ti serve. E' ragionevolmente stabile, regge una testa adeguata. Costa il giusto. Viene consegnato con tutto quello che serve e anche il superfluo (braccino per montare uno smartphone o non so che altro, piedini a punta in alluminio se andate su una pietraia etc. etc.). Sembra che sia fatto per durare. Io in questi mesi l'ho usato a lungo senza il minimo inconveniente. La colonnina opzionale è fatta benissimo. La testina è decente, a quel prezzo. Usandola qualche piccola incertezza di rotazione se ne va via. Pesa poco e ingombra poco. La sacca è comoda, robusta, più che capiente. Ho dimenticato qualche cosa ? Si, costa meno di altri prodotti come il Leofoto. Per tacere dei gioiellieri europei o americani.
  16. Nikon Monarch M7 è sinonimo di qualità. I modelli M7 (8x e 10x, con obiettivi da 30 e da 42mm) rappresentano il top di gamma. Hanno carrozzeria in metallo rivestita di gomma goffrata, lenti ED, impermeabilizzazione a tenuta stagna e trattamento antiriflesso integrale. Soprattutto sono caratterizzati da un ampio campo visivo che consente una visione chiara e ampia, quasi "grandangolare". il modello oggetto di questa prova è quello intermedio, l'8x42. Qui rappresentato dietro al mio Prostaff 7s 8x30 per evidenziarne ingombro e volume differente. L'oculare destro incorpora la correzione diottrica che presenta un blocco per evitare spostamento dopo la regolazione. I due paraluce sono ampi e comodi. La visione con gli occhiali non ne risente "troppo". i copriobiettivi sono dotati di anello che si avvolge al corpo del binocolo, rendendoli difficili da perdere. Nei modelli delle altre gamme invece devono essere vincolati alla cinghia, il che a volte può essere noioso (io detesto le cinghie e mi da fastidio essere obbligato a montarle !). la sagoma aerodinamica dei due semicorpi, il ponte centrale con l'ampia ghiera di messa a fuoco copriobiettivi su e giù vista anteriore con gli oculari, ben dimensionati. si vede il trattamento antiriflesso in azione sotto a 1800 W/s di flash paraluce estratti dettaglio della ghiera di messa a fuoco, molto ben demoltiplicata. Orgogliosamente viene riportato l'angolo di campo, corrispondente ad oltre 60° di effettivo le caratteristiche tecniche : 670 grammi, 14x13 cm. Ampia distanza di accomodamento dell'occhio (i modelli più piccolo stanno sui 15mm e rendono scomodo l'uso con gli occhiali), la grande pupilla d'uscita, indice di luminosità, ma soprattutto i 145 metri di campo visivo a 1000 metri. accessori dei due modellie 8x30 e 8x42 che condividono l'impostazione COME VA SUL CAMPO splendido in ogni circostanza, sia in piena luce che all'imbrunire. Comodo da "indossare", facile da regolare sia con gli occhiali che senza. La regolazione diottrica è un pò dura ma la cosa non guasta, tanto una volta sistemata non si deve più toccare. La ghiera di messa a fuoco è ampia, a portata di dita, rapida ma soprattutto ben ferma una volta messa a punto. Complessivamente l'esperienza è ottima. Non é un peso piuma ma si tengono benissimo in mano, anche per molto tempo. Si apprezza sempre l'ampio campo di visione, se questo binocolo è usato per avvistamento, più che per osservazione. Nel caso inverso, ricordo che c'è il modello 10x che condivide tutta la struttura, tranne gli oculari. CARATTERISTICHE OTTICHE Effettivamente l'aberrazione cromatica bisogna andarsela a cercare. Nessuna vignettatura in nessun caso, anche usando - come sono costretto a fare io - gli occhiali. Un filo di distorsione geometrica a cuscinetto verso la trequarti del campo inquadrato. Ma solo se guardiamo a linee geometriche perfette. Ma soprattutto lascia sbigottiti la chiarezza di visione, la nitidezza dell'immagine a tutto campo, la capacità di separazione del primo piano dagli altri oggetti, caratteristica di tutti i binocoli Nikon, caratterizzati - tutti - da qualità analitiche elevate, che mi lasciano sempre sbigottito. Sinceramente non riesco a trovare un difetto. O forse si, il cartellino del prezzo (circa 600 euro su Amazon.it, con garanzia Nital 10 anni). è un binocolo molto elegante che, senza essere sfacciato, dice chiaramente di essere un prodotto premium, sebbene non della massima fascia di prezzo. Ma per prestazioni, per avere di più, bisogna spendere cifre a 3 zeri. E sinceramente per un 8x42 da avvistamento non saprei se sia il caso. dettaglio dell'interno con gli attacchi delle lenti la pupilla con in primo piano i riflessi delle superfici trattate - benissimo - dei prismi a tetto. altro dettaglio degli oculari finezza, no poi così necessaria in questo binocolo, l'attacco per l'adattatore da treppiedi a vite. Ma questo è un binocolo da usare a mano libera. Chiudo col raffronto dimensionale tra 8x42 e 8x30, sono due binocoli di classi diverse ma le dimensioni sono confrontabili e consentono di capire dove stia la differenza tra un 42 e un 30. Qualità che si apprezzano quando c'è meno luce, più che sulle caratteristiche generali e che hanno consentito ai progettisti Nikon di fare un binocolo luminoso, nitido, ben proporzionato. A volte troppo piccolo non è un pregio, salvo che non sia necessario avere veramente un oggetto compattissimo perché in casa si hanno già binocoli più grandi (è il mio caso, che amo i 16x e i 20x). I riflessi del flash (verdi nel Prostaff in alto, neutri nel Monarch con lenti ED) fanno chiaramente capire la diversa classe di appartenenza. Insomma, devo dare un giudizio complessivo ? Binocolo premium, di ottime caratteristiche e di qualità ottiche ben equilibrate. Farà felice ogni felice possessore. Ringraziamo Nital Spa, distributore per l'Italia di tutti i prodotti Nikon, per il prestito in visione.
  17. Io adoro i forti ingrandimenti e le lenti importanti. Ma qualche volta è necessario avere per le mani un apparecchio compatto e leggero. Il mio Monarch 10x56 è fantastico ma è grosso e pesa più di un chilo. Alla ricerca di un modello più compatto e dal buon rapporto prezzo prestazioni mi sono studiato la linea dei Prostaff, binocoli caratterizzati da design moderno e funzionale, sfruttando le potenzialità offerte dai prismi a tetto, e dal prezzo abbordabile. qui a confronto con il mio Monarch 10x56 già oggetto di prova su queste pagine qui il corpo è in policarbonato rinforzato in fibra (anziché in metallo). I copriobiettivi sono staccati. Ma per il resto l'impostazione è simile in rilievo le specifiche, dorate riportate davanti e dietro dove c'è anche l'ingrandimento e l'angolo di campo apparente vista lago lato obiettivo e oculare dove possiamo vedere la pupilla e il complesso delle superfici riflettenti interne. qui invece in primo piano il meccanismo di snodo per cercare il miglior confort di visuale a seconda della distanza tra i propri occhi. I punti luce illuminati di verde ci dicono qualche cosa del trattamento superficiale ma ancora di più della composizione dello schema ottico che non fa uso, come nella serie Monarch, di lenti ED. il corpo è rivestito di superfici texturizzate a prova di scivolo. Maneggevole e compatto, sta benissimo in mano. Pesa poco più di quattro etti e trova posto in qualsiasi borsa o zaino. le caratteristiche prese dal sito Nikon Imaging. L'estrazione pupillare è un filo meno dell'ideale. Ed infatti nell'uso con gli occhiali si nota. Rimarco comunque le dimensioni di 12x12 cm per 5 di profondità e il peso di 415 grammi. Il campo visivo è un filo contenuto come confermato dalla visione a 1.000 metri, di 114 metri, più simile a quella di un 10x che di un 8x. nell'osservazione a distanza, questo si avvicina all'inquadratura permessa da un 300mm in fotografia a 35mm. Mi è arrivato nella classica scatola dei binocoli Nikon acquistato su Amazon, è Nital con garanzia regolare di 10 anni. l'intero contenuto più i manuali non vi spaventate di queste riprese di studio che lo fanno sembrare enorme, è piccolissimo. come confermato in questa immagine che lo vede davanti ad un Monarch M7 8x42 con in fondo il Monarch 10x56. qui le cose ridiventano "normali", con i paraluce estesi. Notare la dimensione generosa della ghiera di messa a fuoco. qui in dettaglio, in evidenza anche la regolazione diottrica, sull'oculare destro. qui ripresa da sotto Made in China ma comunque con matricola regolare. i copriobiettivi. Gli unici elementi insieme alla mascherina coprioculari, chiaramente "cheap". COME VA ? Ho detto che è compatto e leggero ? Beh, lo ripeto, è compatto e leggero. Ma è anche robusto, sembra un bull-dog. In mano sta benissimo nonostante la taglia minuscola. Si regola al volo sia per quanto riguarda la distanza interpupillare che per la messa a fuoco. E' effettivamente un pò ridotta l'estrazione pupillare. Tutto sommato, regolata la correzione diottrica, mi sono trovato meglio senza occhiali. Ma con i paraluce ritratti anche con gli occhiali - da sole o da vista - si usa bene. La messa a fuoco è fluida e decisa. Io riesco a seguire bene anche persone in movimento. Persino i miei cani se non corrono. Tutto sommato non è uno di quegli oggetti che ti fanno guardare male dai passanti, nessuno ha minacciato di chiamare la polizia mentre lo usavo sul lungo lago. PRESTAZIONI Nonostante gli obiettivi da 30mm - minuscoli effettivamente - la luminosità relativa è buona. Però sconsiglierei di prendere il modello 10x. Evidentemente il trattamento delle superfici riflettenti dei prismi è funzionale. Per avere di meglio si deve necessariamente optare per un modello con lenti più grandi. In termini di correzioni ottiche, le aberrazioni cromatiche si notano ma andandosele a cercare. Sono sottolineature verdi o magenta a seconda della caduta di luce. Ottima la risposta ai riflessi. Non ho notato alcuna vignettatura, quello che temevo come punto debole visti i 30mm. La messa a fuoco minima è di poco più di 150 cm. Che potrebbe essere utile in qualche circostanza, anche se io vedo i binocoli strumenti per vedere almeno a qualche decina di metri. Abbastanza evidente una distorsione a cuscinetto, spostandosi verso la tre quarti dell'immagine, da entrambi i lati. Nel complesso però - vista la destinazione di un binocolo di questa classe, pagato 164 euro - la visione mi pare senza pecche. Eccellente l'acuità che permette di leggere quanto i vostri occhi vi permettono di distinguere a seconda della distanza. Al centro l'immagine è nitidissima e materica. Permane l'effetto di stacco dallo sfondo del piano di messa a fuoco, tipico di tutta questa classe di binocoli, che rende la visione da effetto wow ma un filo bidimensionale per lo schiacciamento degli oggetti. CONCLUSIONI Mi aspettavo di peggio. Anzi, non sapevo cosa aspettarmi. Ma nella realtà credo che questo sia uno dei miei migliori acquisti di materiale Nikon degli ultimi anni. Con questi soldi non si compra nessun obiettivo, qui abbiamo un bel binocolo impermeabile, ben costruito, leggero, compatto, prestazionale, poco costoso, facilissimo da usare e che non richiede alcun accorgimento per sfruttarlo al meglio. Facilmente mi seguirà più dei suoi fratelli più potenti, per il pregio di sapersi nascondere nella borsa o nello zainetto. Se devo trovare il pelo nell'uovo, veramente (perché la qualità un pò economica dei coprioculari e copriobiettivi o della cinghietta mi sembrano peccatucci veniali) è l'angolo di campo un pò ridotto. Per il resto credo che per avere di meglio si debba salire di prezzo a livelli tali che forse non vale la pena spendere per un semplice 8x30 da "appoggio". Intanto che provavo questo binocolo di cui sono assolutamente soddisfatto, mi informano dalla regia che è uscita la nuova linea Prostaff P7 di cui abbiamo dato notizia in questi giorni. Le caratteristiche del modello 8x30 sono simili ma ... il campo visivo è nettamente superiore (8.7° e 152 metri contro 6.5° e 115 metri) a costo di dimensioni e peso leggermente superiore. Ne proveremo uno se sarà disponibile per vedere come Nikon è riuscita a migliorare un progetto già di livello estremamente interessante. se non vi basta un Prostaff 7s, Nikon vi propone un Monarch M7, qui in versione 8x42 e lenti ED. E' bello poter scegliere tra oggetti di questo livello.
