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Cosa fotografi in prevalenza ?

  1. Scopo di questo articolo è stimolare ad uscire dalla propria confort zone, dalle fotografie fatte e rifatte, che delimitano il nostro ambito fotografico preferito. Ma anche, mentre ci si sta impegnando in una sessione fotografica, a spingere, a provare... a migliorare il modo in cui si fotografa il soggetto che si ha davanti. Entrambi, secondo me, sono percorsi validi per crescere come fotografi. Certo, non sono gli unici, ed anzi probabilmente sono i meno praticati perché, ben più comunemente, si cerca di perfezionare quello che si sa già fare mirando a farlo sempre meglio. Ma, ad un certo punto, ci si trova contro un muro, a volte tecnico e a volte creativo, che ci sbarra la strada. Ed allora, che c’è di meglio, almeno per un po’, di prenderne un’altra? Per sviluppare ed illustrare il concetto, racconterò dell’esperienza fatta questa mattina al parco vicino casa, dove sto andando, da qualche settimana, a fotografare i funghi. Perché i funghi? Beh, sono un soggetto facile da trovare, almeno nella stagione giusta, non scappano, non si muovono se c’è vento ma anzi, stanno li e molto pazientemente lasciano giocare il fotografo. Di più, almeno a mio gusto mediamente non sono dei bei soggetti, almeno quelli che trovo di solito. E quindi per fare una “bella foto” occorre metterci del proprio, cercando la migliore situazione, la luce giusta, componendo bene… e via dicendo. Il mio obiettivo è piuttosto ambizioso: imparare a fotografare la macro con i flash. A fare qualche macro ho iniziato “grazie” al lock-down della scorsa primavera, con il 70-200 ed una lente diottrica. Mi sono divertito - apprezzando il fatto che è insieme divertente, creativo e complicato - ed ho deciso di investirci sopra, acquistando alcuni mesi fa il nuovo 105/2.8S MC e, ad inizio settimana, un flash Godox AD100Pro. Quest’ultimo sia perché la luce in dicembre nel sottobosco del parco del Ticino è raramente interessante sia perché la sua gestione è un elemento indispensabile. Ma, e questo è secondo me particolarmente interessane, anche per ibridare fotografia di natura e di studio: ho deciso di provare ad impiegare quello che ho imparato da Mauro e Ross sulla luce flash. Esattamente come cerco di ibridare fotografia di animali e paesaggio con i miei animalscapes! Dopo questa interminabile introduzione, ecco la prima foto. Questo è il fungo che ho trovato nella mia passeggiata. Ho impiegato ben più tempo rispetto all'ultima volta: temo che la stagione dei funghi sia proprio in fondo! Tra l’altro, io speravo di trovare tutto un po’ bianco e ghiacciato per la nevicata di ieri – situazione speciale per i funghi - ma evidentemente nella notte ha piovuto. Z6II su 105/2.8S MC 1.3" F16 ISO100 La foto è piuttosto banale, nonostante il fatto che ho cercato di stare basso, almeno quanto mi ha consentito il treppiede a gambe completamente aperte. Ma visti i dati di scatto c’è poco da fare, il treppiede mi serve. O no? Vedremo… Intanto, guardando bene, vedo che non ho un soggetto ma 2! Si, perché sul gambo del fungo c’è una specie di moschina. Insomma, funghi e mosche… Mi dedico innanzi tutto alla mosca: Così non va: non risalta e, usando il treppiede, non c’è modo di averla parallela al sensore, la macchina è troppo alta. Ok, è il momento di tirar fuori il flash nuovo! E di sporcarsi i pantaloni… Questo il primo tentativo. Z6II su 105/2.8S MC 1/60 F5.6 ISO800 flash Godox AD100Pro Forse va meglio, ma ancora non ci siamo. Però capisco che sto andando nella direzione sbagliata. L’interesse deriva dalle ali e dalle goccioline. Per cui occorre rivedere completamente quello che sto facendo: devo stare parallelo al soggetto, andare al massimo in controluce sulle ali e produrre un bel contrasto tra luce ed ombra per dare dinamica e movimento all’immagine. Insomma, tra il dire ed il fare ci sono voluti più di 50 scatti… Ma questo è il risultato: Z6II su 105/2.8S MC 1/100 F16 ISO800 flash Godox AD100Pro Ed ora il piatto forte: Il fungo. Z6II su 105/2.8S MC 1/30 F11 ISO900 Proseguo da dove ero arrivato, cioè dal controluce. Questa è l’immagine fatta senza flash, di nuovo piuttosto piatta. Ma con il flash si può drasticamente cambiare il rapporto di forza tra la luce sul primo piano e quella sullo sfondo - semplicemente agendo sul tempo di scatto, sugli ISO e sulla potenza flash. Inizio quindi a giocare con queste variabili e, dopo una trentina di scatti sono qui: Z6II su 105/2.8S MC 1/30 F22 ISO800 flash Godox AD100Pro Ed estremizzando il concetto, qui: Z6II su 105/2.8S MC 1/100 F8 ISO200 flash Godox AD100Pro La sintesi? Quando fotografate, non fermatevi al primo scatto ma cercate di “lavorare” il soggetto, di capire come farlo rendere al meglio attraverso la comprensione di cosa non funziona nella fotografia appena fatta. Nel farlo credo proprio vi divertirete e, se avrete raccolto la sfida di fotografare qualcosa di diverso o in un modo diverso, magari aperto una strada nuova alla vostra crescita come fotografi. Tra l’altro, cercare nuovi modi di usare nuovi strumenti è una cosa particolarmente stimolante in questo periodo di transizione! Queste foto? Il loro scopo è unicamente quello di illustrare un pezzo di strada, percorsa cercando di "far rendere il soggetto" ed usare due, per me, nuovi strumenti. Nessuna pretesa di dire che i risultati ottenuti siano particolarmente buoni in senso assoluto, ma sono piuttosto fiducioso che quelli arriveranno con applicazione e metodo! E tu? "lavori" i tuoi soggetti? pensi mai alla tua crescita come fotografo? scrivilo sotto, così ne possiamo parlare!!! Massimo per Nikonland (c) 9/12/2021
  2. L' uscita sul mercato del fantastico 14-24/2.8S è stata accolta con grande favore per una lunga serie di motivi, tra i quali uno è la possibilità di utilizzare i filtri in modo decisamente più comodo di quanto non fosse con il suo predecessore. Ma quali comprare? servono ancora le lastre o bastano i ben più funzionali, e complessivamente economici, circolari? la differenza sostanziale tra i due è, evidentemente, che i Graduated Neutral Density per essere posizionati hanno bisogno di scorrere e, quindi, possono essere solo a lastra e per giunta questa deve essere di grande dimensione. Cosa ovviamente ininfluente per polarizzatori e ND, che secondo me sono gli unici due filtri che all'attualità ha senso comprare (ma ricordando che il polarizzatore non serve per scurire i cieli!!!). Per illustrare il mio ragionamento ho preso un'immagine, l'ultima scattata la scorsa domenica. Z6II su 24-70/4S@40mm 1/60 f5.6 ISO100 O meglio, questa: Il cui istogramma, ottenuto con un'attenta misurazione e regolazione dell'esposizione è questo: Qui è subito utile una nota: le fotocamere Nikon non mostrano l' istogramma calcolato sui dati RAW presi dal sensore ma, prima, applicano il Picture control selezionato. Cosa utilissima se, ad esempio, si fotografa in Bianco e Nero o se si vuole lavorare in JPG. Ma decisamente fuorviante se lo si usa per ottimizzare l'esposizione. Per questo, quando fotografo a colori uso sempre il Flat. Si, le anteprime sono visivamente un po' smorte... ma quelli sono i dati reali che il sensore ha catturato (o almeno la loro rappresentazione con la minima alterazione). Quindi, come vedete, allo scatto ho fatto molta attenzione a non bruciare le alte luci e a non bloccare le ombre. Ovviamente i dati ci sono tutti ma l'immagine è pessima. Questo perché il cielo è "giusto" scurendolo di 0.6 stop, così: Mentre la terra è "giusta" schiarendo di 1.4 stop, così: Quindi abbiamo 2 stop secchi, forse di più se guardiamo la regolazione finale dell'immagine.... il classico caso per il più tipico GND, quello da 2 stop? 3 per chi ama i cieli drammatici? Direi di no, perché con un GND 2 stop soft edge sarebbe uscito questo: L'esposizione è compensata, ma l'immagine fa schifo perché il filtro scurisce le cime delle montagne in modo assolutamente non realistico. Non solo sono scomodi e costosi, ma con le montagne (o con quasi tutto quello che non sia un orizzonte più o meno piatto) fanno a pugni. Quindi direi che per questo caso, amanti dei filtri o meno, il GND non avrebbe potuto essere la soluzione. Ma come ci siamo detti, il file contiene tutto quel che serve. Perché non provare semplicemente a schiarire le ombre e a scurire le luci? Si ottiene questo: Come vedete, il sensore della Z6II ha una eccellente gamma dinamica. Nessun rumore nelle ombre. Il risultato è già molto meglio anche se c'è poco contrasto, l'immagine è priva di croccantezza. E non posso aumentarlo perché annullerei il risultato dei due recuperi. E quindi? Facile. Si procede con regolazioni differenziate, regolando l'immagine nel suo complesso e poi, localmente, cielo e terra. Capture One chiama "sfondo" l'immagine intera, e qui a destra vedete i suoi strumenti usati. In sintesi: centrato l'esposizione, aggiunta un pochino di saturazione, aperte un poco le ombre, regolato il contrasto con una curva Luma (contrasto senza agire sulla saturazione) e regolato il punto bianco e nero. In realtà quest'ultima parte l'ho fatta dopo aver creato le regolazioni locali. Coo il pennello automatico ed 1" netto di lavoro ho creato il livello per il cielo e la relativa maschera, questo: E con un altro paio di comandi quello per la terra, invertendo la maschera: Come vedete, il cielo è scurito agendo sull'esposizione ma anche sui livelli, "stirando" l'esposizione verso le ombre. Questo ha un effetto molto più realistico rispetto ad usare chiarezza o rimozione foschia (che, a mio parere, troppo spesso e maldestramente sono usate sui cieli). E non ultimo "rispetta" la morbidezza delle nuvole. La terra, invece, è sia schiarita sia resa più croccante nei dettagli della foresta e delle rocce con chiarezza ed un pizzico di struttura. La compressione dei fili pubblicati rende difficile valutare la qualità della maschera automatica. Questo è il crop a pixel reali: E quindi si arriva qui: Ovviamente il risultato può piacere o non piacere, come sempre è questione di gusti. Ma la conclusione è che, per fotografare paesaggi, in particolare dove gli orizzonti sono ricchi di forme irregolari, imparare ad esporre bene ed un pizzico ad usare i software è meglio di comprare i costosi filtri GND. Tra l'altro, come avete visto, non si tratta di essere i proverbiali maghi di Photoshop! E se la scena non sta nella gamma dinamica che il sensore è in grado di catturare? Questo mi capitava frequentemente quando fotografavo diapositive Velvia e con le prime digitali.... ed allora usavo i GND o, più spesso, non fotografavo. Ma con i sensori attuali delle nostre Nikon è difficilissimo che una scena che fotograficamente abbia un senso - intendo come qualità della luce - non sia registrabile. E nel caso, meglio dei GND c'è comunque riprendere 2 immagini con esposizione differente e poi incollarle una sopra l'altra mediando l'esposizione con un procedimento concettualmente del tutto analogo a questo. Massimo Vignoli per Nikonland (c) 21/10/2021.
  3. D300S su 500/4G+TC14@700mm 1/1250 f8 ISO 400 - 2/4/2011 Racconigi - Quante ore in quei capanni! Ho iniziato a fotografare con Nikon nel 2000, 21 anni fa. Nel 2000 non conoscevo la fotografia ed ancora meno le attrezzature fotografiche allora disponibili. Arrivai per caso a Nikon e quale fu il motivo? Un incidente! Infatti, in uno dei miei primi viaggi, in Norvegia per la precisione, la macchina fotografica che avevo recuperato e portato con me, per qualche bella foto-ricordo, mi cadde e si guastò. Retrospettivamente, fu un’enorme fortuna: questo inconveniente mi diede il motivo per tartassare Guido, un amico convinto Nikonista, ma proveniente da Canon e quindi capace di illustrami quelli che allora erano i punti di forza e debolezza di entrambi i marchi, con mie richieste di informazioni a 360°. Giornate intere di insistenti piogge mi diedero, per una volta, una mano e tornai a casa pieno di voglia di fotografare e con la consapevolezza che Fotografia non è, o almeno non è soltanto, l’istantanea al bel paesaggio fatta nelle vacanze agostane. Appena rientrato, la prima cosa che feci fu acquistare una F80 con il 28-105 ed un pacco di rullini…. Poi un 20… l’80-200, il 300, una F100…. Nel tempo la lista è diventata enormemente lunga. Solo dal 2006, anno in cui ho iniziato a fotografare in digitale e, curiosa coincidenza, anno della fondazione di Nikonland, ho acquistato ed utilizzato estensivamente 11 corpi macchina e 44 obiettivi, con focali da 12 a 600. E molti altri ne ho provati. Questo non solo per turn-over di lenti e macchine nel mio zaino, ma anche perché a me essenzialmente piace fotografare e lo faccio praticando, anche se ad intensità e con dedizione diverse, più generi fotografici - dal paesaggio al wildlife, dalla fotografia di viaggio a quella in studio. Ma, lo sapete, due sono i miei grandi amori: gli animali ed i paesaggi naturali! La tecnologia impiegata nelle nostre Nikon mi appassiona solo nella misura in cui rende questi strumenti così efficaci nel supportarmi mentre realizzo le mie fotografie, quindi non ho nessuna intenzione di scrivere una recensione di lenti e corpi. Questo articolo vuole raccontare le sensazioni e le soggettività che mi hanno accompagnato e fanno parte di me, quando vado a fotografare con le mie Nikon e che provo a recuperare attraverso i ricordi per condividere con voi una piccola selezione di immagini. Non partirò dal citato 2006, ma da un passato più prossimo, per rendere l’articolo “contemporaneo”. D700 su 16-35/4@22mm 1/15s f18 ISO 200 - 10/9/2011 Laghi Avic - Un posto che amo tantissimo, li in autunno il mio cuore si sincronizza con l'universo. Inizio da quella che fu una vera milestone dell’era digitale: l’uscita di D3 e D300 e, poi, D700. Cioè il periodo in cui Nikon, “nell’era moderna”, ha confezionato un sistema digitale, oggi si dice un ecosistema, convincente a tutto tondo perché composto da strumenti allo stato dell’arte – file ben lavorabili anche ad alti ISO, risolvenza delle lenti ed autofocus rapido e preciso, VR - prendendo la guida del mercato in termini di qualità ed efficacia delle soluzioni realizzate. La D3 l’ho solo provata, ero erroneamente convinto di avere sistematico bisogno di chiudere le inquadrature grazie al fattore di crop del DX, ma con D300 e D300S ho realizzato centinaia di migliaia di fotografie e, superate le mie personali resistenze, anche di più con la D700. Di fatto, quei corpi macchina insieme a 16-35/4G, 70-200/4G, 300/2.8G e 500/4G, hanno cementato il mio essere Nikonista. D700 su 500/4G+TC14@700mm 1/640 f5.6 ISO 1600 - 5/6/2011 Islanda - Un viaggio unico, che porterò nel mio cuore per sempre, insieme ai ricordi più sacri. Poi c’è stato un altro momento catartico: i sensori ad alta risoluzione. Come molti ho saltato la D3X: troppo costosa e, per chi fotografava prevalentemente animali come me in quel periodo, anche troppo lenta. Ma poi sono arrivate loro: D800, D800E e D810: una meglio dell’altra. Anzi, una più dell’altra perché la D810 ha evoluto le altre in ogni aspetto significativo, diventando per me una fantastica macchina per Landscapes ed Animalscapes. D810 su 16-35/4@21mm 6" f16 ISO 64 - 22/8/2015 Spagna del nord - Beh, è mare ma anche montagna! D810 su 70-200/4G@82mm 1/250 f4 ISO 90 - 22/6/2015 Finlandia - Il primo viaggio della mia seconda vita. Non ero sicuro di nulla, nemmeno di farcela. Ed in mezzo, la mia prima DSRL 100% professionale: la D4, che mi ha accompagnato nei primi viaggi “seri”. D4 su 500/4G 1/500 f4 ISO 2800 - 24/6/2015 Finlandia - Mi batte ancora il cuore quando ripenso a quanto ho trattenuto il respiro pregando che stesse con noi.... ma un lupo è un lupo per l'ombra! Qui su Nikonland l’abbiamo definita “la familiare”, quasi in accezione negativa rispetto alla D3S e alla D5 che l’hanno preceduta e seguita che, per stare nella metafora automobilistica, definirei due spider pepate. Arriviamo così agli ultimi dispari in ambito DSLR. Nikon come altri ha adottato un ciclo produttivo “Tick-Tock”, che significa che una serie innova e la serie dopo consolida. Per cui dopo la D4 ecco Batman, la D5. Ma fu, ed è, amore totale ed incondizionato. La D5, per me, è stato l’apice, la vetta. Ad anni di distanza, niente veramente più di lei con quella tecnologia di base: La D6 l’ho provata e saltata: da una parte intenso l’amore per la D5 e dall’altra troppo forte il richiamo delle Z. D5 su 50/1.8 1/200 f2.5 ISO 400 - 3/2/2019 Milano - Non è facile stare davanti ad uno sguardo così, pensare a come fotografarlo e... fotografarlo. D5 su 500/4E 1/1600 f4 ISO 3200 - 8/2/2017 Finlandia - La natura ha leggi semplici. Una è che la vita si costruisce sopra alla morte. Ma, grazie al consiglio di un buon amico, ho usato con profitto anche la D500. La sorellina della D5, piccante anche lei, in grado di esserle perfettamente complementare nella fotografia di Wildlife. Una squadra efficacissima, che spero Nikon reiteri in quanto per me il massimo è avere due corpi complementari. D500 su 500/4E+TC14@700 1/800 f7.1 ISO 360 - 13/5/2018 Parco del Ticino - Chiamarla TC15 è riduttivo, ma come moltiplicatore è il migliore mai costruito. E siamo alle Z. Una svolta così importante e fondativa da far coniare a Mauro e Max il nome Zetaland! Io all’epoca ero perplesso: non trovavo quello che avrei voluto. Ma tutte le rivoluzioni conquistano alcuni al primo sguardo ed altri con il tempo: io per le Z sono indubbiamente stato nel secondo gruppo ed ho impiegato un po’ di tempo, nel quale Nikon ha migliorato il SW, per trovare nelle mie Z gli aspetti positivi capaci, come ora, di farmi lasciare spesso a casa le DSRL serie 5. La prima sono le ottiche, di una qualità tale da farmi perdere ogni freno e resistenza al cambiamento: ogni lente Z di serie S che esce supera con ampio margine la lente F che l’ha preceduta, sia per prestazioni che per comodità d’uso. Inutile elencarle: lo hanno fatto tutte. La seconda è un insieme di caratteristiche abilitate dall’enorme salto tecnologico: le informazioni a mirino, la totale assenza di vibrazioni che rende possibile scattare a tempi mai visti anche con i supertele, la silenziosità solo per citarne alcune. Z6 su 500/4E 1/200 f4 ISO 6400 - 27/10/2019 Parco del Ticino - Ma allora è vero che sono così ben mimetizzato che senza Clack non mi vede?!?! E poi l’enorme versatilità di un sensore disponibile a qualsiasi utilizzo. Z6II su 14-24/2.8S@14 20s f2.8 ISO 3200 - 10/7/2021 Nivolet - Passare la notte sotto le stelle, da soli, è come trascorre del tempo davanti ad uno specchio molto speciale. Ma poi c’è il game changer per definizione: la promessa di autofocus intelligente capace di riconoscere nel soggetto viso ed occhi. Promessa che oggi con le Z6II e Z7II, e con declinazioni diverse nelle altre Nikon Z, è mantenuta nella fotografia di persone, di paesaggio e di tipo generalista, ma che attende un corpo dispari capace di portare tutto questo allo stato dell’arte per qualsiasi sfida, anche quelle nelle condizioni selvagge ed impegnative che più mi piace vivere. Z6 su 70-200/2.8E@200 1/125 f2.8 ISO 6400 - 26/5/2019 Milano - Beh, questo è uno scherzo. Le avventure impegnative e selvagge che preferisco sono altre. Ma vi assicuro che davanti ad Arya, la prima volta che usavo una Mirrorless, senza la D5 per evitare tentazioni e con la Z6 che non pilotava il flash.... ho sudato un sacco!!! D3, D5 ed ora Z9. Non so se è voluto, ma questo doppio salto rappresenta perfettamente la distanza che mi aspetto Nikon metta tra la Z professionale e l’apice delle DSRL. Ma c’è una cosa che non ho ancora detto. E cioè perché, nonostante a notevoli successi siano succedute luci ed ombre nella transizione al mirrorless, io sia così chiaramente orientato verso un futuro tutto Nikon? Perché spero così tanto nella Z9? Non sono un fan. Ancora meno un social addicted oppure un influencer che deve stupire chi lo legge ad ogni nuovo post. Amo fotografare, mi voglio concentrare nel fare le mie immagini e non sui bottoni ed i comandi dei miei attrezzi. Le mie dita ed il mio cervello, in anni d’uso, hanno raggiunto una simbiosi con le mie Nikon. I miei occhi quando guardano nel loro mirino si trovano a casa. I miei obiettivi Nikon Z sono assolutamente perfetti, il meglio che io abbia mai usato o che abbia mai visto, in assoluto. Il loro unico difetto è che non ci sono ancora tutti! Le mie Nikon sono state le affidabilissime compagne del mio sfaccettato viaggio e se le mie attuali Nikon Z (Z6 e Z6II), seppur dotate di alcuni vantaggi rispetto alle DSRL serie 5, non sono state ancora capaci di superarle nella fotografia d’azione più esigente, conto che la Z9 risolverà brillantemente il problema. D5 su 80-400/4.5-5.6@320mm 1/1000 f8 ISO 500 - 12/5/2019 British Columbia - D5: Puoi volare, nuotare, camminare o correre. Io lo metto a fuoco dove vuoi tu. Inoltre, sono convinto che l’attrezzatura sia una fondamentale componente nel produrre le nostre immagini ma anche che queste siano ben più influenzate dal fotografo: è più importante chi c’è dietro il mirino che cosa c’è davanti. Non parlo solo di Arte e di capacità del fotografo di immaginare le proprie fotografie, ovviamente fondamentali, ma della componente artigiana, quella costruita nell’uso e negli anni con quelle specifiche attrezzature. E qui il cerchio si chiude perché Nikon è stata capace di conservare la coerenza comportamentale del proprio prodotto attraverso le diverse generazioni. E così, come mi sono trovato subito a casa con i comandi delle prime Z usate, mi aspetto di esserlo anche con la Z9, che ovviamente attendo più evoluta, intelligente e veloce della mia D5. Insomma, il mio non è un semplice colpo di fulmine ma una relazione ventennale costellata di colpi di fulmine, per un’amante che si rinnova ed ogni volta mi sorprende. Nikon, what else? Massimo per Nikonland (C) 16/10/2021 - il nostro quindicennale
