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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 20/09/2018 in tutte le aree

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  2. Uffa ma che noiosi che siete ! Ha ragione Ross ... Una delle 500 che potrei proporre, scelta a caso
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  3. Un pomeriggio tra le mele della Val di non La coltivazione delle mele è senza dubbio l’attività tipica della Val di Non e quella che ad essa viene più facilmente associata. Durante le vacanze nella valle ho avuto la fortunata opportunità di trovare qualcuno che si è offerto di raccontarci come vengono coltivate, quello che segue è quanto ne ho ricavato. Nella Valle, gli appezzamenti di terreno coltivati a mele (si parla di circa 6.500 ettari) si perdono a vista d’occhio a discapito di altre produzioni che, seppur marginali, sono presenti. Ci sono migliaia di aziende produttrici di mele (4.500) che già negli anni 50 hanno iniziato a raggrupparsi in piccoli consorzi. Col tempo questi consorzi si sono ridotti di numero e, dagli iniziali 100, si è arrivati a 16, i quali, a loro volta, si sono riuniti in un ulteriore consorzio. Si tratta, in pratica, di un consorzio di secondo grado, in quanto i presidenti dei 16 consorzi ne formano il consiglio di amministrazione. La coltivazione della frutta da queste parti ha radici antiche, che trovano testimonianza nel nome di due città della valle: Malé e Malosco, il cui nome deriva da maletum, ovvero meleto. La coltivazione intensiva delle mele, però, risale al dopoguerra e si è ‘evoluta’ fino ai giorni nostri. Col tempo, infatti, le grandi piante di mele hanno lasciato il posto alle coltivazioni ‘a filare’, in cui le piante raggiungono un’altezza massima di 3 metri. Con questo sistema una persona, oggi, è in grado di raccogliere dai 15 ai 20 quintali di mele al giorno, contro i 5/6 precedenti. Gli ‘impianti’ vengono rinnovati ogni 20 anni circa, a rotazione, in modo che ogni anno avvenga il rinnovo di un certo numero di appezzamenti. Il periodo in cui si effettua il rinnovo è la primavera: una volta eliminate le vecchie piante, il terreno viene lavorato e vengono messi a dimora i nuovi ‘impianti’ che nel giro di qualche anno raggiungeranno il massimo della produttività. Sempre più diffusi, gli impianti di irrigazione a goccia stanno sostituendo quelli a pioggia, in quanto consentono un minor speco d’acqua poiché, al contrario di quelli precedenti, questa va a finire dove serve e non si disperde inutilmente finendo in posti come strade e quant'altro. Prima della raccolta i frutti vengono sfoltiti eliminando quelli troppo piccoli e quelli ‘danneggiati’ per motivi vari, tenendo un numero di 80/100 mele massimo per pianta, questo per non ‘disperdere’ il nutrimento disponibile su troppi frutti e mantenere un’elevata produttività delle piante. Il periodo di raccolta, o finestra, varia a seconda del tipo di mela: il più breve è di 15 giorni entro i quali vanno raccolti quanti più frutti possibili poiché, una volta passato il periodo di raccolta, la qualità delle mele inizia a calare, cosa che ne riduce anche il valore di vendita. La coltivazione delle mele oggi avviene col metodo della ‘lotta integrata’ regolamentata dalla U.E. con i relativi controlli a campione (e conseguenti analisi) sia in stagione che durante il raccolto. La lotta integrata è un metodo di coltivazione che prevede una drastica riduzione nell’uso dei fitofarmaci utilizzando diversi accorgimenti, tra cui: l'uso di fitofarmaci poco o per niente tossici per l'uomo e per gli insetti utili; la lotta agli insetti dannosi tramite la confusione sessuale (uso di diffusori di feromoni); fitofarmaci selettivi (che eliminano solo alcuni insetti); fitofarmaci che possono essere facilmente denaturati dall'azione biochimica del terreno e dall'aria; la lotta agli insetti dannosi tramite le tecniche di autocidio, come la tecnica dell'insetto sterile (SIT); la previsione del verificarsi delle condizioni utili allo sviluppo dei parassiti, in modo da irrorare con fitofarmaci specifici solo in caso di effettivo pericolo di infezione e non ad intervalli fissi a scopo preventivo. la lotta agli insetti dannosi tramite l'inserimento di altri che siano loro predatori naturali e che non siano dannosi alle coltivazioni (lotta biologica); l'uso di varietà colturali maggiormente resistenti; l'uso della rotazione colturale; particolare attenzione ed eliminazione di piante infette. “I limiti della lotta integrata sono costituiti dai maggiori costi di produzione, dalla necessità di una assistenza