  18. Non è ancora il mio ma è un esemplare definitivo. La commercializzazione comincerà il mese prossimo, questo è soltanto in visione grazie a Nital, distributore nazionale dei prodotti Nikon. Ma spero che il mio arrivi presto perché ne sono già innamorato ... Intanto vi propongo l'unboxing. Chi lo ha ordinato, porterà pazienza, ma quando arriverà il suo, sarà esattamente così. Quindi è come se lo facessimo qui, tutti insieme. Arriva in una scatola di cartone con ben evidente la garanzia e la distribuzione regolare anche sul lato superiore aprendo il cartone si vede la sagoma della sacca CL-L3 sotto all'imballaggio di protezione bugnato. mi libero della scatola ed ecco qui la sacca di protezione - chiamarla astuccio mi pare riduttivo - e i manualetti di garanzia multilingue. un dettaglio vezzoso, le cinghiette gialle per tirare le due zip di apertura della sacca. il marchio Nikkor cucito in argento all'interno altre protezioni in spugna la cinghia ... il basamento della sacca è in cordura rinforzata con inserti plastici ecco qua : obiettivo, paraluce e cappa parapolvere molto ben rifinita il meccanismo di blocco/sblocco del paralucione in plastica ma eccolo qua, lui, che si prende tutta la scena : tutti i dettagli sono nella più piena ultima tendenza dei Nikkor S, quella inaugurata con il 105/2.8 S (ghiere diamantate) E non aspetto ulteriormente per montarlo sulla Z9. O meglio, per montare la Z9 dietro al 800mm ... per confronto ho scelto i miei due lunghi, il bellissimo 500/5.6 PF di cui non intendo privarmi, e il nuovo 100-400 Z che è il mio compagno di giochi di questi mesi Insomma, questo è il tour di unboxing. Le prime impressioni sono notevoli ma non ve le voglio anticipare. Dico solo che da terra, della casa di fianco riesco ad inquadrare soltanto il camino della cucina sul tetto ... La messa a fuoco fulminea. Si tiene bene in mano anche a mano libera. La separazione dei piani mi pare eccellente per questa focale. Ma di foto con questo capolavoro parleremo nei prossimi giorni Ultimi dettagli : la S dei Nikkor Superiori il piedino del treppiedi visto da sotto dettaglio delle viti di connessione. Si svitano. Aspettiamo un ricambio Arca Swiss vista laterale ancora una ripresa, artistica, delle incisioni. la focale e posato sul piano.
  19. Il Trioplan è una di quelle leggende. Quali leggende ? Quelle leggendarie ottiche di cui si racconta nelle sere d'estate attorno ai fuochi, con i cani accucciati e gli umani affratellati dal mito. Un obiettivo - parliamo dell'originale - che affonda le radici in un disegno semplice, il tripletto di Cooke, del 1916. Meyer Optik di Gorlitz (una cittadina della Sassonia orientale, al confine con la Polonia attuale), società fondata da Hugo Meyer che grazie anche alla collaborazione del progettista Paul Rudolph (il papà del Planar e del Tessar quando lavorava per Zeiss) negli anni '20 arrivò a fare anche 100.000 obiettivi l'anno. Il Trioplan costava meno del Tessar perché, appunto, aveva solo tre lenti al posto di quattro. il mio esemplare è un pò più recente, perché risale al dopoguerra, quindi alla produzione della ex-DDR, quando Meyer-Optik in qualche modo visse le vicende della stessa Zeiss della vicina Jena (dove aveva sede la Carl Zeiss storica, almeno la parte rimasta all'est dopo la divisione delle due germanie). ha una matricola abbastanza alta che lo identifica come una delle ultime serie in alluminio estruso, con incisioni bianche e nere. e l'identificazione già in millimetri (2.8/100, mentre gli esemplari precedenti avevano la focale in cm) penso che sia stato prodotto intorno al 1958 o giù di li. Il disegno però è conforme all'originale, ed ha attacco Exakta. Successivamente questi obiettivi avranno finitura nera (e qualità inferiore) fino alla fine del "collettivo" che farà chiudere i battenti alla società (nel 1990 Meyer-Optik è stata incorporata da Carl Zeiss e poi liquidata. Non confondiamo quella Meyer-Optik con la ripresa del marchio avvenuta con varie vicissitudini negli ultimi anni per riproporre alcuni degli antichi progetti in chiave moderna a prezzi adatti ai gonzi. Le accomuna il marchio e nulla più. Ma prima di andare alle radici del .... mito, la spiegazione del perché ne parliamo sulle pagine di Nikonland. Ho acquistato questo obiettivo una decina di anni fa, prima che le sue quotazioni raggiungessero valori inconfessabili, a seguito della comparsa di adattatori che ne consentivano l'uso, chiaramente in manual focus, sulle mirrorless. Ma noi di Nikon siamo andati oltre ... grazie al MEGADAP MTZ11 di Gabale. Il Meyer-Optik Trioplan deve la sua leggenda alle sue qualità ottiche che ne determinano effetti di sfuocato onirici. Ma noi nikonisti possiamo usarlo in autofocus grazie al MEGADAP MTZ 11 infatti eccolo qua montato sulla mia Nikon Zfc con adattatori di tiraggio il MEGADAP MTZ11 (LEICA M -> Nikon Z) e un ulteriore adattatore cinese "stupido" Exakta-> Leica M i due adattatori separati dal corpo macchina e dall'obiettivo il MEGADAP MTZ11 permette di far diventare "autofocus" praticamente tutti gli obiettivi manual focus esistenti. Direttamente se con attacco Leica M, grazie ad un altro adattatore per Leica M se nativi per un altro attacco, come è il caso del mio Trioplan. come vedete, il suo fascino post-moderno lo mantiene, con la sua struttura in alluminio naturale, le parti in ferro (debitamente arrugginite) e i tanti segni e graffi dei suoi più di 60 anni. Oddio, questo è l'unico obiettivo più vecchio di me ... che sono disposto ad usare su una Nikon. Nella realtà avrete letto su queste pagine che io non amo adattare vecchie glorie su macchine moderne. Questa è una eccezione per tributare gli onori ad un fossile ben conservato ma soprattutto ad un congegno geniale che ne permette l'uso anche a me che vado esclusivamente di autofocus. Andando a considerazioni più tecniche, se lo sfuocato lo dobbiamo allo schema semplice e al diaframma a 15 lamelle, l'uso è caratterizzato da un elicoide a lunghissima corsa, circa un giro e mezzo per andare da 1.1 metri all'infinito. Una cosa che mette in difficoltà il Megadap che ha un movimento di 6mm in tutto. Ma tutto si risolve, basta mettere grossolanamente a fuoco ad occhio e poi premere il tasto messa a fuoco. Magia : il MEGADAP centrerà il fuoco sul soggetto, dove avete messo il cursore della messa a fuoco. Con il Trioplan però si compone per lo sfuocato, perché le foto normali sono poco significative, caratterizzate solo da una eterea presenza, dovuta al contrasto bassissimo che questo obiettivo produce. é il caso ad esempio di questo scatto che ha cercato solo il colore o meglio, i colori o questo, ancora più una tavolozza di gialli qui invece cominciamo ad inquadrare le potenzialità dell'oggetto : siamo a diaframma aperto, ovviamente, il soggetto in primo piano è abbastanza visibile mentre dietro, sul nero, compaiono i giochi del diaframma Ma andiamo al titolo dell'articolo, Trioplan e Tulipani, perchè ho atteso che i miei tulipani fiorissero per fare le foto necessarie a questo articolo e qui Gauguin chiama mano a mano Cezanne e poi Van Gogh con tinte che da pastello diventano più o meno intense a seconda della temperatura della luce, del sole, delle ombre, del contrasto tra il soggetto e ciò che gli sta dietro fino all'apoteosi dei punti di luce, scelti con gli occhi, non casuali. Il Trioplan è un obiettivo otticamente mediocre se lo si usa con gli occhi del ... geometra. Bisogna liberare la fantasia e curare la mente per ricavarne immagini di un altro mondo. Come nella carrellata che aggiungo qui, ringraziando Hugo Meyer, Paul Rudolph e il Signor Nikon che ha creato una fotocamera in grado di attirare la creatività di tutti noi, compresi Gabale e il suo MEGADAP MTZ11 Ringraziamenti : a mia madre per i tanti tulipani comprati insieme e coltivati con amore a Nikon per la mia Zfc (anzi, per le mie Zfc con cui ho realizzato questo articolo) ad Ebay che mi ha permesso di comprare per 250 euro il Trioplan quando adesso ce ne vogliono 500-700 a Megadap per l'eccezionale MTZ11 ad Amazon che vende adattatori per mirroless a meno di 20 euro (come è il caso di questo noname per Exakta su Leica M)