  4. Gigi ha dato il benvenuto a sua sorella Bella in occasione di una kermesse che si è tenuta a Cernobbio questa mattina. Gigi era in compagnia del fidanzato 28/2.8 mentre Bella, che ha perso le tracce del suo compagno 40/2, per lavoro ad Eindhoven, ed atteso in Italia per metà mese, si è fatta accompagnare dall'ex fidanzato della loro cugina Joann. Joann, ex modella curvy con il nome d'arte Z50, oggi é un'ottima fotografa in coppia con il suo nuovo boyfriend 50/2.8, detto MC (due lettere che stanno per [vero] MaCho). I due hanno curato la parte fotografica di questo servizio. Non è mancata mamma Yolanda con il suo terzo marito. le due sorelle con i rispettivi accompagnatori, Bella a sinistra, Gigi a destra. Entrambe indossano un miniabito della firma cinese SmallRig, il modello 3480, estremamente elegante ma comodo e pratico per tutti i giorni. l'acconciatura è la stessa ma Gigi porta un fermaglio sul contatto caldo. Ha pensato sia meglio perchè piove. le due sorelle sono molto affiatate ed abituate a lavorare insieme, anche se i fotografi le confondono tra loro, Joann sa come riprenderle al meglio. E a smorzare l'esibizionismo un pò incontenibile di Gigi che vorrebbe sempre essere in primo piano o, almeno, in copertina da sola le due ragazze figurano bene in testa e spalle e qui mostrano lo "spacchetto", novità esclusiva Nikon per l'estate 2021 ma già diventato un must per tutto il mondo della moda. qui confrontano i loro due accompagnatori Gigi presenta il suo stacco coscia cui Bella risponde con uno stacco coscia simmetrico Quindi un pò di foto in un set industriale e uno elegante con Gigi da sola le due sorelle hanno provato un pò di invidia per Janine che ha avuto ben 12 Stradivari tutti per lei ed hanno voluto improvvisare qualche cosa con la viola. Ma la musica non è il loro talento migliore, probabilmente ... perché rendono al meglio tra cachemire e sete preziose Ma come dicevo, alla kermesse c'era anche mamma Yolanda, splendida quarantenne che ancora attira tutti gli sguardi e le tre "ragazze" hanno improvvisato per gli obiettivi dei fotografi Bella, Yolanda e Gigi. Yolanda è accompagnata da un attempato compagno, splendido da sfoggiare nelle occasioni alla moda (ma quando c'è bisogno di prestanza e vigore preferisce scappare con giovani della metà dei suoi anni : Yolanda sarà mamma ma è ancora molto esigente !). presenza delle tre acconciature e naturalmente non si fanno problemi ad osare un lato B che non si presta ad alcuna critica E pensare che la bella ... Bella è arrivata a casa in quella brutta scatola per scarpe grigia ma guardatela adesso ! Gigi, esuberante come è, a fine servizio non ha perso l'occasione per fare uno scatto a sua cugina Joann che si è dimostrata anche in questa occasione una grande fotografa con il suo compagno MaCho. Bene, fine delle parate. Peccato che nonna-F sia in vacanza a Dubai con un ragazzo cinese f/0.95 che ha conosciuto ad Hong Kong e non sia potuta venire. Papà 28Ais è impegnato al G20 nelle trattative per la riduzione della CO2 dei paesi emergenti e non poteva staccare, altrimenti avremmo avuto un gruppo di famiglia ancora più numeroso. Nei credits ovviamente tutti i ringraziamenti dovuti a Nikon che ci ha regalato ancora una volta creature all'altezza della sua tradizione di design che segnerà la storia in questa estate del 2021, a Nital che ce le ha fornite come promesso e a tutti i numerosi tecnici ed artisti che hanno contribuito alla riuscita del set. E a tutti voi, anche i miei ringraziamenti per la pazienza, sperando di avervi almeno suscitato un paio di sorrisi.
  5. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal dirompente ingresso sul mercato delle mirrorless ed il quindicennale di Nikonland cade in un momento di transizione del mercato, con Nikon impegnata nella realizzazione delle mirrorless Z che, a tutto campo, stanno conquistando i fotografi con le loro caratteristiche innovative e le straordinarie prestazioni delle nuove lenti. Nikonland è assolutamente convinta che le reflex siano ormai superate, sostanzialmente in ogni genere fotografico. Scopo di quest’articolo è quindi fare il punto nell’ambito della fotografia di natura, genere che somma landscape – in tutte le sue declinazioni come seascape, starscape, nightscape - e wildlife, quest’ultimo particolarmente sfidante per le mirrorless, attraverso l’esame delle caratteristiche innovative del nuovo sistema. Z6 su 20/1.8S 15" f2 ISO 1600 Assenza di vibrazioni e silenziosità. Manca lo specchio, una cosa ovvia, banale ed evidente. Ma quanto è significativa e grande la ricaduta nell’uso pratico di questa caratteristica è una cosa da provare perché significa due cose fondamentali. Grazie allo scatto elettronico non produce nessun rumore pur conservando sostanzialmente tutte le funzionalità. Questo punto è da solo già determinante perché consente al fotografo naturalista impegnato, quello cioè che cerca i propri soggetti nella natura ed al di fuori di qualsiasi situazione controllata, di non essere percepito attraverso il rumore. Certo, le fotografie con il soggetto che guarda in camera hanno un look molto intimo e personale, ma l’obiettivo del fotografo naturalista è più spesso ritrarre il soggetto intento alle sue attività e, per farlo, sviluppa e sfrutta capacità di avvicinamento, appostamento e mimetismo. Ma sul più bello, con la reflex succede che… CLACK! al primo scatto il soggetto individua il fotografo o al minimo che c’è qualcosa che non va ed interrompe le sue attività. Fa un mondo di differenza, invece, poter scattare quanto si vuole ed in raffica alla massima velocità senza essere sentiti. Z6 su 500/4E 1/160 f4 ISO 7200 Non produce nessuna vibrazione. Per decenni la pratica standard del fotografo impegnato è stata usare sistematicamente il treppiede, il più grande e stabile possibile e con sopra una testa bella grossa, oltre a, nel caso della fotografia di paesaggio, scatto remoto ed alzo dello specchio. Ancora oggi il treppiede è l’attrezzo che più di altri “fa pro”. Superato, non serve più. La vibrazione da annullare arrivava dallo specchio e nelle Z l’IBIS, la riduzione delle vibrazioni sul sensore, fa il resto. Con una mirrorless è possibile ottenere scatti perfettamente privi di micromosso a tempi impossibili per una reflex anche con il setup più stabile. È possibile ottenere immagini prive di micromosso a mano libera ad 1/20 di secondo con il 500mm. Personalmente, ormai, uso il treppiede solo se mi servono tempi realmente lunghi nella fotografia in notturna o per ottenere effetti fotografici particolari sull’acqua o le nuvole. O in caso di sessioni di scatto in appostamento prolungato per sostenere il peso dell’attrezzatura o contribuire al mimetismo, drappeggiando la rete mimetica sopra il tele ed il treppiede. Ma non lo uso più in tutti gli altri casi e, comunque, uso mediamente sostegni molto più agili e leggeri non dovendo più smorzare le vibrazioni. Z6 su 500/4E 1/40 f4 ISO 3600 - A mano libera! Le attuali Z impiegano ancora i sensori di vecchia generazione, con una ridotta velocità di lettura, quindi lo scatto elettronico può produrre l’effetto distorsivo dato dal rolling shutter, ma nella fotografia di paesaggio e nella fotografia di animali è un problema più teorico che pratico, considerate le velocità relative in gioco. Per questo e nonostante i limiti sull’autofocus che vedremo più avanti, personalmente già oggi nel wildlife di animali dotati anche della minima timidezza, la maggior parte in Italia, io preferisco la Z6II alla D5. Mirino Elettronico. Niente specchio significa mirino elettronico, in pratica un minuscolo monitor. Tre aspetti fondamentali. WYSIWYG - What You See Is What You Get – Cioè il mirino riproduce esattamente quello che il sensore sta catturando. Un fotografo esperto sa pre-visualizzare nella mente le proprie immagini. Ma a volte sbaglia, o meglio poteva sbagliare: ora non più. E questo riferisce ovviamente non solo alla composizione ma alle altre caratteristiche dell’immagine, come l’esposizione ed il modo esatto in cui la luce viene catturata dal sensore e “cade sull’immagine”, in base alla gamma dinamica effettivamente disponibile per gli ISO selezionati ed in rapporto al contrasto della scena. Z6 su 24-70/4S@39mm 1/80 f8 ISO 100 Possibilità di rivedere a mirino le fotografie fatte esattamente come nel monitor. Anzi, in taluni casi molto meglio: per chi li porta, non c’è più il problema con gli occhiali nel passaggio dal mirino al monitor. Non c’è più il problema della luce forte sullo schermo. Ma soprattutto, per chi è appostato e cerca di non farsi vedere, non occorre muoversi per rivedere le foto scattate nel monitor ma lo si può fare nel mirino. Informazioni aggiuntive, come una bella implementazione della livella elettronica e l’istogramma in real time, oltre ad infinite possibilità di personalizzazione. L’EVF delle attuali Z ha un’ottima qualità di visione, che non fa rimpiangere il mirino ottico, ma è superato dalle migliori realizzazioni del mercato sulle immagini in rapido movimento e nel blackout durante le raffiche, che ostacolano una accurata composizione di soggetti in rapido movimento. Il problema, però, più che dovuto alla tecnologia del mirino deriva dal sensore. La nuova generazione di sensori lo risolverà, ne parleremo più avanti. Lenti straordinarie. Non sembra un merito diretto delle Mirrorless, ma lo è perché non si tratta semplicemente di progetti ottici aggiornati. Ma di progetti che sono stati resi possibili dal bocchettone delle nostre Z, contemporaneamente il più grande del mercato e quello con la minor distanza del sensore. Z6II su 14-24/2.8S@18mm 0.5s f11 ISO 100 Sono fantastiche, niente di meno, praticamente tutte, ovviamente ciascuna in rapporto alla propria categoria. La terna di zoom f2.8 professionali è la migliore di sempre, non solo per Nikon ma anche per il mercato. Personalmente sono innamorato del 14-24/2.8S, il 24-70/4S ha ridefinito il concetto di zoom kit, il 105/2.8S MC ha una qualità di immagine che ha ripristinato la distanza tra i fissi e gli zoom. I fissi f1.8 sono uno meglio dell’altro. La lista sarebbe troppo lunga e rinuncio qui a proseguirla. Ma già da sole le nuove lenti secondo me sarebbero motivazione sufficiente a passare al mondo Z, indipendentemente dal fatto che si provenga dal mondo Nikon F o da altri produttori del mercato. Il difetto più grande? Personalmente credo solo che ne vorrei di più! Ma Nikon sta lavorando sodo ed a breve avremo un catalogo completo di tutte le lenti fondamentali. Da lì in avanti si passerà ai fuochi artificiali…. Autofocus. Iniziamo dalle caratteristiche positive già disponibili. La messa a fuoco è sempre perfetta in quanto fatta direttamente sul sensore, cosa che significa che non occorre più inseguire e correggere la taratura di lenti e moltiplicatori. Nel tempo, come molti utilizzatori di supertele luminosi, sono diventato piuttosto abile a tarare l’AF delle reflex, ma questo testimonia unicamente di quanto fosse importante e, quindi, quanto tempo abbiamo dovuto dedicare ad imparare ed eseguire un’operazione che ora è del tutto inutile. Ad esempio, la mancanza di perfetta taratura out-of-the-box dei TC su certe lenti è la causa principale della loro cattiva reputazione. Infatti, nonostante il tempo trascorso, ricordo perfettamente quanto sudai per tarare la D4 sul 500/4G con il TC14II, una combinazione notoriamente critica. Era attrezzatura professionale ed una lente fissa, chi ha provato a tarare zoom più “amatoriali” saprà di sicuro di cosa parlo. La copertura autofocus del campo inquadrato è completa, cosa che consente di abbandonare del tutto la necessità di focheggiare e ricomporre indipendentemente da quanto sia decentrato il punto su cui si vuole mettere a fuoco o quanto perifericamente si muova questo punto. Purtroppo, le nostre Z rispetto alle più recenti realizzazioni della migliore concorrenza hanno ancora due punti deboli nel caso di fotografia wildlife. • Il riconoscimento di viso ed occhio, che è stato assolutamente un game changer nella fotografia di persone ma non è ancora adeguatamente implementato per la fotografia di animali. • Il tracking dinamico e l’autofocus continuo non sono sufficienti a garantire il risultato nella fotografia d’azione, e sono piuttosto lontani dall’affidabilità delle migliori reflex. D500 su 500/4E 1/2000 f5.6 ISO 400 Per cui, al momento, per immagini come queste resta più sicuro usare una reflex serie 5. Comune a tutte le ML, non solo quelle di Nikon, c’è poi una certa tendenza a preferire lo sfondo rispetto al soggetto, in particolare se questo è più contrastato e luminoso, cosa comune ad esempio fotografando ungulati. È per questi limiti che l’autofocus non è ancora in cima alla lista dei motivi per cui, oggi, le ML sono preferibili alle DSRL nella fotografia wildlife. Ma è solo questione di tempo, lo vedremo più avanti. Schermo orientabile. Il punto di ripresa cambia drasticamente la prospettiva e la resa estetica ed artistica delle nostre immagini e lo schermo orientabile consente di posizionare la macchina in posizioni che sarebbero impensabili dovendo comporre guardando il mirino. Certo, per le macchine prive di questa caratteristica ci sono dei palliativi, come il mirino angolare. Ma io l’ho usato ed è solo un costoso ed arcaico periscopio. Lo schermo orientabile, invece, insieme alla possibilità di lavorare estensivamente a mano libera è di una notevole comodità sulle attuali Z e, per questo, sono assolutamente contento che la nuova Z9, prima professionale, lo abbia. La Z9, l’elefante nella stanza. Siamo alla Z9, l’elefante nella stanza. O almeno quello che Nikonland vorrebbe che fosse ed è convinta che sarà, per quanto catturerà l’attenzione di ogni fotografo che usi Nikon e dell’intero mercato. Il motivo è semplice, in Nikonland ci aspettiamo che superi tutti i punti deboli delle attuali Z. Niente di meno. Riteniamo che lo farà grazie ad una componentistica e costruzione da ammiraglia, spesso ci si dimentica che Z6 e Z7 non lo sono, ed agli anni di esperienza nel SW che le attuali Z hanno consentito. Ma soprattutto al nuovo sensore che, per effetto della sua tecnologia e velocità di lettura, porterà la Z9 prima e poi le future Z a superare, a tutto tondo ed anche nelle situazioni più dinamiche e sfidanti, le più veloci reflex mai prodotte. Massimo per Nikonland (C) 16/10/2021 - il nostro quindicennale
  6. Per me un'uscita per fotografare le stelle è sempre una festa, perché una notte fuori è veramente un'esperienza fantastica. Purtroppo non è facile che i pianeti si allineino in modo da consentirmelo. E non parlo di astronomia: Occorre una notte di tempo sereno, nei pochi fine settimana di luna nuova in estate e... senza impegni di famiglia. Di fatto, questa volta, per dribblare un pranzo domenicale, ho forzato la mano e sono scappato in montagna il venerdì pomeriggio! L'obiettivo principale era ovviamente una notte di fotografia nella natura, ma volevo anche vedere come si sarebbe comportato il 14-24/2.8S in modo da raccontarlo qui. Dico subito che la fortuna aiuta gli audaci: una notte così serena non mi era ancora capitata. Ma andiamo con ordine. Queste sono le Levanne in un cielo del tutto senza nubi ed in questo caso è proprio un peccato perché con l'ultima luce delle nuvolette in quel cielo ci sarebbero proprio state bene. Z6_II su 24-70/4S@41mm 1/3s f11 ISO100 - Treppiede e polarizzatore NISI - 21:26 Z6_II su 24-70/4S@37mm 0.5s f11 ISO100 - Treppiede e polarizzatore NISI - 21:30 E' un bellissimo spettacolo, ma quel cielo - fotograficamente - è un po' insipido. Allora vado a coricarmi un poco in tenda, la notte sarà lunga! E ci siamo.... Z6_II su 14-24/2.8S@14mm 20s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 23:18 Questa sera la difficoltà è che la via lattea "passa presto" e per questo non ho potuto fotografarla sopra il Gran Paradiso: era ancora chiaro. Ma questo è uno scatto fortunato: in quei 20" ho ripreso 12 stelle cadenti. Ho espresso un unico desiderio, speriamo bene!!! La resa dell'obiettivo è perfetta: nessun coma, le stelle sono perfettamente puntiformi fino agli angoli estremi. La resa è molto dolce sulle ombre, che pure con questi ISO si riescono a recuperare molto bene. Due note tecniche. La prima è una piacevole sorpresa: questa combinazione, il 14-24 è sulla Z6II, riesce ad andare in autofocus, è sufficiente mettere in pinpoint e scegliere una stella particolarmente luminosa ed è fatta. Cosa che la Z6 non riusciva a fare ne' con il vecchio 14-24F e nemmeno con il 20/1.8S. La seconda una conferma: il display OLED nel quale la lente consente di vedere focali e messa a fuoco di notte è una manna. E la visualizzazione della distanza di messa a fuoco è perfettamente tarata! Per questo, nel caso, si può andare semplicemente ad infinito con la ghiera. Questa sera ho intenzione di fare una ulteriore prova: realizzare scatti multipli da incollare con Starry Landscape Stacker! E' un software straordinario, capace di incollare più scatti, compensando il movimento apparente delle stelle e lasciando il primo piano e le montagne perfettamente nitide. Non so se interessa, ma nel caso chiedete che ne scrivo. Qui dico solo che ne vale la pena, di seguito il risultato: Z6_II su 14-24/2.8S@14mm 20s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 23:23 - 8 scatti in stacking Ed il crop al 100% dell'angolino in alto a destra, così ci facciamo un'idea sia di come va la lente sia del risultato che si ottiene incollando 8 scatti a 3200ISO. In altro articolo ho già scritto di che significhi spostarsi, anche di poco.... beh, non importa il soggetto: è sempre vero. Che ne pensate? Per me avere preso meglio in infilata il lago aggiunge interesse alla composizione. Effettivamente, questo è un punto centrale nella fotografia notturna: è vero che il pezzo forte è la via lattea... ma resta una fotografia di paesaggio che ha bisogno di più ingredienti! Z6_II su 14-24/2.8S@14mm 20s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 00:08 - 8 scatti in stacking Aggiungiamo un elemento di spiegazione "ambientale": la luce non è sole o luna. E' Torino: 60Km più a sud e quasi 3.000mt più in basso. L'ho già detto che era una serata incredibilmente limpida? Z6_II su 14-24/2.8S@14mm 20s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 00:38 Z6_II su 14-24/2.8S@14mm 20s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 01:34 - 8 scatti in stacking Come vedete la focale più utile in questo genere di fotografie è la più corta. C'è più di un motivo. Innanzi tutto, così si "tira dentro" più via lattea. E poi, all'allungarsi della lunghezza focale, è necessario accorciare i tempi e, quindi, alzare gli ISO. Z6_II su 14-24/2.8S@24mm 10s f2.8 ISO6400 - Treppiede - 01:47 - 8 scatti in stacking Come vedete, 24mm usati in verticale corrispondono più o meno al crop verticale dello scatto a 14mm. E' sempre interessante e si ingrandisce notevolmente in centro. E qui il crop, sempre 100% e sempre angolino. Niente da fare: nessun difetto visibile. L'ho già detto che quesa lente è un capolavoro? Z6_II su 14-24/2.8S@18mm 15s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 02:06 Z6_II su 14-24/2.8S@14mm 20s f2.8 ISO1600 - Treppiede - 02:09 - 8 scatti in stacking Alla fine la nuvola che avrei voluto avere ieri sera è passata... solo 5 ore di ritardo! Z6_II su 14-24/2.8S@20mm 15s f2.8 ISO3200 - Treppiede - 02:30 Conclusioni. Anche in notturna il 14-24/2.8S, grazie alla nuova progettazione dello schema ottico consentita dall'enorme bocchettone delle nostre Z, si è rivelato un performer incredibile. Nessun difetto ottico ed una personalità molto versata per questo tipo di ripresa in quanto non tende a chiudere le ombre, ha pochissima vignettatura ed è del tutto privo di aberrazione di coma fino agli angoli più estremi. Che altro dire? è proprio, a pieno titolo, il Re indiscusso ed incontrastato dei grandangoli per le nostre mirrorless. Lo consiglio senza riserve, per tutti i tipi di fotografia nella natura, ambito nel quale non ha rivali e dove letteralmente incenerisce le vecchie lenti F. Pro: - Nessun difetto ottico: la resa è assolutamente impeccabile a tutte le focali. - Ottimo range di focali: tutti i grandangoli spinti a portata di un giro di ghiera. - Costruzione meccanica contemporaneamente abbastanza leggera da poter essere portato ovunque e robusta, un vero strumento professionale. - Molto comodo il funzionamento della messa a fuoco e dello schermo oled che consente di vedere sia la distanza di messa a fuco sia la focale impostata anche al buio. - Luminosità ottimale in rapporto alla focale per la fotografia notturna. Contro: - Per me, considerato il genere e le prestazioni, nessuno. Massimo per Nikonland (c). 25/7/2021
