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  1. Abbiamo testato dovendo alla fine esprimere un giudizio negativo sul piano prestazionale, le prime schede con standard CF 4.0 qualche mese fa. Ne potete leggere -> QUI <- Singolarmente dopo i nostri test ProGrade ha declassato le prestazioni indicate in scrittura per quelle schede, mantenendole sul mercato a quel prezzo aggressivo. Ci incuriosiva però verificare anche da parte del nostro fornitore principale lo stato dell'arte del nuovo standard. Lexar ha presentato ad inizio anno al CES di Las Vegas la sua nuova linea ma l'ha realmente immessa sul mercato solo adesso. Abbiamo approfittato della prima offerta su Amazon di un venditore di Hong Kong per comprarne un esemplare da 1 TB. Si tratta di una scheda della linea Silver. Sappiamo che Lexar propone le sue schede in tre linee differenti caratterizzate da prezzi e prestazioni calanti. Abbiamo le alto di gamma, le Diamond, poi le Gold e infine le Silver. Le Diamond sono quelle più veloci, le Gold quelle con i tagli più grandi, le Silver quelle a più buon mercato. L'operazione viene ripetuta anche con le schede CFexpress di tipo B in standard 4.0. Secondo la CFA, queste schede sono allineate al protocollo PCIExpress 4, potendo usare con due lane di comunicazione, una banda passante teorica massima fino a 4 Gigabyte al secondo. Il protocollo è stato annunciato solo a fine 2023. ProGrade è stata la prima a muoversi mentre Lexar ha solo annunciato la nuova generazione che giunge sul mercato adesso. Si tratta di potenzialità veramente elevate che difficilmente un fotografo potrà apprezzare concretamente nella realtà e che vanno più che altro incontro alle esigenze del video RAW ad altissime prestazioni, dove i flussi per i formati più densi, richiedono velocità di scrittura sostenuta minima di alto livello. La confezione è la solita sul retro riporta anche scritte in italiano, segno che è allineata alle esigenze del nostro mercato il marchio evidenzia la produzione a Taiwan. Longsys, la società che c'è dietro il marchio assicura che a prescindere dal luogo di produzione, i componenti sono suoi. Un segno ulteriore segno della vicinanza tra Cina e la provincia ribelle dove si producono il grosso dei microchip mondiali. la scheda è protetta dal solito blister e una volta liberata si differenzia dalle altre Silver solo per il fatto che reca la scritta 4 e velocità di scrittura e lettura più elevate del solito. Si tratta di velocità massime ("fino a") con un'indicazione di velocità di scrittura sostenuta massima di 2600 megabyte al secondo. Nel solito ambiente di test (una workstation che sfrutta porte USB-C in standard 4.0, lettore ProGrade dedicato alle CF 4.0 con cavetto USB-C 4.0 certificato) abbiamo riscontrato effettivamente velocità molto elevate non del tutto allineate ai valori dichiarati che restano probabilmente irraggiungibili in condizioni operative ma comunque, molto, molto elevate. Possiamo immaginare che le Diamond offrano prestazioni superiori. Ma non possiamo dire di quanto nella realtà. il test di BlackMagic mostra capacità di scrittura inferiori ma comunque adeguate a sopportare non il formato 8K RAW ma addirittura il 12K. In condizioni da fotografo comune, e pur a mente che le prestazioni possono variare per un milione di motivi diversi (stato del disco principale, stato del buffer, congestione della memoria etc.), abbiamo verificato che la copia di 100 gigabyte di RAW della Z8 avviene alle velocità maggiori che abbiamo riscontrato sinora Lettura scrittura con tempi di realizzo che si valutano in secondi, non minuti. Le temperature pur a fronte di centinaia di gigabyte di creazione file si mantengono entro livelli accettabili anche se al tatto abbiamo riscontrato la solita generazione di calore. L'inserimento della scheda nella nostra Z9 è avvenuta normalmente, mentre sulle prime è stato complicato estrarla. Forzando è uscita e poi non ci sono più stati problemi nel reintrodurla e nell'estrarla. Nell'uso pratico non abbiamo riscontrato problemi. La Z9 la vede perfettamente, non è necessario formattarla. E viene scritta regolarmente. Crediamo che questa scheda abbia prestazioni ampiamente superiori alle capacità delle Z9/Z8, che lo ricordiamo, sono state concepite per lo standard 2.0 ed utilizzano un solo canale di comunicazione. E' stato riportato che al CP+ di Yokohama, Lexar e ProGrade hanno anticipato di essere in contatto con Nikon per lo sviluppo del protocollo sulla prossima generazione di Z9 che ci attendiamo possa uscire sul mercato tra un anno o poco più. Probabilmente quella macchina - che porterà raffiche in RAW da 30 o 60 se non più fotogrammi al secondo, avrà anche formati video ancora più pressanti degli attuali. Per tacere delle esigenze delle RED DIGITAL della fascia più alta. Per cui pensiamo sia giudizioso considerare queste nuove schede come opportunità in prospettiva. Nel complesso non abbiamo nulla di negativo da segnalare su questa scheda che da oggi viene immessa nel normale ciclo produttivo insieme alle altre.
  2. SmallRig 60B : una luce può cambiare modo di fotografare ? La risposta breve sembra essere si. Ma al quesito risponderà M&M. Qui, intanto, una breve anteprima. Cos'è ? E' una luce COB (ovvero un LED a circuito integrato singolo) da 60 Watt con batteria integrata, ricarica via presa USB-C. Regolabile di intensità e di temperatura colore via dimmer. Dotata anche di effetti speciali per il video (tipo televisore rotto, macchina della polizia, lampo, etc.). Come è fatto ? Arriva in una bella confezione. con dentro una splendida valigetta atta a contenere tutti gli accessori. Questo è un valore perché altre luci, anche molto più costose, non ne sono dotate. E così si finisce per perdersi qualche cosa. la dotazione prevede l'illuminatore, un riflettore standard argentato, un accessorio per tenere in mano la luce (per i video "volanti") uno per avvitare l'illuminatore su uno stativo standard e un accessorio utilissimo per montare un power bank dietro alla luce stessa in modo da aumentare l'autonomia complessiva. l'illuminatore, elegante, ben rifinito, in solido metallo. Anche i comandi e i dimmer sono ben dimensionati, affidabili, solidi. La costruzione è negli standard consueti di SmallRig. Abbiamo conosciuto questo marchio per le sue costruzioni in alluminio (cage & affini per fotocamere e video). Adesso si sta allargando anche al campo illuminazione, batterie, con lo stesso standard di qualità. Ben superiore alle solite "cineserie" da quattro soldi. il pacchetto completo. Notare i due cavi, uno corto e uno lungo, per la ricarica via porta Power Delivery di un alimentatore da almeno 60 watt o un power bank da 20 volt e 3 ampere. dettaglio dell'impugnatura manuale e del raccordo snodato per lo stativo il riflettore è responsabile della resa luminosa molto elevata l'accessorio che montato posteriormente all'illuminatore fa da morsetto al power bank accessorio (non incluso nella confezione, ma va bene uno standard di quelli per ricaricare iPhone o MacBook) qui montato sul retro, uno da 100 watt, con un cavetto usb-c adatto, direttamente alla presa di alimentazione. i comandi, il MODE per gli effetti, l'INT per la potenza, il CCT per la temperatura colore il COB è puntiforme, più piccolo di quello dei LED ad alimentazione fissa. Questione di dissipazione di calore. Questa luce ha una ventolina integrata che si innesta in fase di ricarica ma raramente durante l'uso la parte inferiore dove c'è la piastra per il collegamento dello snodo dello stativo i comandi posteriori. Il tasto ECO consente di risparmiare la batteria a discapito della potenza erogata. La presa USB-C per l'alimentazione/ricarica, il tasto di accensione con il riflettore montato l'accessorio per montare il power-bank con lo snodo ripresa dei componenti altro dettaglio del posteriore con il power bank agganciato il display che indica la fase di ricarica le dimensioni sono persino inferiori a quelle di un iPhone di vecchia generazione l'eleganza del prodotto : non vi farà mai sfigurare, specie se siete milanisti. Potenza e autonomia All'atto pratico la luce è potente. Misurata con un luxmetro, ad un metro emette con il riflettore standard la stessa potenza di un Godox LA200D. Questo perché la diffusione è puntiforme e il riflettore è pensato per accrescere l'intensità in asse. Ovviamente questo è a discapito della dimensione del cono, che "vignetterà" se utilizzato a distanza ravvicinata. Ovviamente un LA200D riprende il sopravvento se usato a distanza con il suo riflettore o con un softbox grande (figuriamoci con un ombrello). Questa annotazione per capire bene per quali usi sia pensata questa luce. Foto e video in ambienti piccoli, a distanza ravvicinata, specie a potenze ridotte, dove non si rimpiange di usare la luce diretta senza softbox. Soprattutto in luce mista ambiente/artificiale. L'autonomia è buona, 45 minuti a tutta potenza con la batteria integrata. Più del doppio con un powerbank dotato. Ore di impiego a potenze marginali. Disponendo di più power-bank si può lavorare per ore e ore distanti da prese di corrente. L'RC 60B sul dispaly indica l'autonomia residua quando non è alimentato, la carica residua in % quando è in ricarica. Ovviamente il dispositivo confonde un power bank con un alimentatore, indicando che è connesso alla rete anche quando invece c'è il power bank. Ma non è un problema. In tre mesi di utilizzo e 80.000 scatti, nessun problema. Tanto che ne è stato comprato un secondo esemplare. Ma per l'esperienza d'uso lasciamo la parola a chi lo sfrutta ad ogni seduta.
  3. Perché a grande richiesta ? Abbiamo parlato del "piccolo" SmallRig RC60B solo pochi mesi fa : si tratta di una luce di eccellenti caratteristiche sia di qualità che per quanto attiene alla portatilità/compattezza/peso contenuto. Ma ogni cosa si può perfezionare. E se nel fare ciò si riesce anche ad installare maggiore potenza, abbiamo una nuova soluzione per chi ne senta le necessità. Il nuovo SmallRig RC100B è compatibile lato accessori con il modello RC60B a cui si affianca, non lo sostituisce. Ma aggiunge funzionalità differenti che per alcuni saranno un limite ma in ambito professionale fanno la differenza. Infatti l'aumento di potenza non giunge senza un compromesso che è l'abbandono della batteria integrata. Scelta comprensibile per rendere più efficiente la ventilazione - di fatto il corpo dell'illuminatore è asservito al raffreddamento del punto luce da 100 Watt - e per garantire una capacità adeguata a fronte di tale maggiore potenza, si è rinunciato alla batteria interna. Quindi l'illuminatore deve essere alimentato esternamente. L'alimentazione può avvenire a mezzo rete elettrica, con un alimentatore adatto e opzionale, oppure tramite power-bank PD da almeno 100 watt, oppure, scelta ovvia in ambito professionale, con una batteria V-Mount, sempre diffusa nei corredi video che si innesta direttamente sul retro dell'apparecchio. Pensandoci bene, l'utilizzo "volante" che è la vocazione di questi attrezzi, non può che avvenire logicamente con una di queste batterie. Perché avere cavi volanti e prese di rete - magari dove la rete non c'è - non è pratico e toglierebbe molti dei vantaggi di queste luci compatte (se dobbiamo portare alimentatori e cavi di prolunga, allora sceglieremo un illuminatore tradizionale da 200 e più watt). Quindi idealmente RC100B + V-Mount battery è il connubio perfetto. Il tutto sta in una borsetta occupando esattamente lo stesso volume di quanto fa un RC60B con un powerbank di scorta. Con una autonomia leggermente inferiore se usiamo la piena potenza ma potendo comunque vantare una capacità di illuminazione che si avvicina a quella di due RC60B. Di qui anche il costo finale che si avvicina - corpo + batteria - a quello di due RC60B. ne esistono due versioni, una "mobile" e una standard che si differenziano per gli accessori in dotazione. Noi abbiamo optato per la standard 700 grammi in un palmo di mano per 100 Watt di potenza sono un bel biglietto da visita la garanzia di operazioni silenziose (zero decibel fino al 20% di potenza e tra 18 e 26 dB per potenze elevate sono garanzia di video indisturbati) la gamma di accessori in crescita - qui l'impugnatura con batteria in corporata che per ora non è ancora disponibile in negozio - ma soprattutto la compatibilità con quelli già disponibili per l'RC 60B, tipo riflettore, softbox, adattatori etc. l'ecosistema SmallRig in cui si inserisce l'RC 100B Ma fatte queste precisazioni, andiamo a vedere da vicino cosa e come è fatta questa nuova luce che abbiamo messo in produzione a partire da questo mese di ottobre e già vanta diversi set risolti con successo, relegando un solo RC60B al ruolo di luce d'effetto o di appoggio. la dotazione della confezione (in questa foto manca nella realtà il cavo USB-C di alimentazione, qualora disponiate di una fonte PD nel vostro corredo : perché nella confezione del RC100B non c'è) l'elegante struttura, tutta in alluminio lavorato e verniciato ad alto livello, dell'illuminatore. Ricorda sia nella sagoma che nei dettagli quella del RC60B, con un dimensionamento più generoso dei fori di dissipazione. anche i comandi e il display sono simili e funzionano allo stesso modo. Sono stati spostati sul lato - più comodi anche se la superficie è inclinata, il pulsante di accensione e gli ingressi di alimentazione. Accorgimento necessario in quanto il posteriore adesso è del tutto dedicato all'attacco a V per la batteria esterna. la parte inferiore - anche questa presenta feritoie di raffreddamento oltre alla piastra di aggancio del sostegno, ben imbullonata. Qui si vedono chiaramente il pulsante ON/OFF, l'ingresso USB-C di potenza e la presa di forza a 24 Volt per l'eventuale alimentatore dedicato opzionale (-> da acquistare a parte a circa € 50 euro, se uno ne ha bisogno per installazioni fisse o per impieghi lunghi). il posteriore con il caratteristico incavo a V per inserire l'incastro della batteria e, sotto, il pettine di aggancio dei contatti elettrici della batteria stessa qui in dettaglio. La corrente in gioco - gli Ampere - é di livello elevato, quindi il materiale qui è generosamente dimensionato. l'altro lato, dedicato alle scritte e al pulsante di sgancio della batteria il COB anteriore con la tipica finitura che accoppia led di colore diverso e che consente di avere una regolazione - fedele - della temperatura colore. Questa luce non è RGB ma forse proprio per questo ha un indice CRI e una precisione colore molto elevata. In pratica tra 4500 e 5700 K sostanzialmente corrisponde alla luce solare di mezzo giorno. Andiamo alla batteria, componente essenziale - e da comprare a parte visto che l'RC 100C non dispone di batteria integrata - per avere un sistema portatile. Qui abbiamo acquistato una SmallRig V99, una batteria che assicura potenza adeguata e ampia capacità. mentre gli altri lati sono lisci, quello sotto corrisponde esattamente al posteriore della luce. L'aggancio è sicuro, immediato e richiede un decimo di secondo. montata sul posteriore, la batteria sporge leggermente verso l'alto ma nel complesso non è enorme. Ovviamente aumenta di parecchio peso e volume del sistema. Le specifiche parlano di 11,2 x 7,2 x 5,4 cm per 600 grammi di peso. E' il modello intermedio, ne esistono da 50 e fino a 200 Wh. Ovviamente il taglio della batteria influenzerà la durata di utilizzo ma anche pesi, ingombri e costi complessivi. in questo caso il complesso risulta perfettamente equilibrato e non richiede di usare treppiedi particolari per sostenerlo. Basta lo snodo in dotazione - che è identico a quello del RC 60 B - che mantiene la stessa mobilità anche con la batteria inserita. La batteria si ricarica direttamente per la presa di forza PD in circa 2 ore e mezza. dispone di un display OLED "parlante" che da svariate indicazioni, tra cui, ovviamente, la percentuale residua di carica. che nell'illuminatore è indicata solo genericamente con la grafica. qui abbiamo il solito tester USB-C che dichiara di avere un passaggio sostenuto di circa 3 A per 20 Volt per una risultante potenza assorbita di 64 Watt circa, come disponibili dalla presa del caricabatterie che stiamo impiegando. valori che sono confermati, almeno sul piano della tensione di ingresso, dal display della batteria. Insomma non si tratta semplicemente di una batteria ma di un sistema di alimentazione (ci sono svariate prese ed uscite ed è persino presente una filettatura per avvitarla eventualmente ad un sostegno. Può essere validamente utilizzata anche per alimentare altre cose, per esempio un RC 60B, usando un morsetto da treppiedi per sostenerla sotto al dispositivo. Ma sul mercato esistono accessori di ogni tipo, vista l'ubiquità, specie in campo video professionale di questo tipo di batterie. piena carica o quasi dettaglio degli attacchi disponibili - USB-C, USB-A, bipolari. La scelta di SmallRig - che non a caso le produce - colloca quindi la soluzione a diritto in campo professionale. il cono di luce emesso a solo il 15% di potenza dall'illuminatore è notevole. Merito soprattutto del riflettore efficiente che incrementa di molto direttività ed intensità della luce sul soggetto. Chiudiamo con un confronto con il modello RC 60B che viene affiancato, non necessariamente sostituito dalla nuova luce. sagoma, ingombro e peso sono vicini. Il nuovo modello è solo di poco più grosso del precedente. Per questo motivo non capiamo la decisione - forse dettata da economia ? - di SmallRig di non consegnarlo con la stessa borsetta. Noi abbiamo impiegato pochi minuti ad adattarne uno, semplicemente ritagliandone la sagoma su quella dell'altro ottenendo così certamente una soluzione più elegante e pratica, specie quando si va da un cliente o comunque in esterni ed è decisamente unprofessional farsi vedere con una scatola di cartone ... come pretenderebbe il produttore ! la scatola in cui viene consegnato il prodotto e che dovrebbe fungere anche da contenitore sul campo, tranne che, come facciamo noi in taluni casi, non mettiate tutto alla rinfusa nella borsa fotografica. Meglio la soluzione "borsetta" o valigia rigida, facilmente adattabile se già non ne avete una. le possibilità operative "volanti" di un RC 100B con una batteria da 99Wh. Potenza e autonomia Abbiamo misurato la luce disponibile. Ad un metro con il riflettore standard abbiamo circa 16000 Lux. Un livello ottimo anche se inferiore al dato ottimistico dichiarato dal produttore. Con il guscio di silicone che ammorbidisce nettamente la luce, abbiamo un livello pari a 1800 Lux. Per confronto, il modello RC 60 B fa misurare rispettivamente 8300 e 970 Lux. Il che ci conferma quanto empiricamente avevamo ipotizzato, ovvero che il COB installato sul RC 100B emette all'incirca il doppio di potenza, siano questi 120 Watt non sapremmo dire, ma è possibile. Questo in parte spiega il fatto che la batteria da 99 Wh con la luce a piena potenza non dura un'ora ma una cinquantina di minuti. Mentre con un impiego in luce mista - ambiente più illuminatore - con livelli tra il 30 e il 50% al massimo, si riesce a lavorare anche per due o tre ore. Ognuno ha il proprio mileage al riguardo. Noi riteniamo che nel ritratto questo tipo di luce vada usata dosandone l'effetto in luce mista, quini andando ad incrementare il livello della luce naturale, per dare accento ed effetto. O in controluce ma sfruttando la luce esistente in ambiente e mai come luce unica. In quel caso la luce sarebbe troppo puntiforme e dura e richiederebbe un softbox o un altro tipo di diffusore con un abbattimento notevole della potenza disponibile. Insomma, dipende molto da cosa si deve fare e cosa si vuole ottenere. Probabilmente per still-life o macro sarebbe diverso. Ma pensiamo che anche per la macro sul campo la luce diretta in ambiente misto sia sempre preferibile. Altrimenti ci sono soluzioni più potenti - ma anche meno portatili - di questa. Il vantaggio di questo genere di luce, che accomuna RC 100B ed RC 60B, è la facilità di impiego, senza fili e con "impegno" di trasporto minimi. Ogni "complicazione" andrebbe a vantaggio di soluzioni più grandi (ci sono oramai LED di ogni potenza e flash ben più potenti ancora). Conclusioni Ci attendevamo lo stesso genere di impiego e di prestazioni già ampiamente sperimentati con il modello da 60 watt ma con una potenza doppia. E SmallRig non ci ha delusi. Non è sempre così ma quando succede è una soddisfazione. Se ci sono limiti in questa luce sono nel concetto che bisogna sposare se si vuole questo tipo di soluzione. Avendo a mente che noi abbiamo luci fino a 600 watt di ogni tipo, con modificatori adatti ad ogni scopo. Qui parliamo di luci che non possono sostituire emettitori più grandi e più potenti ma che fanno della portatilità e facilità di messa in campo e di impiego - anche in ambienti molto piccoli - la loro arma vincente. I costi non sono indifferenti ma la differenza rispetto a fotografare con la luce che c'è, rendono l'impiego - a nostro avviso - non rinunciabile, una volta che si è provato. Del resto spendiamo cifre di gran lunga superiori per borse o accessori di secondaria importanza, per non parlare di obiettivi e fotocamere. Quindi : Pro: luce potente, oltre il dato di targa (probabilmente) con indice CRI che testimonia elevata fedeltà peso, ingombro, facilità di impiego, a tutta prova costruzione esemplare, di livello decisamente elevato e professionale costo contenuto (pari a poco più del modello RC 60B, salvo scontistica, esclusa la batteria) compatibilità con gli altri accessori della stessa linea di luci batteria v-mount di impiego più professionale, rapido e sicuro rispetto alla soluzione un pò da bricoleur del RC 60B (che però dispone di batteria interna) quando se ne vuole aumentare la autonomia con un power bank appeso sul retro Contro: è consegnato in una semplice scatola di cartone che, benché bella e con una valida protezione in schiuma, è inadatta a portare la luce in location o da un cliente è consegnato del tutto privo di fonte di alimentazione : visto il livello e il tipo di luce, SmallRig evita di obbligarvi a comperare cose che potreste avere già (alimentatori adeguati e batterie V-mount adatte) o che potete scegliere in base alle vostre effettive esigenze a differenza del RC 60B non ha batteria integrata (scelta del tutto condivisibile vista la potenza e la necessità di ventilazione ma è certo un punto a favore del modello più piccolo) costo di lancio impegnativo se sommiamo il prezzo del kit (di listino 268 euro anche se già scontato del 15% a cui va aggiunta una batteria da 99 Wh che costa intorno ai 174 euro, anche se scontata anche esso). Ma - fidatevi - vi possiamo assicurare che se fate ritratto in luce ambiente in location non attrezzate e con spazi limitati, la qualità delle vostre foto crescerà così tanto che la spesa vi sembrerà indifferente, per i risultati. costo elevato dell'alimentatore opzionale da 24 volt che utilizza un connettore proprietario e quindi non è riutilizzabile per altri scopi Insomma, per noi è uno strumento già inserito in linea di produzione. Tanto che pensiamo di prendere un secondo esemplare in primavera, approfittando del naturale decremento dei prezzi.
  4. Lexar è diventato il nostro fornitore di riferimento per le schede CFExpress così come lo è sempre stato per le SD e lo era per le XQD. Abbiamo provato schede di differenti produttori e nessuna delle altre ha dimostrato la stessa costanza di prestazione e di rendimento sul medio termine. Rileviamo peraltro prestazioni uniformi tra i differenti tagli di memoria, grande disponibilità di capienze e velocità, su tre linee prodotto differenti. Attendiamo con interesse la disponibilità delle nuove CF 4.0, presentate la CES di Las Vegas e non ancora immesse sul mercato ... dopo il mezzo flop delle ProGrade da noi testate qualche mese fa. Questa Lexar è della serie Silver, idealmente quella "basica" che mostra il miglior rapporto prezzo/prestazioni. Più in alto ci sono le Gold (le più capienti) e le Diamond (le più veloci). Abbiamo scelto il taglio da 512 GB per le nostre esigenze e lo proviamo oggi in vista di utilizzarlo poi con la nuova Nikon Z6 III, apparentemente ci sembra la scelta più indicata, visto che quella macchina propone file e video di dimensioni ridotte rispetto a Z8 e Z9. *** La scheda viene consegnata nella consueta confezione in cartone con dentro un contenitore in plastica che a sua volta protegge il classico guscio/custodia per la scheda che si caratterizza per la banda in color argento. Le prestazioni promesse sono stampigliate sulla confezione e sulla scheda : 1750 MB/s in lettura e 1300 MB/s. Sappiamo che queste sono promesse e quindi noi facciamo sempre le nostre misure nei nostri sistemi. Come per le altre schede Lexar di recente produzione (le schede che confronteremo in questa sede sono tutte dell'ultima produzione), è ben evidenziato Made in Taiwan. Ovvero chip e controller provengono da Taiwan, sede di TSMC. Longsys - proprietaria del marchio Lexar - produce nella Cina continentale i chip e i componenti degli altri supporti di massa. Ma evidentemente ancora non dispone della tecnologia per produrre ai livelli richiesti dalle CFExpress/NVME. la confezione ha stampigliature anche in italiano. Un segno di attenzione al nostro paese e chiaramente questo prodotto - acquistato da noi su Amazon.it - appartiene alla serie distribuita regolarmente nel nostro continente. Stia attento l'acquirente alle fregature sempre possibili in questo segmento. Acquistando da un venditore affidabile si ha la possibilità di essere rimborsati o di avere la sostituzione del prodotto, qualora non risultasse conforme o fosse contraffatto. ecco la scheda ripresa in controluce, in luce artificiale non si apprezza bene la banda che però non si può confondere con la Gold perché quella ha la banda dorata ben visibile, mentre la Diamond ha lo scudetto al posto della banda colorata. il trio di schede che abbiamo in laboratorio. Gold da 1TB, Silver da 512 GB, Diamond da 256GB. *** Le misure si sono dimostrate ben distanti dalle promesse, ma è la norma anche per le altre schede. a riposo abbiamo riscontrato 30 °C (25 °C è la temperatura ambiente di oggi). Mentre dopo un test e il trasferimento di 2650 file la temperatura è arrivata a 45 °C. Dopo una serie di test abbiamo registrato un massimo di 56 °C senza che si attivasse nessun avviso di allarme automatico. Siamo nella norma per questi dispositivi. Per quanto riguarda le prestazioni, abbiamo misurato un dato interessante, peraltro abbastanza omogeneo tra lettura e scrittura questo è misurato con un lettore USB 4.0 ProGrade con un miniPC Windows. Mentre questo è con la workstation da scrivania che mostra un vantaggio marginale. Per riscontro, il trasferimento dati (la semplice copia di qualche cartella di immagini NEF) evidenzia un valore medio di circa 700 MB/s, interessante anche se al di sotto del GB/s che in media riscontriamo con la Gold o la Diamond. In video : abbiamo la conferma. La scheda maneggia circa 900 MB/s ed è in grado di sopportare praticamente il formato 8K. Come c'è evidenziato sulla confezione. Ovviamente la scheda funziona perfettamente sulle nostre Nikon. Ci fermeremmo qui con le misure, riservandoci poi di testarla, come anticipato, con la Nikon Z6 III. Salvo evidenziare che ... ... strumentalmente, i valori in scrittura e in lettura, misurati con gli stessi strumenti, si dimostrano praticamente di poco differenti tra le tre schede confrontate. Ci permetteremmo di concludere che le differenze tra le schede siano da considerare oramai marginali a questi livelli e che prestazionalmente si equivalgano. Potremmo pensare che quelle più pregiate possano sopportare meglio il flusso elevato e continuo delle macchine più prestanti, magari con i formati video più impegnativi. Ma salvo verifica a questo punto, almeno per Lexar, è solo una questione di costo al Gigabyte. *** La scheda da 1 TB costa 239,99 euro, con un costo per GB di €0,24 per GB La scheda da 512 GB costa 169,9 euro, con un costo per GB di €0,33 per GB La scheda da 256 GB costa 118,99 euro, con un costo per GB di €0,46 per GB La scheda da 128 GB costa 93,99 euro, con un costo per GB di €0,73 per GB con un vantaggio per l'acquirente che cresce con il crescere del taglio (perché ovviamente si diluisce il costo della scheda rispetto ai chip). la temperatura media rilevata durante i primi test (copia di file per 59 gigabyte).