  20. La prima volta che ho fotografato le Ferrari FXX a Monza, una la pilotava Michael Schumacher ed al suo fianco c'era un atterrito Jean Todt. Oggi in Autodromo c'erano quelle FXX e anche il modello più recente. Ma c'era anche la F1 di Michael Schumacher e al volante c'era uno che ha il casco di Michael Schumacher. Per me appassionato di auto e di Ferrari, l'emozione è stata tanta. Non solo per le auto ma perchè oggi sono potuto tornare in autodromo dopo tre anni. E ci sono andato per la prima volta con la Nikon Z9 (accompagnata dal Nikkor Z 100-400/4.5-5.6 S, obiettivo che ho acquistato per usarlo proprio qui). Una nota di colore. Oggi e domani si svolge un evento a porte chiuse, sono le Corse Clienti della Ferrari, un programma ultra-riservato e destinato ai pochi fortunati (e ricchissimi) clienti Ferrari in grado di potersi permettere una vera F1 o una FXX (che è in pratica una F1 a ruote coperte) più l'assistenza in pista di un team di tecnici e meccanici della Scuderia Ferrari insieme a tutor affermati come Marc Gené. Un'altra nota di colore. L'autodromo era formalmente aperto ma in pratica se si poteva entrare non si poteva andare da nessuna parte. Le tribune erano chiuse e ci sono lavori in corso ovunque, almeno lato "bosco" che è in corso di ripiantumazione. Tante tribune poi, anche famose come le due terminali della "Roggia" o tutte quelle iniziali della "Ascari" sono state rimosse. Spero per rifarle nuove. Anche se al momento non c'è traccia. Come se non fossero mai esistite ... Ma andiamo a noi. A parte i 7 km di passeggiata nella natura, non ero sicuro di veder girare le auto. Ma la presenza di commissari, ambulanze e servizi anti-incendio mi ha rassicurato. Ho scattato dall'unico posto in cui c'era ... posto. Quindi foto e video risulteranno monotoni. Speriamo in maggiore varietà quando l'autodromo tornerà frequentabile. Speriamo presto (anche se per ora resta solo la ... Speranza, al riguardo !). Non ricordo più quando è stata l'ultima volta che sono stato in autodromo con la D5. Dal 2018 ho cercato di andarci con le Z7 e Z6. E poi sappiamo cosa è successo negli ultimi due anni. Ma ad un occhio abituato a queste condizioni devo ammettere che sulle prime il mirino, pur eccezionale della Z9 qualche penalizzazione rispetto a quello fantastico della D5 (con il sole e il chiaro di oggi) l'ha mostrata. C'é un filo di lag (ma estremamente ridotto) e la visione non si scappa, è video. Ma sono bastati 10 minuti di scatti in totale silenzio e con i 20 sontuosi frame al secondo per capire che sono tutte fisime. Certo, in futuro ci sarà spazio per migliorare ancora anche questi aspetti e con un sensore da 1 ms di tempo di lettura e un mirino a più alto refresh serviti da un processore 10 volte più veloce avremo una realtà migliorata. Ma già oggi così è stato semplice adeguarsi al sistema. Per lo più ho usato il 100-400 moltiplicato. Le distanze sono tali che si scatta ~500mm. Anzi, sul rettilineo e nei video ho approfittato del fattore di moltiplicazione 1.5x del formato DX per incrementare ancora il dettaglio, forte dei 45 megapixel di base del sensore della Z9 che ho modulato in 24 megapixel in full-frame e in 20 megapixel in DX. Per il resto è commovente vedere come il riconoscimento automatico dell'autofocus pesca al volo le auto, non importa che abbiano ruote coperte o scoperte e non importa a che velocità vadano : le pesca al volo. Tanto che ho fotografato praticamente sempre così. E anche in video, in AF-F mi sono fidato del tracciamento automatico, sempre perfetto con il soggetto in primo piano perfettamente nitido. Come sempre nello sport ho scattato in jpg, in questo caso Normal+, ritengo inutile conservare file più grandi. Anche perché nei panning io cerco il tempo limite inferiore. E non sono certo condizioni da ingrandimento murale e ispezione con la lente di ingrandimento ... Autofocus promosso, ben assecondato dalle prestazioni silenziose e sicure del 100-400mm, anche se moltiplicato e praticamente sempre ad f/8. Unico punto da segnalare ma non ho abbastanza esperienza per definirne i contorni, il fatto che settando la "priorità alla messa a fuoco" in alcuni casi la macchina ha rifiutato di scattare. Ma passando in modalità mista fuoco/scatto, non ci sono più stati problemi. Poco importa, mi sono divertito come un matto. Aggiungo poche foto, non si tratta di capolavori ma di foto di prova, e, nei commenti, dei video, a mio avviso di grande qualità considerando che tenevo tutto a mano libera e che io non sono granché esperto in questo campo. La fluidità del movimento è eccellente e anche l'audio, con il microfono incorporato, non mi pare male. Schumacher, Vettel, Alonso ... Gené ? altre foto nei commenti, domani Oggi sono stanco ma appagato
  21. appena arrivato da una due giorni di "contatto" con la Z9. Ma dovrete attendere domattina per leggere l'articolo. Adesso sono ...s t a n c o ! *** il totem che ci ha accolti fuori dal circolo sportivo dove si è tenuta la presentazione della Z9. i giornalisti presenti in sala la presentazione dell'evento da parte di Marco Rovere, responsabile PR di Nital e la presentazione vera e propria da parte del Product Manager, Giuseppe Maio cui lascio sintetizzare l'imbarazzante lista di caratteristiche della Nikon Z9, troppo lunga per qualsiasi presentazione "concisa" : ZFC_9904.mp4 il programma della giornata che comprendeva sessioni in interno e all'aperto per saggiare le prestazioni della Z9 di cui c'erano sei esemplari a disposizione. Alcuni scatti fatti in palestra durante la prima sessione. E poi fuori, ad un gruppo di runners Il residuo di corpi ed ottiche portati da Nital per l'evento Ma sabato c'è stato anche un evento a Milano, riservato ai fotografi NPS, invitati singolarmente (circa una cinquantina) che hanno potuto provare la macchina e fare tutte le domande necessarie senza alcuna formalità allo staff NPS di Nital. Ho visto persone molto interessate ed espressioni molto eloquenti se non proprio di sorpresa, di soddisfazione per il nuovo prodotto e la sua gamma di obiettivi, presente e futura. *** Fin qui due parole necessarie di presentazione degli eventi e di ringraziamento per averci invitati (Max non è potuto venire per altri impegni, visto il breve preavviso, io ho il vantaggio di stare a due ore di macchina da Torino e ad un'ora scarsa da Milano, quindi per me è stato più facile liberarmi). Ma adesso andiamo alla macchina e alle mie prime impressioni. Ovviamente parziali perchè non basteranno dei mesi per esprimere un giudizio compiuto ed approfondito su una macchina che non solo è rivoluzionaria ma che, lo sappiamo già, evolverà rapidamente e forse anche profondamente mano a mano che gli ingegneri Nikon completeranno i processi di sviluppo del firmware. PRESA IN MANO Alcune sensazioni, sono commoventi. Il ritorno della torretta di sinistra, finalmente utile a differenza di quella semplificata delle altre Z. Torna il selettore della modalità di automatismo (MODE) a tastino (non il PASM delle macchine amatoriali). E la raffica, da scatto singolo alla nuova raffica super-veloce da 120 fps. ma ancora più commovente e da lacrimuccia persistente il ritorno della combinazione per fare il FORMAT senza andare nel menù ... che è posto sul tastino ISO per una azione a due dita con due mani. La foto sopra mostra il bel display superiore OLED, sempre leggibile anche al sole. tutti i comandi sono ben dimensionati, la presa in mano estremamente confortevole. Bellissimo il selettore delle modalità autofocus, ben in rilievo ma anche inclinato per poterlo raggiungere comodamente. il vano schede di memoria che perde la sicura esterna (un retaggio della F5) ma è sicuro e ben dimensionato. Notare la scritta "Attenzione Schede .... CALDE" ancora un dettaglio della torretta di sinistra con il tastino Fn4 in evidenza. Il peso della macchina è consistente, non sembra meno robusta della D6. Anzi, la documentazione Nikon dice che la scocca è più robusta, con le due parti anteriore e posteriore che sono unite al fondello in un unico guscio, per aumentare la robustezza e poter dissipare il calore più facilmente. Nel poco uso che ne ho fatto non posso dare assicurazioni al riguardo ma sono certo che Nikon sa cosa dice quando assicura che il rischio di surriscaldamento non esiste. Comunque esperienza d'uso ed ergonomia del tutto analoga a quella di una Nikon D1~D6. Se uno ha provato o posseduto una di quelle macchine, si troverà immediatamente a casa con la Z9. Ingombro appena inferiore ma è una cosa che si nota solo se affiancate le due macchine. COME VA Al di là delle tante cose lette sul web o viste sui video dei primi tester, mi interessavano due cose essenzialmente. Provare se l'autofocus è un reale passo avanti rispetto alle altre Z, provare la nuova raffica a 120 fps (perchè, sinceramente, 20 scatti al secondo sono tanti ma in fondo non tanti più di 14) e vedere come va agli alti ISO. Sull'autofocus devo dire che è come avere in mano una D6 che mette a fuoco a tutto frame e lo fa con una animazione a mirino che è coerente con quello che sta facendo. Se c'è una persona nel frame l'AF le si attacca addosso e non la molla nemmeno se viene coperta da un altro elemento. Se l'occhio è visibile va su quello, altrimenti passa alla testa. O al corpo. Il tracking 3D è intuitivo : si mette il cursore da dove si vuole che questo parta e basta premere a metà il tasto di scatto perché il tracking segua qualunque cosa ci sia sotto al cursore, senza nessun'altra contorsione mentale. Ma soprattutto sbalordisce la velocità di azione. Avevo con me la Zfc e, benché io possa metterci del mio per fare la differenza, si ha la sensazione di usare un motorino a confronto della moto BMW più evoluta e potente del mercato. IL MIRINO Chiarissimo, nessun oscuramento, visione fluida e continua. In raffica non si vede nulla, almeno in quelle più rapide, nelle altre c'è una animazione che fa capire che ... stiamo scattando. Perchè altrimenti benché la macchina sta registrando centinaia di scatti, non si percepisce nulla. In interni è uguale ad un mirino ottico. In esterni anche meglio. O, almeno, io vedo meglio in questo mirino che in quello della D6. Anche qui il confronto con la Zfc è impietoso. Ma sono macchine tra cui in mezzo scorre ... un oceano. Probabilmente per qualcuno sarà troppo contrastato. Ma credo sia possibile personalizzarlo. ALTI ISO Sono certo che sarà il punto dove ci sarà tanto dibattito al riguardo. E' una macchina ad alta risoluzione. Ha base ISO 64. Non è stata pensata per un uso esclusivo - come D5-D6 - o preferenziale nei palazzetti dello sport più bui del mondo. Ma per quanto il mileage mio possa essere diverso da quello degli altri, personalmente mi sentirei a mio agio a fotografare tranquillamente a 6400 ISO ed oltre. Anche senza particolari interventi in sviluppo che a me non appassionano più di tanto. Nei commenti troverete foto a testimonianza. RAFFICA a 120 FPS Emozionante, spettacolare, precisa. Non saprei che altro aggiungere. Se non ricordando che io con la D3 (12 megapixel e resa molto più grezza della Z9) ho fatto stampe da 60x90cm e che normalmente veniva usata dai fotografi sportivi per doppie pagine e copertine di riviste di basket. Qui però abbiamo una precisione chirurgica mentre si segue ogni più indistinguibile ad occhio nudo, movimento del soggetto. Naturalmente non sarà da usare indiscriminatamente, pena avere sequenze di scatti tutti troppo uguali tra loro. Ma quando serve si potrà cogliere l'attimo che c'è in mezzo a due attimi contigui .... CI VOGLIONO SCHEDE NUOVE Scordatevi le XQD. Sono compatibili ma appena appena sufficienti ad usare la macchina per scenari statici. Ed usare la Z9 per fare solo paesaggio non sarebbe renderle giustizia. Per avere il massimo ci vogliono CFExpresso di fascia alta e, possibilmente, di taglio serio (una scheda da 64 gigabyte la riempite in mezz'ora di scatti). 