  7. Tre anni fa ho pubblicato una experience sullo stesso film adapter, il Nikon ES-2, però con la bellissima reflex D850, addirittura, unica tra le Nikon, predisposta tra le sue features di comandi specifici e correzioni cromatiche dedicate: per tutto ciò e per la presentazione fisica delll'adattatore, rimando a quell'articolo (che peraltro sta per superare le 10mila visualizzazioni...ne approfitto quindi per ringraziare ) Oggi invece, la notizia è che il nuovissimo minimacro per Nikon Z, il Nikkor MC 50/2,8 (MC= la sigla dei nuovi macroZ) obiettivo di dimensioni minimaliste, solo 7,4 x 6,6 cm e 260gr di peso, risulta essere compatibile con l'adattatore per riproduzione di originali, grazie all'integrazione di una seconda ghiera filettata da 62mm di diametro, sul bordo esterno del barilotto, realizzata proprio per scopi come questo, (rispetto la ghiera filtri ufficiale, molto più piccola, da 46mm di diametro): assolutamente sconsigliato, quindi, usare filtri su quella da 62, a pena di potenziale danneggiamento dell'obiettivo... Ho ricevuto da pochissimo il 50MC, a ruota rispetto il fratello maggiore, il 105/2,8 MC con il quale ha colmato lustri di attesa dei nikonisti, che desideravano obiettivi di questa categoria all'altezza dei sensori con i quali Nikon ci ha abituato negli ultimi anni. Utilizzerò questo obiettivo, per nulla undersized (come potrebbe apparire), prevalentemente per still life di piccoli oggetti e di attrezzature fotografiche: tra i suoi compiti, insieme all' ES-2, quindi anche la sporadica riproduzione di originali a pellicola, i più importanti, i più cari, quelli che rappresentino degnamente la parte della nostra attività fotografica, when we were analogical L'incommensurabile salto in avanti dal 2018 ad oggi per l'adattatore ES-2 si chiama Nikon Z e si pronuncia mirrorless reinvented A pochi anni di distanza e su fotocamere ancora non allo stato dell'arte come era allora la reflex D850 oggi i vantaggi dell'utilizzo di questo adattatore si riassumono principalmente in: disponibilità di VR su sensore (quando non presente anche su obiettivo come nel caso del 50MC che ne è privo) disponibilità di sensori AF su tutto il formato FX disponibilità di valutazione diretta dell'esposizione sul mirino elettronico (e delle relative variazioni prima dello scatto) disponibilità di varie modalità AF tra le quali anche, operativo, l' EyeAf Le fasi di montaggio del set di ripresa sono semplici: ma ve le condenso in un video: dsc-3593_0Gcgm2HU_V3pZ.mp4 Ecco la visione complessiva da sopra, di ES-2 col suo rail inserito, adattatore B, MC50/2,8 esteso fino a RR 1:1 (il barilotto che sporge di 2,4 cm dalla filettatura esterna, adesso si troverà all'interno del distanziatore telescopico dell' ES-2) ed infine, la mia Nikon Z 6II Ovviamente sarà raccomandabile inserire sul fianco dell'obiettivo il limitatore del range di messa a fuoco, portando lo slider in posizione 0,3-0,16m, per evitare il più possibile che in fase di messa a fuoco l'obiettivo possa andare in hunting, tanto più frequenti, quanto più deformate saranno le dia ed i negativi che stiamo cercando di digitalizzare Come già evidenziato nel 2018, la distanza che ci separa qualitativamente dai frammenti di celluloide è ormai incolmabile. Ancor di più considerata l'età dei miei reperti, pur ben conservati, ma invariabilmente colmi di polvere, graffi, residui di sviluppo mal lavati (a suo tempo), GRANA INIMMAGINABILE, per cui i ricordi che coltiviamo di questa o quella pellicola, andrebbero annegati nell'acido acetico del bagno di arresto: senza inutili sentimentalismi. Ma l'esigenza chiama e se non possiamo fare a meno di ridare vita ad un fotogramma che affonda le radici nei nostri sentimenti, o per superiori ragioni documentative, dovremo attrezzarci alla bisogna e agire nel modo più razionale. Ecco il set: Un bank davanti ad un led da 150W a luce continua, attenuabile da telecomando (Godox FV150), una loupe di ingrandimento per le dia o i negativi, una pompetta per soffiare (o tentare di...) via la polvere, scatto remoto radiocomandato (ma siamo gratificati dal VR sul sensore), rail per gli originali... e diapositive, prevalentemente (poi spiegherò perchè) Come vedete uso almeno f/8 per compensare le frequentissime deformazioni subite dalle dia nei telaietti, causate da una serie infinita di cause, prima di tutto la loro costituzione fisica delicatissima, come ben sappiamo e fortemente condizionata da trattamento chimico ricevuto, effetti atmosferici, conservazione ed età. Una quantità di motivi che ci metteranno subito in crisi, dovendo stabilire quale sia il metodo AF che sceglieremo per scattare la foto e, sopratutto, quale sia la parte del fotogramma su cui metteremo a fuoco. Prima di tutto è già importante centrare bene la dia nel telaietto ed il telaietto nel rail: quindi il rail nel binario (due mollette) dell' ES-2... un lavoro fondamentale. Ancora prima, per stabilire dove stia sul tubo telescopico dell' ES-2 la posizione "intorno alla quale" saremo in RR 1:1 sono solito usare una dia sbagliata, tracciando dei riferimenti per poter mettere a fuoco a quel rapporto, inquadrando solo fotogramma e non telaietto (ricordiamoci che dai telai 5x5 non vediamo che il 95% circa del fotogramma) trovato il punto cruciale, traccio un rigo sul tubo telescopico per avere un riferimento stabile (ma che a seconda dello spanciamento della dia potrebbe variare) dsc-3582_k5mtXmBS_p7rd.mp4 Le diapositive (pellicole invertibili) si prestano enormemente meglio a queste operazioni, essendo state direttamente invertite in fase di sviluppo, prive di maschera cromatica antiUV (presente invece nelle pellicole negative a colori), ci consentono di lavorare in postproduzione, variando il grigio medio e operando in termini di contrasto, cromia e nitidezza, entro certi limiti, traducendo in nostri sforzi in successo, al di là del recupero in se e per se del fotogramma... le foto utilizzate in questo articolo, appartengono ad un periodo tra il 1990 ed il 2000 e sono diapositive conservate nei loro scatolini di plastica, senza ulteriori precauzioni Talora in stato eccezionale, nonostante il tempo trascorso, come questa Fuji RD100 sviluppata a marzo '90 Non è sempre soddisfacente la digitalizzazione dei negativi: per i motivi già esposti nell'articolo del 2018, pur allora operando con la D850 che tra le sue features consentiva on camera l'inversione cromatica diretta in jpg del negativo digitalizzato e la sua regolazione in termini di luminosità Già allora consideravo non sempre sufficienti queste opportunità, ma sopratutto, particolarmente ostica la gestione dell'inversione cromatica, a seconda della maschera giallo-arancio, diversa per ogni emulsione, che veniva neutralizzata dai rivelatori specifici per quella marca di pellicole. (Ove i laboratori usassero il rivelatore corretto) Tanto per intenderci, ecco il risultato ad oggi della digitalizzazione di una surfista israeliana di 30 anni fa, e poi della sua inversione cromatica su PS (CTRL+I) e delle correzioni a questa inversione, apportate nella successiva postproduzione. Soddisfatto? Beh...mi pare che la stampa A4 appesa ancora oggi a casa di mia mamma, in quella che fu la mia stanza, sia ancor oggi migliore, dopo tutto questo tempo. Ma sopratutto, quando vado a guardare il rumore del file, ossia la grana del film riprodotta fedelmente dal Nikkor Z 50/2,8 MC... mi viene da svenire... Era una docilissima e morbida AGFA XRG 100/21: il riferimento tedesco per l'assenza di grana... Ci avete viziato !!! Max Aquila photo (C) per Nikonland 2021
  8. E' vero, è vero... scrivo sempre che il 300mm è un ottimo strumento per la fotografia ravvicnata (a patto di avere un corpo APS-C e/o un moltiplicatore di focale), ma ogni tanto (spesso) mi capita di rivedere le foto che ho fatto con il micro-nikkor 200mm f4 AfD o con il Sigma 180mm f3.5 Apo macro e allora mi ricordo che il tele macro lungo è uno strumento impareggiabile, puoi fare la foto ravvicinata e la macro vera, il tutto a livelli qualitativi che non temono confronti. Qui vi mostro una piccola antologia di quel che si può fare con il Nikon micro-nikkor 200mm f4 AfD ED, vedere come passa elegantemente foto ravvicinate (la Damigella e la grossa Cavalletta) a macro vicine al rapporto 1:1 (il moscerino e il coleottero dorato-Curculionide non so quale) passando per la vespa. Ho voluto dare una omogenità di stile e vi presento solo immagini verticali: Giovane Calopteryx Mantide (nostrana) Cavalletta Tettigonide Farfalla Licenide Vespa Coleottero Curculionide Dittero Sirfide Le caratteristiche della focale mi permettono una libertà operativa "quasi" come quella del 300mm, ma con un range di ingrandimenti da vero macro, senza aggiuntivi, certo serve il treppiedi e ogni tanto il flash di schiarita, ma le immagini appagano. So che molto probabilmente non ci sarà un nuovo 200mm micro, ma sognare come sarebbe motorizzato, stabilizzato e Zetizzato...si può sempre.
  9. La fotografia di paesaggio, soprattutto se finalizzata ad ottenere immagini di elevata qualità in grado di essere stampate in grandi dimensioni, è un banco di prova estremamente severo per le lenti grandangolari. Per più di un motivo: - Occorre innanzi tutto che siano nitide, possibilmente in modo uniforme tra centro, bordi ed angoli: normalmente le composizioni più dinamiche, che sfruttano l'effetto dei grandangoli di accentuare il primo piano partono proprio da lì! - Serve che siano resistenti al flare, in quanto la luce più interessante per questo tipo di fotografia raramente arriva dalle spalle del fotografo in quanto è quella che meno scolpisce i soggetti. - Devono avere aberrazioni cromatiche molto controllate, in quanto spesso ci sono contrasti forti tra il cielo/sole e soggetti ricchi di dettaglio, come le piante. Certo, si possono "togliere con un click" nel nostro software di regolazione dei file.... ma nelle stampe grandi finiscono comunque per produrre aloni ed effetti indesiderati. - Devono avere poca distorsione, anche questa si può "togliere con un click".... ma lasciando sul campo la nitidezza, come dimostra il fratellino 14-30/4 - Devono essere filtrabili. Questo è un tema controverso, se ne è parlato molto anche qui su Nikonland all'annuncio di questa lente: per alcuni è un fatto marginale per altri addirittura dirimente per poterle utilizzare. Personalmente penso che il polarizzatore sia molto importante, spiegherò con un paio di esempi più avanti perché, e che i filtri Neutral Density siano molto utili. Mentre non uso più da tempo i filtri graduati, preferendo altre soluzioni nei rarissimi casi in cui la gamma dinamica dei moderni sensori sia inadeguata. Sul test di Max Aquila avete disponibilità di numerose immagini estremamente ben fatte di questa lente, per cui illustrerò l' articolo prevalentemente con fotografie realizzate con essa. Per chi non lo avesse letto, lo consiglio vivamente: lo trovate qui. In ogni caso, la lente di cui parliamo è questa, montata su Z6II, con il paraluce portafiltri, un polarizzatore ed un ND64: Un paio di scatti per rompere il ghiaccio, è il caso di dirlo, così capiamo cosa fa questo signorino: Z6 su 14-24/2.8S@20mm 1/80" f11 ISO100 - A mano libera. Z6 su 14-24/2.8S@20mm 1/8" f8 ISO100 - A mano libera. Si, si inizia sulla neve: l'ho avuto da Max lo scorso dicembre. Ne scrivo solo ora perché non riuscivo a trovare difetti di cui parlare, ed allora ho pensato di doverci lavorare di più.... ma non c'è stato nulla da fare: non ne ho trovati. Ma andiamo con ordine. Primo punto: quanto è nitido? un sacco, è il miglior zoom grandangolare che io abbia mai provato. Con baionetta F non è mai esistito nulla che potesse produrre risultati del genere con la disinvoltura con cui lui riesce. Certo, il vecchio 14-24 AFS era una lente straordinaria per la sua epoca ma tra flare e scarsa planarità del piano di fuoco portare a casa belle foto non era semplice. Per non parlare del peso e della pena nel provare ad usarci i filtri! Con baionetta Z solo il 20/1.8S regge il confronto (e pure lo vince, nella sua specifica destinazione d'uso!). Punto. Guardate qui, questi sono alcuni scatti all'inizio di un'alba un po' livida, dello scorso 8 gennaio - praticamente dietro casa, il massimo raggiungibile all'epoca. Z6II su 14-24/2.8S@14mm 1/40" f8 ISO100 a mano libera. I più attenti avranno notato "a mano libera". Già, con queste Z e lo scatto elettronico la necessità del treppiede è diventata sempre più rara, anche quando si sta testando la nitidezza di una lente. Questo il crop a pixel reali dell'angolo in basso a sinistra: Apritelo per vederlo non adattato. E così nitido che toglie il fiato. 14mm, f8, a mano libera. Pixel reali significa che, in dipendenza della risoluzione del vostro monitor, è probabilmente come guardare una stampa A2 con il lentino. E a 24mm? Z6II su 14-24/2.8S@24mm 1/60" f11 ISO100 a mano libera. E qui il crop, sempre a pixel reali, dell'angolino in basso a destra. Z6II su 14-24/2.8S@14mm 1/30" f16 ISO100 a mano libera. E questo il crop, sempre pixel reali, dei rametti contro il cielo per verificare le aberrazioni cromatiche. Il file è postprodotto schiarendo abbondantemente le ombre, siamo in pieno controluce. Credo che questi siano esempi più eloquenti di qualsiasi commento io possa fare. Basta guardare, ma ricordatevi di aprire i file! Ma, in premessa, parlavo dei filtri. Cioè di questo: Che qui vedete montato sulla Z6II con basetta Meike, con il paraluce monta filtri su cui ho inserito il polarizzatore Nisi - I filtri Nisi sono stati la mia scelta per questa lente. Grande? si, grande. Ma nemmeno poi troppo. Ricordiamoci che il paraluce si avvita e svita a baionetta e che quindi occorre montarlo... solo quando serve! Nikon ne fornisce un'altro, più piccolo, per i casi in cui si fotografi in esterni senza necessità di filtri, così come, vale la pena ricordare, una piccola protezione dal sole è già presente e solidale al barilotto. In ogni caso, qui vedete il paraluce, con il suo tappo, i filtri polarizzatore e ND64, le custodie originali Nisi per i filtri (dimensione 14x14cm) ed un tappo standard da 77mm per confronto. Dico subito che all'inizio ero scettico, mi sembrava una soluzione complicata, costosa ed artificiale. Ma nell'uso sul campo mi sono ricreduto al 100%. Montare i filtri da 112mm sul paraluce è una trovata assolutamente geniale! Perchè? Innanzi tutto si ottiene un insieme che non vignetta assolutamente, nemmeno a 14mm e montandoli entrambi. Non serve sempre, ma quando serve è una manna! Z6II su 14-24/2.8@14mm 25" f16 ISO100, CPL ed ND64. Il polarizzatore è servito a togliere il riflesso dal mare e dai quarzi delle rocce, saturandone bene i colori, l'ND a togliere le ondine che la brezza produceva. Altro esempio: Z6II su 14-24/2.8S@16mm 1/50" f11 ISO100 - Polarizzatore "al minimo", senza sarebbe anche peggio (non l'ho tolto per far prima, e non avevo ancora chiara una cosa, ne parlo dopo). Z6II su 14-24/2.8S@16mm 1/50" f11 ISO100 - Polarizzatore. Z6II su 14-24/2.8S@18.5mm 1/80" f8 ISO100 - Polarizzatore. Il punto è: il polarizzatore, sui grandangoli spinti, non serve ad aumentare il contrasto tra cielo e nuvole (ambito d'uso dove anzi tende a far casino) ma a togliere i riflessi dall'acqua e da tutte le superfici molto riflettenti, come le foglie o le rocce, specie se bagnate! Ma dov'é la genialità della soluzione? beh, ci ho messo un po' a capirlo, come tutte le cose devi toccare con mano. Il fatto è che il paraluce si monta "a baionetta", quindi per mettere e togliere i filtri sul campo con il treppiede in posizione precaria non occorre più avvitare il filtro in posizioni assurde con il rischio di farlo cadere: basta togliere il paraluce, tenuto fermo dal blocco "a pulsante" comune a tutte le soluzioni "pro" di nikon e lavorarci con calma. E se non serve, perché si voleva toglierlo, si può coprire e mettere in tasca, pronto per il prossimo giro. Ed è fornito anche un normale tappo per la lente frontale. GENIALE!!! Mi spiego con un esempio, che serve ad introdurre anche un altro concetto: A che servono i grandangoli così spinti nella fotografia di paesaggio? non a fotografare una scena ampia - es. una catena di montagne - ma ad enfatizzare il primo piano. Che spesso deve essere letteralmente a pochi cm dalla lente frontale. Z6II su 14-24/2.8S@14mm 1/4" f16 ISO100 - Polarizzatore. Come già avrete immaginato, quelli non sono enormi scogli tafonati, ma roccette alte, nel punto più rilevato, circa mezzo metro. La macchina stava sul treppiede a 30cm dall'acqua. Per avvitare o svitare il polarizzatore o aggiungere/togliere l'ND, in posizioni come quelle, occorre sia stare scomodi sia rischiare di avvitare male e fare cadere tutto in acqua. Lavorando così, da scogliere e su torrenti, ho perso per sempre più di un filtro! Ma ne abbiamo un'altra: il tappone da mettere sul paraluce. Questo. Geniale pure lui? Si. Mai fotografato sotto la pioggia o vicino ad una cascata? quanto vi siete rotti le scatole tra una fotografia e l'altra per ripulire la solita goccia dalla lente frontale? quante foto buttate perchè non vi siete accorti? o peggio, al mare controvento? Beh, basta il tappo king size, che pure lui si incastra a baionetta, ed il problema è risolto. E, ultimo aspetto, il tutto non è così grande come sembra: - 2 filtri da 112mm con la custodia, occupano uno spazio di cm 14x15x1 - Il "tappone" compreso paraluce è un cilindro di 12.5cm x 4cm di spessore. Il solo "tappone" 3cm di spessore. Ed il tutto sulla mia bilancia fa 300gr di peso. A portata di qualsiasi zaino. C'è poi un bonus ulteriore. Questo paraluce si può montare anche sul 24-70/2.8S e sul 70-200/2.8S. Insomma, con un set di filtri ci fai tutto. Ho provato e va anche sul 70-200/2.8 AFS FL, ma il montaggio non è sicuro (non blocca bene) per cui non lo consiglio. Ok, un mucchio di parole e di "crop da misuroni". Ora ci guardiamo qualche foto, se vi va. Z6II su 14-24/2.8S@20mm 1/800" f8 ISO100 Z6 su 14-24/2.8S@24mm 1/40" f16 ISO100 Z6II su 14-24/2.8S@20mm 1/1.6" f11 ISO100 Z6II su 14-24/2.8S@18mm 0.5" f11 ISO100 Polarizzatore Z6II su 14-24/2.8S@14mm 1.3" f16 ISO100 Polarizzatore. Conclusioni. Una lente di eccezionale ed inedita qualità, letteralmente il sogno del fotografo paesaggista impegnato al quale consente, con agilità e semplicità d'uso sorprendenti, di concentrarsi al 100% sulla fotografia, ottenendo sempre il massimo della qualità, sotto ogni profilo ed in ogni condizione. Questo vale, per effetto dei piccoli ingombri e pesi coinvolti, altro aspetto del tutto inedito, ovunque siano i suoi soggetti preferiti: dal mare a pochi passi dall'auto al cuore delle alpi raggiunto in ore ed ore di cammino. Parliamo di una lente che pesa 650gr, sostanzialmente ha peso ed ingombro del vecchio 16-35/4 AFS VR che questa meraviglia letteralmente distrugge sotto ogni profilo. Così come distrugge il precedente Re del mondo F, il 14-24/2.8 AFS che per peso, ingombro, uso problematico dei filtri e pure prestazioni ottiche è così lontano da essere inconfrontabile. Pregi: - Peso ed ingombro minimi, per il genere degli zoom grandangolari ma anche in assoluto considerato che pesa meno di 2 etti in più del 14-30/4S, che aveva fatto gridare al miracolo alla sua uscita. - Eccellente ergonomia, nell'uso normale e con i filtri. - Eccellenti prestazioni ottiche. - Eccellente qualità costruttiva. - Ottimo range di focali: tutti i grandangoli spinti accessibili con un giro di ghiera. - Ottima luminosità: è più che adatto alla fotografia notturna. Difetti: - Per me, considerato il genere e le prestazioni, nessuno. Massimo per Nikonland (c). 27/6/2021.