  5. E' piccolino per gli standard Audio-gd, solo 24x30x8,5 cm per 4.5 chilogrammi di peso. Ma è un piccolo gioiello di integrazione. E' realmente bilanciato. E' realmente R2R. E' realmente tutto in classe A. Ovviamente in un telaio così piccolo non potremmo aspettarci di avere un vero DUAL MONO. L'alimentazione è unica, la scheda madre è unica e comprende tutte le sezioni, anche se la separazione è chiaramente individuabile e i due canali di uscita perfettamente simmetrici. I moduli di conversione, modello DA-7MK2 sono separati, due doppi sovrapposti e protetti dalla solita schermatura che non ho voluto smontare per le mie foto, per cui sfrutto quelle ufficiali del produttore. Sono marchiate Audio-gd per non indurre a pensare che siano prodotte fuori ed adattate. Sono tutte identiche ed accoppiate dopo misurazione. Ne abbiamo già parlato a proposito del R27HE. La rete di resistenze, doppia per ogni sezione di ogni convertitore, è controllata per maggiore precisione da un processore Xilinx che si occupa di mantenere le tolleranze di esercizio. Il segnale entra dalla sezione digitale posta alla sinistra dei moduli ed esce per i canali di amplificazione posti sotto ai moduli. Che vediamo in questa foto qui sotto, perfettamente simmetrici e totalmente a discreti in questo schema a blocchi invece ci viene evidenziato l'angolo di controllo del segnale e l'isolamento galvanico che permette di scartare le spurie in ingresso dalla porta USB. Che è la solita Amanero (solita per Audio-gd in quanto non mi pare che ci sia qualcun altro che la adotta). le alimentazioni, le stabilizzazioni e tutti i circuiti di servizio sono in classe A. Ma in una unica scheda madre, con un solo trasformatore. E' il compromesso di un progetto così compatto e così ... relativamente contenuto di prezzo (circa 900 euro di listino). Al posto della solita parete di separazione che negli apparecchi più grossi è una piastra di alluminio spessa 5mm, qui abbiamo una sottiletta di acciaio, infilata tra l'alimentazione e il resto dei circuiti. Mentre - stranamente, sul lato sinistro della macchina c'è una piastra a ridosso del fianchetto il cui scopo, se non ha motivi di equilibrio meccanico, mi sfugge. Ma vediamolo nelle mie foto del mio esemplare (comprato con i miei soldi da Magna Hifi di Amsterdam). comandi e prese di ingresso sono della stessa qualità di tutti i modelli, anche quelli superiori. Lo standard è molto elevato. la vista di insieme dell'interno con in primo piano l'alimentatore, unico per i tre circuiti il frontale è più che essenziale. La struttura è da macchina industriale. Il dispendio di materiali da ferramenta indiscutibile. il fondello è solido. Non presenta feritoie di sfiato per il calore. uno dei quattro piedini isolati di buona fattura e dimensione. Le tante viti di blocco di componenti elettronici e circuiti. la matricola e la tensione sono stati messi su un lato anzichè sopra alla presa di corrente come di solito evidentemente lo sticker non ci stava. Ingressi e uscite sono di alta qualità. Si nota la porta USB e sotto quella ottica in standard HDMI (ma non compatibile con i segnali video, ovviamente, solo audio) manca, abbastanza inspiegabilmente visto che altri produttori la mettono anche su macchine da 200 euro, un ingresso AES/EBU. Le uscite invece sono complete nei tre standard di tutte le macchine bilanciate Audio-gd. altra vista. Sotto c'è la scheda digitale, la porta USB e quella di controllo del segnale, compreso l'isolamento galvanico della stessa. L'ingresso I2S è regolato da microprocessore. La scheda di alimentazione sta sul frontale ed è unica ma comunque costruito con grande dispendio di materiali, esattamente come quelle doppie o triple dei modelli superiori. Alimenta in classe A tutte le sezione del convertitore. I due moduli doppi, in totale 8 convertitori, sono messi in sopraelevata e schermati da piastre di acciaio. Sono poste sopra i due canali analogici di uscita, totalmente a discreti. vista ravvicinata della porta USB e della logica di controllo digitale. dettaglio degli avvolgimenti del trasformatore dei cablaggi e dei transistor di potenza dell'alimentatore la schedina di controllo del display posta a ridosso del frontale il frontale, sezione pulsanti ancora un dettaglio della scheda USB di Amanero e l'FPGA Xilinx già visto negli altri DAC Audio-gd che è programmato dal costruttore allo scopo di controllare i flussi di segnale in ingresso verso i moduli di conversione Per finire le funzionalità, accessibili per i tre tastini appena sotto al display. Che è ad una sola linea e a LED a barre, come nelle calcolatrici degli anni '70. Comunica poco e per di più lampeggia le informazioni in successione (tipo frequenza di campionamento in ingresso, porta, settaggi). Abbastanza discutibile ma è una costante di tutti i prodotti del marchio. 44.1 Kilohertz. Ok. e poi ? boh ?
  6. Un grandissimo grazie ad HIFIMAN che ci ha inviato in prova questo set - cuffie Jade II e amplificatore dedicato - si tratta di un sistema che pur essendo entry-level per la gamma di cuffie elettrostatiche del marchio HIFIMAN possono offrire una risposta definitiva a certe esigenze di ascolto. Ma non voglio anticipare troppo le conclusioni dell'articolo che troverete in fondo alle note di ascolto. Andiamo direttamente alla prova di ascolto comparativa : la batteria di campionesse a confronto : HIFIMAN JADE II, HIFIMAN ARYA, STAX SR404 SN *********************************************************************** Seguono i brani ascoltati in dettaglio ma in SINTESI : Le Jade offrono un suono entusiasmante e dettagliato ma sono estremamente selettive sia nel genere che nei singoli dischi. Inadatte - secondo il mio punto di vista - a dipanare enormi masse orchestrali o contenuti energetici elevati, nei piccoli complessi, sia vocali che strumentali e soprattutto negli strumenti solisti, danno il massimo con un risultato che è ad un passo dall'evento reale. Attenzione al volume perchè dopo un pò potreste farvi male : non c'è distorsione e quindi si tende a voler ascoltare ogni singolo suono distinto dagli altri. Le vecchie Stax se la cavano ma offrono sempre una prova molto personale, spesso sopra le righe. Portano in luce cose che con le Arya non si sentono proprio ma trascurano invece intere sezioni dello spettro. Le Arya sono la sintesi e l'equilibrio. Magari gli amanti della musica rock/heavy faranno bene ad evitarle, ma per gli altri sono un vero piacere. Ma le Jade in alcuni dischi sono semplicemente di un'altra classe. Non sempre, però dove le Arya danno una prova ottima ma non sorprendente, le Jade invece rendono magico quello che state ascoltando. Le acquisterei ? Ve lo dico alla fine ! *********************************************************************** I dischi utilizzati nella prova in batteria AC/DC : The Razors Edge/Thunderstruck e Fire Your Guns Jade : suono dettagliato, precisissimo ma nel complesso sottile. Chitarre non invadenti, voce un pò più sottile di come la conosco io. Basso indietro, un pò vuoto. Arya : basso pieno anche se non stravolgente, voce chiara, piatti metallici ma concreti Stax : chitarre fantastiche, voce perfetta, basso secco, corto, anzi, cortissimo Le Arya danno la risposta più convincente con un genere che non è adatto a nessuna di queste planari. Le Stax, al solito, se la cavano sempre bene, le Jade non trovano giustizia con questa musica Bach : Grosse Preludien un Fugen - Ullrich Bohme Jade : il pedale è più presente di quanto non si senza con le Stax, le voci superiori sono perfettamente separate, la spazialità del suono esemplare, rispetto alle Stax ma anche alle Arya Arya : basso molto più in evidenza ma si nota un pò di stacco con il medio e l'alto. Suono complessivamente più convincente delle altre due cuffie Stax : suono avvolgente e deciso, basso non particolarmente immanente e immagine non particolarmente ampia ma c'è tutto quello che si vorrebbe sentire Le Arya hanno la risposta più completa ma il suono delle Jade è semplicemente più bello. Le Stax rappresentano invece un organo molto più piccolo. Sinéad O'Connor : I do not want what I haven't got/Feel so different Jade : la voce è su un altro piano come c'era da aspettarsi, l'orchestra presente con i suoi pizzicati, immagine larghissima Arya : voce chiarissima, bella. Violini tersi, cristallini, nessuna fatica a seguire l'intero brano anche a volumi da mal di testa Stax : voce perfettamente amalgamata con l'orchestra, bassi pieno, immagine ampia Le Jade sono più emozionanti e nel complesso il risultato è più sexy di quello delle Arya. Le Stax non ci arrivano proprio. Sergey Babayan : Rachmaninoff/Appasionato Jade : mano sinistra molto più in evidenza, basso in ritirata, un pianoforte troppo più esile di quanto non si vorrebbe Arya : prestazione esemplare, suono pieno, pianoforte smisurato, basso potente, le due mani in perfetto equilibrio Stax : alti un pò metallici, sembra che la registrazione sia stata effettuata più da vicino, i bassi non si sentono Arya, Arya, Arya, soprattutto. Schubert : Trio Op. 100/II Andante con moto Jade : immagine fantastica, pianoforte non troppo in evidenza, violino lagnoso, violoncello un pò esile Arya : il violoncello qui si riscatta in pieno, il violino è meno rugoso, meno brillante, meno sexy, il pianoforte è completo e non copre gli altri strumenti Stax : pianoforte in evidenza che copre il violino, il violoncello é bello ma non abbastanza pieno Arya e Jade alla pari, che vi piaccia di più il violoncello o il violino, dipende da voi. Bach/Christian Tetzlaff : Ciaccona in re minore Jade : il violino moderno di Tetzlaff è semplicemente inarrivabile nel suono offerto dalle Jade, si sente il suo respiro (del violino, non del violinista), il nero tra gli spazi, una prova di un livello artistico sensazionale Arya : bello e completo, amalgamato Stax : elegante, questo è il campo delle elettrostatiche, pulito, chiaro, analitico. Manca però la nitidezza e il capacità di microdettaglio delle Jade Jade insuperabile, Stax per una prova molto personale, Arya in secondo piano. Questo disco è meraviglioso, con le Jade non riesco a smettere di ascoltarlo. Queste cuffie dovrebbero essere consigliate a tutti i violinisti. Diana Krall : The girl in the other room Jade : rispetto alle Stax si sente di più il riverbero della voce, il suono del piano è più bello e anche l'accompagnamento è più rotondo Arya : basso più rotondo, contrabbasso perfettamente udibile dove con le Stax non si sente, la voce è in secondo piano ed è meno chiara rispetto alle altre due, un pò più bassa e manca di tutto il dettaglio e l'ultrarealismo delle Jade Stax : la voce di Diana è più in risalto con le Stax, ma il complesso della prova offerta dalle Jade è di un altro livello Anche qui le Jade secondo me danno prova di elevato livello. Le Arya sono raffinate ma non così sexy. Silje Nergaard Jade : voce bellissima di cui si apprezza ogni dettaglio, pianoforte un pò metallico, meno appagante ma non è quello che mi interessa in questo disco Arya : bello finché non si sente con le Jade ma il pianoforte delle Arya è di un altro livello Stax : complessivamente meglio delle Jade, è il timbro di voce che meglio si presta alla sua impostazione. Pianoforte chiaro e tutto sommato migliore di quello delle Jade Jade o Stax secondo i vostri gusti. Probabilmente per me, Stax John Williams : tema di Guerre Stellari Jade : suono chiaro, forse troppo ma è questione di gusti Arya : equilibrio energetico più lineare con una presenza sulle basse più intensa ma archi meno accattivanti delle altre due Stax : bello ma suono un pò esile Un direttore d'orchestra qui certamente tenderebbe a preferire le Arya, i violinisti continuerebbero a scegliere Jade Genesis : Sellng England by the pound Jade : la voce di Peter Gabriel appare un pò più esile di quanto non mi piacerebbe, e i bassi sono chiaramente meno potenti Arya : bella prova, voce, quadro d'insieme, potenza, più interessante Stax : suono troppo esile, troppo sbilanciato sulle alte E' un disco che anche rimasterizzato resta un pò aspro. Le tre cuffie danno una prova differente. Le Stax eccellono negli arpeggi delle chitarre, le Jade nella voce di Gabriel che però é più corretta nelle Arya che hanno più potenza. Le Stax in un ascolto prolungato sono troppo esili e un pò artificiose. Beethoven/Savall : sinfonia n. 3 Jade : suono pulito, ampio, archi setosi e leggeri, bassi decisamente in secondo piano Arya : questione di equilibrio, questa registrazione si caratterizza per l'ampio risalto dato ai timpani e la leggerezza degli archi. Il contenuto energetico con le Arya salta subito in primo piano, non che con le due elettrostatiche non ci siano i timpani, ma sono leggeri ed aperti come il resto della registrazione Stax : una via di mezzo tra le due, archi in primo piano, medio-bassi in evidenza, bassi profondi inesistenti (contrabbassi) Monteverdi : Il terzo libro de' madrigali Con questa registrazione - praticamente perfetta - siamo nel dominio delle cuffie planari. Sinceramente non riesco a decidere una prevalenza. Le Stax pongono, come sempre, in primissimo piano le voci femminili. Le Jade hanno un suono splendido e, magicamente, le voci maschili sono le più belle. Le Arya, eleganti ed energetiche come sempre. Till Bronner : Night Fall E' un disco in cui si sente il fiato di Till mentre suona e ogni singola corda del contrabbasso di Dieter Ilg. Le tre cuffie danno una interpretazione molto differente tra loro. Le Stax mettono tutto in primo piano, senza privilegiare nulla. Le Arya sono più scure. Le Jade, incredibilmente dettagliate in tutto, e a dispetto di quello che si penserebbe, donano il più bel contrabbasso immaginabile. Il suono è più chiaro ma più lucido, come l'evento reale. *********************************************************************** Jade e Stax si sono alternate sia sull'amplificatore HIFIMAN che sul mio valvolare Stax. Le Arya sono state pilotate dal mio Audio-GD R28 via cavo bilanciato in argento. L'Audio-GD R28 ha fatto sa semplice ricevitore/DAC per gli amplificatori delle elettrostatiche. Costruzione : Robuste e bellissime. Meglio delle Arya. Non solo per quella fluorescenza verde che traspare dai padiglioni ma proprio per l'insieme. Mi piace di più sia il pad che l'archetto, tondo. Stanno perfettamente in testa senza alcun bisogno di regolazione. il cavo è di ottima fattura. Non lunghissimo e ovviamente, non intercambiabile. Sembra anche robusto. Connettori di splendida fattura, nel complesso più elegante della fettuccia interminabile delle mie Stax. Costruttivamente sono superiori alle Stax, che sono sempre state fragili e tutte in plastica (oltre che orrende) quel connettore pentapolare è del tutto compatibile, come la tensione di alimentazione, agli standard Stax : quindi intercambiabilità totale. segni particolari ? Bellissime ! L'amplificatore offerto in bundle è di ottima fattura. Solido e pesante, non offre appigli a critiche. L'esemplare in prova ha la manopola del volume un pò allentata. Forse basterebbe stringere le viti di blocco ma non ho voluto verificare. offre due uscite per due cuffie differenti (cosa che mi ha permesso di alternare all'ascolto le mie Stax senza equilibrismi) mentre gli ingressi sono sia bilanciati (da preferire, perchè le elettrostatiche sono bilanciate per natura) che sbilanciati la sagoma laterale è a forma di trapezio, giusto per rendere più elegante la forma complessiva. ho letto in molte recensioni critiche a questo apparecchio. Nell'ascolto in confronto con il mio Stax (che costa molto di più ed è a valvole) si notano alcune sfumature a favore dello Stax ma sostanzialmente solo nella gamma più alta. Considerando l'offerta di acquisto e la disponibilità molto rara di amplificatori per cuffie elettrostatiche io non starei troppo a pormi dei dubbi. Se non avete già uno Stax in casa, prendetelo con fiducia. ****************************************************************************************************************** Non sto ad indicare le caratteristiche tecniche delle Jade II, potete trovarle insieme a tutta la documentazione sul sito ufficiale. Per i più tecnici, rimando alle misure di risposta che ho effettuato e pubblicato nei giorni scorsi qui : e che in larga parte trovano conferma nelle sensazioni di ascolto. ********************************************************************************************** Conclusioni Prova molto, molto impegnativa perché queste sono cuffie di alto livello e con caratteri simili. Difficile stabilire un vincitore anche se tenderei ad escludere le Stax che guardo con indulgenza per la loro età e per cosa hanno rappresentato per me. Se non avessi già le Arya acquisterei subito le Jade II. Si sposano alla perfezione con quello che significano per me le cuffie. Per me l'ascolto in cuffia non è una alternativa a quello tradizionale con gli altoparlanti. Quello resta il mio modo di ascoltare la musica. In cuffia voglio poter analizzare il dettaglio e non mi interessa una riproduzione o un tentativo di riproduzione in scala dell'evento musicale. Il dettaglio, il suono, tutto ciò che generalmente non si riesce ad ascoltare anche dal miglior speaker del mondo. Per questo credo che non ci possano essere delle cuffie assolute in grado di suonare tutto al meglio e come piace a me. Le Jade II, se vogliamo, sono ancora più esclusive in una visione di questo genere perché sono eccezionali - non esito a dire MAGICHE - in certe cose. Ma non in tutte, sebbene sappiano dare sempre una interpretazione di grandissima classe. Suono raffinato, dolce, mai affaticante sebbene il medio e l'alto - almeno finché arrivano le miei vecchie orecchie - sia di una precisione ad altissima risoluzione. Nei violini non ho mai sentito niente di altrettanto realistico. E nelle voci a cappella o comunque, senza intermediari elettronici in mezzo, non si possono assolutamente battere in questa fascia di prezzo. E nel jazz fatto di piccoli gruppi e con voci complementari, dove persino il contrabbasso diventa vivo oltre l'immaginabile. Sono molto meno convincenti dove ci vuole energia e dove le masse sonore trascinano il senso del suono. Dove non c'è dettaglio è uno spreco utilizzare queste cuffie. Un pò come tentare di guardare fuori dalla finestra con il microscopio. Anche le Arya non sono indicatissime per i grandi volumi sonori (non parlo di livello acustico, parlo di volume, avete in mente l'ottava sinfonia di Mahler ?) ma si tolgono dai guai meglio delle Jade. Se hanno un limite è nel prezzo del sistema, perchè uno deve comprarsi anche l'amplificatore. E queste non possono essere le uniche cuffie che hai in casa, perchè per certe cose non possono essere usate (tipo il rock o l'heavy metal, oltre alla grande orchestra). Ma se avete già un amplificatore oppure volete avere dei monitor elettrostatici che in fondo costano una frazione di qualsiasi altra cosa di fascia superiore possiate immaginare, beh, pensateci bene. Io stesso, che potrei comprare le sole cuffie, sono maledettamente indeciso .... cederò alla tentazione ? Ve lo farò sapere !