5000 ISO, 1/500'', f/2.8, 85mm la visualizzazione del punto di AF scelto dalla macchina, uno scatto a caso della sequenza a 120 fps Di più non saprei che aggiungere. In fondo non si può pretendere di più da pochi minuti di prova pratica di uno strumento che richiederà mesi di apprendimento approfondito per poterne comprendere tutti pregi e scoprirne anche i limiti. Ma in fondo è anche per questo che ci piacciono i nostri giocattoli, vero ? Insomma, diffidate di chi in 5 minuti vi sa dire ogni cosa, con l'assoluta certezza di un messia tecnologico. Vi invito a guardare nei commenti gli scatti e le sequenze che ho potuto mettere insieme da questo breve contatto. Sulla disponibilità per chi l'ha ordinata, purtroppo non ho notizie troppo confortanti. Nital spera di avere le prime dopo la metà di dicembre ma c'è da esaudire la prelazione contrattuale per gli NPS. Ma poi le consegne proseguiranno con cadenza settimanale fino ad esaurimento degli ordini. Ci vorrà pazienza per averla ma non è l'attesa del piacere essa stessa un piacere?
  22. ENGLISH VERSION HIFIMAN Deva is the second bluetooth headphone from Hifiman after Ananda. It uses the same approach and aims to flexibility of use, allowing for different input options: wired, traditional connection to a desktop amp USB cable, for PC/Mac connection wireless, using Bluetooth 5.0 protocol You can turn Deva into a wireless headphone using the new Hifiman Bluetooth module, the “Bluemini”, which replaces the traditional wire and includes an USB socket for charging the battery and the control buttons. Nothing extraordinary so far, right? but when we add that this is – as the other premium Hifiman models – a planar headphone using the new “supernano” diaphragm and we look at the price, which is entry-level considering Hifiman pricelist, then we can call it a miracle. Moreover, while Ananda BT doesn’t have the wired traditional option, the Deva has it, for all the cases where a wireless connection is not possible or when we want to enjoy the sound of an analogic amp. Basically, Deva is placed under Sundara and ideally replace the glorious HE.400, at least in terms of pricing and market segmentation, but with an ease of use remarkably improved. However we should not forget that the official retail price of Sundara and HE-400 was 450€, whereas Deva starts at 349€. Specification : circumaural, open-back, planar magnetic headphone impedance: 18 Ohm weight: 360g sensitivity: 93.5dB 3.5mm TRRS audio cable With its 25g Bluemini dongle dongle includes Blueetooth receiver, USB-C port, built-in DAC and 230mW Amp. The dongle also adds the battery needed to support approximately 7-10 hours of playback per charge.Bluemini supports file resolutions up to 192 KHz/24 bit via USB and 96/24 in wireless mode, using a Qualcomm CSR8675 chipset. From Hifiman website, the new “supernano” diaphragm, used also in other premium Hifiman headphones of the latest generation. Some detail of the Bluemini, the dongle is primary responsible of the wireless connectivity of Hifiman Deva. Top-notch integration and build quality: only 25g including the plastic shell. Unboxing : The classic black Hifiman cardboard box, pretty solid, showing both on front and back sides the new Bluetooth feature. Even inside the box, the packaging is premium, similar to HE-400. The cables available: 3.5mm audio cable, 3.5mm to 6.3mm converter, 2m USB-A/USB-C cable and the dongle that turns the headphone into wireless. User manual. The look has colors similar to HE-1000, but the shape of the pads and the mechanic are closer to Sundara and HE-400. Brown colors and silver finishing make them modern and lively. The swiveling ear cups make the Deva comfortable over my years. The headband is soft, upholstered and strong. If I really had to find a negative point, it would be the visible screws, but on the other hand they make any possible replacement of a damaged component easier. It’s an open-back headphone such all the planar headphones of this series and the external part of the pad is well protected by a metal honeycomb grid. The Deva logo is proudly shown, as in other Hifiman models. The maximum extension of the headband, for “important” heads. The inside of the ear cups is soft in contact with skin. I used Deva while I was biking and didn’t make me sweat. The letter showing the left channel and the jimbal of the headband. The cable connecting the pads is seated inside the groove under the letter L. It’s pretty well recessed beneath the surface, therefore I’m not expecting any damage from use over time. In the left pad there is the only external connection: it can be used either with the Amp cable or the dongle. The pad with the dongle on. The other side USB socket, confirmation LED, control buttons So, as a whole, the impression is excellent. Build quality is slightly below the other Hifiman models I know, such Sundara and HE-400, but anyway better than the average of headphones from other companies. If in the past Hifiman was criticized, not for the sound, but for the build quality and the details, things got significantly better from the second version of the previous generation and the Sundara. Let’s not forget that the price for a planar Bluetooth headphone might be quite higher. If I had to point out a little flaw, it’s the 6.3mm convertor: while it works perfectly, it doesn’t seat flush once plugged-in, and it’s a bit hard to pull out. I’d rather prefer a screw-on adapter, but it’s really a small thing. Measures : I coupled the Deva with my desktop amplfier to get a first impression, then I took this opportunity to check the frequency response using my miniDSP ears: The frequency response confirmed my impressions during the first listening. A good presentation across the whole frequency range, with very articulated bass, very clear miss and not aggressive highs. Frequency response of Deva coupled with Audio-GD R28 preamp. The real surprise was the response using the USB-C wire via dongle. Considering the difference of the power outputs (my amp’s output goes up to 7.5W at 32 Ohm, while the built-in amp output is 230mW), I was not really expecting to see two responses so similar. Frequency response of the Deva coupled with Audio-GD R28 (in red) and using the Bluemini dongle connected to my laptop via USB-C (in green). Not considering some difference due to measurement errors, I see a better bass using the desktop amp (in red) compared to the dongle built-in amp (in green), while it’s the opposite from 1500 to 2000Hz with the dongle showing less damping in this section so important in the audio range. In short, either for the optimization studied by engineers, or for the very low impedance of this headphone, this small 25g box is able to make shine a headphone with a quite low sensitivity. Comfort : The Hifiman Deva is few grams lighter than the Sundara and they have comparable shapes. The pads are more comfortable than those of HE-400, but less comfortable compared to the wider pads of Sundara. With Bluemini on, even if its weight is only 25g, you can fell some imbalance towards the left ear, but it is not an unbearable discomfort, after a while you don't think about it anymore. The pressure over the head and the ears is just right, even for long listening sessions. In wireless mode there is no kind of issue, even moving around the room. The control buttons are easy to reach and the confirmation sound is nice. There are 2 control buttons: the bigger one is for switching on and off and Bluetooth connection. The smaller button, close to USB socket, is for turning the battery charge on. When the headphone is simply wired the charge remains off. Even during playback the charge is switched off. Beautiful and elegant with its brown and contrasted colors, as the light decreases it gets a darker look, that fits well in a wooden location, both high-tech and stylish. A round of applause for the Hifiman designers! Listening test : I tested this headphone for a while in all the configurations: analog cable, USB and Blueetooth. Then I compared them, in order to give a better idea to the readers, to two very different headphones: my Arya, a premium Hifiman headphone and my personal reference, and the