  10. Questo articolo ha lo scopo di raccontare, attraverso una decina di immagini, quali meravigliose e mutevoli situazioni si possono incontrare se solo ci si riserva la possibilità di restare sul campo un po' di più e non si cerca soltanto la "bella giornata". La fotografia di paesaggio, per come la vedo io, è una pratica molto legata all'unione tra tempo atmosferico e luce. Sono loro a definire il risultato più di qualsiasi altra cosa, di sicuro più dell'attrezzatura usata e, spesso, anche del posto, o soggetto, fotografato. Che non significa, ovviamente, che sia intrinsecamente sbagliato cercare la migliore attrezzatura o viaggiare verso posti lontani e famosi per fotografare, ma che occorre sempre ricordarsi che sono altri i fattori che più concorrono ad una buona fotografia. E, seppure queste immagini siano fatte al tramonto ed all'alba, neppure che solo quella sia la luce migliore o il giusto momento per fotografare. E' il soggetto e ancora di più la ripresa che si vuole farne che definiscono la "luce giusta". Cominciamo subito, questo è il soggetto: un bellissimo angolo di costa nella Sardegna sud occidentale - che è veramente una zona incantevole, anche e direi soprattutto se visitato fuori dalla stagione balneare. E' il 31/3/2018, sono le 17:04. Sono appena arrivato e sulla scogliera c'è un mucchio di gente. La mareggiata, gonfiata da un vento teso piuttosto freddo, è uno spettacolo incredibile già di suo. Il cielo è nuvoloso e la luce piuttosto piatta. D810 su 70-200/2.8FL@160mm 1/250 f11 ISO100 (17:32) Ma basta spostarsi di un centinaio di metri e la composizione diventa, a mio modo di vedere, ben più interessante grazie al cambio di sfondo. Potrebbe essere anche meglio se si potesse scendere verso il mare, per "alzare" il faro rispetto alla linea dell'orizzonte, ma con queste onde non è proprio il caso. D810 su 70-200/2.8FL@200mm 1/1600 f2.8 ISO64 (17:45) Ma bastano piccoli spostamenti ed aggiustamenti all'inquadratura per cambiare mood. E' sempre importante, però, aspettare l'istante giusto. D810 su 70-200/2.8FL@200mm 1/1600 f2.8 ISO64 (17:47) Un po' più di luce mi consente di far vedere quello che succede sulla scogliera, che in ombra era scura e priva di ogni attrattiva. Capito perché è meglio non abbassarsi? D810 su 70-200/2.8FL@75mm 1/250 f8 ISO64 (18:00) Purtroppo quello di prima sembra essere l'unico momento di luce: in un paio di minuti i nuvoloni coprono completamente il sole. E in pochissimo mi ritrovo da solo, evidentemente il richiamo di una bella cena è irresistibile. Ma credo che pure il ventaccio abbia un suo merito in questo! Ma, ed ecco il senso dell'articolo, in condizioni tempestose come queste tutto può cambiare. Infatti dopo mezzora: D810 su 70-200/2.8FL@86mm 1/1250 f5.6 ISO64 (18:31) Altri venti minuti ed uno spostamento di una cinquantina di metri ed abbiamo questo. D810 su 70-200/2.8FL@190mm 1/5000 f5.6 ISO64 (18:51) E poi, di nuovo, le nuvole coprono il sole, niente vero tramonto questa sera! Ma prima di andare mi regala questa, che credo essere la migliore immagine della giornata. D810 su 70-200/2.8FL@200mm 1/640 f2.8 ISO64 (18:56) Ma non mi arrendo, c'è ancora questa: D810 su 70-200/2.8FL@200mm 1/320 f2.8 ISO64 (19:00) Ora mollo anch'io, l'ora blu è interessante ma i tempi lunghi correlati alla poca luce trasformano questo splendido mare tempestoso in un latte senza senso. È tempo di dedicarsi alla cena! La mattina dopo la sveglia, con il pieno di vermentino che ho fatto a cena, è stata proprio pesante. Ma volevo provare a fotografare il mio amico faro illuminato dall'alba e non avevo idea delle previsioni del tempo, così l'unica cosa da fare era andare a vedere. E andare presto consente di avere in mano tutte le opzioni.... per cui via! Le condizioni sono molto cambiate, c'è meno vento ed il mare è decisamente più calmo. La mareggiata era un ingrediente importante ed insieme al cielo "chiamava" composizioni più chiuse. Ma il mare più calmo mi consente di scendere in basso senza particolari pericoli. Non c'è anima viva in giro, lo spettacolo è se possibile ancora più suggestivo di ieri sera. Riprendo l'ora blu - e qui si apprezza l'importanza del treppiede. D810 su 70-200/2.8FL@70mm 1.6" f11 ISO64 (06:06) Poi le nuvole rese rosa dalla prima luce, con la luna ad arricchire la composizione. D810 su 70-200/2.8FL@70mm 0.2" f16 ISO64 (06:32) Il mare si sta calmando, anche grazie alla marea calante: posso scendere ancora e, finalmente, è tempo di tirare fuori il grandangolo! D810 su 16-35/4@32mm 1.6" f11 ISO64 (07:01) Qui finisce la luce interessante ed io credo di non riuscire a fare più nulla. Così scappo via, le ragazze mi aspettano per la colazione! Non aggiungo note sul materiale, il senso di questo articolo è la fotografia e non l'attrezzatura. Ma se volete ne possiamo parlare nei commenti! Massimo Vignoli per Nikonland (c) 25/3/2021
  11. Il 500 Nikon è la mia lente preferita, il nostro sodalizio iniziò nel 2008 quando - finalmente - riuscii a mettere le mani sul AF-S 500/4 VR. Era il primo 500 stabilizzato Nikon, era rarissimo, e, prima che fosse finalmente prodotto, grandemente invidiato a chi usava Canon. Io lo aspettai quasi un anno! E da allora sono convinto che il 500mm sia la miglior focale per chi voglia fare fotografia di natura. Non troppo pesante, non troppo lungo, non troppo corto.... insomma l'ideale compromesso tra tutti i supertele, dotato di una qualità di immagine veramente straordinaria. Dopo 10 anni, nel 2018, l'ho permutato con il 500/4E FL: una serie di piccoli affinamenti - miglior stabilizzatore, minor peso, AF un filo più veloce - ma sostanzialmente la stessa cosa. Insomma, più la soddisfazione di una voglia che di un reale bisogno, anche per me che amo fotografare in luoghi lontani, raggiunti in viaggio o a piedi con lunghi dislivelli, perché la differenza di peso è inferiore al kg. Nello stesso anno, Nikon portò la tecnologia del 300/4 PF - la lente di Fresnel - ai 500mm. Fu una svolta epocale ma io, nonostante avessi provato quello di Mauro e vedessi la soddisfazione di un compagno di sgambate - Marco, che se ne dotò subito - lo ritenni inadeguato. Chissà perché, a volte, si prendono decisioni drastiche senza un vero razionale. Ma quest'estate, programmando un anno di fotografia in montagna per via del Covid e dell'impossibilità di viaggiare, decisi finalmente di comprarlo. Da qui questa tardiva prova. Parliamo di questo oggetto: Ma per capire il senso di questa tecnologia occorre contestualizzare. Qui lo vedete al centro, tra il 70-200/2.8FL E a sinistra ed il 500/4FL E a destra. Insomma, è un 500.... ma è grande come un 70-200, e pesa tanto uguale!!!! Beh, il 500/4 non se ne cura.... indossa la sua uniforme da lavoro e sorride sornione: abbiamo passato insieme giornate memorabili e poi.... ha la forza di Golia! Ma seguendo la metafora, il 500PF è Davide. E sappiamo com'è andata a finire tra i due. Lo dico subito: qui non andrà nello stesso modo. Ma di poco! Per contestualizzare meglio, qui le lenti frontali dei 3: Ma, come si dice, le dimensioni non sono tutto ed è il momento di far parlare qualche foto. Val di Rhemes, giugno 2020. Z6 su 500/5.6PF 1/500 f5.6 ISO 320 - A mano libera. Val di Rhemes, giugno 2020. Z6 su 500/5.6PF 1/200 f8 ISO 280 - A mano libera. E' il primo contatto, in montagna, come previsto. Un'ottima giornata, fu il debutto anche del 20/f1.8S, altra lente meravigliosa. Capii subito che la mia iniziale posizione negativa era un pregiudizio irrazionale ed ingiustificato. La lente è nitidissima ed usarla a mano libera una gioia. Di fatto il mio 500PF non l'ho mai usato sul campo da treppiede, gli unici scatti fatti in quel modo sono le comparative che vedrete tra poco. Ma non solo, in condizioni fotografiche normali anche il suo punto debole - la qualità dello sfocato - non è così male! Ma ci sono altre caratteristiche interessanti. Ad esempio, mette a fuoco da molto vicino! 3mt secondo le specifiche, con un rapporto di riproduzione 0.18x. Cioè in pratica una cosa così. Parco del Ticino, luglio 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/500 f8 ISO 560 - A mano libera. Ma io l'ho comprato per fare altro.... Gran Paradiso, settembre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/400 f5.6 ISO 100 - A mano libera. Lo sfocato è effettivamente un po' duretto. Ma l'impatto sulla qualità della fotografia dipende molto dal contesto. Gran Paradiso, settembre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/500 f5.6 ISO 100 - A mano libera. Gran Paradiso, settembre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/500 f5.6 ISO 400 - A mano libera. Quel che è certo è che andando in montagna con la Z6, il 24-70S, il 70-300/f4-56 AF-P e questo 500/f5.6PF hai coperte focali da 24 a 500 con una qualità d'immagine stratosferica ed un peso complessivo ben inferiore ai 4KG. Una cosa veramente incredibile! Ma la sua versatilità è importante, ed anche nei boschi del Parco del Ticino sa dire la sua. Parco del Ticino, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/30 f5.6 ISO 5600 - A mano libera. Già, non è un errore: 1/30 a 500mm a mano libera. Ma poiché è così nitido, lavora bene anche a ISO altissimi - anche in mezzo alla nebbia. Parco del Ticino, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/200 f5.6 ISO 12800 - A mano libera. E chi è abituato a vedere e fotografare i selvatici avrà già capito... Parco del Ticino, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/250 f5.6 ISO 2800 - A mano libera. .... se sei ben mimetizzato, una lente frontale piccola, unita allo scatto silenzioso della Z6 ed al vento nella direzione giusta consente di fotografare animali timidissimi senza che ti percepiscano minimamente. E da "vicinanze" incredibili! Beh, per diventare così "ninja" ho impiegato un po'.... e quel che serve non è nella scatola giallo oro dei nikkor. Ma questo è un altro racconto! Parco del Ticino, ottobre 2020 - iPhone X. Quella traccia è il risultato del frequente passaggio degli ungulati.... è il primo passo, poi occorre capire dalle impronte di che ungulato si tratti, stare fermi e mimetizzati.... ed avere molta pazienza ed un pizzico di fortuna per "esserci" al momento giusto. Ma torniamo a questo bellissimo 500mm. Che è incredibilmente piccolo e leggero l'ho detto. E' anche molto nitido, ha pochissima vignettatura ed uno stabilizzatore molto efficace. L'AF è veloce. Ma rispetto al 500/4FL E? beh, è ovvio. I miracoli non esistono, ed anche se esistessero farli non è nelle prerogative degli ingegneri Nikon. E ci dobbiamo ricordare che il 500/5.6PF costa un terzo del 500/4FL E. Iniziamo dalla nitidezza. Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/400 f5.6 ISO 800 - da treppiede E qui un crop a pixel reali di tre scatti. Da sx a dx: 500/4FL E a f4, 500/4FL E a f5.6, 500/5.6PF a f5.6. Il 500/4 FL E è più nitido, di poco a tutta apertura e di più a f5.6. Ma è lui che è stellare non il PF che demerita. Perché vi posso assicurare che, senza un confronto all'americana come questo, tutta questa differenza non si vede. E lo sfocato? Beh, anticipo che, senza leggere i dati, ho sempre riconosciuto la lente semplicemente guardando l'immagine, ma ecco qui: Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/400 f5.6 ISO 800 - da treppiede Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/4FL E 1/400 f5.6 ISO 800 - da treppiede Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/4FL E 1/800 f4 ISO 800 - da treppiede Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/400 f5.6 ISO 400 - da treppiede Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/4FL E 1/400 f5.6 ISO 400 - da treppiede Corbetta, novembre 2020 - Z6 su 500/4FL E 1/400 f4 ISO 400 - da treppiede Ma queste sono immagini scattate per mettere in luce il problema, a voi valutare quanto impatti la pratica fotografica. Gran Paradiso, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/2500 f5.6 ISO 400 - a mano libera Gran Paradiso, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/320 f5.6 ISO 100 - a mano libera Gran Paradiso, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/1000 f5.6 ISO 200 - a mano libera Gran Paradiso, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/1000 f5.6 ISO 400 - a mano libera Parco del Ticino, ottobre 2020 - Z6 su 500/5.6PF 1/60 f5.6 ISO 12.800 - a mano libera In sintesi, le mie conclusioni: Pro: - Leggerissimo e dall'ingombro estremamente limitato, ma con ottima qualità costruttiva - Stabilizzatore efficacissimo, è nato per essere usato a mano libera. Anche ai confini del giorno, dove però l'apertura limitata finisce per penalizzare l'autofocus - Autofocus veloce, anche se meno di quello del 500/4FL E - Vignettatura quasi assente, molto meglio di quella del 500/4FL E - Nitidezza eccellente, anche se su livelli visibilmente inferiori a quelli - stellari - del 500/4FL E - e comunque drasticamente superiore ai vari superzoom che raggiungono queste focali - Prezzo conveniente - 1/3 di quello del 500/4FL E! - anche se non propriamente economico Contro: - Sfocato più nervoso del fratello maggiore, ma il "difetto" è limitato e non sempre evidente nelle immagini "reali" Quindi, un'ottica straordinaria ed un'esclusiva di Nikon nel panorama fotografico mondiale. Da sola, per un fotografo naturalista, può essere il motivo per usare Nikon! Certo non mi farà vendere il 500/4FL E, che resta per me il meglio del meglio, ma lo consiglio senza riserve a tutti i fotografi amanti dell'avventura, dei viaggi e della montagna - terreno sul quale, accoppiato al 70-300/f4-5.6, forma una combinazione straordinariamente efficace e dove assolutamente primeggia. E anche di più a chi, desideroso di fare il salto verso il primo "super tele", non possa o non voglia impegnare il capitale necessario all'acquisto del fratello maggiore. Sono sicuro che non si pentirà dell'acquisto e che potrà per molti anni trarre grandissime soddisfazioni dal suo utilizzo. Massimo Vignoli per Nikonland (c) 6/11/2020
  12. Molto, molto tempo prima che Gatti e i Gattini diventassero virali in internet anzi, molto prima che si diffondesse internet, c’era Walter Chandoha. Walter Chandoha, nato nel 1920, si è appassionato alla fotografia fin da bambino, da giovane si è unito ad un circolo fotografico ed ha imparato a sviluppare e stampare in camera oscura. Dopo la "high school" ha iniziato a lavorare come assistente dell’illustratore Leon de Voss. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu arruolato nell’esercito USA prima come fotoreporter e poi come fotografo di guerra (combat photographer). Alla fine del conflitto si sposò con Maria Ratti e si iscrisse all’Università, per laurearsi in economia e intraprendere una carriera da fotografo pubblicitario. Ma un destino felino lo attendeva… In una fredda sera dell’inverno 1949 Chandoha stava tornando al suo appartamento nel Queens quando ha visto un gattino abbandonato che rabbrividiva in mezzo alla neve. Senza nemmeno pensarci se l’è infilato nella tasca del cappotto ed ha ripreso la via di casa. L’incontro con un gatto ti cambia sempre un po’ la vita, ma per Walter è stato un cambiamento totale. Lui e sua moglie furono conquistati dalle piccole follie acrobatiche di questo gattino, le corse pazze nel cuore della notte, combattimenti allo specchio e tutte le altre le cose buffe che faceva, tanto da chiamarlo Loco (matto in spagnolo), ed a Walter venne voglia di fotografarlo. Loco che fa shadow boxing con piglio professionale (NdR:. tutti i Gatti sanno le arti marziali!). Ci prese talmente gusto che decise di fare della fotografia di Gatti una professione. Divenne così fotografo freelance e, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, fu il principale fotografo commerciale di Gatti del suo tempo. Cominciò con il fotografare i gatti di strada del suo quartiere. Per poi approdare alle riviste più famose ed alla foto pubblicitaria. Una foto di Chandhoa per Vanity Fair Suo è il gatto della Friskies e di innumerevoli altri commercials, così che alla fine della sua vita (ci ha lasciati nel Gennaio 2019 a 98 anni) aveva scattato oltre 90.000 foto di gatti, tra quelle commerciali su commissione e quelle, altrettanto o forse ancora più belle, scattate in casa e outdoor. Il gatto protagonista della pubblicità Friskies. Paula, una delle figlie di Chandhoa sorride con in simmetria un gattino, questa foto divenne famosissima e vendutissima. Una delle foto più famose di Chandhoa: "The Mob", qui tratta dal libro Taschen sulle sue foto di gatti, pubblicato nel 2019 (copertina in fondo all'articolo). Chandoha racconta che per questa foto bastò richiamare i gatti con il cibo, arrivarono di corsa e dopo essersi sfamati si allontanarono rilassati in gruppo, consentendogli lo scatto. Oltre ai gatti Chandoha fotografò anche cani ed altri animali. Dopo che il dolore per morte di sua moglie gli rese difficile restare chiuso in studio o in casa, si mise a fotografare anche piante all'aperto. Chandoha mentre fotografa una pianta insieme ad un assistente a quattro zampe. Nella sua lunghissima attività usò diverse fotocamere, dalle biottiche alle medio formato; qui è con la sua nikon F. Qui un suo collaboratore preferisce la Nikon a telemetro. Continuò a fotografare ed essere attivo fino alla fine, la morte lo colse infatti mentre curava l’edizione della raccolta Walter Chandoha. Cats. Photographs 1942-2018 pubblicata da Taschen nel Settembre 2019. Nell’introduzione al volume si legge: «La moda ha Helmut Newton, l’architettura ha Julius Shulman e la fotografia di Gatti ha Walter Chandoha». Sotto, il video commemorativo della Taschen. N. B. Le foto sono copyright degli aventi diritto, riprese qui al solo scopo di divulgare l'opera di Walter Chandhoa.
