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Corredo Nikon (sintetico !)


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  1. La tradizionale apertura della scatola della nuova Nikon Z6 III appena consegnataci non desta particolari sorprese. in linea con la tendenza minimalista all'interno domina il cartone sopra abbiamo i manualetti multilingue della guida d'uso (versione breve : il manuale è disponibile online ed ha raggiunto e superato le 1.000 pagine, con il sommario che occupa le prime 22 ! e per la sola sezione dedicata alla trasmissione via rete delle foto, sono dedicate 86 pagine ...). E la scheda omaggio di Nital, una SD 1066x da 128 GB di tipo UHS-I, buona per usi disimpegnati o per i primi scatti (l'abbiamo testata in un articolo dedicato : va bene ma noi consigliamo di investire in una buona scheda CFExpress per sfruttare al massimo la vostra Nikon Z6 III). il sigillo Nital che promette 4 anni di garanzia per l'acquirente privato (a condizione che si effettui la registrazione sul sito dedicato). Ma arriviamo finalmente all'interno, con due scomparti separati, corpo macchina e accessori. Gli accessori sono ridotti al minimo cinghia, cavo USB-C, batteria, guide reggicavi e protezione della slitta calda (già montata sulla fotocamera). Manca, come è oramai di norma per tutti i dispositivi ricaricabili venduti nel nostro continente, il caricabatteria. L'acquirente potrà utilizzare per lo scopo un caricabatterie di quelli da smartphone di fascia alta, tipo l'iPhone 15. Ci vuole un dispositivo da 9V e 2A, meglio se PD. La ricarica avviene tramite la porta USB-C della fotocamera. Ovviamente, per chi l'avesse già, ogni caricabatterie compatibile con le Nikon EN-EL15 permetterà di ricaricare off-camera la EN-EL15c data in dotazione con la Z6 III. Così come la macchina accetterà batterie diverse. Ma meglio utilizzare esclusivamente quelle di ultimo modello. Attenzione anche alle batterie "compatibili". Abbiamo verificato e non vengono accettate dalla fotocamera che rifiuta di attivarsi con un messaggio perentorio in rosso che invita ad usare una batteria certificata Nikon. Liberiamo la macchina dalle due buste di materiale plastico di protezione e la posiamo sul tavolo. le differenze con la serie precedente sono minime. A parte l'assenza del numero 6 sul frontale (il marchietto Z6 III adesso è nella stessa posizione di quello di Z8 e Z9 in ossequio ad un certo understatement inaugurato con quelle fotocamere), sono pochi i dettagli che possono far distinguere al volo la diversa serie. E non sta sul frontale. ma sul dorso la macchina adesso presenta un tastino simile a quello che c'è sulla torretta di sinistra di Z8 e Z9 che permette rapidamente di variare la modalità di scatto : Singolo, Raffica Lenta, Veloce etc. Si trova vicino al tasto per cancellare le foto. Ma soprattutto è stato introdotto il display completamente articolato, come sulla Zf e le piccole Zfc e Z30 c'è chi lo detesta. Forse perché strizza l'occhio ai videoblogger o ai videografi in generale. La fotocamera è prodotta in Thailiandia come praticamente tutte le altre Nikon attuali. Per il resto poco da segnalare, il corpo è leggermente più grande di quello della Z6 II ma si tratta di pochi millimetri, indifferenti nell'uso. Se non per una sensazione di globale maggior cura nei dettagli e nella scelta dei materiali di questo modello rispetto al precedente. Insomma, le novità vere sono più che altro all'intero ed è bene che sia così. La Z6 si è sempre caratterizzata per il corpo compatto, in ossequio al dettato "mirrorless è piccolo" che ha i suoi estimatori. primo piano della torretta di sinistra con il tradizionale - per questo segmento - selettore PSAMUx-Auto e il nuovo tastino di cambio della modalità di scatto (singolo, raffica, etc.). Il coprioculare resta rettangolare, la protezione è morbida, ottima per gli occhiali. Le gomme sono al solito facili da sporcare maneggiando la fotocamera. Ma non si sciupano e si puliscono facilmente. il marchietto Z6 III è scivolato sulla plancia, vicino al microfono e al tasto per illuminare il display il vano memorie è identico a quello della Z6 III e può alloggiare CFExprss di tipo B/XQD e SD di tipo UHS-I e II. dall'altro lato ci sono le altre prese. Spicca la porta HDMI di dimensioni normali, al posto di quella mini per cui non si trova mai il cavo adatto quando ti serve. chiudiamo la breve presentazione con alcuni scatti più artistici, anche evidenziando come si presenti con il bel Nikkor Z 24-120/4 S montato. Nel complesso la macchina restituisce una buona sensazione, se non proprio premium almeno di qualità. In mano sta benissimo, l'impugnatura sembra anche più comoda di prima, ammesso che ci siano rilevanti differenze di dimensionamento. Si tratta di una evoluzione nel solco del filone inaugurato oramai sei anni fa con il lancio di Z6 e Z7. Sulle capacità della macchina sapete già tutto, le riassumiamo. Il sensore è nuovo, con il precedente condivide solo la tecnologia BSI e la risoluzione. Ma si tratta di un sensore più di 3 volte più veloce in lettura, grazie alla presenza di memoria dedicata stampata direttamente sul chip del sensore. La connessione fotodiodi+memoria diretta, consente una più veloce gestione dei dati e dell'intero sistema sensore. Con un incremento di prestazioni generali eclatante che rendono questa macchina tra le più complete del mercato e non troppo discosta per prestazioni dalla Nikon Z8. Ma in un corpo più compatto, leggero e meno costoso. Con una risoluzione che rende il flusso dati più leggero e un sistema video che permette di prelevare nativamente l'intera immagine del sensore (che è un 6K) e poi ricavare da questo tutte le risoluzione secondarie della fotocamera, siano essere immagini fisse o in movimento. Il processore è l'Expeed 7 che è responsabile di tutto il funzionamento della macchina. Si tratta di un SoC che integra tutto quanto tranne la memoria tampone in un unico chip. Con questo la Z6 III introduce in questa fascia il riconoscimento degli oggetti (in comune con Z9, Z8 e Zf), il tracking realtime, la raffica in modalità silenziosa a 20 scatti al secondo, il prescatto, le modalità ad alta velocità da 60 e 120 scatti al secondo. Il video ad alta risoluzione anche in RAW e PRORES. Rispetto a Z8 e Z9 manca il video 8K che al momento, almeno nel nostro mercato, non è uscito dalla fase di nicchia. In più sono gestiti il sistema antivibrazioni focalizzato sul soggetto inquadrato (punto di MAF e mille altre funzionalità che rendono la macchina molto complessa da conoscere a fondo (ma non per questo difficile, anche perché a nessuno serviranno dal primo momento d'uso le cose più sofisticate che potranno essere studiate in seguito, se interessano). E vengono introdotti per la prima volta anche la connessione diretta con il cloud per la trasmissione delle immagini (oltre alla connessione a server FTP via dongle USB) e i Picture Control evoluti (come il Flessibile) in grado di permettere al fotografo di regolare anche il colore, non solo la curva di contrasto. Il prezzo, astraendo dall'importo che è in assoluto elevato, è in linea con quanto messo a disposizione, viste le capacità della macchina. Che sembrano persino sovrabbondanti per il comune fotoamatore. Noi l'abbiamo provato e trovata perfettamente corrispondente alle aspettative in ogni suo aspetto. Probabilmente con la Nikon Z6 III cadranno gli ultimi alibi per il passaggio da reflex a Nikon, per chi non l'ha già fatto. Sulle opportunità di aggiornamento da parte di chi ha altre Nikon Z, ci riserviamo di tornare in argomento con un successivo articolo. Pur a pochi giorni dalla presentazione, la macchina è già in fase di distribuzione. Se l'avete ordinata, probabilmente vi sta già arrivando o il vostro negoziante vi starà telefonando per andarla a ritirare. Buon divertimento ! altre letture sulla Nikon Z6 III : Nikon Z6 III : il sensore parzialmente stacked Nikon Z6 III e schede di memoria Nikon Z6 III : prove di sensibilità del sensore
  2. Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un video youtube dove l'oratore, in un lungo monologo, cerca di convincerci con dovizia di argomenti, che i monitor professionali non possano suonare in altro modo che mediocre. Se la premessa è questi monitor siano della classe dei mitici Yamaha NS, quelli bianchi messi sul banco del mixer, pensati all'epoca in cui la destinazione del missaggio era la compressione di dinamica e picchi in modo da non far saltare le cupole dei tweeter e le membrane dei woofer dei poveri impiantini di casa, incapaci di reggere livelli adeguati, allora si. L'idea è riprodurre un suono medio, più che mediocre, in linea con quello che poi ascolterà l'utente medio. Siamo ancora all'epoca del vinile stampato in malo modo e riprodotto finché il master non si rovina e poi ascoltato sui mitici 15 watt e con le casse Heco o Indiana Line. Con il lancio del CD, peggio mi sento, la dinamica ha avuto un picco ma gli impianti sono rimasti quelli. E quindi il missaggio ne doveva tenere conto. Ma oggi è un altro paio di tasche. Abbiamo avuto una profonda selezione degli ascoltatori. Una buona parte - il grosso - è scomparso. Quelli che avevano il compattone o hanno le casse con i coni da ribordare oramai ascoltano la musica in auto o con le cuffiette. Quelli che la musica la amano come noi, invece, hanno impianti in grado di rendere "quasi" tutta la dinamica che si vuole, almeno restando a volumi inferiori alla soglia del dolore alle orecchie ... ... quindi la pretesa è che il materiale sonoro sia reso disponibile al meglio, su supporto ... smaterializzato e semplici lettori software si permettono di fare lo scan della dinamica al volo dei brani ascoltati in streaming mostrando curve che si approssimano al limite teorico dei bit a disposizione. Tolto quel limite, e adeguati gli impianti di riproduzione, il mix deve essere fatto con monitor buoni. Quindi sia i near-field (quelli posti sul banco) che quelli mid-field (quelli messi dietro al banco) sono di un livello superiore, mediamente. Sono attivi, sono potenti. Sono fedeli. E intanto sono arrivati produttori nuovi che hanno proposto linee di monitor attivi multivia, con tanti watt a disposizione, driver di qualità, processori interni, flessibilità di pilotaggio. Non mi riferisco solo o esclusivamente a quelli di riferimento (sono in genere messi a parete negli studi di registrazione e servono più che altro per impressionare i clienti, perché hanno prestazioni da palco) ma a tutti gli altri. Dando un'occhiata a venditori di livello come Thomann si ha un esempio della gamma proposta, anche da marchi famosi come Dynaudio. E di produttori specializzati come Neumann, Focal, Genelec, Adam Audio. I marchi citati si contendono la scena, insieme ad altri meno famosi, nell'attrezzare gli studi di tutto il mondo, con monitor di tutte le fasce economiche. Ci sono sistemi a 2 e a 3 vie, con 2-3-4 driver per canale. Sono sistemi amplificati, che accettano segnali per lo più analogici (ma alcuni anche digitali). Che si possono controllare via software con connessione ethernet. E vari livelli di sofisticazione. E che possono costare svariate migliaia di euro l'uno (perché i monitor attivi professionali si comprano per singolo pezzo). Adam Audio, europea società berlinese che si permette ancora di fare alcune lavorazioni in patria, si è guadagnata un nome con una gamma completa e su svariati livelli che può accontentare sia l'hobbysta che il grande studio. Qui abbiamo già visto la prova di un modello a tre vie della serie S, io ho in casa dallo scorso dicembre una coppia di due vie serie T e questa coppia di tre vie serie A di cui vi parlo in questo articolo. Sono monitor a tre vie, 4 altoparlanti, tre amplificatori, cross-over interno a DSP, controllo del suono via DSP, ingresso ethernet per il controllo dei parametri e l'immissione della curva di correzione. *** Ma perché ne parliamo su queste pagine ? Perché questi sistemi, concepiti per il professionale possono essere benissimo adattati anche per l'ascolto in casa. Purché, purché, purchè ... Tornando al video di cui parlavo all'inizio, il monitor professionali non sono pensati per un uso "pronto e cuoci". Hanno una risposta che pur regolabile dal pannello posteriore, è pensata per dare solo la base al professionista. Che sa benissimo che in base al posizionamento in studio e al tipo di suono che cerca per il suo lavoro, non potrà accontentarsi del suono così come esce dai diffusori. Solo dopo la calibrazione i monitor saranno pronti per l'uso a cui sono destinati. Altrimenti, è vero, suoneranno in modo se non mediocre, almeno ordinario. qui abbiamo i miei due monitor, posizionati sul tavolo di lavoro, a circa 35° di orientamento verso di me, il medio e all'altezza delle mie orecchie, a 110 cm di distanza per la precisione. Con 60 cm di spazio dietro verso la parete, ad angolo per il monitori di destra, la finestra, per il monitor di destra. Sono monitor piuttosto grandi, 531 x 350 x 236 mm, Peso: 17,1 kg. Stanno su un piedistallo in metallo regolabile a 20 cm dal piano. la pagina con le specifiche di Thomann. Sono sempre in cima alla classifica delle vendite. In pronta consegna. A me sono arrivati con UPS in due giorni. i dati di amplificatori e altoparlanti Dicevo che la risposta sarà influenzata da tanti fattori. Le due misure che ho pubblicato più in alto sono differenziate per l'altezza dal piano. Ma presentano entrambe rinforzi e cancellazioni sul basso per interferenze costruttive e distruttive dovute all'emissione posteriore che arriva in fase o in controfase rispetto a quella anteriore dei due woofer da 7'' e delle aperture reflex. Il medio presente anche esso un paio di avvallamenti ma poi tutto sommato prosegue abbastanza linearmente verso l'alto, con una risposta quasi piana. Naturalmente sono compromessi dovuti al posizionamento e all'assenza totale di assorbenti o trattamenti acustici in questa stanza che certo non è uno studio di registrazione. Ma è una stanza comune come quella di tutti gli altri. Ovviamente l'ascolto così sarà pesantemente influenzato da queste anomalie. Per non parlare della presenza di oggetti nel campo acustico. Per risolvere il problema senza ribaltare la stanza o spendere N volte il valore dei monitor per il trattamento della stanza (mai abbastanza efficace in una casa normale, quale che sia la spesa fatta), oggi si interviene per via elettronica. Misurando la risposta da diversi punti vicini a quello dove si troverà l'ascoltatore, per avere poi un modello capace di generare una serie di filtri che modifichino digitalmente - a monte del sistema di riproduzione - la risposta misurata. Non solo in asse sul piano della potenza in arrivo ma soprattutto intervenendo sulla fase dei due canali e sui ritardi alle singole frequenze. Adam Audio propone per questa serie l'uso di Sonarworks, che si interfaccia con il DSP integrato per inserire la correzione direttamente dentro ai diffusori. Io non dispongo di questo software che non conosco se non per le recensioni lette. Soprattutto non possiedo un microfono XLR e non ho interfacce con alimentazione a 48 V. Per cui ho preferito usare il mio Dirac Live che conosco e che utilizza il mio microfono usb Umik di minidsp. Partendo dalla risposta numero due di cui sopra, ho fatto la calibrazione poco fa, dopo aver cambiato i piedistalli dei due monitor. ho usato la simulazione di uno studio, non quella tipica di una sala di ascolto. Il sistema dopo le 9 misurazioni standard ha proposto questo genere di correzione che mi convince perfettamente, perché segue un profilo di tipo Harman con un rinforzo sempre gradito sotto ai 100 Hz, ponendo un limite intorno ai 30 Hz ma con una risposta piena a 32 Hz. Considerando che i due 7'' in parallelo equivalgono ad un 10 pollici circa, non è male. Come detto il midrange in composito da 3.5 pollici è all'altezza delle mie orecchie mentre il tweeter X-ART (air-motion) fatto a mano da artigiane berlinesi è poco più sopra. Impiegando il Dirac Processor come terminale di Audirvana, il mio sistema non è influenzato da queste elaborazioni. perché lui "impersona" la porta USB Amanero della mia Audio-gd DI24HE che a sua volta alimenta il DAC R-1 NOS e il preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III. *** Una installazione tipica per questi monitor non vi mostro la mia perché è molto più disordinata e soprattutto non ha alcun Mac ma un più modesto mini PC cinese a controllare il tutto. Io non ci produco musica, mi limito ad ascoltarla, scrivere le modeste recensioni che vedete su queste pagine, provare apparecchi. questi monitor, pur compatti per lo standard di settore, sono imponenti, essendo larghi poco meno del mio monitor da 32 pollici. E pesano un botto, difficili da spostare una volta posizionati. A conferma della solidità tutta teutonica. Il materiale delle membrane è tutto tecnico, la corsa dei due woofer è lunga. La distorsione anche a livelli da ... studio di registrazione, è inesistente ed è più probabile che vibrino i vetri. Complici le due porte reflex anteriori l'emissione è solida e concreta. Il suono - una volta calibrato - è concreto, lineare, cristallino, senza enfasi. Coerente e solido. Con una immagine stereofonica granitica. L'impostazione resta di tipo teutonico ed è tale da non perdonare nulla alle registrazioni. Ma è questa la loro prerogativa, ciò che ne giustifica l'esistenza. Roberta Invernizzi nel disco Fineline "O dolcezze amarissime" non è in alcun modo edulcorata ed è resa senza indulgenza (la voce è sempre bellissima ma il microfono è troppo vicino secondo me ...). Se la registrazione è pulita, viene voglia di alzare il volume fino oltre la metà (del logaritmico controllo di volume analogico del mio Audio-gd) come è il caso della straordinaria registrazione di Ysaye di Hypérion. Come quella Vraft Recordings di Art Pepper + Eleven del 1959. Naturalmente potrei giocare con i livelli del Dirac per modulare la risposta come la voglio io ma snaturerei la logica di questi monitor. E poi, io ho altri diffusori più strutturati per dare una visione più musicale e meno "in avanti" della musica in questa stanza. Sempre calibrati con Dirac Live ma progettati per essere meno presenti. Del resto, non volevate un suono monitor dettagliato e radiografante ? Eccolo qua ! il pannello posteriore con gli ingressi, l'inusuale presa ethernet, la presa di corrente e i controlli di tono a DSP, oltre al bianciamento. Tutte cose che io ho lasciato rigorosamente in flat. Personalmente sconsiglio di usare monitor di questo tipo con collegamento single-ended, devono essere usati con cavi XLR di buona qualità. vista di tre quarti con gli splendidi driver in primo piano e le porte dei condotti reflex agli angoli. La smussatura ai bordi superiori è puramente estetica. il famoso tweeter X-ART con la guida d'onda. E' possibile girarlo anche in orizzontale per modificare la dispersione. E concludiamo così anche se potremmo parlarne a lungo. Magari se ci saranno commenti ... I monitor attivi professionali suonano in modo mediocre ? Decisamente no, se sono buoni e di ultima generazione e sono calibrati bene a seconda dello scopo che si ha in mente. Possono sostituire amplificatore e diffusori HIFI tradizionali ? Decisamente si, con qualità costruttiva di un ordine di grandezza superiore, risparmiando spazio e denaro rispetto a certe proposte da audio-gonzi che circolano nel mondo hifi di oggi oramai ridotto a "il gatto e la volpe" da un lato e tante pecorelle credulone dall'altra parte. Giudizio complessivo PRO: costruzione inappuntabile. Siamo realmente nel mondo professionale è un apparecchio di fascia media ma le prestazioni sono di alta gamma potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori suono ad alta risoluzione, gamma media e alta cristallina i vantaggi delle tre vie, di cui quelle superiori di gran classe disponibilità di controlli sia hardware che software per personalizzare il suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene della cosiddetta alta fedeltà che questo livello costruttivo e questo suono se lo sognano possibilità di calibrazione interna tramite il software opzionale Sonarworks (con microfono dedicato) CONTRO: pesanti e ingombranti su un tavolo, meglio su piedestalli professionali in solida ghisa il suono "fuori dalla scatola" non basta per convincere l'ascoltatore il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) non perdonano le cattive registrazioni (anche perché questi monitor dovrebbero servire per verificare il mix delle registrazioni audio) non costano poco ma Adam Audio propone altre soluzioni più abbordabili sia nella gamma A che in quella T dove ci sono modelli sorprendenti per capacità sonore rispetto al costo
  3. Non mi appassionano per niente questi confronti di cui purtroppo è invece pieno il web. Per questo mi viene da esclamare : che pall* ! Pensando che susciti la stessa noia negli altri. Ma poi vedo che le visualizzazioni degli altri articoli di questo genere su Nikonland raggiungono sempre vette elevatissime e mi domando se non sia il caso di insistere. Per questo, eccoci qua. Premesso che la mia esperienza con la nuova Nikon Z6 III è breve e breve resterà, perché non è un prodotto per me come non lo sarà la nuova Fiat Grande Panda, credo che la nuova Nikon debba essere confrontata esclusivamente con Zf, Z8 e Z9. La precedente generazione è troppo distante per prestazioni e capacità. Anzi, posso certificare a chi me lo chiede, che la Z6 III è molto più vicina alla Z8 di quanto non lo sia con la precedente Z6 II. Detto questo, torniamo quindi al confronto tra Z8 e Z6 III. Perché visto che la Z8 è scontata di 600 euro mentre prima di vedere la Z6 III scontata passeranno un paio di stagioni di calendario, qualcuno potrebbe chiedersi se, pur potendo comprare la Z6 III a quel punto non sia il caso di fare uno sforzo in più e puntare più in alto. Pensiero stupendo e altrettanto lecito cui cercheremo di dare una chiave di lettura - giammai una risposta asseverante - in questo articolo ! *** Le due macchine differiscono per collocamento. La Z8 discende dalla nobile schiatta che parte direttamente dalla Nikon F del 1959 e poi arriva fino alla F100 a pellicola. Riprende dalla D700 e passando per la D800 arriva sino alla D850. Quindi l'erede della prima reflex professionale Nikon (quando Nikon faceva fotocamere esclusivamente per i professionisti) e fino alla separazione delle carriere con l'introduzione della prima ammiraglia "monolitica", la oramai mitica Nikon F5, è stata il topo dei top. Dalla F5 è stata derivata invece la linea che in digitale è partita dalla D1 per arrivare alla D6. E prosegue oggi con la Z9 in mirrorless e continuerà così nelle prossime iterazioni. Lo si vede dalla impostazione dei comandi, dal dimensionamento, dalle peculiarità del corpo, più grosso, importante, comodo, ergonomico e più dotato di comandi diretti. La Z6 invece è di discendenza più recente, è un prodotto più prosumer (fusione orribile che deriva dai termini professionale e consumer : quindi una via di mezzo tra i due mondi) ed è l'erede della Nikon D750 che ancora oggi gode di grande favore presso i nikonisti. Anzi, probabilmente la Z6 III nasce proprio con l'intento di convincere gli irriducibili utilizzatori di reflex che residuano la fuori a considerare il passaggio alla mirrorless. Nelle foto di confronto che pubblico qui sopra vediamo le differenti impostazioni, sia dei corpi che dei corpi con il battery-grip, opzionale per entrambe le due Z8 e Z6 III che garantiscono espansione di funzionalità pari tra le due differenti macchine. Tanto che la Z8 con il suo MB-N12 diventa addirittura più grossa della pur importante Nikon Z9 raffigurata nell'ultima foto. Ma si vede chiaramente come la Z8 derivi dalla Z9, mentre la Z6 III ha una configurazione, comandi, disposizione dei controlli, simile ma funzionalmente diversa. Prima fra tutti la torretta di sinistra che per la Z8 vede una razionale presenza di pulsanti di regolazione, mentre la Z6 ha la tradizionale rotella PASMUx+ che prevede persino la posizione Auto in cui la fotocamera fotografa per conto del fotografo ignaro delle scelte della fotocamera (per le Nikon con il flash in questa posizione Auto, il flash si attiva automaticamente anche se tu non vuoi !). La Z8 ha l'oculare tondo tipico delle professionali, la Z6 ha l'oculare quadrato, tipico delle consumer. Più in generale la Z8 si capisce da lontano, anche per un profano, che è una fotocamera "importante". La Z6 la da un pò più a bere ... Nella realtà le due fotocamere si differenziano nell'interno per scelte progettuali concrete ma alla prova dei fatti, funzionalmente non così distanti. Il processore è lo stesso. La batteria è la stessa. Il comparto delle memorie è lo stesso (CFEx + SD). Cambiano i due sensori. Ma attenzione ... La tecnologia di fondo è simile e le differenze sono più sottili di quanto non si penserebbe. Si, uno è da 45.7 megapixel e la più grande massa di pixel consente più aree di messa a fuoco, mentre l'altro è un 24 megapixel. Ma lo strato fotosensibile è più o meno equivalente, fatta salva la densità di informazioni e la taratura della sensibilità di base (anzi, delle due sensibilità di base e dell'intervento del filtraggio alle alte sensibilità). Mentre che il sensore della Z8 sia integralmente stacked (cioé che abbia una quantità di memoria tampone integrata che copre l'intero sensore a servizio della lettura dei dati veloce) mentre che quello della Z6 III lo sia solo parzialmente, influenza la velocità complessiva del sistema. Ma ponendo la Z6 III comunque in un'area in cui le prestazioni sono già radicalmente al di sopra della massa. Essendo l'unica fotocamera della sua categoria con un sensore così veloce. Abbastanza veloce da permettersi peculiarità impensabili per le altre fotocamere. Con l'eccezione solo di Z8 e Z9. Dalle nostre deduzioni il tempo di lettura del sensore di Z8 e Z9 e poco superiore ai 3 ms. Ovvero ci vogliono poco più di 3.7 millisecondi perché ogni riga del sensore sia catturata. Questo ha permesso di omettere l'otturatore meccanico dalle macchine perché tale velocità equivale ad un tempo sincro-flash di circa 1/270'', sufficiente ad operare senza insorgenza di bande. Quello della Z6 III sta sui 9.2 millisecondi, cui corrisponde un sincro-flash di circa 1/100''. Molto più veloce di quello, ad esempio della Zf/Z6/Z6 II (circa 33ms) e molto, molto più veloce di quello della Z7 (circa 65 ms) e capace di essere in larga parte esente da problemi quando impiegato in modalità otturatore elettronico. Ma non abbastanza veloce da poter lavorare senza otturatore meccanico con il flash. La presenza dell'otturatore meccanico assicura poi che in determinate circostanze, si possano evitare i fenomeni di banding per effetto di luci a frequenza variabile che invece con Z8 e Z9 obbligano ad impostare frequenze di scatto valutate "ad occhio". Z8 e Z9 hanno un sensore tanto veloce da permettere di avere un flusso separato tra la visione a mirino e quella elaborata verso le memorie. Questo elimina del tutto gli oscuramenti del mirino. Per la Z6 III non è possibile un simile processo (unico per il momento) ma comunque la visione è di grande livello, coadiuvata da un pannello LCD a risoluzione, contrasto e luminosità di qualità dichiarata superiore a quello dei modelli Z8-Z9. Con la Z6 III, così come con Z8 e Z9, nelle raffiche estese abbiamo una visione completamente in tempo reale della scena inquadrata, indispensabile per la foto d'azione. Con tutte le altre Nikon Z invece la visione in tempo reale si ferma nella raffica lenta a 5 scatti al secondo. Oltre, le fotocamere non hanno una velocità sufficiente e quindi presentano a mirino le foto già scattate, come in un effetto moviola che si somma all'oscuramento tra gli scatti con una sensazione di smarrimento che a me ha impedito di fotografare uccelli in volo o motociclisti su sterrato con Z6 e specialmente Z7. La Z7 ha un sensore così lento, che in raffica estesa, con qualsiasi tempo di scatto, le auto in movimento vengono deformate in stile futurista inizio '900 ... *** Spero che la disamina tra le caratteristiche peculiari non vi abbia annoiato troppo. Concludo sintetizzando. La Z6 III al di là delle peculiarità tecniche è prestazionalmente parlando (sia in fotografia che in video) molto più vicina a Z8 e Z9 di quanto il corpo non farebbe pensare. Ed ha il vantaggio di costare una cifra che al netto degli sconti sugli altri modelli, consente con la stessa spesa, di comprare anche un 24-120/4 S, obiettivo che ci sentiamo di caldeggiare sempre come compagno di Z6 III e Z8. Ci sono tante funzionalità software e firmware che differenziano i tre modelli, vuoi per esigenze di marketing vuoi per diverse tempistiche tra i team di sviluppo dedicato (la Z9, per esempio non ha né le facilitazioni sui ritratti, né il pixel shift, che invece hanno sia Z8 che Z6 III). La Z6 III introduce, prima tra le Nikon Z, l'accesso al cloud per depositare in tempo reale i propri scatti sia per prelevare controlli colore aggiuntivi. Ed inserisce nel flusso di lavoro del fotografo anche una nuova categoria di Picture Control in cui è possibile manipolare anche il colore, non solo la curva di contrasto o la saturazione. Che questo possa essere esteso anche a Z8 e Z9 è potenzialmente possibile. Si tratta di software che può essere configurato in modo equivalente su una piattaforma che condivide lo stesso SoC Expeed 7 (in una versione a più basso consumo, ipotizzo io, nella Z6 III). Ma al momento sono disponibili solo sulla Z6 III. Quindi quale è meglio tra Z8 e Z6 III e per quale fotografo ? Rispondo prima alla seconda domanda, perchè la prima domanda secondo me non ha una risposta sensata univoca. Personalmente io sceglierei la Z8 ogni giorno dell'anno sulla Z6 III, non per la differenza di prestazioni ma perchè la Z8 ha una disposizione di comandi da professionale - ed io ho sempre avuto Nikon professionali come prima macchina - e perché io scatto tanto, tantissimo (troppo) con le Nikon Z e l'assenza dell'otturatore mi tranquillizza per l'assenza di usura di parti meccaniche, assicurandomi almeno un decennio con milioni di scatti all'attivo (la mia Z9 ha 1250000 di scatti, la mia Z8, nonostante i test con tante altre macchine, supererà il mezzo milione nel 2024). Quindi credo che un fotografo che ha come tipo di Nikon la D700-D800-D850, sceglierà preferibilmente la Z8 Il fotografo tipo D750, che non scatta tanto come me e non ha una specializzazione definita ma fotografa di tutto, preferirà, io credo la Z6 III. Perché è più leggera, compatta, economica e volendo si può comunque attrezzare con il battery-grip. La Z8 con il battery-grip fa schifo e le fa preferire la Z9. Anche questo lo dirò finché Nikon non farà per la prossima Z8 un battery-grip degno di quello della Nikon D850, che era praticamente perfetto e poteva contenere anche la batteria della D5-Z9. Le prerogative tecniche delle due fotocamere nel mondo reale non sono tali da connotarne una netta separazione prestazionale. Non quanto la Z8 svetta rispetto a Z6 e Z7, per esempio. Per il resto, l'aspetto su cui soffermarsi è il display completamente articolato della Z6 III, per alcuni un valore, per altri un fastidio. E l'assenza o meno dell'otturatore meccanico, per disimpegnarsi in situazioni ben particolari e specifiche che per alcuni (ad esempio per me) capitano molto raramente. io vorrei tanto che nella Z8 II Nikon introduca il display completamente articolato. Sembrerà più fragile ma è di una comodità unica che mi permette con Zf e Zfc di fare qualsiasi cosa senza fare equilibrismi o sforzi inutili: Ma posso comprendere che ad altri faccia schifo. *** Quale è meglio tra Z8 e Z6 III ? Alla fin fine, come ho già avuto modo di dire, le due macchine sono più vicine di quanto si vorrebbe ammettere. Entrambe sono vere Nikon capaci di assecondare il fotografo al meglio. Prestazionalmente la Z8 è di un gradino superiore. Non è estrema come la Z9 (che a me trasmette molta più confidenza, al di là dell'inarrivabile migliore ergonomia, pur a parità di dotazione tecnica) ma le si avvicina. La Z6 III non può essere tanto estrema per costituzione e per contratto. Ma anche un professionista con due Z6 III non deve sentirsi affatto sminuito. E una Z6 III può costituire un sensazionale secondo corpo per una Z8. Leggo un sacco di balle sui sensori. A me questi sensori da 24 megapixel piacciono un sacco. Anche più del più ricco della Z9 e certo più di quello di D850 e Z7. Lavoro praticamente sempre a 800 ISO con queste camere (rispetto ai 500 di Z8 e Z9) e se devo andare fino a 6400 ISO non mi sento in difficoltà mentre so che con la Z8/Z9 dovrò poi smanettare con LR per riallineare i valori. La vicinanza dei 24 megapixel al formato 4K, secondo i miei occhi, offre un flusso video più naturale. Lo era già nella Z6 che però doveva croppare limitando l'ottica in formato DX. Tanto che spero che la futura Z9 Quadrifoglio o Veloce GTI pensata per correre sempre a 300 Km/h non abbia più di 24 megapixel e un sensore tanto veloce da non capire se stai scattando o no e rendendotene conto solo perché si è riempita la scheda di memoria. E voi ? Che ne pensate dei miei sproloqui mattutini ? Esprimetevi liberamente, c'è libertà di opinione se uno scrive commenti utili agli altri. Non vi contraddirò anche se pensate tutto l'opposto di quanto penso io.