  7. Ho comprato questo DAC nel dicembre del 2022 e l'ho utilizzato ininterrottamente fino al mese scorso come unità di conversione semplice, nella catena di controllo dei miei diffusori dipolari quadriamplificati. Avvicendava l'Audio-gd R28, usato solo nella sua funzione di DAC, nello stesso ruolo, che mi sembrava un pò troppo delicato per i miei bestioni. Adesso l'ho sostituito temporaneamente con il vecchio Audio-gd NFB 7.1, altro Sigma-Delta che ha all'attivo una decina di anni di servizio. Nella realtà questo Gustard è molto più di un DAC, potendo funzionare anche come preamplificatore digitale e ricevitore di segnale wireless. Ci sono altri Gustard ancora più evoluti che possono fungere da renderer di rete e via discorrendo. Vanta una pletora di ingressi, completo di tutto quello che si può chiedere ad un apparecchio di questa classe di appartenenza. L'ho trovato su Amazon in campagna sconto natalizia, venduto dal distributore cinese dei tanti marchi noti anche sul nostro mercato. Sinceramente io sono "vecchia scuola", nel senso che tendo a preferire unità separate e specializzate. Per cui mi piace che un DAC faccia il DAC e niente altro. Ma tutto sommato in questo caso si tratta semplicemente di una fisima, in quanto basta non utilizzare il resto, scegliere l'ingresso adatto e poi mettere a ZERO il controllo di volume e anche questo X26 PRO farà il DAC puro e semplice. Immagino che la sigla PRO derivi dalla scelta del chip principale, l'ESS SABRE ES9038PRO, per l'appunto che qui è utilizzato in doppio mono con tutti i canali interni messi in parallelo a servizio di uno dei due canali stereo, uno per canale. Si tratta di un chip monolite , estremamente sofisticato e con caratteristiche di altissimo livello, l'ammiraglia del marchio californiano in quel momento, in grado di caratterizzare l'intero progetto. É un convertitore da digitale ad analogico che funziona sul principio della modulazione Sigma-Delta (vi risparmio la frequenza di Nyquist, il teorema di Shannon e la funzione di Dirac : in questa sede non aggiungerebbero nulla) per trasformare il flusso di bit con cui è codificata la musica digitale in una corrente analogica. L'operazione nel suo complesso viene effettuata in un chip singolo nella più classica ed economica tecnologia CMOS (come quella dei nostri sensori digitali delle fotocamere). un microchip ESS ES9038PRO visto di sopra e di sotto. I tanti piedini sono i contatti di ingresso e di uscita. Il circuito di controllo deve essere progettato strettamente secondo le specifiche di ESS, pena un decadimento delle prestazioni o il mancato funzionamento secondo le specifiche. ESS è uno dei principali produttori di convertitori monochip dedicati al mondo audio. Insieme ad AKM, Wolfson, Crystal, Texas Instruments e pochi altri, praticamente tutti statunitensi o giapponesi. Ma torniamo al nostro apparecchio. Si presenta in un telaio di alluminio del peso di 7 chilogrammi e delle dimensioni di 330mm x 260 x 65. La finitura è in nero e grigio antracite. Le superfici sono spazzolate e la qualità percepita è subito elevata. naturalmente io l'ho aperto, rimuovendo il telaio (per farlo si devono svitare sei viti passanti che dal fondo arrivano al coperchio superiore. C'è poi una vitina di blocco sul retro che tiene fermo definitivamente anche il pannello delle connessioni). Le pareti del telaio sono spesse dai 5 agli 8 mm e l'insieme è tenuto da squadrette interne avvitate alle pareti. Nel sollevarlo si nota subito uno sbilanciamento sulla sinistra. E' dove sono ubicati i due trasformatori toroidali audio-grade. notiamo subito la separazione tra i trasformatori, il circuito di alimentazione e la sezione di conversione digitale. In piedi, sul lato corto, troviamo una scheda madre che contiene i processori di controllo mentre a ridosso del frontale ce n'è un'altra che pilota la manopola del menù e il display anteriore. i due trasformatori sono marchiati Gustard e sono separati dal resto da una parete di alluminio che fa da schermo. in mezzo c'è la sezione di livellamento che contiene condensatori da 6800 microFarad, sufficienti per un piccolo amplificatore integrato, transistor tripolari di potenza e altri condensatori Wima. E' tutta componentistica di primordine e costo adeguato. Sulla parte in fondo ci sono i ricevitori e il clock interno, anche questo marchiato Gustard. a destra c'è la sezione di conversione vera e propria che ha una topologia simmetrica con i due canali separati a partire dai convertitori, surmontati da un dissipatore ad alette. La componentistica è ibrida, a discreti e a integrati. i due ES9038PRO e il loro dissipatore. La schedina in verticale è il controllo del multiselettore del menù. La schedina sulla destra, di costa, prende tutta l'elettronica di controllo. il clock interno, marchiato Gustard K2 dettaglio dei condensatori di livellamento della corrente. Una sana sezione di alimentazione è sempre indice di un progetto interessante. Diffidare di chi si vanta di utilizzare un alimentatore esterno o di uno switching. particolare della scheda centrale, di costa che contiene il ricevitore USB XMOS, un DSP Shark e processore ARM con tanto di memoria flash. Praticamente si tratta di un microcomputer che gestisce tutte quelle funzioni evolute che io, nella realtà, ho bypassato del tutto. Vediamo invece i condensitari WIBA ad alta tensione e quelli Gold più grandi in fondo. ancora una vista dei due ESS e dei circuiti di uscita le piattine di connessione della scheda di controllo e del display anteriore il multiselettore di accesso al menù e il marchietto X26pro. e ancora un dettaglio di ARM, memoria Flash e DSP Analogo Devices Shark con una vista sulle connessioni. Andiamo proprio alle connessioni. c'è un ingresso per un eventuale clock esterno da 10 MHz, l'ormai desueto ingresso ottico, così come il coassiale digitale. La porta USB e quella per l'antenna bluetooth se uno vuole usare questo apparecchio come ricevitore di un segnale MQA da smartphone e infine le porte più utili, per i miei utilizzi. La tripolare AES/EBU per cavi ad impedenza controllata e la porta HDMI incaricata del trasporto del segnale digitale I2S, quella raccomandata per la minimizzazione del jitter, anche se il reclock interno di questa unità sembra funzionare molto bene. in quanto alle uscite, non ho mai impiegato quelle sbilanciate che recano ancora il cappuccio rosso mentre impiego correntemente quelle XLR bilanciate E completiamo il tour con il fondello, molto ben fatto con quattro piedini ben dimensionati per sostenere un peso non indifferente visto il telaio così piccolo. sia il fondo che i fianchetti sono dotati di fori e di fessure di ventilazione adeguate Ultima vista di insieme L'ingegnerizzazione è di livello veramente elevato. La qualità dei componenti ma soprattutto la tipologia dei circuiti e la loro fattura dimostra qualità fuori dal comune. Sembra di vedere un apparecchio Yamaha o Panasonic del massimo livello. Insomma, a differenza di altri cinesi più esoterici, non ha nulla da invidiare alla migliore produzione industriale - audio e di elettronica professionale - occidentale. Oramai l'implementazione di questi componenti è alla portata di tutti così come è relativamente facile integrare processori così sofisticati per consentire misure consone al livello atteso. Qui peraltro stiamo parlando di un dispositivo di fascia media del costo corrente di circa € 1.500, non esagerato ma certo ben al di sopra della fascia più diffusa. Chi ne mastica di audio e di audio digitale in particolare, sa che si può fare un apparecchio funzionante relativamente con poco e che la scelta di questo o quel componente è relativamente ininfluente se la circuitazione è adeguata. Ma fare alimentazioni all'altezza e stadi di uscita che portino il suono al livello atteso è un altro paio di maniche. E qui abbiamo tutti gli ingredienti giusti. La riprova è data dal fatto che acceso, il Gustard X26PRO dopo un pò si scalda. E qui si spiega il motivo di un telaio robusto e pesante con spessori notevoli per questa classe. *** Trascuro i dati di misura. Parliamo di cose tipo 129 dB di rapporto segnale/disturbo e bilanciamento tra i due canali a livello di secondo decimale. La distorsione è a -110 dB con un minuscolo picco a 12KHz, misurabile con difficoltà. La risposta è una retta orizzontale, L'uscita bilanciata produce 5,115 Volt e questo è un dato interessante, per l'interfacciamento con l'amplificatore. Sono informazioni che trovate sui siti dove questo apparecchio è in vendita (per esempio su Audiophonics.fr, verso cui vi indirizzo). Noi ci concentriamo sul suono che è la cosa più importante. Ancora mi scuso se ho utilizzato ed userò "liscio" questo convertitore, impostato su NOS (senza sovracampionamento) e senza alcun filtro che ne moduli la fragranza (sono cosine che si inventano quelli di ESS per mettere a disposizione degli integrati facili sistemi per modulare il suono se non sono capaci di farlo con l'elettronica). qui è posato sul preamplificatore Audio-gd Master 9 Mk III, connesso con cavi XLR. Il preamplificatore è collegato a due monitor professionali Adam Audio A77H a tre vie con 500 watt integrati. Il DAC prende il segnale digitale via cavo HDMI da una interfaccia digitale Gustard U18, il cavo è un comune HDMI da televisore, adatto per il 4K ma di poco costo (lo uso per mostrare le fotografie alle modelle mentre le scatto). Il display del DAC mostra informazioni essenziali l'ingresso (IIS IN), il tipo di segnale (in questo caso PCM a 96 Khz, inviati da un mini pc su cui gira Audirvana collegato con Qobuz) e il volume digitale, qui messo a ZERO per lasciare il segnale elettrico in uscita al massimo, delegando il resto al preamplificatore. Dal menù è possibile fare ulteriori scelte ma nulla di troppo sofisticato. Non chiedetemi cosa sia il PCM Filter, l'ho lasciato su Gentle perché le altre dizioni mi inquietano. l'ingresso 1 del preamplificatore, il volume 28, l'uscita altoparlanti, la simulazione di un suono "a valvole", riguardano invece l'Audio-gd. Ne riparleremo. Noto subito che il volume necessario è superiore a quanto sono abituato con la catena Audio-gd, collegata con la connessione proprietaria ACSS. Poco male, il livello può arrivare fino a 100 e già così ho davanti un Bosendorfer Imperial di grandi dimensioni, nonostante la vicinanza dei due monitor Adam Audio (due woofer in parallelo, un midrange a cono e un tweeter ESS). Il suono di questo DAC è molto concreto, appena il tutto è caldo è evidente il lavoro fatto dai tecnici Gustard. Concreto, solido e molto lineare. Roccioso sul basso e neutro sul medio e sull'alto. Il violino lo ha notato profondo e corposo, Max addirittura al telefono stamattina mentre stavo facendo i primi test. La voce femminile è robusta, impostata. Ma soprattutto si apprezzano due caratteristiche che sono la firma di questo convertitore. Il basso roccioso e la separazione tra i livelli con quello che chi scrive queste recensioni tende a definire silenzio di fondo o "nero" ben definito. Questo favorisce l'ambienza. In questo momento un coro canadese intona lo straordinario inno If Ye love me di Thomas Tallis e le sezioni vocali si leggono in profondità, chiare e distinte tra loro. La dolcezza di Mille Regretz di Orlande de Lassus si mantiene ma senza che si perdano le dinamiche tra le voci che restano, precise. Il senso di precisione complessivo è veramente notevole, complice la stessa impostazione nei monitor. Ma l'impressione si mantiene intatta anche nell'ascolto con le HIFIMAN Arya usando l'uscita cuffie del preamplificatore. Rappresentazione di classe che è perfettamente intonata con le caratteristiche estetiche del X26PRO, a promessa del risultato. La sinergia con l'interfaccia digitale Gustard U18 è ineccepibile, si vede che sono concepiti per funzionare insieme. Non c'è la minima incertezza (che invece mi rende impossibile usare la Gustard con i DAC Audio-gd). *** Insomma, prestazione maiuscola. Almeno finché si confronta con apparecchi dotati di convertitori sigma-delta. Nello stesso sistema, il mio Audio-gd NFB7.1 dotato del ES9018 si dimostra ancora più gigantesco nel basso, forte della sua alimentazione più che sovradimensionata (è un telaio da 22 chilogrammi) ma non così controllato sul medio e sull'alto. Però a paragone con DAC R2R il discorso cambia. Sia l'R27 che l'R1 di Audio-gd hanno una dolcezza e un microdettaglio che semplicemente questo X26 perde. Lui recupera sul basso che è sempre più importante, deciso, corposo e soprattutto controllato ma cede in quanto a precisione, sacrificando il dettaglio all'insieme. Con le cuffie planari di fascia alta la cosa è più evidente. Insomma, come per tutte le ricette, non è detto che ogni ingrediente sia sempre il più adatto, spesso si dovranno miscelare diversamente. L'X26PRO con i miei dipoli fa un lavoro egregio, dove la prova degli R2R che sinora ho provato faticano ad evidenziare un basso che tende sempre a stare un pò sulle sue ma in una catena che è votata alla trasparenza cristallina alle frequenze del violino e della voce femminile si nota che è la sua, la voce un pò più stonata. Nulla di grave, niente è perfetto e non è obbligatorio che ogni accoppiamento funzioni alla perfezione sempre, comunque e con qualsiasi repertorio. In questo momento sto ascoltando del jazz scandinavo e contrabbasso, piatti e rullante vorrei che suonassero per sempre ... Ma adesso ti rimonto il coperchio che se no qui prendi polvere ... Giudizio complessivo PRO: costruzione e ingegnerizzazione inappuntabili solido apparecchio in relazione al prezzo richiesto; componentistica di pregio funzioni complete (ma, per chi è interessato, i fratelli successivi hanno anche capacità di lettura di rete); può funzionare anche da preamplificatore digitale collegato a dei diffusori attivi ingressi e uscite complete affidabilità prestazione lineare con un basso importante ma suono complessivamente chiaro CONTRO: in confronto con DAC di tipo R2R mostra minore dettaglio e trasparenza può suonare in modo affaticante, bisogna stare attenti agli abbinamenti peso sbilanciato per la scelta di mettere i due trasformatori sul lato (ma non dobbiamo sollevarlo ogni momento, giusto ?)
  8. Prima, qualche premessa. non siamo grandi appassionati di questi test di confronto "di rumore" alle varie sensibilità e tra fotocamere diverse perché pur cercando di essere il più possibile "rigorosi" le variabili in gioco sono tante. Inoltre, è nella fotografia reale che si apprezzano o meno le potenzialità di una fotocamera riscontriamo più di un segnale che ci fa pensare come questa famiglia di sensori BSI, al di là di tutto, offra prestazioni similari, quando non completamente coincidenti, al netto del punto base della gamma lineare ISO e della risoluzione infine, per quanto si voglia pensare di fare prove ripetibili, non sappiamo quanto il software di sviluppo intervenga - in positivo o in negativo - nelle varie fasi. E certamente il supporto di Adobe alla Nikon Z6 III, benché già disponibile, non può che essere preliminare. detto questo abbiamo fatto alcuni scatti in ambiente, una stanza illuminata da un pallida luce esterna in una mattina di pioggia. Abbiamo fatto la sequenza 800 ISO -> 64.000 ISO con la Z6 III, ripetendola poi con la Zf che ben conosciamo. Macchina su treppiedi, esposizioni identiche, bilanciamento del bianco pre-impostate. Modalità Silenziosa. Il target è un ritratto in formato 100x75 posto sulla parete a circa 3 metri dal punto di ripresa. L'obiettivo è il Nikkor 105/2.8. Esposizione che può sembrare non corretta ma che è quella che vedevamo ad occhio nudo nel momento della ripresa (di questo inizio estate che continua ad essere piovoso e con il cielo pressocché sempre coperto). 800 ISO 1600 ISO 3200 ISO 6400 ISO 12800 ISO 25600 ISO 51200 ISO 64000 ISO Nella sequenza, qui ridotta a 2500 punti di lato lungo per esigenze di pubblicazione, giudichiamo il file ad ISO 800 quasi perfettamente pulito e di poco differente da quello a 100 ISO (qui omesso perché inutile): Salendo l'incremento del rumore digitale ci sembra lineare, con una intensità che si mantiene pienamente tollerabile fino a 6400 ISO. A 12800 ISO la presenza del rumore è più evidente. A 25600 ISO abbiamo la comparsa delle prima bande colorate verticali. Che a 51200 aumentano in modo casuale, per diventare persistenti e a macchia di leopardo alla sensibilità massima di ISO 64000. Senza interventi, secondo il nostro modo di utilizzare queste fotocamere, giudicheremmo il file ottimamente sfruttabile fino a 6400. Con la necessità di intervento in ogni caso a 12800 ISO. Da evitare se possibile le sensibilità più elevate. Il confronto con la Zf ci conforta nel valutare i due sensori imparentati sul piano della capacità di catturare la luce. Accettando una variabilità tra le tarature dei due esemplari di fotocamera che apparentemente fanno sembrare alcune foto della Zf più chiare di quelle della Z6 III, a livello percettivo notiamo un leggerissimo livello di rumore superiore nella Z6 III. Ma ancora, non possiamo essere certi che non ci sia una variabilità tra i due esemplari. E potrebbe essere che due campioni diversi possano mostrare evidenze diverse. Di fondo però vogliamo dire che nella pratica le differenze sarebbero riscontrabili strumentalmente ma non abbastanza da influenzare il lavoro di un fotografo. Sospettiamo che l'impostazione tra i due sensori - che sono differenti nel resto - dal punto di vista di sensibilità e amplificazioni, sia molto, molto simile. le impostazioni sono identiche, i due scatti sono percettibilmente diversi. Il file della Zf sembra essere leggermente più chiaro e più pulito. Ma la differenza è minima, sia nelle zone in luce che in quelle in ombra. cosa che rileviamo ad ogni variazione di sensibilità. Che comunque potremmo definire simile nel suo andamento, anche per la Zf (valida sino a 6400-12800 ISO dopo di che da usare se non se ne può fare a meno). Naturalmente intervenendo con il riduttore di rumore di Lightroom il risultato sarà livellato. e anche per questo riteniamo che oramai questi discorsi siano superati dalla disponibilità dei plugin con Intelligenza Artificiale in grado di fare miracoli in questo campo. Ma ci premeva almeno dare un contributo di discussione al riguardo. Nella migliore delle ipotesi la qualità di immagine di questo sensore sarà uguale - alle varie sensibilità - a quella dei precedenti sensori da 24 megapixel. Nella peggiore, sarà lievissimamente inferiore con un pizzico di rumore in più. Ci pare che comunque l'amplificazione anche qui sia duale con 100 ISO di base e 800 ISO di seconda base. Soppressori di rumore che intervengono con un filtraggio importante e invasivo a partire da appena sopra i 12800 ISO e poi proseguono a scalare, con le ultime due posizioni in gamma lineare di sola emergenza.
  9. Il nuovo Audio-gd Master 9 Mk 3 riprende la denominazione dei precedenti Master 9 ma se ne distanzia per dimensioni e peculiarità costruttive. Ma ne riprende le caratteristiche sonore, elevandole ad una firma sonora ancora più naturale. C'erano una volta l'Audio-Gd Master 9 e il Master 19. Due pezzi di bravura posizionati diversamente sul mercato. Entrambi preamplificatori in classe A bilanciati dual-mono, con amplificatore per cuffie. il Master 9 era una bella bestia, dal telaio standard, 16 chilogrammi, 9 watt su 40 Ohm dall'uscita bilanciata con la raffinata soluzione delle due prese per i canali separi, oltre a quella tradizionale a 4 poli. il Master 19 era condensato in un telaio più compatto, pesava 7 chili ma dimostrava lo stesso approccio e le stesse caratteristiche di fondo e sempre la stessa uscita cuffie. Meno sofisticazione nel complesso ma uguale sostanza. Nell'ultima ristrutturazione del catalogo, il Master 9 è evoluto verso la linea HE (alimentazione rigenerativa), il Master 19 è uscito di catalogo, mentre vi è entrato l'ultimissimo arrivato della gamma, il Master 9 Mk. 3 che è oggetto di questo articolo. Si tratta nuovamente di un componente dual-mono, interamente e realmente bilanciato, tutto in classe A, in un telaio compatto da 7 chilogrammi che idealmente è la versione "condensata" del Master 9 ma con l'approccio meno impegnativo del Master 19. E' stato aggiornato il layout, manopola, comandi, display e prese cuffie sono sostanzialmente identiche a quelle dei modelli di fascia alta (RE27 incluso), ma il peso e il volume occupato sono quelli del Master 19. L'impiego di tecnologia SMD per la produzione delle schede (identiche per i due canali) e delle alimentazioni (sdoppiate a partire dai due trasformatori che sono separati e non usano la stessa armatura) ha consentito un recupero economico che si riflette in un prezzo di acquisto competitivo. Con poco più di 1250 euro si acquista un componente che si può tranquillamente definire allo stato dell'arte, con controlli di volume separati a discreti asserviti da relais con resistenze di precisione, componentistica selezionata audio-grade, soluzioni di livello assoluto e raffinato. Concezione nel dominio della corrente e non nella tensione, connessione con gli altri componenti della catena bilanciata tradizionale o tramite collegamento proprietario ACSS. Le stesse, stessissime capacità di carico che consentono di pilotare qualsiasi cuffia esistente passata, presente e futura (sempre 9 Watt di targa a 40 Ohm oppure 630 mW per 600 Ohm -> equivalenti alla potenza di un amplificatore di potenza da 45 watt con riserva di energia a livello di trasformatori per 135 Watt, quindi più che adeguata ad ogni esigenza). *** Operazione di marketing, quindi ? La linea Master 9 si estingue e viene sostituita dalla HE 9 che propone alimentazione rigenerativa, mentre la linea Master 19 diventa Master 9 e rimane con alimentazione tradizionale. Direi di si e la prova sta nel pudding. Ma andiamo a guardarlo bene da vicino questo preamplificatore. La taglia è quella di un falso magro perché comunque ha una impronta sul tavolo di circa 35x35 cm e una altezza con i piedini di 8,5. Il peso è di 7 chilogrammi. Il telaio è in solido alluminio. I fianchetti sono di 4/5 mm di spessore, il sopra e il sotto sono di 4 mentre frontale e retro di un confortevole 8 mm, anche perché sono quelli più sottoposti a sforzo. l'aspetto riprende quello degli apparecchi più recenti della firma, con gli angoli stondati e il frontalino con due smussi sopra e sotto nella parte centrale, sopra al display. Il display è a due righe come quello degli apparecchi più "belli". la base del telaio ha fori di dissipazione (questo coso dopo mezz'ora scalda da matti !) e una quantità industriale di viti di blocco di schede e dispositivi. I piedini sono generosi e adeguati al peso qui ho cercato - invano - di evidenziare i differenti spessori. Il fianchetto non è così spesso, lo smusso arrotondato è praticato dal pieno del frontale/retro , via fresatura CNC il copritelaio è tenuto fermo da 8 viti filettate. i comandi e le prese cuffie così come il manopolone del volume sono in apparenza identici a quelli del RE27HE che in questo momento lo sta sostituendo alla guida dei dipoli DIP21. le uscite sono di qualità e ben solide, capaci di durare più di una vita. Entrambe hanno il blocco di sicurezza con pulsante di sblocco. Il retro è un condensato di razionalità e di qualità. Le prese e gli ingressi sono identici a quelli delle linee più pregiate. Le prese XLR sono incassate. il dettaglio del canale destro, 4 ingressi, due bilanciati, uno sbilanciato e uno proprietario ACSS. Le uscite sono tre, per i tre tipi di connessione. vicino alla prese di corrente c'è la targa con il seriale e la tensione. Nella realtà all'interno c'è un interruttore che credo consenta di passare a 110 Volt ma non mi interessa verificare. E andiamo finalmente a vederlo aperto la topologia è evidente per quanto molto semplice. I cavi volanti ridotti al minimo. La sezione di sinistra contiene i due trasformatori ben dimensionati, uno per canale. Le due schede sono speculari, una per canale. Contengono anche la parte di livellamento dell'alimentazione. dettaglio dei due trasformatori. Sono tipici delle realizzazioni di Audio-Gd che li lascia liberi, senza resinarli come è un pò abitudine occidentale. il fascio dei cavi che conduce l'alimentazione alle schede di segnale schede che portano marcata la scritta .... Master 19 Mk3 a chiarire definitivamente che questo di fatto è la riedizione del Master 19, con il nome cambiato Il motivo però non è solo marketing, ne parleremo quando si tratterà di definire le sue caratteristiche sonore. un'altra vista d'insieme non guasta mai. A ridosso del pannello frontale e in corrispondenza del display abbiamo la logica di controllo delle indicazioni dello stesso display. Ed ecco finalmente le schede di linea, identiche tra loro qui riprese dai due lati mostrarne i dettagli. Queste schede sono prodotte con procedimenti SMD per contenere i costi ma sono poi misurate singolarmente ed accoppiate dai tecnici di Audio-gd. questo è invece uno dei controlli di volume, realizzato senza uso di potenziometro ma con relais che controllano una rete di resistenze di precisione che intervengono a passi successivi da 0 a 100. il controllo avviene per mezzo di questi due microprocessori. Le due schedine sono sopraelevate per non influenzare per nulla il percorso di segnale delle due schede di linea dettaglio dei perni di sollevamento che sospendono sopra alla scheda di segnale la schedina di regolazione del volume. Tutto è analogico, nonostante vengano impiegati dei microprocessori per il controllo delle funzioni principali, questi non hanno alcuna attinenza col percorso del segnale. le prese di segnale. Quei cavetti trasparenti, davanti alle connessioni della presa XLR di uscita, alimentano la presa ACSS. La presa RCA è separata, non ci sono trucchi come sono spesso usi produttori meno qualificati. Questo apparecchio è realmente dual-mono e veramente bilanciato dall'ingresso alle uscite. Un ultimo sguardo lo meritano i transistor di potenza che, insieme ai condensatori di livellamento, potrebbero popolare un amplificatore di potenza da 45-50 watt senza problemi, grazie anche alla generosa quantità di corrente messa a disposizione dai due trasformatori. E in un telaio così piccolo ... sono disposti sui lati a ridosso della parete di separazione (si vedono in pianta due solide lastre di alluminio da 5mm, una che separa i due canali e una il canale destro dai trasformatori). Questi erogano fino a 9 watt su carichi da 40 Ohm (ovvero 22,5 watt su cuffie da 16 Ohm) e permettono a questo amplificatore di pilotare sostanzialmente qualsiasi carico presente sul mercato. un ultimo sguardo alle prese dorate di uscita. Il foto filettato di blocco del tetto del telaio e la piastra del retro dello stesso. *** Funzionalità Non c'è molto da dilungarsi. Questo apparecchio non richiede regolazioni. Ha un tasto di accensione e due tastini di selezione. All'accensione il display a linee LCD lampeggia qualche cosa che ricorda il nome dell'apparecchio che come tutte le altre indicazioni, tipicamente Audio-gd non è troppo intelleggibile. qui ci sono il numero di ingresso, il volume, il tipo di guadagno impostato e altre indicazioni che .... non ricordo e per cui vi rimando al breve e oscuro manuale presente sul sito del produttore. La peculiarità introdotta in questo apparecchio è quella di disporre di due tipi di risposta - pensati per le cuffie - quella normale (la lettera N dentro a PLNAL) che può essere cambiata nella lettera t (minuscola nell'immagine sopra). La posizione "t" starebbe ad indicare una curva di risposta modulata che scalda il suono, una sorta di effetto loudness che però si applica ad ogni livello di volume. L'ho misurata ed effettivamente è presente e ben audibile. questa è la risposta in frequenza delle cuffie AKG K-371 come come tutte quelle tipicamente del marchio, ha una tendenza al chiaro ben evidente. La posizione "t" del Master 9 Mk 3 attua una attenuazione della risposta a partire dai 100 Hz fino all'estremo superiore che ne ammorbidisce il suono. Mentre incrementa leggermente i bassi da 50 Hz in giù. Un sistema pratico di equalizzazione "al volo" attuato senza interventi digitali o processori di segnali, disegnata dal progettista direttamente nella scheda di amplificazione. Geniale, semplice, funzionale e ... compresa nel prezzo. *** A completamento della presentazione, il prezzo è piuttosto contenuto per la qualità del prodotto e le sue potenzialità, circa 1260 euro. La garanzia illimitata è di 10 anni come standard per Audio-gd. I tecnici, una volta assemblato l'amplificatore lo tengono collegato per circa 300 ore dopo di che lo misurano e lo testano, prima di spedirlo al cliente o al distributore europeo. La raccomandazione è quella di rodarlo per altre 300-500 ore prima di giudicarlo. E di cominciare a considerarlo in opera, solo dopo almeno 30 minuti di accensione, meglio se dopo due ore ...