  13. Mio figlio Leonardo, al Cowboy Land di Voghera sabato scorso, mentre cercava di guardare con il naso all'insù un aereo in cielo Nikon D700 + 105mm AIS 2.8 ISO 160 1/1250
  14. Quando riesce, la fotografia trasmette un pensiero, una sensazione, un’idea, da una persona, il fotografo, ad un’altra persona, l’osservatore. In questo, è simile ad altre forme di comunicazione artistica non verbale, non solo visuali, come la musica, la scultura e la pittura ed altrettanto comunicativa. Io non sono colto, fatico a fare esempi significativi, ma guardando le immagini di natura di Vincent Munier o di Stefano Unterthiner, i ritratti di Peter Lindbergh, le immagini di Sebastiao Salgado…. Beh, mi sento coinvolto ed emozionato come davanti ad un Monet, ed io adoro gli impressionisti! o quando ascolto certe canzoni…. la lista degli esempi sarebbe enormemente lunga, ma credo il concetto sia chiaro. Il fotografo può trasmettere un messaggio, la fotografia da sola dice tutto, non è necessario nient’altro. Una fotografia riuscita consente di far vedere allo spettatore qualcosa che non ha mai visto, magari anche avendolo avuto davanti agli occhi, o solleva domande, rende il mistero di una situazione, evidenzia i tratti della personalità del soggetto ritratto. Oppure produce uno shock, immaginiamo il reportage di una delle troppe tragedie che attraversano il mondo, o diverte o meraviglia. In ambito naturalistico può anche avere il merito di rendere consapevole il pubblico della bellezza ed unicità di certi ecosistemi da preservare, è così che sono nati i primi parchi naturali. E tutto questo non necessariamente facendo leva sul “realismo” intrinseco della fotografia. Per creare questa significativa affermazione, cioè il messaggio che vuole tramettere con la propria fotografia, infatti, il fotografo deve maturare la propria personale visione del soggetto, affinarne la conoscenza, comprendere le emozioni che lui per primo prova. E poi trasmetterle attraverso il fotogramma. Ma come fare? La risposta è associata a quella di altri due quesiti: Quali sono i tuoi interessi, come li coltivi? Come rispondi ai tuoi interessi? Semplicemente perché, per impegnarti a realizzare una fotografia che abbia un significato, occorre innanzi tutto che quel significato per te esista, che sia per te importante, che tu sia motivato a “parlarne”. Non basta avere davanti a sé qualcosa di bello se per te non è interessante “parlarne”, esattamente come durante una qualsiasi discussione. Chi, su un argomento, non ha niente da dire, o non ha voglia di parlare, difficilmente potrà dire qualcosa di interessante. Per produrre il successo in qualsiasi cosa ci sono tre ingredienti: Entusiasmo, talento e duro lavoro. Ma ne bastano due, purché uno sia l’entusiasmo. È l’entusiasmo il motore! E se c’è l’entusiasmo, fotografare sarà avvincente. Sarà una cosa che cercherai di fare più possibile. E, al minimo, quell’entusiasmo farà si che tu spenda in fotografia le famose 10.000 ore, che si è valutato essere quanto serve per diventare bravi in quasi tutto. Ma non ha la minima importanza che tutte le foto che fai riescano… All’opposto, la mancanza di entusiasmo, per me è il motivo per cui molte foto sono fiacche e non trasmettono. Perché sono fatte perché “vanno fatte”, magari copiando per la milionesima volta lo scatto visto su Instagram della località scelta per le vacanze. Ed è il motivo, secondo me, per cui molti fotografano pochissimo o non mostrano le immagini fatte! Perché avevano un’idea più o meno affascinante della fotografia, si sono interessati ed hanno sviluppato una passione per gli oggetti che si usano per fotografare, ricevendo una immediata gratificazione nel possederli. Ma poi basta. E attenzione, l’entusiasmo, quello vero, non ha nulla a che fare con il desiderio di avere fatto quelle fotografie ma attiene alla spinta ad essere li in quel momento a farle, a raccontare con la propria fotografia il proprio punto di vista. È per questo che, normalmente, chi fotografa con successo lo sport è un appassionato di sport, chi fotografa gli animali ama la natura, chi fa un certo tipo di ritratto cerca la connessione con le persone, chi fa nudo vuole illustrare la bellezza e via dicendo. Ci ricordiamo le muse di Peter Lindbergh? Pensiamo che quelle foto siano frutto del suo “mestiere” o della connessione tra lui e loro? Allora, chi ha questa passione non solo vorrà fotografare il più possibile i suoi soggetti preferiti ma vorrà anche sperimentare ed imparare come farlo al meglio. Che prevalentemente, visto il livello medio delle attrezzature, non significa avere gli strumenti ideali ma essere capace. E poi portarsi nella condizione di farlo, cioè organizzare l’uscita fotografica adatta allo scopo, nella stagione giusta, cercare la luce adatta o imparare a crearla in studio, e via dicendo. Tornando alle due domande, la seconda delle due considerazioni personali è più complicata. In che modo rispondi ai tuoi interessi? Cosa ti colpisce dell’essenza dei tuoi soggetti? Cosa desideri trasmettere fotograficamente? In pratica, occorre andare oltre ed interrogarsi sul perché ci piace quello che ci piace, spingersi a capire qual è lo specifico motivo per cui lo abbiamo trovato interessante, capire cosa risuona in noi con più intensità. Ecco, quello, le sensazioni forti che evoca in noi, sono il nostro messaggio. Quello che la fotografia deve trasmettere a chi la guarda, che occorre enfatizzare contemporaneamente minimizzando tutto il resto. Qui entra in gioco la tecnica, l’artigianato per richiamare il mio precedente articolo. Qui e solo qui. Perché se “il mestiere” prende il posto delle emozioni allora probabilmente si potrà ottenere una foto tecnicamente valida, magari anche perfetta per fuoco, esposizione, “canoni compositivi” e quant’altro. Ma priva di voce. Dall’unione della propria passione per quello che si fotografa con la visione personale che ne si ha nascerà l’impronta personale, lo stile. Ad esempio, a me piace la montagna. Ma c’è la montagna dei placidi laghi, dei prati fioriti, delle pareti rocciose della neve e del ghiaccio. A me piace quella più severa, cosa che vale per quasi tutta la natura che fotografo: a me piacciono le situazioni da “grande nord”, non le spiagge assolate. Una nevicata piuttosto di un tramonto infuocato. Non sarà per sempre, tutto cambia. Ma è fondamentale restare connessi con sé stessi, con le proprie percezioni, le reazioni interne, la coscienza di sé. Tutto contribuisce ad orientare la fotografia nella giusta direzione. Capire e seguire la propria direzione, sintonizzarsi con il proprio io, conserva, ed anzi aumenta, l’entusiasmo. E si innesca il circolo virtuoso: fotografare mi piace, mi piacciono le cose che faccio quando fotografo, mi piace dove sono mentre fotografo, mi piacciono le foto che ho fatto: voglio fotografare ancora appena possibile! Ma non eccedere nell’introspezione: alla fine la cosa importante è uscire, fotografare e comunicare il proprio messaggio che è il nocciolo della fotografia creativa. Vedere la scena, interpretarla, accettando la sfida di mettere le proprie emozioni nell’immagine, esprimendo il proprio punto di vista, facendolo vedere all’osservatore della fotografia. E non importa se la scena non è una creazione del fotografo ma della natura, perché la fotografia lo è, sempre. L’ultimo punto che voglio trattare in questo articolo, dopo tanti ragionamenti sull’interpretazione, riguarda la fotografia come verità. Ecco, la fotografia di cui parlo in questo articolo non è evidentemente quella del reporter, non deve riprodurre la scena “oggettivamente”, cercando la “verità universale”. A volte, a seconda dei gusti, le fotografie rendono un mondo più bello di quello che chi stava a fianco alla macchina può aver visto con i propri occhi. È giusto, la fotografia è l’interpretazione che fa il fotografo della realtà. La sua. Non significa fare fotomontaggi o arte grafica. Ma scegliere al meglio la focale, i parametri di ripresa, il punto di ripresa, se possibile la luce – tramite la scelta del giorno e dell’ora in cui fotografare. Poi, proseguire ottimizzando l’immagine seguendo l’intento con il quale si è scattato, con la stessa cura, nella regolazione del file. Ed è per questo che rifuggo dalle scorciatoie degli automatismi nel dialogo tra macchina fotografica e software, dalle false promesse dei preset. Fanno risparmiare tempo, ma per fare cosa? come fanno a portare la fotografia nella direzione voluta dal fotografo? Ma a ben vedere, il nostro è un mondo complesso, nel quale spesso e comunque non esiste una cosa come “la verità”, ma piuttosto molte verità, alcune delle quali sono in conflitto con le altre, le contraddicono. Quindi la verità, anche quella della fotografia “come uscita dalla macchina” è inafferrabile nel migliore dei casi, inesistente nel peggiore. A chi pensa che stia parlando di “barare“ con il fotoritocco - cosa che non faccio, uso solo Lightroom per regolare il file - chiedo: che succede se riprendo a 20cm da terra con un 50mm? o a 180cm da terra con un 24? Che succede se chiudo su un particolare con un 300mm? Se ingrandisco con un’ottica macro 4x? Se uso un tempo di 30”? O di 1/8000? Se scatto a f1.4? O a f16? Se sottoespongo di 2 stop cercando un low-key? O se sovraespongo? Cosa se fotografo a colori? E in Bianco e Nero? Lo scopo, la cosa importante, è che la fotografia affermi la verità soggettiva del fotografo, veicoli il suo messaggio e lo trasmetta all’osservatore. Se la fotografia avrà successo, l’osservatore vedrà non la presunta fotocopia della realtà ma l’idea della realtà che il fotografo ha avuto, il suo punto di vista. È arte? SECONDO ME SI. Massimo per Nikonland © 25/4/2020
  15. Questo è l’ultimo articolo della serie che ho riservato alle prove fatte in questi 7 mesi – e 30.000 scatti – con la Z6, ed è relativo alla fotografia di ritratto in studio ed in esterni, anche se le immagini che userò per illustrarlo sono tutte prese in studio. Per me questo genere fotografico è una passione recente, nata e coltivata grazie a Nikonland ed a diversi Nikonlander, Mauro innanzi tutto, ma anche Ross il tailandese, e tanti altri con i quali ho condiviso splendide e sfidanti ore in studio. E devo dire che mi intriga sempre moltissimo perché, per me, è veramente un modo diverso di intendere la fotografia, fatto di preparazione ma anche di spontaneità. Fatto di tecnica – ad esempio nell’uso dei flash – ma anche di confidenza, fiducia ed empatia nello stare davanti ad una modella, pensare a come fotografare e…. farlo. Già, perché stare davanti ad una persona che ti guarda e vuole sapere da te cosa vuoi fare è molto più sfidante, almeno per me, di andare per monti ad inseguire stambecchi. Sfida che si può trasformare in delusione se non si riesce a costruire quel che si voleva o se, dopo pochi scatti, si finiscono le idee. In questo senso è probabilmente il genere fotografico dove le prestazioni del corpo macchina sono meno rilevanti, almeno rispetto all’importanza che hanno le idee del fotografo, le lenti disponibili e la capacità di gestire la luce, naturale o flash. Ricordo indelebile, quindi, quello del primo giorno in studio con Z6 e 50 1.8S lo scorso 26 di maggio, una settimana dopo che avevo ritirato il tutto da New Old Camera. 4 Nikonlander, un tema difficile, poi non seguito, ed una modella bellissima ma con un certo caratterino: fu una giornata molto molto impegnativa, tra la macchina che non ne voleva sapere di pilotare i flash di studio e neppure, almeno così mi pareva, di mettere a fuoco. Fortunatamente avevo scelto di portare solo la Z6, lasciando a casa la D5. Avevo intuito che sarebbe stata una giornata tutta in salita e non volevo avere la possibilità di scappare. Perché una cosa avevo ben chiara: per entrare nel futuro è necessario innanzi tutto volerlo fare. È necessario, qualora i risultati non arrivino subito, non avere l’inopportuna possibilità di rientrare nella propria confort zone. Ma non basta, occorre anche avere mente aperta per capire come far rendere al meglio il nuovo strumento e trovare, dopo averci messo del proprio, quali sono i punti di forza e di debolezza della nuova tecnologia rispetto alla vecchia. Insomma non bisogna cercare nella Z la DSRL che si usa abitualmente. Ovviamente non sono state quello che si possa minimamente definire due ore rilassanti, ma alla fine della mattinata le cose hanno iniziato ad allinearsi. O dovrei dire oltre la fine, visto che avremo dovuto chiudere tutto alle 13:00 e questi due scatti sono fatti quasi 10 minuti dopo… Z6 con FTZ su 70-200FL @200mm, 1/125 f2.8 ISO 4000 - illuminata con la luce pilota del flash Z6 con FTZ su 70-200FL @200mm, 1/125 f2.8 ISO 6400 - illuminata con la luce pilota del flash...... cioè con crop a pixel reali: Crop a pixel reali (100%). Questo è quello che si può ottenere il primo giorno d'uso con questa macchina fotografica.... a 6400ISO, praticamente al buio, e senza impostare nessuna riduzione di rumore sul sw di sviluppo, nitidezza sui valori abituali. Dicevo che il corpo macchina, in queste condizioni di scatto, è l’oggetto meno importante tra i tanti che un fotografo deve utilizzare. Non di meno, la Z6 ha, rispetto alle DSRL Nikon, alcuni specifici vantaggi, che riporto nell’ordine di quella che per me è la rilevanza sul risultato in questo genere di fotografia: Ottiche native Z – in particolare 50 1.8 e 85 1.8 – con prestazioni veramente degne di nota e capaci di stracciare letteralmente gli omonimi per il bocchettone F, che in precedenza ho ripetutamente usato in questi contesti sulla D5 – e anche le varianti più luminose (50 1.4 e 85 1.4). Messa a fuoco automatica sull’occhio. Precisione chirurgica dell’AF nelle riprese con profondità di campo molto limitata – seppure non riscontrabile in ogni scatto, in particolare prima degli ultimi aggiornamenti del firmware. Da qui l’utilità di scattare molto più del solito per garantire il risultato. Capacità di rendere a mirino l’effetto del bianco e nero e la resa della luce naturale. Dico subito che alcuni di questi vantaggi, quel 26 di maggio, non erano con me, nel senso che ad esempio la capacità dell’AF, con la release 2.0 del FW, era decisamente meno efficace di quella disponibile oggi, allora non l’avrei definita affatto chirurgica. Ed io, dovendo sperimentare i vari modi di messa a fuoco, ho faticato non poco a produrre immagini a fuoco dove e come volevo con una qual certa consistenza. Peraltro, anche la capacità di mettere a fuoco in luce scarsa, come può essere quella in uno studio senza finestre, con il fondale nero ed il soggetto illuminato solo dalla luce pilota nel quale fotografavamo quel giorno era fortemente limitante. Altri in realtà sono esclusivi di riprese in luce ambiente, in quanto la Z6 non è in grado di far vedere a mirino, simulandola, la caduta della luce – o il bianco nero – mentre pilota il flash (anzi a dirla letteralmente è il contrario: se si lascia attivata l’impostazione D8 “applica le impostazioni al live view” la macchina non fa scattare i flash…. cosa che ho “scoperto” parecchio dopo che la sessione era iniziata). Cosa abbastanza ovvia se ci si pensa, visto che non può conoscere la distanza tra il flash ed il soggetto, quali modificatori di luce sono usati e via dicendo. Altri ancora vanno cercati disattivando opzioni, come “scatto con riduzione sfarfallio”, che nella mia esperienza procura solo un maggior ritardo allo scatto. Ecco, per me è necessario lavorarci su ancora un bel po’, ma ora sono fermamente convinto che la scelta di entrare nel mondo mirrorless sia giusta e che, effettivamente, questa tecnologia, per Nikon purtroppo ancora acerba, ci apra possibilità del tutto nuove per farci concentrare sulla fotografia e ricercare con maggior semplicità, rispetto alle reflex, gli effetti che vogliamo nelle nostre fotografie. Z6 su 50 1.8S 1/125 f2 ISO 400 Z6 su 50 1.8S 1/125 f2.8 ISO 2200 Z6 su 50 1.8S 1/125 f1.8 ISO 1400 Z6 con FTZ su 70-200 2.8FL @70mm 1/200 f2.8 ISO 200 Z6 su 50 1.8S 1/200 f2.8 ISO 200 Z6 su 50 1.8S 1/200 f2.8 ISO 400 Z6 su 50 1.8S 1/200 f2.2 ISO 200 Z6 con FTZ su 70-200/2.8FL @170mm 1/250 f2.8 ISO 400 Z6 con FTZ su 70-200/2.8FL @110mm 1/250 f2.8 ISO 400 Z6 su 85 1.8S 1/250 f2 ISO 200 Z6 con FTZ su 70-200/2.8FL @200mm 1/200 f4.5 ISO 100 (flash godox con ombrello dall'alto) Come d’uso concludo con la sintesi di pro e contro. Pro: Ottiche native Z decisamente superiori alle corrispondenti del sistema F (50 1.8/1.4 e 85 1.8/1.4) Messa a fuoco automatica dell’occhio e AF molto preciso nelle riprese con esigua profondità di campo tipiche di questo genere fotografico Capacità di rendere a mirino l’effetto del bianco e nero e la resa della luce naturale, supportata da un sensore capace di sforare splendidi file ad ogni ISO possa avere un senso impiegare Bianco e nero superlativo, senza necessità di sviluppi particolari. In particolare i 6400 ISO sono per me assolutamente fantastici nella ricerca di una "grana naturale" a sostegno del mood cercato. Contro: In realtà niente di specifico se non il fatto che…. non ne abbiamo abbastanza! Occorre ottimizzare ed arricchire di funzionalità il firmware di queste macchine – che sta migliorando ma troppo, troppo lentamente – e fare crescere il sistema. Ma già oggi io preferisco, e di molto, portare in studio la Z6 rispetto alla D5. Massimo Vignoli per Nikonland 24/12/2019