  4. SmallRig 60B : una luce può cambiare modo di fotografare ? La risposta breve sembra essere si. Ma al quesito risponderà M&M. Qui, intanto, una breve anteprima. Cos'è ? E' una luce COB (ovvero un LED a circuito integrato singolo) da 60 Watt con batteria integrata, ricarica via presa USB-C. Regolabile di intensità e di temperatura colore via dimmer. Dotata anche di effetti speciali per il video (tipo televisore rotto, macchina della polizia, lampo, etc.). Come è fatto ? Arriva in una bella confezione. con dentro una splendida valigetta atta a contenere tutti gli accessori. Questo è un valore perché altre luci, anche molto più costose, non ne sono dotate. E così si finisce per perdersi qualche cosa. la dotazione prevede l'illuminatore, un riflettore standard argentato, un accessorio per tenere in mano la luce (per i video "volanti") uno per avvitare l'illuminatore su uno stativo standard e un accessorio utilissimo per montare un power bank dietro alla luce stessa in modo da aumentare l'autonomia complessiva. l'illuminatore, elegante, ben rifinito, in solido metallo. Anche i comandi e i dimmer sono ben dimensionati, affidabili, solidi. La costruzione è negli standard consueti di SmallRig. Abbiamo conosciuto questo marchio per le sue costruzioni in alluminio (cage & affini per fotocamere e video). Adesso si sta allargando anche al campo illuminazione, batterie, con lo stesso standard di qualità. Ben superiore alle solite "cineserie" da quattro soldi. il pacchetto completo. Notare i due cavi, uno corto e uno lungo, per la ricarica via porta Power Delivery di un alimentatore da almeno 60 watt o un power bank da 20 volt e 3 ampere. dettaglio dell'impugnatura manuale e del raccordo snodato per lo stativo il riflettore è responsabile della resa luminosa molto elevata l'accessorio che montato posteriormente all'illuminatore fa da morsetto al power bank accessorio (non incluso nella confezione, ma va bene uno standard di quelli per ricaricare iPhone o MacBook) qui montato sul retro, uno da 100 watt, con un cavetto usb-c adatto, direttamente alla presa di alimentazione. i comandi, il MODE per gli effetti, l'INT per la potenza, il CCT per la temperatura colore il COB è puntiforme, più piccolo di quello dei LED ad alimentazione fissa. Questione di dissipazione di calore. Questa luce ha una ventolina integrata che si innesta in fase di ricarica ma raramente durante l'uso la parte inferiore dove c'è la piastra per il collegamento dello snodo dello stativo i comandi posteriori. Il tasto ECO consente di risparmiare la batteria a discapito della potenza erogata. La presa USB-C per l'alimentazione/ricarica, il tasto di accensione con il riflettore montato l'accessorio per montare il power-bank con lo snodo ripresa dei componenti altro dettaglio del posteriore con il power bank agganciato il display che indica la fase di ricarica le dimensioni sono persino inferiori a quelle di un iPhone di vecchia generazione l'eleganza del prodotto : non vi farà mai sfigurare, specie se siete milanisti. Potenza e autonomia All'atto pratico la luce è potente. Misurata con un luxmetro, ad un metro emette con il riflettore standard la stessa potenza di un Godox LA200D. Questo perché la diffusione è puntiforme e il riflettore è pensato per accrescere l'intensità in asse. Ovviamente questo è a discapito della dimensione del cono, che "vignetterà" se utilizzato a distanza ravvicinata. Ovviamente un LA200D riprende il sopravvento se usato a distanza con il suo riflettore o con un softbox grande (figuriamoci con un ombrello). Questa annotazione per capire bene per quali usi sia pensata questa luce. Foto e video in ambienti piccoli, a distanza ravvicinata, specie a potenze ridotte, dove non si rimpiange di usare la luce diretta senza softbox. Soprattutto in luce mista ambiente/artificiale. L'autonomia è buona, 45 minuti a tutta potenza con la batteria integrata. Più del doppio con un powerbank dotato. Ore di impiego a potenze marginali. Disponendo di più power-bank si può lavorare per ore e ore distanti da prese di corrente. L'RC 60B sul dispaly indica l'autonomia residua quando non è alimentato, la carica residua in % quando è in ricarica. Ovviamente il dispositivo confonde un power bank con un alimentatore, indicando che è connesso alla rete anche quando invece c'è il power bank. Ma non è un problema. In tre mesi di utilizzo e 80.000 scatti, nessun problema. Tanto che ne è stato comprato un secondo esemplare. Ma per l'esperienza d'uso lasciamo la parola a chi lo sfrutta ad ogni seduta.
  5. Lexar è diventato il nostro fornitore di riferimento per le schede CFExpress così come lo è sempre stato per le SD e lo era per le XQD. Abbiamo provato schede di differenti produttori e nessuna delle altre ha dimostrato la stessa costanza di prestazione e di rendimento sul medio termine. Rileviamo peraltro prestazioni uniformi tra i differenti tagli di memoria, grande disponibilità di capienze e velocità, su tre linee prodotto differenti. Attendiamo con interesse la disponibilità delle nuove CF 4.0, presentate la CES di Las Vegas e non ancora immesse sul mercato ... dopo il mezzo flop delle ProGrade da noi testate qualche mese fa. Questa Lexar è della serie Silver, idealmente quella "basica" che mostra il miglior rapporto prezzo/prestazioni. Più in alto ci sono le Gold (le più capienti) e le Diamond (le più veloci). Abbiamo scelto il taglio da 512 GB per le nostre esigenze e lo proviamo oggi in vista di utilizzarlo poi con la nuova Nikon Z6 III, apparentemente ci sembra la scelta più indicata, visto che quella macchina propone file e video di dimensioni ridotte rispetto a Z8 e Z9. *** La scheda viene consegnata nella consueta confezione in cartone con dentro un contenitore in plastica che a sua volta protegge il classico guscio/custodia per la scheda che si caratterizza per la banda in color argento. Le prestazioni promesse sono stampigliate sulla confezione e sulla scheda : 1750 MB/s in lettura e 1300 MB/s. Sappiamo che queste sono promesse e quindi noi facciamo sempre le nostre misure nei nostri sistemi. Come per le altre schede Lexar di recente produzione (le schede che confronteremo in questa sede sono tutte dell'ultima produzione), è ben evidenziato Made in Taiwan. Ovvero chip e controller provengono da Taiwan, sede di TSMC. Longsys - proprietaria del marchio Lexar - produce nella Cina continentale i chip e i componenti degli altri supporti di massa. Ma evidentemente ancora non dispone della tecnologia per produrre ai livelli richiesti dalle CFExpress/NVME. la confezione ha stampigliature anche in italiano. Un segno di attenzione al nostro paese e chiaramente questo prodotto - acquistato da noi su Amazon.it - appartiene alla serie distribuita regolarmente nel nostro continente. Stia attento l'acquirente alle fregature sempre possibili in questo segmento. Acquistando da un venditore affidabile si ha la possibilità di essere rimborsati o di avere la sostituzione del prodotto, qualora non risultasse conforme o fosse contraffatto. ecco la scheda ripresa in controluce, in luce artificiale non si apprezza bene la banda che però non si può confondere con la Gold perché quella ha la banda dorata ben visibile, mentre la Diamond ha lo scudetto al posto della banda colorata. il trio di schede che abbiamo in laboratorio. Gold da 1TB, Silver da 512 GB, Diamond da 256GB. *** Le misure si sono dimostrate ben distanti dalle promesse, ma è la norma anche per le altre schede. a riposo abbiamo riscontrato 30 °C (25 °C è la temperatura ambiente di oggi). Mentre dopo un test e il trasferimento di 2650 file la temperatura è arrivata a 45 °C. Dopo una serie di test abbiamo registrato un massimo di 56 °C senza che si attivasse nessun avviso di allarme automatico. Siamo nella norma per questi dispositivi. Per quanto riguarda le prestazioni, abbiamo misurato un dato interessante, peraltro abbastanza omogeneo tra lettura e scrittura questo è misurato con un lettore USB 4.0 ProGrade con un miniPC Windows. Mentre questo è con la workstation da scrivania che mostra un vantaggio marginale. Per riscontro, il trasferimento dati (la semplice copia di qualche cartella di immagini NEF) evidenzia un valore medio di circa 700 MB/s, interessante anche se al di sotto del GB/s che in media riscontriamo con la Gold o la Diamond. In video : abbiamo la conferma. La scheda maneggia circa 900 MB/s ed è in grado di sopportare praticamente il formato 8K. Come c'è evidenziato sulla confezione. Ovviamente la scheda funziona perfettamente sulle nostre Nikon. Ci fermeremmo qui con le misure, riservandoci poi di testarla, come anticipato, con la Nikon Z6 III. Salvo evidenziare che ... ... strumentalmente, i valori in scrittura e in lettura, misurati con gli stessi strumenti, si dimostrano praticamente di poco differenti tra le tre schede confrontate. Ci permetteremmo di concludere che le differenze tra le schede siano da considerare oramai marginali a questi livelli e che prestazionalmente si equivalgano. Potremmo pensare che quelle più pregiate possano sopportare meglio il flusso elevato e continuo delle macchine più prestanti, magari con i formati video più impegnativi. Ma salvo verifica a questo punto, almeno per Lexar, è solo una questione di costo al Gigabyte. *** La scheda da 1 TB costa 239,99 euro, con un costo per GB di €0,24 per GB La scheda da 512 GB costa 169,9 euro, con un costo per GB di €0,33 per GB La scheda da 256 GB costa 118,99 euro, con un costo per GB di €0,46 per GB La scheda da 128 GB costa 93,99 euro, con un costo per GB di €0,73 per GB con un vantaggio per l'acquirente che cresce con il crescere del taglio (perché ovviamente si diluisce il costo della scheda rispetto ai chip). la temperatura media rilevata durante i primi test (copia di file per 59 gigabyte).
  6. R-27 rappresenta il top di gamma degli integrati - DAC/preamplificatore/amplificatore cuffie - di Audio-gd. L'erede ideale degli apparecchi dotati di chip di conversione 1704. Nella realtà al momento la gamma si compone dei soli R-28 ed R27, perché il piccolo R11 non è più in produzione. R-27 è disponibile in più versioni, quella in esame è la R-27 HE, dotata di alimentazione rigenerativa, il fiore all'occhiello di Audio-gd insieme all'amplificazione ACSS. Veniamo proprio al cuore di questo dispositivo, l'alimentazione. questa scheda è marchiata orgogliosamente Regenerate Power Supply ed è una delle due collegate al trasformatore di ingresso. che è di dimensioni generose, resinato al suo interno e con una schermatura in rame. E' un avvolgimento che potrebbe sostenere il carico di un discreto amplificatore finale di potenza e che qui invece si limita ad accogliere la corrente di rete a 220 Volt. per consegnarla pulita e "rigenerata" con frequenza stabile e tensione fissa a tre ulteriori trasformatori più compatti, ognuno alimentante le rispettive sezioni di alimentazione delle tre sezioni in cui è diviso il dispositivo. La circuiteria di ricezione del segnale e i due canali del DAC. vista parziale in pianta, da destra e nel centro, le due sezioni di alimentazione : la rigenerativa e quella per i singoli canali. La simmetria è ammirevole. Non all'altezza di realizzazioni ultrasofisticata l'articolazione, più definibile artigianale - sebbene di alto livello - sia per la presenza di svariate cavetterie volanti quanto di residui di lavorazione non proprio eleganti. Regna su tutto il sovradimensionamento complessivo. di rado nelle recensioni vengono rappresentati i fondi degli apparecchi. Eccolo qua, invece, al di là dello spessore del piano - 8mm di alluminio rigido - il numero di feritoie, ma soprattutto l'innumerevole quantità di viti di blocco delle varie schede interne dimostra lo sfoggio di materiale (e i discendenti tempi di assemblaggio) degli apparecchi di questa classe. Che per Audio-gd sono lo standard di riferimento, siano essi all-in-one come questo, semplici preamplificatori, DAC puri o amplificatori integrati. Ne sono prova i 2560 grammi del solo coperchio, fissato con una dozzina di viti, lo spessore del telaio a pianta quadrata e il peso complessivo di 22.000 grammi che lo rendono un campione di ... facilità di posizionamento in casa. Il mio piano è profondo 60cm eppure lo regge a fatica in estensione, con i cavi di connessione posteriori che sfiorano la parete di fondo. questa versione è in alluminio naturale, spazzolato. Bella e lucente ma un pò fragile sia nel catturare le impronte delle dita quanto degli eventuali graffi per sfregamento. Poco male, la superficie non suona. Ma un telaio del genere assicura la dissipazione dell'elevato calore prodotto. Che nel caso del più compatto Master 9 Mk III tende a raggiungere temperature da ustione mentre qui, caldo è caldo ma nulla di anormale. di trequarti così non impressione poi tanto, sembra uno strumento di misura industriale qui con il coperchio appoggiato sopra (per toglierlo, l'unica è farlo scivolare mettendo in bilico la macchina), invece è più impressionante. ma deve impressionare l'interno, ordinato eppure molto affollato, qui evidenziato dalla fotografia a telaio aperto e posto sul fianco. A sinistra abbiamo i due canali del convertitore, in mezzo a loro la scheda di ricezione, davanti le alimentazioni separate che prendono energia dai tre trasformatori alloggiati in un vano separato da pareti di schermatura. Infine a destra, l'alimentazione rigenerativa, un trasformatore di ingresso e due schede simmetriche. A ridosso della parete frontale, la scheda di controllo del display. altra vista del marchio della scheda di alimentazione rigenerativa altra vista di tre quarti anteriore. Si nota subito il minimalismo dei controlli : accensione e due tastini di selezione delle varie modalità e ingressi. Manopola del volume (elettronico) ed uscite cuffie, single ended e bilanciate. la scheda centrale che contiene tutta l'elettronica di ricezione del segnale, il processore di controllo, i due clock di precisione. dettaglio del processore dedicato agli ingressi, un Altera Cyclone a 32 bit, i due clock, i due isolatori degli ingressi. Componentistica allo stato dell'arte. sopraelevata la schedina di ingresso USB, sotto i vari isolatori degli altri ingressi, clock esterno compresi. Anche la porta I2S rappresentata da una presa HDMI è isolata, a garanzia di pulizia del segnale. Della porta USB viene usato solo il ricevitore mentre tutto il resto è ricostruito dal processore. La distinzione tra le schedine dovrebbe consentire maggiore separazione. Secondo Audio-gd, questo ingresso è tanto qualitativo da non richiedere una interfaccia digitale esterna (ci sentiamo di avere qualche dubbio, almeno considerando la qualità della DI-24 HE che stiamo utilizzando in un altro stack in parallelo a questo apparecchio). ma andiamo al pezzo forte del DAC effettivo. I due canali sono disimpegnati da quattro moduli simmetrici posti su due schede separate impilate una sull'altra e ulteriormente schermate da una piastra d'acciaio avvitata sopra. Sono i moduli DA-7 specifici di Audio-gd e responsabili della conversione del tutto analogica del segnale digitale in analogico. i due DA-7 del canale sinistro, coperti dalla piastra di schermatura che una volta rimossa mette in mostra la topologia del tutto simmetrica del push-pull. Due processori Xilinx si incaricano di coordinare il lavoro mentre una serie di chip regolano la precisione della maglia di resistenze. Il cuore di un convertitore R2R sta qui. Al posto di uno o di più chip sintetici, viene usato un circuito analogico composto da resistenze di precisione che leggono a cascata il segnale. I due moduli sovrapposti offrono 4 convertitori per singolo canale, per un totale di 8, per il segnale PCM. Per il DSD ci sono 4 moduli dedicati. Ovviamente non viene fatta alcuna conversione da PCM a DSD come in molto apparecchi economici (anche di gran marca). la pianta di un modulo Audio-gd DA-7 Mk II installato nel R-27 HE. Tra i due moduli, che hanno alimentazione superiore, c'è il controllo di volume, anche esso a resistenze, quindi discreto, separato per ogni singolo canale. Per offrire una reale circuitazione bilanciata. al capo opposto, avvitata sul pannello anteriore, la scheda di logica di controllo del display anteriore. la vista al volo dal posteriore ci introduce al pannello ingressi ed uscite. le entrate sono completissime. I2S, ottica, USB di tipo B, XLR AES/EBU e due porte coassiali per clock esterno e digitale SPDIF. In aggiunta una porta speciale per l'eventualità di aggiornare il firmware della macchina (che io farei solo a rischio della vita ...) le uscite sono le tradizionali per Audio-gd, bilanciata XLR, bilanciata ACSS e sbilanciata RCA, con i due canali separati fisicamente. L'unica indicazione del modello è presente in questo adesivo posto vicino alle presa di corrente che reca anche il numero di matricola. più semplice il frontale, con accensione, selettori e prese cuffie con in mezzo il display a cristalli liquidi sono comandi semplici ma solidi. Purtroppo asserviti al sistema poco intuitivo di Audio-gd che necessita la consultazione del manuale per ricordare a cosa corrispondano numeri e lettere mostrate nelle varie fasi. sotto una luce calda, l'alluminio, al vero un pò freddo, appare di una piacevole tonalità champagne. Tutti i connettori sono di altissima qualità. Neutrik per gli XLR e corrispondenti in oro per i coassiali e gli RCA. *** Visto l'interno, imponente, andiamo ai comandi. Il selettore è diviso in due tasti, uno per far ruotare le opzione, l'altro per modificarle. Il problema è l'intelleggibilità delle opzioni impostate. All'accensione l'R-27 fa lampeggiare i led per salutare orgogliosamente mostrando quello che evidentemente è il logo Audio-gd e il nome del modello. L'avvio non è immediato perché l'alimentazione rigenerativa ci mette una manciata di secondi ad andare in linea. quindi compare questa scritta. Quello che si capisce è che ho selezionato la porta USB (la IN 6 guardando il posteriore). Mentre in modalità operativa si legge la frequenza di campionamento rilevata, l'uscita, il guadagno dell'amplificatore, la porta di ingresso, il livello del volume. [non so cosa sia questo 128. Nella realtà il sistema è connesso ma non c'è alcun segnalo. Normalmente quel numero è 44, 48, 96, 192 etc.]. Le opzioni modificabili sono il tipo di sovracampionamento (di default è su OFF), il livello di luminosità del display, lo spegnimento o meno del display. C'è infine una modalità "artistica" che Kingwa dice di aver mutuato dal lungo ascolto del giradischi analogico. Dovrebbe essere a suo dire un modo per generare un suono particolarmente dolce e caldo che darebbe il suo meglio con oversampling 1x o 2x. L'ho provata senza tanto successo. A differenza della modalità "tube" del Master 9 Mk III che è anche misurabile nel suo intervento, qui io stento a riconoscerne l'effetto. *** Bene, con questa carrellata ci siamo. Ma vorrei riepilogare le componenti di questo grosso amplificatore. Nello stesso, enorme, telaio, abbiamo : l'alimentazione rigenerativa che è in grado di dare corrente elettrica pulita a tutte le schede, con frequenza precisa e tensione stabilizzata. Non è una cosa banale, qui non ho grossi problemi, ma nella mia casa precedente, la tensione di rete oscillava tra 210 e 230 Volt, con frequenza tutt'altro che stabile. Qui invece avevo fatto installare uno stabilizzatore meccanico che alla fine si è rivelato quasi superfluo, tanto da averlo disinserito l'alimentazione con tre trasformatori separati e circuiti dedicati in classe A la scheda di ricezione dei segnali, controllata da un processore Altera Cyclone, due clock Accusilicon ad alta precisione, isolatori su tutte le prese, ingresso per clock esterno, interfaccia USB Amanero due convertitori "analogici" a discreti (rete di resistenze) controllati da microprocessori due controlli di volume "analogici" a relé due amplificatori in classe A per le uscite cuffie che possono operare con guadagno differenziato a +13dB e +26dB erogando fino a 15 watt su 25 Ohm di carico sulla uscita bilanciata (teoricamente pari a 45-50 watt su un carico di 8 ohm se fosse possibile alimentare dei diffusori) un circuito di preamplificazione lineare, sempre in classe A (uscita fino a 20 V contro i 2~5 se usato come semplice DAC) l'alimentazione è pulita per tutti i sistemi, gli ingressi sono isolati, la macchina è virtualmente esente da jitter già sul piano concettuale. L'avere tutto nello stesso telaio unisce ai difetti di avere un telaio enorme e pesante, i vantaggi di una messa a punto precisa nell'indirizzo della sua firma musicale, come intesa dal progettista. In teoria, un DAC non dovrebbe suonare. Un preamplificatore non dovrebbe suonare. Dovrebbero solo fare il loro lavoro di rendere analogico un segnale digitale - quale che sia - e di elevarne il livello alle necessità del sistema di riproduzione (amplificatore o diffusori amplificati). Il discorso è un pò diverso se pensiamo all'amplificatore cuffie, che può avere un suo carattere, secondo le impostazioni di fondo. Nei modelli economici a chip operazionali, le modalità di funzionamento sono impostate in via digitale. Qui invece è la topologia dell'architettura che influenza il risultato. *** E quindi, alla prova dei fatti, o meglio, del suono ? Che si usi come semplice DAC, come preamplificatore o come dispositivo integrato, l'Audio-gd R-27 HE fa il suo lavoro. E' presente ma è lineare, offre una risposta molto dettagliata e precisa ma non analitica. Ha una impostazione calda e dolce, più o meno a prescindere dalla modalità di funzionamento selezionato. Nei mesi in cui l'ho usato sinora, per lo più è stato senza oversampling (NOS) ed ha pilotato praticamente tutte le cuffie che ho avuto in casa, mettendole sempre in condizioni di dare il meglio di se. Offrendo una risposta ricca e convincente con un palcoscenico ampio, profondo e credibile. Ma non è uno strumento di misura, non è pensato per dare prestazioni di laboratorio asettiche. Ha un carattere e un anima. Tutte orientali. Dolce, gentile, possente ma tranquillo. Come un mastino inglese ma del tutto opposto dalla scuola e filosofia del Nord Europa, votata all'analiticità e all'iperdettaglio, magari a prezzo di una certa fatica di ascolto. Se metto in testa le Arya Organic o le Jade II (in questo caso con l'amplificatore a valvole Stax e l'R-27 che fa solo da DAC) posso stare per ore ad ascoltare la musica che mi piace. Senza pensare un attimo a questo o a quel dettaglio. Tutto mi sembra naturale (quasi) come quando ascolto il mio sistema di diffusori planari a dipolo. Naturalmente se la sorgente fa schifo, farà schifo la musica riprodotta. Se le cuffie (o i diffusori usati : e con le Adam Audio A77H sulle prime è stata una lotta, tanto che le ho passate la Master 9 Mk III) sono secche, aspre o poco definite, l'R-27 non cercherà di ingentilirle, lascerà impietosamente che mostrino i loro difetti, senza tentare di compensarli. Quel caldo e quel dolce, non significano eufonico o edulcorato. Siamo nel mondo dell'alta definizione. E non vi so descrivere la distanza siderale che separa questo sistema dai miei vecchi giradischi Marantz SA11S2 e Teac VRDS 10 con convertitori Philips e BB. Eleganza contro sguaiato. Eppure 25 anni fa quelli erano il non-plus-ultra (o quasi). Vale 3600 euro ? Non saprei dire, dipende da cosa ci dovete fare e cosa vi aspettate che faccia. Se avete più cuffie alto di gamma e un amplificatore in classe A e dei diffusori planari robusti, ascoltate musica unplugged registrata a regola d'arte ... e avete lo spazio dove sistemarlo in modo tale che dissipi il calore che produce. E allora si. Altrimenti sarebbe un vero spreco. Si può avere di più ? Certo, sempre. Io non sono un grande appassionato di sistemi integrati, tendo a preferire le soluzioni a componenti separati. Quindi, restando in casa Audio-GD, una DI-24H, un R-7HE e un HE-9 Mk III sicuramente vi strapperanno dei sorrisi ebeti (specie se avete delle HIFIMAN Susvara o delle HE1000 SE). Ma ad un prezzo più che doppio di quello già stratosferico di questo. Ci sono sistemi più economici di questo che offrano prestazioni simili ? Si certo ma comunque attenzione a selezionare cose che abbiano lo stesso tipo di impostazione a discreti, dall'alimentazione ben dimensionata alla quantità di transistor di uscita, senza operazionali. Ne sono contento ? Si, assolutamente si. Ma in fondo il mio sistema di backup (sempre Audio-gd) riesce a comportarsi a modo, con una prestazione sui monitor attivi da bancone, che è superiore a quella dell'R-27 che è più spietato e schizzinoso. Quindi ? L'Hi END è così, una malattia a cui bisogna saper porre rimedio. Ognuno trova la medicina musicale che fa per lui. Giudizio complessivo PRO: costruzione senza lesinare. Addirittura esagerata solido apparecchio di fascia realmente top; componentistica di pregio ingressi e uscite per tutte le necessità suono eccezionale se la sorgente e il sistema di riproduzione sono all'altezza caldo, dolce ma sempre estremamente dettagliato, senza alcuna concessione nessun convertitore Delta-Sigma che io abbia sinora ascoltato è in grado di dare questo genere di suono addirittura conveniente (di prezzo) se confrontato con catene a tre unità separate (interfaccia digitale, DAC e preamplificatore) CONTRO: ingegnerizzazione molto sofisticata per un sistema in apparenza molto semplice costruito per ridondanza quasi overkill costruzione artigianale con molte concessioni a livello di realizzazione (connessioni, resinature, residui su schede e piastre : nulla di questo si vede in occidente, in questa campo Audio-gd deve molto migliorare e curare i dettagli) I francesi userebbero il termine alambique peso, dimensioni, prezzo ... enormi ! comandi e display astrusi (a dir poco) impietoso verso chi non è alla sua altezza (sorgente musicale e cuffie/diffusori)