AKG K712 Pro, professional monitor headphones, dynamic, that were considered in a segment slightly superior to Deva when they were marketed. Deva’s sound presentation reminds me the HE-400i V2 that I owned until the beginning of the year. The bass range has full body and the extension is well articulated. Mids are clear and well defined, while highs and very high frequencies are never annoying. There is no emphasis in any sound range, but the sound is refined, clearly in line with a planar system, and I find it more enjoyable than the Sundara, that I tested last year. Where Sundara is dry and need some equalization to get a more balanced sound, Deva is already excellent out of the box. Soudstage is good and I couldn’t find the annoying feeling of hearing the sound inside my head. Three-dimensionality is not exaggerated, but we are pretty close. Very good! Mids are sweet and clear, but there is no attempt to over-sweeten them. The volume is adequate and in all the recordings I listened to there was no need to turn up the volume. Well-recorded female voices seem to have everything to gain from these headphones. As you know, I listen 99% to classical music, but these headphones go pretty well with any genre. But even in less "noble" uses such as Skype, video games with sound effects and movies, the overall balance, without excessive emphasis but also without shortcomings in the range, allow a fruition always in line with expectations. The comparison between HIFIMAN Deva, AKG K712 Pro and HIFIMAN Arya. HIFIMAN Deva: the latest album by Silje Nergaard (jazz-vocal) highlights the singer's voice, while keeping the piano very present. It’s even better in the album with rhythmic accompaniment of 2000 "Port of Call", where the voice is highlighted on a nice bass base and below the rhythmic accompaniment. AKG K712 Pro: very cold but realistic piano, you can hear the singer breathing between sentences. We are at the apotheosis of the "monitor" sound as conceived by AKG. In the trio, finally there is generous bass while Silje's "impertinent" voice dominates snares and cymbals. The most interesting performance of the K712 in this listening test. HIFIMAN Arya: sweeter than the other ones, low range extended to the extreme but less full of the other two. But here she deserves a kiss! I can hear some sibilance that in the other two headphones wasn’t there. HIFIMAN Deva: Mark Knopfler doesn’t keep us waiting too long and after entering with his guitar here is his hoarse voice. I feel like turning up the volume.It is a 1985 record but very well recorded (and remastered here). Bass, mids, treble perfectly calibrated. You can't stop listening to it AKG K712 Pro: less engaging as a whole, but Knopfler's voice is more separate from the rest, percussions in great evidence, guitar even more.The sound is cold, different, not necessarily unpleasant. A diametrically opposite interpretation. HIFIMAN Arya: Brothers in arms, sweet and soft with the rhythmic section over the head. Compact, dense, convincing sound. HIFIMAN Deva: The 1751 Testore Milanese violin played by Franziska Pietsch has a metallic, cold voice that contrasts a lot with the Mediterranean tones of Ravel's violin sonata. The piano that accompanies it is less bright because it is played so as not to overpower the violin. AKG K712 Pro: the presentation is similar, but I have to turn up the volume to feel the same balance. The violin is lighter, less metallic, more prominent. But the sound is elegant, light. HIFIMAN Arya: here too the violin is not as metallic as with the Deva, on the contrary, it’s sweet, and the piano is very sweet. The sound is fast, delicate. HIFIMAN Deva: Teodor Currentzis' latest madness and his vision of Beethoven's Fifth Symphony. Perfect tonal balance with generous bass and a majestic orchestral full. Good extension of the soundstage to the outside. AKG K712 Pro: there is less impact although the volume is higher. The texture of the violins, however, is very precise, as are the upper harmonics of the wind instruments. It is as if there was a magnifying glass on the right side of the spectrum and the left one was a little compressed. HIFIMAN Arya: wide, concert hall sound, without being artificially spectacular. In the third movement every single instrument is heard. HIFIMAN Deva: Ton Koopman's "spectacular" Bach in 96/24 edition is bright, clear, fast. You might want a little more pedal but that is certainly not missing in the Passacaglia in C minor which closes the disc. AKG K712 Pro: The bass is there but it is behind. Instead the treble is present. The sound is unbalanced and one would like to equalize it, but to avoid any form of contamination I wanted to make this comparison without any filter in between, using the corresponding audio driver directly. HIFIMAN Arya: The organ is excellent, the bass is there but it is the full that highlights a tangible thickness in which every single voice is heard. HIFIMAN Deva: I close with Lady Gaga's A star is born. The guitar is here, somewhere. The voice of the unsuspected Bradley Cooper seems to me a bit to nasal and a little unbalanced in the medium-high frequencies. Lady Gaga is perfect, exciting, with some echo and the violin in background. Bass without tails and reverberations. And she climbs the stairs to heaven. AKG K712 Pro: Shallow is less exciting, the sound is more monitor-like with AKG. The guitar is clear, Bradley's voice is more subtle. Lady Gaga’s voice sounds detached from the rest of the music. But she is more behind than before. And yet the rest is all more subtle. HIFIMAN Arya: the scene is the stadium, open wide. Bradley's voice sounds finally like I remembered in the movie. The guitar is not so evident but very delicate, in short he doesn’t look bad compared to Lady Gaga who, when she enters, gets the due applause. Here too, she can sing as high as she wants, Arya follows her even higher. The two voices are well blended. So, to recap and with the natural subjectivity of such a comparison, I can say that HIFIMAN Deva offers a balanced performance in all types of music, with a coherent sound, favoring bass and medium, with treble not too evident and always without sibilants. The performance is more captivating than that of AKG's K712 which have a different setting, with the mids back and increasing highs. It is the Central European monitor sound, designed for long working / listening sessions. Compared to Arya - which is 5 times more expensive – Deva is at first more spectacular and more captivating. In a quick switch we might even like it more. But Arya’s sound is more refined, intended for educated ears, mids and treble texture is of a higher class and bass is more extensive even if it may seem less powerful. In the case of the organ, for example, there is no comparison. But also with chamber music and well-recorded female voices. But not everyone will be able to understand it without long listening session. Which is good for the Deva, since you don't need to drain your bank account to buy it. What surprised me is that in the comparison I used the amplifier for the two traditional headphones and the Bluemini for the Deva, but it was the Deva that sounded louder and louder. With very little power this can makes a show of force. Coupling : I used Deva with the desktop amp in high gain mode. No problems whatsoever (and my amp is able to deliver many watts). With iPhone and Android tablet in Bluetooth. With a desktop computer using streaming web-services. With the Fiio 5 and its built-in amplifier. Deva is always an easy load and is always able to play loud. I believe they will never be a problem for anyone under any circumstances. Conclusions : Pro's it’s beautiful and well built capable of classy sound like all HIFIMAN planars flexible, able to play wired and wireless simple to use and not requiring complex setup procedures. When you want to listen to music, they are ready to please you sound is clear, powerful, it needs little power to make it play loud. The soundstage should satisfy everyone with good ears. A little bit raucous with a frequency response that looks like the Harman curve. no equalization required: it sounds good in its natural state and out of the box it doesn’t require any break-in. After many hours of use, the sound is still the same impressive price / performance ratio. Indeed, miraculous. It’s inexpensive, but it’s difficult to find decent planar cans for the same money, let alone wireless and of this quality Con's Bluemini is small, compact and light, but still it slightly unbalances the seating over the head Deva is not as comfortable as Sundara and much more uncomfortable than the other two headphones used in the tests (but there is worse, much worse, I assure you) the supplied USB cable is nice, very soft, maybe it could be a meter longer to allow some more freedom. But this is a headphone designed for wireless use mainly the 6.3 mm jack adapter did not convince me, it is not screwed-on, it fits, but it seems that it is not completely housed. It’s more an aesthetic issue than a real one. In a nutshell, I believe that, all in all, starting from flexibility combined with high sound quality, the possibility of working with any source, at this price Deva is given away! We hope that HIFIMAN will not change its mind and increase price. Does Ananda sound better? It's possible. But Ananda isn't for everyone.