  10. Sono passati quasi sei anni dal mio articolo in anteprima sulla Nikon Z6 che appellai in maniera più che convinta, la necessaria ! Un articolo piuttosto letto a giudicare dagli oltre 19mila click ricevuti in questi anni e che ha mosso al suo acquisto molte persone che mi lessero, tutti o quasi soddisfatti in funzione di prestazioni e prezzo contenuto per quel suo sensore da 24mpx, in uso prima e dopo ad una caterva di apparecchi non solo Nikon. Dopo una meno fausta versione MKII che a fronte di doppio processore, secondo slot di memoria e predisposizione per un MB-N11 portabatteria per due EN-EL15b non aveva percettibilmente migliorato le carenze strutturali del progetto della prima, a livello di mirino elettronico, affidabilità dell' AF e assoggettabilità al rolling shutter (anche e nonostante i successivi copiosi aggiornamenti fw) eccoci arrivati alla terza figlia del progetto iniziale, nata sotto la bandiera del rivolgimento strutturale, sempre intorno al medesimo sensore, dal taglio congeniale alla maggior parte degli utenti per dimensioni e rapporto S/R dotata di rotella multiselettrice a sx di stampo PSAM+U1/2/3+Auto, quindi ben differente dalle Z9/8 compatta quanto le precedenti sorelle e ciò nonostante, dotata di un'impugnatura tanto profonda da consentirne un agevole uso a mano libera Il sensore non dispone della tendina di protezione che invece è uno dei jolly delle Z9 ed 8 e resta quindi esposto alla polvere al momento del cambio ottica il monitor posteriore è pivotante, come nelle Z30/Zfc/Zf e ciò costituisce un indubbio valore aggiunto in moltissime situazioni scomde di ripresa, come nello still life o nella macrofotografia, ma anche in mille altri ambiti come quello delle riprese video, per le quali questa Z6iii è particolarmente dotata così come per i formati di salvataggio disponibili in ambito video, alla stregua della linea professionale delle mirrorless Nikon con l'apposita sezione per le connessioni di rete ed altre opzioni, di alcune delle quali nelle precedenti Z6, non vi era traccia il livello è dichiaratamente quello superiore delle Z9/8, come si vede dalla dotazione di bordo che comprende anche il pixel shift, presentato in anteprima sulla Zf, il focus shift, le filtrature per l'ammorbidimento della pelle, il controllo di vignettatura, distorsione e diffrazione automatici, i picture control personalizzabili... anche le opzioni di formattazione scheda sono assolutamente identiche adesso a quelle della Z8 la sezione delle connessioni fisiche è completa, ma mi infastidisce solo la posizione della USB-C, così in alto, per la ricarica veloce: l'avrei preferita in basso, invertita rispetto a quella per il remote control, che storicamente verrà di certo usata molte meno volte. Il doppio slot per una CF Express ed una SD di ultima generazione si trova, così come per le precedenti 6, dietro apposito sportellino di facile apertura... ...se non fosse per il nottolino a triangolo per la tracolla, che ogni volta si interpone al momento dell'apertura e necessita di essere spostato un pò più seccante quando si usi una tracolla che contribuisce all'impedimento (suggerisco a chi non usi tracolla di togliere del tutto il triangolino a questo scopo) nottolino 6iii .mp4 Una decisione incredibile, di non continuità con le precedenti 6 e 6ii è quella delle dimensioni del corpo macchina, più larghe di appena 5mm rispetto le precedenti, tanto da non consentire l'utilizzo del pur buono MB-N11 della Z6ii nè di ogni altro accessorio come le basette ed i rig adatti alla precedente 6ii, dalla quale anche, in teoria, dovrebbero arrivare i potenziali acquirenti di questa nuova 6iii ecco la differenza irrisoria che impedisce il fissaggio di una basetta Smallig di protezione del fondello costringendo gli acquirenti della Z6iii potenzialmente in possesso di un MB-N11 all'acquisto dell'analogo e quasi indistinguibile MB-N14...! Direi, un autogol, giacchè consentendo l'utilizzo del precedente MB oltre ad ottimizzare le scorte di magazzino di negozianti e della stessa Casa, si sarebbe lanciato un messaggio di continuità e miglioramento che in questo modo e per la somma necessaria per l'acquisto di un portabatterie non modulare (come del resto non è neppure quello ancora più approssimativo della Z8) non consente di sorridere tanto ai possessori di 6ii che vogliano passare al nuovo modello e si troveranno costretti a sostituire anche questo, per taluni importante, accessorio. Lineare, filante, maneggevole, come le Z6 che l'hanno preceduta: decisamente più compatta di una professionale Z9, come richiesto dagli utenti interessati a questa linea di mirrorless... ma dotata della maggior parte dei comandi e tasti, compresi quelli programmabili, presenti sulle ammiraglie Nikon Z dal joystick al multiselettore, disposti peraltro praticamente nello stesso ordine (fatta salva la presenza dei pulsanti duplicati nella Z9 per l'impugnatura verticale) le differenze vanno cercate come nella Settimana Enigmistica, e ben poco salta all'occhio, come ad esempio il monitor superiore più piccolo di qualche mm, quadrato invece che rettangolare, per lasciare spazio ad uno stupido pulsante di illuminazione (normalmente coassiale al pulsante di scatto) ed ai forellini per l'altoparlante di playback... roba che poi dicono che uno si butta a sinistra... Questa Nikon Z6iii arriva insomma con un ritardo epico sul mercato: diciamolo pure che avremmo voluto che fosse così la Z6ii del 2020, che al netto del doppio processore rispetto il singolo della Z6, del doppio slot di memorie e della possibilità di un MB con i contatti elettrici (tutte cose assenti sulla Z6) deluse fortemente tutti gli acquirenti che desideravano prestazioni ben differenti dal modello precedente, in termini di AF e del mirino elettronico. Ma i tempi necessari sono stati questi, è dovuto arrivare il nuovo processore, Expeed 7, il nuovo mirino elettronico ad alta risoluzione e fluidità assoluta, dotato della gamma colore DCI-P3 (una prima assoluta), ma sopratutto, dotato per la prima volta di un sensore parzialmente stacked, ossia un compromesso di costi e prestazioni rispetto i full stacked di Z9 ed 8. In questo modo si mantiene un otturatore meccanico per la risoluzione dei problemi di banding causati dal rolling shutter di un otturatore elettronico meno veloce del frame/rate di quello delle ammiraglie, consentendo la scelta, obbligata sulle Z9 ed 8 Tutti contenti, insomma: fotografi prestazionali sportivi (fino ad t/16.000) e di reportage, ritrattisti con modelle che vogliono sentire il click dell'otturatore mentre scatta, fotografi da cerimonia in caso di presenza di luci disturbanti, fotografi da reflex che avevano digerito al massimo la prima tendina elettronica (col limite del t/2000..che poi vengono a protestare su Nikonland), paesaggisti da buio assoluto (ISO da 100 fino a 64mila) Ed allora perchè, accanto alla migliorata efficienza dell' AF anche ad EV proibitivi, poi lo scivolone dell' eyeAF sugli uccelli non presente come invece sugli apparecchi dotati dello stesso processore e perfino sulla iconica Nikon Zf che per tutto potremmo consigliare piuttosto che per andare a caccia fotografica di tarabusi ed aironi cenerini? Solo persone, animali autoveicoli ed...aerei...!!! Ma ci saranno nel mondo così tante persone incapaci di tenere a fuoco la carlinga di un velivolo, piuttosto che un svasso in picchiata sullo stagno? Scivoloni del marketing nikoniano, cui abbiamo assistito negli anni e che si protraggono a dispetto dell'esperienza. Sicuramente correggibile con il prossimo aggiornamento fw (come quello che nelle 6ii e 7ii introdusse appunto la distinzione per categorie di eyeAF) Ma incomprensibili per uno staff votato alla progettazione di strumenti per la cattura delle immagini. Per esempio: insieme ad animali e persone, cosa c'è di più fotografato se non i fiori...? A casa, in natura: non dovremmo chiedere anche un riconoscimento automatico dei petali piuttosto che degli stami? Giusto per parlare di cose concrete... visto che un fiore mosso dal vento e fotografato a distanze da close up photography, non è che sia più facile da tenere a fuoco, magari con uno zoomino, di un aviogetto a centinaia di metri o di un cagnolino che corre... lo stesso valga per i fotografatissimi insetti, spesso non riconosciuti dall'opzione animali dell' eyeAf Di fatto una fotocamera brillante e semplice da utilizzare, venduta ad un prezzo forse ancora passibile di qualche ribasso, come sempre accade dopo i primi sei mesi dalla commercializzazione, che dovrebbe andare nelle mani delle persone più disparate, per realizzare la concretizzazione delle loro immagini in ogni ambito considerabile. Ho scattato in un mese con la Nikon Z6iii una discreta quantità di foto in molte modalità, prevalentemente in slow photography per la strada, con obiettivi ben differenti tra di loro, dal Nikkor Z 35/1,4 usato anche in ambiti non prettamente convenzionali per la sua tipologia, a zoomoni come il 28-400 in prestito da Mauro Maratta oppure il mio Z 24-200, passando per il superwide Viltrox 16/1,8Z ed il Nikkor MC 50 che resta un jolly per tante situazioni di ripresa. In ogni situazione mi sono trovato a mio agio con questa macchina, che è perfettamente centrata per autonomia sulla batteria EN-EL15c che la equipaggia (ricordatevi che non accetta le batterie non originali) è perfettamente equipaggiata per ogni situazione di ripresa, anche sportiva, disponendo dello scatto continuo fino a 120 ftg/s e di ripresa video RAW 6K, così come di ogni formato foto NEF presente anche sulle ammiraglie, alle quali deve essere oggi commisurata. Non surriscalda anche in uso intensivo, è dotata di ogni risorsa di ripresa che Nikon abbia fin qui presentato sulla linea Z: è la summa dell'esperienza maturata dalla "necessaria" Nikon Z6 del 2018. Purtroppo nel frattempo si era creata una grossa cesura nel catalogo tra le ammiraglie Z9 e Z8 e le fotocamere di prima generazione FX con i successivi aggiornamenti che erano insufficienti a colmare il gap. In mezzo le divertenti Zf e Zfc, che altro non sono che una dimostrazione delle storia del marchio, unitamente a dei contenuti fortissimi, come nel caso della Zf, ma del tutto inadeguata a sostenere obiettivi che non siano puramente da passeggio. Invece questa Nikon Z6iii, magari opportunamente dotata del suo MB-N14 (che ne aumenterebbe il prezzo di circa 400 euro), diventa la candidata ideale ad utilizzare tutti questi obiettivi middle class Z dagli zoom trans standard, come il 24-120 ed i 70-200, fino agli zoomoni come il già citato 28-400 (che ho usato sulla macchina nuda e cruda) ed il più ponderoso 180-600, senza colpo ferire... Oltre ovviamente ad ogni fisso disponibile, eccezion fatta per i più pesanti f/1,2 ed oltre. Molte delle persone che oggi posseggono una Z8 utilizzandola molto al di sotto delle sue potenzialità, probabilmente avrebbero comprato una Nikon Z6iii se fosse stata già disponibile un anno fa: è questo il leit-motiv delle discussioni che si aprono su ogni forum di fotografia, dove gli utenti paragonano i prezzi delle fotocamere invece che le loro prestazioni in rapporto alle proprie necessità ed abitudini di scatto. Nessuno, pur desiderandola, comprerebbe una Lamborghini o una Ferrari solo per accompagnare i figli a scuola o la moglie a far la spesa. Status symbol a parte (ed ormai le fotocamere sono più che altro un boomer symbol, ossia ...un boomerang) sarebbe un vero spreco ed alla lunga anche un motivo di insoddisfazione per chi ritenga ancora che una fotocamera professionale consenta di realizzare immagini migliori di quelle che possono scaturire a pari condizioni (perizia, ottica, soggetto) da una fotocamera più economica. E di persone che la pensano così, ce ne sono moltissime in circolazione... Questa Nikon Z6iii è quindi necessaria³: al cubo come da titolo, perchè diventa il cardine del sistema Z intorno al quale ruotano sia le due macchine di categoria, peso ed ergonomia superiore (e relativa differenza di prezzo) e le attuali DX che verranno certamente integrate da nuovi modelli nell'immediato e prossimo futuro. Probabilmente la sua presenza in catalogo non farà rimpiangere anche la possibilità di una Z 7iii: la sovrapposizione con la Z8 anche a livello di prezzo diventerebbe inutilmente marcata. Max Aquila photo © per Nikonland 2024
  11. Provare delle cuffie per riferirne a persone che non si conoscono non è impresa facile. Chi lo fa con nonchalance (il web ne è pieno, non parliamo di Youtube) è un millantatore o uno che mente sapendo di mentire. E chi inventa vocaboli o paragoni incomprensibili lo fa solo per buttare fumo negli occhi. Non parliamo di quando si fa un confronto tra due apparecchi. Passi se sono diametralmente differenti. Ma quando parliamo di cuffie top alimentate da un amplificatore over-the-top, ci vuole umiltà. E tempo. Quindi datemi tempo, vi prego. Cercherò di essere soggettivamente il più obiettivo possibile. Ma la musica e la sua riproduzione è il più grande amore della mia vita. Nato quando sono nato e che morirà quando le mie orecchie mi precederanno là dove sono Bach, Beethoven e Brahms. a sinistra, le HIFIMAN Arya V1 con i nuovi cuscinetti, a destra, le HE1000 Stealth. Sotto ai cavi, il supercarrozzato Audio-GD R27 HE. *** Per ogni considerazione generale sulle HE1000, la cui stirpe alligna sin dal 2015, rimando al precedente articolo : Come suonano le HIFIMAN HE1000 Stealth ? Come tutte le magnetoplanari aperte. Il suono è aperto, chiaro, brillante con un campo sonoro ben sviluppato (per quanto possibile nelle cuffie). I bassi sono estesi ma neutri, non sono cuffie da "bassisti", lo dice chiaramente la risposta in frequenza e lo conferma l'ascolto. Il pedale di un grand'organo si sente perfettamente fino in fondo, manca l'elemento tellurico, ci si aspetterebbe di sentire le panche vibrare. Estesissimo ma chiaro. Chi si aspetta da cuffie del genere un effetto speciale ascoltando musica elettronica o techno, ha sbagliato candeggio. Ma l'articolazione è estremamente più raffinata. In generale, lo dico senza snobismo, le HE1000 si comportano come ammiraglie. Non sono per un ascolto casuale e richiedono "orecchie educate" per farsi apprezzare. E una alimentazione di livello. In un primo momento le ho provate in parallelo con Arya ed HE400 SE con un SMSL 400DO, buon tutto in uno impostato su ES9038 e con una buona sezione di amplificazione. Forse il miglior apparecchio di questo tipo sotto ai 500 euro. Ebbene, non riuscivo a trovare differenze, pur dannandomi a cambiare tracce. Insomma, a costo di sembrare banale, non sono strumenti banali all'ascolto. Ci vuole orecchio. E ce ne vuole parecchio (cit. !). Ma soprattutto ci vuole un motore equivalente. Per questo anche con l'Audio-GD R28 (un all-in-one che si mangia tutte le creature asfittiche da meno di due chilogrammi di cui si riempiono la bocca gli "influencer" su UTUbe) mostrava un pò la corda. E quindi ho approfittato di uno scontone dell'IVA per sostituirlo con il fratellone R27 HE, un apparecchio che oltre ad avere il doppio dei moduli R2R vanta anche una alimentazione introvabile sulla terra. E alla fine, mentre le cuffie si scioglievano e le mie orecchie si "educavano", ho capito quello che il Dr. Fang ci vuole dire. Come i Master Chef lui non svela le ricette segrete ma propone tanti piatti sulla tavola, con tante fragranze diverse, molte volte simili ma non così sovrapponibili. Lui sa che i palati, come le orecchie, hanno gusti differenti. E i più raffinati non si accontentano della stessa pietanza tutti giorni. Un vero appassionato di cuffie avrà più strumenti, ognuno adatto ad un tipo di ascolto, di umore, di giornata, di occasione. Gli altri modelli di HIFIMAN sono di impressione più immediata. Queste richiedono più tempo per capirne l'essenza. E se una volta il loro costo era tale che questo poteva già svelare una parte del loro segreto, adesso che sono sullo stesso piano delle "sorelline" Arya, bisogna rifletterci sopra. Insomma. Preparatevi ad abbassare o ad alzare il volume. Dipenderà da molti fattori diversi. *** Silje Nergaard : Be still My Heart Abbondanza di sibilanti su una voce in primissimo piano. Pianoforte abbastanza esile. Riverbero complessivo che porta ad apprezzare la scena nel suo spazio, nonostante la voce sia proprio a centro-sinistra. Come se lei vi guardasse di tre quarti da sinistra. Volume che deve essere abbassato di parecchio. Rach 39/5, Babayan, DG Pianoforte gigantesco, acuti metallici, basso lungo, esteso ma in secondo piano. Volume che corre su di 15 punti. Diana Krall, California Dreamin' Minchiapapà, voce in primissimo piano e violini "elettrici" in attesa delle percussioni che si sommano, calde, ritmiche. La voce resta li in mezzo, con quella vaga venatura roca, visto che la Signora nel 2014 aveva già i suoi anni. Janine Jansen : Prokofiev, concerto per violino n.2, secondo movimento Conosco lo Stadivari del 1707 di questa registrazione come se fosse un vecchio amico. Qui rispetto al solito ha una voce un filino più stridulo e nervosa. In compenso i bassi pizzicati di accompagnamento sono di un volume ascoltato solo con i 15'' finora. L'effetto lacrima facile di Mauro arriva comunque subito dopo. Non ci posso fare niente. E' meglio dell'estratto di cipolla ! L'organo della Thomaskirche di Lipsia riempie l'aria e sembra che riempia anche quella della piazza antistante e che il vecchio Bach stesso si possa alzare la da dove riposa. Pedale possente, medio deciso, acuti che risuonano. Tolgo il saluto a chi non riesce ad apprezzare una fuga a tre voci come la 548. Non ce la faccio a staccare l'ascolto devo andare oltre ... forse il più grande complimento che possa fare ad uno strumento di ascolto mentre lo provo. Si può separare ogni nota del pedale anche se il volume è oltre 60 e i manuali stanno asciugando letteralmente la cera dalle candele. Commozione e applausi a scena aperta. A Bach, a Bohme, a Fang. Ma mi sto distraendo e sono andato alla meravigliosa fuga in Re maggiore BWV 532 che anche io, nel mio piccolo, strimpellavo quando avevo dita buone ... Joni Mitchell/Herbie Hancock/Norah Jones : Court and Spark Pianoforte squillante e un pò metallico, bassi possenti, piatti spettacolari, voce chiara nella sua tonalità naturale. Meglio abbassare un pò il volume. La voce resta chiara, la scena ne acquista in naturalezza. Molto naturale il sax. Anche Edith & The Kingpin, con Tina Turner si apprezza di più ad un volume più moderato ma per ascoltare ogni nuance dell'accompagnamento dovrete sacrificare qualche pò di udito. La batteria è tridimensionale e si sente il sax soffiare. Anche Amelia, con la stessa Joni Mitchell è allo stesso livello. Dal vivo. Sul piano del test, è bellissimo avere a disposizione nella stessa registrazione e sullo stesso set, voci così diverse, caratteristiche e conosciute. la meravigliosa registrazione dei Mottetti di Bach del Pygmalion ha una estensione di scena esagerata. Qui si individuano i gruppi di cantanti sulle voci quando intervengono (Komm, Jesu, komm BWV 229). Io però continuo a sentire delle squillanti un pò "cattive". AC/DC : Highway to Hell Devo ripartire tre volte perché un riverbero così non l'avevo ancora sentito in vita mia. La voce è più alta che dal vivo. Bassi che per me sono altro che presenti. Chi cerca di più, sinceramente avrà bisogno presto anche dell'apparecchio acustico ... ! Il 24° capriccio di Paganini con l'Anselmo Bellosio del 1775 di Alina Ibragimova si fa apprezzare ad alto volume. Qui sento le inflessioni dell'archetto e il cambio di tono dello strumento che segue duttile la mano dell'artista. Bella prova. Registrazione di 10 piani sopra quella Decca della Jansen. *** Confronto sintetico Non vi annoio con la ripetizione dei miei commenti di ascolto. Le mie Arya sono più che rodate. Adesso le sto imparando a conoscere con i nuovi cuscinetti che, non si direbbe, ma ne hanno "arrotondato" il suono, incrementando il basso profondo e il medio. Restano meno sensibili delle HE1000 e quindi in un confronto immediato è necessario alzare il volume. Nel complesso e con le stesse tracce che vedete sopra, mi sembrano più indicate per un ascolto di tutti i giorni. Dove non si chiede di essere stupiti nell'immediato con una prestazioni eccezionale. Sono anche più portate a perdonare nefandezze di registrazione, specie lato acuti. Sibilanti e microfoni troppo ravvicinati risultano più addomesticati rispetto alle HE1000. Se dovessi usare solo poche parole per definirle direi naturali e umane. Questo aiuta a contenere la stanchezza di ascolto che, non so a voi, ma per me è sempre dietro l'angolo con le cuffie (io non sono proprio in grado di ascoltare cuffie chiuse per questa ragione). E rende piacevole continuare ad ascoltare musica. Un pò il carattere delle elettrostatiche. Le HE1000 Stealth al confronto sono decisamente più analitiche, portano in evidenza i dettagli, aumentano ed amplificano ogni contrasto. Sono, se mi permettete un paragone tirato per i capelli, una versione ad alta definizione VS una a definizione normale. Le HE1000 Stealth stupiscono per il microcontrasto e per l'impatto. Si sentono cose che non si sentono facilmente con altre cuffie (e quasi mai con i diffusori). Come se fossero dei monitor professionali mettono tutto in evidenza. Qualche volta troppo. La scena è più ampia. Molto di più. Il basso sembra più profondo, nella realtà è solo più veloce ed efficiente. Insomma, stupiscono. Ma un pò stancano per la loro brillantezza, per me, eccessiva. Secondo me hanno bisogno di maturare e di perdere un pò di eccesso di brillantezza per diventare compagne di tutti i giorni. Ma se vi volete stupire ed emozionare, avete orecchie buone e un amplificatore/DAC Top Of The Line, allora sono la scelta per voi. Potendo, io sceglierei una o l'altra a seconda dei casi. E a seconda di altri (per esempio con la musica da camera) sceglierò le elettrostatiche Jade II. Conclusioni Insomma, forse non ho risposto alla domanda. E' vero. Le HE1000 Stealth sono cuffie eccezionali. E se dovessi paragonarle ad un obiettivo Nikkor (in fondo siamo ospiti su Nikonland) le paragonerei al 138/1.8 S Plena. "Eccezionale ma non per tutto o per tutti". Lo stesso per queste cuffie. Con le Arya più simili al 50/1.2 S. Non pensate di comperarle perché sono le ammiraglie di gamma. Magari le Arya, le Ananda o le XS per voi saranno meglio. Io non vi so aiutare.
  12. Lui è più giovane di me ma si porta 12 chili di zaino e di attrezzature. Io 1600 grammi. Con lo stesso accredito per stare a bordo pista e non in tribuna, dite che io farei foto peggiori di lui con il mio 28-400 ? A suo tempo le mie foto erano indistinguibili da quelle dei professionisti, dalle stesse piazzole, qualsiasi cosa usassi ... Una volta, tanti anni fa, anche io andavo in autodromo con due corpi professionali, il 70-200/2.8 e un superteleobiettivo. E' stata la volta del 400/2.8 VR, poi del 500/4, qualche volta, anche il 600/4. Mi caricavo come un asino, facevo un sacco di chilometri. Ero orgoglioso di me e del mio corredo. Poi cercavo di fare foto dinamiche, di auto non congelate, anche quando le avevo di fronte. Con il diaframma chiuso e tempi non troppo veloci. Ma dopo qualche bel primo piano del muso, finivo per divertirmi di più a fare i panning. Cercando di andare a tempi sempre più lenti fino ad 1/30'' e anche meno. Con il risultato che il diaframma si chiudeva a livelli ben distanti dalla luminosità massima di quei capolavori dell'ottica giapponese. Ben dentro il limiti dove la diffrazione interviene a distruggere la nitidezza dello scatto. Già minata dall'aria piena di gas di scarico, calda e spesso con una grande dose di umidità. Ma soprattutto il mio bel super-tele fisso, finiva per restare la gran parte del tempo nello zaino. Nel tempo poi, perdendo l'accredito per le complessità di accesso e le normative di sicurezza ed aumentando le distanze, si è ulteriormente ridotta la necessità di prestazione assoluta. Obbligandomi a situazioni in cui di certo la massima qualità di immagine è l'ultima delle possibilità umanamente raggiungibili. Dietro la rete, da 30 metri. Cose così. A quale scopo, quindi, impiegare ottiche di quella portata ? Già non mi spiego i professionisti che le dispiegano ancora. E infatti, vedo più spesso Z9 accoppiate con 100-400 o 400/4.5, al posto di 70-200/2.8 e 400/2.8. Che secondo me è già troppo, anche se hai l'accredito e sei vicino al soggetto. Perché conta di più il gesto fotografico e la profondità di campo, alla ricerca della leggibilità di scritte e sponsor che la nitidezza ad f/2.8 *** Oggi sono passato senza troppi patemi d'animo dalle soluzioni reflex a quelle mirrorless. Mi fido al 100% del riconoscimento automatico dei veicoli (AREA AUTO AF), che beccano il fuoco anche oltre la rete in uscita dai box o nel rettifilo. Per lo più ho scattato negli ultimi anni con Z9 e 100-400, per centinaia di migliaia di scatti. Mai rimpiangendo il mio 400/2.8 ceduto da un pezzo. Ma mi sono chiesto se, in pieno sole, a 1/30'', anche il 100-400 non sia sin troppo. Tanto sono buone le capacità di risolvenza delle ottiche di oggi giorno, anche quelle scarse. E poi, ad f/32, che differenza farebbe ? So di far sollevare più di un sopracciglio ma l'anno scorso ho fotografato spesso in autodromo con il 24-200. E in quest'ultimo periodo l'ho fatto con il suo sostituto, il 28-400/4-8. Senza vergognarmi nemmeno un pò. la Z8 con il 28-400. Un chilo e mezzo, basta una tracolla leggera, non da nemmeno nell'occhio, nessuno si spaventa e nessun malintenzionato vi "punta.". Si, lo so, ne convengo. E' buio come la pece. Ma se la luce è schifosa, in generale le foto verranno schifose, quale che sia l'obiettivo. Anzi, l'aria sarà ancora più schifosa e tale da rendere le foto ancora più inutili. Quindi perchè schifare un obiettivo buio, quando usato a diaframma medio, in pieno sole ? Con la Z8 ci va a nozze, sta in una borsetta, va bene per fare anche il reportage della corsa senza bisogno di cambiare obiettivo. Lo sforzo di portarselo dietro è tale che, se non fosse per gli sterrati, ci andrei in bermuda e ciabatte da camera. Oltre i 200mm cede di nitidezza. Ok, ma è dove io scatto a tempi lenti e filando le auto. Mentre alle focali più corte, la nitidezza è più che sufficiente. questi scatti a 66mm non fanno rimpiangere un 70-200/2.8. Sono ad f/8. Non avrei aperto di più con il 70-200. Che di contro a 66mm e sotto non ci va ... come non va per fare queste panoramiche, alla focale che più mi serve al momento. Senza dover avere un secondo o un terzo corpo con me, con montato magari un 24-120/4. Se serve chiudo : magari con un colpo di flash e a tempi lenti va come deve andare, se il manico c'è Lo vogliamo congelare ? Se c'è luce si può fare e la nitidezza è più che adeguata per questa Mustang. Si potrebbe fare di meglio ma non stiamo cercando finezze. Ovviamente chi va in cerca dell'Araba Fenice presente in tre esemplari nei luoghi più inospitali dell'Eurasia e raggiungibile solo dopo marce per valli e clivi impervi di 60 miglia in solitario, di quelle che solo i veri uomini affrontano per poi fare lo scatto, unico, raro di cui andare veramente fieri, si doterà anche del 600/4 TC che useranno solo al suo massimo. Ma un sorpasso in rettifilo filato ad 1/125'' non sarebbe possibile con quell'obiettivo : che non potrebbe prendere a meno di 100mm l'ingresso di questa Aston Martin ai box dopo una decelerazione bruciante da 300 a 80 Km/h in pochi metri né pizzicare questa 911 GT in staccata alla Prima Variante E in generale, seguire ogni tipo di azione, anche la più varia, senza in alcun modo pesare nelle mani, nella borsa, sulle spalle del fotografo che non professa l'ascesi e l'estati della fatica fotografica, ma si diverte a fotografare le cose che lo entusiasmano. Come queste belle GT: o queste esotiche muscle cars a meno di 1/30'' che siano F2 o F1 storiche ma anche F1 impegnate nel campionato 2024 poco importa. Le F2 sputano fuoco in staccata, l'avevate mai notato in TV ? Io l'ho scoperto facendo loro il panning attraverso la rete alla Prima Variante Un dettaglio, eccolo : l'auto in movimento ? Eccola la tifosa di Lew Hamilton ? Eccola l'argentino con l'inglesina ? Eccolo qua al suo debutto il proprietario della texana che orgogliosamente ne lucida il cofano ? Eccolo la vecchia Lotus di Jackie Hicks ? I commissari che puliscono dal ghiaietto la variante ? Basta accorciare al massimo la focale. Un obiettivo solo, good enough ! E un secondo dopo, ecco di nuovo un panning in circostanze varie senza farsi scappare nessuna occasione fuoco sicuro dietro alla rete. Dieci anni fa avrei dato del matto a chi me lo avrebbe detto. Oggi non ci penso nemmeno, è automatico ! Sir Lewis Hamilton l'anno prossimo avrà una rossa : con cosa lo fotograferò io ? E la tifosa Ferrari in tribuna. Panoramica del campo volo di Rivanazzano prima dell'inizio delle gare. Lei con il cellulare, io con il 28-400 Ancora Charles Leclerc che prova le sue carte per la sua storica seconda vittoria a Monza ammirato a vista da un'altra tifosa Insomma, la faccio breve, che le foto qualche cosa dovrebbero dire. Questo genere di foto non richiede sto granché di livello ottico. Il 28-400 è sufficientemente nitido alle focali più corte quando si fotografa con la pretesa che tutto sia bello pulito. Quando i tempi, l'aria, le condizioni di scatto oramai sono quelle che sono, non fa differenza se abbiamo un'ottica da 17.500 euro o una da 1.500. Good Enough. Ma che belle queste Nikon Z ! Ammettendo in tutta sincerità che, ovviamente, con un obiettivo più importante e con la Z9 mi esalto di più, la questione di fondo era piuttosto se questo genere di foto si può fare anche con un obiettivo generalista come il super-zoom dei super-zoom. Un obiettivo che fa schifare i più e che io stesso non avrei nemmeno nominato ai tempi delle reflex. Oggi si può fare. I motori sono sufficienti, la qualità di immagine quella che serve per fare foto così che al massimo saranno ingrandite in A4 o in A3, per lo più delle volte si fermeranno in formato web. Ma più che sufficienti per qualsiasi scopo anche professionale. Se posso trovare dei difetti, sono due. L'obiettivo è un pò leggerino e sento che mi balla in verticale, cosa che riduce la percentuale di foto buone, rispetto a quelle riprese con quel campione di equilibrio che è il Nikkor Z 100-400 (l'obiettivo che ovviamente continuo a consigliare per chi fa di questo genere il suo principale). Il VR, in Sport fa un pò ballare gli occhi a mirino. Il prezzo è sconsiderato per un obiettivo del genere. Ma si sa che questo non è un problema, dato che Nikon ha bisogno di fatturare e quindi poi, è disposta a scontare ... Diciamo poi che con la Z6 III il 28-400 sarebbe anche meglio assortito. E che con questo "combo" come dicono quelli che vivono di recensioni, mi sentirei a mio agio anche a fotografare jet. Che per lo più delle volte, volano in aria ancora più sporca e ancora più pregna di umidità e pulviscolo o calore, per non parlare del kerosene incombusto presente in aria, delle auto in autodromo.