  7. Chi non sogna una fiammante Alfa Romeo Giulia GTAm Rosso Competizione con scarico Akrapovic ? Non tutti possiamo permettercela, però. E chi potrebbe, fa bene a chiedersi quanto potrebbe sfruttarla per le sue speciali ed uniche caratteristiche che ne hanno già fatto un'auto di culto. Tenerla in garage ad invecchiare ? Mai. Uscire nel traffico congestionato e viaggiare a 30 allora ? Che vergogna. Ognuno di noi, se ne ha bisogno, dovrebbe avere l'auto che fa per lui. Il giusto compromesso di tutte le sue caratteristiche. Ragionamento - se perdonate la mia passione per le auto sportive e le fuoriserie - che si può estendere a qualsiasi altro oggetto (o soggetto : vedi il partner) sulla terra. Anche la fotocamera. Molti di noi hanno comprato la Nikon Z9 e se la godono. Ma la Z9 si può paragonare alla Giulia GTAm per molti aspetti. Va bene in pista. Meno per la gita fuori porta con i figli, i suoceri e il cagnolino. Si, ci si può fare un paesaggio. Ma una Z7 non darebbe nulla di meno. Anzi. A molto meno. Ma non mi fermo qui. Proseguo. Nella realtà, per le foto di un fotografo di tutti i giorni, non c'è nemmeno bisogno di una Z7 o di una Z6. Spesso una Z5 è più che sufficiente. Spesso una Z50 basta tranquillamente. Io ho avuto una Z50 che ho passato a Max quando ho comprato la seconda Zfc. Si perchè la Zfc - che è la sorella carina della Z50 quanto la Z30 è la gemella con gli occhi castani della Z50 - mi piace molto ed è la fotocamera che impiego per praticamente tutte le foto di tutti i giorni. Tranne quando devo fare un lavoro tanto impegnativo per cui è necessario far uscire dal garage la Z9 ! E' una cosa strana perché 20 anni fa, quando sono uscite le prime reflex digitali, ci sentivamo menomati da quel formato ridotto, imposto dal contenimento dei costi dei sensori che riduceva la potenzialità dei nostri obiettivi. Ma, appunto, dopo 20 anni, la tecnologia è andata tanto avanti che una Nikon in formato DX non ha moltissimo da invidiare in termini di qualità di immagine, rispetto ad una FX. Si arriva a sensibilità che nemmeno la D3 poteva permettersi, avendo una dinamica complessiva anni luce più avanti. Le funzionalità sono tali e quali a quelle delle Nikon Z in pieno formato. Ma sono più economiche, più compatte, più ... alla mano. Anche più "spendibili", consentitemi di dirlo, di una Z9 con attaccato un obiettivo da 5000 euro quando andiamo in certi posti ... Direte voi, ma c'è il problema degli obiettivi. Nikon propone solo tre corpi macchina e tre zoom di taglio medio-basso. Ecco, questo oramai è solo un retaggio del passato, un preconcetto. Questi tre zoom, ne abbiamo parlato a lungo su queste pagine, sono di qualità eccellente, anche il plastichino 16-50 VR che io uso per quasi la totalità degli scatti dei prodotti oggetto delle prove e dei test per Nikonland. Scatto nel mio studio con la piccolina e il piccoletto, pilotando flash professionali per 2400 W/s con softbox da 120 e 140cm di diametro. Figuriamoci se smuovo la Z9 per fare cosine del genere ... Ma ai tre obiettivi Nikon, possiamo già oggi aggiungere una serie di proposte "di terze parti" che possono incontrare l'interesse di tutti. In questa foto che riprende la mia Bella Nikon Zfc con il suo vestitino verde menta, vedete tutti gli obiettivi adatti ad una Zfc/Z50/Z30 che ho in casa. Ma non sono tutti. Altri, e di belli, ne mancano. Come ad esempio i Viltrox AF 23/1.4 e 33/1.4. Mentre ne ho aggiunti tre che sono full-frame ma che sembrano fatti apposta per le nostre piccoline : i due Nikkor Z 28/2.8 e 40/2 e il nuovo TTArtisan AF 32/2.8 e nulla vieta di aggiungere il 50/2.8 MC che per l'appunto è stato usato per questo scatto foto scattata con l'altra Nikon Zfc e il Nikkor Z MC 50/2.8 in luce naturale (focus stacking di 16 scatti montati con Helicon Focus). E' tanto "perfetto" che potrebbe andare su un catalogo commerciale ... Sono già molti gli obiettivi adatti alle nostre piccole Nikon Z DX, molti sono autofocus, altri manual focus. Ci sono fisheye, superwide, obiettivi da ritratto, obiettivi superluminosi f/0.95 ... ed altri, intraprendenti produttori universali proporranno prossimamente altri obiettivi. Come Viltrox che sta costruendo un corredo di eccellenti obiettivi AF che consentono poi di scegliere il marchio del corpo macchina da abbinare loro. Ma anche Tamron si aggiungerà, facilmente, ai produttori di obiettivi autofocus in formato DX. E come vedete mi sto limitando ad indicare obiettivi nativi con attacco Z, trascurando l'enormità di obiettivi di tutti i tempi utilizzabili via adattatore "scemo" o "intelligente". Insomma, già oggi, l'alibi della mancanza di obiettivi decade. Se le immagini che seguono non vi convincono, allora la causa è il vostro snobismo Seguono foto prese da Nikonland, scattate rigorosamente con Nikon Z in formato DX con gli obiettivi più vari, dal modesto 16-50 al supercremoso TTArtisan 50/0.95, senza trascurare tutti gli altri. Ditemi voi se, senza saperlo, potreste pensare che sono stati scattati con una Z50 anziché con una Z7 II da 3.600 euro. con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio con un flash professionale a batteria da 600 W/s e softbox acconcio in esterni, davanti a tutti ! con 1800 Watt/s di flash professionali con svariati metri cubi di softbox davanti, fondale, esposimetro esterno, etc. etc. La risoluzione è bassa, limitata a 20 megapixel ? Errore, ho consegnato un file per la stampa in formato poster portata a 80 megapixel di un mio scatto fatto con la Zfc e un obiettivo del 1957 Nikon Zfc e Trioplan 2/100mm del 1957. Scatto portato a 11557 pixel di lato in formato TIFF a 16 bit partendo dal NEF originale via Photoshop (migliora AI) e stampato poi "a parete". Insomma, rifletteteci bene. Forse vi basta una DX, purché sia una Nikon Z ... Si perchè queste macchine - e qui non abbiamo esplorato il video, eccellente, che hanno, ma solo il lato fotografico - sono piccole, modeste e relativamente economiche e sono solo la prima generazione di Nikon Z. Ma nei fatti sono delle Supergirl a tutti gli effetti ... e vi sfido a dimostrare il contrario. Che sia il primo corpo o il secondo corpo rispetto ad un'altra macchina più impegnativa e costosa, faranno tutto ciò che saprete far loro fare ... tutti gli scatti di questo articolo provengono da fotocamere Nikon Z in formato DX. Nessuna Nikon FX è stata sacrificata per ottenere il risultato. Usando fotocamere FX ed obiettivi da 2500 euro sarebbero venute foto migliori ? Forse, se ne sareste stati capaci. Ma già così vi sfidiamo a provarci ... In ogni caso, comprate Nikon : vivrete più sani e sereni
  8. Ho comprato questo DAC nel dicembre del 2022 e l'ho utilizzato ininterrottamente fino al mese scorso come unità di conversione semplice, nella catena di controllo dei miei diffusori dipolari quadriamplificati. Avvicendava l'Audio-gd R28, usato solo nella sua funzione di DAC, nello stesso ruolo, che mi sembrava un pò troppo delicato per i miei bestioni. Adesso l'ho sostituito temporaneamente con il vecchio Audio-gd NFB 7.1, altro Sigma-Delta che ha all'attivo una decina di anni di servizio. Nella realtà questo Gustard è molto più di un DAC, potendo funzionare anche come preamplificatore digitale e ricevitore di segnale wireless. Ci sono altri Gustard ancora più evoluti che possono fungere da renderer di rete e via discorrendo. Vanta una pletora di ingressi, completo di tutto quello che si può chiedere ad un apparecchio di questa classe di appartenenza. L'ho trovato su Amazon in campagna sconto natalizia, venduto dal distributore cinese dei tanti marchi noti anche sul nostro mercato. Sinceramente io sono "vecchia scuola", nel senso che tendo a preferire unità separate e specializzate. Per cui mi piace che un DAC faccia il DAC e niente altro. Ma tutto sommato in questo caso si tratta semplicemente di una fisima, in quanto basta non utilizzare il resto, scegliere l'ingresso adatto e poi mettere a ZERO il controllo di volume e anche questo X26 PRO farà il DAC puro e semplice. Immagino che la sigla PRO derivi dalla scelta del chip principale, l'ESS SABRE ES9038PRO, per l'appunto che qui è utilizzato in doppio mono con tutti i canali interni messi in parallelo a servizio di uno dei due canali stereo, uno per canale. Si tratta di un chip monolite , estremamente sofisticato e con caratteristiche di altissimo livello, l'ammiraglia del marchio californiano in quel momento, in grado di caratterizzare l'intero progetto. É un convertitore da digitale ad analogico che funziona sul principio della modulazione Sigma-Delta (vi risparmio la frequenza di Nyquist, il teorema di Shannon e la funzione di Dirac : in questa sede non aggiungerebbero nulla) per trasformare il flusso di bit con cui è codificata la musica digitale in una corrente analogica. L'operazione nel suo complesso viene effettuata in un chip singolo nella più classica ed economica tecnologia CMOS (come quella dei nostri sensori digitali delle fotocamere). un microchip ESS ES9038PRO visto di sopra e di sotto. I tanti piedini sono i contatti di ingresso e di uscita. Il circuito di controllo deve essere progettato strettamente secondo le specifiche di ESS, pena un decadimento delle prestazioni o il mancato funzionamento secondo le specifiche. ESS è uno dei principali produttori di convertitori monochip dedicati al mondo audio. Insieme ad AKM, Wolfson, Crystal, Texas Instruments e pochi altri, praticamente tutti statunitensi o giapponesi. Ma torniamo al nostro apparecchio. Si presenta in un telaio di alluminio del peso di 7 chilogrammi e delle dimensioni di 330mm x 260 x 65. La finitura è in nero e grigio antracite. Le superfici sono spazzolate e la qualità percepita è subito elevata. naturalmente io l'ho aperto, rimuovendo il telaio (per farlo si devono svitare sei viti passanti che dal fondo arrivano al coperchio superiore. C'è poi una vitina di blocco sul retro che tiene fermo definitivamente anche il pannello delle connessioni). Le pareti del telaio sono spesse dai 5 agli 8 mm e l'insieme è tenuto da squadrette interne avvitate alle pareti. Nel sollevarlo si nota subito uno sbilanciamento sulla sinistra. E' dove sono ubicati i due trasformatori toroidali audio-grade. notiamo subito la separazione tra i trasformatori, il circuito di alimentazione e la sezione di conversione digitale. In piedi, sul lato corto, troviamo una scheda madre che contiene i processori di controllo mentre a ridosso del frontale ce n'è un'altra che pilota la manopola del menù e il display anteriore. i due trasformatori sono marchiati Gustard e sono separati dal resto da una parete di alluminio che fa da schermo. in mezzo c'è la sezione di livellamento che contiene condensatori da 6800 microFarad, sufficienti per un piccolo amplificatore integrato, transistor tripolari di potenza e altri condensatori Wima. E' tutta componentistica di primordine e costo adeguato. Sulla parte in fondo ci sono i ricevitori e il clock interno, anche questo marchiato Gustard. a destra c'è la sezione di conversione vera e propria che ha una topologia simmetrica con i due canali separati a partire dai convertitori, surmontati da un dissipatore ad alette. La componentistica è ibrida, a discreti e a integrati. i due ES9038PRO e il loro dissipatore. La schedina in verticale è il controllo del multiselettore del menù. La schedina sulla destra, di costa, prende tutta l'elettronica di controllo. il clock interno, marchiato Gustard K2 dettaglio dei condensatori di livellamento della corrente. Una sana sezione di alimentazione è sempre indice di un progetto interessante. Diffidare di chi si vanta di utilizzare un alimentatore esterno o di uno switching. particolare della scheda centrale, di costa che contiene il ricevitore USB XMOS, un DSP Shark e processore ARM con tanto di memoria flash. Praticamente si tratta di un microcomputer che gestisce tutte quelle funzioni evolute che io, nella realtà, ho bypassato del tutto. Vediamo invece i condensitari WIBA ad alta tensione e quelli Gold più grandi in fondo. ancora una vista dei due ESS e dei circuiti di uscita le piattine di connessione della scheda di controllo e del display anteriore il multiselettore di accesso al menù e il marchietto X26pro. e ancora un dettaglio di ARM, memoria Flash e DSP Analogo Devices Shark con una vista sulle connessioni. Andiamo proprio alle connessioni. c'è un ingresso per un eventuale clock esterno da 10 MHz, l'ormai desueto ingresso ottico, così come il coassiale digitale. La porta USB e quella per l'antenna bluetooth se uno vuole usare questo apparecchio come ricevitore di un segnale MQA da smartphone e infine le porte più utili, per i miei utilizzi. La tripolare AES/EBU per cavi ad impedenza controllata e la porta HDMI incaricata del trasporto del segnale digitale I2S, quella raccomandata per la minimizzazione del jitter, anche se il reclock interno di questa unità sembra funzionare molto bene. in quanto alle uscite, non ho mai impiegato quelle sbilanciate che recano ancora il cappuccio rosso mentre impiego correntemente quelle XLR bilanciate E completiamo il tour con il fondello, molto ben fatto con quattro piedini ben dimensionati per sostenere un peso non indifferente visto il telaio così piccolo. sia il fondo che i fianchetti sono dotati di fori e di fessure di ventilazione adeguate Ultima vista di insieme L'ingegnerizzazione è di livello veramente elevato. La qualità dei componenti ma soprattutto la tipologia dei circuiti e la loro fattura dimostra qualità fuori dal comune. Sembra di vedere un apparecchio Yamaha o Panasonic del massimo livello. Insomma, a differenza di altri cinesi più esoterici, non ha nulla da invidiare alla migliore produzione industriale - audio e di elettronica professionale - occidentale. Oramai l'implementazione di questi componenti è alla portata di tutti così come è relativamente facile integrare processori così sofisticati per consentire misure consone al livello atteso. Qui peraltro stiamo parlando di un dispositivo di fascia media del costo corrente di circa € 1.500, non esagerato ma certo ben al di sopra della fascia più diffusa. Chi ne mastica di audio e di audio digitale in particolare, sa che si può fare un apparecchio funzionante relativamente con poco e che la scelta di questo o quel componente è relativamente ininfluente se la circuitazione è adeguata. Ma fare alimentazioni all'altezza e stadi di uscita che portino il suono al livello atteso è un altro paio di maniche. E qui abbiamo tutti gli ingredienti giusti. La riprova è data dal fatto che acceso, il Gustard X26PRO dopo un pò si scalda. E qui si spiega il motivo di un telaio robusto e pesante con spessori notevoli per questa classe. *** Trascuro i dati di misura. Parliamo di cose tipo 129 dB di rapporto segnale/disturbo e bilanciamento tra i due canali a livello di secondo decimale. La distorsione è a -110 dB con un minuscolo picco a 12KHz, misurabile con difficoltà. La risposta è una retta orizzontale, L'uscita bilanciata produce 5,115 Volt e questo è un dato interessante, per l'interfacciamento con l'amplificatore. Sono informazioni che trovate sui siti dove questo apparecchio è in vendita (per esempio su Audiophonics.fr, verso cui vi indirizzo). Noi ci concentriamo sul suono che è la cosa più importante. Ancora mi scuso se ho utilizzato ed userò "liscio" questo convertitore, impostato su NOS (senza sovracampionamento) e senza alcun filtro che ne moduli la fragranza (sono cosine che si inventano quelli di ESS per mettere a disposizione degli integrati facili sistemi per modulare il suono se non sono capaci di farlo con l'elettronica). qui è posato sul preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III, connesso con cavi XLR. Il preamplificatore è collegato a due monitor professionali Adam Audio A77H a tre vie con 500 watt integrati. Il DAC prende il segnale digitale via cavo HDMI da una interfaccia digitale Gustard U18, il cavo è un comune HDMI da televisore, adatto per il 4K ma di poco costo (lo uso per mostrare le fotografie alle modelle mentre le scatto). Il display del DAC mostra informazioni essenziali l'ingresso (IIS IN), il tipo di segnale (in questo caso PCM a 96 Khz, inviati da un mini pc su cui gira Audirvana collegato con Qobuz) e il volume digitale, qui messo a ZERO per lasciare il segnale elettrico in uscita al massimo, delegando il resto al preamplificatore. Dal menù è possibile fare ulteriori scelte ma nulla di troppo sofisticato. Non chiedetemi cosa sia il PCM Filter, l'ho lasciato su Gentle perché le altre dizioni mi inquietano. l'ingresso 1 del preamplificatore, il volume 28, l'uscita altoparlanti, la simulazione di un suono "a valvole", riguardano invece l'Audio-gd. Ne riparleremo. Noto subito che il volume necessario è superiore a quanto sono abituato con la catena Audio-gd, collegata con la connessione proprietaria ACSS. Poco male, il livello può arrivare fino a 100 e già così ho davanti un Bosendorfer Imperial di grandi dimensioni, nonostante la vicinanza dei due monitor Adam Audio (due woofer in parallelo, un midrange a cono e un tweeter ESS). Il suono di questo DAC è molto concreto, appena il tutto è caldo è evidente il lavoro fatto dai tecnici Gustard. Concreto, solido e molto lineare. Roccioso sul basso e neutro sul medio e sull'alto. Il violino lo ha notato profondo e corposo, Max addirittura al telefono stamattina mentre stavo facendo i primi test. La voce femminile è robusta, impostata. Ma soprattutto si apprezzano due caratteristiche che sono la firma di questo convertitore. Il basso roccioso e la separazione tra i livelli con quello che chi scrive queste recensioni tende a definire silenzio di fondo o "nero" ben definito. Questo favorisce l'ambienza. In questo momento un coro canadese intona lo straordinario inno If Ye love me di Thomas Tallis e le sezioni vocali si leggono in profondità, chiare e distinte tra loro. La dolcezza di Mille Regretz di Orlande de Lassus si mantiene ma senza che si perdano le dinamiche tra le voci che restano, precise. Il senso di precisione complessivo è veramente notevole, complice la stessa impostazione nei monitor. Ma l'impressione si mantiene intatta anche nell'ascolto con le HIFIMAN Arya usando l'uscita cuffie del preamplificatore. Rappresentazione di classe che è perfettamente intonata con le caratteristiche estetiche del X26PRO, a promessa del risultato. La sinergia con l'interfaccia digitale Gustard U18 è ineccepibile, si vede che sono concepiti per funzionare insieme. Non c'è la minima incertezza (che invece mi rende impossibile usare la Gustard con i DAC Audio-gd). *** Insomma, prestazione maiuscola. Almeno finché si confronta con apparecchi dotati di convertitori sigma-delta. Nello stesso sistema, il mio Audio-gd NFB7.1 dotato del ES9018 si dimostra ancora più gigantesco nel basso, forte della sua alimentazione più che sovradimensionata (è un telaio da 22 chilogrammi) ma non così controllato sul medio e sull'alto. Però a paragone con DAC R2R il discorso cambia. Sia l'R27 che l'R1 di Audio-gd hanno una dolcezza e un microdettaglio che semplicemente questo X26 perde. Lui recupera sul basso che è sempre più importante, deciso, corposo e soprattutto controllato ma cede in quanto a precisione, sacrificando il dettaglio all'insieme. Con le cuffie planari di fascia alta la cosa è più evidente. Insomma, come per tutte le ricette, non è detto che ogni ingrediente sia sempre il più adatto, spesso si dovranno miscelare diversamente. L'X26PRO con i miei dipoli fa un lavoro egregio, dove la prova degli R2R che sinora ho provato faticano ad evidenziare un basso che tende sempre a stare un pò sulle sue ma in una catena che è votata alla trasparenza cristallina alle frequenze del violino e della voce femminile si nota che è la sua, la voce un pò più stonata. Nulla di grave, niente è perfetto e non è obbligatorio che ogni accoppiamento funzioni alla perfezione sempre, comunque e con qualsiasi repertorio. In questo momento sto ascoltando del jazz scandinavo e contrabbasso, piatti e rullante vorrei che suonassero per sempre ... Ma adesso ti rimonto il coperchio che se no qui prendi polvere ... Giudizio complessivo PRO: costruzione e ingegnerizzazione inappuntabili solido apparecchio in relazione al prezzo richiesto; componentistica di pregio funzioni complete (ma, per chi è interessato, i fratelli successivi hanno anche capacità di lettura di rete); può funzionare anche da preamplificatore digitale collegato a dei diffusori attivi ingressi e uscite complete affidabilità prestazione lineare con un basso importante ma suono complessivamente chiaro CONTRO: in confronto con DAC di tipo R2R mostra minore dettaglio e trasparenza può suonare in modo affaticante, bisogna stare attenti agli abbinamenti peso sbilanciato per la scelta di mettere i due trasformatori sul lato (ma non dobbiamo sollevarlo ogni momento, giusto ?)