  16. Background. La fotografia di natura presuppone l’uso di lunghe focali, l’appostamento da capanno fisso e l’arrangiamento della composizione gestendo le poche variabili disponibili. Ma io, sempre più spesso, trovo piacere nel godere del contatto con la natura e nel cercare immagini capaci di raccontare la situazione oltre che ritrarre il soggetto. È una trasformazione in atto da tempo nel mio modo di vedere e di fotografare. Per questo, sto sempre meno in capanno e sempre più giro per boschi, fiumi, monti ... e sempre più apprezzo viaggi all’estero immersivi nella natura piuttosto che indirizzati a ritrarre lo specifico animale. Un modo diverso di indirizzare le uscite, quindi, ma anche un modo diverso di “vedere” le immagini. C’è un facile trucco, che ho imparato casualmente tanti anni fa. Sostanzialmente è questo. Guarda quello che vuoi fotografare, chiudi gli occhi e riepiloga nella mente cosa ti ha colpito e cosa rende speciale quello che hai visto. Poi riapri gli occhi e concentra la tua fotografia nel ritrarlo, impostando composizione, diaframma, fuoco ecc.. per renderlo al meglio, includendo ciò che serve ed escludendo tutti gli elementi di disturbo. D5 su 180-400@400 1/1000 f4 ISO800, quando la neve inizia a sciogliersi gli stambecchi scendono molto in basso... D5 su 180-400@400 1/640 f4 ISO100 D5 su 180-400@500 1/1000 f5.6 ISO200 Bene, per fare un esempio, io sempre più, invece di “che bel camoscio” penso “fantastico quel camoscio in mezzo alla pietraia, piccolo piccolo sotto la montagna con quella cima aguzza”. Beh, così è molto enfatizzato, ma rende il senso. Ovviamente, sempre su quel binario, non vuol dire che non scatto più immagini “chiuse”. Ma che le apprezzo entrambe.Da quanto sopra, due forti spinte per valutare uno zoom prestazionale come il 180-400. Per capire, nella sostanza, se nella maggior parte delle situazioni in cui fotografo – in Italia e all’estero, da capanno e in esplorazione – possa essere effettivamente più adatta questa meraviglia piuttosto che la coppia fatta da 500/4E FL e 70-200/2.8E FL o 80-400/5.6G (uno o l’altro a seconda dei casi, ma questa è un’altra storia – il test del 80-400G lo trovate qui). Ma la mia storia di fotografo di natura inizia parecchi anni fa: il mio primo supertele fu proprio il 200-400/4 AF-S VR. Non ci siamo mai amati, l’ho sostituito dopo poco con il 300 2.8 ed i moltiplicatori…. Ma poi, visto cosa ci faceva Unterthiner, giusto per citare qualcuno proprio bravo, lo ricomprai…. Per confermare che non ci amavamo e cambiarlo con il 500/4. Ma era il 2008! Capirete quindi come il prezzo molto elevato e questi precedenti mi abbiano reso incerto e fatto cercare innanzitutto la possibilità di una prova. Prova che Nital e Mauro, ringrazio moltissimo entrambi, hanno reso possibile in questi mesi e della quale racconto con piacere qui su Nikonland. Com’è fisicamente. Parlavo di supertele, il 180-400/4E FL rientra a pieno titolo in questa definizione. Meccanicamente è costruito in maniera eccellente, come potete vedere dalle ottime immagini che Mauro ha realizzato durante l’unboxing. Io non so fare niente di neanche lontanamente così bello, ma è questo. Però vi faccio vedere com’è rispetto agli obbiettivi che ho citato poc'anzi. Il 70-200/2.8E FL, evidentemente, appartiene ad altra categoria ed è nel gruppo solo per dare un’idea. L’80-400/5.6G è qui per far capire che c’è 400 e 400, e che la ricerca della qualità ed uno stop in più di luce cambiano completamente i progetti ottici. Il 180-400 è il secondo da sinistra. Vedete che è poco più piccolo del 500/4; L'80-400 a 80 Il peso è importante, 3840gr sulla mia bilancia (con paraluce e piastra ARCA). Mentre il 500/4E FL pesa “solo” 3410gr (quindi 430gr in meno!), l’80-400/5.6G 1610gr ed il 70-200/2.8E FL 1460gr. Tutto trasuda qualità ed eccellenza meccanica e ottica, le ghiere sono perfette. Il moltiplicatore built-in semplicemente geniale. 80-400 a 400 E le lenti frontali Come si confrontano quei 4. Le foto ai muri di mattoni o alle mire ottiche non sono il mio forte, ma ho chiesto ad una vecchia amica di farmi da modella, per dare un’idea. Giusto un’idea di quali sono le differenze in nitidezza, vicino al centro del fotogramma, ma è fondamentale tenere conto che questo è solo uno dei parametri da valutare e, spesso, nemmeno il più importante nella resa complessiva dell’immagine. Per me sono più importanti il micro contrasto, le transizioni tra zone a fuoco e fuori fuoco, la resa nelle diverse condizioni di luce. Ma c’è molto "rumore" in giro sulla presunta inadeguatezza qualitativa di questa lente, in parte arrivato anche qui, e quindi ho voluto portare qualche elemento di valutazione. Come vedrete sotto veramente tanto rumore... per nulla. Personalmente trovo questo zoom letteralmente fantastico. 500/4E FL+TC14 – 700mm f5.6 500/4E FL – 500mm f4 180-400/4E FL +TC – 500mm f5.6 180-400/4E FL – 400mm f4 80-400/5.6G – 400mm f5.6 180-400/4E FL – 200mm f4 80-400/5.6G – 200mm f5.3 70-200/2.8E FL – 200mm f2.8 Le immagini sono fatte con la Z6, da distanze diverse, in modo da ritrarre il soggetto alla stessa dimensione sul sensore. Ho fatto 5 scatti di ognuna in modo da evitare che errori in ripresa inquinassero il risultato. Ho usato il treppiede, lo scatto elettronico e messo a fuoco con il pinpoint sull’occhio sinistro (quello al centro della foto). Le immagini sono a tutta apertura, regolate in LR nello stesso identico modo (stesso bilanciamento del bianco, nessuna regolazione a luci, ombre, contrasto ecc. esclusi i profili built-in delle lenti). La nitidezza è regolata per tutte allo stesso modo così come la riduzione rumore. Tutte le lenti migliorano, in misura diversa, diafframmando un po'. Questo è quindi il worstcase, in particolare per le immagini moltiplicate e per l'80-400@400mm. Come vedete, alla faccia di chi pensa che gli zoom siano sempre meno nitidi dei fissi, l’immagine più nitida è quella a 400mm fatta con il 180-400/4E FL. Non tantissimo, ma visibilmente. E che, molto più intuitivamente, a 500mm il 500/4 liscio è più nitido del 180-400/4E FL moltiplicato. Anche qui, non tantissimo ma visibilmente. E che quello che perde il 500/4E FL inserendo il moltiplicatore è molto simile a quello che perde il 180-400/4E FL moltiplicandolo. Sempre restando nell’ovvio, a dire che il moltiplicatore built in è… un moltiplicatore. A 400mm: Il 180-400/4E FL è più nitido del 80-400/5.6G che però si difende e non esce a pezzi. Scendendo ancora, a 200mm: Il 180-400/4E FL continua ad essere il più nitido. Ma, ovviamente, lo stacco del soggetto dallo sfondo, che pure è lontanissimo, del 70-200/2.8E FL è irraggiungibile dagli altri. Nota a margine: Io sono sempre più convinto di avere un esemplare straordinariamente ben riuscito dell’80-400/5.6G! A chi ritiene che la Z6 non abbia abbastanza risolvenza da mettere in crisi queste lenti e che, quindi, che avrei dovuto usare la Z7 o la D850 rispondo dicendo che questi sono supertele pensati per un certo tipo di fotografia, per la quale nessun produttore (Nikon – D5/D6, Canon - 1DX, Sony A9) ha superato i 24mpix. Come va? È molto molto nitido, sempre. A tutte le focali e anche moltiplicato. Ovviamente moltiplicato perde qualcosa. Non problematico l'uso con il TC inserito alle focali inferiori alla massima. D850 su 180-400@550 1/800 f7.1 ISO900 Crop a pixel reali L' autofocus è molto veloce, sui massimi livelli. D5 su 180-400@550 1/2000 f5.6 ISO100 D5 su 180-400@550 1/3200 f5.6 ISO400 D5 su 180-400@550 1/2000 f5.6 ISO400 Ben contrastato, tende a chiudere le ombre un po di più del 500/4E FL ma niente di problematico anche con soggetti scuri. D5 180-400@400 1/500 f4 ISO100 Lo stabilizzatore è molto molto efficace. Non mi sono dedicato a calcolare gli stop, ma quello sotto è uno scatto fatto a 400mm con tempo 1/10 di secondo. Z6 su 180-400@400 1/10 f4 ISO280 Si avete letto bene: 1/10. Per cui diciamo che, considerata la destinazione d’uso, funziona così bene da non porre al fotografo nessun limite pratico. Certo, anche la Z6 con lo scatto elettronico e l'Ibis aiuta. Anche lo sfocato, con o senza moltiplicatore, e pure con sfondi problematici come questi è bello. Valutate voi. Senza difetti? No. Innanzitutto, vignetta. In maniera molto significativa, soprattutto alle focali corte. Qui uno scatto a 180mm. D5 su 180-400@180 1/3200 f4 ISO100 Ma è un problema gestibile con la correzione automatica, come vedete sotto. D5 su 180-400@180 1/2000 f4 ISO100 E che si riduce, senza sparire, diaframmando o andando alle focali più lunghe. Inoltre, come visto, pesa veramente tanto. Questo è il primo problema pratico rilevante, per la mia destinazione d’uso. Non inatteso, basta leggere la brochure per saperlo. Ma quanto impatta, ad esempio, fotografando in montagna. Occorre provarlo con il proprio genere di fotografia. Io in montagna vado più lontano, più in alto o su terreni più difficili di quello che la maggior parte degli escursionisti fa. Beh, qui non sono molto in alto e neppure molto lontano... ma la terra finisce di botto pochi cm alla mia destra e riprende alcune centina di metri sotto. La sintesi è che riesco benissimo a usarlo fotografando a mano libera, ma l’impatto pratico è che sono molto meno mobile sui terreni difficili. Più o meno come quando porto il 500/4E FL, che per la cronaca a mano libera è per me molto più usabile del 180-400/4E FL, ma senza coprire così bene le lunghe focali che il 500 mi consente. Ed allo stesso tempo 180mm sono un poco lunghi per ambientare efficacemente in certi tipi di fotografia. Quindi, in montagna, l’80-400, almeno se ne avete uno perfetto come il mio, o il 500/4, se servono focali lunghe, sono preferibili. Ma in tutte le situazioni dove il peso e l’ingombro non impattino in maniera significativa ed il range di focali 180-400 sia appropriato – considerando di fare un uso occasionale del moltiplicatore, non teme confronto con nessuna altra lente. E anche moltiplicato resta molto molto buono. Di fatto il moltiplicatore built-in, capacità unica nel catalogo nikon e comune solo ad un’altra lente della concorrenza ormai datata, è una importante freccia al suo arco. Perché moltiplica la flessibilità prima che le focali. Immaginate di fotografare in condizioni avverse, climatiche o ambientali, o di avere tempi ristretti: consente di fare una vera e propria magia. Immaginate, fotografando dal gommone, o mentre nevica…. Beh, impagabile. Peccato che non ho avuto modo di andare a fotografare con quelle condizioni! D5 su 180-400@390 1/500 f5.6 ISO100 (con TC inserito) D5 su 180-400@500 1/2000 f5.6 ISO400 Z6 su 180-400@560 1/2000 f5.6 ISO400 (curiosità: La focale massima trasmessa a LR dalla D5 e dalla D850 è 550 mentre dalla Z6 è 560) Ma purtroppo, da noi, 400mm sono sempre pochi e, a volte, anche 500mm lo sono. E, nonostante le incredibili prestazioni ISO delle macchine attuali, tra f4 e f5.6 c’è un salto notevole vicino all’alba ed al tramonto. Ma lo zoom, ed il TC, sono utili anche in un'uscita nel bosco vicino casa. Due caprioli, 370mm Z6 su 180-400@370 1/500 f4 ISO1000 Stringo sul maschio, 560mm Z6 su 180-400@560 1/500 f4 ISO2500 Z6 su 180-400@560 1/500 f4 ISO2200 Z6 su 180-400@560 1/500 f4 ISO2800 Z6 su 180-400@400 1/500 f4 ISO1250 Z6 su 180-400@560 1/500 f4 ISO2800 Questa orribile stagione, ed il COVID-19 (dita incrociate perché la situazione migliori presto!), hanno ostacolato la prova. Anche i viaggi che ho nei prossimi mesi sono molto a rischio - è per equipaggiarmi al meglio per quelle situazioni che ho molto pensato a questa lente. Ma credo di avere comunque avuto l’opportunità, nelle diverse uscite fatte, di provarlo adeguatamente e di farmene un’idea precisa. Conclusioni. Un ennesimo esempio delle capacità di Nikon di realizzare strumenti straordinari e capaci di supportare al meglio il fotografo. Ma questa prova non era finalizzata a verificare se il 180-400 fosse effettivamente in grado di realizzare immagini di qualità, quello lo sapevo già. Ho la fortuna di conoscere diversi fotografi molto bravi che lo usano con enorme soddisfazione e che lo hanno adottato sostituendo diversi teleobiettivi, contemporaneamente. E che me lo hanno consigliato senza riserve. A me serviva capire se, anche per me come per loro, avrebbe potuto sostituire il 500/4E FL. Stresso per me, perché gli strumenti che usiamo non si scelgono in base alle brochure, o a quello che ne pensano gli amici. Da li si parte, ma poi occorre provare e scegliere quello che agevola la nostra visione ed il nostro modo di fotografare. Con le parole di Silvio, cercavo la risposta a questa domanda: questo 180-400 può essere la mia Katana? È una risposta difficile ma, di pancia prima che con il cervello, credo di no. Non perché sia, riprendendo il titolo, un Jack of all trades... master of none. Il 180-400 è indiscutibilmente il master di un ambito, in fotografia naturalistica, molto specialistico. È il caso in cui contemporaneamente si abbiano soggetti abbastanza grandi o avvicinabili, necessità di cambiare spesso e rapidamente focali, in particolare in condizioni climatiche avverse (polvere, pioggia, neve) ed avendo difficoltà ad usare 2 corpi macchina su due diverse lenti (o necessitando addirittura di un terzo). Ma, per come, cosa e dove fotografo io, non sarebbe in grado di sostituire le lenti - in particolare il 500/4 - con le quali l’ho ritratto all’inizio del test, potrebbe solo affiancarsi. Ed il costo, non potendo sostituire altri oggetti, diventerebbe esorbitante. Quindi, dopo la prova e valutata l’usabilità nelle diverse condizioni in cui amo fotografare, considero che per me la miglior combinazione resti avere 70-200 o 80-400 su un corpo e 500 sull’altro. Avessi la fortuna di andare più spesso all’estero, in safari o in zone artiche o in zone dove gli animali sono grandi o confidenti, e meno la necessità di fotografare ai confini del giorno, sarebbe la lente perfetta! Pro: • Qualità costruttiva • Prestazioni ottiche • Stabilizzatore • Autofocus • Versatilità d’uso Contro: • Peso • Prezzo (*) (*) ma solo nel caso non si riesca ad adottarlo come unico supertele Massimo Vignoli per Nikonland © 14/3/2020
  17. Il vero tester sarà Massimo Vignoli che lo condurrà per fiumi e monti. Ma io non potevo certo lasciarlo imballato. Eccolo qua ! Unboxing Doppia scatola di cartone. Esterna : con tutti i sigilli del caso E interna : con sigillo di garanzia e talloncino Nital Vip l'interno è ulteriormente protetto da un altro foglio di cartone che protegge la sacca in nylon che contiene l'obiettivo : avvolto nel cellophane Eccola qui, liberata dall'involucro, con tutti i manuali d'uso in bella mostra all'interno, altro cellophane protettivo la cinghia e la custodia per i filtri finalmente riesco a liberare l'obiettivo che si presenta con il paraluce in carbonio montato all'inverso. La classica cappa copripolvere di protezione è identica a quella degli altri superteleobiettivi Nikkor il dettaglio del piedino del treppiedi con marchiata la focale obiettivo e paraluce : dettagli del paraluce in carbonio. Tutto made in Japan in bilico, la lente anteriore sposta il peso sull'anteriore dettaglio della ghiera di zoom e della targhetta con le caratteristiche dell'obiettivo il complesso e robusto piede del treppiedi con il suo collarino mobile. Il maniglione è abbastanza comodo anche per il trasporto e nella parte interna ha una placca in materiale morbido per le dita la bottoniera con le funzioni di base, modalità di autofocus, dello stabilizzatore integrato, del richiamo delle memorie e della limitazione di messa a fuoco che può partire dai 6 metri di distanza il cassettino portafilitri che all'origine contiene un vetro trasparente ma può essere sostituito con filtri ND o un polarizzatore il suo vano, aperto. eccolo in posa artistica con la mia D5 perfettamente bilanciata dietro il baricentro è esattamente calibrato per mantenere in perfetto equilibrio il complesso di obiettivo con paraluce e corpo macchina ma ho lasciato per ultimo la funzione principale di questo obiettivo, ovvero il teleconverter TC14 integrato, che si può innestare o disinnestare con un dito, tenendo l'occhio sul mirino (a condizione che sia disarmato il blocco, ovviamente !) ultima immagine "artistica" con l'obiettivo montato su una testa Manfrotto 400 *** COME VA SUL CAMPO Giusto pochi scatti. Ho approfittato della riapertura del Parco Faunistico Le Cornelle di Valbrembo per andare a trovare i miei amici quadupedi e fare quattro scatti di prova, prima di dare la parola a Massimo Vignoli che vedrò domani. Un saggio dell'escursione focale : paesaggio a 180mm dettaglio a 400mm superdettaglio a 560mm La zoomata è incredibilmente fluida e l'utilizzo dell'obiettivo totalmente intuitivo per ogni nikonista. Si avverte una qualità complessiva, sia costruttiva che qualitativa ben superiore al vecchio Nikon 200-400/4 che io ho usato per un paio d'anni senza mai riuscire ad innamorarmene. Qui devo ammettere che l'esperienza è abbastanza ... destabilizzante. Se non fossi costretto - per mera questione di disponibilità economica - a guardare il cartellino del prezzo, lo ordinerei già oggi stesso. Ed io ho avuto sostanzialmente ogni grosso calibro Nikon, con l'esclusione del solo 800/5.6 ... Mi immagino quale potrebbe essere la reazione di chi si deve accontentare del pur onesto Nikon 200-500/5.6 o, peggio, di qualche zoomone Sigma o Tamron f/6.3 ... Ma andiamo a quella che non esito a definire una esperienza mistica, come quella che i credenti devono provare andando in Tibet ... (immagino). Siamo con l'occhio al mirino, stiamo inquadrando un soggetto. Abbiamo sbloccato in anticipo il blocco del teleconverter. Allunghiamo il dito anulare della mano destra .... e .... con una dissolvenza degna del miglior John Ford, l'immagine si ingrandisce otticamente davanti ai nostri occhi e passiamo da 400 a 560mm. Non vi sto prendendo in giro, davvero, Io la descrivo ma provarla diventa totalmente naturale ma al contempo da ... assuefazione. Ok, mi sono dilungato abbastanza con le chiacchiere. Ecco l'album con un pò di foto dei miei amici : Le mie considerazioni sommarie e non scientifiche dopo veramente una brevissima prova di contatto che spero di bissare il mese prossimo quando riaprirà la stagione in autodromo. PRO obiettivo di classe superiore, che rivaleggia con 400/2.8 e 600/4 ultima serie flessibilità assoluta resa ancora più pratica dalla possibilità di andare da 180 a 560mm con un solo obiettivo, senza dover montare teleconverter (quindi immaginiamo chi fotografa in condizioni estreme, d'inverno, con il freddo, con i guanti, oppure in barca o in situazioni pericolose e non può avere due corpi macchina con due ottiche complementari) costruzione di livello assoluto in casa Nikon e non solo prestazioni ottiche (nitidezza, sostanziale assenza di aberrazioni, distorsioni, vignettatura) CONTRO il prezzo ne fa un oggetto per pochi, se non per pochissimi, anche perchè non è detto che possa essere l'unico obiettivo di cui uno necessita, spesso è solo un complemento ad uno o più superteleobiettivi fissi in questa fascia di prezzo ci stanno i migliori superteleobiettivi Nikkor (io sarei in forte dubbio se comprare questo o un 400/2.8 FL, per esempio !) Nikon dovrà decisamente convincersi che lo standard per gli attacchi delle teste dei treppiedi è quello Arca Swiss. Montare la piastra sotto al piedino è una rottura di scatole e potenzialmente un rischio come per il caso del Nikon 200-400/4, la sacca in dotazione è bella, anzi, fantastica, imbottita, comoda da trasportare. Ma Santiddio che cavolo ci vuole a farla leggermente più alta così che possa contenere anche una D5 già montata sull'obiettivo ? Per valutazioni più approfondite, in vero ambiente wildlife e non allo ZOO che è il massimo che può offrirvi il sottoscritto, e confronti con altri obiettivi di questa classe, dovrete però attendere le prove che farà il nostro Massimo Vignoli. Intanto tutti i ringraziamenti a Nital Spa, distributore italiano dei prodotti Nikon, per il prestito di questo superzoom. Senza la sua benevolenza nei confronti di Nikonland, questi articoli non sarebbero stati possibili.
  18. Buongiorno a tutti. Volevo segnalare questa iniziativa di Nikon USA che ha reso accessibili a tutti i propri corsi on line per tutto il mese di aprile. Qui: nikonschool.com Per chi se la cava bene con l'inglese sono trattati vari argomenti, quasi sempre in maniera introduttiva, ma nella vita c'è sempre da imparare. E' necessario registrarsi sulla piattaforma del sito per poter accedere ai contenuti.