  13. compatto ma non troppo, sta bene in mano ma ci vuole un corpo serio per usarlo bene. Pesantuccio con Z50/Z30/Zfc, qui l'abbiamo usato esclusivamente con la Z8, corpo con cui si trova benissimo, sfruttando l'efficiente sistema di messa a fuoco anche a tutta apertura Domanda : Mauro, ma hai già i più meravigliosi obiettivi da ritratto disponibili per Nikon Z, perché anche questo Viltrox ? Risposta : perché non mi bastano mai. Sono sempre alla ricerca di nuove sensazioni, nuove soluzioni, differenti modi di vedere. Pensa che mi sono comprato anche il Sigma 105mm f/1.4 ART, detto anche Stielhandgranate D : di quello parliamo magari in un'altra occasione. Ma questo Viltrox non è un obiettivo DX ? R : si, purtroppo non si può avere tutto dalla vita, evidentemente fare un medio-tele f/1.2 richiede ingombri superiori, qui il compromesso è stato trovato nel mezzo-formato D : e come si rapporta questo 75mm con il tuo 85/1.2 S ? Non sono focali troppo ravvicinate alla fine ? R : premesso che il Nikkor Z 85mm f/1.2 è un obiettivo che sta nell'Olimpo dell'ottica, baciato da Venere quando è uscito dal guscio e che gioca in un campionato dove bisogna nascere già capaci di correre e saltare, si, le focali sono vicine ma se vogliamo 75mm è ancora più gentile di 85mm su certi volti. Ma il fattore di campo ridotto consente comunque di restringere sul volto il ritratto, così da non sprecare nemmeno un pixel. diaframma completamente aperto e completamente chiuso. VIltrox dichiara una immagine ripresa del diametro di 28.4mm. Superiore al formato DX ma insufficiente per coprire il pieno formato. La distanza minima di messa a fuoco è quella tipica del medio-tele da ritratto (~90cm), perché questo è un medio-tele da ritratto ! D : si ma qui andiamo in formato DX e quindi i megapixel si mangiano già alla partenza. Di la verità, non è un falso ideologico usare la Z8 per un obiettivo di questo genere ? R : sentimi bene, credi che, avendo in casa la Nikon Z8, se anche Nikon avesse la compiacenza di mettere sul mercato una buona volta un corpo DX decente io me lo comprerei ? Per farlo dovrebbe essere una Z8 ridotta. E non sono sicuro di essere disposto a spendere le cifre che chiederebbe Nikon per una mini-Z8 in formato DX. E poi, è inutile parlare per astratto, io ho il 75/1.2 (e anche 27/1.2 e 13/1.4 Viltrox) e mi piace usarlo sulla Z8. Sulla Zfc non l'ho montato nemmeno per curiosità, sinora. con il paraluce diventa un obiettivo che richiede un corpo serio. Ma Nikon in formato DX per ora non lo fa. D : d'accordo, mi hai convinto. E come ti sembra sul piano costruttivo. R : guarda, si parte dalle serigrafie nitide sull'anello dei filtri per arrivare all'anello dei diaframmi e a quello di messa a fuoco. E' tutto freddo metallo, solido e ben lavorato con macchine a controllo numerico. C'è il selettore M/AF, un tastino funzione, tutto ben dimensionato e visivamente di qualità. Ma soprattutto è sensazionale la ... sensazione che da l'anello dei diaframmi, fa pensare ad uno Zeiss, non ad un vecchio Nikkor pre-AI. contatti dorati, ovvio. Anello rosso (?) e ingresso USB-C per aggiornare il firmware (operazione semplicissima, basta copiare un file e ci vogliono pochi secondi per averlo pronto) D : e la messa a fuoco ? R : non ho una sensibilità specifica al riguardo. Ma usandolo insieme a Nikkor Z 85 e 135 non ho notato differenze sostanziali. Né in termini di velocità né di precisione. C'è più o meno la stessa percentuale di fuori fuoco (molto bassa, considerando che io scatto a raffica e sempre a tutta apertura; naturalmente in AF-C e con soggetti che respirano). Per cui dopo un pò non ci pensi a cosa stai usando. Se sulla Z8 ho il 75/1.2 e sulla Z9 il 135/1.8, a parte il peso complessivo, non trovo grosse differenze. il profilo presente su Lightroom che provvede alle correzioni automatiche dei NEF D : otticamente ? R : non mi chiedere stelline a diaframma chiuso, controluce madornali e confronto bordo-centro, sono cose che si trovano in qualsiasi video di Youtube dove in compenso non c'è neanche una fotografia vera. Quello che posso dire è che ad f/1.2 è nitidissimo, il piano di messa a fuoco degrada gentilmente verso lo sfuocato. Sfuocato che è bellissimo. Non è il Nikkor Z 85/1.2 S (niente lo è) ma siamo in quell'ordine di idee, per capirci. Le foto dell'uno e dell'altro sono riconoscibili ma si possono tranquillamente mischiare in uno stesso servizio. Insomma, è come ti aspetti che sia un obiettivo superluminoso di fascia alta oggi. Ci sono tanti tentativi sul mercato (i primi gli Zhongy e i TTArtisan, i Sirui per finire) ma questi sono i primi superluminosi che possono giocare insieme ai grandi. Non vedo miglior complimento che potrei fare. Il profilo è corretto, non ho mai notato distorsioni importanti e quasi niente aberrazione cromatica. Ma, lo ripeto, pur sensazionale, è uno di quegli obiettivi che rientra nella categoria dell'arte, non della riproduzione o della tomografia. Non so se mi spiego. D : si si, sei stato chiaro. Una domanda provocatoria, ma quando scegli questo o uno dei Nikkor Z ? R : vado a sensazione, basandomi sul soggetti. Qualche volta ho un viso da 135mm e allora il 75 resta a casa, qualche volta l'85 si presta di più e allora posso provare anche il 75. Qualche volta è una questione di ingombri. E' più facile che in borsa entri il 75 anziché il 135, se ci sono già 50/1.2, 85/1.2 o Sigma 105/1.4 Art. Solo che poter contare su un obiettivo f/1.2 quando c'è poca luce, qualche volta può fare la differenza. E questo magari vince sul f/1.4 del 105 o f/1.8 del 135, se magari quella volta non ho portato l'85. Insomma, per me questo è il vice del Nikkor Z 85/1.2. Non un sostituto di ruolo ma un gregario che si può mandare nella mischia quando serve e che non occupa troppo spazio in borsa. AF/MF, tasto funzione il selettore per avere l'anello dei diaframmi in movimento con e senza click di conferma (utile per il video) D : e tra questi quale si muove meno da casa ? R : devo essere sincero ? Il 50/1.2 S. Ma sapevo che sarebbe stato così. Solo che è sensazionale, l'ho sempre desiderato e quindi devo averlo (anche se ultimamente o "cambiato" la terza Zfc con un Sigma 40/1.4 Art ... obiettivo che mi era piaciuto quasi quanto il 105/1.4 quando l'ho provato) D : tornando al 75/1.2, l'hai mai usato per qualche cosa che non sia un ritratto ? R : mi stai prendendo in giro ? Si, ho fatto qualche scatto rituale ad una macchia di muschio sul tronco di magnolia. Bellissimo, ma è stata l'ultima volta ... D : concludendo ? R : é un obiettivo eccellente, che diventa sensazionale se pensiamo che l'ho pagato meno del Nikkor Z 50/1.8 S scontato in outlet come REFB. Sicuro, affidabile, nitidissimo eppure gentile sui soggetti, con uno sfuocato commovente e una delicatezza di passaggio tra fuoco e fuori fuoco che ne denota la classe superiore. Solo tre anni fa quando usavo i primi compatibili cinesi non avrei mai immaginato di arrivare a dire cose del genere. Mentre adesso le posso ripetere anche per i suoi fratelli, ovvero 13/1.4, 16/1.8 e 27/1.2, tutti figli, evidentemente, della stessa matita. Ricordiamoci che Viltrox ha in cantiere due zoom CINE di fascia 65.000~100.000 $ destinati ad Hollywood e in uscita nel 2025 con cui ha presenziato già a due fiere mondiali della cinematografia. Se mi restano dei dubbi sul marchio riguardano la validità a lungo termine della garanzia visto che la rete di assistenza per ora è giusto un'opinione. Ma poi uso questo 75mm (che dei Viltrox che ho è quello che mi piace di più) e non ci penso. D : che altro aggiungere a queste parole, allora R : ma proprio più nulla. Lo uso intensamente da giugno 2024 e ho fatto decine di migliaia di scatti. Non mi dilungherei oltre e lascerei la parola a loro. E quindi lasciamolo dire alle modelle fotografate. Sono tutti scatti in luce naturale, con luce di riempimento SmallRig RC60B, con la Z8, per lo più esclusivamente a tutta apertura, ISO 500 e con pochissimo o nessun editing. Valeria Barbora Nicole Susanna Elena Giulia Gherta Amelia Silvjia e se non bastassero, ce ne sono altre nell'album qui : That's all folks !
  14. L'ultima guida all'acquisto di Nikonland risale al 2019 ed era incentrata su reflex ed obiettivi per reflex e solo una presenza marginale di materiale Z. Dopo si è aperta la nuova fase delle mirrorless che ancora si sta sviluppando. Riteniamo però che sia già sufficiente per scrivere una nuova guida che contempli, in questo articolo, una scelta ragionata dei corpi macchina, sono già 11 quelli sul mercato. Per poi dedicarci ad un approfondimento sugli obiettivi. Su Nikonland abbiamo avuto la fortuna di avere a disposizione (quasi) tutto ciò che Nikon ha presentato nel mondo Z. Vi invitiamo a leggere gli articoli e i test approfonditi (sono un centinaio) in questa sezione dell'area editoriale. *** Nikon Z, la scelta del corpo macchina. Potremmo anche sbrigarci in un attimo, indicando la Nikon Z8 come la macchina ideale per tutti. Ma non saremmo giusti, perché sebbene fantastica, la Z8 non è indispensabile a tutti. Dipende dalle esigenze effettive. Possiamo però fare un appunto introduttivo in linea generale. Possiamo considerare già obsolete le Nikon Z che non prevedono la porta USB-C come via di comunicazione e di ricarica della batteria. Insieme a quelle che non hanno il processore Expeed 7 (praticamente tutte, tranne Nikon Z9, Z8 e Zf). Ciò però non significa che chi possiede una di queste fotocamere e la usi con profitto debba smettere di usarla né che, a condizioni particolari di acquisto, un fotografo debba trascurare una buona opportunità. Purché sappia cosa sta acquistando in base a ciò che gli serve. Ultima osservazione di carattere generale. Se è vero che il corpo macchina è importante, è ancora più importante metabolizzare il concetto che Nikon Z significa principalmente quel nuovo bocchettone (il più ampio e quello col tiraggio più corto del mercato) su cui Nikon sta progettando i nuovi obiettivi. I veri protagonisti della nuova generazione, per cui le fotocamere rappresentano lo sfogo effettivo. Solo la combinazione Nikon Z + Nikkor Z consente la piena esplicitazione delle qualità offerte dalle nostre mirrorless. Piuttosto che usare una combinazione ibrida, tutto sommato una scelta di natura per lo più economica pensata "al risparmio", tanto vale restare con una splendida reflex come può essere la D850 o come è la D780, per tacere di D5 e D6. E stiamo nominando alcune tra le migliori reflex della storia. A cui purtroppo Nikon non sempre o solo limitatamente ha dato obiettivi degni di loro. Oggi siamo al contrario, con alcuni corpi macchina un pò claudicanti che trovano però supporto da obiettivi che, confrontati con i pari classe da reflex, risultano sempre vincenti e spesso superiori anche a quelli da reflex di categoria superiore. Quindi, si, il corpo macchina è importante ma le ottiche lo sono sempre di più. Infine, il progresso non si ferma. E lo sviluppo è continuo. Per il biennio 2024-2025 ci aspettiamo il lancio di nuove Nikon Z e l'uscita di nuove versione di firmware. In particolare : Nikon Z6 III, nuovo sensore, nuovo processore, prestazioni allo stato dell'arte del suo segmento Nikon Z50 II/Z70, nuovo sensore, nuovo processore, forse stabilizzatore integrato Nikon Z7 III, nuovo sensore, nuovo processore, nuove funzionalità Nikon Z9 II, nuovo processore, sensore aggiornato, prestazioni assolute insieme alle versioni di firmware 2.0 per la Z8 e 5.0 per la Z9 che aggiungano nuove funzionalità alle due macchine di punta. Bene, finita l'introduzione, andiamo al dettaglio. *** a sinistra la Nikon Z8, lanciata nel maggio del 2023, a destra la Nikon Z9, lanciata nell'ottobre 2021 Consideriamo Z9 e Z8 le eredi dirette delle premiate coppie Nikon F5 e Nikon F100 dell'era analogica o Nikon D3 e Nikon D700 dell'era digitale. Offrono il massimo delle performance odierne per Nikon che ha dimostrato di saperle tenere aggiornate anche a livello di sviluppo firmware. Le due macchine condividono buona parte dell'elettronica ed hanno prestazioni quasi coincidenti. Hanno lo stesso sensore, tanto veloce da essere per lo più in grado di azzerare gli effetti del rolling-shutter. Sono le uniche prive di otturatore meccanico, potendo sincronizzare il flash anche senza. Non avendo parti meccaniche, non subiscono usura all'otturatore né necessitano di una sua registrazione periodica. Al di là del differente prezzo, la Z9 va considerata nell'uso di obiettivi grossi ed impegnativi e in ambiti dove conta poter esprimere sempre il massimo del potenziale. La Z8 invece è più abbordabile, per prezzo, peso e volume, potendo funzionare tranquillamente anche senza battery-grip con un fattore di forma non così più impegnativo delle macchine di fascia inferiore. La Z8 paga alla Z9 una minore autonomia, un corpo meno capace di dissipare il calore generato da processore e sensore oltre a qualche dettaglio più o meno importante. L'ergonomia della Z9 è imbattibile. La Z8 è più discreta. La Z9 al momento ha nuove funzionalità aggiunte via firmware (scatto automatico, riconoscimento uccelli) che però ci è stato promesso verranno estese anche alla Z8 ad inizio 2024 (mentre alla Z9 verranno estese funzionalità della Z8 e della Zf che per ora non sono previste nella Z9). Abbiamo un articolo che le confronta dettagliatamente : Nikon Z8 o Nikon Z9 : quale scegliere ? Ma entrambe le macchine andrebbero scelte consapevolmente per lo più da fotografi che richiedano prestazioni, velocità, capacità video allo stato dell'arte, tenuta sul mercato. Hanno caratteristiche professionali che per chi fa foto ragionata in ambienti rilassati sono praticamente tutte superflue. La nostra Nikon Z9 ha accumulato in 18 mesi oltre un milione di scatti e sembra ancora nuova. Le Nikon Z8 passate per il laboratorio sommano circa 250.000 scatti e potrebbero stare in vetrina. Me sappiamo di Z9 e Z8 che in un anno non hanno fatto che poche migliaia di scatti. E alcune sono in vendita sull'usato con 500-600 scatti. Molti meno di quanti ne servano per testare la capacità di una nuova scheda di memoria. Entrambe necessitano di schede di memoria di livello per esprimere il loro potenziale. E fotografi non privi di immaginazione ma, soprattutto, di occasioni fotografiche, perché non passino il più del loro tempo, "sprecate" in vetrina. *** Non troppo a sorpresa, Nikon ha presentato poco più di un mese fa una Z che può essere considerata un ibrido, una sorta di laboratorio sperimentale. la Nikon Zf deve molto del suo appeal all'aspetto che sembra una replica moderna di una reflex a pellicola dei primissimi anni '80 del secolo scorso. Ma dentro quella scocca e sotto a quei quadranti, c'è il sensore della Nikon Z6/Z6 II che offre ancora buone potenzialità, con il processore di Z8 e Z9. Questo è responsabile di funzionalità e prestazioni insospettabili per una semplice fotocamera "vintage", tanto che come autofocus e raffica si mangia la Z6 II a colazione. E in un uso spensierato non fa troppo rimpiangere la Z8. Dove è cedente rispetto alla Z8 e alla Z9 è nel comparto memorie - adeguate alla macchina ma in una strana combinazione tra SD e microSD - e nella relativa vetustà del sensore, ottimo per capacità di dinamica e tenuta al rumore, ma lento nel readout (un ventesimo rispetto a Z8 e Z9) che ha obbligato Nikon a mantenere l'otturatore meccanico e che, se usata in modalità silenziosa, rende le immagini di soggetti in rapido movimento, sensibili agli artefatti indotti dal rolling shutter. La Zf nasce per dare le sensazioni d'uso di un tempo, però manca di ottiche dedicate con l'anello del diaframma funzionante. Ci sono solo due obiettivi - identici a quelli normali - che ne richiamano solo l'estetica. Ma in generale, oltre che bellissima e ottimamente costruita, ha ottime prestazioni e funzionalità anche sovrabbondanti per il fotografo tipo che la "dovrebbe" acquistare. Ne abbiamo parlato in anteprima qui : Nikon Zf : io sono leggenda ! *** Le tre fotocamere che abbiamo già trattato sono quelle più moderne e dotate dell'ultimo processore di immagini Nikon, il responsabile delle migliori prestazioni di autofocus, riconoscimento del soggetto, video evoluto, velocità di raffica. Le successive sono deficitarie in questi comparti e andrebbero considerate dai fotografi che effettivamente, per genere di fotografia praticata o per aspettative generali, non necessitino di quel genere di capacità. Pensando al formato DX, il 24x16mm, Nikon propone una linea di tre fotocamere che sostanzialmente ... sono la stessa macchina proposta in tre allestimenti differenti. Un pò come certe Volkswagen che si trovano negli autosaloni, marchiate anche Seat o Skoda (quando non anche Audi). le tre Nikon in formato DX condividono sensore, processore, batteria, differiscono per aspetto, ergonomia, porte di comunicazione, mirino Delle tre, sinceramente oggi non ci sentiamo più di consigliare la Nikon Z50, tranne che non venga offerta in kit con i due pregevoli zoom dedicati, ad un prezzo inferiore a quello di uno smartphone di fascia media. Pur avendo ancora buone capacità ed essere l'unica ad avere il flash incorporato, non ha la porta USB-C e anche alcuni aspetti a livello firmware sono stati trascurati. E' un pò come se Nikon si fosse dimenticata di lei per dedicarsi agli altri modelli. L'ultima DX proposta, già a metà dell'anno scorso, la Z30 invece, pur nell'assenza di mirino incorporato, presenta il miglior mix di capacità sia in ambito foto che video. E costa il giusto, oltre ad avere una ergonomia infinitamente superiore a quella della più "carina" Zfc che è la prima proposta Nikon di Z con aspetto vintage. Questa ha vinto tutti i concorsi di bellezza, sia nella versione nera che nero e silver e in tutte le possibili combinazioni di pelli colorate. Ma presa in mano a lungo provoca dolori. E come la Zf, manca di ottiche dedicate che consentano di evitare le ghiere del corpo macchina per cambiare il diaframma dell'obiettivo. Nessuna delle tre ha il nuovo autofocus con le librerie di riconoscimento oggetti, salvo il rilevamento dell'occhio di umani e animali (per lo più cani e gatti). Sono da considerare però la porta di ingresso nel mondo Nikon Z, avendo piena compatibilità con ogni obiettivo Nikkor Z. Costano il giusto, sono compatte e leggere. La Z30, in particolare, la più adatta per gite e scampagnate, da tenere in un tascone o in una borsetta minuscola anche quando dotata di un paio di obiettivi. Le ottiche, poche in formato dedicato, sono pregevoli, tutte di gran lunga adeguate alle necessità e superiori a quelle analoghe, offerte da Nikon per le reflex di questa categoria. Insomma, non sono seconde scelte ma vanno prese in considerazione avendo bene a mente cosa si cerca e cosa si ottiene nella scatola. Perché difficilmente potranno essere aggiornate se non con nuovi modelli. Di cui uno, pensiamo, uscirà nel 2024. *** Z6 e Z7 sono le prime Nikon Z presentate oramai 5 anni fa. Poi è arrivata la Z5, modello entry-level per le pieno formato e quindi sono state avvicendate Z6 e Z7 con modelli quasi identici salvo avere un doppio processore e la possibilità di montare un battery-grip con i pulsanti verticali (mentre Z6 e Z7 hanno solo un battery-pack senza comandi di controllo). Il sensore della Z6/Z6 II è originale ed ha buone caratteristiche ma è lento e soggetto a rolling-shutter quando usato in modalità silenziosa. Ha però ottime caratteristiche dinamiche e di tenuta al rumore. Diciamo che è forse il miglior sensore full-frame da 24 megapixel della sua categoria, pur con il limite della relativa lentezza. Il sensore della Z7/Z7 II è quello della Nikon D850 a cui è stata aggiunta la rilevazione di fase sulla matrice di microlenti sopra alla matrice di Bayer. La Z5 ha invece un sensore vecchio - quello della D750 che non ha ancora il dual-gain - ed è limitata in quasi tutte le sue prestazioni. E' nata per offrire un prezzo d'attacco aggressivo che però per noi dovrebbe stare ben al di sotto dei mille euro per essere attraente. Da evitare l'obiettivo in kit Nikkor Z 24-50mm, non perché abbia scarse prestazioni ma per la troppo ridotta escursione focale. la Nikon Z5 e in suoi due slot di memoria di tipo SD a destra, a confronto con la Z6 e il singolo slot XQD/CFexpress La domanda che nasce spontanea, dopo il cappello iniziale non può che essere : vale la pena di pensare ad una Z5-Z6-Z7 a fine 2023 ? In linea di massima ci permetteremmo di rispondere di no, non ci sembra il caso oggi. Se avete atteso fino ad ora, meglio attendere ancora qualche mese in più. Siamo certi che la Z6 verrà avvicendata nella seconda metà del 2024. Forse lo sarà anche la Z7. E le prossime macchine avranno prestazioni e potenzialità tali da renderle "quasi" soluzioni definitive. Ma nemmeno di fronte ad un usato sicuro o ad una offerta che non si può rifiutare ? Qui è d'obbligo il più sonoro dei dipende ! Dipende dalle esigenze del fotografo e se questo non avrà poi a pentirsene quando leggerà le specifiche della prossima generazione che metterà definitivamente fuori mercato la prima. Per fotografia "lenta", paesaggio, foto in studio, still-life, nulla che contempli l'azione, una qualsiasi di queste Nikon Z (e ci permettiamo di dire anche le macchine DX) va meglio delle corrispondenti reflex, specie se usate con gli obiettivi Nikkor Z. Oltre che naturalmente dal budget. Una Z6 a circa 1000 euro può essere un buon affare da tenere magari poi come secondo corpo e intanto allestire un bel corredo. La Z7 invece è sempre stata la Nikon Z con il peggior rapporto prezzo/prestazioni. Andrebbe scelta solo dall'estimatore di quel sensore ... Per la Z5 siamo ancora più scettici. Solo a prezzi molto marginali ma senza poi pentirsene. E la differenza tra Z6 e Z6 II e Z7 e Z7 II ? Non tali da stare troppo a pensarci. Le versioni II hanno aggiunto solo marginali capacità, soprattutto le due schede di memoria, un buffer maggiorato per la Z7, pochi altri dettagli oltre al battery-grip vero di cui abbiamo già detto. Nikon Z6 II e battery-grip per due Nikon EN-EL15b/c con comandi di scatto verticali Nikon Z5 e battery-pack semplice, senza comandi di scatto Salvo che non vi serva il video in formato 4K60p, quello lo offrono solo le versioni II (in full frame la Z7 II e in ritaglio DX la Z6 II). Ma è solo una questione di prezzi in fondo, con un budget ridotto da destinare anche agli obiettivi, allora meglio puntare su una Z6 di prima generazione "usato garantito" e spendere di più sulle ottiche, oppure risparmiare più soldi per la prossima Z6 III che temiamo andrà pericolosamente a sfiorare i 3.000 euro e cominciare a vendere tutto il materiale reflex che abbiamo ancora in casa prima che diventi difficile da "liquidare". State ragionando sul prossimo acquisto e avete ancora dubbi dopo le nostre considerazioni di questo articolo ? Chiedete nei commenti quanto vi rimane oscuro, chiarendo quale sia la vostra situazione attuale e le vostre aspettative. E noi faremo del tutto per aumentare la vostra indecisione confondendovi ancora di più le idee in modo persino più dettagliato !