  9. Prima, qualche premessa. non siamo grandi appassionati di questi test di confronto "di rumore" alle varie sensibilità e tra fotocamere diverse perché pur cercando di essere il più possibile "rigorosi" le variabili in gioco sono tante. Inoltre, è nella fotografia reale che si apprezzano o meno le potenzialità di una fotocamera riscontriamo più di un segnale che ci fa pensare come questa famiglia di sensori BSI, al di là di tutto, offra prestazioni similari, quando non completamente coincidenti, al netto del punto base della gamma lineare ISO e della risoluzione infine, per quanto si voglia pensare di fare prove ripetibili, non sappiamo quanto il software di sviluppo intervenga - in positivo o in negativo - nelle varie fasi. E certamente il supporto di Adobe alla Nikon Z6 III, benché già disponibile, non può che essere preliminare. detto questo abbiamo fatto alcuni scatti in ambiente, una stanza illuminata da un pallida luce esterna in una mattina di pioggia. Abbiamo fatto la sequenza 800 ISO -> 64.000 ISO con la Z6 III, ripetendola poi con la Zf che ben conosciamo. Macchina su treppiedi, esposizioni identiche, bilanciamento del bianco pre-impostate. Modalità Silenziosa. Il target è un ritratto in formato 100x75 posto sulla parete a circa 3 metri dal punto di ripresa. L'obiettivo è il Nikkor 105/2.8. Esposizione che può sembrare non corretta ma che è quella che vedevamo ad occhio nudo nel momento della ripresa (di questo inizio estate che continua ad essere piovoso e con il cielo pressocché sempre coperto). 800 ISO 1600 ISO 3200 ISO 6400 ISO 12800 ISO 25600 ISO 51200 ISO 64000 ISO Nella sequenza, qui ridotta a 2500 punti di lato lungo per esigenze di pubblicazione, giudichiamo il file ad ISO 800 quasi perfettamente pulito e di poco differente da quello a 100 ISO (qui omesso perché inutile): Salendo l'incremento del rumore digitale ci sembra lineare, con una intensità che si mantiene pienamente tollerabile fino a 6400 ISO. A 12800 ISO la presenza del rumore è più evidente. A 25600 ISO abbiamo la comparsa delle prima bande colorate verticali. Che a 51200 aumentano in modo casuale, per diventare persistenti e a macchia di leopardo alla sensibilità massima di ISO 64000. Senza interventi, secondo il nostro modo di utilizzare queste fotocamere, giudicheremmo il file ottimamente sfruttabile fino a 6400. Con la necessità di intervento in ogni caso a 12800 ISO. Da evitare se possibile le sensibilità più elevate. Il confronto con la Zf ci conforta nel valutare i due sensori imparentati sul piano della capacità di catturare la luce. Accettando una variabilità tra le tarature dei due esemplari di fotocamera che apparentemente fanno sembrare alcune foto della Zf più chiare di quelle della Z6 III, a livello percettivo notiamo un leggerissimo livello di rumore superiore nella Z6 III. Ma ancora, non possiamo essere certi che non ci sia una variabilità tra i due esemplari. E potrebbe essere che due campioni diversi possano mostrare evidenze diverse. Di fondo però vogliamo dire che nella pratica le differenze sarebbero riscontrabili strumentalmente ma non abbastanza da influenzare il lavoro di un fotografo. Sospettiamo che l'impostazione tra i due sensori - che sono differenti nel resto - dal punto di vista di sensibilità e amplificazioni, sia molto, molto simile. le impostazioni sono identiche, i due scatti sono percettibilmente diversi. Il file della Zf sembra essere leggermente più chiaro e più pulito. Ma la differenza è minima, sia nelle zone in luce che in quelle in ombra. cosa che rileviamo ad ogni variazione di sensibilità. Che comunque potremmo definire simile nel suo andamento, anche per la Zf (valida sino a 6400-12800 ISO dopo di che da usare se non se ne può fare a meno). Naturalmente intervenendo con il riduttore di rumore di Lightroom il risultato sarà livellato. e anche per questo riteniamo che oramai questi discorsi siano superati dalla disponibilità dei plugin con Intelligenza Artificiale in grado di fare miracoli in questo campo. Ma ci premeva almeno dare un contributo di discussione al riguardo. Nella migliore delle ipotesi la qualità di immagine di questo sensore sarà uguale - alle varie sensibilità - a quella dei precedenti sensori da 24 megapixel. Nella peggiore, sarà lievissimamente inferiore con un pizzico di rumore in più. Ci pare che comunque l'amplificazione anche qui sia duale con 100 ISO di base e 800 ISO di seconda base. Soppressori di rumore che intervengono con un filtraggio importante e invasivo a partire da appena sopra i 12800 ISO e poi proseguono a scalare, con le ultime due posizioni in gamma lineare di sola emergenza.
  10. Per ammirarlo, lo avete già ammirato, al meglio delle sue possibilità, su di una dannunziana Zfc di verde vestita (tutta di verde mi voglio vestire...). Io invece l'ho usato per fotografare, cercando il modo di esaltarlo, a cominciare dalle sue qualità: quella di essere forse il fisso grandangolare più luminoso mai progettato per il formato APS-C, quantomeno per Nikon. sicuramente uno dei più belli, esteticamente, disponibile in nero oppure in silver... infine, di risultare un ottimo 20mm equivalente, da 94° di angolo di campo ! non solo per i dati di targa Ergo...aspettiamo ancora che Nikon si svegli e cominci a commercializzare gli obiettivi promessi per le sue macchine presenti e future in formato DX ??? (tra i quali, qui in Redazione di Nikonland, siamo pronti a scommettere che mai apparirà un 13/1,4...) oppure.... CARPE DIEM !!! ...mettiamoci l'animo in pace e cerchiamo di prendere il meglio dalla produzione cinese, che comincia da qualche tempo a dimostrare di essere in grado di produrre per la qualità e non più solamente per il facile profitto, basato su numeri incontrollati a prezzi infimi: questo Viltrox, sui canali commerciali usuali per questi marchi, costa poco meno di 500 euro, ossia molto meno della metà di un Nikkor Z 20/1.8 (il suo riferimento in FX), ed soltanto un terzo di uno zoom Z 14-30/4 che è uguale per peso e dimensioni, ma meno luminoso di ben tre stop...!!! La qual cosa, fa di questo Viltrox un vero game changer... non solo in bianco e nero, come grida a gran voce di essere utilizzato il più possibile (da chi sappia cosa sia il BN) ma anche fortissimo, vigoroso e facilmente orientabile, senza postproduzioni, direttamente on camera, anche a colori: per i più saturi dei quali ha un debole. Quindi...non solo interni a tutta apertura... ma assolutamente anche esterni e ai diaframmi più consoni: sembra rispondere a tutti nel medesimo modo, senza transizioni da morbido a definito e si comporta come vorrete, se padroneggerete profili colore e modalità di esposizione: come in questi due scatti ripresi dallo stesso punto di ripresa si presta, grazie alla perfetta integrazione con i controlli di distorsione ed aberrazione attraverso i sw delle Nikon Z, anche allo stitching nudo e crudo come in questo, realizzato con una semplice traslazione a mano libera, con sette fotogrammi successivi, uniti poi su Lightroom. Obiettivo facile da gestire, su tutte e tre le Z DX con cui l'ho usato, con una preferenza particolare per le sue doti da street performer della nuova Z30, che è anche la Nikon Z con la migliore disposizione dei comandi, insieme alla Ammiraglia Z9. Quindi perfettamente indicato per le uscite fuoriporta e le gite in famiglia dove la sua brillantezza e nitidezza, definiscono ogni tipo di illuminazione diretta o in controluce in qualsiasi condizione, grazie alla sua luminosità intrinseca la quale porta con facilità a sfidare ogni limite di convenienza (sempre ricordandoci di non avere VR a disposizione) Chi non vorrebbe sapere cosa nascondano le rosse cupole arabe della chiesa di San Cataldo a Palermo? ed ecco che il Viltrox 13/1,4 dà il meglio di se... anche senza rispettare canoni architettonici e messe in bolla... ... suscitando pura suggestione Dalla Cappella del Sabato (per le religiose del convento) della gesuitica Casa Professa: alle sue cripte... ...questo obiettivo è un "must have" in tutte le borse di chi possegga una Nikon Z dx... e quasi quasi, direi anche di chi, possedendo una Z7 o 7II voglia levarsi lo sfizio del 20mm equivalente senza dover spendere una cifra... lavorando in DX su quel sensore ben capace di segnale. Il resto è...mancia ! Ordinaria amministrazione per un obiettivo del genere, se portato a Ballarò, tra colori, forme, sapori e odori, che questo Viltrox riesce, a mio modesto avviso, a veicolare... Credo che facilmente ci si possa fare un'opinione... E se non sarà il giorno delle carpe sarà quello del pescespada ! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2022
  11. In prova con questa catena di test : Qobuz via Audirvana Gustard U18 Gustard X26PRO via I2S Audio-gd Master 9 Mk III via XLR caso stock single-ended HIFIMAN e cavo crystal bilanciato HIFIMAN la pagina del prodotto dal distributore italiano, Playstereo.com. Il prezzo attuale di € 125 non rispecchia il valore reale di queste cuffie, è solo una fase di mercato in cui HIFIMAN come da sua abitudine, promuove il ricambio di magazzino. Si tratta se non sbaglio della terza edizione di questo modello. Ho posseduto ed apprezzato le originali HE400, le ho sempre preferite alle Sundara per il loro suono più naturale e non affaticante. Ho anche la versione 2020, denominate HE400i o improved, aggiornamento di metà carriera ma oggi mi voglio soffermare su questo modello che continua ad essere, secondo me, il miglior punto di ingresso nel mondo delle magnetoplanari aperte ad un prezzo eccezionale. armatura robusta (in plastica) argentata, padiglioni rotondi sovraurali, cuscinetti morbidissimi, appena vellutati. Connettori standard da 3.5 mm che consentono di accettare tutti i cavi che ho in casa per le HIFIMAN. l'edizione se mantiene l'archetto semplificato (efficace anche se un pò cheap) e l'articolazione sufficiente a trovare subito l'accomodamento sulla testa. Queste cuffie hanno il diaframma standard (non nano di ultima generazione) ma incorporano i magneti stealth, trasparenti al suono. La sensibilità è abbastanza bassa - 91 dB - il peso è contenuto. L'impedenza di carico è di 32 Ohm, valore standard per le cuffie di oggi, cosa che le rende facilmente pilotabili. Ma ho il sospetto che la potenza necessaria per farle volare sia elevata. Del resto c'è scritto anche nelle note che probabilmente un DAP o uno smartphone non basterà. Sono rodatissime, le ho da quando sono uscite, per cui le conosco già bene. Ho cambiato il front-end per usare il nuovo Audio-gd Master 9 Mk. III ma questa volta alimentato da una coppia tutta Gustard. L'interfaccia digitale U18 e il DAC X26 PRO. La coppia è consanguinea e si apprezza la connessione diretta via cavo HDMI (un modello Ricable da pochi soldi che uso per visualizzare le foto via Nikon Z quando devo mostrarle alle modelle durante gli scatti), ovviamente via porta I2S. Il carattere del Gustard X26 PRO è ben definito. Lo uso da 18 mesi per i miei diffusori (planari e dipolari !) per le sue caratteristiche. Il convertitore tipo Sigma-Delta ESS 9038 PRO qui è usato in configurazione doppia, per un perfetto bilanciamento. Alimentazione e stadi finali sono a discreti. E' un apparecchio da circa 7 chili, tutto sostanza ma con un livello di ingegnerizzazione elevato. Ma ne parlerò in un successivo articolo. Dicevo del carattere che mostra i muscoli sul basso che però rimane controllato. Mentre il medio e l'alto sono chiari e in primo piano. Ho misurato queste cuffie con il mio solito microfono doppio miniDSP Ears il DAC Gustard posato sull'Audio-gd Master 9 Mk III le cuffie sul miniDSP Ears (sulla immediata sinistra, l'interfaccia digitale Gustard U18). Ecco la misura, ripetuta due volte stringendo i cuscinetti. C'è una particolare dolcezza in queste cuffie che si riscontra perfettamente nella risposta : il basso scema come nei diffusori dipolari, il medio ha un avvallamento con il centro a circa 1850 HZ, l'alto è tormentato ma di livello non molto più alto del piccolo picco a 800 Hz. E' strana la discesa dopo i 12Khz ma a quelle frequenze chi la sentirà mai ? E' un peccato che io non trovi più la misura fatta quando erano nuove. Magari è in queste pagine da qualche parte, salterà fuori. *** Ma di tutte queste cose ci interessa poco o per niente di fronte al suono. Ebbene, mi ripeto un pò rispetto a quanto ho scritto per le HIFIMAN Edition XS. Queste sono entry-level, decisamente e non arrivano in nessun modo al dettaglio delle alto di gamma. Ma il carattere, ben coadiuvato dal DAC Gustard, privilegia l'ascolto, come se fossero dei minidiffusori di scuola inglese. Il basso è importante, non in primo piano, lo è il medio, mentre la voce c'è, è chiara, senza esasperazioni. La solita caldissima voce di Chantal Chamberlain che "vorrebbe danzare con qualcuno che l'ama", è a tratti ben più che commovente. Si sentono i suoni emessi dalle labbra. E lei la potrei ascoltare cantare per ore. Appena più leggera di quanto sono abituato con Arya e Audivina, Maria Pia De Vito, con il pianoforte meno dettagliato di quanto mi piacerebbe. Il volume è più alto del solito ma non saprei dire se per la sensibilità bassa delle cuffie o per il livello di uscita del Gustard. In genere il Master 9 riceve il segnale via ACSS dal DAC R1 NOS di Audio-gd. Ma se voglio sentire di più il basso devo alzare il volume. Solo a quel punto mi soddisfa. E questo senza che le altre frequenze lo coprano. Sono cuffie abbastanza sensibili al livello della registrazione. Amano che la traccia sia almeno una 96/24 Ma passando allo swing di Robbie Wililams in 44/16 non si chiederebbe molto di più (e naturalmente viene da chiedersi dove sia finita Miss Jones !). Lo Studio della Rivoluzione nelle mani di Valentina Lisitsa è quello che ci vuole per apprezzare un pianoforte con una buona ambienza. Ma devo alzare il volume di parecchio. Chiamo Vincenzo Maltiempo a raddoppiare il suono con la prima di Scriabin. Il suono è più argentino. Il basso nella marcia funebre c'è ma non viscerale come piace a me. Torno al jazz più classico con Art Pepper+Eleven. Resta una bella performance ma mi conferma come queste cuffie siano ben lontane dal tipo di suono monitor di altri modelli - radiografanti - di HIFIMAN. Come per le Edition XS questi sembrano diffusori. Con solo un palcoscenico meno ampio. Ma comunque molto ben caratterizzato. Jesu Meine Freude par Raphael Pichon ha le voci femminili in evidenza ma il basso c'è cavernoso in sottofondo. Il coro però non mi appassiona tantissimo. Mentre è bellissimo il violino di Alina Ibragimova nella sua bella lettura di Ysaye. ... continua dopo il break doveroso per far riposare le orecchie ... ... e siccome i miei dubbi rispetto al solito sono aumentati, cambio la catena di comando Qobuz via Audirvana Audio-gd DI2024HE Audio-dg R1 NOS 2024 via I2S Audio-gd Master 9 Mk III via ACSS cavo crystal bilanciato HIFIMAN e le cose si rimetto a posto. Il fortepiano di Olga Pashenko nel suo ultimo disco mozartiano è delicatissimo, il piano di Valentina è più robusto, la voce della De Vito è più pulita. Chantal resta calda. Il basso dei King Crimson di The Hell Hounds of Krim resta coinvolgente ma meno potente, più signorile, più controllato. il palcoscenico cresce, si allarga, si approfondisce. Morale, pur essendo cuffie che costano poco, non sono cuffie da poco. Non avranno mai il dettaglio delle HE1000, ovviamente, ma sono molto sensibili a cosa le pilota. Con la catena Gustard abbiamo un bel basso granitico ma perdiamo molto della leggerezza del medio e dell'alto. E anche un pò di palcoscenico. Con il sistema Audio-gd, anche appena appena acceso, sembra tutto più coinvolgente ed emozionante, più preciso, ma con un basso meno secco e violento. Che posso fare ? Ricorro a Janine. Il finale del concerto di Sibelius mi da la prova che "per quello che ascolto io", qui va meglio. Giudizio complessivo PRO: la porta di ingresso per il mondo delle magnetoplanari. Con 125 euro non si compra nemmeno una scheda di memoria SD discreta ... rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari (come per le Edition XS al cui carattere le avvicino) suono neutro, caldo, avvolgente, abbastanza dettagliato, palcoscenico molto ben caratterizzato su tutte le dimensioni sembrano diffusori acustici e si possono ascoltare a lungo senza problemi nessuna gamma in evidenza, basso un pò in ritirata abbastanza comode ma io sono troppo ben abituato ai padiglioni grandi ovoidali e circumaurali delle altre HIFIMAN CONTRO: molto sensibili alla catena di controllo, per spingere il basso ci vuole un Sigma-Delta ma poi si perde di chiarezza e precisione in gamma medio-alta sensibilità bassa, ci vuole potenza e un ottimo amplificatore a spingerle aspetto e costruzione cheapy. Ma a quel prezzo ... insomma se vi incuriosiscono le planari ma non volete o potete spenderci tanti soldi, correte a prendervi queste HE400SE con l'unica avvertenza che sono fuori catalogo e forse uscirà un nuovo modello abbastanza presto. Ma questo non le farà smettere di suonare bene. A me piacciono come sono piaciute quelle dei due modelli precedenti. Ci ascolto di tutto con prevalenza per jazz e hard-rock ma anche violino e voce sono spettacolari. Cedono nelle trame complesse e nelle tessiture di coro e grandissima orchestra, non è il loro pane. Ma per quello ci vogliono altri apparecchi. Attenti però a cosa c'è attaccato all'altro lato del cavo di potenza ...
  12. Il nuovo Viltrox AF 16mm f/1.8 per Nikon Z montato sulla Nikon Zf l'ingresso dello stadio Sinigaglia di Como lo stadio Sinigaglia di Como ripreso dal monumento ai Caduti della Grande Guerra tre viste del monumento da punti di ripresa differenti. Nikon Z8, f/11 dettagli ad f/11 e ad f/16 controluce estremi con il sole nel fotogramma (f/16) macchina in bolla, punto di ripresa in stile biottica a pozzetto *** Giusto una anticipazione per qualche foto presa durante una passeggiata a Como sul lungo lago, approfittando di una pausa tra le piogge semi-torrenziali dei giorni scorsi. l'obiettivo è stato da noi acquistato, arrivato per corriere Amazon dalla Cina in questi due scatti, montato sulla Nikon Zf, un anticipo della visuale del pregevole display oled che caratterizza questo progetto. Un dispositivo che rivaleggia per qualità con i migliori obiettivi Zeiss e surclassa ogni realizzazione Nikon. Tanto è chiaro, definito, leggibile, persistente. Scatola e dotazione non sono una sorpresa per Viltrox. Il solito doppio involucro "a pressione" in cartone bianco con dentro generosi assorbenti in spugna grigio scura garanzia, manualetto, astuccio morbido obiettivo e paraluce il paraluce ha i petali in plastica ma l'anello e i fermi sono in solido metallo. Considerato che anche l'obiettivo è interamente in metallo, possiamo pensare che resisterà all'usura per sempre. dettaglio del frontale del barilotto, con le serigrafie incise dei valori del diaframma, l'anello solidissimo di controllo dello stesso (che come in tutti i Viltrox di fascia, è pienamente funzionale, vero Nikon ?) il display Oled, il grosso anello di messa a fuoco manuale. Non manca il punto rosso di evidenza dell'innesto. il selettore autofocus/manual focus, i due tasti funzione programmabili. il selettore per il "click" del diaframma, selezionabile per evitare rumori nei video (ma qualcuno cambia il diaframma mentre gira il video ?) ovviamente, Made in China. come abbiamo già anticipato, l'obiettivo è solido, concreto, in freddo alluminio finemente verniciato in nero. Unico segno distintivo quell'orrendo marchietto rosso che non si capisce cosa significhi (sembra la marca di una scarpa sportiva, made in Hong Kong). se vogliamo trovare un difetto, il tappo posteriore : è orrendo nel profilo fresato. Esteticamente è molto affine alla Nikon Zf su cui fa grande mostra di se ma per peso e consistenza, ci pare meglio assortito con la Nikon Z8 anche il frontale è serioso, a promessa di prestazioni consistenti nelle indicazioni sul frontale, Viltrox ci tiene a rimarcare che - oltre all'anello filtri da ben 77mm, come i professionali Nikon - il cerchio di copertura è di 43,3 mm. Anche la messa a fuoco minima, 27 cm, a garanzia di potenzialità espressive molto particolari pure nei primissimi piani. insomma, se la prima impressione conta, noi siamo decisamente impressionati. E' un prodotto che, in tutti i dettagli, ci piacerebbe che Nikon prendesse ad esempio per le sue realizzazioni premium. Considerando poi che questo obiettivo, costa al pubblico, con le tasse, meno degli obiettivi Nikon di fascia bassa (non arriva al prezzo del Nikkor Z 50/1.8 S che è in bella plastica), siamo veramente contenti di come abbiamo speso i nostri soldi. Un'altra sorpresa positiva è la presenza del profilo di correzione dei parametri di immagine direttamente dentro a Lightroom in fase di sviluppo funzionalmente è una cosa che apprezziamo, considerando che riteniamo oramai imprescindibile sulle mirrorless, l'insieme ottica+fotocamera+software, la chiave per il risultato migliore possibile. *** Nell'uso l'obiettivo si è rivelato molto piacevole. Sta in mano comodamente, non pesa, non provoca in alcun modo stanchezza. Avendo in mente che si tratta di una focale grandangolare che un tempo si sarebbe ritenuta decisamente estrema, è anche facile da utilizzare. Basta tenerlo in bolla e possibilmente riprendere dal basso le scene, quando possibile, evitando l'eccesso di linee di fuga espressioniste. gli scatti a corredo di questa anteprima sono spensierati, quelli della passeggiata di qualsiasi fotografo. Ma volendo fare i creativi le possibilità non mancano mai con un'ottica di questo genere. anche al di là del consueto paesaggio che in ogni caso resta una delle prerogative principali di un obiettivo del genere, avendo cura di mettere una quinta davanti alla veduta, oppure tagliando in orizzontale l'immagine non siamo stati finora a verificare la qualità ai bordi che, per effetto di distorsione/correzioni, ci pare qualche volta un pò stiracchiata. E' anche possibile che insorga rapidamente qualche problema di diffrazione, operando a diaframmi molto chiusi. Non abbiamo invece potuto sfruttare ancora le potenzialità offerte sia dalla luminosità massima molto elevata ed inusuale per la focale, quanto la distanza minima di messa a fuoco molto ridotta. Nonostante ciò ci sentiamo di esprimere un primo sommario giudizio complessivo che poi andremo a puntualizzare in articoli successivi. Giudizio preliminare PRO: costruzione realmente premium, irreprensibile, ben superiore ad ogni obiettivo della stessa fascia commerciale prodotti da Nikon etc. funzionalità estese (display oled di qualità eccellente, tasti funzione, distanza minima di messa a fuoco di soli 27cm, passo filtri standard, paraluce fantastico) disponibilità del profilo di correzione automatica per Lightroom prestazioni generali di grande livello nitido, aberrazioni cromatiche ridotte, distorsione geometrica (specifica dell'obiettivo, non della focale) ben controllata, tenuta al controluce fantastica, tenendo a mente la focale estrema porta USB-C standard sulla baionetta per gli aggiornamenti firmware (plug&play) rapporto prezzo/prestazioni irraggiungibile per gli obiettivi premium Nikon focale unica in full-frame a livello di mercato (obiettivo che è disponibile solo per gli attacchi Nikon Z e Sony E) CONTRO: da verificare la tenuta della garanzia in caso di guasto assenza di un distributore vicinale (che succede in caso di guasto ?) due problematiche comuni a tutti gli oggetti cinesi simili a questo possibilità di incompatibilità con le fotocamere Nikon Z in caso di aggiornamenti firmware importanti (ma nel recente passato abbiamo sperimentato una rapidità esemplare di Viltrox nel mettere a disposizione gli aggiornamenti firmware correttivi) qualità di immagine ai bordi da verificare focale estrema che richiede manico da parte del fotografo in sintesi, un acquisto che ci sentiamo di raccomandare ad ogni nikonista Z in cerca di un supergrandangolare a focale fissa di elevata luminosità. Al momento questo è l'unica proposta sul mercato di questo livello, autofocus e perfettamente funzionale e compatibile con la piattaforma Nikon Z.