tecnica qualificata, e la obbiettiva difficoltà nel certificare il prodotto. La prima regione a creare un marchio di garanzia e tutela per i prodotti agroalimentari realizzati con tecniche di agricoltura integrata è la Toscana con il marchio “Agriqualità” (creato con legge regionale N.25 del 1999).” (fonte Wikipedia) Durante la raccolta viene effettuata una selezione sommaria che divide le ‘mele buone’, destinate al consumo in tavola, da quelle di qualità inferiore, che andranno alle industrie di trasformazione per la produzione di succhi di frutta (tutti i succhi di frutta di base sono succhi di mela), purè di mela, etc. La conservazione delle mele avviene in alcuni stabilimenti presenti in valle, dove le mele vengono portate alla temperatura di un grado centigrado che ne rallenta la maturazione e permette di conservarle per un tempo che può arrivare fino a un anno. Ci sono 18 stabilimenti per lo stoccaggio delle mele in tutta la valle. Alcune delle varietà oggi coltivate sono la Gala, la Renetta del Canada, la Star Delicious, la Golden Delicious e la Fuji. Un’ultima cosa prima di chiudere: si stanno utilizzando sempre più i cosiddetti magazzini ipogei, che non sono altro che cave di dolomia non più usate per l’estrazione di questo materiale impiegato nell’edilizia. In queste cave (per il cui utilizzo non è necessario materiale isolante) la temperatura è di 12°C costanti e consente di risparmiare il 50% della spesa energetica necessaria alla conservazione delle mele. A oggi vi si possono conservare fino a 30.000 t, ma il progetto è di arrivare a 50.000 t. Attualmente questi magazzini non sono visitabili dal pubblico (lo saranno in futuro) per cui non ho materiale fotografico da accludere.
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  4. Ciao a tutti, non so se faccio cosa gradita, mi sono accorto (se sbaglio chiedo venia) che non esiste questa sezione, io credo che i possessori della D750 saranno felici di arricchire il topic. Comincio io... Svizzera.. Tamron 15-30 @21mm
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  5. Io Invece, Bernardo, ritengo che il futuro impegno globale che Nikon e Canon metteranno sul mirrorless probabilmente avrà come contropartita una diminuzione del già melanconico impegno sulle lenti per reflex E Sigma non aspetta altro che piazzare altre zampate su quel mercato fino ad egemonizzarlo. Magari sbaglio...
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  6. Oggi per lavoro mi è capitato di essere a Genova non molto lontano dal ponte Morandi. Già dall'autostrada la visione del cavalcavia spaccato a metà mi aveva riempito il cuore di angoscia e di rabbia. Poi casualmente ho intravisto questi bambini che giocavano a pallone con lo sfondo del ponte spezzato e mi sono fermato per fare uno scatto. "La vita continua?" mi ha chiesto Mauro. Sì, la vita continua come sempre, ma la rabbia e l'angoscia rimangono, così come il senso di precarietà. Il contrasto in questa immagine è molto forte, spero di non urtare la sensibilità di nessuno. In caso contrario non avrò problemi a rimuoverla.
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  7. Io non penso che (a me) sia necessario averli tutti e tre, ma sono arrivato a ritenere che un 40mm sia la focale ideale per me. Molto spesso con il 35 mi ritrovo a croppare l’immagine.
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  8. Il Ponte del Diavolo a Cividale del Friuli (patrimonio Unesco). Nikkor AF S 14-24 @ f9 , 1/250, iso 100, 15 mm
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  9. All'interno della vecchia miniera del mio paese, D4 -14 mm f2,8 Samyang
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  10. Foto dell'ultima settimana, in val d'Orcia, D500+Sigma 10-20 f3,5
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  12. Visto ora..... fatte solo 3-4 foto con la 750 e neanche mi convincono...... Monte labbro Gr. 50mm f1,2
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  13. Involontariamente ispirato a "Pictures at an Exhibition" degli ELP.
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  14. Petra nel Gattinara 11 luglio 2009, Nikon D3x e Nikon 300/2.8 VR I
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  15. Faccio una fatica boia a partecipare a questo concorso. Riguardando tutto l'archivio, ho notato che non faccio primi piani tipo dal 2010. In più, le modelle con occhi verdi son rare, quindi alla fine tutto quel che ho trovato in tema è questo. Abbiate pietà
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  16. E per restare in tema, composizione con Airone Cenerino.