  23. Un grandissimo grazie ad HIFIMAN che ci ha inviato in prova questo set - cuffie Jade II e amplificatore dedicato - si tratta di un sistema che pur essendo entry-level per la gamma di cuffie elettrostatiche del marchio HIFIMAN possono offrire una risposta definitiva a certe esigenze di ascolto. Ma non voglio anticipare troppo le conclusioni dell'articolo che troverete in fondo alle note di ascolto. Andiamo direttamente alla prova di ascolto comparativa : la batteria di campionesse a confronto : HIFIMAN JADE II, HIFIMAN ARYA, STAX SR404 SN *********************************************************************** Seguono i brani ascoltati in dettaglio ma in SINTESI : Le Jade offrono un suono entusiasmante e dettagliato ma sono estremamente selettive sia nel genere che nei singoli dischi. Inadatte - secondo il mio punto di vista - a dipanare enormi masse orchestrali o contenuti energetici elevati, nei piccoli complessi, sia vocali che strumentali e soprattutto negli strumenti solisti, danno il massimo con un risultato che è ad un passo dall'evento reale. Attenzione al volume perchè dopo un pò potreste farvi male : non c'è distorsione e quindi si tende a voler ascoltare ogni singolo suono distinto dagli altri. Le vecchie Stax se la cavano ma offrono sempre una prova molto personale, spesso sopra le righe. Portano in luce cose che con le Arya non si sentono proprio ma trascurano invece intere sezioni dello spettro. Le Arya sono la sintesi e l'equilibrio. Magari gli amanti della musica rock/heavy faranno bene ad evitarle, ma per gli altri sono un vero piacere. Ma le Jade in alcuni dischi sono semplicemente di un'altra classe. Non sempre, però dove le Arya danno una prova ottima ma non sorprendente, le Jade invece rendono magico quello che state ascoltando. Le acquisterei ? Ve lo dico alla fine ! *********************************************************************** I dischi utilizzati nella prova in batteria AC/DC : The Razors Edge/Thunderstruck e Fire Your Guns Jade : suono dettagliato, precisissimo ma nel complesso sottile. Chitarre non invadenti, voce un pò più sottile di come la conosco io. Basso indietro, un pò vuoto. Arya : basso pieno anche se non stravolgente, voce chiara, piatti metallici ma concreti Stax : chitarre fantastiche, voce perfetta, basso secco, corto, anzi, cortissimo Le Arya danno la risposta più convincente con un genere che non è adatto a nessuna di queste planari. Le Stax, al solito, se la cavano sempre bene, le Jade non trovano giustizia con questa musica Bach : Grosse Preludien un Fugen - Ullrich Bohme Jade : il pedale è più presente di quanto non si senza con le Stax, le voci superiori sono perfettamente separate, la spazialità del suono esemplare, rispetto alle Stax ma anche alle Arya Arya : basso molto più in evidenza ma si nota un pò di stacco con il medio e l'alto. Suono complessivamente più convincente delle altre due cuffie Stax : suono avvolgente e deciso, basso non particolarmente immanente e immagine non particolarmente ampia ma c'è tutto quello che si vorrebbe sentire Le Arya hanno la risposta più completa ma il suono delle Jade è semplicemente più bello. Le Stax rappresentano invece un organo molto più piccolo. Sinéad O'Connor : I do not want what I haven't got/Feel so different Jade : la voce è su un altro piano come c'era da aspettarsi, l'orchestra presente con i suoi pizzicati, immagine larghissima Arya : voce chiarissima, bella. Violini tersi, cristallini, nessuna fatica a seguire l'intero brano anche a volumi da mal di testa Stax : voce perfettamente amalgamata con l'orchestra, bassi pieno, immagine ampia Le Jade sono più emozionanti e nel complesso il risultato è più sexy di quello delle Arya. Le Stax non ci arrivano proprio. Sergey Babayan : Rachmaninoff/Appasionato Jade : mano sinistra molto più in evidenza, basso in ritirata, un pianoforte troppo più esile di quanto non si vorrebbe Arya : prestazione esemplare, suono pieno, pianoforte smisurato, basso potente, le due mani in perfetto equilibrio Stax : alti un pò metallici, sembra che la registrazione sia stata effettuata più da vicino, i bassi non si sentono Arya, Arya, Arya, soprattutto. Schubert : Trio Op. 100/II Andante con moto Jade : immagine fantastica, pianoforte non troppo in evidenza, violino lagnoso, violoncello un pò esile Arya : il violoncello qui si riscatta in pieno, il violino è meno rugoso, meno brillante, meno sexy, il pianoforte è completo e non copre gli altri strumenti Stax : pianoforte in evidenza che copre il violino, il violoncello é bello ma non abbastanza pieno Arya e Jade alla pari, che vi piaccia di più il violoncello o il violino, dipende da voi. Bach/Christian Tetzlaff : Ciaccona in re minore Jade : il violino moderno di Tetzlaff è semplicemente inarrivabile nel suono offerto dalle Jade, si sente il suo respiro (del violino, non del violinista), il nero tra gli spazi, una prova di un livello artistico sensazionale Arya : bello e completo, amalgamato Stax : elegante, questo è il campo delle elettrostatiche, pulito, chiaro, analitico. Manca però la nitidezza e il capacità di microdettaglio delle Jade Jade insuperabile, Stax per una prova molto personale, Arya in secondo piano. Questo disco è meraviglioso, con le Jade non riesco a smettere di ascoltarlo. Queste cuffie dovrebbero essere consigliate a tutti i violinisti. Diana Krall : The girl in the other room Jade : rispetto alle Stax si sente di più il riverbero della voce, il suono del piano è più bello e anche l'accompagnamento è più rotondo Arya : basso più rotondo, contrabbasso perfettamente udibile dove con le Stax non si sente, la voce è in secondo piano ed è meno chiara rispetto alle altre due, un pò più bassa e manca di tutto il dettaglio e l'ultrarealismo delle Jade Stax : la voce di Diana è più in risalto con le Stax, ma il complesso della prova offerta dalle Jade è di un altro livello Anche qui le Jade secondo me danno prova di elevato livello. Le Arya sono raffinate ma non così sexy. Silje Nergaard Jade : voce bellissima di cui si apprezza ogni dettaglio, pianoforte un pò metallico, meno appagante ma non è quello che mi interessa in questo disco Arya : bello finché non si sente con le Jade ma il pianoforte delle Arya è di un altro livello Stax : complessivamente meglio delle Jade, è il timbro di voce che meglio si presta alla sua impostazione. Pianoforte chiaro e tutto sommato migliore di quello delle Jade Jade o Stax secondo i vostri gusti. Probabilmente per me, Stax John Williams : tema di Guerre Stellari Jade : suono chiaro, forse troppo ma è questione di gusti Arya : equilibrio energetico più lineare con una presenza sulle basse più intensa ma archi meno accattivanti delle altre due Stax : bello ma suono un pò esile Un direttore d'orchestra qui certamente tenderebbe a preferire le Arya, i violinisti continuerebbero a scegliere Jade Genesis : Sellng England by the pound Jade : la voce di Peter Gabriel appare un pò più esile di quanto non mi piacerebbe, e i bassi sono chiaramente meno potenti Arya : bella prova, voce, quadro d'insieme, potenza, più interessante Stax : suono troppo esile, troppo sbilanciato sulle alte E' un disco che anche rimasterizzato resta un pò aspro. Le tre cuffie danno una prova differente. Le Stax eccellono negli arpeggi delle chitarre, le Jade nella voce di Gabriel che però é più corretta nelle Arya che hanno più potenza. Le Stax in un ascolto prolungato sono troppo esili e un pò artificiose. Beethoven/Savall : sinfonia n. 3 Jade : suono pulito, ampio, archi setosi e leggeri, bassi decisamente in secondo piano Arya : questione di equilibrio, questa registrazione si caratterizza per l'ampio risalto dato ai timpani e la leggerezza degli archi. Il contenuto energetico con le Arya salta subito in primo piano, non che con le due elettrostatiche non ci siano i timpani, ma sono leggeri ed aperti come il resto della registrazione Stax : una via di mezzo tra le due, archi in primo piano, medio-bassi in evidenza, bassi profondi inesistenti (contrabbassi) Monteverdi : Il terzo libro de' madrigali Con questa registrazione - praticamente perfetta - siamo nel dominio delle cuffie planari. Sinceramente non riesco a decidere una prevalenza. Le Stax pongono, come sempre, in primissimo piano le voci femminili. Le Jade hanno un suono splendido e, magicamente, le voci maschili sono le più belle. Le Arya, eleganti ed energetiche come sempre. Till Bronner : Night Fall E' un disco in cui si sente il fiato di Till mentre suona e ogni singola corda del contrabbasso di Dieter Ilg. Le tre cuffie danno una interpretazione molto differente tra loro. Le Stax mettono tutto in primo piano, senza privilegiare nulla. Le Arya sono più scure. Le Jade, incredibilmente dettagliate in tutto, e a dispetto di quello che si penserebbe, donano il più bel contrabbasso immaginabile. Il suono è più chiaro ma più lucido, come l'evento reale. *********************************************************************** Jade e Stax si sono alternate sia sull'amplificatore HIFIMAN che sul mio valvolare Stax. Le Arya sono state pilotate dal mio Audio-GD R28 via cavo bilanciato in argento. L'Audio-GD R28 ha fatto sa semplice ricevitore/DAC per gli amplificatori delle elettrostatiche. Costruzione : Robuste e bellissime. Meglio delle Arya. Non solo per quella fluorescenza verde che traspare dai padiglioni ma proprio per l'insieme. Mi piace di più sia il pad che l'archetto, tondo. Stanno perfettamente in testa senza alcun bisogno di regolazione. il cavo è di ottima fattura. Non lunghissimo e ovviamente, non intercambiabile. Sembra anche robusto. Connettori di splendida fattura, nel complesso più elegante della fettuccia interminabile delle mie Stax. Costruttivamente sono superiori alle Stax, che sono sempre state fragili e tutte in plastica (oltre che orrende) quel connettore pentapolare è del tutto compatibile, come la tensione di alimentazione, agli standard Stax : quindi intercambiabilità totale. segni particolari ? Bellissime ! L'amplificatore offerto in bundle è di ottima fattura. Solido e pesante, non offre appigli a critiche. L'esemplare in prova ha la manopola del volume un pò allentata. Forse basterebbe stringere le viti di blocco ma non ho voluto verificare. offre due uscite per due cuffie differenti (cosa che mi ha permesso di alternare all'ascolto le mie Stax senza equilibrismi) mentre gli ingressi sono sia bilanciati (da preferire, perchè le elettrostatiche sono bilanciate per natura) che sbilanciati la sagoma laterale è a forma di trapezio, giusto per rendere più elegante la forma complessiva. ho letto in molte recensioni critiche a questo apparecchio. Nell'ascolto in confronto con il mio Stax (che costa molto di più ed è a valvole) si notano alcune sfumature a favore dello Stax ma sostanzialmente solo nella gamma più alta. Considerando l'offerta di acquisto e la disponibilità molto rara di amplificatori per cuffie elettrostatiche io non starei troppo a pormi dei dubbi. Se non avete già uno Stax in casa, prendetelo con fiducia. ****************************************************************************************************************** Non sto ad indicare le caratteristiche tecniche delle Jade II, potete trovarle insieme a tutta la documentazione sul sito ufficiale. Per i più tecnici, rimando alle misure di risposta che ho effettuato e pubblicato nei giorni scorsi qui : e che in larga parte trovano conferma nelle sensazioni di ascolto. ********************************************************************************************** Conclusioni Prova molto, molto impegnativa perché queste sono cuffie di alto livello e con caratteri simili. Difficile stabilire un vincitore anche se tenderei ad escludere le Stax che guardo con indulgenza per la loro età e per cosa hanno rappresentato per me. Se non avessi già le Arya acquisterei subito le Jade II. Si sposano alla perfezione con quello che significano per me le cuffie. Per me l'ascolto in cuffia non è una alternativa a quello tradizionale con gli altoparlanti. Quello resta il mio modo di ascoltare la musica. In cuffia voglio poter analizzare il dettaglio e non mi interessa una riproduzione o un tentativo di riproduzione in scala dell'evento musicale. Il dettaglio, il suono, tutto ciò che generalmente non si riesce ad ascoltare anche dal miglior speaker del mondo. Per questo credo che non ci possano essere delle cuffie assolute in grado di suonare tutto al meglio e come piace a me. Le Jade II, se vogliamo, sono ancora più esclusive in una visione di questo genere perché sono eccezionali - non esito a dire MAGICHE - in certe cose. Ma non in tutte, sebbene sappiano dare sempre una interpretazione di grandissima classe. Suono raffinato, dolce, mai affaticante sebbene il medio e l'alto - almeno finché arrivano le miei vecchie orecchie - sia di una precisione ad altissima risoluzione. Nei violini non ho mai sentito niente di altrettanto realistico. E nelle voci a cappella o comunque, senza intermediari elettronici in mezzo, non si possono assolutamente battere in questa fascia di prezzo. E nel jazz fatto di piccoli gruppi e con voci complementari, dove persino il contrabbasso diventa vivo oltre l'immaginabile. Sono molto meno convincenti dove ci vuole energia e dove le masse sonore trascinano il senso del suono. Dove non c'è dettaglio è uno spreco utilizzare queste cuffie. Un pò come tentare di guardare fuori dalla finestra con il microscopio. Anche le Arya non sono indicatissime per i grandi volumi sonori (non parlo di livello acustico, parlo di volume, avete in mente l'ottava sinfonia di Mahler ?) ma si tolgono dai guai meglio delle Jade. Se hanno un limite è nel prezzo del sistema, perchè uno deve comprarsi anche l'amplificatore. E queste non possono essere le uniche cuffie che hai in casa, perchè per certe cose non possono essere usate (tipo il rock o l'heavy metal, oltre alla grande orchestra). Ma se avete già un amplificatore oppure volete avere dei monitor elettrostatici che in fondo costano una frazione di qualsiasi altra cosa di fascia superiore possiate immaginare, beh, pensateci bene. Io stesso, che potrei comprare le sole cuffie, sono maledettamente indeciso .... cederò alla tentazione ? Ve lo farò sapere !