  13. Generalmente sconsigliamo l'utilizzo di batterie diverse dalle originali. Ne abbiamo provate in passato e alla meglio, durano meno, sono meno efficienti, hanno cicli di scarica improvvisi e sono inaffidabili. Alla peggio, non vengono riconosciute dalle nostre Nikon, oppure si gonfiano e non escono più dall'alloggiamento, salvo incorrere nel rischio di esplosione sempre dietro l'angolo con le batterie al litio. Specie sulle Nikon Z dove sono sottoposte a stress che si traduce in aumento di temperature, sia della batteria che del corpo macchina. Insomma, noi diffidiamo sempre. Ma c'è sempre l'eccezione che conferma la regola. In questo caso abbiamo una batteria che non costa 20 euro al paio con un caricatore in omaggio. Le specifiche parlano di assoluta conformità all'originale che viene citato direttamente. Il produttore non è un'oscuro cantinaro del tutto sconosciuto che esaurita la partita di batterie scompare o ricompare con un altro marchio. SmallRig si è guadagnata una gran fama di qualità. A cominciare dalla infinita sequenza di accessori metallici, veri complementi indispensabili sia per la fotografia che il video (pensiamo alle tante impugnature aggiuntive per tutte le Nikon Z, per arrivare alle cage complete a norme Nato per assicurare i tanti accessori aggiuntivi alle fotocamere senza stressarne il corpo direttamente) per arrivare adesso a luci e sistemi di alimentazione. In catalogo SmallRig adesso ha batterie da 100 Watt di grande valore, del tutto alternative alle V battery ampiamente usate nel mondo del video. E la stessa Nikon fa ricorso a SmallRig per la produzione di accessori che poi commercializza direttamente o con il proprio marchio. Come è il caso del grip per la Nikon Zf, uscito insieme alla fotocamera e perfettamente conforme. Con l'ovvio presupposto che SmallRig ha accesso diretto alle informazioni tecniche del materiale Nikon. Come deve essere per questa batteria. che viene definita comparabile con l'originale e pienamente compatibile. A partire dalle specifiche : 2400 mAH e 7.2 V che arriva in una confezione carina in cartone e una dotazione minimale : batteria e cavetto USB-C Cavetto USB-C ? E per farne che ? Già, perché non avrebbe molto senso comprare una batteria "compatibile" che costa poco meno dell'originale (intorno ai 50 euro su Amazon.it). Se non avesse una peculiarità che la rende unica e più flessibile di quella originale. Aprendo la strada all'opportunità che in futuro anche le batterie originali Nikon incorporino la furbata di questa SmallRig : La possibilità di ricarica diretta via porta USB-C Che sembrerà una banalità oggi che la ricarica USB-C è uno standard ma nelle batterie per le fotocamere non è comune, mentre lo è per le grandi batterie destinate al video. quindi la nostra EN-EL15c di SmallRig si potrà ricaricare, oltre che via caricabatterie standard (o universale), anche via porta USB-C da un alimentatore a rete, da un power-bank da 5 V 2A, da una V battery. del resto quella presina USB-C la in mezzo lo evidenzia benissimo. Perché invece, fatto salvo il piccolo led di segnalazione carica/scarica, e il colore azzurrino, è del tutto simile all'originale. come vediamo nella foto qui sopra, a sinistra la SmallRig, a destra la EN-EL15c che normalmente alimenta la nostra Nikon Z8. inserendo lo spinotto USB-C di un alimentatore Power Delivery da 145 Watt, si accende il led rosso che ne evidenzia lo stato di scarica. che naturalmente diventa verde quando la batteria è completamente carica. durante il ciclo di carica la batteria con il suo microprocessore dialoga con il sistema di ricarica. abbiamo una tensione applicata di appena più di 5 Volt e una corrente che va da 1 A a poco meno di 2, con una potenza applicata che arriva quasi a 10 watt. a ricarica completa abbiamo letto 3562 mAh assorbiti. Non ci "innamoriamo" di questo valore, apparentemente superiore al dato di targa, perché il ciclo per arrivare al 100% di carica richiede più passaggi. Annotiamo il tempo di appena più di due ore per completare la ricarica. *** Nell'uso abbiamo un riscontro positivo anche se per confermare del tutto l'esperienza serviranno, come pensiamo sia ragionevole, almeno dei mesi di continuo utilizzo. La Nikon Z8 riesce a riprendere circa due ore e mezza di video continuativo, oppure, nello stesso tempo, circa 10.000 scatti. Che è un valore in linea con quello dell'originale. In conclusione abbiamo una batteria che ha prestazioni in linea con le nostre EN-EL15c, forse leggermente più prestazionale (la Nikon promette 2280 mAh e 16 Wh, la SmallRig 2400 mAh e 17.28 Wh, ma è tutto da verificare nella pratica e nella realtà ci preme di più che sia altrettanto affidabile, piuttosto che più performante) ma che offre l'indubbia flessibilità aggiuntiva della presa di ricarica incorporata. Che ci libera definitivamente dal dover portare il caricabatterie originale Nikon con noi, potendo usare un qualsiasi alimentatore USB-C, come quello dello smartphone ma, soprattutto, che si può ricaricare a se stante, mentre magari ricarichiamo anche, in parallelo, la batteria della Z8/Zf/Z6/Z7/Z5 oppure le due batterie del battery-grip opzionale. Il costo richiesto non è particolarmente conveniente rispetto alla Nikon ma, siamo sinceri, se lo fosse, la guarderemmo con tanto sospetto in più. Ci fermiamo qui, per il momento. Intanto cercheremo nei prossimi mesi di utilizzarla insieme alle altre Nikon che abbiamo in casa. Ne riferiremo più a lungo termine.
  14. Le prestazioni velocistiche e la performance (lo slogan di lancio della nuova Nikon Z6 III) potrebbero far ipotizzare la necessità di dover utilizzare schede di memoria di fascia alta, come già dobbiamo fare con Z8 e Z9. Sarebbe un peccato mortificare quelle prestazioni con l'uso di schede di vecchio tipo, inadatte ad una macchina moderna. Ma si sa, in casa ognuno ha schedine di ogni tipo e qualche volta potrebbe capitare di doversi adattare. La Z6 III ha il doppio slot come Z6 II e Z8, uno può accogliere schede CFexpress di tipo B (ma è compatibile anche con le vecchie XQD che noi raccomandiamo però di "rottamare" perché oramai vecchie. Le schede di memoria non sono come il buon vino che invecchiando migliora ...) mentre l'altro alloggia schede di tipo SD UHS-I e UHS-II. Nital mette nella confezione della Z6 III una scheda SD Lexar Professional di tipo UHS-I, per l'esattezza una da 128 GB 1066x, accreditata di 160 MB/s in lettura e 120 MB/s in scrittura che viene anche "garantita" per il video 4K. Noi possediamo ed usiamo con profitto una scheda identica da anni e possiamo garantire che non ha mai creato problemi con tutte le fotocamere di casa. Ultimamente è impiegata con le Nikon Zfc per gli usi più disparati. Ne abbiamo misurato le capacità con i soliti sistemi di test. i dati strumentali confermano le prestazioni promesse quasi al decimale. Anzi, in scrittura sono anche leggermente esuberanti. In termini di capacità di video ci aiuta l'utility test di Black Magic Design che riconferma il valore sintetico misurato ed indica come la scheda sia teoricamente capace di arrivare anche al video 8K codificato H.265 a 8 bit. Abbiamo verificato nella pratica ed abbiamo riscontrato quanto segue. In fotografia può andare bene ma non per l'azione più esasperata. Nel video si può lavorare ma solo con i codec a 8-10 bit La Nikon Z6 III eredita dai modelli superiori Z9 e Z8 la capacità di comprimere i file NEF con l'algoritmo TicoRAW che consente di ridurre la dimensione del file con una perdita di informazioni impercettibile salvo casi estremamente circoscritti. La dimensione dei tre file possibili è la seguente : rispettivamente di circa 25 megabyte per il NEF compresso senza perdita; di circa 16 megabyte per NEF compresso con Efficienza* e di poco più di 10 megabyte per il NEF compresso con Efficienza maggiore. Sono valori praticamente coincidenti con quelli della Nikon Zf, che condivide la risoluzione, il processore e il sistema di compressione con la Nikon Z6 III. Alla prova dei fatti questo ci ha consentito di misurare la capacità di scattare a raffiche da 20 scatti al secondo in NEF fino al riempimento del buffer (che poi naturalmente viene gestito dinamicamente per consentire di continuare a scattare) : NEF compressi senza perdita : 72 NEF compressi con efficienza elevata* : 104 NEF compressi con efficienza elevata : 138 al riempimento del buffer ci sono poi i tempi di svuotamento per consentire di riprendere a scattare a raffica piena. Aritmeticamente possiamo calcolare che con il file compresso senza perdita, a circa 127 MB/s ci possano volere dai 15 ai 20 secondi perché il buffer sia nuovamente vuoto. Non è una prestazione disprezzabile per una scheda che non è dichiarata come le più rapide (Lexar propone schede che hanno anche tra 250 e 300 MB/s in scrittura) ma certo non consigliabile per chi ricerchi le massime prestazioni di raffica, specialmente in manifestazioni sportive o in sessione di wildlife d'azione. Naturalmente chi fa fotografia più riflessiva, avrà già smesso di leggere questo articolo. Ogni scheda di memoria oggi sul mercato - purché di qualità e in buono stato di efficienza - andrà bene con la Z6 III per scatti singoli o a raffica lenta (e anche con qualsiasi altra fotocamera). In campo video abbiamo verificato ed effettivamente con i formati meno esigenti in termini di flusso di registrazione, si riesce tranquillamente a registrare il video in 4K a tutte le frequenze e si arriva anche al 5.3K. Con durate che vanno dai 38 minuti a 125, come promesso da Nikon. Ma noi raccomandiamo di usare una scheda CFexpress come la Lexar Silver di nuova generazione Per chi cerca la massima prestazione dalla sua nuova Z6 III noi però raccomandiamo l'acquisto e l'uso di una scheda CFexpress di tipo B come la nuova Lexar Silver di nuova generazione. L'abbiamo testata con profitto e con la Z6 III permette di scattare praticamente senza soluzione di continuità (purché nelle opzioni si tolga il limite per lo scatto continuo di 200 scatti che Nikon inserisce di default). E anche nel video, si raggiungono le prestazioni richieste dalla registrazione 6K60P in RAW alla massima qualità. Ovviamente il fotografo/videografo sceglierà il taglio più adeguato alle sue necessità, tenendo conto che al massimo formato, il file generato è di grandi dimensioni per ogni minuto di girato. Noi consigliamo il taglio da 512 GB come quello più conveniente. prestazioni in scrittura e in lettura della Lexar Silver CFex da 512 GB. Siamo a livelli di 6-8 volte superiori a quelli concessi dalla scheda SD mentre in video abbiamo la certificazione che si riesce ad arrivare anche al formato 8K, non possibile con la Z6 III ma disponibile su Z8 e Z9. Tenuta alla raffica a 20 scatti al secondo fino al riempimento del buffer : NEF compressi senza perdita : infinito NEF compressi con efficienza elevata* : infinito NEF compressi con efficienza elevata : infinito il buffer viene di fatto svuotato in continuo senza alcun rallentamento o blocco. Sui prezzi, ognuno valuterà secondo le proprie esigenze. Una scheda SD come quella data in omaggio, da 128 GB, costa sui 35 euro al pubblico. Una CFexpress Silver di Lexar, dello stesso taglio, costa invece 94 euro. *** Pensiamo di aver dato un quadro di massima delle esigenze della nuova Nikon e delle possibilità di soddisfarle ma sappiamo che le combinazioni sono infinite, in base a quanto eventualmente già possiede ogni potenziale acquirente della macchina. In caso di curiosità o quesiti specifici, siamo a disposizione per quanto ci sarà possibile.
  15. Ed eccoci finalmente all'ultimo pezzo del quintetto di cuffie planari HIFIMAN in prova. Si tratta delle HIFIMAN Edition XS. un modello che si caratterizza storicamente per scelte di compromesso al risparmio per contenere il prezzo ma non per la qualità di ascolto. Ci sono state altre proposte nel recente passato, tutte derivate dall'alto di gamma che non hanno mai deluso. In questo caso la scelta è stata quella di adattare i padiglioni in stile HE1000 all'archetto usato per Deva ed HE400 SE. In questo modo l'indossabilità si mantiene di alto livello ma probabilmente si risparmia sui costi. Nonostante ciò queste cuffie hanno i magneti stealth e i diaframmi ultrasottili, come tutta l'ultima generazione di cuffie. Il padiglione ha la caratteristica forma ovoidale che avvolge del tutto l'orecchio e si poggia sui lati della testa. Le armature sono estremamente solide, con finitura argento. I cuscinetti sono morbidissimi ed avvolgenti, con una texture che ricorda la vera pelle. Si indossano facilmente, non pesano e non stringono troppo, quel tanto che basta per aderire al corpo e non favorire trafilaggi. Sono cuffie aperte ma devono stare ben strette per assicurare un buon basso. la scatola è quella minimal in cartone naturale con una banda adesiva che specifica il modello. e che riporta bene in evidenza tutte le caratteristiche non sono promesse per aria, perché il tutto è mantenuto appena le provate. Sono confortevoli e tecnologicamente avanzate. riporto la pagina del negozio online del distributore italiano. Si caratterizzano per una impedenza bassa di soli 18 Ohm, una sensibilità bassa di 92 dB. Il peso dichiarato è di 405 grammi (non ho verificato, ci credo). L'interno della scatola riprende quello delle altre, con le cuffie protette da un preformato in schiuma di polistirene e l'unico accessorio è un cavetto single-ended, pregevole ma che io non ho usato. I connettori sono quelli standard da 3.5mm, quindi mi permettono di usare i miei cavi bilanciati che impiego con le Arya e le Audivina. l'articolazione, pur non particolarmente raffinata fa il suo lavoro, rendendo queste cuffie meno rigide delle Ananda Nano che invece utilizzano un altro sistema, esteticamente più appagante ma meno confortevole alla prova dei fatti, almeno per me. l'archetto è solido e rivestito di finta pelle, ben rifinita. l'interno del padiglione. Si nota l'armatura interna di protezione, il velo che la ricopre, il nido d'ape esagonale che assicura morbidezza al cuscinetto. *** la misura con il consueto sistema miniDSP Ears mostra una risposta in frequenza ben articolata che ricorda quella dei diffusori acustici. La gamma media non ha evidenze, quella medio-alta ha un avvallamento con un minimo a 2000 Hz e un picco a 4000, la gamma altissima non ha picchi esagerati (come invece hanno le Ananda). Il basso è un pò in ritirata, con una flessione di circa 6 db sotto ai 100 Hz. Ricordo sempre di non innamorarsi di queste misure. Perché possono variare nel tempo e perché non è affatto detto che sulla testa siano confermate, rispetto al sistema di prova con la sua struttura e la sua pressione sonora. Per questo preferisco sempre far maturare ogni cuffia che provo. Nel tempo le cuffie acquistano gradualmente le loro caratteristiche peculiari mano a mano che suonano. E anche le mie orecchie si abituano a riscontrarne le loro peculiarità. Le ho provate in particolare negli ultimi giorni con questa catena : Audirvana che gira su un mini PC Windows interfaccia digitale Audio-gd DI2024 HE dac Audio-gd R1 NOS 2024 amplificatore Audio-gd Master 9 Mk III cavo bilanciato HIFIMAN se le prime impressioni contano ho riscontrato da subito la bassa sensibilità che richiede di alzare il volume dell'amplificato per raggiungere una pressione sonora tale da permettere alle cuffie di dare il meglio di loro. Il suono è caldo e privo di asprezze in generale. E' inutile impiegare la modalità del Master 9 Mk III che simula un amplificatore a valvole, già lo fanno le cuffie. La gamma media è suadente, gli alti setosi e il basso mai invadente. Sembrerebbe un quadro da caminetto in una sera di primo inverno se non fosse che dopo un pò vi accorgete di quanto suonino naturali queste cuffie. Il fortepiano di Elisabeth Pion è pignolo ma grazioso, gli archi presenti, i fiati legnosi. Non è un suono monitor, al contrario, siamo in un ambiente di ascolto. Insomma, queste cuffie propongono una situazione degna di ottimi diffusori acustici ben posizionati in un ambiente acusticamente trattato. Senza rimbombi, senza riflessi. Il suono non è ovattato ma non viene privilegiata nessuna gamma. Insomma, un suono da intenditori. Che sulle prima non farà sbalordire con quell'effetto un pò urlato che hanno altre cuffie ma che apprezzerete se vi piace la buona musica acustica. Lasciando Mozart per passare al jazz di Chantal Chamberland, la sua voce ha un tono roco caratteristico, è forte ma senza dilaniarvi i timpani. La ritmica c'è, è appena dietro, non vi capita di confondere i suoi. Il piano lo individuate subito, così come ogni corda della chitarra. E' la stessa cosa con Pietra Mia De Vito che nel disco So Right è registrata con un mare di ambienza. Ma si sente l'effetto sul microfono quando respira e si alza di frequenza. La voce è chiarissima ma il piano lo è allo stesso modo. Il Prokofiev di Jansen/Makela è come credo lo abbiano ascoltato in sala di regia mentre lo registravano. Alzo un pò il volume dopo il jazz perché il livello è più basso ma dietro al violino i fiati sono perfettamente nitidi come il continuo tremolare degli archi, fino alle prime arcate dei violini. Che meraviglia. Non tutte le cuffie sono adatte a riprodurre a pieno un Fazioli come quello che suona Giltburg. Il suo Rachmaninov è scintillante. Mi piacerebbe però che il basso fosse più presente, perché qui la mano destra ha il sopravvento. Va meglio - ma forse è la registrazione - il disco DG con Babayan e Trifonov e quindi abbasso il volume. Ma il duo suona come se fossero un'orchestra, come credo abbia inteso volere il sound engineer che ha mixato la ripresa. E quindi finisco per rialzare il volume al primo pianissimo. Il Vespro di Pichon si conferma impressionante con tutte le parti in perfetta sincronia. Armoniose è il termine per definire queste cuffie. Poco potenti perché poco sensibili e che richiedono un pizzico di potenza in più. Ma senza che questo vi faccia poi correre dal medico ... Un confronto con la risposta delle quasi equivalenti per prezzo, HIFIMAN Ananda Nano mi porta a confermare quanto siano bravi in HIFIMAN a creare fragranze diverse con ingredienti molto simili. le ANANDA Nano suonano molto più forte, sono dritte come un fuso con un basso prepotente e impetuoso, i medio-alti sono in avanti e gli altissimi sparano. Queste Edition XS anche alzando il volume non perdono il loro carattere morbido, suadente, da ascoltare per ore tanto sono naturali. E in questo mi ricordano le mie amate Arya prima versione. Cuffie che io ho pagato 4 volte di più solo sei anni fa. Che dire di altro. Che sono fatte bene e sono anche belle, sebbene non eleganti come altre HIFIMAN. sembrano robuste e capaci di regalarvi anni di ascolti rilassati. Sono adatte a tutto ma credo che la loro vocazione sia per la musica con strumenti naturali non amplificati. Ma un passaggio sui King Crimson mi smentisce. Perchè la voce di Cirkus è sempre commovente e il pianoforte liquido. Il sax fragoroso e solo i bassi meno esagerati di come li sentirei con le Audivina. Ma non per questo meno belli. Anzi, io li definirei raffinati, capaci di elevare anche la musica più popolare di un intero livello. Insomma, a dispetto di un aspetto un filo più dimesso e di qualche compromesso in più rispetto ad altri modelli della gamma HIFIMAN, queste Edition XS si confermano nella loro essenza. Quando quelli di HIFIMAN usano il marchio Edition, stanno presentando un paio di cuffie eccezionali, one-off da prendere al volo per non farsi sfuggire l'occasione, capaci di condensare in "pochi soldi" le qualità delle loro migliori cuffie. Credetemi, se potete, dovreste ascoltarle. Se siete superficiali, le HE1000 Stealth o le Ananda vi piaceranno subito di più. Ma se avete a cuore innanzitutto la musica e poterla ascoltare a lungo, le qualità neutre e morbide da alto di gamma delle Edition XS dopo il giusto rodaggio vi conquisteranno. Può essere che una parte del merito venga dal front-end che ho utilizzato. Non saprei dire se in single-ended e con un comune ampli-dac cinese da un paio di centinaia di euro le cose sarebbe uguali. Ma ricordatevi che HIFIMAN propone eccellenti DAC R2R capaci di far volare ogni loro cuffia. Giudizio complessivo PRO: buona scelta di compromesso sotto l'aspetto tecnico mantengono la sostanza (magneti e diaframmi) rapporto prezzo qualità insuperabile per le planari suono neutro, caldo, avvolgente sembrano diffusori acustici in un ambiente ben trattato nessuna gamma in evidenza, elevano di qualità ogni traccia audio di ogni genere sia CONTRO: non impressionano al primo ascolto, devono essere capite; altri modelli saranno certamente più immediati. Non rimandatele indietro al primo ascolto da valorizzare con un DAC R2R e una discreta riserva di potenza non impressionanti sul piano estetico ma comunque ben costruite
  16. Insieme alla Nikon Z6 messami a disposizione grazie al distributore italiano per Nikon, ho avuto la possibilità di sottoporre ad una prova su...mirrorless anche il neonato Nikkor 35/1,8 S ossia il primo grandangolare fisso per Nikon Z, caratterizzato da uno schema ottico di 11 lenti in 9 gruppi relativamente leggero (370g) lungo 8,6cm e largo 7,3 (diametro filtri da 62mm), paraluce a baionetta a petalo, angolo di campo da 63,5° e diaframma a 9 lamelle, nato per essere usato insieme allo stabilizzatore interno delle Nikon Z, con cui sfruttare la possibilità di utilizzo a mano libera in luce disponibile, grazie anche alle potenzialità già sperimentate con la Z6 di questo test agli alti ISO. Austero, come anche gli altri due Nikkor S fin qui presentati, ben costruito e dotato di una serie di O-ring per renderlo resistenze alle intemperie dotato di motore AF stepper, come la più recente produzione ottica Nikon di peso leggero, trattamento antiriflesso ai Nanocristalli e, naturalmente, diaframma elettromagnetico, solo di selettore AF-MF, moderna contattiera posteriore a 11 contatti dorati e ben integrati nella flangia posteriore, montato sulla Z6 non risulta ingombrante, ma perfettamente dimensionato ampia la ghiera di messa a fuoco, mai probabilmente utilizzata nel migliaio di scatti effettuati con questo obiettivo, manca però la finestrella delle distanze (messa a fuoco minima a 25cm) indice questo della classe di appartenenza nel futuro catalogo delle ottiche NIkkorZ nonostante un prezzo non certo da entry level, attorno ai 900 euro... Ho utilizzato il Nikkor 35/1,8 S in varie condizioni in esterni, sia per realizzare le fotografie con le quali ho poi redatto l'articolo sulla Z6, sia perchè tra le focali wide contenute, quella dei 35mm mi è particolarmente congeniale, ad esempio quando decido di andare in giro con un solo obiettivo per fotografare senza una particolare destinazione. Ho realizzato quindi anche le immagini per l'articolo sul focus stacking, delle quali la foto sopra era una del block, con cui ho poi ottenuto questo stack derivando essere un campione di versatilità cromatica in tutte le condizioni di illuminazione in esterni specie giocando con le potenzialità dei profili colore della Z6 con la quale mi sono proprio divertito i colori forti si legano a meraviglia con le potenzialità di questo obiettivo, brillante e definito anche tenue e delicato sia on-camera (o in postproduzione) quando ciò necessiti crop assolutamente definito, principalmente con i profili monocromatici in dotazione alla Z6 fino all'estremizzazione del concetto 😇 Forte del fatto del suo diaframma più luminoso, questo obiettivo si tende ad usarlo sempre attorno a TA ma fino a f/4 manifesta uno stacco deciso tra primo piano e sfondo e il diaframma a 9 lamelle mostra un bokeh interessante f/2 - f/4 - f/16 (mi piacciono i valori interi) chiaramente la definizione aumenta diaframmando tanto quanto in controluce diretto reagisce meglio ai diaframmi più chiusi In available light si fa forte della sua luminosità facendosi bastare ISO medi (entrambe a 400 ISO) Da questa immagine viene però in argomento quella che ritengo essere il peggior difetto di questo, per il resto ineccepibile, grandangolare, ossia una forte vignettatura che lo accompagna da TA (dove ce ne potremmo aspettare) fino a f/4 incluso, in maniera progressivamente molto evidente (scatti eseguiti ad un pannello da 70x50cm a un metro di distanza: i cerchi misurano 12cm di diametro) la correzione su Capture NX-D probabilmente rimetterà a posto le cose, ma chi utilizzi altri software dovrà aspettare prima l'aggiornamento al profilo di questa ottica. Anche il suo utilizzo in luce mista lo caratterizza per essere un classico obiettivo da street, così come da ritratto a figura intera o in piano americano, ambientato, come ho avuto occasione di realizzare unica luce, dura e contrastata, messa a fuoco sul rosso delle labbra a f/5,6 (la seconda è il crop) Luce continua dai pannelli a neon: f/2 ISO 5000 Qui invece in luce ambiente a 25.600 ISO, nonostante il rumore digitale (apprezzabilissimo della Z6) l'obiettivo non perde ancora vigore Flash diretto, f/3,2 ISO 100: al meglio delle possibilità di tutti e tre (obiettivo, soggetto e ...me) Direi che questo primo wide Nikkor S debba essere tenuto nella giusta considerazione da molti fotografi: principalmente quelli per cui gli obiettivi cominciano dai mediotele, al di sotto dei quali il massimo verso cui possano spingersi sono questi angoli di campo. Personalmente sono rimasto parecchio soddisfatto per la maneggevolezza e la definizione sul soggetto a tutti i diaframmi, anche quelli più chiusi ai quali mi sarei aspettato molta più diffrazione (che non ho mai incontrato) e qualcosa in termine di color fringings dei quali ho trovato scarse tracce anche nelle peggiori delle condizioni auspicabili (come in questo crop 3,5x) Distorsione contenuta (basta guardare le immagini del pannello più sopra), ma vignettatura consistente e immanente a tutte le aperture più interessanti per le quali quest'ottica si voglia acquistare Ciò non condizionerà l'acquisto di chi non intenda utilizzarlo per la...riproduzione di originali, in quanto, come ritengo traspaia dalle immagini di questo articolo, in esterni, in assenza di superfici omogenee di sfondo, non costituirà un problema: nella fotografia di ritratto poi, può essere oggi considerato forse un valore aggiunto, ricercato da molti fotografi che talora la inseriscono in postproduzione. Volete mettere poi l'espressione del mio amico Nunzio, divulgatore per Sony, costretto a posare davanti a una Nikon Z con la sua Pleistascion tra le mani? ...per tutto il resto c'è... Max Aquila photo (C) per NikonZetaland 2018