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  17. a titolo di esempio, fuori concorso : (non è un CROP ! Marpioni )
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  18. Max Aquila una volta ha scritto che sono un po' avaro nei miei interventi divulgativi. Ha ragione, ma lo faccio per non risultare noioso e non sembrare saccente e anche perchè spesso quel che pubblico è soggetto a diritti da parte degli editori delle riviste scientifiche. Ogni tanto però può capitare qualcosa non strettamente legato a novità scientifiche; si tratta più di consulenze "investigative": Ai Musei capita di acquisire del materiale interessante, che però ha bisogno di identificazione sicura da parte di uno specialista. Indagando si possono avere belle sorprese anche da materiale apparentemente scarso. Se avete voglia di seguirmi, vi racconto un piccolo caso. E' quasi una storia gialla; c'è una vittima da identificare, solo che è morta novanta milioni di anni fa e... ne è rimasto molto poco. Era stato etichettato come frammento di rettile marino non identificato, proveniente da un giacimento di un paese straniero (la barra è di dieci centimetri per dare l'idea delle dimensioni) ma andava determinato un po' meglio. Il sedimento è tipico di un giacimento di mare aperto. I denti conici sono tipici di chi caccia prevalentemente in acqua; La struttura dell'osso e il fatto che i denti hanno radici indicano che si tratta di un rettile (la faccio breve sui dettagli tecnici, mi perdonerete) della mandibola di un rettile marino. Novanta milioni di anni fa nel Cretacico, c'era una grande varietà di rettili marini (tartarughe enormi, plesiosauri dal collo lungo e così via). Ogni gruppo è riconoscibile, almeno a grandi linee, anche in base a poche ossa, purchè abbiano caratteri rivelatori, come ad esempio i denti. Questi denti a base larga e curvi all'indietro, insieme alla struttura delle ossa, dicono che il frammento è un pezzo di mandibola di un esemplare appartenente ad una qualche specie di Mosasauro, rettili marini predatori simili a grossi varani, con arti e coda modificati per il nuoto. Da internet, ricostruzione di diverse specie di Mosasauri. Ecco identificato il pezzo esaminato (in giallo). Questo ci permette di ricostruire le dimensioni effettive del proprietario. Si può anche scendere un po' più in dettaglio: alcuni particolari dei denti (curvatura, striature) danno qualche indizio in più. Per cui possiamo ipotizzare che poteva trattarsi di un Halisaurus. Da internet , scheletro completo di Halisaurus Da internet, ricostruzione ipotetica . Ma da buoni detective si osserva tutto, si scopre così che nella stessa lastra ci sono dei denti e dei pezzi d'osso completamente diversi, appartenuti ad altri animali ben diversi. Punti dove ci sono resti di altri animali. Questi denti non hanno radici ma partono dall'osso, per cui è un frammento di mascella di un pesce. Di un grosso pesce predatore estinto, Enchodus Da internet, possibile aspetto di Enchodus. Questi invece sono denti di uno squalo preistorico, Cretolamna. Probabile aspetto (da internet). E questo? Sempre un dente, ma misterioso, cerca e trova... è un dente della "sega" di un antico pesce sega! Che è un parente degli squali. Ricostruzione del possibile proprietario del dente (da internet, mentre la foto nel riquadro è la stessa mia) cerchiati i "denti" della sega. Avreste detto che in poco più di trenta centimetri di "sasso" c'è fotografata una fetta della vita di quell'epoca? Mica male come "pezzo" vero? In una detective story, oltre alla vittima non ci dovrebbe essere anche l'assassino? Questa volta no, questi resti d'ossa derivano da accumuli sul fondo di frammenti di scheletri staccatisi dai cadaveri e non si sa perchè siano morti; nel caso dei denti di squalo, si sa invece che gli squali anche da vivi li perdono e sostituiscono in continuazione. Su questo "pezzo" è stata fatta una Tesi di Laurea e verrà prossimamente esposto, con tutte le spiegazioni del caso, presso il Museo di Scienze Naturali "Mario Realini di Malnate (VA). Volendo è già esposto, ma mancano le indicazioni, pannellistica ecc. che sono in fase di progettazione. Al lavoro investigativo hanno partecipato una Nikon D610, un Micro nikkor 105 f2.8 VR e un 50mm f1.8 D Sempre sperando di non essere ...fastidioso.
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  20. Che bello, posso giocare anch'io finalmente... Chaffausen Rheinfall (Sciaffusa, Confine Svizzera-Germania, cascate del Reno) I turisti che vogliono provare l'emozione per modica cifra salgono sui dei battellini che li portano sotto le rapide e vengono poi respinti dalla corrente (la doccia è inclusa). D500, Sigma 17-70mm.
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