  19. “Dai, facciamolo!” è la risposta di un amico vero a qualsiasi tua proposta, anche la più pazza, quando sa che tu ci tieni. Ecco, a me la D5 ha sempre dato questa impressione, fin dalla prima uscita in montagna, nell’autunno del 2016: un vecchio amico, con i tuoi stessi gusti e con il quale puoi fare tutto. Ho quindi preso al balzo una domenica mattina di pioggia per scrivere questa recensione, che è sospesa leggera leggera sui i ricordi: mi hanno affollato la mente mentre andavo a ripescare in archivio le immagini per illustrarla. Ci sono diversi motivi che mi spingono a scriverla. La D6 alle porte, un po’ più in la di sicuro una mirrorless capace di far girare la testa a tutti, me compreso. Ma…. non si può pensare di far finire nell’oblio questo capolavoro della produzione Nikon senza scriverne. E allora eccomi qui. In realtà, il motivo più vero è che… la D5 è straordinaria. Nel vero senso della parola. E’ a suo agio facendo… TUTTO Ama la luce bella, ma fa cose fantastiche vicino al buio L’unica cosa che le da fastidio è fotografare in luce molto dura, quando le foto belle sono “rubate” a situazioni sub-ottimali E…. certo, è grande, pesante, costosa! Insomma, è un cavallo di razza: non le va di correre al risparmio. Ma quando la gara è nelle sue corde…. solo un mediocre fantino può farla sfigurare. Dicevo dei ricordi. Beh, questo è un piccolissimo riassunto del primo giorno insieme. Fu una giornata molto speciale. Neve fresca, i larici infuocati dall'autunno, camosci in quantità e sia l'aquila che il gipeto che fanno un giro a salutarci. Un mondo bellissimo, tutto da fotografare! Ma non voglio basare questa recensione sulle note della nostalgia. La D5 è una meraviglia della tecnologia e nuove star non intaccheranno minimamente il suo valore, ma vantaggiosamente ne abbasseranno il prezzo che, nel mercato dell’usato, diventerà più facilmente alla portata di nuovi candidati proprietari. Che probabilmente se la disputeranno. E allora, a chi la consiglio? A tutti i fotografi di sport e wildlife, senza riserve. Una D5 ben tenuta a può fare un milione di foto splendide, una dopo l’altra. Anno dopo anno per i prossimi 10. A chi la sconsiglio? a chi vuole andare leggero e a chi ha bisogno di grande gamma dinamica in basso. Battute a parte, con lei si possono fare anche foto di paesaggio, ma solo se la luce è dalla vostra parte e/o sapete usare i filtri digradanti o tecniche adeguate a far rientrare nella sua gamma dinamica le luci e le ombre della scena che riprendete. Ma, davvero, la si può usare per fotografare qualsiasi soggetto! Il punto chiave, la sua ragione d’essere, è la velocità. E’ veloce, veloce, veloce. L’ho scritto e detto più di una volta. Il suo autofocus è telepatico. Solo le nuove Z lo insidiano. Non per la velocità, non scherziamo siamo ancora lontani. Ma le Z, in ambito AF, hanno messo sul tavolo due carichi notevoli: non serve la calibrazione (ma io la mia D5 non ho mai avuto bisogno di calibrarla oltre un -1 su un’ottica moltiplicata: è montata a mano e le ottiche pro che la deliziano anche) riescono da sole a riconoscere viso e occhi, ma quello delle mirrorless è un altro campionato. Detto questo, per me confrontare la D5 con la Z6…. non è possibile. Vedremo quando esisterà la Z capace di superarla, oggi non c’è. La D5 è, mia personale opinione, l’unica reflex Nikon non ancora superata dalle Z nel suo ambito d’uso (insieme alla D500, ma quella è una storia del tutto diversa). E lo dico io che oggi uso molto di più la Z6 della D5. Ma è quando il gioco si fa duro che i duri cominciano a giocare! Veloce significa essenzialmente 3 cose: Ci sono i comandi giusti, per avere sulla punta delle dita tutto quel che serve Prestazioni ad alti ISO ineguagliate (la Z6 si avvicina…. ma ad ISO veramente alti la D5 resta sopra) Autofocus preciso e fulmineo. Premesso che non ho mai usato la D5 in AF-S, in AF-C uso questi settings: opzione a1 - Priorità AF-C: messa a fuoco +scatto opzione a3 - Focus Tracking + Lock-On: 2 (movimento soggetto al valore di default) opzione a6 - numero punti AF: 55 punti AF E, a seconda di situazioni e soggetti, uso 3 diverse combinazioni di comandi: Generica: azione di messa a fuoco sia sul bottone di scatto sia su AF-ON; sotto AF-ON attivo i gruppi; sotto il bottone di scatto i 9 punti (solo la D5 li ha, e sono fantastici) Questo perché così sono pronto, istantaneamente, per qualsiasi cosa. Semplicemente uso, per mettere a fuoco, indice o pollice in modo da attivare i 9 punti o i gruppi Azione veloce certa: metto la modalità AF più adeguata (9 punti o gruppi) sotto il pulsante di scatto Necessità di mettere a fuoco e ricomporre: disattivo il fuoco dal pulsante di scatto e metto a fuoco con il pollice Ma ha altre frecce al suo arco: L’ergonomia, che per me è insuperata e difficilmente superabile. A mano nuda, con i guanti…. la dimensione del corpo e dei comandi è perfetta Un mirino ottico fantastico in termini di nitidezza di visione e capacità di sostenere sessioni prolungate, anche in naturalistica quando si passano ore ad osservare, senza affaticamenti di sorta Una veramente speciale qualità di immagine. A colori ed in BN. A medi ed alti o altissimi ISO. Come detto solo in basso sarebbe utile più gamma dinamica. Ma, per me, è un problema di impatto veramente basso se si è in cerca della bella foto da fare con bella luce, o se si fotografa l’azione con la luce che c’è… Certo, occorre sapere esporre correttamente: Difficile recuperare esposizioni sbagliate di 4 stop se c'è luce dura! Una costruzione a prova di bomba. E’ robustissima, e capace di resistere ad ogni abuso. La batteria dura tantissimo, nella pratica impossibile restare a secco in una giornata, anche fotografando in condizioni climatiche ostili. Insomma, una VERA AMMIRAGLIA! Per fotografare ovunque e comunque qualsiasi tipo di soggetto, con qualsiasi lente e qualsiasi luce. Dall'altra parte del modo come vicino casa. Da quasi quattro anni è la mia macchina preferita, quella che mi viene alla mente se penso di voler fotografare. (D5 e 180-400/4E - test in progress!!!) Certo, tutto questo si paga con un prezzo elevato - da nuova, mentre tra poco il mercato dell’usato potrà consentire a molti di dotarsene - ed un peso/ingombro impegnativi. Non è la macchina del fotografo occasionale che scatta gironzolando qua e la, ma uno strumento di precisione capace, sempre, di portare a casa il risultato, senza curarsi di condizioni ambientali o azioni impegnative. Insomma, è la MIA MACCHINA, quella che le dita riconoscono anche al buio. Quella con la quale so compensare l'esposizione matrix "a mente". Parafrasando un vecchio film, che riporta all'originale test di Mauro "D5: semper fidelis": "Questa è la mia D5. Ce ne sono tante come lei, ma questa è la mia" D5: DAI, FACCIAMOLO!!! Massimo per Nikonland. 1/3/2020
  20. M&M

    Noct

    Come i gioielli più importanti, il Noct arriva ben protetto. Sono due i cartoni che lo contengono. Quello esterno. che porta ben evidente come debba essere impacchettato ad uno ad uno il sigillo di Nital già sul cartone esterno che reca le indicazioni dello spedizioniere perchè arriva così dal Giappone via Amsterdam questo invece è il cartone interno, ben marchiato. con l'altro sigillo che promette quattro anni di garanzia. Ma saranno molti di più di gioia di utilizzo per chi potrà permettersi il Koh-I Noor dei Nikkor ! ecco apparire la valigetta che contiene il Noct, ben protetta da cellophane e polistirolo che sembra un intermedio tra la valigetta con i codici di lancio degli ICBM e quelle che contengono le armi portatili dei poligoni ma non è così minaccioso il Nikkor Z Noct che qui compare, bloccato nelle sezioni preformate di assorbente poliuretanico dentro alla valigetta. Lo scomparto anteriore è coperto da uno sportellino che reca serigrafato lo schema ottico dell'obiettivo. Complessissimo e ben lontano da qualunque normale abbiate mai visto. libero lui e il paraluce dal loro alloggiamento. Fino al ritorno a Moncalieri, gli prometto che starà alla luce insieme a me tappo, un pezzo normale come gli altri Nikkor Z, passo da 82mm, nemmeno troppo enorme in primo piano il paraluce in metallo a vite eccolo qui. Non c'è un dettaglio in plastica in questo oggetto costruito a mano da pochi artigiani nella fabbrica giapponese di Nikon, come si faceva una volta con il suo progenitore, il mitico Noct-Nikkor 58/1.2 come gli altri Nikkor Z di fascia alta, c'è il tasto funzione aggiuntivo, la ghiera interna programmabile, il tasto di controllo del display OLED che normalmente mostra la distanza di messa a fuoco visto dall'alto con le serigrafie perfettamente scolpite e verniciate. Bianco e giallo sono i colori scelti per la doppia scala della distanza di focheggiatura. imponente, solido, robusto, eppure facile da maneggiare la splendida ed orgogliosa serigrafia anteriore e il riflesso dello schema ottico dei nidi d'ape dei miei due softbox che non ho voluto togliere per mostrare la qualità del trattamento dei singoli strati Matricola 2167. Quindi non ne hanno prodotti poi così pochi .... Made in Japan, come una volta ! un dettaglio del fermo del collarino del treppiedi, grosso e ben robusto con un serraggio a prova di sblocco. montato sulla mia Z6 in tutto il suo splendore. L'obiettivo è certamente (molto) grosso ma non così sproporzionato. come si vede in queste viste dall'alto. dettaglio del bel paraluce che reca da una parte la filettatura per il montaggio, sicuro, all'anteriore - anche esso in metallo - dell'obiettivo, mentre dall'alto ha una parte gommata simile a quella dei paraluce in fibra di carbonio dei superteleobiettivi Nikon. come si vede in questa vista laterale. Anche qui orgogliosamente Made in Japan. bello come il sole, robusto come uno strumento destinato a lavorare migliaia di ore consecutive senza problemi. dettaglio della enorme ghiera di messa a fuoco che ha una rotazione di quasi un angolo giro completo. Tra 50 e 60 cm di messa a fuoco corrono forse cinque centimetri (non scherzo !) di corsa. Lo ricordo ai più distratti : questo è un obiettivo meccanico a fuoco manuale. Non c'è nessun motore, lo dovete focheggiare voi a mano ! La messa a fuoco è fluida, sicura, agevole. La meccanica a prova di orologeria svizzera. La costruzione è inappuntabile. Ogni dettaglio è funzionale, prima che pensato per stupire. I pulsanti sono sicuri, fermi, perfetti. Il display Oled visibilissimo in ogni circostanza. Anche la ghiera interna è ben sfruttabile. Io l'ho impostata per controllare la sensibilità ISO. Se posso fare un appunto, va alla solita scelta di Nikon di trascurare lo standard di mercato degli attacchi dei treppiedi. Oramai si usa quasi esclusivamente l'attacco Arca Swiss. Qui il piedino è liscio e deve necessariamente essere avvitato un adattatore Arca Swiss che può creare qualche problema di fermo. Una svista secondo me inspiegabile su un oggetto così perfetto. L'unica parola che può definirlo a pieno. Utilizzarlo, dopo i primi minuti in cui si deve superare la soggezione, è una gioia. E più passa il tempo, e più viene voglia di continuare a mettersi alla prova utilizzandolo sempre più al meglio. Ricordiamoci sempre una cosa. La profondità di campo ad f/0.95 alla distanza minima di messa a fuoco è qualche cosa meno di 3 mm. Ovvero 1.6 mm davanti al soggetto, 1.6mm dietro al soggetto. **** NOTE STORICHE Facciamo due passi nel mito per spiegare quanto la focale 58mm sia intimamente importante per Nikon. Magari pensate che il primo normale Nikon luminoso sia stato un 50mm. Ebbene vi sbagliate. Perchè al lancio del sistema F nel 1959 il 50mm era considerato un obiettivo di attacco, ed era un bel f/2, ne ho un esemplare in ottime condizioni di quell'anno. Ma la versione luminosa, lanciata nel ottobre del 1959, pochi mesi dopo il lancio della Nikon F, era il 58mm f/1.4 marchiato Nippon Kogaku Japan. Il Nikkor-S da 5.8cm f/1.4 dell'ottobre 1959. Foto Courtesy Ken Rockwell Guarda caso un Nikkor S, con focale da 5.8cm e luminosità 1:1.4 Solo nel 1962 verrà presentato un 50mm f/1.4 ma non confondiamo la focale 58mm con quella da 50mm. A 50mm il ritratto viene già deformato, mentre a 58mm no. 58 non è solo formalmente la trasposizione dei numeri che compongono anche 85mm, la focale per eccellenza del ritratto. Al primo 58/1.4 del 1959 farà seguito il mito cui si rifà anche questo nuovo obiettivo per Nikon Z. Il Noct-Nikkor 58mm f/1.2 in versione AIs del 1982 Quel 58mm f/1.2 Noct-Nikkor del 1977, prodotto fino agli anni '80. Obiettivo pregiato, con una lente asferica molata a mano con tempi di realizzazione molto lunghi. Esattamente come questo nuovo Noct che si rifà al progenitore anche nel nome, oltre che nelle ambizioni. Per lungo tempo il Noct-Nikkor è stato molto ambito tra fotografi e collezionisti, con quotazioni arrivate al limite dell'assurdo (anche oltre i 3500-5000 euro per un esemplare perfetto). Più recentemente, Nikon alla ricerca di una conferma nella sua focale "normale" d'eccellenza, si è riproposta con un progetto finalmente autofocus e progettato per le moderne reflex digitali il nuovo 58mm è un obiettivo correntemente in produzione. Tutto in plastica, costruito in Cina, con caratteristiche particolari di resa del soggetto e del suo sfuocato. Che pur essendo un obiettivo di pregio, non brilla particolarmente in nulla se non nello sfuocato. Si tratta quindi di una focale particolare, non scelta a caso, che è stata riprodotta anche da altri marchi nel passato anche recente (Minolta con il suo Rokkor 58/1.2, un progetto parallelo a quello del Noct-Nikkor del 1976 e Voigtlander con il suo Nokton 58/1.4 che si rifà ad un altro progetto dell'Università di Tokyo degli anni '80). Oggi è Nikon stessa che per introdurre degnamente il nuovo attacco del 21° secolo, lo Z Mount, riprende sia la focale che la sigla Noct, per portarla a limiti inesplorati con l'apertura massima addirittura inferiore ad f/1. Il nuovo obiettivo esclusivo per Nikon Z è talmente superiore ai precedenti, per costruzione, prezzo e prestazioni, da staccarli nettamente di categoria. *** PRESTAZIONI Resta però la filosofia di fondo. Il Noct è un obiettivo di altissime prestazioni ma pensato per dare il massimo di se nel mondo reale. Non aspettatevi misure di laboratorio cliniche e al limite di quelle teoriche. Tutt'altro. Nell'uso non ho notato distorsione o vignettatura, ben corrette anche via software. Ma l'aberrazione cromatica assiale è presente, specie negli scatti reali. Pur ricordando che è un iper-luminoso, ci sono oggetti più corretti nelle fotografie alle mire ottiche, come potete vedere qui sotto : e qui, intorno alle luci dei led : Qualcuno potrà anche obiettare che la resa dei punti di luce non è omogenea. E' vero, al centro abbiamo dei circoli perfetti, mentre ai bordi estremi avremo i classici ossi di seppia : Le sue caratteristiche però lo portano ad essere un reale campione dove veramente conta. La transizione tra fuoco e fuori fuoco che è a livelli che sinora non avevo mai visto, certamente non in questa lunghezza focale. è abbastanza evidente qui ma lo è ancora di più in queste rose : ad f/0.95 il primo piano è nitidissimo e addirittura tridimensionale, mentre il secondo piano è totalmente dissolto Ad f/5.6 si mantiene lo stesso tipo di rendimento, senza alcuna soluzione di continuità. Praticamente si può giocare cambiando continuamente l'apertura del diaframma a parità di ogni altro parametro, per vedere l'effetto che fa sui soggetti inquadrati. e a differenza di altri progetti moderni, il tipo di resa è omogeneo, sia che il campo di sfuocato sia dietro che, davanti al soggetto come si vede in questa foto : con altri obiettivi, il primo piano sarebbe nervoso e rigido, qui invece abbiamo lo stesso tipo di dissoluzione dell'oggetto, nonostante questo prenda la luce in modo differente. Potrei continuare a lungo a fare questi giochi ma io questo obiettivo l'ho usato per fotografare in questi giorni, e se mi sarà possibile continuerò a farlo finchè non lo dovrò restituire. Con foto come questa, grazie ad una particolare combinazione fortunata tra luce, soggetto, predisposizione e un pizzico di magia natalizia : Ma restando alla resa del soggetto e del suo sfuocato, sia davanti che dietro al piano di messa a fuoco, vorrei sottoporvi questo piccolo filmato. Se guardate bene, vedrete per un attimo materializzarsi un capello davanti al viso di Jessica. Un sottilissimo capello reso nitidissimo pur con un campo visibile sia davanti che dietro. Premere sull'immagine per visualizzare il video e poi tornare indietro per proseguire nella lettura dell'articolo. Conclusioni Non la faccio troppo più lunga, credo che chi ha occhi per vedere abbia già visto ciò che doveva vedere. Per gli altri, non c'è nulla da fare, non è colpa nostra ! Dimenticatevi del prezzo, non è con il cartellino che si fanno le foto. Ma con il manico e con gli strumenti fotografici. L'album con un pò di foto : la descrizione di un mio servizio fotografico : con commenti, confronti e puntualizzazioni operative. Se posso sintetizzare : - è un obiettivo speciale, nel senso letterale del termine, io non ho mai visto nulla di simile - è un obiettivo vivo, non uno strumento di laboratorio pensato per eccellere nelle misure. Valutatelo per le foto che vi consentirà di fare, non per misure scientifiche, non è quel tipo di obiettivo - è un obiettivo che da assuefazione. Visto questo all'opera, ogni cosa che conoscete o possedete, vi sembrerà ordinaria. - l'unico appunto che mi sento di fare è un piccolo peccato veniale, il piedino del treppiedi (necessario per fare foto decenti almeno se non siete fatti di pietra !) non è a norma Arca Swiss il prezzo invece è una variabile non sostanziale per dotarsi di uno strumento del genere. Anzi, se lo vediamo in campo cinematografico, il suo costo è anche piuttosto conveniente e io mi aspetto che se ne vendano parecchi ... ! Insomma, un capolavoro. Che ve lo dico a fare ? Non l'avevate capito ? Grazie a Nital Spa, distributore dei prodotti Nikon in Italia, senza la cui benevolenza nei confronti di Nikonland questa prova sul campo non sarebbe mai stata possibile.