  17. Non è un segreto per nessuno. Attendiamo nel corso dei prossimi mesi la nuova Nikon Z6 III. E' stato anticipato da tutti i siti di rumors del mondo. Dopo tanti tuoni, verrà prima o poi la pioggia. La Z6 III porterà, come da promessa Nikon ufficializzata più volte, la tecnologia Z9 nella gamma media delle fotocamere Nikon Z. Avrà quindi un processore Expeed 7 con le sue librerie autofocus basate sul riconoscimento dei soggetti e il tracking realtime. Probabilmente avrà un sensore aggiornato, video 4K60p pieno formato, raffica più rapida e in generale prestazioni superiori alla Z6 II. E ci mancherebbe altro, visto che la Z6 II è stata presentata quasi 4 anni fa, nella seconda metà del 2020 e che lei stessa, nella sua architettura, riprende in gran parte le caratteristiche della precedente Z6 del luglio 2018. Naturalmente sei anni non sono passati invano e la tecnologia Nikon più avanzata adesso offre la Nikon Z9 e la Z8 che ne ricalca per la maggior parte le caratteristiche. Ma anche la Nikon Zf, nel suo piccolo ... pur mantenendo lo stesso sensore della Z6/Z6 II riprende in parte le funzionalità di Z8 e Z9. Quindi ha senso parlare di Nikon Z6 e Nikon Z6 II nel 2024 come nuovo acquisto nel 2024 ? A nostro avviso si, perché non tutti i fotografi necessitano di un autofocus allo stato dell'arte, di raffiche fino a 120 frame al secondo, di video 8K e di prestazioni esasperate in ogni campo. Z8 e Z9 rappresentano la punta di diamante dell'offerta fotografica (mirrorless e non solo) di oggi e la Zf, al di là dell'aspetto che ricalca le reflex dei primi anni '80, ne riprende in parte le possibilità tecnologiche. Ma, appunto, per chi fa fotografia ragionata a soggetti immobili o cooperativi, molte delle capacità dell'ultima generazione sono esagerate. Esagerazioni che hanno un prezzo, perché, anche trascurando la Z9, la Nikon Z8 ha costi di accesso inaccettabili per molti fotografi. La Z6 III molto probabilmente si posizionerà ben al di là dello street-price attuale della Z6/Z6 II (rendendone il costo complessivo impegnativo per molti, e anche li, con prestazioni, spesso esuberanti per le necessità effettive). Mentre la Nikon Zf, bellissima e potente, deve piacere. Ma quel fascino vintage in fondo ha successo ma non presso tutti. Insomma, se non siete fotografi animalieri e non fate sport a tempo pieno ma vi dedicate a fotografia da ... fotografo della domenica (nulla di offensivo, intendendo con questo il normale hobby della fotografia che si pratica durante il tempo libero, non come sfogo principale ed elettivo delle proprie passioni), una Nikon Z6 II potrebbe bastarvi. E con il risparmio conseguito (rispetto all'acquisto di una Z8, di una Zf, di una ... Z6 III ... !) potreste anche concedervi quell'obiettivo in più che vi renderebbe più felici della raffica a 30 frame al secondo o del video 4K full-frame. Per tacere del video 8K, indispensabile proprio solo per pochi. La Nikon Z6 II, body, ha un corpo del tutto analogo alla Nikon Z6 da cui si discosta solo per piccoli dettagli esteriormente. presenta un corpo maneggevole, né troppo piccolo, né troppo grande. ha un bel display articolato, non a prova di attacco nucleare come quello della Z8 e nemmeno del tutto articolato come quello della Zf ma comunque bello e ben fruibile. ha, eventualmente, gli attacchi interni per l'innesto del battery-grip opzionale che la rendono più comoda da utilizzare con obiettivi importanti e ne raddoppiano l'autonomia con le due batterie ma soprattutto si appoggia ad un sensore che, seppure non velocissimo e abbastanza soggetto ai fenomeni di rolling-shutter quando usato in modalità tutto "elettronico", vanta ottime doti di dinamica. In più, ha una tenuta spesso sorprendente agli alti ISO, come dimostrato in più articoli, anche ultimamente. lo scatto qui sopra è ripreso con li sensore della Nikon Z6/Z6 II/D780, trattato con Lightroom. E' uno scatto a 51200 ISO. Ma sembrerebbe una qualsiasi ripresa a 200-400 ISO, non vi sembra ? e questo qui sopra invece è ripreso a 12800 ISO. Ma passerebbe indenne il processo per la stampa in grande formato. Qui possiamo vantare un utilizzo pieno in molti generi per un totale di oltre 200.000 scatti con le varie Z6/Z6 II che abbiamo avuto a disposizione. Se abbiamo trovato un limite è nella capacità di seguire soggetti che si muovono ad alta velocità nella raffica ad alta risoluzione. Perché la Z6, come la Z7, olre i 5 frame per secondo, commuta la visione a mirino in una sorta di moviola che non è più realtime ma è un intercalare di immagini statiche riprese l'attimo prima. Con il risultato che quello che si vede non ha esatta correlazione temporale con la realtà. Cosa che impedisce di seguire con puntualità l'azione. Ma se non fate azione e non usate la raffica, non ve ne accorgerete mai. Così come non vi farà un baffo il fatto di avere l'otturatore meccanico. Se non siete fotografi da milioni di scatti, un otturatore pensato per fare 200.000 scatti vi durerà per sempre ! Sbaglierebbe chi pensa che i suoi 24 megapixel siano un limite. Nella realtà 24 megapixel sono più che sufficienti - anzi - di più, per la maggior parte degli usi. Come abbiamo modestamente cercato di dimostrare in un recente editoriale : Di quanti megapixel abbiamo realmente bisogno nel 2024 ? Potendo in ogni momento, intervenire via software/AI, per - qualora servisse - quadruplicarli fino a 96 pixel e senza bisogno del pixel shift, senza muoverci da Lightroom/Photoshop : Il Migliora Immagine di Adobe : I - Super Resolution (ingrandimento immagini) In questo esempio, lo scatto del sensore da 24 megapixel della Z6, portato a 96 megapixel con Lightroom e la sua intelligenza artificiale : basterebbe per stampare in formato poster, o anche 240x160cm a parete. Ma nella realtà è solo il crop di un volto ripreso da una figura ambientata, portato ad risoluzione quadrupla e stampabile in grande formato ! Insomma, abbiamo visto i suoi limiti, evidenziato i suoi pregi, vediamola a confronto con le altre soluzioni Nikon. Con la Nikon Z8 non condivide nulla se non il marchio Nikon. La Nikon Z8 è una macchina professionale ad alte prestazioni, pensata per assecondare ogni necessità del suo proprietario. Ma è più grossa, più pesante, più costosa. Molto più costosa. Richiede ottiche più pregiate, perché la Z6 con il suo 24-70/4 va benissimo. Mentre per la Z8 ci vuole, al minimo, il più costoso e ingombrante 24-120/4. lato prestazioni non ci sono paragoni. Ma se uno di voi interessati a questo confronto punta sulle prestazioni, può anche smettere di leggere. La Nikon Z8 vincerà sempre. Però, siate sinceri, siete sicuri che vi servano quelle potenzialità ? Se è così preparatevi a spendere i 5.549 euro necessari per avere la Z8 con il 24-120/4 (in questo momento scontati di 700 euro per una campagna in corso). Per la Z6 II con il 24-70/4 ne basteranno 2.499. E se preferireste il 24-120/4 al posto del più piccolo obiettivo dato in kit standard con la Z6, l'offerta è pari a € 2.749. Insomma, circa la metà di risparmio che possono andare in un bel grandangolare o in un bel teleobiettivo, a seconda di cosa vi piace fotografare di più. Naturalmente la Z8 offre comandi professionali, mirino tondo, tenuta per migliaia e migliaia e migliaia di scatti continui (non ha parti meccaniche che si possono usurare, come ad esempio, l'otturatore meccanico) la differente architettura tra Z8 e Z6 è evidente. Una è una macchina realmente professionale, l'altra viene definita prosumer, né professionale né consumer, insomma, una via di mezzo. Ma per un fotografo senza pretese professionali e senza un corredo professionale il solo corpo non farebbe differenza, salvo impegnare buona parte del budget disponibile a discapito delle ottiche, più importanti per il risultato complessivo. Con la Nikon Zf le differenze sembrano più estetiche. Nella realtà le due macchine condividono solo il sensore, che è esattamente lo stesso 24 megapixel CMOS impiegato anche su D780 e Z6 prima serie. ma l'architettura è ancora più diversa. La Zf si rifà alle reflex Nikon dei primi anni '80 (ad esempio FM2 o FE2, o anche, più recente, FM3a) e andrebbe usata regolando i quadranti anziché le ghiere. mentre la Z6 II è una macchina di impostazione moderna. La Z6 è più ergonomica, più compatta, più leggera. Utilizza schede di memoria di tipo CFexpress insieme alle comuni SD. La Zf ha uno strano miscuglio di SD e microSD. certo la Zf è più raffinata, più affascinante. Anche più prestante, perché ha un processore 10 volte più veloce di quello della Z6. Che le permette un autofocus simile a quello di Z8 e Z9. Ma la qualità d'immagine (e del video) é del tutto sovrapponibile a quella della Z6. Quindi a meno che non abbiate necessità di un autofocus evoluto e non siate attratti dall'aspetto e dalle funzionalità vintage della Zf, con la Z6 farete le stesse identiche fotografie. La Zf è un modello più recente, oggi non è scontata, quindi costa di più. Peraltro non ha una gamma di obiettivi pensata per lei. Mentre la Z6 si trova a suo agio con ogni Nikkor Z e con ogni Nikkor F via Nikon FTZ. Naturalmente se siete affascinati dalle top model degli anni '80 sceglierete la Zf. Ma la Z6 II resta una scelta razionale. E la Nikon Z6 di prima serie ? C'è un mare di usato a prezzi di ogni genere, di macchine usate e come nuove. E spesso si trovano anche fondi di magazzino, realmente nuovi. La Z6 condivide quasi tutto con la Z6 II, salvo pochi dettagli. I tre più importanti, sono interni. La Z6 II ha due processori Expeed 6, che si dividono il carico tra loro. La Z6 ne ha solo uno. Questo ha consentito alla Z6 II di offrire all'utente il video 4k60P (seppure in formato DX) cosa che alla Z6 I è preclusa. La Z6 II ha anche un buffer leggermente maggiorato. Ma soprattutto la Z6 II ha due slot di memoria uno per XQD/CFexpress e uno per SD, mentre la Z6 ha solo lo slot per XQD/CFexpress. Quando non si ricercano prestazioni, fateci essere onesti, le CFexpress sono un lusso inutile. Le SD, al netto della loro struttura più fragile, vanno bene ugualmente ed hanno il pregio di essere più economiche e più facilmente interfacciabili. Infine, ultima differenza eclatante - perchè una Z6 I e una Z6 II si distinguono a stento sul piano estetico - è il differente battery-grip disponibile. la Nikon Z6 II ha un vero battery-grip con impugnatura ergonomica e comandi verticali duplicati la Nikon Z6 invece si deve contentare di un semplice battery-pack che contiene due batterie ma nessun comandi di scatto. Ma, in estrema sintesi, se queste peculiarità non vi interessano per il vostro stile fotografico, Nikon Z6 e Nikon Z6 II faranno foto perfettamente identiche tra loro. Come saranno identiche alle foto fatte con la Nikon Zf o la reflex Nikon D780 che condivide sensore e processore con la Nikon Z6 e rappresenta l'estremo ponte di collegamento tra reflex Nikon e mirrorless Nikon Z. Quindi, concludendo ? Bisogna fare l'identikit del fotografo, prima di decidere quale fotocamera sia meglio comperare. Se si fa fotografia d'azione, sport o wildlife in movimento, allora il nostro consiglio è puntare alla Nikon Z8 (se non alla Z9). Oppure attendere la Nikon Z6 III che forse offrirà prestazioni di quel genere, in un corpo compatto ed a prezzo più abbordabile (ma comunque ampiamente più costoso della Z6 II). Se invece la propria fotografia non prevede la necessità di riconoscimento in tempo reale e tracking del soggetto, raffica per inseguimenti ad alta velocità, video sofisticato, una Z6 potrebbe bastare. Il risparmio economico sarebbe solo razionale ed utilizzabile per acquistare altri obiettivi utili per il proprio genere fotografico. La Nikon Zf rappresenta una alternativa. Più che altro per soddisfare aneliti di stile e nostalgico, non necessariamente razionali. Che non ci permettiamo di criticare, perché noi stessi siamo vittima del fascino della Nikon Zf. Perché ogni Nikon Z, in mano al fotografo giusto e con i giusti obiettivi Nikkor Z, farà la sua felicità a prescindere dal nome del modello, dalla targhetta sul suo corpo macchina e dal cartellino del prezzo. Buone scelte ! *** Giudizio finale PRO: compatta e leggera Ben costruita dispone di memorie di tipo avanzato (CFexpress) qualità di immagine elevata (specie lato dinamica e tenuta agli alti ISO) prezzo/prestazioni, specie in promozione o sull'usato, eccezionale rispetto ai modelli nuovi, per chi non necessita delle prestazioni della nuova generazione non richiede il corredo più sofisticato per rendere al meglio (cosa pretesa invece dalla Nikon Z8) a differenza della Nikon Zf, gli obiettivi S di prima generazione sono pensati per lei CONTRO: affetta da artefatti di rolling-shutter quando usata in otturatore elettronico verrà presto avvicendata dal modello Z6 III autofocus di prima generazione che viene da considerare "primitivo" se rapportato agli standard attuali Nikon effetto "moviola" a mirino che perde il tempo reale quando si fotografa alla raffica massima video 4K60p permesso solo nel modello II e solo in formato 1.5x adatta a generi fotografici più posati (ma è un difetto ?)
  18. La domanda sorge spontanea: dopo aver utilizzato per due mesi e più il Viltrox AF 20/2,8 serie Air (obiettivi fissi di piccole dimensioni e privi della ghiera dei diaframmi), ma cosa ne pensi rispetto al tuo Z 20/1,8 che possiedi fin dalla sua uscita nel marzo di quattro anni fa? Dove i relativi test (Nikkor S e Viltrox) non possano determinare "a distanza" un punto di vista soggettivo, ma condivisibile per dare modo ai lettori di Nikonland di formarsene uno proprio, a distanza di un mese dall'articolo sul Viltrox, torno a parlarne per chiarire ogni ragionevole dubbio in proposito. Le differenze che separano i due progetti non sono solo di prezzo (il Viltrox costa 7 volte meno del Nikkor) nè tantomeno di sola luminosità (quella del Nikkor è di uno virgola un terzo di diaframma maggiore) che ne separa le utilità destinando di certo il Viltrox agli usi correnti di un 20mm, mentre il Nikkor a quelli fuori dal comune, proprio grazie alla maggiore disponibilità in available light, (ma sopratutto per la capacità di isolare meglio il soggetto su cui si metta a fuoco, giuoco arduo con un 20mm), quanto per la effettiva differenza dimensionale che fa del Viltrox un obiettivo compatto e da portarsi sempre appresso, mentre limita la scelta per il Nikkor a quelle occasioni nelle quali si sappia con certezza che sia quello e non altri l'obiettivo che assumerà il ruolo di protagonista sulla scena. una bella differenza quella dimensionale e di peso tra i due... Esteticamente invece sembra che Viltrox abbia voluto fare assomigliare questa sua serie economica a quella standard di Nikon, formata da tutta la serie dei fissi f/1,8 usciti nei primi tre anni dalla presentazione della linea Z mount Una differenza sostanziale, ovviamente, quella della presa usb-c per consentire al Viltrox futuri aggionamenti fw, che non dubitiamo seguiranno a ruota quelli sostanziali delle fotocamere Z, (come già successo di recente): ci mancava solo che potessero essere aggiornati direttamente dal corpo macchina Nikon ! Dei difettucci veniali del Viltrox, ho già detto nell'articolo che lo riguarda: distorsione palese sui riferimenti retti a distanza ravvicinata e una marcata vignettatura, non solamente a tutta apertura: tutto facilmente correggibile in postproduzione (non godendo degli automatismi di correzione hw propri delle ottiche Nikkor) Ma una volta corretti questi difetti, quali differenze possono determinare alla scelta chi del diaframma e 1/3 in più di luminosità del Nikkor Z...non se ne faccia proprio nulla, perchè con i suoi 20mm fotografa...come si fotografa perlopiù con un wide di questo angolo di campo, ossia a diaframma chiuso e magari anche senza inquadrare dal mirino, ma dal monitor ad altezza dello stomaco? In questi due mesi di compresenza dei due 20mm nella mia borsa, ho scattato diverse volte con la stessa inquadratura, vicendevolmente coi due. Mi sono fatto l'idea che al netto dei pregi e difetti estremi, non ci sia poi una differenza eclatante di qualità tra questi obiettivi così differenti, già a partire dagli schemi ottici, molto particolari Nikkor viltrox nikkor viltrox nikkor viltrox anche nelle condizioni più estreme di controluce, con il sole dritto in inquadratura e con diaframmi medio-chiuso : nikkor viltrox oppure con esposimetro spot* che chiude drasticamente le ombre, proteggendo le alte luci nikkor viltrox (pur con il solito carico suppletivo di vignettatura del secondo...) Ed anche in condizioni di luce uniforme e diffusa e con diaframma decisamente chiusi nikkor viltrox ...oppure con diaframmi medi nikkor viltrox così pure con diaframmi aperti (TA per il Viltrox) nikkor viltrox ciò che noto è una certa predisposizione del Nikkor ad aprire meglio del Viltrox sulle trame di soggetti contrastati e ripetitivi, risolvendoli chiaramente meglio del cinese, anche in virtù della differente classe di appartenenza, sopratutto quando siano a TA entrambi come nelle due foto di seguito (quindi il Nikkor a f/1,8) nikkor viltrox a maggior ragione, chiudendo il Nikkor all'apertura maggiore del Viltrox nikkor viltrox realizzando differenze ben poco percettibili, se non ad ingrandimenti elevati, qui non consentiti, evidenziabili su grandi formati di stampa. Lasciando inalterate in una normale visione dei files ed in una versatile gestione di contrasto e saturazione, il piacere dell'utilizzo di un angolo di campo davvero esteso, con il quale divertirsi anche ad esagerare, in assenza di dogmi interpretativi. nikkor viltrox nikkor viltrox In fondo un supergrandangolare serve anche a questo e non certamente ad inscatolarsi dentro canoni aulici di ripresa. L'acquirente del Viltrox AF 20/2,8 si divertirà a giocare con un obiettivo che gli è costato poco più di un euro al grammo e non gli impedirà di realizzare immagini molto più corrette e nitide di qualunque altro 20mm f/2,8 fabbricato per Nikon da qualsiasi altro produttore, prima di questo Mentre l'acquirente del Nikkor Z 20/1,8S sarà una persona che non arriva per caso a questo obiettivo di questa luminosità, perchè se ne servirà per le sue riprese di architettura dove troverà un file già perfetto in partenza, scevro da distorsioni curvilinee anche già scattando in jpg e sopratutto in grado di isolare il soggetto su cui ha effettuato la messa a fuoco, in una misura che il Viltrox mai potrà permettere con un livello di nitidezza adeguato alle aspettative del suo proprietario Certamente...le Nikon di elezione per il Nikkor Z 20/1,8S sono le Z9 e Z8, così come una Z7/II dotata di BG, necessario per controbilanciare peso e lunghezza di un fisso che lascia meno di un cm ad uno zoom come il 24-120 (quando li ho accanto capovolti, spesso li scambio per errore) Mentre la gioia di non sentire il peso di un obiettivo come il Viltrox AF 20/2.8 davanti ad una Zf oppure ad una Z 5,6,7 e magari anche davanti ad una DX facendo la tara al taglio di formato indegno della qualità di questo piccolo, ma ottimo obiettivo, è impagabile anche per chi possegga il Nikkor S. Soluzione? Se aveste una Z9 ed una Zf (o una Z5,6,7) comprateli entrambi e scegliete con quale uscire di volta in volta ! Max Aquila photo per Nikonland 2024
  19. pagina delle caratteristiche dal sito del distributore Playstereo.com Versione riveduta e aggiornata dell'apprezzata HIFIMAN Ananda. Che incorpora i nuovi magneti stealth e il diaframma ultrasottile e si ripresenta con un nuovo look, tutto argento, per differenziarsi meglio da altri modelli della gamma. Nella prima versione si trattava sostanzialmente di una alternativa economica alle più prestigiose Arya, molto distanti dalle HE1000, di cui questa nuova versione ricalca un pò il look. il marchietto ANANDA NANO caratterizza l'arco di queste cuffie. che riprendono la forma del padiglione e anche la struttura dalle cuffie superiori. Ma con un pizzico di attenzione al risparmio nel sistema di articolazione dell'arco che di fatto impedisce ai padiglioni di seguire la forma della testa con leggerezza. Questo, unito ad una pressione piuttosto importante e ad una banda superiore - bella - piuttosto rigida, sulle prime non rende queste cuffie molto comode, almeno sulla mia testa. Allungando la corsa regolabile la pressione si attenua ma restano puntate sulla parte bassa. Non escludo che col tempo si adeguino alla forma della testa. In genere bisogna avere pazienza su questi versanti. Ma comunque Audivina (un guanto !), Arya e HE1000 restano di una categoria a se per quanto riguarda la comodità in testa. Detto questo, è tutto piuttosto solido e di qualità. I cuscinetti sono ottimi, morbidi (forse troppo), ben consistenti e aderenti. Anche la banda sembra superiore per consistenza a quella delle Arya. padiglioni e cuscinetti, approvati per fattura e consistenza. come la griglia di protezione, molto bella e resistente. La spugna interna praticamente nasconde del tutto i diaframmi, invisibili all'occhio e ben protetti. Nel complesso io le definisco molto belle. Non aggraziate come Arya e HE1000 ma siamo chiaramente in quella fascia di estetica e concretezza. *** Le cuffie hanno il classico spinotto da 3.5mm che le rendono compatibili con ogni cavo adatto a tutte le altre HIFIMAN di nuova generazione. Per cui le ho utilizzate con il miglior cavo che ho in caso, sull'integrato HIFIMAN R-27HE. L'impedenza da 14 Ohm anche se la sensibilità è medio-bassa, garantisce un carico facile ed elevata capacità di erogazione di corrente da parte dell'amplificatore. Io potrei scaricare decine di watt ma con il controllo di volume a meno della metà suonano già forte. Diamo un'occhiata alla risposta in frequenza. che è già all'origine decisamente molto corretta e lineare. Quasi una riga con una variazione inudibile fino a 3000 Hz. Dopo di che ci sono le solite oscillazioni in alta frequenza. Io fino a li non ci arrivi e nemmeno ci arriva la mia musica. Mentre la promessa di un basso e medio basso molto autorevole mi sembrano un buon viatico per queste cuffie, dopo le stranezze dei due modelli chiusi appena provati sul nostro sito. Ebbene, alla prova dei fatti, l'ascolto è di gran lunga il più soddisfacente che mi è capitato negli ultimi anni. Il basso è pieno, corposo, autorevole e punchy. Il medio basso risponde con la stessa velocità e autorevolezza. Il medio è pulito e chiaro. Nel complesso le definirei cuffie dal suono chiaro ma senza che nessuna gamma sai oscurata o prevaricata da quella alta che è si frizzante ma senza sibilanti o fastidiose esagerazioni. Neutre e concrete, sin dalla prima nota. Che sia jazz o heavy metal, sinfonico o barocco. Sono cuffie adatte a tutti i generi e a tutti gli ascolti. In particolare la voce femminile jazz con accompagnamento ritmico veloce. Ma non solo, il violino, il coro. cuffie autorevoli, dal suono pieno e piacevole, capaci di offrire un grande e notevole palcoscenico (senza pretese impossibili) con una buona evidenza di quanto in primo piano ma senza che scompaiano gli strumenti secondari. dire che la concretezza traspare dalla fattura. Così i miei dischi selezionati per i test si alternano veloci tra loro. Il suono resta chiaro e cristallino, ma questa è una firma del marchio, non di queste cuffie. Che invece si pongono esattamente nella mediana tra gli altri modelli, prendendo il meglio da tutti gli altri. Moderno, antico, complesso, semplice, senza differenze di interpretazione. Come se fossero cuffie di riferimento. Che al prezzo di € 559 è il complimento migliore che mi viene da fare. Naturalmente Arya, HE1000 Stealth e HE1000 SE sono li per offrire ancora più forza, ancora più dettaglio, ancora più analiticità, ancora - chi più, chi meno - effetto WOW. Che comunque a queste ANANDA NANO non difetta. Quasi che avessero preso, crescendo, tutto il meglio delle HE1000 senza alcuni eccessi sulle alte frequenza che non mi hanno troppo appassionato. Cuffie perfette insomma, con le sole riserve sull'indossabilità e comodità indotte da quel meccanismo di articolazione rigido e una certa inerzia nel copiare il profilo della mia testa. Forse non sarà così per tutti, ma per me, sulle prime, sono risultate non comodissime. Sul suono invece non ho riserve. E penso che con il tempo diventeranno ancora più piacevoli e naturali. Senza voler usare troppe iperboli, tra le HIFIMAN che ho provato sinora, sono le migliori per equilibrio, risposta e rapporto prezzo/prestazioni. Provatele un pò anche voi se potete. Non credo che le rimanderete indietro ! Giudizio complessivo PRO: belle e consistenti sia per materiali che per estetica fanno il verso non troppo velatamente alle HIFIMAN HE1000, come se fosse una sorta di loro manifesto di intenti facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) come per tutte le magnetoplanari, sempre poco sensibili coinvolgenti ed emozionanti hanno un basso perfetto, un medio corretto e una gamma alta mai invadenti il fronte sonoro è decentemente esteso (ma condensato sulla vostra testa, non fatevi troppe illusioni, cuffie sono !) rapporto prezzo / prestazioni eccezionale. Per delle planari non si può avere nulla di simile a questo prezzo ! CONTRO: scomode, l'articolazione dei padiglioni è modesta e la pressione sulla mia testa (non so sulla vostra) è elevata, spero che nel tempo si allentino perché così le posso tenere in testa per non troppe ore la dotazione è al solito scarna (solo il cavetto single ended); per farle suonare come le ho sentite io rischierete di spendere molto per il cavo come le planari in generale, richiedono un buon front-end per dare il meglio di loro (ma questo non è certo demerito loro !) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com
  20. Dall'ultima guida dell'agosto 2019 non è successo moltissimo in campo reflex da parte di Nikon e, nella realtà, nemmeno altri marchi hanno mostrato particolare attività. Abbiamo una certa convinzione che il tempo delle reflex, almeno per quanto riguarda la proposta di nuovi modelli - corpi macchina e obiettivi - sia tramontata. Oggi tutti i produttori spingono tutta la ricerca sulle mirrorless. Per quanto riguarda Nikon, riteniamo che ancora oggi, sebbene ci siano 11 fotocamere a catalogo, sia per gli obiettivi e per l'autofocus a rilevazione di fase che va esplorata l'opportunità del passaggio. I Nikkor Z, sfruttano il tiraggio ridotto e la gola particolarmente larga per sfruttare schemi ottici avanzati a tutto vantaggio delle qualità ottiche. E anche sul piano dell'integrazione software-ottica sono stati fatti passi da gigante. Di fatto, nella maggior parte dei casi, difetti come la vignettatura e l'aberrazione cromatica sono cose del passato. Persino la distorsione viene controllata, qualche volta non senza compromessi importanti, e praticamente azzerata. In più abbiamo ottiche che per le reflex semplicemente non sono mai esistite, oppure su Nikon sono solo state un sogno. Crediamo che difficilmente si vedranno nuovi obiettivi Nikon F. Mentre tecnicamente è impossibile utilizzare gli obiettivi Z su Nikon F. *** Pur con queste premesse, è inutile girare attorno a quello che è il freno principale dell'eventuale passaggio : il costo complessivo. Praticamente - il discorso vale non solo per Nikon - è quasi come passare ad un altro marchio. Anche se sappiamo che qualcuno detesta i mirini elettronici, preferendo la più naturale visione del pentaprisma. Ma è probabile che questi siano la minoranza. Si deve scegliere il corpo giusto e poi contentarsi di adattare i propri obiettivi se sono compatibili. Per poi capire che solo con i Nikkor Z le Nikon Z danno il massimo ... per i soldi che sono costate. Per questo, quando un fotografo dispone già degli obiettivi adatti ai generi che pratica, é economicamente preferibile rimanere nel mondo reflex. Magari permettendosi qualche aggiunta sfiziosa che un tempo si poteva solo sognare. In questa guida, che vuole solo essere una rivisitazione della precedente, vorremmo solo puntualizzare quali siano le opportunità ma anche i limiti di una strategia del genere. Il limite principale è quello di rimanere e di rischiare di rimanere per sempre o molto a lungo (perché più va avanti il tempo, il mercato del materiale reflex si deprezza) con le reflex e i loro problemi. Che sostanzialmente sono legati all'autofocus : in particolare la concentrazione dei punti di messa a fuoco in centro e la necessità, spesso e volentieri, di dover registrare la messa a fuoco per compensare eventuali difetti di messa a fuoco dei singoli obiettivi. L'altro problema è l'invecchiamento del materiale, che necessita di manutenzione, registrazione di precisione (lo specchio, il sensore di messa a fuoco non sono eterni ed hanno tolleranze che con il tempo peggiorano e richiedono una messa a punto). Le reflex hanno dispositivi meccanici che le mirrorless hanno abbandonato (Z8 e Z9 non hanno più nemmeno l'otturatore). Quindi riparazioni, magari con ricambi che cominciano a scarseggiare o a mancare. E i costi inerenti. Che per le ammiraglie sono superiori di quelli delle altre macchine. Come lo sono per le automobili di lusso rispetto alle utilitarie. Resta il fatto che però, se uno ha un parco ottiche che lo soddisfa, si trovano molti corpi macchina, sia sul nuovo che sull'usato. Dall'epoca dell'ultima guida all'acquisto sono uscite due sole nuove reflex Nikon. La Nikon D6, che è una evoluzione estrema dell'ammiraglia dedicata allo sport e alla fotografia "senza compromessi". Il suo prezzo è improponibile (€ 7.500 euro nuova, oltre € 5.000 sul poco usato). E' una fotocamera bellissima, quasi perfetta - fatti salvi i limiti di messa a fuoco che già abbiamo detto - ma che ha venduto poco. Sinceramente la trascureremmo, puntando ad un usato sicuro e garantito di una Nikon D5. Se ne trovano intorno ai 3.000 euro. La Nikon D5 è una macchina estremamente capace, con il solo limite di avere una base ISO piazzata intorno ai 1600 ISO e di avere quindi una dinamica "addomesticata" alle sensibilità inferiori. La D5 è abbastanza recente da essere compatibile con memorie e batterie di produzione corrente. E i ricambi sono ampiamente disponibili. Le ammiraglie precedenti non ci sentiamo di raccomandarle. Oltre ad avere oramai una certa età sul groppone - e con un uso professionale potrebbero non essere belle come sembrano - i ricambi cominciano a scarseggiare e possono presentare la necessità di sostituire la batteria (una EN-EL18 costa 200 euro contro i 50 euro di una EN-EL15 compatibile con tutte le altre Nikon), l'otturatore, anche altre parti meccaniche tipo il pulsante di scatto e lo sportellino delle memorie, ed usare schede di memoria in via di estinzione (come Compact Flash oppure XQD di prima generazione). l'altra novità, e forse l'ultima reflex digitale Nikon della storia è un bell'esempio di ibridazione. La Nikon D780, in pratica l'erede della D750, incorpora molta tecnologia mirrorless derivata dalla Z6, a cominciare da processore e sensore. Il sensore è migliore di quello di tutte le altre reflex Nikon e a specchio alzato si comporta come una mirrorless, mettendo a fuoco con la rilevazione di fase direttamente sul sensore principale. E' ancora a listino. Purtroppo è molto costosa. E sull'usato è rara (circa € 1.500). Ma probabilmente sarà la più longeva tra le ultime reflex Nikon. Di tutte le altre reflex Nikon, ci sentiamo di caldeggiare solo la Nikon D850 e la D500. La Nikon D850, che è tra le migliori reflex di tutti i tempi, ha il solo limite di essere un pò scorbutica con la messa a fuoco (richiede la registrazione degli obiettivi non perfetti) e per esprimersi al massimo, pretende di utilizzare obiettivi di fascia altissima. Ovvero gli ultimi Nikkor F serie E e i Sigma Art e Sigma Sport. Si trova ancora nuova a prezzi scontati, oppure usata intorno ai 2.000 euro o poco di più. La Nikon D500 è più "di bocca buona" ma probabilmente oramai risente dell'età (2016). Ha il vantaggio di essere disponibile facilmente e a prezzi accessibili (appena sopra i 1000 euro). una buona alternativa alla D500 può essere la Nikon D7500. A noi è piaciuta, è ancora a listino sul nuovo, condivide il sensore con la D500 (e con Z50/Z30/Zfc). Costa meno di 1200 euro sul nuovo e intorno a 850 euro (anche meno) usata. Sarebbe la candidata ideale a sostituire le Nikon D3x00 o Nikon D5x00 ma anche D7000 e D7100. Ma attenzione, sia D500 che D7500, moltiplicheranno per 1.5x la focale dei vostri obiettivi. Tenetene conto ! I test approfonditi di tutte le reflex Nikon citate sono disponibili tra i nostri articoli : qui In tutti i casi raccomandiamo di acquistare usato con una garanzia valida ed effettivamente applicabile. Riparare queste macchine può essere impegnativo, costoso e l'accesso ai laboratori autorizzati qualche volta vincolato alla provenienza della macchina. *** OBIETTIVI DA REFLEX Qui c'è da divertirsi e passarsi ogni capriccio. Un pò é Nikon che sconta i prodotti in magazzino, ma più che altro é chi fa il passaggio a Nikon Z che vende a prezzi interessanti per finanziarsi i nuovi acquisti. Non è difficile oggi trovare un superteleobiettivo da 500 o 600mm a poco più di 5.000 euro. Sigma ha recentemente venduto a 4.000 euro il suo 500mm f/4 Sport, il prezzo corrente dell'usato ... Ma per chi li apprezza, si trovano a meno di 2000 euro i vari 200-400/4. Per non dimenticare i 70-200/2.8, 24-70/2.8 di tutte le serie, oltre a 14-24/2.8 etc. etc. e qualsiasi altra cosa un tempo abbiate desiderato e non vi siete potuti permettere. un Nikkor F 500mm f/4G, da nuovo ci volevano € 9.000, oggi si trova a poco più di 3.000, anche con garanzia di un anno. Anche qui, o soprattutto qui : attenzione alla garanzia. Alcune serie di obiettivi hanno motori SWM fragili che facilmente richiederanno la sostituzione. Operazione che può costare anche 1.000 euro pronta cassa. Su Nikonland ci sono articoli su oltre 100 differenti obiettivi : qui *** Ecco, questa guida voleva essere più che altro una carrellata di consigli per gli acquisti, dettata dal buon senso del "padre di famiglia". Ma ci possono essere centinaia di combinazioni differenti che cambiano in base a dove siete voi e a dove vorreste andare anche a fronte di una particolare "occasione". Nei commenti c'è lo spazio per affrontare ogni caso, se avrete la cortesia di esporcelo. Intanto ... buoni acquisti e buone foto con le vostre amate reflex !