  15. pagina delle caratteristiche dal sito del distributore Playstereo.com Versione riveduta e aggiornata dell'apprezzata HIFIMAN Ananda. Che incorpora i nuovi magneti stealth e il diaframma ultrasottile e si ripresenta con un nuovo look, tutto argento, per differenziarsi meglio da altri modelli della gamma. Nella prima versione si trattava sostanzialmente di una alternativa economica alle più prestigiose Arya, molto distanti dalle HE1000, di cui questa nuova versione ricalca un pò il look. il marchietto ANANDA NANO caratterizza l'arco di queste cuffie. che riprendono la forma del padiglione e anche la struttura dalle cuffie superiori. Ma con un pizzico di attenzione al risparmio nel sistema di articolazione dell'arco che di fatto impedisce ai padiglioni di seguire la forma della testa con leggerezza. Questo, unito ad una pressione piuttosto importante e ad una banda superiore - bella - piuttosto rigida, sulle prime non rende queste cuffie molto comode, almeno sulla mia testa. Allungando la corsa regolabile la pressione si attenua ma restano puntate sulla parte bassa. Non escludo che col tempo si adeguino alla forma della testa. In genere bisogna avere pazienza su questi versanti. Ma comunque Audivina (un guanto !), Arya e HE1000 restano di una categoria a se per quanto riguarda la comodità in testa. Detto questo, è tutto piuttosto solido e di qualità. I cuscinetti sono ottimi, morbidi (forse troppo), ben consistenti e aderenti. Anche la banda sembra superiore per consistenza a quella delle Arya. padiglioni e cuscinetti, approvati per fattura e consistenza. come la griglia di protezione, molto bella e resistente. La spugna interna praticamente nasconde del tutto i diaframmi, invisibili all'occhio e ben protetti. Nel complesso io le definisco molto belle. Non aggraziate come Arya e HE1000 ma siamo chiaramente in quella fascia di estetica e concretezza. *** Le cuffie hanno il classico spinotto da 3.5mm che le rendono compatibili con ogni cavo adatto a tutte le altre HIFIMAN di nuova generazione. Per cui le ho utilizzate con il miglior cavo che ho in caso, sull'integrato HIFIMAN R-27HE. L'impedenza da 14 Ohm anche se la sensibilità è medio-bassa, garantisce un carico facile ed elevata capacità di erogazione di corrente da parte dell'amplificatore. Io potrei scaricare decine di watt ma con il controllo di volume a meno della metà suonano già forte. Diamo un'occhiata alla risposta in frequenza. che è già all'origine decisamente molto corretta e lineare. Quasi una riga con una variazione inudibile fino a 3000 Hz. Dopo di che ci sono le solite oscillazioni in alta frequenza. Io fino a li non ci arrivi e nemmeno ci arriva la mia musica. Mentre la promessa di un basso e medio basso molto autorevole mi sembrano un buon viatico per queste cuffie, dopo le stranezze dei due modelli chiusi appena provati sul nostro sito. Ebbene, alla prova dei fatti, l'ascolto è di gran lunga il più soddisfacente che mi è capitato negli ultimi anni. Il basso è pieno, corposo, autorevole e punchy. Il medio basso risponde con la stessa velocità e autorevolezza. Il medio è pulito e chiaro. Nel complesso le definirei cuffie dal suono chiaro ma senza che nessuna gamma sai oscurata o prevaricata da quella alta che è si frizzante ma senza sibilanti o fastidiose esagerazioni. Neutre e concrete, sin dalla prima nota. Che sia jazz o heavy metal, sinfonico o barocco. Sono cuffie adatte a tutti i generi e a tutti gli ascolti. In particolare la voce femminile jazz con accompagnamento ritmico veloce. Ma non solo, il violino, il coro. cuffie autorevoli, dal suono pieno e piacevole, capaci di offrire un grande e notevole palcoscenico (senza pretese impossibili) con una buona evidenza di quanto in primo piano ma senza che scompaiano gli strumenti secondari. dire che la concretezza traspare dalla fattura. Così i miei dischi selezionati per i test si alternano veloci tra loro. Il suono resta chiaro e cristallino, ma questa è una firma del marchio, non di queste cuffie. Che invece si pongono esattamente nella mediana tra gli altri modelli, prendendo il meglio da tutti gli altri. Moderno, antico, complesso, semplice, senza differenze di interpretazione. Come se fossero cuffie di riferimento. Che al prezzo di € 559 è il complimento migliore che mi viene da fare. Naturalmente Arya, HE1000 Stealth e HE1000 SE sono li per offrire ancora più forza, ancora più dettaglio, ancora più analiticità, ancora - chi più, chi meno - effetto WOW. Che comunque a queste ANANDA NANO non difetta. Quasi che avessero preso, crescendo, tutto il meglio delle HE1000 senza alcuni eccessi sulle alte frequenza che non mi hanno troppo appassionato. Cuffie perfette insomma, con le sole riserve sull'indossabilità e comodità indotte da quel meccanismo di articolazione rigido e una certa inerzia nel copiare il profilo della mia testa. Forse non sarà così per tutti, ma per me, sulle prime, sono risultate non comodissime. Sul suono invece non ho riserve. E penso che con il tempo diventeranno ancora più piacevoli e naturali. Senza voler usare troppe iperboli, tra le HIFIMAN che ho provato sinora, sono le migliori per equilibrio, risposta e rapporto prezzo/prestazioni. Provatele un pò anche voi se potete. Non credo che le rimanderete indietro ! Giudizio complessivo PRO: belle e consistenti sia per materiali che per estetica fanno il verso non troppo velatamente alle HIFIMAN HE1000, come se fosse una sorta di loro manifesto di intenti facili da pilotare ma concedete loro il miglior front-end possibile (o che vi potete permettere) come per tutte le magnetoplanari, sempre poco sensibili coinvolgenti ed emozionanti hanno un basso perfetto, un medio corretto e una gamma alta mai invadenti il fronte sonoro è decentemente esteso (ma condensato sulla vostra testa, non fatevi troppe illusioni, cuffie sono !) rapporto prezzo / prestazioni eccezionale. Per delle planari non si può avere nulla di simile a questo prezzo ! CONTRO: scomode, l'articolazione dei padiglioni è modesta e la pressione sulla mia testa (non so sulla vostra) è elevata, spero che nel tempo si allentino perché così le posso tenere in testa per non troppe ore la dotazione è al solito scarna (solo il cavetto single ended); per farle suonare come le ho sentite io rischierete di spendere molto per il cavo come le planari in generale, richiedono un buon front-end per dare il meglio di loro (ma questo non è certo demerito loro !) Impianto usato per la prova : integrato Audio-GD R27 HE, alimentato via USB da un mini pc su cui gira Audirvana come player cavo crystal HIFIMAN comprato da Playstereo.com
  16. Non mi appassionano per niente questi confronti di cui purtroppo è invece pieno il web. Per questo mi viene da esclamare : che pall* ! Pensando che susciti la stessa noia negli altri. Ma poi vedo che le visualizzazioni degli altri articoli di questo genere su Nikonland raggiungono sempre vette elevatissime e mi domando se non sia il caso di insistere. Per questo, eccoci qua. Premesso che la mia esperienza con la nuova Nikon Z6 III è breve e breve resterà, perché non è un prodotto per me come non lo sarà la nuova Fiat Grande Panda, credo che la nuova Nikon debba essere confrontata esclusivamente con Zf, Z8 e Z9. La precedente generazione è troppo distante per prestazioni e capacità. Anzi, posso certificare a chi me lo chiede, che la Z6 III è molto più vicina alla Z8 di quanto non lo sia con la precedente Z6 II. Detto questo, torniamo quindi al confronto tra Z8 e Z6 III. Perché visto che la Z8 è scontata di 600 euro mentre prima di vedere la Z6 III scontata passeranno un paio di stagioni di calendario, qualcuno potrebbe chiedersi se, pur potendo comprare la Z6 III a quel punto non sia il caso di fare uno sforzo in più e puntare più in alto. Pensiero stupendo e altrettanto lecito cui cercheremo di dare una chiave di lettura - giammai una risposta asseverante - in questo articolo ! *** Le due macchine differiscono per collocamento. La Z8 discende dalla nobile schiatta che parte direttamente dalla Nikon F del 1959 e poi arriva fino alla F100 a pellicola. Riprende dalla D700 e passando per la D800 arriva sino alla D850. Quindi l'erede della prima reflex professionale Nikon (quando Nikon faceva fotocamere esclusivamente per i professionisti) e fino alla separazione delle carriere con l'introduzione della prima ammiraglia "monolitica", la oramai mitica Nikon F5, è stata il topo dei top. Dalla F5 è stata derivata invece la linea che in digitale è partita dalla D1 per arrivare alla D6. E prosegue oggi con la Z9 in mirrorless e continuerà così nelle prossime iterazioni. Lo si vede dalla impostazione dei comandi, dal dimensionamento, dalle peculiarità del corpo, più grosso, importante, comodo, ergonomico e più dotato di comandi diretti. La Z6 invece è di discendenza più recente, è un prodotto più prosumer (fusione orribile che deriva dai termini professionale e consumer : quindi una via di mezzo tra i due mondi) ed è l'erede della Nikon D750 che ancora oggi gode di grande favore presso i nikonisti. Anzi, probabilmente la Z6 III nasce proprio con l'intento di convincere gli irriducibili utilizzatori di reflex che residuano la fuori a considerare il passaggio alla mirrorless. Nelle foto di confronto che pubblico qui sopra vediamo le differenti impostazioni, sia dei corpi che dei corpi con il battery-grip, opzionale per entrambe le due Z8 e Z6 III che garantiscono espansione di funzionalità pari tra le due differenti macchine. Tanto che la Z8 con il suo MB-N12 diventa addirittura più grossa della pur importante Nikon Z9 raffigurata nell'ultima foto. Ma si vede chiaramente come la Z8 derivi dalla Z9, mentre la Z6 III ha una configurazione, comandi, disposizione dei controlli, simile ma funzionalmente diversa. Prima fra tutti la torretta di sinistra che per la Z8 vede una razionale presenza di pulsanti di regolazione, mentre la Z6 ha la tradizionale rotella PASMUx+ che prevede persino la posizione Auto in cui la fotocamera fotografa per conto del fotografo ignaro delle scelte della fotocamera (per le Nikon con il flash in questa posizione Auto, il flash si attiva automaticamente anche se tu non vuoi !). La Z8 ha l'oculare tondo tipico delle professionali, la Z6 ha l'oculare quadrato, tipico delle consumer. Più in generale la Z8 si capisce da lontano, anche per un profano, che è una fotocamera "importante". La Z6 la da un pò più a bere ... Nella realtà le due fotocamere si differenziano nell'interno per scelte progettuali concrete ma alla prova dei fatti, funzionalmente non così distanti. Il processore è lo stesso. La batteria è la stessa. Il comparto delle memorie è lo stesso (CFEx + SD). Cambiano i due sensori. Ma attenzione ... La tecnologia di fondo è simile e le differenze sono più sottili di quanto non si penserebbe. Si, uno è da 45.7 megapixel e la più grande massa di pixel consente più aree di messa a fuoco, mentre l'altro è un 24 megapixel. Ma lo strato fotosensibile è più o meno equivalente, fatta salva la densità di informazioni e la taratura della sensibilità di base (anzi, delle due sensibilità di base e dell'intervento del filtraggio alle alte sensibilità). Mentre che il sensore della Z8 sia integralmente stacked (cioé che abbia una quantità di memoria tampone integrata che copre l'intero sensore a servizio della lettura dei dati veloce) mentre che quello della Z6 III lo sia solo parzialmente, influenza la velocità complessiva del sistema. Ma ponendo la Z6 III comunque in un'area in cui le prestazioni sono già radicalmente al di sopra della massa. Essendo l'unica fotocamera della sua categoria con un sensore così veloce. Abbastanza veloce da permettersi peculiarità impensabili per le altre fotocamere. Con l'eccezione solo di Z8 e Z9. Dalle nostre deduzioni il tempo di lettura del sensore di Z8 e Z9 e poco superiore ai 3 ms. Ovvero ci vogliono poco più di 3.7 millisecondi perché ogni riga del sensore sia catturata. Questo ha permesso di omettere l'otturatore meccanico dalle macchine perché tale velocità equivale ad un tempo sincro-flash di circa 1/270'', sufficiente ad operare senza insorgenza di bande. Quello della Z6 III sta sui 9.2 millisecondi, cui corrisponde un sincro-flash di circa 1/100''. Molto più veloce di quello, ad esempio della Zf/Z6/Z6 II (circa 33ms) e molto, molto più veloce di quello della Z7 (circa 65 ms) e capace di essere in larga parte esente da problemi quando impiegato in modalità otturatore elettronico. Ma non abbastanza veloce da poter lavorare senza otturatore meccanico con il flash. La presenza dell'otturatore meccanico assicura poi che in determinate circostanze, si possano evitare i fenomeni di banding per effetto di luci a frequenza variabile che invece con Z8 e Z9 obbligano ad impostare frequenze di scatto valutate "ad occhio". Z8 e Z9 hanno un sensore tanto veloce da permettere di avere un flusso separato tra la visione a mirino e quella elaborata verso le memorie. Questo elimina del tutto gli oscuramenti del mirino. Per la Z6 III non è possibile un simile processo (unico per il momento) ma comunque la visione è di grande livello, coadiuvata da un pannello LCD a risoluzione, contrasto e luminosità di qualità dichiarata superiore a quello dei modelli Z8-Z9. Con la Z6 III, così come con Z8 e Z9, nelle raffiche estese abbiamo una visione completamente in tempo reale della scena inquadrata, indispensabile per la foto d'azione. Con tutte le altre Nikon Z invece la visione in tempo reale si ferma nella raffica lenta a 5 scatti al secondo. Oltre, le fotocamere non hanno una velocità sufficiente e quindi presentano a mirino le foto già scattate, come in un effetto moviola che si somma all'oscuramento tra gli scatti con una sensazione di smarrimento che a me ha impedito di fotografare uccelli in volo o motociclisti su sterrato con Z6 e specialmente Z7. La Z7 ha un sensore così lento, che in raffica estesa, con qualsiasi tempo di scatto, le auto in movimento vengono deformate in stile futurista inizio '900 ... *** Spero che la disamina tra le caratteristiche peculiari non vi abbia annoiato troppo. Concludo sintetizzando. La Z6 III al di là delle peculiarità tecniche è prestazionalmente parlando (sia in fotografia che in video) molto più vicina a Z8 e Z9 di quanto il corpo non farebbe pensare. Ed ha il vantaggio di costare una cifra che al netto degli sconti sugli altri modelli, consente con la stessa spesa, di comprare anche un 24-120/4 S, obiettivo che ci sentiamo di caldeggiare sempre come compagno di Z6 III e Z8. Ci sono tante funzionalità software e firmware che differenziano i tre modelli, vuoi per esigenze di marketing vuoi per diverse tempistiche tra i team di sviluppo dedicato (la Z9, per esempio non ha né le facilitazioni sui ritratti, né il pixel shift, che invece hanno sia Z8 che Z6 III). La Z6 III introduce, prima tra le Nikon Z, l'accesso al cloud per depositare in tempo reale i propri scatti sia per prelevare controlli colore aggiuntivi. Ed inserisce nel flusso di lavoro del fotografo anche una nuova categoria di Picture Control in cui è possibile manipolare anche il colore, non solo la curva di contrasto o la saturazione. Che questo possa essere esteso anche a Z8 e Z9 è potenzialmente possibile. Si tratta di software che può essere configurato in modo equivalente su una piattaforma che condivide lo stesso SoC Expeed 7 (in una versione a più basso consumo, ipotizzo io, nella Z6 III). Ma al momento sono disponibili solo sulla Z6 III. Quindi quale è meglio tra Z8 e Z6 III e per quale fotografo ? Rispondo prima alla seconda domanda, perchè la prima domanda secondo me non ha una risposta sensata univoca. Personalmente io sceglierei la Z8 ogni giorno dell'anno sulla Z6 III, non per la differenza di prestazioni ma perchè la Z8 ha una disposizione di comandi da professionale - ed io ho sempre avuto Nikon professionali come prima macchina - e perché io scatto tanto, tantissimo (troppo) con le Nikon Z e l'assenza dell'otturatore mi tranquillizza per l'assenza di usura di parti meccaniche, assicurandomi almeno un decennio con milioni di scatti all'attivo (la mia Z9 ha 1250000 di scatti, la mia Z8, nonostante i test con tante altre macchine, supererà il mezzo milione nel 2024). Quindi credo che un fotografo che ha come tipo di Nikon la D700-D800-D850, sceglierà preferibilmente la Z8 Il fotografo tipo D750, che non scatta tanto come me e non ha una specializzazione definita ma fotografa di tutto, preferirà, io credo la Z6 III. Perché è più leggera, compatta, economica e volendo si può comunque attrezzare con il battery-grip. La Z8 con il battery-grip fa schifo e le fa preferire la Z9. Anche questo lo dirò finché Nikon non farà per la prossima Z8 un battery-grip degno di quello della Nikon D850, che era praticamente perfetto e poteva contenere anche la batteria della D5-Z9. Le prerogative tecniche delle due fotocamere nel mondo reale non sono tali da connotarne una netta separazione prestazionale. Non quanto la Z8 svetta rispetto a Z6 e Z7, per esempio. Per il resto, l'aspetto su cui soffermarsi è il display completamente articolato della Z6 III, per alcuni un valore, per altri un fastidio. E l'assenza o meno dell'otturatore meccanico, per disimpegnarsi in situazioni ben particolari e specifiche che per alcuni (ad esempio per me) capitano molto raramente. io vorrei tanto che nella Z8 II Nikon introduca il display completamente articolato. Sembrerà più fragile ma è di una comodità unica che mi permette con Zf e Zfc di fare qualsiasi cosa senza fare equilibrismi o sforzi inutili: Ma posso comprendere che ad altri faccia schifo. *** Quale è meglio tra Z8 e Z6 III ? Alla fin fine, come ho già avuto modo di dire, le due macchine sono più vicine di quanto si vorrebbe ammettere. Entrambe sono vere Nikon capaci di assecondare il fotografo al meglio. Prestazionalmente la Z8 è di un gradino superiore. Non è estrema come la Z9 (che a me trasmette molta più confidenza, al di là dell'inarrivabile migliore ergonomia, pur a parità di dotazione tecnica) ma le si avvicina. La Z6 III non può essere tanto estrema per costituzione e per contratto. Ma anche un professionista con due Z6 III non deve sentirsi affatto sminuito. E una Z6 III può costituire un sensazionale secondo corpo per una Z8. Leggo un sacco di balle sui sensori. A me questi sensori da 24 megapixel piacciono un sacco. Anche più del più ricco della Z9 e certo più di quello di D850 e Z7. Lavoro praticamente sempre a 800 ISO con queste camere (rispetto ai 500 di Z8 e Z9) e se devo andare fino a 6400 ISO non mi sento in difficoltà mentre so che con la Z8/Z9 dovrò poi smanettare con LR per riallineare i valori. La vicinanza dei 24 megapixel al formato 4K, secondo i miei occhi, offre un flusso video più naturale. Lo era già nella Z6 che però doveva croppare limitando l'ottica in formato DX. Tanto che spero che la futura Z9 Quadrifoglio o Veloce GTI pensata per correre sempre a 300 Km/h non abbia più di 24 megapixel e un sensore tanto veloce da non capire se stai scattando o no e rendendotene conto solo perché si è riempita la scheda di memoria. E voi ? Che ne pensate dei miei sproloqui mattutini ? Esprimetevi liberamente, c'è libertà di opinione se uno scrive commenti utili agli altri. Non vi contraddirò anche se pensate tutto l'opposto di quanto penso io.
  17. Il nuovo Viltrox AF 16mm f/1.8 per Nikon Z montato sulla Nikon Zf l'ingresso dello stadio Sinigaglia di Como lo stadio Sinigaglia di Como ripreso dal monumento ai Caduti della Grande Guerra tre viste del monumento da punti di ripresa differenti. Nikon Z8, f/11 dettagli ad f/11 e ad f/16 controluce estremi con il sole nel fotogramma (f/16) macchina in bolla, punto di ripresa in stile biottica a pozzetto *** Giusto una anticipazione per qualche foto presa durante una passeggiata a Como sul lungo lago, approfittando di una pausa tra le piogge semi-torrenziali dei giorni scorsi. l'obiettivo è stato da noi acquistato, arrivato per corriere Amazon dalla Cina in questi due scatti, montato sulla Nikon Zf, un anticipo della visuale del pregevole display oled che caratterizza questo progetto. Un dispositivo che rivaleggia per qualità con i migliori obiettivi Zeiss e surclassa ogni realizzazione Nikon. Tanto è chiaro, definito, leggibile, persistente. Scatola e dotazione non sono una sorpresa per Viltrox. Il solito doppio involucro "a pressione" in cartone bianco con dentro generosi assorbenti in spugna grigio scura garanzia, manualetto, astuccio morbido obiettivo e paraluce il paraluce ha i petali in plastica ma l'anello e i fermi sono in solido metallo. Considerato che anche l'obiettivo è interamente in metallo, possiamo pensare che resisterà all'usura per sempre. dettaglio del frontale del barilotto, con le serigrafie incise dei valori del diaframma, l'anello solidissimo di controllo dello stesso (che come in tutti i Viltrox di fascia, è pienamente funzionale, vero Nikon ?) il display Oled, il grosso anello di messa a fuoco manuale. Non manca il punto rosso di evidenza dell'innesto. il selettore autofocus/manual focus, i due tasti funzione programmabili. il selettore per il "click" del diaframma, selezionabile per evitare rumori nei video (ma qualcuno cambia il diaframma mentre gira il video ?) ovviamente, Made in China. come abbiamo già anticipato, l'obiettivo è solido, concreto, in freddo alluminio finemente verniciato in nero. Unico segno distintivo quell'orrendo marchietto rosso che non si capisce cosa significhi (sembra la marca di una scarpa sportiva, made in Hong Kong). se vogliamo trovare un difetto, il tappo posteriore : è orrendo nel profilo fresato. Esteticamente è molto affine alla Nikon Zf su cui fa grande mostra di se ma per peso e consistenza, ci pare meglio assortito con la Nikon Z8 anche il frontale è serioso, a promessa di prestazioni consistenti nelle indicazioni sul frontale, Viltrox ci tiene a rimarcare che - oltre all'anello filtri da ben 77mm, come i professionali Nikon - il cerchio di copertura è di 43,3 mm. Anche la messa a fuoco minima, 27 cm, a garanzia di potenzialità espressive molto particolari pure nei primissimi piani. insomma, se la prima impressione conta, noi siamo decisamente impressionati. E' un prodotto che, in tutti i dettagli, ci piacerebbe che Nikon prendesse ad esempio per le sue realizzazioni premium. Considerando poi che questo obiettivo, costa al pubblico, con le tasse, meno degli obiettivi Nikon di fascia bassa (non arriva al prezzo del Nikkor Z 50/1.8 S che è in bella plastica), siamo veramente contenti di come abbiamo speso i nostri soldi. Un'altra sorpresa positiva è la presenza del profilo di correzione dei parametri di immagine direttamente dentro a Lightroom in fase di sviluppo funzionalmente è una cosa che apprezziamo, considerando che riteniamo oramai imprescindibile sulle mirrorless, l'insieme ottica+fotocamera+software, la chiave per il risultato migliore possibile. *** Nell'uso l'obiettivo si è rivelato molto piacevole. Sta in mano comodamente, non pesa, non provoca in alcun modo stanchezza. Avendo in mente che si tratta di una focale grandangolare che un tempo si sarebbe ritenuta decisamente estrema, è anche facile da utilizzare. Basta tenerlo in bolla e possibilmente riprendere dal basso le scene, quando possibile, evitando l'eccesso di linee di fuga espressioniste. gli scatti a corredo di questa anteprima sono spensierati, quelli della passeggiata di qualsiasi fotografo. Ma volendo fare i creativi le possibilità non mancano mai con un'ottica di questo genere. anche al di là del consueto paesaggio che in ogni caso resta una delle prerogative principali di un obiettivo del genere, avendo cura di mettere una quinta davanti alla veduta, oppure tagliando in orizzontale l'immagine non siamo stati finora a verificare la qualità ai bordi che, per effetto di distorsione/correzioni, ci pare qualche volta un pò stiracchiata. E' anche possibile che insorga rapidamente qualche problema di diffrazione, operando a diaframmi molto chiusi. Non abbiamo invece potuto sfruttare ancora le potenzialità offerte sia dalla luminosità massima molto elevata ed inusuale per la focale, quanto la distanza minima di messa a fuoco molto ridotta. Nonostante ciò ci sentiamo di esprimere un primo sommario giudizio complessivo che poi andremo a puntualizzare in articoli successivi. Giudizio preliminare PRO: costruzione realmente premium, irreprensibile, ben superiore ad ogni obiettivo della stessa fascia commerciale prodotti da Nikon etc. funzionalità estese (display oled di qualità eccellente, tasti funzione, distanza minima di messa a fuoco di soli 27cm, passo filtri standard, paraluce fantastico) disponibilità del profilo di correzione automatica per Lightroom prestazioni generali di grande livello nitido, aberrazioni cromatiche ridotte, distorsione geometrica (specifica dell'obiettivo, non della focale) ben controllata, tenuta al controluce fantastica, tenendo a mente la focale estrema porta USB-C standard sulla baionetta per gli aggiornamenti firmware (plug&play) rapporto prezzo/prestazioni irraggiungibile per gli obiettivi premium Nikon focale unica in full-frame a livello di mercato (obiettivo che è disponibile solo per gli attacchi Nikon Z e Sony E) CONTRO: da verificare la tenuta della garanzia in caso di guasto assenza di un distributore vicinale (che succede in caso di guasto ?) due problematiche comuni a tutti gli oggetti cinesi simili a questo possibilità di incompatibilità con le fotocamere Nikon Z in caso di aggiornamenti firmware importanti (ma nel recente passato abbiamo sperimentato una rapidità esemplare di Viltrox nel mettere a disposizione gli aggiornamenti firmware correttivi) qualità di immagine ai bordi da verificare focale estrema che richiede manico da parte del fotografo in sintesi, un acquisto che ci sentiamo di raccomandare ad ogni nikonista Z in cerca di un supergrandangolare a focale fissa di elevata luminosità. Al momento questo è l'unica proposta sul mercato di questo livello, autofocus e perfettamente funzionale e compatibile con la piattaforma Nikon Z.