  24. Risale a diversi decenni fa la mia passione per le cuffie Stax. Il primo ascolto fu con un modello entry-level, forse le SR-34 non mi ricordo più, in un negozio in metropolitana a Milano che non esiste più da un sacco di tempo. Ascoltai per intero il secondo concerto di Brahms con Ashkenazy accompagnato da Solti. L'effetto fu elettrizzante. Non avevo idea che si potesse ascoltare ad un livello tale, ben superiore ad ogni diffusore che avevo visto sino ad allora. Soprattutto la neutralità e la naturalezza di emissione e la facilità di ascolto, senza alcuna fatica. Potendo distinguere ogni singolo strumento. Le cose poi non vanno come si immagina e le cuffie con cui ho avuto la più lunga frequentazione furono invece le venerande AKG K340, molto differenti salvo il fatto che la via medio-alta di quelle cuffie ... era elettrostatica. Molti anni dopo (ma comunqu molti anni fa) soltanto sono entrato in possesso di un sistema Stax all'altezza delle mie aspettative, mio sistema di riferimento fino a qualche mese fa. Si tratta delle SR-404, versione Signature, modello medio della serie Lambda, accoppiate con l'amplificatore/elevatore di tensione, Stax SRM-006T. Cominciamo proprio da questo apparecchio che mi permette di scrivere qualche appunto sulle cuffie elettrostatiche. Le cuffie elettrostatiche Sono trasduttori che appartengono alla famiglia dei planari (ortodinamiche) come le magnetostatiche. Un sottilissimo diaframma di materiale plastico trasparente è polarizzato ed immerso in un campo elettrostatico generato da armature caricate elettronicamente. La differenza rispetto alle magnetostatiche sta principalmente qui (queste ultime hanno un campo magnetico permanente) e nella necessità di avere un amplificatore dedicato che produca anche la tensione necessaria a generare il campo magnetico necessario al funzionamento. Senza sarebbero mute. Le mie Stax SR-404 signature posate sul loro amplificatore il frontale champagne del mio Stax SDM-006t a valvole. qui il dettaglio dei pulsanti e degli attacchi per i cavi. E' possibile collegare fino a tre cuffie contemporaneamente. Il controllo di volume incorpora anche un controllo di livello (sono sostanzialmente due potenziometri coassiali indipendenti). Il dispositivo riceve il segnale da una doppia entrata linea, sia bilanciata che sbilanciata, passante per connettere eventualmente qualcosa d'altro in cascata. C'è addirittura una presa per la terra, in caso si colleghi un giradischi. ovviamente, le cuffie Stax hanno una configurazione completamente bilanciata già a partire dall'amplificatore, per cui l'unica cosa sensata è utilizzare l'ingresso bilanciato. Questo amplificatore ha una topologia ibrida, con stadio pilota a valvole e stadio finale a transistor, tutto in classe A. le due valvole hanno un cupolino sulla parte superiore del telaio con i forellini per favorire la ventilazione. Nel funzionamento l'amplificatore scalda moltissimo ma il meglio di se lo dà proprio quando è molto caldo. Ogni dettaglio è ben strutturato, ben costruito, ben congegnato. Dà sicurezza già a partire dall'aspetto. Dai connettori, proprietari di Stax e praticamente uno standard (anche HIFIMAN per le sue elettrostatiche utilizza la stessa configurazione) parte sia il segnale bilanciato, che la tensione di alimentazione delle armature elettrostatiche. Come sono fatte le cuffie Hanno la tipica struttura delle Stax serie Lamba, il cui primo modello ha oramai quaranta anni (e ci sono esemplari che ancora funzionano perfettamente). La costruzione è interamente in plastica. Tranne i padiglioni e la fascia sotto l'archetto che sono in pelle. il marchio Signature sull'archetto. Notare il segno dello stampo della plastica. Pessimo l'accoppiamento dei colori, verde, rosa, argento, marrone ? Per un italiano è un vero colpo in un occhio ... ! anche il marchietto del modello è in rosa, posto sopra al padiglione. L'archetto è smontabil ed intercambiabile. i due padiglioni sono sostanzialmente identici. Se smontati bisogna poi riconoscerli ad occhio perchè non c'è un marchio che ricorda quali siano i canali (entrambi sono alimentati dal cavo di collegamento allo stesso modo e solo sull'archetto ci sono le indicazioni dei due canali Right e Left). l'imbottitura è morbidissima, la pelle è vera. E' intercambiabile (infatti io ho sostituito entrambi con un ricambio nuovo fatto arrivare dal Giappone). la sagoma trapezioidale del singolo trasduttore. l'interno del padiglione. I due lati sono schermati e le due armature protette da una struttura metallica. Non ho mai infilato le dita ma credo siano protetti da intrusioni. Nel complesso comunque la costruzione si presta a svariate critiche. Le plastiche non sono robuste, l'insieme un pò precario. Al di là dell'estetica - certamente discutibile per gusto ed assieme - è proprio la fattura che non sembra a livello dello status del marchio e del prezzo preteso (considerate che un paio di STAX SR-404 Sn usatissime costano 1300-1500 euro ancora oggi ...). Però sinora non mi hanno abbandonato e devo anche ammettere - al netto dell'invecchiamento dei miei timpani - che suonano sempre come il primo giorno, nonostante l'età. Le SR-404 sono chiaramente fuori produzione, sostituiti da modelli più recenti. La serie LAMBDA si differenzia dalla serie OMEGA già a partire dalla struttura. Le OMEGA hanno il padiglione circolare, sono in metallo. Costano un botto. E sono considerate da tutte il rifermiento da sempre per le cuffie di ogni livello. Le Lambda non sono a quelle livello ma sono genuinamente tra le migliori cuffie che si possano ascoltare. L'ascolto Le cuffie elettrostatiche STAX sono famose per la loro analicità, trasparenza, neutralità. Suono cristallino. Per anni sono state usate negli studi di registrazione CBS in America, almeno finchè non è arrivata Sony a comperarsi tutto quando. Non lo sono invece per la loro estensione, almeno non le LAMBDA. Il suono è dichiaratamente monitor, con una grande presenza delle medie e un impatto che è fortemente a favore dei solisti che risultano sempre perfettamente in primo piano. Ne è prova la misura della risposta in frequenza, eseguita con i microfoni miniDSP Ears e il programma REW Un canale solo due canali ad un livello di ascolto tipico. le differenze di livello tra i due canali sono probabilmente da ascrivere al controllo di livello o ad una imperfetta pressione dei padiglioni sulle orecchie artificiali. Nulla di distinguibile all'ascolto, considerando che tutto è perfettamente regolabile. La misura conferma una estensione ridotta sulla gamma bassa, il medio basso con un evidente "gonfiore", la gamma delle voci in netta evidenza, l'alto in ritirata e l'altissimo non esageratamente tormentato (come invece si vede in molte cuffie dinamiche con trasduttori metallici). La prova sta ne pudding, cioè nell'ascolto. Voci femminili, cori, strumenti a fiato, archi, tutto in evidenza. Basso acustico bello pieno, basso estremo non allo stesso livello. Violini setosi, clarinetti sottili, oboi nasali. L'immagine non è la loro caratteristica principale. Il suono si sente nelle due orecchie e sopra la testa, nonostante la forma asimmetrica e trapezioidale dei due trasduttori possa far pensare diversamente. La grande orchestra si perde di impatto e la collocazione degli strumenti un pò artificiosa. Ma continua ad essere estremamente affascinante la facilità con cui si individua perfettamente ogni singolo strumento, anche nella tessitura più complessa e numerosa. Se dovessi dire per cosa sono più indicate, sceglierei certamente le voci femminili e la musica da camera in generale. Il coro anche, sebbene manchi un pò di corpo nei bassi più potenti. L'organo proprio non è per loro, diventa troppo esile. E nonostante certi commmenti, assolutamente inadatte ad ogni genere che non sia acustico, pulito, naturale. Soprattutto due caratteristiche, la naturalezza complessiva dell'ascolto, una volta fatta la tara al suono di tipo "monitor" e ad un certo deficit nella parte bassa dello spettro, e specialmente l'assenza di fatica d'ascolto e l'assenza di fatica fisica nel tenere le cuffie in testa che nemmeno dopo otto ore vi faranno venire voglia di metterle via. La bassissima distorsione, almeno da 100 HZ in su, tende a farti prendere la mano con il volume a livelli poco salutari per le orecchie. Forse alla ricerca di un pò di più di musica in basso ma senza successo. Non sono cuffie che sopportano tanta potenza e l'equalizzazione abbastanza inutile, perchè quanto poteva essere fatto per compensare i limiti del trasduttore, è già stato fatto in fabbrica. In sintesi Io le adoro ma non sono cuffie adatte a tutto (nella realtà non ci sono cuffie adatte ad ogni genere musicale). Impagabili con la musica da camera e la voce accompagnata da pochi strumenti, non riescono a dipanare la grande massa orchestrale. C'è anche una certa artificiosità, tipica dell'impostazione da monitor, che vi fa immaginare di non essere di fronte all'evento reale ma nella sala da registrazione. I singoli strumenti sono così dettagliati ed isolati che vi sembrerà di avere da vanti la console dell'ingegnere del suono. E' una sensazione unica che non riesco a descrivere oltre e che bisognerebbe