  21. L'ultima guida all'acquisto di Nikonland risale al 2019 ed era incentrata su reflex ed obiettivi per reflex e solo una presenza marginale di materiale Z. Dopo si è aperta la nuova fase delle mirrorless che ancora si sta sviluppando. Riteniamo però che sia già sufficiente per scrivere una nuova guida che contempli, in questo articolo, una scelta ragionata dei corpi macchina, sono già 11 quelli sul mercato. Per poi dedicarci ad un approfondimento sugli obiettivi. Su Nikonland abbiamo avuto la fortuna di avere a disposizione (quasi) tutto ciò che Nikon ha presentato nel mondo Z. Vi invitiamo a leggere gli articoli e i test approfonditi (sono un centinaio) in questa sezione dell'area editoriale. *** Nikon Z, la scelta del corpo macchina. Potremmo anche sbrigarci in un attimo, indicando la Nikon Z8 come la macchina ideale per tutti. Ma non saremmo giusti, perché sebbene fantastica, la Z8 non è indispensabile a tutti. Dipende dalle esigenze effettive. Possiamo però fare un appunto introduttivo in linea generale. Possiamo considerare già obsolete le Nikon Z che non prevedono la porta USB-C come via di comunicazione e di ricarica della batteria. Insieme a quelle che non hanno il processore Expeed 7 (praticamente tutte, tranne Nikon Z9, Z8 e Zf). Ciò però non significa che chi possiede una di queste fotocamere e la usi con profitto debba smettere di usarla né che, a condizioni particolari di acquisto, un fotografo debba trascurare una buona opportunità. Purché sappia cosa sta acquistando in base a ciò che gli serve. Ultima osservazione di carattere generale. Se è vero che il corpo macchina è importante, è ancora più importante metabolizzare il concetto che Nikon Z significa principalmente quel nuovo bocchettone (il più ampio e quello col tiraggio più corto del mercato) su cui Nikon sta progettando i nuovi obiettivi. I veri protagonisti della nuova generazione, per cui le fotocamere rappresentano lo sfogo effettivo. Solo la combinazione Nikon Z + Nikkor Z consente la piena esplicitazione delle qualità offerte dalle nostre mirrorless. Piuttosto che usare una combinazione ibrida, tutto sommato una scelta di natura per lo più economica pensata "al risparmio", tanto vale restare con una splendida reflex come può essere la D850 o come è la D780, per tacere di D5 e D6. E stiamo nominando alcune tra le migliori reflex della storia. A cui purtroppo Nikon non sempre o solo limitatamente ha dato obiettivi degni di loro. Oggi siamo al contrario, con alcuni corpi macchina un pò claudicanti che trovano però supporto da obiettivi che, confrontati con i pari classe da reflex, risultano sempre vincenti e spesso superiori anche a quelli da reflex di categoria superiore. Quindi, si, il corpo macchina è importante ma le ottiche lo sono sempre di più. Infine, il progresso non si ferma. E lo sviluppo è continuo. Per il biennio 2024-2025 ci aspettiamo il lancio di nuove Nikon Z e l'uscita di nuove versione di firmware. In particolare : Nikon Z6 III, nuovo sensore, nuovo processore, prestazioni allo stato dell'arte del suo segmento Nikon Z50 II/Z70, nuovo sensore, nuovo processore, forse stabilizzatore integrato Nikon Z7 III, nuovo sensore, nuovo processore, nuove funzionalità Nikon Z9 II, nuovo processore, sensore aggiornato, prestazioni assolute insieme alle versioni di firmware 2.0 per la Z8 e 5.0 per la Z9 che aggiungano nuove funzionalità alle due macchine di punta. Bene, finita l'introduzione, andiamo al dettaglio. *** a sinistra la Nikon Z8, lanciata nel maggio del 2023, a destra la Nikon Z9, lanciata nell'ottobre 2021 Consideriamo Z9 e Z8 le eredi dirette delle premiate coppie Nikon F5 e Nikon F100 dell'era analogica o Nikon D3 e Nikon D700 dell'era digitale. Offrono il massimo delle performance odierne per Nikon che ha dimostrato di saperle tenere aggiornate anche a livello di sviluppo firmware. Le due macchine condividono buona parte dell'elettronica ed hanno prestazioni quasi coincidenti. Hanno lo stesso sensore, tanto veloce da essere per lo più in grado di azzerare gli effetti del rolling-shutter. Sono le uniche prive di otturatore meccanico, potendo sincronizzare il flash anche senza. Non avendo parti meccaniche, non subiscono usura all'otturatore né necessitano di una sua registrazione periodica. Al di là del differente prezzo, la Z9 va considerata nell'uso di obiettivi grossi ed impegnativi e in ambiti dove conta poter esprimere sempre il massimo del potenziale. La Z8 invece è più abbordabile, per prezzo, peso e volume, potendo funzionare tranquillamente anche senza battery-grip con un fattore di forma non così più impegnativo delle macchine di fascia inferiore. La Z8 paga alla Z9 una minore autonomia, un corpo meno capace di dissipare il calore generato da processore e sensore oltre a qualche dettaglio più o meno importante. L'ergonomia della Z9 è imbattibile. La Z8 è più discreta. La Z9 al momento ha nuove funzionalità aggiunte via firmware (scatto automatico, riconoscimento uccelli) che però ci è stato promesso verranno estese anche alla Z8 ad inizio 2024 (mentre alla Z9 verranno estese funzionalità della Z8 e della Zf che per ora non sono previste nella Z9). Abbiamo un articolo che le confronta dettagliatamente : Nikon Z8 o Nikon Z9 : quale scegliere ? Ma entrambe le macchine andrebbero scelte consapevolmente per lo più da fotografi che richiedano prestazioni, velocità, capacità video allo stato dell'arte, tenuta sul mercato. Hanno caratteristiche professionali che per chi fa foto ragionata in ambienti rilassati sono praticamente tutte superflue. La nostra Nikon Z9 ha accumulato in 18 mesi oltre un milione di scatti e sembra ancora nuova. Le Nikon Z8 passate per il laboratorio sommano circa 250.000 scatti e potrebbero stare in vetrina. Me sappiamo di Z9 e Z8 che in un anno non hanno fatto che poche migliaia di scatti. E alcune sono in vendita sull'usato con 500-600 scatti. Molti meno di quanti ne servano per testare la capacità di una nuova scheda di memoria. Entrambe necessitano di schede di memoria di livello per esprimere il loro potenziale. E fotografi non privi di immaginazione ma, soprattutto, di occasioni fotografiche, perché non passino il più del loro tempo, "sprecate" in vetrina. *** Non troppo a sorpresa, Nikon ha presentato poco più di un mese fa una Z che può essere considerata un ibrido, una sorta di laboratorio sperimentale. la Nikon Zf deve molto del suo appeal all'aspetto che sembra una replica moderna di una reflex a pellicola dei primissimi anni '80 del secolo scorso. Ma dentro quella scocca e sotto a quei quadranti, c'è il sensore della Nikon Z6/Z6 II che offre ancora buone potenzialità, con il processore di Z8 e Z9. Questo è responsabile di funzionalità e prestazioni insospettabili per una semplice fotocamera "vintage", tanto che come autofocus e raffica si mangia la Z6 II a colazione. E in un uso spensierato non fa troppo rimpiangere la Z8. Dove è cedente rispetto alla Z8 e alla Z9 è nel comparto memorie - adeguate alla macchina ma in una strana combinazione tra SD e microSD - e nella relativa vetustà del sensore, ottimo per capacità di dinamica e tenuta al rumore, ma lento nel readout (un ventesimo rispetto a Z8 e Z9) che ha obbligato Nikon a mantenere l'otturatore meccanico e che, se usata in modalità silenziosa, rende le immagini di soggetti in rapido movimento, sensibili agli artefatti indotti dal rolling shutter. La Zf nasce per dare le sensazioni d'uso di un tempo, però manca di ottiche dedicate con l'anello del diaframma funzionante. Ci sono solo due obiettivi - identici a quelli normali - che ne richiamano solo l'estetica. Ma in generale, oltre che bellissima e ottimamente costruita, ha ottime prestazioni e funzionalità anche sovrabbondanti per il fotografo tipo che la "dovrebbe" acquistare. Ne abbiamo parlato in anteprima qui : Nikon Zf : io sono leggenda ! *** Le tre fotocamere che abbiamo già trattato sono quelle più moderne e dotate dell'ultimo processore di immagini Nikon, il responsabile delle migliori prestazioni di autofocus, riconoscimento del soggetto, video evoluto, velocità di raffica. Le successive sono deficitarie in questi comparti e andrebbero considerate dai fotografi che effettivamente, per genere di fotografia praticata o per aspettative generali, non necessitino di quel genere di capacità. Pensando al formato DX, il 24x16mm, Nikon propone una linea di tre fotocamere che sostanzialmente ... sono la stessa macchina proposta in tre allestimenti differenti. Un pò come certe Volkswagen che si trovano negli autosaloni, marchiate anche Seat o Skoda (quando non anche Audi). le tre Nikon in formato DX condividono sensore, processore, batteria, differiscono per aspetto, ergonomia, porte di comunicazione, mirino Delle tre, sinceramente oggi non ci sentiamo più di consigliare la Nikon Z50, tranne che non venga offerta in kit con i due pregevoli zoom dedicati, ad un prezzo inferiore a quello di uno smartphone di fascia media. Pur avendo ancora buone capacità ed essere l'unica ad avere il flash incorporato, non ha la porta USB-C e anche alcuni aspetti a livello firmware sono stati trascurati. E' un pò come se Nikon si fosse dimenticata di lei per dedicarsi agli altri modelli. L'ultima DX proposta, già a metà dell'anno scorso, la Z30 invece, pur nell'assenza di mirino incorporato, presenta il miglior mix di capacità sia in ambito foto che video. E costa il giusto, oltre ad avere una ergonomia infinitamente superiore a quella della più "carina" Zfc che è la prima proposta Nikon di Z con aspetto vintage. Questa ha vinto tutti i concorsi di bellezza, sia nella versione nera che nero e silver e in tutte le possibili combinazioni di pelli colorate. Ma presa in mano a lungo provoca dolori. E come la Zf, manca di ottiche dedicate che consentano di evitare le ghiere del corpo macchina per cambiare il diaframma dell'obiettivo. Nessuna delle tre ha il nuovo autofocus con le librerie di riconoscimento oggetti, salvo il rilevamento dell'occhio di umani e animali (per lo più cani e gatti). Sono da considerare però la porta di ingresso nel mondo Nikon Z, avendo piena compatibilità con ogni obiettivo Nikkor Z. Costano il giusto, sono compatte e leggere. La Z30, in particolare, la più adatta per gite e scampagnate, da tenere in un tascone o in una borsetta minuscola anche quando dotata di un paio di obiettivi. Le ottiche, poche in formato dedicato, sono pregevoli, tutte di gran lunga adeguate alle necessità e superiori a quelle analoghe, offerte da Nikon per le reflex di questa categoria. Insomma, non sono seconde scelte ma vanno prese in considerazione avendo bene a mente cosa si cerca e cosa si ottiene nella scatola. Perché difficilmente potranno essere aggiornate se non con nuovi modelli. Di cui uno, pensiamo, uscirà nel 2024. *** Z6 e Z7 sono le prime Nikon Z presentate oramai 5 anni fa. Poi è arrivata la Z5, modello entry-level per le pieno formato e quindi sono state avvicendate Z6 e Z7 con modelli quasi identici salvo avere un doppio processore e la possibilità di montare un battery-grip con i pulsanti verticali (mentre Z6 e Z7 hanno solo un battery-pack senza comandi di controllo). Il sensore della Z6/Z6 II è originale ed ha buone caratteristiche ma è lento e soggetto a rolling-shutter quando usato in modalità silenziosa. Ha però ottime caratteristiche dinamiche e di tenuta al rumore. Diciamo che è forse il miglior sensore full-frame da 24 megapixel della sua categoria, pur con il limite della relativa lentezza. Il sensore della Z7/Z7 II è quello della Nikon D850 a cui è stata aggiunta la rilevazione di fase sulla matrice di microlenti sopra alla matrice di Bayer. La Z5 ha invece un sensore vecchio - quello della D750 che non ha ancora il dual-gain - ed è limitata in quasi tutte le sue prestazioni. E' nata per offrire un prezzo d'attacco aggressivo che però per noi dovrebbe stare ben al di sotto dei mille euro per essere attraente. Da evitare l'obiettivo in kit Nikkor Z 24-50mm, non perché abbia scarse prestazioni ma per la troppo ridotta escursione focale. la Nikon Z5 e in suoi due slot di memoria di tipo SD a destra, a confronto con la Z6 e il singolo slot XQD/CFexpress La domanda che nasce spontanea, dopo il cappello iniziale non può che essere : vale la pena di pensare ad una Z5-Z6-Z7 a fine 2023 ? In linea di massima ci permetteremmo di rispondere di no, non ci sembra il caso oggi. Se avete atteso fino ad ora, meglio attendere ancora qualche mese in più. Siamo certi che la Z6 verrà avvicendata nella seconda metà del 2024. Forse lo sarà anche la Z7. E le prossime macchine avranno prestazioni e potenzialità tali da renderle "quasi" soluzioni definitive. Ma nemmeno di fronte ad un usato sicuro o ad una offerta che non si può rifiutare ? Qui è d'obbligo il più sonoro dei dipende ! Dipende dalle esigenze del fotografo e se questo non avrà poi a pentirsene quando leggerà le specifiche della prossima generazione che metterà definitivamente fuori mercato la prima. Per fotografia "lenta", paesaggio, foto in studio, still-life, nulla che contempli l'azione, una qualsiasi di queste Nikon Z (e ci permettiamo di dire anche le macchine DX) va meglio delle corrispondenti reflex, specie se usate con gli obiettivi Nikkor Z. Oltre che naturalmente dal budget. Una Z6 a circa 1000 euro può essere un buon affare da tenere magari poi come secondo corpo e intanto allestire un bel corredo. La Z7 invece è sempre stata la Nikon Z con il peggior rapporto prezzo/prestazioni. Andrebbe scelta solo dall'estimatore di quel sensore ... Per la Z5 siamo ancora più scettici. Solo a prezzi molto marginali ma senza poi pentirsene. E la differenza tra Z6 e Z6 II e Z7 e Z7 II ? Non tali da stare troppo a pensarci. Le versioni II hanno aggiunto solo marginali capacità, soprattutto le due schede di memoria, un buffer maggiorato per la Z7, pochi altri dettagli oltre al battery-grip vero di cui abbiamo già detto. Nikon Z6 II e battery-grip per due Nikon EN-EL15b/c con comandi di scatto verticali Nikon Z5 e battery-pack semplice, senza comandi di scatto Salvo che non vi serva il video in formato 4K60p, quello lo offrono solo le versioni II (in full frame la Z7 II e in ritaglio DX la Z6 II). Ma è solo una questione di prezzi in fondo, con un budget ridotto da destinare anche agli obiettivi, allora meglio puntare su una Z6 di prima generazione "usato garantito" e spendere di più sulle ottiche, oppure risparmiare più soldi per la prossima Z6 III che temiamo andrà pericolosamente a sfiorare i 3.000 euro e cominciare a vendere tutto il materiale reflex che abbiamo ancora in casa prima che diventi difficile da "liquidare". State ragionando sul prossimo acquisto e avete ancora dubbi dopo le nostre considerazioni di questo articolo ? Chiedete nei commenti quanto vi rimane oscuro, chiarendo quale sia la vostra situazione attuale e le vostre aspettative. E noi faremo del tutto per aumentare la vostra indecisione confondendovi ancora di più le idee in modo persino più dettagliato !
  22. A metà aprile abbiamo avuto modo di provare la batteria SmallRig, "sostitutiva" della Nikon EN-EL15c che da questo momento chiameremo rispettivamente SmallRig e Originale. Abbiamo verificato le sue capacità e potenzialità, l'abbiamo usata per video e foto. L'abbiamo ricaricata via porta USB-C, via caricabatterie, via fotocamera. Tutto questo con la Nikon Z8. L'unico inconveniente è capitato quando abbiamo provato ad usarla con la Nikon Zf. Questa si è rifiutata di accendersi, pregandoci di inserire una batteria "adatta a quella fotocamera". SmallRig : una batteria clone della Nikon EN-EL15c con ricarica USB-C Ma su Amazon.it, c'è in vendita - in questo momento scontata a €38 - un'alternativa che sembra un clone conforme della SmallRig è marchiata Neewer, produttore molto noto per accessori fotografici di ogni tipo che ultimamente si sta espandendo anche in campo luci e batterie. arriva in un pacchettino di cartone marrone e nel complesso il packaging è più economico di quello della SmallRig. La dotazione comprende un cavetto USB A->C adatto per la ricarica, qualche pagina di manualetto, la batteria stessa e il cappuccio di protezione. all'arrivo è carica circa al 50%. Collegata ad un caricabatterie da 145 Watt con porta PD, imposta la tensione di ricarica sui canonici 5 Volt, assorbendo intorno ai 2 Ampere per quasi 10 Watt di potenza. La carica completa richiede due ore e otto minuti. non manca un comodo led che avvisa dello stato di carica (rosso in carica, verde, carica completata) ricarica completa da completamente scarica. Poco più di due ore di tempo, 3440 mAh e 17,288 mWh (esattamente come da specifiche di targa). il LED verde -> ricarica completata a confronto con la SmallRig le differenze sembrano solo apparenti (il colore della plastica, l'etichetta). Specifiche esattamente identiche, posizione della porta USB-C di ricarica nella stessa posizione. le tre batterie che utilizziamo da oggi con Z8 e Zf (la SmallRig, come detto, solo con la Z8). *** Abbiamo fatto un rapido test di scarica, registrando video 2K con la Z8. La batteria ha retto per circa due ore e 10 minuti. Più o meno in linea con la SmallRig e con l'Originale. La potenza disponibile è all'incirca la stessa. Nell'uso normale, riteniamo che si otterranno rendimenti simili per le tre batterie, se usate nelle stesse condizioni. Ovviamente questa è una rapida anteprima - la batteria è arrivata ieri e la stiamo giusto testando - per questi dispositivi nulla può "sintetizzare" una prova continuata di qualche mese. Specialmente per quanto riguarda la veridicità dello stato di carica residua e l'effettiva tenuta della carica nel tempo : difetti che in passato abbiamo riscontrato sovente in altre batterie compatibili. Per il momento possiamo registrare il fatto che la batteria funziona, è compatibile sia con la Z8 che con la Zf (e possiamo ritenere, pur non potendolo provare effettivamente, che riuscirà ad alimentare anche tutte le Nikon, sia Z che D, precedenti, che utilizzano la EN-EL15). Il prezzo è interessante. In generale, Nikonland consiglia l'acquisto e l'uso di batterie originali. Quelle sostitutive sono spesso soggette a prestazioni inadeguate e sono a rischio di incompatibilità in caso di interventi degli ingegneri Nikon a livello di firmware. Al momento non ci risulta che queste batterie possano usare la porta USB-C per intervenire a livello firmware ma usino la porta solo per il trasporto dell'energia elettrica. Ma diamo tempo al tempo e finirà che le batterie si comporteranno come gli obiettivi e saranno in grado di seguire le evoluzioni del firmware delle fotocamere. Per il momento ci fermiamo qui. Se qualche iscritto ha esperienza con questa o altre batterie sostitutive della Nikon EN-EL15c e vuole condividere con noi il suo pensiero nei commenti, avrà la nostra gratitudine.