  18. Posso scrivere questo articolo grazie ad Mtrading Srl, distributore italiano di Sigma. Io sono Sigma Ambassador per l'Italia e quale miglior occasione per un ambassador, ritrattista, ragionare a voce alta sul trio da ritratto per eccellenza ? i tre oggetti del confronto ragionato di questo articolo. 85, 105 e 135 Sigma Art Arrivato il nuovissimo Sigma 105mm f/1.4 Art si completa un dream team che al momento mi pare di poter dire che nessuna casa ha. Sigma lo offre per Nikon, per Canon e per Sony, permettendo a tutti i fotografi ritrattisti del mondo di avere una gamma completa che speriamo quanto prima sarà completata anche da un Sigma 70-200/2.8 Art che possa arrivare effettivamente a 200mm alla distanza di un metro o giù di li. Ma torniamo a questi tre begli esemplari della moderna ingegneria ottica. Visti insieme così non si direbbe. Sembrano addirittura molto simili tra loro per volume e ingombro. Rimando agli articoli specifici che abbiamo scritto in questi anni su queste ottiche (li trovate in questa stessa sezione di Nikonland qui) ma veniamo al sodo. Siamo stati per anni abituati ad obiettivi di questa fascia con 72 o al massimo 77 di passo filtri. E un peso non superiore ai 6-700 grammi. Ma qui la ricerca delle prestazioni massime e l'impegno a correggere per quanto possibile i tipici difetti degli obiettivi superluminosi, ha fatto decidere a Sigma di non accettare compromessi. Abbiamo il più "piccolo" dei tre - che in realtà è il più lungo - con un passo filtri di 82mm : il 135mm. Passiamo all'85mm ed aumentiamo a 86mm. Per giungere al 105/1.4, ultimo arrivato, che va decisamente oltre : 105mm. Bocche da fuoco di questo genere sono intese per catturare tutta la luce possibile e limitare al massimo la caduta di luce e i difetti agli angoli. Ci sono riusciti. Facendo al contempo oggetti molto ben costruiti - mediamente superiori a tutti gli obiettivi degli altri marchi - ma comunque dotati di ergonomia adeguata all'uso. Pur ammettendo che i pesi non sono trascurabili : 1130 grammi per 85 e 135, 1650 grammi per il 105mm. 105 mm f/1.4 e 135mm f/1.8 : quel mezzo stop di differenza comporta un notevole incremento dimensionale per mantenere le stesse prestazioni più evidenti senza il paraluce l'85mm è quello con la ghiera di messa a fuoco più ampia. Il 105 invece ne ha una decisamente più ridotta. Ma sinceramente con questi eccezionali motori di messa a fuoco, chi li utilizza a mano libera ? metallo da tutte le parti. Costruzione coerente. Oggetti pensati per durare. I tre sono tutti dotati di diaframma elettromagnetico e di motore ad alte prestazioni, silenzioso e molto rapido. NEI TEMPI ANDATI QUESTA CATEGORIA DI OBIETTIVI SI DEFINIVA MEDIOTELE O MEZZOTELE. Ma questi sono teleobiettivi in tutte le loro caratteristiche, con MTF che somigliano a quelli dei superteleobiettivi. E schemi ottici complessi, composti da un elevato numero ognuno di lenti speciali (il 105 esagera addirittura con 3 lenti tipo fluorite, due a dispersione bassissima e una asferica ma il risultato si vede). Differiscono per dettagli e per modalità d'uso. Ed è di questo che siamo qui a dibattere. Perchè volendo e potendo, basterebbe averli tutti per non avere l'imbarazzo della scelta, usandoli tutti e tre alla bisogna, a seconda del risultato atteso o del tipo di soggetto. Ma sebbene siano proposti a prezzi più che ragionevoli vista la concorrenza, il conto totale richiede certamente un investimento graduale. Quindi vediamo le loro caratteristiche sul piano pratico, anzichè dibattere per astratto. LA COMPRESSIONE O DISTORSIONE PROSPETTICA Simili e coerenti tra loro ma non identici. Le tre focali - classiche - differiscono tra loro di una percentuale che produce un gradino importante in termini di prospettiva - a parità di distanza di scatto - e di ingrandimento. Inoltre, se 85 e 135mm offrono una distanza minima di messa a fuoco di circa 88-90cm, il 105 si ferma a 100cm. E questo sul piano pratico crea immagini differenti. Soggetto comune, luce identica, minima distanza di messa a fuoco Sigma 85mm f/1.4 Art, f/1.4, Nikon D850 Sigma 105mm f/1.4 Art, f/1.4, Nikon D850 Sigma 135mm f/1.8 Art, f/1.8, Nikon D850 appare chiaro direi l'effetto della distorsione prospettica su un soggetto che ha un tipo di volto che probabilmente richiederebbe la focale più corta delle tre. In questo caso il soggetto - lasciato per quanto possibile al naturale - viene ingrandito al massimo nello scatto a 135mm. Sembra poca ma guardate bene le proporzioni del naso rispetto agli occhi, la forma del volto, la distanza tra la punta del naso e i capelli. Cosa che si conferma anche in modalità "ritratto" 85mm 105mm 135mm Ne possiamo concludere che usare l'uno o l'altro non è indifferente. Ma che i tre offrono comunque nitidezza esagerata (e qui siamo a tutta apertura, chiudendo il diaframma ad f8 andiamo su rendimenti da obiettivi macro, senza alcun problema) e sfuocato simile, sebbene diverso per le diverse proporzioni tra soggetto e sfondo. Il Sigma 85mm f/1.4 : il Playboy Dei tre è probabilmente il più immediato e il più semplice. Meglio del 50mm quando il soggetto ha il viso un pò "orientale (piatto !), perchè è già quasi privo di distorsioni ottiche. Consente però di inserire il soggetto nel contesto in cui si trova, ma con gli effetti tipici dei superluminosi. dei tre è il meno analitico e più indulgente anche in termini di tempo di scatto é più immediato contestualizzare il soggetto nell'ambiente ma lo sfondo non si liquefa come fa con gli altri due e questo sia un bene o un male, decidetelo voi in base al vostro stile. chiudendo diventa radiografante ma senza diventare molesto insomma è una gioia da usare e non vi costringe ad uscire dalla stanza per passare dal primissimo piano alla figura intera Il Sigma 105mm f/1.4 : il Palestrato fatta subito l'abitudine "al coso", possibilmente smontando il collarino del treppiedi se lo userete per lo più a mano libera, il 105 si scopre molto simile al 85mm. Quei 12 cm di distanza minima inferiore però si mangiano in parte la capacità di ingrandimento e tolgono un pò di effetto alla luminosità relativa (se mettesse a fuoco da 87 cm anche questo, potrebbe funzionare come un 85mm f/1.2 equivalente). Però sono le caratteristiche che lo rendono bilanciato. Si può descrivere il soggetto senza andarci troppo "dentro". Ce l'ho da poco ma già ho potuto fare foto memorabili. ergonomicamente è perfetto. Ma per sicurezza l'ho usato tendenzialmente con tempi nettamente più rapidi di quelli che uso con l'85mm. Anche questo, come l'85, non riesce a dare quegli effetti di "liquefazione" tipici del 135/1.8 Il Sigma 135mm f/1.8 : il Mustang L'avessero fatto f/1.4 anche questo, sarebbe stato ingestibile. Per fortuna si sono contenuti. Eppure ne è venuto un capolavoro che io tendo ad usare per tutto, anche per le riproduzioni e per le "simil macro" (con una lente addizionale, permessa dal passo filtri ancora "umano"). lo sfuocato è normalmente memorabile Nel ritratto consente di essere decisamente analitici potendo entrare nel soggetto senza farlo notare troppo specie se il soggetto collabora 135mm è esattamente la media tra 70 e 200mm. Se mi dimentico a casa il 70-200/2.8 posso utilizzare tranquillamente questo al suo posto, come in questo caso, dove ho selezionato il formato quadrato con la macchina sul treppiedi in live-view ma è in esterni dove sorprende con effetti di sfondo più tipici di un 300/2.8 che di un MEZZOTELE ! Mi fermo qui altrimenti, giustamente, mi mandate a quel paese ! Forse si sarà capita la mia preferenza per il 135mm ? Ebbene si, potendo, io sceglierei sempre il 135mm per tutto. E' la focale ideale per me nel ritratto e anche in tutto il resto. Ma non è sempre possibile, dipende molto dal soggetto. E poi è un obiettivo decisamente più impegnativo degli altri. Più docile in tutto l'85mm, come la mamma per chi non è uno specialista o per chi non vuole isolare del tutto il soggetto dal suo contesto la dolce Sabina in luce naturale ripresa dal 85/1.4 Art ad f/1.4 il 105 è il nuovo campione per prestazioni. Si staglia in tutto. E' più vicino all'85 che al 135 per caratteristiche d'uso e di impiego. Vivian e il 105/1.4 ad f/1.4 (vignettatura aggiunta in sviluppo) Volete un consiglio da me ? Se avete già l'85, puntate al 135. Se avete già il 135, puntate al 85. Se non avete nessuno dei tre, procuratevi un soggetto bello, solare e sorridente come Vivian e provateli. Probabilmente vi innamorerete del 105 e non avrete da pentirvene. Per casi speciali, parliamone pure nei commenti. Io, potendo, li continuerò ad usare tutti e tre, a seconda dei casi o tutti insieme, per continuare a provare il gusto che c'è ! Sigma 135mm f/1.8 Art su Sigma SD Quattro H sempre sia lodata Mtrading Srl che distribuisce tutto questo ben di Dio sul territorio italiano
  19. Generalmente uso obiettivi Nikkor Z sulla Zf. Magari non proprio quelli più enormi, se possibile i suoi due Special Edition e qualcuno di quelli più compatti. Oppure il Viltrox 20/2.8. Ma la Zf si accoppia esteticamente meglio con obiettivi più eleganti se non proprio d'epoca. Il guaio è che quelli con attacco Z sono pochi e costosissimi. Impensabile per me acquistarli solo per l'estetica (penso, ad esempio, agli ultimi Voigtlander). Ecco che mi viene in aiuto un cinese che ho in casa, che pur con attacco Leica M ha in dotazione un adattatore che non è un pugno in un occhio come il Nikon FTZ o i tanti cinesi K&F. Il TTArtisan è discreto ed ha un bel profilo conico che si accoppia con l'obiettivo dello stesso marchio, il 50/0.95 concepito come alternativa economica (seppur con prestazioni molto lontane) al Noctilux di Leica. Intendiamoci bene : con il Noct Nikkor Z 58/0.95 non ha alcuna attinenza ... é tutto metallo e vetro, lega leggera, alluminio e ottone. Niente plastica. La sensazione tattile è sontuosa, la presa in mano solida, l'impressione ricorda più quella di essere in presenza di una Lagonda V12 anziché un obiettivo dei nostri tempi. Come vorremmo che fossero gli obiettivi pensati per la Nikon Zf. A parte una distanza minima di messa a fuoco un pò esagerata per un "normale" (70 cm !) e più vicina a quella di un 85mm, risulta anche divertente da utilizzare, quando ci si vuole divertire a fotografare per svago. ha il grande pregio di "vederci" letteralmente "al buio" e di poter scattare proprio con un filo di luce o in penombra. E con lo stabilizzatore della Zf (qui tarato per un 50/1.2) ci va a nozze per non dimenticare tutte le facilitazioni alla messa a fuoco manuale uniche della Nikon Zf. Infine, l'anello di messa a fuoco è molto solido e la corsa adeguata, permettono di riuscire a fare cose difficili anche con una profondità di campo così ridotta. Qui è usato esclusivamente ad f/0.95 come è prescritto nel contratto di vendita originale quindi posso mettere a fuoco sull'occhio vigile di quel pelandrone di George oppure di Isabella, quando passa a reclamare la pappa nella realtà i difetti ottici sono molti ma non tanto da rendere nulla la "magia" del campo di smaterializzazione indotto da quell'apertura ridottissima. E non ritenendo opportuno l'acquisto della meraviglie delle meraviglie Nikkor Z (non comprerei il 58/0.95 nemmeno fosse ad un quarto del prezzo di listino), mi basta così
  20. Venerdì 16 Novembre 2018 Nikon presenta la sua seconda mirrorless full frame, la Z6 e nello stesso giorno Nikonland riceve in visione e prova un necessaire più che completo, grazie ai buoni uffici del distributore italiano, formato dal corpo macchina, dallo zoom (che definire di primo equipaggiamento appare fin da subito riduttivo) 24-70/4, dall'ambìto grandangolare leggero, il 35/1,8 e dallo strumento di coesione tra i corredi F ed i corpi Z, l'adattatore FTZ, tutti oggetti dei quali da mesi oltre a parlarne fin troppo, su Nikonland si scrive a profusione, per prova provata, pure sulla sezione del forum, felicemente rinominata all'uopo, Zetaland... Cosa ci fa definire NECESSARIA la Nikon Z6? Struttura, dimensioni e peso identici alla primogenita Z7. Ergonomia uguale. Estetica indistinguibile se non per il numerino in basso a destra, osservando il frontale... idem per i comandi e pulsanti, avanti come dietro, sulla torretta di sinistra e sulla plancia di scatto a destra da qualsiasi punto di vista la si guardi e la si studi, non appaiono differenze di sorta tra le due macchine con le quali Nikon inaugura il suo secondo Centenario. a sx sul fianco comode coperture flessibili proteggono le prese IN e OUT della fotocamera anche a destra, il nuovo sportello/poggiapollice ergonomico apre l'accesso all'unica scheda XQD (CFxpress compatibile) , di cui le attuali Nikon Z possono disporre per la registrazione dei files così come identico è il mirino elettronico OLED in dotazione, da 3690k punti ed uguali possibilità di regolazione. Necessario è tutto ciò che diventa spesso anche indispensabile, diverso dal superfluo ed anche dall'eccedente... ed ecco allora come la Nikon Z6 diventa "La Necessaria": eliminato il superfluo (specchio, mirabox, lentezza operativa, rumorosità etc), aggiunto l'indispensabile (mirino elettronico performante, AF ibrido a rilevazione di fase e di contrasto, sensori posizionati su tutto il fotogramma, ottimo rapporto S/R, stabilizzazione sul sensore, raffica fino a 12 ftg/s, video 4K) si accontenta di rinunciare alle "eccedenze" della sorella maggiore ossia, sopratutto, il sensore da 45,7Mpx, oltre ai 493 punti di messa a fuoco (facendosene bastare 273) e gli ISO 64 da cui parte invece la Z7. Come la sorella si regala funzioni difficilmente riscontrabili su altre mirrorless di riferimento (prima della nascita della linea Z): principalmente cosette come la ripresa con la variazione della messa a fuoco, brevemente ridefinita focus stacking e le riprese con intervallometro in time lapse , oltre ad una perfetta compatibilità con ottiche native e universali della generazione reflex attraverso l'adattatore FTZ roba da far ... leccare i gomiti a chi apprezzi o, come me, idolatri costruzioni ottiche del remoto passato Nikon, Nikkor, da far rivivere, stabilizzate e misurate al Matrix insieme alle gloriose sigle da Nippon Kogaku... famose quando certe etichette odierne ancora combattevano con le Katana nei boschi di tigli in fiore senza disdegnare abbinamenti estremi ma ... necessari, perlomeno fino a quando il listino ottiche della roadmap non sarà stato completato. Necessario non è quindi sinonimo di inferiore, ma connota un prodotto in funzione degli scopi per i quali venga preferito ad altri: è una scelta molto più complessa di quelle riduttive da ...rapporto qualità/prezzo (che detesto, in quanto eminentemente soggettivo) o da ricerca del TOP del listino. Necessaria è la Nikon Z6 proprio in ragione di alcuni parametri per i quali possa essere scelta al posto della sorella più costosa (molto...) rinunciando ai pochi aspetti che da quella la differenziano: Il Sensore (foto di Pat Nadolsky) 24,5 MPx, genera files da 6048x4024 pixel, NEF da circa 30 Mb, (jpg Fine* attorno ai 12 MB), provvisto di filtro passabasso (al contrario che la Z7) Questo taglio di sensore è probabilmente quello attualmente più popolare tra tutti i marchi di mirrorless sia di formato pieno che in APS-C: significa che continua ad essere considerato un giusto compromesso tra le esigenze qualitative fotografiche in molti generi insieme al limitato ingombro dei file sui nostri vessati hard disk. Dai reporter di tutti i generi, ai viaggiatori e street photographer, alla mamma che voglia scattare in automatismo totale alla partita di calcio del figlio (o di volley, giusta la capacità eccellente agli alti ISO) nessuno si lamenterà, ma anzi si autocongratulerà per l'azzeccato acquisto. 273 punti AF sparsi sul 90% del fotogramma una grande innovazione per tutti i fotografi delle categorie prima menzionate, per la facilitazione rispetto all'esiguità sulle reflex di aggancio dell'AF sul soggetto del tutto decentrato nel fotogramma: ritengo sia una delle performance irrinunciabili, indispensabili, in una moderna fotocamera, anche a prescindere dal genere fotografato, per evitare l'esigenza di treppiede + live view con la quale, ma solo con le ultime reflex, si riusciva a ottenere un compromesso onorevole, rispetto la copertura solamente DX delle cellule AF sulle ammiraglie Nikon. Resa agli Alti ISO La latitudine di posa del sensore tra 100 e 51200 ISO abbinata ad un eccellente rapporto S/R, insieme alla capacità di lettura dell'AF in luce bassa già a partire da -4EV, consente di ottenere una eccellente compattezza anche delle zone omogenee sovra o sottoesposte dell'inquadratura: 12800 ISO25600 ISO (crop) Le prestazioni in luce disponibile di una Nikon Z6 sono oggi "necessarie" ad una pluralità di utilizzi e di tipologie di fotografia. Baionetta e tiraggio Z ...un grande passo in avanti per ogni nikonista unitamente alla presentazione delle ottiche Nikon S promesse nella roadmap pubblicata produrrà un livello qualitativo delle immagini irraggiungibile dalle ottiche F Stabilizzazione a 5 assi Indispensabile voce nel panorama mirrorless attuale, Nikon Z6 anche qui marca il territorio con prestazioni a mio vedere ottime (dopo aver testato negli anni precedenti il meglio della produzione della concorrenza) che se anche non rispettassero il parametro dei +5 stop promessi (rispetto il reciproco focale/indice ISO) diventano eccellenti nell'integrazione tra stabilizzazione del corpo macchina congiuntamente a quella (se presente) dell'obiettivo, nel mio caso, attraverso il tramite dell' adattatore FTZ ed anche con obiettivi universali ! 1/80" a 200mm a mano libera su di un 80-200/2.8 a f/16 dà già il senso della qualità di stabilizzazione ottenibile (crop) tanto quanto 1/25" ai 70mm del 24-70/4 (ed il suo crop) Non ho avuto molto tempo per sviluppare questo specifico tema, con cui mi sarebbe piaciuto testare vecchi obiettivi Nippon Kogaku, ma la sensazione di sicurezza ricevuta durante gli scatti è stata davvero eloquente e queste prove a tempi improponibili a mano libera su attrezzature differenti fanno ancora un pò più "necessaria" una Nikon Z6 35mm @ 1/10" Inoltre la Nikon Z6 diventa, a mio avviso, "Necessaria" perchè le caratteristiche che la differenziano dalla Z7 la collocano, per snellezza, su di un piano di migliore compatibilità tra il gruppo processore/sensore e le prestazioni dinamiche di velocità di scrittura su XQD, come ben testimoniato dai massive test di scatto in sequenza, cui l'ho sottoposta in abbinamento al Nikon 200-500/5,6E su FTZ, per ottenere innanzitutto la prestazione massima in termini di velocità (12 ftg/s in jpg Fine e sequenza H*) (qua sequenza di 2 secondi) durante il quale utilizzo l'immagine mostrata nel mirino elettronico non manifesta problemi di ritardo ed il buffer, grazie alla dimensione dei file decisamente inferiore agli analoghi della Z7, non manifesta flessioni di sorta anche scattando sequenze di durata ulteriore (per ottenere di più, tanto varrebbe realizzare filmati !) Direi che per i fotografi che si dedicano allo sport, la Nikon Z6 oggi sia la Z necessaria ! Ed uno shooting da ben più 4mila scatti in appena due ore, con la stessa batteria EN-EL15b (a proposito... lasciate stare gli standard CIPA degli annunci) ...non può che confermare la naturale destinazione di questa mirrorless a robusti utilizzi di questo genere, limitati unicamente da quello che per lunghi anni è stato il principale argomento di vendita di mirrorless MQT, APS-C ed anche FF: le dimensioni ridotte, che in questo ambito, quello dell'utilizzo intenso e continuato, non può che fare rimpiangere le dimensioni di una tradizionale reflex... nell'uso intensivo il palmo della mano, privo di appoggio, si indolenzisce e la mancanza di un battery grip aggiuntivo si fa certamente sentire con obiettivi ben più compatti del mio zoomone 200-500/5,6 Certamente mille aspetti a favore della compattezza li troveranno (e sono in tanti) tutti coloro che di una Nikon Z6 faranno la propria mirrorless da viaggio per vacanza, studio, o per ogni altro motivo nel quale compattezza e peso limitato costituiscano un vantaggio reale Un aspetto che ho accennato in anteprima rispetto a questo articolo, è stata la sensazione di non aver percepito la presenza evidente di rolling shutter (delle deformazioni indotte dal funzionamento a "pennello" dell'otturatore elettronico) nel migliaio abbondante di foto scattate durante un giro di golf, come mi è invece capitato di doversubire in altre occasioni con altre...mirrorless Ciò non potrebbe che essere un'impressione fallace, giusta l'assenza nelle Z dell'anelato global shutter, ma potrebbe essere in linea con la velocità ancora al di sotto delle aspettative che l'otturatore elettronico di queste Z consente al momento. (9 ftg/s per la Z7 e 12 ftg/s per questa Z6) Un'altra critica che mi sento di estendere alle Nikon Z attuali, dimensioni a parte, è la solita storia del bellissimo monitor da 3,2" e 2100punti, touch, contrastatissimo e zeppo di opportunità... tranne quella di essere imperniato a pantografo, invece che a perno basculante, limitandone l'escursione alla posizione a 90° nella quale bisogna inoltre fare attenzione al sensore di prossimità del mirino (se non lo disattiviamo) che tende ad oscurare il monitor alla minima interferenza, di un dito, della cinghia, del pensiero solamente di...poter interferire 😃 Spettacolari invece sono la posizione, la fattura e la resistenza opposta dai migliori joystick e selettore multipoint che mi sia mai stato dato di utilizzare su di una mirrorless: comandi necessari alla gestione dei suoi molteplici menù, Nikon styled: assolutamente familiari ! Tasti funzione come quello i, con due linee di opzioni programmabili e istantaneamente richiamabili, o come i due tasti intorno alla baionetta FN1 e 2, oltre alle tre posizioni di memoria impostazioni sulla rotella della torretta di sinistra (U1,U2 e U3) Grande sforzo da parte di Nikon nell'implementazione in entrambe queste Z di capacità di valutazione della luce, della temperatura colore (in alto un esempio dei tre diversi preset del WB Auto...), della semplificazione delle modalità di AF nel pilotarne i sensori: si comprende come si sia solo all'inizio di un progetto molto ambizioso. Concludendo: gli aspetti a svantaggio di una Nikon Z6 sono davvero esigui e non sono molto differenti da quelli evidenziati nel test della Z7, investono ambiti progettuali che nelle prossime versioni saranno probabilmente superati con facilità, come nel caso del riconoscimento dell'occhio (fallace nel più delle volte) o dell'assenza di contatti elettrici per un grip verticale che aumenti la sensazione di usability delle due Nikon Z. Alcuni aspetti differenziali dalla Z7 ne fanno invece a mio avviso una scelta potenzialmente più interessante della capostipite sorella: macchina generalista: necessaria nelle mani di utenti Nikon vecchi e nuovi . Mi pare sia il realistico ponte di transito da reflex a mirrorless attitudine alla scrittura di elevati volumi di scatto (entro i limiti di sistema, chiaramente indicati) meno soggetta della sorella, dal sensore elefantiaco, a imbarazzanti lag, a parità di processore vogliamo dire anche del prezzo, sicuramente più invitante, specie dopo i primi mesi di febbre da Z6 ? In entrambi i casi delle Nikon Z apprezzo tantissimo lo slogan che è stato coniato alla presentazione, quello di "mirrorless reinvented": ne hanno titolo ! Max Aquila photo (C) per NikonZetaland 2018