provare se avete ... orecchie adatte. Alla ricerca di qualche cosa di più universale, dal dicembre scorso ho acquistato le HIFIMAN Arya che, pur non essendo elettrostatiche, hanno un suono che coniuga alla perfezione - per il mio gusto - l'analicità estrema delle elettrostatiche, con una tenuta in potenza e una capacità di impatto più da dinamiche, benchè l'impostazione sia simile. Ma so che prima o poi cercherò altre elettrostatiche perchè è difficile non immaginare che la tecnologia intanto si sia raffinata. Certo queste Stax SR-404 resteranno per sempre con me. PRO totale assenza di fatica di ascolto suono trasparente, dolce, naturale, privo di asperità sensazionale capacità di identificare perfettamente ogni singolo strumento rispetto a tutto il resto del tessuto sonoro leggere da portare anche per ore e ore e ore l'amplificatore è di qualità assoluta CONTRO costruzione ed estetica decisamente criticabili estensione carente lato basse suono monitor con le medie in avanti e in generale i solisti in primo piano l'amplificatore - indispensabile per il loro funzionamento - scalda parecchio l'immagine della scena sonora non è propriamente il loro punto di forza, sebbene sia perfettamente identificabile ogni singolo punto sonoro, non si ha mai l'impressione di essere davanti ai veri musicisti in sala, ma ad una loro ricostruzione olografica al servizio dell'ascoltatore. Quasi una scena 3D al posto di una concretamente reale. hard rock, heavy metal, techno, registrazioni "pompate" decisamente non sono roba per loro molto, molto costose
  25. Tre anni fa ho pubblicato una experience sullo stesso film adapter, il Nikon ES-2, però con la bellissima reflex D850, addirittura, unica tra le Nikon, predisposta tra le sue features di comandi specifici e correzioni cromatiche dedicate: per tutto ciò e per la presentazione fisica delll'adattatore, rimando a quell'articolo (che peraltro sta per superare le 10mila visualizzazioni...ne approfitto quindi per ringraziare ) Oggi invece, la notizia è che il nuovissimo minimacro per Nikon Z, il Nikkor MC 50/2,8 (MC= la sigla dei nuovi macroZ) obiettivo di dimensioni minimaliste, solo 7,4 x 6,6 cm e 260gr di peso, risulta essere compatibile con l'adattatore per riproduzione di originali, grazie all'integrazione di una seconda ghiera filettata da 62mm di diametro, sul bordo esterno del barilotto, realizzata proprio per scopi come questo, (rispetto la ghiera filtri ufficiale, molto più piccola, da 46mm di diametro): assolutamente sconsigliato, quindi, usare filtri su quella da 62, a pena di potenziale danneggiamento dell'obiettivo... Ho ricevuto da pochissimo il 50MC, a ruota rispetto il fratello maggiore, il 105/2,8 MC con il quale ha colmato lustri di attesa dei nikonisti, che desideravano obiettivi di questa categoria all'altezza dei sensori con i quali Nikon ci ha abituato negli ultimi anni. Utilizzerò questo obiettivo, per nulla undersized (come potrebbe apparire), prevalentemente per still life di piccoli oggetti e di attrezzature fotografiche: tra i suoi compiti, insieme all' ES-2, quindi anche la sporadica riproduzione di originali a pellicola, i più importanti, i più cari, quelli che rappresentino degnamente la parte della nostra attività fotografica, when we were analogical L'incommensurabile salto in avanti dal 2018 ad oggi per l'adattatore ES-2 si chiama Nikon Z e si pronuncia mirrorless reinvented A pochi anni di distanza e su fotocamere ancora non allo stato dell'arte come era allora la reflex D850 oggi i vantaggi dell'utilizzo di questo adattatore si riassumono principalmente in: disponibilità di VR su sensore (quando non presente anche su obiettivo come nel caso del 50MC che ne è privo) disponibilità di sensori AF su tutto il formato FX disponibilità di valutazione diretta dell'esposizione sul mirino elettronico (e delle relative variazioni prima dello scatto) disponibilità di varie modalità AF tra le quali anche, operativo, l' EyeAf Le fasi di montaggio del set di ripresa sono semplici: ma ve le condenso in un video: dsc-3593_0Gcgm2HU_V3pZ.mp4 Ecco la visione complessiva da sopra, di ES-2 col suo rail inserito, adattatore B, MC50/2,8 esteso fino a RR 1:1 (il barilotto che sporge di 2,4 cm dalla filettatura esterna, adesso si troverà all'interno del distanziatore telescopico dell' ES-2) ed infine, la mia Nikon Z 6II Ovviamente sarà raccomandabile inserire sul fianco dell'obiettivo il limitatore del range di messa a fuoco, portando lo slider in posizione 0,3-0,16m, per evitare il più possibile che in fase di messa a fuoco l'obiettivo possa andare in hunting, tanto più frequenti, quanto più deformate saranno le dia ed i negativi che stiamo cercando di digitalizzare Come già evidenziato nel 2018, la distanza che ci separa qualitativamente dai frammenti di celluloide è ormai incolmabile. Ancor di più considerata l'età dei miei reperti, pur ben conservati, ma invariabilmente colmi di polvere, graffi, residui di sviluppo mal lavati (a suo tempo), GRANA INIMMAGINABILE, per cui i ricordi che coltiviamo di questa o quella pellicola, andrebbero annegati nell'acido acetico del bagno di arresto: senza inutili sentimentalismi. Ma l'esigenza chiama e se non possiamo fare a meno di ridare vita ad un fotogramma che affonda le radici nei nostri sentimenti, o per superiori ragioni documentative, dovremo attrezzarci alla bisogna e agire nel modo più razionale. Ecco il set: Un bank davanti ad un led da 150W a luce continua, attenuabile da telecomando (Godox FV150), una loupe di ingrandimento per le dia o i negativi, una pompetta per soffiare (o tentare di...) via la polvere, scatto remoto radiocomandato (ma siamo gratificati dal VR sul sensore), rail per gli originali... e diapositive, prevalentemente (poi spiegherò perchè) Come vedete uso almeno f/8 per compensare le frequentissime deformazioni subite dalle dia nei telaietti, causate da una serie infinita di cause, prima di tutto la loro costituzione fisica delicatissima, come ben sappiamo e fortemente condizionata da trattamento chimico ricevuto, effetti atmosferici, conservazione ed età. Una quantità di motivi che ci metteranno subito in crisi, dovendo stabilire quale sia il metodo AF che sceglieremo per scattare la foto e, sopratutto, quale sia la parte del fotogramma su cui metteremo a fuoco. Prima di tutto è già importante centrare bene la dia nel telaietto ed il telaietto nel rail: quindi il rail nel binario (due mollette) dell' ES-2... un lavoro fondamentale. Ancora prima, per stabilire dove stia sul tubo telescopico dell' ES-2 la posizione "intorno alla quale" saremo in RR 1:1 sono solito usare una dia sbagliata, tracciando dei riferimenti per poter mettere a fuoco a quel rapporto, inquadrando solo fotogramma e non telaietto (ricordiamoci che dai telai 5x5 non vediamo che il 95% circa del fotogramma) trovato il punto cruciale, traccio un rigo sul tubo telescopico per avere un riferimento stabile (ma che a seconda dello spanciamento della dia potrebbe variare) dsc-3582_k5mtXmBS_p7rd.mp4 Le diapositive (pellicole invertibili) si prestano enormemente meglio a queste operazioni, essendo state direttamente invertite in fase di sviluppo, prive di maschera cromatica antiUV (presente invece nelle pellicole negative a colori), ci consentono di lavorare in postproduzione, variando il grigio medio e operando in termini di contrasto, cromia e nitidezza, entro certi limiti, traducendo in nostri sforzi in successo, al di là del recupero in se e per se del fotogramma... le foto utilizzate in questo articolo, appartengono ad un periodo tra il 1990 ed il 2000 e sono diapositive conservate nei loro scatolini di plastica, senza ulteriori precauzioni Talora in stato eccezionale, nonostante il tempo trascorso, come questa Fuji RD100 sviluppata a marzo '90 Non è sempre soddisfacente la digitalizzazione dei negativi: per i motivi già esposti nell'articolo del 2018, pur allora operando con la D850 che tra le sue features consentiva on camera l'inversione cromatica diretta in jpg del negativo digitalizzato e la sua regolazione in termini di luminosità Già allora consideravo non sempre sufficienti queste opportunità, ma sopratutto, particolarmente ostica la gestione dell'inversione cromatica, a seconda della maschera giallo-arancio, diversa per ogni emulsione, che veniva neutralizzata dai rivelatori specifici per quella marca di pellicole. (Ove i laboratori usassero il rivelatore corretto) Tanto per intenderci, ecco il risultato ad oggi della digitalizzazione di una surfista israeliana di 30 anni fa, e poi della sua inversione cromatica su PS (CTRL+I) e delle correzioni a questa inversione, apportate nella successiva postproduzione. Soddisfatto? Beh...mi pare che la stampa A4 appesa ancora oggi a casa di mia mamma, in quella che fu la mia stanza, sia ancor oggi migliore, dopo tutto questo tempo. Ma sopratutto, quando vado a guardare il rumore del file, ossia la grana del film riprodotta fedelmente dal Nikkor Z 50/2,8 MC... mi viene da svenire... Era una docilissima e morbida AGFA XRG 100/21: il riferimento tedesco per l'assenza di grana... Ci avete viziato !!! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2021
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