  23. Audio-Gd è un marchio cinese di cui abbiamo già avuto modo di parlare spesso su Variazioni Goldberg. La sua anima è il progettista, Kingwa (traslitterazione occidentalizzata), ingegnere formatosi negli Stati Uniti che ha assorbito le logiche progettuali Krell. I suoi progetti sono frutto dell'amore per la musica prima che per le esigenze commerciali. La filosofia di Audio-Gd si basa su un'idea semplice che però, in un'era di miniaturizzazione e di virtualizzazione, pare eretica o rivoluzionaria. Ci sono due aree fondamentali che compongono un apparecchio audio : l'alimentazione e gli stadi finali. Quello che c'è in mezzo è importante ma se non viene messo in condizione di ingerire corrente pulita ed emettere corrente pulita, può essere il migliore del mondo ma non si sentirà la differenza tra un prodotto da $200 e uno da $20.000 Quindi alimentatori sovradimensionati, spesso con tre o più trasformatori separati, PSU in classe A con transistor di alta potenza con dissipatori enormi. Schermature, separazione dei canali compreso il controllo di volume. Terminali a discreti di potenza tale da poter pilotare dei diffusori anche se si tratta di un preamplificatore. Circuiti realmente bilanciati. Zero Feedback. Telai in alluminio adeguati al modello, alcuni realmente molto pesanti. Controlli torniti dal pieno. Etc. Questo preamplificatore e amplificatore per cuffie è un apparecchio di ingresso per il marchio. Prodotto tra il 2017 e il 2018, a formare una linea con un DAC coordinato. Di "mezzo formato" rispetto ai vari Master 9 e 19 che hanno sempre rappresentato la prima linea dei preamplificatori Audio-Gd. Derivato dal Master 9, ne ricalca la filosofia pur con alcuni compromessi, necessari per poter stare in un piccolo telaio e pesare non più di circa cinque chilogrammi. E costare 600 euro, ovvero quanto chiedono certi altri marchi cinesi per un integrato con alimentazione switching, controllo di volume digitale, operazionali in ingresso e in uscita. Ma un display fancy a colori, un nome pompato dagli influencer a suon di apparecchi regalati a tutti e prestazioni di laboratorio perfettine, e tutte uguali tra loro. Audio-Gd non ha praticamente comunicazione. Ha un sito in cinese e in un inglese molto approssimativo, disegnato in HTML old-fashion. Parla solo per email e con messaggi difficili da interpretare. Cambia linea di prodotti solo quando ha qualche cosa di nuovo da proporre sul mercato. Ma andiamo al nostro NFB-1, è uno dei pochi Audio-Gd di cui troverete tante recensioni. Degli altri si parla poco o per niente. alluminio spazzolato naturale di adeguato spessore ma senza esagerazioni. 240x360x80 mm di dimensioni; circa 5 chilogrammi, per lo più concentrati sul trasformatore a doppio avvolgimento. A riposo assorbe 30 W. E' in grado di erogare sull'uscita cuffie : 9900 MW / 25 ohm 8000 MW / 40 ohm 3500 MW / 100 ohm 1200 MW / 300 ohm 600 MW / 600 ohm lo fa con un circuito che permette due livelli di guadagno, uno a +16dB e uno a +25db, con un controllo di volume esponenziale a 100 livelli le due curve esponenziali di uscita a seconda della posizione del volume (in verde quella marchiata L sul display) Le forme sono spartane, quasi di stile post-industriale. I comandi sono digitali a relais ma fermi e solidi. La manopola del controllo di volume è ricavata dal pieno. Ma attenzione, dietro non c'è un potenziometro. Si tratta di un controllo a scatti, by-wire che controlla una rete di relais che inseriscono o disinseriscono maglie di resistenze di altissima precisione. qui è ripreso in studio mentre qui è sul mio tavolo di prova con collegate delle AKG K371 nell'ingresso single-end. Le due prese cuffie sono sulla sinistra, appena dopo il pulsante di accensione, quella sopra è la classica per lo spinotto coassiale da 6.3 mm, quella sotto ha le quattro prese XLR/Cannon. Sotto al display a linea singola ci sono i controlli, la modalità di uscita (altoparlanti o cuffie), il livello di guadagno (+16 o +25 dB), l'ingresso. Infine il manopolone del volume. Il display è a segmenti blu, sembra quello di una calcolatrice degli anni '70. Non parla, bisogna sapere cosa dice e cosa può dirci. qui è nella configurazione standard : H-> Headphone, L-> Low Gain, Ingresso 3, volume a 26 sulla scala che va da 0 a 100. Il volume all'accensione è sempre a Zero, per evitare sorprese. Bisogna ricordarsene per non domandarsi perché diamine non si sente niente. Volendo sarebbe possibile programmare l'aggeggio perché si ricordi l'ultimo volume impostato prima dello spegnimento. Ma morire se io, pur seguendo le istruzione sul sito, ci sono riuscito ! qui abbiamo selezionato l'ingresso 4, non chiedetemi cosa sia, per saperlo devo guardare il quadro posteriore qui abbiamo il Gain ad High, le cuffie ricevono 9 decibel di guadagno in più e suonano veramente forte. E' un modo per smuovere sassi come le prime HE-5 HIFIMAN, oppure per simulare che delle cuffie single-end come le AKG K371 siano bilanciate (ma con cuffie da 106 dB di sensibilità, sinceramente ve lo sconsiglio). infine, quella P non significa che siamo sull'ingresso Phono ma che il segnale è stato commutato dalle uscite anteriori alle porte posteriori. Quindi se abbiamo collegato dei diffusori, questi suoneranno. E' in vecchio stile degli NFB Audio-Gd. I nuovi display sono differenti per stile e materiale. Purtroppo però sono ancora più criptici di prima ... i display dell'interfaccia digitale DI-24HE e sotto del DAC R-1R NOS 2024. Esaurito il frontale, andiamo al retro. abbiamo un set di ingressi abbastanza articolato, per cinque linee complessive. Di cui due sono bilanciate, 3 sbilanciate, una é quella bilanciata speciale di Audio-GD denominata ACSS. E un sistema di trasmissione del segnale che è coerente da un apparecchio ad un altro e consente di mantenere il dominio analogico in modo lineare, senza inutili buffer intermedi. E il metodo d'elezione che io utilizzo per l'ingresso del segnale dal DAC e che userei, in uscita, se avessi un finale Audio-GD. Non mancano, ovviamente, uscite linea bilanciate e sbilanciate tradizionali. Nella configurazione attuale, il mio NFB-1 riceve il segnale dalla coppia DI-24HE + R-1R NOS via cavi ACSS Audio-GD e pilota un paio di monitor da studio Adam Audio A77H. Ma naturalmente il bello sta dentro, se fosse per l'esterno, non degnereste di uno sguardo alcun apparecchio Audio-Gd. qui si intravvede il trasformatore e la paratia di separazione dell'alimentazione dagli stadi di amplificazione. alzando lo sguardo dal retro abbiamo un vista d'insieme con in primo piano i due canali e i transistori di potenza, degni di un integrato da 70 Watt (sono a 150 Watt l'uno, polarizzati in Classe A e scaldano come un termosifone). questi sono i due canali di uscita, totalmente simmetrici anche se composti su una scheda madre unica. In primo piano ci sono i controlli di volume (relais digitali e resistenze di precisione), completamente separati per realizzare una topologia veramente bilanciata dal segnale alle uscite di "potenza". una vista dal posteriore all'interno l'intero apparecchio qui in pianta. A destra l'alimentazione. Il trasformatore è unico, concessione alla dimensione ridotta del telaio. Lo stadio di alimentazione è in classe A ed impiega transistor ad alta potenza. Non ci sono integrati in nessuna parte dell'apparecchio. Il trasformatore ha una piccola schermatura in lamierino. Io preferirei un dispositivo resinato ma c'è una scuola di pensiero contraria a questa pratica. Io non ne sono molto per dare un parere. I condensatori di livellamento sono di qualità e tali da poter stare in un finale di potenza. Quindi andando verso sinistra c'è una paratia di separazione che lascia spazio alla camera che ospita i due canali di amplificazione. C'è un solo cavo volante che porta la corrente all'altra parte della scheda madre. Si sarebbero potute scegliere soluzioni più eleganti. Ma qui abbiamo una ingegnerizzazione che ricorda più i lottatori di Sumo che i ballerini di Flamengo. una vista identica, con un'altra luce. Il coperchio è in alluminio, bloccato da 6 viti. completiamo il tour con altre viste esterne, compreso il fondo che esibisce quattro bei piedini di isolamento. Sopra e sotto hanno una piccola griglia di ventilazione. Ma il forte calore emanato viene sostanzialmente dissipato per convezione da tutto questo alluminio. A suo tempo, ovviamente, c'era anche la versione nera. Ma io quando l'ho ordinato ho trovato solo la versione Silver da Audiophonics di Bordeaux. ancora l'alimentazione, fonte di energia a basamento su cui il progettista costruisce ogni strumento musicale Audio-Gd. Andando alle prestazioni sonore non c'è moltissimo da dire. Per anni è stato il centro del mio impianto audio, ricevendo il segnale dal NFB 7, DAC da 23 chilogrammi sempre Audio-GD, in un sistema per il resto composto da finali AM Audio (classe A) di Vigevano. E' poi stato sostituito da un integrato R-28 ancora Audio-Gd che è composto per la parte amplificazione da una circuitazione simile a questa e per la parte DAC da un sistema analogico a "ladder" (rete di resistenze). Adesso è il sistema di backup da tavolo. A parte ho l'Audio-Gd R-27HE per gli ascolti critici in cuffia e la coppia Gustard+miniDSP per il controllo dei diffusori dipolari attivi a quattro vie. Il suono è neutro, pulito, lineare. La classica linea di tensione amplificata (o di corrente a seconda dell'uscita). Non ci sono cuffie che non possa pilotare. Con il Gain in H si perde di dinamica. Ma alle volte ci vuole. Chiarezza, dettaglio e tridimensionalità sono quelli desiderabili. Secondo quello che si dice oggi, non ha un fondo scurissimo. Ma io penso che sia un parto dell'immaginazione e per lo più, responsabilità del DAC. Un preamplificatore principalmente non deve suonare. Deve fare il suo lavoro e basta. Lato cuffie manca quel punch e quella dinamica che invece non mancano nel R-27. La resa è composta e meno emozionale. Parliamo semplicemente di progetti che non appartengono alla stessa classe (per prezzo, dimensioni, logiche). Come tutti gli Audio-Gd per suonare bene deve scaldarsi un'oretta. Altrimenti è piuttosto aspro. Ma se mettete le cuffie giuste e al alzate il volume al punto che la musica richiede e mettendo la vostra mano sopra al coperchio lo sentite caldo al punto giusto ... allora nessuno che non abbiamo modo di commutare su un sistema decisamente di classe più elevata, avrà nulla da rimproverare. In fondo l'ho pagato quanto certi pagano un cavo di potenza. Anzi, di meno ... una vista dell'interno, appena smontato il coperchio (le viti sono in alto a sinistra, il coperchio a destra : è il mio non sto parlando per sentito dire !) Giudizio complessivo PRO: compatto per gli standard Audio-Gd economico per gli standard Audio-Gd e in generale per le caratteristiche costruttive eroga potenza da vendere, nessuna cuffia può resistergli tutto in classe A dalla presa di corrente alle uscite; potenza in eccesso; controllo di volume e circuiteria realmente bilanciata e dual-mono dalla testa ai piedi funziona senza un intoppo da 7 anni : eh, questi cinesi inaffidabili (ogni Audio-Gd esce dalla fabbrica con 100 ore di impiego reale, non con due misure e via in scatola) suono lineare e corretto, neutrale si potrebbe dire CONTRO: estetica da Germania anni '20 controlli e display criptici il telaio in alluminio naturale è sensibile a graffi e segni; gli altri Audio-Gd di casa verniciati in nero sono meno "delicati" qualcuno potrebbe pensare che manchi di eleganza e di microdettaglio : ma è un boxeur come Rocky, non un ballerino non è più in produzione e non è stato sostituito; oggi per avere queste prestazioni si deve spendere almeno il doppio Impianto usato per la prova : Audio-GD DI-24HE + Audio-GD R-1 NOS 2024, cavi ACSS Audio-GD, monitor attivi Adam Audio A77H connessi con cavi bilanciato Audioquest cuffie HIFIMAN Arya, Sundara Closed Back, Edition XS mentre chiudo questa recensione sto ascoltando i miei dischi preferiti per i test. Quello che ascolto, pur con cuffie non ancora troppo rodate è tanto bello che mi chiedo perché gli "audiofili" non si contentino mai e cerchino sempre il confronto. Questo è un amplificatore eccezionale ! Peccato che a listino Audio-Gd ne abbia di altri, più grandi, più forti, più sofisticati. Ma con una base di design elettronico e una filosofia totalmente consanguinei. Che bello amare la musica ben riprodotta nel 21° secolo !
  24. Generalmente uso obiettivi Nikkor Z sulla Zf. Magari non proprio quelli più enormi, se possibile i suoi due Special Edition e qualcuno di quelli più compatti. Oppure il Viltrox 20/2.8. Ma la Zf si accoppia esteticamente meglio con obiettivi più eleganti se non proprio d'epoca. Il guaio è che quelli con attacco Z sono pochi e costosissimi. Impensabile per me acquistarli solo per l'estetica (penso, ad esempio, agli ultimi Voigtlander). Ecco che mi viene in aiuto un cinese che ho in casa, che pur con attacco Leica M ha in dotazione un adattatore che non è un pugno in un occhio come il Nikon FTZ o i tanti cinesi K&F. Il TTArtisan è discreto ed ha un bel profilo conico che si accoppia con l'obiettivo dello stesso marchio, il 50/0.95 concepito come alternativa economica (seppur con prestazioni molto lontane) al Noctilux di Leica. Intendiamoci bene : con il Noct Nikkor Z 58/0.95 non ha alcuna attinenza ... é tutto metallo e vetro, lega leggera, alluminio e ottone. Niente plastica. La sensazione tattile è sontuosa, la presa in mano solida, l'impressione ricorda più quella di essere in presenza di una Lagonda V12 anziché un obiettivo dei nostri tempi. Come vorremmo che fossero gli obiettivi pensati per la Nikon Zf. A parte una distanza minima di messa a fuoco un pò esagerata per un "normale" (70 cm !) e più vicina a quella di un 85mm, risulta anche divertente da utilizzare, quando ci si vuole divertire a fotografare per svago. ha il grande pregio di "vederci" letteralmente "al buio" e di poter scattare proprio con un filo di luce o in penombra. E con lo stabilizzatore della Zf (qui tarato per un 50/1.2) ci va a nozze per non dimenticare tutte le facilitazioni alla messa a fuoco manuale uniche della Nikon Zf. Infine, l'anello di messa a fuoco è molto solido e la corsa adeguata, permettono di riuscire a fare cose difficili anche con una profondità di campo così ridotta. Qui è usato esclusivamente ad f/0.95 come è prescritto nel contratto di vendita originale quindi posso mettere a fuoco sull'occhio vigile di quel pelandrone di George oppure di Isabella, quando passa a reclamare la pappa nella realtà i difetti ottici sono molti ma non tanto da rendere nulla la "magia" del campo di smaterializzazione indotto da quell'apertura ridottissima. E non ritenendo opportuno l'acquisto della meraviglie delle meraviglie Nikkor Z (non comprerei il 58/0.95 nemmeno fosse ad un quarto del prezzo di listino), mi basta così
  25. Chi segue queste piccole recensioni, sa che tra le HIFIMAN planari tradizionali a diaframma ovale, le mie preferite sono le Arya, anche più delle HE1000. Per quella naturalezza "umana" che hanno, pur nella chiarezza proverbiale di questo genere di cuffie ma senza gli eccessi pirotecnici della serie superiore. Le ho da anni e mi sono abituato al loro suono. L'unico difetto che ho riscontrato è una certa scarsa tenuta dei materiali usati (ho dovuto sostituire i cuscinetti perché il rivestimento si è letteralmente sbriciolato; la banda superiore è usurata; in qualche momento anche una delle due prese di segnale traballa. Insomma, non una grande resa per la somma spesa ...). Ma in quanto a piacevolezza del suono, solo le Jade II - e solo sul medio-alto - le superano, per i miei gusti. Tanto che non ho avuto grande curiosità di provare il modello aggiornato con i diaframmi alleggeriti e i magneti stealth. Invece ho avuto la possibilità, grazie ad HIFIMAN Europe che ringrazio per la grande cortesia, di usare per due mese il nuovo modello Organic. Che si caratterizza per la banda attorno ai padiglioni che ricorda il legno naturale. E per tante altre caratteristiche che adesso vedremo. Unboxing e descrizione la scatola è quella dell'ultima serie, molto economica. specifiche esibite nello sticker sulla scatola : nuovi diaframmi ultrasottili e magneti "invisibili" riportate anche sul retro della scatola Per fortuna HIFIMAN adesso si è standardizzata sugli spinotti da 3.5mm. In questo modo i cavi sono tutti intercambiabili. la dotazione è inesistente. E devo dire che per cuffie di questa fascia di prezzo trovare solo un cavetto single-ended economico è una delusione. Ma HIFIMAN sa che noi appassionati siamo ben forniti di cavi buoni. E devo ammettere che i cavi bilanciati che ci sono in dotazione negli altri modelli non mi fanno impazzire, quindi va bene così. Anche se si deve mettere in conto di spendere un altro paio di centinaia di euri per un cavo adeguato alla classe di queste cuffie. Io qui ho alternato il cavo artigianale "inglese" fattomi su misura per le mie Arya e il cavo crystal di HIFIMAN acquistato da Playstereo.com liberati dalla scatola ecco le cuffie nella doppia tonalità, nero opaco e legno tipo ciliegio. l'estetica a me sembra accattivante, giusto un filo meno austera di quella delle mie Arya originali ma non tanto più vistosa come altri modelli color panna e tabacco ... noto subito che i nuovi cuscinetti sono nettamente meglio di quelli della prima serie. A prima vista sono rassicuranti. Indossati sono comodissimi. La fascia "in legno" sembra semplice vinile. L'archetto e la banda sono identiche a quelli della prima serie. Arya Organic dettaglio dell'armatura esterna, la grigia di protezione è molto robusta, si intravvede il diaframma che ha un colore che tende al verde. ancora un dettaglio della texture similpelle dei cuscinetti, proprio belli. l'interno, anche qui dietro al tessuto protettivo, si vede l'armatura metallica a protezione del diaframma, leggerissimo ed altrettanto fragile. Il meccanismo di movimento è totale a tutto vantaggio della comodità nell'indossare. E' un dettaglio a cui si presta poca attenzione sulle prime, concentrati sulla qualità del suono. Ma sulle lunghe la differenza tra cuffie diverse sta anche nella loro indossabilità a lungo termine. l'interno dell'archetto con le tacche di blocco e l'indicazione del canale Right. Si nota anche lo snodo che libera il movimento del padiglione. Specifiche e risposta in frequenza riprendo la pagina prodotto del mio fornitore abituale Playstereo.com che riporta anche il prezzo al pubblico di 1.449 euro con IVA in Italia. risposta in frequenza delle Arya Organic misurata con miniDSP Hears a confronto con le Arya V1 qui allineate per azzerare la differenza di sensibilità. Ripeto sempre di non innamorarsi troppo della risposta delle cuffie che nel tempo tende a modificarsi. Certe asperità si smussano e certe altre si incrementano mano a mano che il diaframma matura con l'uso. Qui però possiamo annotare immediatamente due cose. Le Arya Organic hanno realmente una sensibilità superiore a parità di regolazione del volume. Merito dei nuovi magneti e dell'impedenza dimezzata di 16 Ohm. La differenza è netta e si nota in caso di commutazione "al volo" tra i due modelli : è necessario allineare il volume. E poi una impostazioni diversa sulla gamma media. Questa è effetto dell'invecchiamento delle mie Arya perché all'inizio il medio non era così lineare. Comunque ci sono 4-5 dB di differenza nella gamma critica che va da 1.000 ai 2000 Hz. E' una gamma in cui ci sta la voce umana, specie quella femminile, e il violino. E poi le Arya Organic hanno acuti più frizzanti e un corpo più rotondo sul medio-basso. Segue con le impressioni di ascolto e le differenze con il modello precedente Le Arya Stealth pesano 440 g, però la pressione è perfettamente distribuita, i padiglioni sono morbidi e perfettamente sigillanti (pelle e poliestere, non in velluto); la forma asimmetrica dei padiglioni auricolari, rende l'utilizzo di queste cuffie una vera gioia. Anche per lunghe o lunghissime sessioni di ascolto. L'aspetto, come detto, non ha nulla di nuovo rispetto ai modelli precedenti, a parte il finto legno. Insomma, una sensazione rassicurante. Nell'ascolto, confermano l'impostazione tipica di questo modello. Musicale, pulito, trasparente. Il basso ha un buon corpo e una completa estensione, ma è leggero, tipicamente planare. Nitide e risolute, perfette per la musica da camera, il violino, la voce femminile. Sicuramente il medio e il medio alto sono avanti, mentre il basso è indietro anche se c'è ed è profondo. Ma, appunto, è leggero. Ma c'è più energia e meno secchezza rispetto all'assoluta neutralità del suono delle prime Arya. Gli alti e gli altissimi sono frizzanti. Non esagerati come quelli delle HE1000 ma sono certamente molto evidenti. Con il rodaggio un pò questa cosa si stempera. Ho l'esperienza delle prime Arya e sono sicuro che tra un anno le mie sensazioni saranno differenti. Insomma, al momento non sono certamente morbidi gli alti di queste cuffie (per niente !) ma non sono nemmeno aggressivi. L'impressione complessiva è di un ascolto in primissimo piano, dalla prima fila della platea, potendo quasi toccare il primo violino. C'è un dettaglio elevatissimo - caratteristica primaria di queste cuffie - con una resa che nell'insieme beneficia di un basso corposo e di un estremo acuto rifinitissimo. Il medio è un pò colorato - in senso positivo - e questo finisce col caratterizzare le voci. Il palcoscenico è buono ma comunque suonano in testa, proprio per questo iperdettaglio e questa nitidezza esasperata. Probabilmente è il compromesso scelto, per mantenerle nella tradizione di questo modello. Per allargare la scena e dare più profondità probabilmente si sarebbe dovuto scegliere di allontanare gli strumenti e perdere così tutti questi dettagli. Se il master è eccellente, non si perde una nota. In questo momento sto ascoltando Janine Jansen nel primo di Prokofiev e la sento qui nella mia testa ! Ma è impossibile perdersi una nota, uno squillo, una acciaccatura. Nonostante la sensibilità sia molto alta, tendo a tenere il volume alto. Magdalena Kozena ha registrato un disco molto intimo di canzoni slave con il marito Sir Simon alla testa della Czech. La sua voce in genere un pò critica qui è morbida e naturale ma un pò esile. Anche il violoncello della Kobekina suona in avanti, bello insieme alle nacchere. Del pianoforte (in questo caso il duo Trifonov + Babayan) si sente letteralmente ogni corda. Ma è un suono leggero, cantato, musicale. Le mani di Lugansky che articola la marcia funebre di Sigfrido ci sono tutte, e in primo piano. Andando a generi moderni, Amelia, con Joni MItchell accompagnata da Herbie Hancock è di rara bellezza e conferma la musicalità di queste cuffie. Anche il jazz svedese che sto ascoltando mentre faccio questi test di cuffie si conferma interessante, anche se l'estremo basso - estesissimo - è meno coinvolgente che con le HIFIMAN chiuse. Nel confronto con le Arya V1 che vi risparmio nel dettaglio, io trovo che le Organic siano complessivamente più musicali, più emozionanti, più coinvolgenti. Dove le V1 sono più neutrali, più terse, più radiografanti ma meno dettagliate e ipernitide. Con le Organic l'ascolto diventa un viaggio tra sonorità ricche e interessanti. Rendendo le V1 in un certo qual modo più "noioso", meno accattivanti. Ma più accurate nell'immagine complessiva. In sintesi, strumenti di indagine le Organic, musicalmente meno frizzanti ma più naturali e rilassanti le Arya. Che poi è l'impressione che ho in tutti i confronti con i modelli più recenti. Come se in HIFIMAN avessero voluto aggiungere un pò di pepe ad una prestazione che è eccellente ma a tratti monotona. Continuo a pensare che le Arya, in generale, non sia adatte al rock più energetico. Non perché non ne valorizzino il contenuto, al contrario. Ma l'analiticità e la trasparenza elevata portano a sottovalutare di molto l'impatto che si stempera di fronte a tutto quel dettaglio strumentale con tutto davanti e in primo piano. Ascoltare il rock o l'heavy in mezzo ai musicisti ? Grazie, no, meglio stare in mezzo al Takacs Quartet che accenna Schubert con il suo suono particolare. Quindi, concludendo ? Sono sempre le Arya, queste Organic. Non so dire se mi piacciano di più delle V1, a tratti si, perché sono più coinvolgenti senza usare trucchi speciali. Il basso è più pieno, potente e profondo, aiutato particolarmente da un medio-basso più dinamico. La sensibilità superiore aiuta certamente. Il senso di leggerezza dei nuovi diaframmi si sente tutto. La differenza di dettaglio è tutta a favore delle Organic che somigliano in questo alle HE1000 SE. Ma le Arya V1 restano naturali come delle elettrostatiche e per questo le amerò sempre. Comunque sia, promosse ad ammiraglie di casa, queste Organic, con l'unico caveat dato dalla scarsa dotazione per cuffie che costano una cifra iperbolica (€1449 non sono noccioline) senza un cavo bilanciato anche basico. Serve un front-end elevato per godersele, forse sarebbero aiutate da un DAC Sigma-Delta, non ho provato. Lo farò. Con i miei diffusori planari ho definitivamente reintegrato il vecchio ES9018 dell'Audio-GD NFB 7. Ma il dettaglio e l'analiticità di queste cuffie al medio e all'alta richiedono la chiarezza e la trasparenza di un R2R. E purtroppo non c'è compromesso possibile al riguardo. Giudizio complessivo PRO: simile nell'aspetto alle Arya precedenti, tranne la banda in simil-legno costruttivamente alcuni particolari sembrano di qualità nettamente superiore a quelli delle Arya V1 impedenza dimezzata a 16 Ohm e sensibilità conseguentemente aumentata in teoria si possono pilotare "con un filo di gas" e con qualsiasi dispositivo; io però raccomando di avere il miglior front-end a disposizione (DAC+AMPLI+SORGENTE) e con una buona riserva di potenza più coinvolgenti ed emozionanti delle Arya V1, sia per intonazione che per effetto del nuovo diaframma e dei magneti stealth. il suono sembra una sintesi tra le Arya e le HE1000 buona in tutte le caratteristiche, suono naturale con solo il medio un pò colorato; assenza di distorsione; dettaglio molto elevato ma non iperanalitico; palcoscenico abbastanza ampio comode come un guanto alle orecchie e in testa CONTRO: un pò meno naturali e rilassanti rispetto alle Arya V1 che però al confronto alla lunga sembrano "noiose" basso profondo e più potente di quello delle Arya V1 ma sempre con una risposta da planare necessitano di un front-end adeguato; non sono cuffie da telefonino o da DAP in single end per un apparecchio da €1500 la dotazione è insufficiente; un cavo bilanciato è d'obbligo tenuta del materiale da verificare nel tempo (non è mai stato un fiore all'occhiello di HIFIMAN) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audrivana come player cavo crystal HIFIMAN confronto HIFIMAN Arya V1 con cavo artigianale inglese dischi ascoltati :
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