  21. La tradizionale apertura della scatola della nuova Nikon Z6 III appena consegnataci non desta particolari sorprese. in linea con la tendenza minimalista all'interno domina il cartone sopra abbiamo i manualetti multilingue della guida d'uso (versione breve : il manuale è disponibile online ed ha raggiunto e superato le 1.000 pagine, con il sommario che occupa le prime 22 ! e per la sola sezione dedicata alla trasmissione via rete delle foto, sono dedicate 86 pagine ...). E la scheda omaggio di Nital, una SD 1066x da 128 GB di tipo UHS-I, buona per usi disimpegnati o per i primi scatti (l'abbiamo testata in un articolo dedicato : va bene ma noi consigliamo di investire in una buona scheda CFExpress per sfruttare al massimo la vostra Nikon Z6 III). il sigillo Nital che promette 4 anni di garanzia per l'acquirente privato (a condizione che si effettui la registrazione sul sito dedicato). Ma arriviamo finalmente all'interno, con due scomparti separati, corpo macchina e accessori. Gli accessori sono ridotti al minimo cinghia, cavo USB-C, batteria, guide reggicavi e protezione della slitta calda (già montata sulla fotocamera). Manca, come è oramai di norma per tutti i dispositivi ricaricabili venduti nel nostro continente, il caricabatteria. L'acquirente potrà utilizzare per lo scopo un caricabatterie di quelli da smartphone di fascia alta, tipo l'iPhone 15. Ci vuole un dispositivo da 9V e 2A, meglio se PD. La ricarica avviene tramite la porta USB-C della fotocamera. Ovviamente, per chi l'avesse già, ogni caricabatterie compatibile con le Nikon EN-EL15 permetterà di ricaricare off-camera la EN-EL15c data in dotazione con la Z6 III. Così come la macchina accetterà batterie diverse. Ma meglio utilizzare esclusivamente quelle di ultimo modello. Attenzione anche alle batterie "compatibili". Abbiamo verificato e non vengono accettate dalla fotocamera che rifiuta di attivarsi con un messaggio perentorio in rosso che invita ad usare una batteria certificata Nikon. Liberiamo la macchina dalle due buste di materiale plastico di protezione e la posiamo sul tavolo. le differenze con la serie precedente sono minime. A parte l'assenza del numero 6 sul frontale (il marchietto Z6 III adesso è nella stessa posizione di quello di Z8 e Z9 in ossequio ad un certo understatement inaugurato con quelle fotocamere), sono pochi i dettagli che possono far distinguere al volo la diversa serie. E non sta sul frontale. ma sul dorso la macchina adesso presenta un tastino simile a quello che c'è sulla torretta di sinistra di Z8 e Z9 che permette rapidamente di variare la modalità di scatto : Singolo, Raffica Lenta, Veloce etc. Si trova vicino al tasto per cancellare le foto. Ma soprattutto è stato introdotto il display completamente articolato, come sulla Zf e le piccole Zfc e Z30 c'è chi lo detesta. Forse perché strizza l'occhio ai videoblogger o ai videografi in generale. La fotocamera è prodotta in Thailiandia come praticamente tutte le altre Nikon attuali. Per il resto poco da segnalare, il corpo è leggermente più grande di quello della Z6 II ma si tratta di pochi millimetri, indifferenti nell'uso. Se non per una sensazione di globale maggior cura nei dettagli e nella scelta dei materiali di questo modello rispetto al precedente. Insomma, le novità vere sono più che altro all'intero ed è bene che sia così. La Z6 si è sempre caratterizzata per il corpo compatto, in ossequio al dettato "mirrorless è piccolo" che ha i suoi estimatori. primo piano della torretta di sinistra con il tradizionale - per questo segmento - selettore PSAMUx-Auto e il nuovo tastino di cambio della modalità di scatto (singolo, raffica, etc.). Il coprioculare resta rettangolare, la protezione è morbida, ottima per gli occhiali. Le gomme sono al solito facili da sporcare maneggiando la fotocamera. Ma non si sciupano e si puliscono facilmente. il marchietto Z6 III è scivolato sulla plancia, vicino al microfono e al tasto per illuminare il display il vano memorie è identico a quello della Z6 III e può alloggiare CFExprss di tipo B/XQD e SD di tipo UHS-I e II. dall'altro lato ci sono le altre prese. Spicca la porta HDMI di dimensioni normali, al posto di quella mini per cui non si trova mai il cavo adatto quando ti serve. chiudiamo la breve presentazione con alcuni scatti più artistici, anche evidenziando come si presenti con il bel Nikkor Z 24-120/4 S montato. Nel complesso la macchina restituisce una buona sensazione, se non proprio premium almeno di qualità. In mano sta benissimo, l'impugnatura sembra anche più comoda di prima, ammesso che ci siano rilevanti differenze di dimensionamento. Si tratta di una evoluzione nel solco del filone inaugurato oramai sei anni fa con il lancio di Z6 e Z7. Sulle capacità della macchina sapete già tutto, le riassumiamo. Il sensore è nuovo, con il precedente condivide solo la tecnologia BSI e la risoluzione. Ma si tratta di un sensore più di 3 volte più veloce in lettura, grazie alla presenza di memoria dedicata stampata direttamente sul chip del sensore. La connessione fotodiodi+memoria diretta, consente una più veloce gestione dei dati e dell'intero sistema sensore. Con un incremento di prestazioni generali eclatante che rendono questa macchina tra le più complete del mercato e non troppo discosta per prestazioni dalla Nikon Z8. Ma in un corpo più compatto, leggero e meno costoso. Con una risoluzione che rende il flusso dati più leggero e un sistema video che permette di prelevare nativamente l'intera immagine del sensore (che è un 6K) e poi ricavare da questo tutte le risoluzione secondarie della fotocamera, siano essere immagini fisse o in movimento. Il processore è l'Expeed 7 che è responsabile di tutto il funzionamento della macchina. Si tratta di un SoC che integra tutto quanto tranne la memoria tampone in un unico chip. Con questo la Z6 III introduce in questa fascia il riconoscimento degli oggetti (in comune con Z9, Z8 e Zf), il tracking realtime, la raffica in modalità silenziosa a 20 scatti al secondo, il prescatto, le modalità ad alta velocità da 60 e 120 scatti al secondo. Il video ad alta risoluzione anche in RAW e PRORES. Rispetto a Z8 e Z9 manca il video 8K che al momento, almeno nel nostro mercato, non è uscito dalla fase di nicchia. In più sono gestiti il sistema antivibrazioni focalizzato sul soggetto inquadrato (punto di MAF e mille altre funzionalità che rendono la macchina molto complessa da conoscere a fondo (ma non per questo difficile, anche perché a nessuno serviranno dal primo momento d'uso le cose più sofisticate che potranno essere studiate in seguito, se interessano). E vengono introdotti per la prima volta anche la connessione diretta con il cloud per la trasmissione delle immagini (oltre alla connessione a server FTP via dongle USB) e i Picture Control evoluti (come il Flessibile) in grado di permettere al fotografo di regolare anche il colore, non solo la curva di contrasto. Il prezzo, astraendo dall'importo che è in assoluto elevato, è in linea con quanto messo a disposizione, viste le capacità della macchina. Che sembrano persino sovrabbondanti per il comune fotoamatore. Noi l'abbiamo provato e trovata perfettamente corrispondente alle aspettative in ogni suo aspetto. Probabilmente con la Nikon Z6 III cadranno gli ultimi alibi per il passaggio da reflex a Nikon, per chi non l'ha già fatto. Sulle opportunità di aggiornamento da parte di chi ha altre Nikon Z, ci riserviamo di tornare in argomento con un successivo articolo. Pur a pochi giorni dalla presentazione, la macchina è già in fase di distribuzione. Se l'avete ordinata, probabilmente vi sta già arrivando o il vostro negoziante vi starà telefonando per andarla a ritirare. Buon divertimento ! altre letture sulla Nikon Z6 III : Nikon Z6 III : il sensore parzialmente stacked Nikon Z6 III e schede di memoria Nikon Z6 III : prove di sensibilità del sensore
  22. Le prestazioni velocistiche e la performance (lo slogan di lancio della nuova Nikon Z6 III) potrebbero far ipotizzare la necessità di dover utilizzare schede di memoria di fascia alta, come già dobbiamo fare con Z8 e Z9. Sarebbe un peccato mortificare quelle prestazioni con l'uso di schede di vecchio tipo, inadatte ad una macchina moderna. Ma si sa, in casa ognuno ha schedine di ogni tipo e qualche volta potrebbe capitare di doversi adattare. La Z6 III ha il doppio slot come Z6 II e Z8, uno può accogliere schede CFexpress di tipo B (ma è compatibile anche con le vecchie XQD che noi raccomandiamo però di "rottamare" perché oramai vecchie. Le schede di memoria non sono come il buon vino che invecchiando migliora ...) mentre l'altro alloggia schede di tipo SD UHS-I e UHS-II. Nital mette nella confezione della Z6 III una scheda SD Lexar Professional di tipo UHS-I, per l'esattezza una da 128 GB 1066x, accreditata di 160 MB/s in lettura e 120 MB/s in scrittura che viene anche "garantita" per il video 4K. Noi possediamo ed usiamo con profitto una scheda identica da anni e possiamo garantire che non ha mai creato problemi con tutte le fotocamere di casa. Ultimamente è impiegata con le Nikon Zfc per gli usi più disparati. Ne abbiamo misurato le capacità con i soliti sistemi di test. i dati strumentali confermano le prestazioni promesse quasi al decimale. Anzi, in scrittura sono anche leggermente esuberanti. In termini di capacità di video ci aiuta l'utility test di Black Magic Design che riconferma il valore sintetico misurato ed indica come la scheda sia teoricamente capace di arrivare anche al video 8K codificato H.265 a 8 bit. Abbiamo verificato nella pratica ed abbiamo riscontrato quanto segue. In fotografia può andare bene ma non per l'azione più esasperata. Nel video si può lavorare ma solo con i codec a 8-10 bit La Nikon Z6 III eredita dai modelli superiori Z9 e Z8 la capacità di comprimere i file NEF con l'algoritmo TicoRAW che consente di ridurre la dimensione del file con una perdita di informazioni impercettibile salvo casi estremamente circoscritti. La dimensione dei tre file possibili è la seguente : rispettivamente di circa 25 megabyte per il NEF compresso senza perdita; di circa 16 megabyte per NEF compresso con Efficienza* e di poco più di 10 megabyte per il NEF compresso con Efficienza maggiore. Sono valori praticamente coincidenti con quelli della Nikon Zf, che condivide la risoluzione, il processore e il sistema di compressione con la Nikon Z6 III. Alla prova dei fatti questo ci ha consentito di misurare la capacità di scattare a raffiche da 20 scatti al secondo in NEF fino al riempimento del buffer (che poi naturalmente viene gestito dinamicamente per consentire di continuare a scattare) : NEF compressi senza perdita : 72 NEF compressi con efficienza elevata* : 104 NEF compressi con efficienza elevata : 138 al riempimento del buffer ci sono poi i tempi di svuotamento per consentire di riprendere a scattare a raffica piena. Aritmeticamente possiamo calcolare che con il file compresso senza perdita, a circa 127 MB/s ci possano volere dai 15 ai 20 secondi perché il buffer sia nuovamente vuoto. Non è una prestazione disprezzabile per una scheda che non è dichiarata come le più rapide (Lexar propone schede che hanno anche tra 250 e 300 MB/s in scrittura) ma certo non consigliabile per chi ricerchi le massime prestazioni di raffica, specialmente in manifestazioni sportive o in sessione di wildlife d'azione. Naturalmente chi fa fotografia più riflessiva, avrà già smesso di leggere questo articolo. Ogni scheda di memoria oggi sul mercato - purché di qualità e in buono stato di efficienza - andrà bene con la Z6 III per scatti singoli o a raffica lenta (e anche con qualsiasi altra fotocamera). In campo video abbiamo verificato ed effettivamente con i formati meno esigenti in termini di flusso di registrazione, si riesce tranquillamente a registrare il video in 4K a tutte le frequenze e si arriva anche al 5.3K. Con durate che vanno dai 38 minuti a 125, come promesso da Nikon. Ma noi raccomandiamo di usare una scheda CFexpress come la Lexar Silver di nuova generazione Per chi cerca la massima prestazione dalla sua nuova Z6 III noi però raccomandiamo l'acquisto e l'uso di una scheda CFexpress di tipo B come la nuova Lexar Silver di nuova generazione. L'abbiamo testata con profitto e con la Z6 III permette di scattare praticamente senza soluzione di continuità (purché nelle opzioni si tolga il limite per lo scatto continuo di 200 scatti che Nikon inserisce di default). E anche nel video, si raggiungono le prestazioni richieste dalla registrazione 6K60P in RAW alla massima qualità. Ovviamente il fotografo/videografo sceglierà il taglio più adeguato alle sue necessità, tenendo conto che al massimo formato, il file generato è di grandi dimensioni per ogni minuto di girato. Noi consigliamo il taglio da 512 GB come quello più conveniente. prestazioni in scrittura e in lettura della Lexar Silver CFex da 512 GB. Siamo a livelli di 6-8 volte superiori a quelli concessi dalla scheda SD mentre in video abbiamo la certificazione che si riesce ad arrivare anche al formato 8K, non possibile con la Z6 III ma disponibile su Z8 e Z9. Tenuta alla raffica a 20 scatti al secondo fino al riempimento del buffer : NEF compressi senza perdita : infinito NEF compressi con efficienza elevata* : infinito NEF compressi con efficienza elevata : infinito il buffer viene di fatto svuotato in continuo senza alcun rallentamento o blocco. Sui prezzi, ognuno valuterà secondo le proprie esigenze. Una scheda SD come quella data in omaggio, da 128 GB, costa sui 35 euro al pubblico. Una CFexpress Silver di Lexar, dello stesso taglio, costa invece 94 euro. *** Pensiamo di aver dato un quadro di massima delle esigenze della nuova Nikon e delle possibilità di soddisfarle ma sappiamo che le combinazioni sono infinite, in base a quanto eventualmente già possiede ogni potenziale acquirente della macchina. In caso di curiosità o quesiti specifici, siamo a disposizione per quanto ci sarà possibile.
  23. sono un vecchio estimatore del marchio austriaco. Possiedo da quaranta anni le mitiche cuffie ibride K340 che ancora funzionano (sebbene mostrino l'età che hanno). In tempi più recenti ho comprato altri modelli riscontrando un cambio importante di qualità dopo il passaggio al gruppo Harman (a sua volta oggi di proprietà Samsung). Alcuni modelli sono oggi prodotti in Slovacchia ed hanno una qualità decente. Altri sono costruiti in Cina. E sono di qualità così-così. Alcuni sembra che siano semplicemente cuffie cinesi o koreane rimarchiate. Ho scritto delle K712 Pro, su queste pagine. Ho avuto anche le K700 (un trapano da dentista !). Con queste K371 ho acquistato anche le K550. Belle cuffie, dal suono ricco. Se non fosse che dopo qualche anno di uso moderato hanno cominciato a sbriciolarsi. Letteralmente ! Prima la banda superiore, poi i padiglioni, quindi le guarnizioni dei driver. Belli, per carità e con una struttura delle cuffie interessante. Ma alla fine ho deciso semplicemente di buttarle nel cestino. Perchè ne parlo qui ? Perché la prima bozza di questa recensione delle K371 è partita nel 2020 (le foto risalgono ad allora). Ma poi vedendo la brutta fine delle K550 mi sono fermato. Fino ad oggi, avendo riscontrato che nonostante sia passati 5 o 6 anni le K371 restano sempre quello che erano il primo giorno. Dici che hanno selezionato i materiali ? Sembra di si. Insomma, niente cedimenti delle "pelli" né della meccanica. Sono cuffie semplici, compatte, leggere. Tutto sommato funzionali. ecco qui sopra le K550 all'inizio del processo di sbriciolamento. Reference ... mi spiego ? la scatola è tipicamente consumer, da supermarket. Dentro, le cuffie, il cavetto con attacco tripolare proprietario che termina con un mini-jack. E un adattatore standard da 6.3 mm a vite. i cuscinetti sono molto morbidi e cedevoli. Poggiano sulle orecchie (sono letteralmente sovraurali) ma non pressano rendendo agevole tenerle in testa. Purtroppo dopo un pò la "pelle" tende a farmi sudare le orecchie. Ma è abbastanza normale con queste cuffie che peraltro, sono chiuse. il cavetto di comunicazione tra i due driver. Il segnale entra da un solo lato. l'interno del padiglione mette in mostra il driver, protetto da una tela nera la regolazione dell'archetto funziona ma non c'è articolazione che è demandata allo snodo del padiglione stesso la presa per lo spinotto del cavo lo spinotto tripolare. Le condanna ad un utilizzo standard single ended. Sono cuffie leggere, sensibili, di impedenza standard (255 grammi, 114 dB, 32 Ohm). AKG dichiara un driver da 50mm (simile a quello delle K550) e una risposta da 5 a 40.000 Hz. Si trovano ancora sul mercato tra i 150 e i 170 euro. Le ho misurate, ovviamente, ricavandone una risposta tipica. Noto una elevata estensione sul basso più profondo ma un avvallamento sul basso che conta (tra i 40 e i 100 Hz), un medio in evidenza e una risposta piuttosto brillante sugli altri. Le ho addomesticate usando il mio Master 9 Mk III in simulazione "valvolare" Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Normal Audio-gd Master 9 Mk III : risposta su Tube misure effettuate con miniDSP Ears Nella simulazione "valvolare" la risposta del Master 9 Mk III viene modulata incrementando i bassi sotto ai 50 Hz ed alleggerendo i medi sopra ai 100 Hz con una gradazione che si riduce oltre i 2500 Hz. In questa modalità il suono delle K371 diventa meno aperto ed avanti, permettendo di apprezzare meglio ogni genere musicale. Non che al naturale siano esageratamente aggressive, ma comunque viene mantenuta la presenza tipica mitteleuropea del marchio. Il suono è potente, basta un filo di "gas". Sono certamente più versate per i generi moderni, sulle medie e sulle alte non hanno una definizione adeguata alla musica ad alta risoluzione. Nel complesso non sono disprezzabili per cuffie chiuse con driver dinamico e anche in termini di fatica di ascolto non stancano troppo presto. Ma a questa fascia di prezzo non offrono nulla di particolare se non un modello piccolo, compatto, quasi da viaggio e tutto sommato " a perdere" (tipo vacanza o spiaggia, oppure come monitor per strumenti musicali o utilizzi tipo videoconferenza e computer). Non dopo l'uscita di cuffie planari in questo range di prezzo. Come dire che le HIFIMAN Deva se le mangiano offrendo una performance da intenditori mentre, volendo un suono più moderno e rotondo, le HIFIMAN HE400 Se sono ben altra classe. Volendole chiuse ? Abbiamo provato le Sundara Closed Back che, secondo me, buttano fuori dal mercato praticamente tutte le dinamiche sotto ai 350 euro. Insomma, va bene la simpatia per il marchio e la fedeltà nei secoli. Ma non tutta la vita (come cantavano quelli la).
  24. Monitor posizionati a parete, a differenti distanze dalla parte di fondo, circo 120cm da quelle laterali, altezza circa 100cm dal suolo (su stativo in ghisa), microfono a circa 250 cm di distanza. risposta confermata da Dirac Live, posizionamento praticamente a parete nonostante il condotto reflex sia sul posteriore. Simulazione "home", con testa a 105 cm di altezza. Cinque misurazioni. filtro creato con punto di inversione sul basso a 32 Hz, risposta standard calante oltre i 100 Hz e incremento sul punto minimo il processore ha impostato un ritardo di 0,2 millisecondo tra il canale sinistro e quello destro l'interfaccia virtuale tra Dirac e l'uscita USB del computer. *** Stiamo parlando del modello di punta della nuova serie T, la entry level del marchio tedesco che parte dalla versione con mid-woofer da 5 pollici, sale con quella da 7 ed arriva all'oggetto della prova che ha un bel cono plastico da 8 pollici, dotato di una soddisfacente sospensione in gomma. ogni monitor pesa circa 10 chilogrammi, è alto 40 cm, largo 25, profondo 33. Assorbe 150 watt, con un amplificatore sul woofer da 70 watt e uno da 20 watt sul tweeter. Il tweeter è un U-ART da 4 pollici con un diaframma in mylar che pesa 0.17 grammi, dotato di guida d'onda orizzontale a tromba HPS. Il woofer è in polipropilene da 8 pollici con bobina da 25mm. La risposta dichiarata è di 33 Hz - 25.000 Hz (-6db). La frequenza di incrocio è di 2600 Hz. La pressione sonora massima ottenibile è di 118 dB a 1 metro. Controlli e connessioni sono sul posteriore, come è sul posteriore il bel condotto di accordo reflex a profilo esponenziale. Le casse sono solide, massicce, robuste, i materiali sono ottimi anche se qualche risparmio è stato fatto su interruttori e switch. Il frontale è appena ingentilito da due leggere smussature che si chiudono sopra al tweeter, altrimenti è il classico box da monitor a due vie da usare in verticale. Il posteriore è accessibile svitando il pannello sostenuto da 12 viti. Io le ho provate in near-field ai lati del monitor, posandole su punte sul piano in palissandro della mia scrivania ma poi le ho sostituite con i più prestanti A77H. Adesso le sto usando in posizione "da casa" per vedere se possono andare come casse in un sistema hi-fi tradizionale, anche se sono state pensate come monitor per il missaggio di registrazioni in home-recording o in piccoli studi amatoriali. Ovviamente Adam Audio offre ai professionisti le gamme di monitor superiori. Per la cronaca questi costano BEN 250 euro l'uno ! E sinceramente a questo prezzo non esiste nulla di meglio. una tipica installazione proposta da Adam Audio ai lati dei monitor video della workstation di lavoro di un appassionato/musicista che mixa le sue registrazioni in casa. Non c'è trattamento a parete e i monitor sono posati sul tavolo. L'ascolto avviene a distanza molto ravvicinata. *** il mio monitor "sinistro" dettaglio del tweeter U-ART di derivazione Air Motion e costruito a Berlino, responsabile di buona parte dell'intonazione di tutti i monitor Adam Audio il profilo dell'uscita del tubo di accordo reflex posteriore dettaglio del cono in polipropilene del woofer da 20 cm del T8V il quadro controlli posteriore. A parte la presa di corrente standard (tipo computer) e le due prese di ingresso, sbilanciato/RCA (da non utilizzare se possibile) e bilanciato XLR (preferibile), la manopola di livello utile anche per equilibrare eventualmente i due canali e i due controlli di livello per le alte e le basse frequenze con due decibel +/- di escursione. La spia di acceso/spento è sul posteriore. Francamente l'unico difetto che ho trovato in questi monitor (al netto della fascia di appartenenza). Bene, andiamo alle impressioni sonore, con a mente un impiego di tipo tradizionale. Nella prova hanno suonato collegate con cavi XLR da un euro al metro, al mio Audio-gd Master Mk. III, alimentato a sua volta da Audio-gd DI2024HE e R-1 NOS. Un complesso che vale più o meno 3000 euro e quindi di un ordine (o più) di grandezza superiore a questi monitor, pensati per essere connessi a postazioni di lavoro con una interfaccia digitale tipo Scarlett o simili. La timbrica già uscite dalla scatola è corretta, appena calante verso le alte, con bassi pieni e profondi. Potenti. Il medio è neutro e l'equilibrio regna sovrano. Corrette via Dirac Live (intervento necessario per allineare fase e interferenze indotte dalla stanza di ascolto) sono diventate ancora più complete, fornendo un ascolto ancora più sincero. Ricordo che sono posizionate con il condotto a un paio di pollici di distanza dalla parete ma che nella mia particolare configurazione, allontanarle dal fondo non sembra apportare vantaggi sotto ai 200 Hz mentre si linearizzano o meno la gamma media e media-superiore. Nonostante il punto di incrocio abbastanza alto per un otto pollici (scelto probabilmente per salvaguardare il tweeter), non si notano indurimenti nella gamma media, la più critica. Personalmente preferisco sempre le tre vie (quando non le quattro) ma qui c'è poco da lamentarsi. Sia nei generi moderni che in quelli classici la performance è sempre "rotonda". Alta dinamica e non sembrerebbe necessario mai avere più watt (l'amplificatore dei bassi è di "soli" 70 watt, io in genere ne metto a disposizione molti di più). Il basso è profondo e pieno. Si sentono belle chiare le pelli delle percussioni e i piatti non sono in alcun modo sporcati da un medio-basso scomposto. Se dovessi indicare un genere più confacente a questi monitor, sarebbe il jazz classico (quello con sax, trombe, batteria vera, contrabbasso acustico). Mentre il meno indicato è quello vocale complesso, tipo i Mottetti di Bach o la musica rinascimentale. Non perché non se la cavino ma è dove il medio va più in crisi. E ci mancherebbe altro. Ricordiamoci che sono casse da 500 euro la coppia ... amplificatori compresi ! Mentre se dovessi farmi un impianto dedicato al rock classico, da come sto ascoltando i King Crimson in questo momento, partirei da questi T8V ! Ecco, potrei anche continuare a parlare di musica ma preferisco ascoltarla. Non è nel mio stile inventarmi concetti impossibili da trasferire a parole o differenze impercettibili tra metà gamma e un'altra. Concludiamo Giudizio complessivo PRO: costruzione professionale nonostante la fascia di prezzo economica è un apparecchio di fascia entry ma le prestazioni sono di livello superiore potente, indistorto, capace di elevati livelli sonori nonostante i pochi watt e anche disposto a distanze molto superiori a quelle per cui lo ha pensato il progettista valido in tutte le gamme, basso potente e avvolgente, medio di classe, alto mai disturbante eccezionale rapporto prezzo/prestazioni ma così buono che a causa sua mi sono comprato il modello a tre vie della fascia superiore non necessitano affatto di subwoofer. L'accordo e il woofer spingono fino in basso verso frequenze inusuali per questi diametri di woofer CONTRO: pesanti e ingombranti a conferma che c'è tanta sostanza il suono "fuori dalla scatola" va addomesticato se l'installazione e la stanza suonano contro il suono è monitor, con tutto in primo piano, non c'è nessuna concessione eufonica (qualunque cosa voglia dire d'altro rispetto all'attutire certe frequenze) ma perdonano di più le registrazioni non ineccepibili perché meno radiografanti della serie A di Adam Audio ricordo che esistono anche i modelli T5V e T7V rispettivamente con woofer da 5 e da 7 pollici ma lo stesso tweeter, che sono più piccoli, leggeri e meno costosi. Ed esistono sia la serie A che la serie S per prestazioni a scalare superiori ma a prezzi che non sono proporzionali all'aumento di prestazione. Purtroppo non credo si possano ascoltare prima di acquistare e comunque per l'impostazione da "monitor", avrebbe poco senso farlo fuori dalla propria installazione. Sono e restano diffusori nati per uso professionale o amatoriale ma di servizio alla produzione di musica. Vanno bene in ambito hi-fi. Certamente si se si sa cosa si sta comprando. Non sono minidiffusori di scuola inglese e nemmeno italiana. Sono di scuola tedesca e simili a quelli francesi. Aperti, cristallini. Freddi, secondo qualcuno. Vanno addomesticati e richiedono un orecchio educato. In confronto ad altri monitor che ho ascoltato (JBL, M-Audio, KRK, non c'è confronto. Con Focal, Genelec, dipende dalle aspettative. Io non gradisco né le cupole invertite né i tweeter a cupola con guida d'onda). Purtroppo non posso filtrare il mio giudizio escludendo i miei gusti, le mie abitudini e l'educazione delle mie orecchie. Mi spiace, dovete fidarvi. Ma vi assicuro che valgono ogni euro che spenderete per comprarli. E anche un paio di centinaia l'uno di più.
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