  21. Viaggiare mi piace un sacco, vedere cose ed abitudini diverse... Spesso, molto spesso, sono stato attirato da posti lontani ma, per la fine del 2019, complice la disponibilità di pochi giorni, siamo andati in Sicilia. La nostra prima volta! Il plurale è d'obbligo: non è stata un giro dedicato alla fotografia, ma un vagabondare curioso con la famiglia, tra il piacere di provare i fantastici gusti della ricchissima cucina siciliana e l'emozione di vedere capolavori artistici unici. Ma si sa, come rinunciare a portare a casa qualche scatto? Ed allora, con me, in uno zainetto da scuola, la ormai fidata Z6 e tre lenti: 24-70/4S - insostituibile per questo tipo di vagabondaggi. 50/1.8S - mi piace un sacco la sua resa e credevo di aver bisogno della sua elevata luminosità. 14-24/2.8F - è una lente datata, pesante e problematica per i riflessi.... ma con una resa veramente fantastica. Nello zaino anche un piccolo treppiede, che dopo il primo giorno è restato in valigia. Questo grazie alla incredibile resa della Z6 in bianco e nero, che accoppiata all'efficienza dello stabilizzatore, materializza la possibilità di scattare a mano libera con qualsiasi condizione di luce e, nella pratica, relega il treppiede ad ausilio nella ricerca di immagini con tempi lunghi. Capacità che, secondo me, non è chiara nemmeno agli ingegneri di Nikon ed Adobe, che applicano per default una correzione rumore assolutamente eccessiva, sempre ma in particolare per il BN. Avevo pianificato già a casa di fotografare esclusivamente in bianco e nero sia perché mi piace molto sia perché, dopo le molte esperienze in studio, volevo mettere alla prova la resa del visore elettronico in questo specifico contesto. Già perché fotografare in BN è legato ad una specifica interpretazione della scena, che si basa sul riconoscere ed utilizzare contrasti e forme. Cosa che, con le reflex, è affidata unicamente all'immaginazione del fotografo. E questo, ovviamente, resta vero anche con le mirrorless - il fotografo deve immaginare la fotografia prima di portare la fotocamera all'occhio. Ma è anche vero che, poi, guardare nel mirino e vedere effettivamente l'immagine come sarà prima di scattarla consente di essere molto più veloci nel cercare l'ottimizzazione della composizione. Velocità che quando si "gira-in-giro" con la famiglia non guasta affatto. Dicevo che il tutto è finito in uno zainetto da scuola - il TNF Borealis, gentilmente prestato da mia figlia. Usare uno zaino non fotografico in questo tipo di fotografia è diventata per me un'abitudine. Per molti motivi. Il primo è perché è comodo da portare, buoni spallacci che non affaticano la schiena nelle lunghe giornate trascorse camminando. Il secondo è che non è appariscente e non grida "expensive stuff inside". Il terzo è che, se utile, contiene senza problemi un mucchio di altre cose. Ovviamente il materiale fotografico va comunque protetto, e per questo, dentro, inserisco una custodia imbottita Temba. Ma con il cernierone è un'attimo avere tutto a mano. Qualche parola sul giro fatto: dal 26/12 al 31/12 - Palermo, Monreale, Mazara del Vallo, Selinunte, Marsala, Trapani. Purtroppo non ho potuto vedere Segesta - complici le bellezze del Duomo di Monreale e dell'unico siciliano scortese incontrato in tutto il percorso - ed a Trapani ha piovuto un sacco.... lunga la lista delle cose non viste! vabbè, un'ottima scusa per tornarci! Cominciamo con Palermo, dove arriviamo il 26/12 molto presto - il primo volo del mattino. Grazie al consiglio di Max, non ritiro l'auto ma prendo un taxi per raggiungere l'hotel. L' autista ci da il benvenuto in Sicilia e ci segnala le cose più interessanti da vedere in città. Gentilissimo! Palermo è una città molto interessante, con un fascino decadente molto intrigante che si gusta girando per i vicoli - a me hanno ricordato molto i vicoli di Genova di quando ero bambino - ed i mercati rionali. Obbligatorio camminare un sacco, ma quando si è stanchi ci si può rifocillare mangiando delizie a qualsiasi ora. Ci sono molti turisti, qualche artista di strada ed un notevole patrimonio artistico. 01 Z6 su 24-70/4S@60 1/200 f5.6 900ISO 02 Z6 su 50/1.8S 1/125 f4 100ISO 03 Z6 su 24-70/4S@24 1/60 f8 360ISO 04 Z6 su 24-70/4S@24 1/30 f16 125ISO 05 Z6 su 50/1.8S 1/800 f1.8 100ISO 06 Z6 su 50/1.8S 1/250 f1.8 100ISO 07 Z6 su 24-70/4S@45 1/100 f10 400ISO 08 Z6 su 24-70/4S@24 1/50 f8 200ISO 09 Z6 su 24-70/4S@24 1/100 f8 2500ISO 10 Z6 su 24-70/4S@24 1/100 f8 280ISO 11 Z6 su 24-70/4S@28 1/60 f8 450ISO 12 Z6 su 24-70/4S@70 1/160 f8 800ISO 13 Z6 su 24-70/4S@60 1/50 f4 1000ISO 14 Z6 su 24-70/4S@24 1/100 f8 900ISO Il Duomo di Monreale è una meraviglia, avrebbe meritato scatti a colori ma sono rimasto aderente al mio programma. Ma è veramente una meraviglia, da solo merita il viaggio! 15 Z6 su 24-70/4S@24 1/20 f8 1600ISO 16 Z6 su 24-70/4S@70 1/40 f5.6 1400ISO 17 Z6 su 24-70/4S@50 1/40 f4 2800ISO 18 Z6 su 24-70/4S@70 1/50 f4 2200ISO 19 Z6 su 24-70/4S@70 1/50 f4 2200ISO 20 Z6 su 24-70/4S@53 1/40 f6.3 100ISO 21 Z6 su 14-24/2.8F@18 1/40 f16 180ISO 22 Z6 su 14-24/2.8F@14 1/40 f16 100ISO 23 Z6 su 14-24/2.8F@14 1/25 f16 200ISO Dopo il duomo, ed un fantastico pranzetto a base di delizie locali, proviamo ad andare a Segesta. Niente da fare: arriviamo li alle 15:50 - sul sito è indicata l'orario visite dalle 9:00 alle 17:00 - e chiediamo ad un addetto all'ingresso dove parcheggiare. Cosa che facciamo, ritornando davanti allo stesso tipo alle 16:02 per sentirci dire che è troppo tardi perché l'accesso chiude alle 16:00, anche se la visita può proseguire fino alle 17:00. Ho evitato di discutere, sarebbe bastato un suo avvertimento al primo passaggio per consentirci di accedere senza difficoltà e nei tempi! Ci consoliamo con una cena spaziale a Mazara del vallo, e la mattina dopo andiamo a Selinunte. Altro posto che, da solo, merita il viaggio! 24 Z6 su 24-70/4S@24 1/50 f11 100ISO 25 Z6 su 24-70/4S@24 1/80 f11 100ISO 26 Z6 su 24-70/4S@70 1/800 f8 100ISO 27 Z6 su 24-70/4S@24 1/320 f11 100ISO Dopo ci spostiamo verso Marsala, cittadina carina con le strade del centro piene di gente per lo struscio serale. Interessante la visita al Satiro (non fotografabile !?!?!), ma soprattutto splendida dal punto di vista paesaggistico la costa fino a Trapani. 28 Z6 su 14-24/2.8F@16 1/80 f16 100ISO 29 Z6 su 24-70/4S@70 1/500 f16 100ISO 30 Z6 su 24-70/4S@47 1/640 f8 100ISO Con, poco fuori Trapani, un piccolo museo sulla storia delle saline che invito a visitare. La guida è brillante e la storia affascinante. Ma sopra Trapani c'è Erice, un po' sopravvalutata a mio parere ma con una vista dall'alto incredibile. 31 Z6 su 24-70/4S@28 1/640 f8 100ISO 32 Z6 su 24-70/4S@24 1/10 f11 1000ISO 33 Z6 su 24-70/4S@70 1/60 f13 1250ISO Quel giorno il tempo è stato pazzo, con vento e freddo intensi ed una forte grandinata (il 30 dicembre!!!!). Ma il panorama dall'alto su Trapani con il temporale era incredibile. 34 Z6 su 24-70/4S@24 1/250 f8 100ISO Chiudiamo alla tonnara di Scopello. Altro luogo molto affascinante che visitiamo con la guida. Purtroppo anche qui è vietato fotografare, un vero peccato. Chiudo la serie con un panorama da fuori dei faraglioni. 35 Z6 su 24-70/4S@24 1/200 f10 100ISO Chiudo con la consueta sintesi. Pro: - Il BN della Z6 è fantastico, ed il sensore consente di scattare virtualmente a qualsiasi ISO praticamente utile. - Il 24-70/4 è un tuttofare impagabile. L'80% delle immagini presentate sono fatte con questa lente e ritengo sia possibile documentare un viaggio portando solo quello. - La Z6 è molto a suo agio in questo tipo di situazioni e per me, per le fotografie disimpegnate in vacanza, è in assoluto il miglior corpo che abbia mai avuto. Contro: - La mancanza di una protezione del sensore dalla polvere durante i cambi di lente. Per me questo è l'unico vero problema delle mirrorless in questo tipo di utilizzo. Dopo soli 6 giorni d'uso, in situazioni di forte vento sempre presente ma pur avendo usato all'80% una lente sola, avevo il sensore pieno di patacche. Certo, tornati a casa si risolve in pochi minuti, ma il problema andrebbe risolto a monte (diverso materiale sul vetro protettivo? maggior efficacia dello "sgrullino"? protezione meccanica?... non so) Massimo per Nikonland. 02/02/2020 (data palindroma!)
  22. Considero Ronnie Gaubert un grande per la fotografia ravvicinata classica, ma Carlo Galliani è il migliore fra quelli che conosco per la macrofotografia che definirei “dinamica” . Naturalista e fotografo a trecentosessanta gradi, le sue immagini esprimono al meglio la vitalità dei soggetti, unendo documento e bellezza, da vero naturalista. Carlo, che ringrazio, ha accettato di scambiare quattro chiacchiere sulla sua fotografia. Raccontaci qualcosa di te : Sono un Wildlife photographer ma preferisco dire di essere un naturalista che fotografa. Da tanti anni mi occupo sia di natura che di fotografia . Sono autore e coautore di articoli scientifici di ornitologia e entomologia e autore di articoli su riviste di natura e fotografia. A livello fotografico le mie foto sono state utilizzate in molti libri di ornitologia e entomologia sia a livello nazionale che internazionale e da siti web di parchi e associazioni per la protezione della natura. Ti è nata prima la passione per la fotografia o quella per la natura? Direi che sono nate praticamente insieme perchè ho iniziato a studiare la natura partendo dai fiori di montagna e naturalmente non potevo non fotografarli. Poi quando sono passato ad altri campi di studio in natura ho sempre desiderato fotografare gli animali che studiavo e chiaramente poi mi sono messo a fotografarli tutti. Picchio Nero Picchio Muratore. Quando hai iniziato ad interessarti alla macrofotografia? Le mie prime foto sono state di macrofotografia. Ho avuto diciamo una iniziazione fotografica un po' particolare in quanto uscivo con fotografi che si interessavano di fiori e di come fotografare tutte le parti del fiore perfettamente a fuoco, perciò a un certo punto sapevo bene come gestire benissimo la pdc in una foto di macro, ma mi trovavo in difficoltà sui semplici paesaggi, poi piano piano ho imparato anche quelli. Le tue foto di solito sono molto diverse da quelle diciamo più interessate alla pura estetica, ma non per questo sono meno spettacolari, al contrario. Tu cosa cerchi, oppure cosa vuoi trasmettere con le tue immagini? Qualche scatto di pura estetica l'ho fatto anch'io ma principalmente preferisco fotografare tutto ciò che c'è in natura nel miglior modo possibile chiaramente cercando anche di avere sfondi che facciano risaltare il soggetto. Ghiandaia marina con preda. Martin Pescatore con doppia preda! Quello che cerco di trasmettere è la bellezza della natura, la particolarità di molte situazioni che tantissima gente pensa si possano trovare solo in Africa o in Amazzonia e invece si trovano proprio sotto la loro casa. Ho sempre detto che se riesco a trasmettere l'amore per la natura e di conseguenza il rispetto per l'ambiente e gli animali a qualche persona che guarda le mie foto allora lo scopo del mio fotografare è stato raggiunto. Tra i tuoi (e i miei) soggetti preferiti ci sono le libellule, sulle quali tu hai fatto anche ricerca e divulgazione, sei coautore di diverse pubblicazioni, oltre che membro di gruppi come Odonata.it, ci puoi descrivere in breve questo aspetto della tua attività di fotografo naturalista? Studio gli Odonati da ormai trent'anni e sono tra i miei soggetti preferiti anche in fotografia. I miei due lavori più importanti riguardano le libellule e sono i due libri : " Odonati d'Italia " - Galliani/ Scherini /Piglia, edito dalla Libreria della Natura e " Dragonflies and damselflies of Europe" - Galliani/ Scherini /Piglia, edito da Wba. Devo alle libellule la passione per la fotografia agli insetti in volo. Infatti a un certo punto tanti anni fa mi son trovato ad un bivio : non riuscivo proprio a fotografare alcune specie che si posano raramente (ora conosco dove vanno a posarsi , anche se rimane comunque difficile fotografarle posate ) e l'unica alternativa rimaneva fotografarle in volo. Con le libellule ho raggiunto il massimo di soddisfazioni come fotografo naturalista perchè sono riuscito a fotografare ogni specie in tutti i momenti della sua vita, dalla nascita ai corteggiamenti, dalle guerre tra gli individui agli accoppiamenti fino alla deposizione delle uova e così via. Aeshna grandis. Nikon D750, focale 200mm. (Nota del Redattore: forse solo chi ci ha provato può capire appieno quanto sia difficile ottenere un ritratto -a tutta apertura- di un soggetto così rapido!). Calopteryx splendens. Nikon D500, focale 180mm. Nikon perché? Un caso o una scelta? Direi più un caso . Ho iniziato in analogico con Nikon e poi ho proseguito anche in digitale sempre con Nikon. Non uso però solo Nikon. Nel mio corredo fotografico ho due obiettivi Sigma e uno è fondamentale per il mio tipo di foto in natura anche se devo dire che anche Nikon è arrivata ultimamente a fare dei 500 mm leggeri che possano essere usati in caccia fotografica vagante. Come ti trovi? Cosa ti manca? Mi sono sempre trovato bene. Mi manca quello che penso manchi a tutti i macrofotografi, cioè una lente che permetta ingrandimenti maggiori dell’ 1:1. Canon ha fatto il Canon MP-E ma l'ho provato da amici e non mi è parso molto affidabile. Sono sempre stato convinto che sia Nikon che Canon sarebbero in grado di produrre delle lenti ottime che arrivino a buoni ingrandimenti ma la logica del mercato non permette la progettazione di queste lenti, essendo un campo rivolto solo agli specialisti ( anche se non siamo pochi). E' Inutile a mio parere usare tubi di prolunga o inversioni di ottiche se si vogliono avere dei risultati veramente notevoli. Le tue foto di insetti in volo mi hanno sempre lasciato senza parole, puoi rivelarci qualcosa su come si fa? Questa è una domanda che mi viene rivolta spesso però per rispondere adeguatamente penso mi ci voglia un libro. La tecnica fotografica è molto semplice : ci vogliono tempi velocissimi, più veloce è meglio è. Ma sono altri i fattori importanti. L'allenamento è importantissimo cioè provare e riprovare fin quando diventa tutto meccanico. Mi rendo conto anch'io che riesco adesso a fare foto che prima proprio non mi venivano. Una buona velocità ad inquadrare e mettere a fuoco è fondamentale. Cantharis rustica. Nikon D500, focale 180mm. Chiaramente il fuoco nel 90% delle volte è manuale. Ma la cosa più importante è l'osservazione del comportamento degli insetti quando si esce sul campo e memorizzare le situazioni per vedere se sono solo casuali oppure se è un comportamento tipico della specie. Difficile spiegare in due parole ma ci sono sempre dei momenti nei quali ogni specie diventa più facilmente fotografabile in volo e quei momenti dipendono sempre da quello che l'insetto sta facendo. Perciò se si vede che un insetto inizia a comportarsi in un certo modo, che dalle precedenti osservazioni si è capito che proseguirà con un volo decisamente più lento del solito, bisogna subito prepararsi al meglio possibile per fotografarlo. Eristalinus taeniops. Nikon D500, focale 180mm. Apis mellifera. Nikon D600, focale 200mm. In molti casi in questi momenti alcuni insetti sono così facilmente fotografabili in volo che si può usare l'autofocus (il 10% rimanente). Il grande problema è che ogni insetto ha il suo comportamento specie per specie (raramente alcune specie appartenenti allo stesso genere presentano comportamenti analoghi, ma sono poche). Non esiste una legge generale per tutti gli insetti ma anche solo per gli insetti di uno stesso ordine perciò bisogna sempre osservare ogni volta e memorizzare se si vedono situazioni particolari da usare in futuro. Coccinella septempunctata. Nikon D600, focale 200mm. Qual è la foto, o il portfolio, il progetto fotografico da te realizzato a cui sei più affezionato? Sicuramente la galleria sul mio sito dedicata agli insetti in volo e la galleria dedicata alla Fauna Europea in generale (anche se questo è un progetto veramente troppo ambizioso e impossibile da seguire costantemente ma cerco di aggiornarlo sempre piano piano) A chi interessa è una galleria divisa seguita gli schemi sistematici internazionali e contiene dai piccoli insetti ai grandi mammiferi. Galleries by carlogalliani Best of insects in flight by carlogalliani Fauna Europaea - 39 galleries by carlogalliani E in futuro? Sicuramente continuerò a cooperare con un paio di organizzazioni con le quali negli ultimi anni ho collaborato per testare i capanni da aprire poi al pubblico. In questi capanni ho potuto osservare scene di vita animale che mai avrei pensato di poter vedere figuriamoci di fotografare in caccia vagante. Sciacallo. Garzetta. Il sogno più grande sarebbe riuscire a fare un libro sul volo degli insetti, un’impresa molto difficile se non impossibile, perchè bisognerebbe prima trovare qualcuno che abbia studiato scientificamente il volo degli insetti per il testo e abbinarci le mie foto corredate di spiegazioni tecniche fotografiche e naturalistiche e poi, dulcis in fundo, trovare un pazzo editore che lo pubblichi 😊. Silvio Renesto per Nikonland. Nota: Tutte le foto sono (c) di Carlo Galliani.
  23. Silvio Renesto

    E anche il 2019...

    Se ne va. Fine d'anno,ora di bilanci? Ma sì, come ho fatto per il 2018, provo a ripensare come è stato quest'anno, fotograficamente parlando. Per me è un esercizio utile, magari anche per altri. Ripercorrendo le foto, mi rendo conto se qualcosa è cambiato, in meglio, in peggio, se è valsa la pena. E non mancano le sorprese che la memoria burlona mi aveva nascosto. E' una cosa che faccio per me, ma mi piace condividerla, come due chiacchiere di sera fra amici. Tagliamo corto! Come è stato il mio 2019 fotografico? Ripercorrendo le foto, beh, è stato meno peggio di quanto ricordassi. Quando ho cominciato a riguardare il materiale ero un po' negativo, mi pareva di aver fotografato molto meno che negli anni scorsi (ed è in parte vero) e di non aver fatto cose particolarmente interessanti. In questo, per fortuna, un po' mi sono sbagliato. Certo, le mie no sono avventure in ambienti estremi, nè reportage superlativi, in fondo sono un piccolo fotoamatore "normale",bil19.txt con le sue passioni e i suoi soggetti preferiti, per cui questo articolo non so quanto sarà interessante . Il tema principale anche quest'anno rimane la fotografia naturalistica, dove accanto alle "solite foto" che un po' mi hanno anche stancato, Ad esempio sono riuscito a fare qualcosa di nuovo. Le mie prime foto alla Civetta e al Tarabuso Nicchia nella nicchia, chi mi legge sa che sono un esperto ed un appassionato fotografo di libellule. Quest'anno sono entrato a far parte di un gruppo fotografico che si chiama "Libellule d'Italia" che mi ha rinvigorito l'entusiasmo per il soggetto, così non solo ne ho fotografate tante, esercitandoni con variazioni sul tema: Ma la grande soddisfazione è che dopo tanto, ma tanto, tempo ho fatto un altro bello scoop, e senza farmi 500km! Oxygastra curtisii è rara, oltre che molto bella, l'avevo fotografata (malissimo) più vent'anni fa, sul Ticino poi non l'avevo mai più vista fino a quest'estate! Anche questa non è male: Colpa anche del riscaldamento globale anche questa specie africana (Trithemis annulata) che fino a pochi anni fa non si trovava a nord della Toscana ora è al Parco Nord Milano. Il "progetto gatti" ha subito un leggero rallentamento, ma ha preso una piega interessante. Ho cercato di rendere le foto più espressive (esagero, espressioniste). Dei gatti dell'Isola dei Pescatori invece ho fatto un piccolo portfolio in tema vintage, per recuperare quell'atmosfera che si immagina in una vecchia isola di pescatori, appunto. Il paesaggio non è nei miei interessi fotografici, però in alcune situazioni la luce può essere tale da ispirare persino me. Ogni tanto mi son dimenticato di non esserne capace e mi son messo a fare street, perchè mi piace, non ci posso fare nulla. In fine d'anno è arrivata la Z6. Vincent è ottimista . Silvio Renesto.
  24. Questo è il quarto articolo che racconta la mia esperienza con la Z6. Fatto questo ne mancherà solo uno – quello sulla fotografia di ritratto – per chiudere il mio cerchio e poter sintetizzare le conclusioni. Sono metodico e refrattario ai facili entusiasmi, mi dovete sopportare. Ma andiamo con ordine e torniamo alla East Coast. Quello che racconto qui è una vacanza con la famiglia, il genere più fotografato, credo. Lo affronto con particolare attenzione a pesi ed ingombri, perché per una banale distrazione ci troviamo a scoprire il giorno prima della partenza di poter partire con il solo bagaglio a mano, che fortunatamente significa un piccolo trolley ciascuno ed un “personal item”, ma di peso ed ingombro limitati. Quindi niente valigioni da stiva, per intenderci. Cosa che per me, che vorrei fotografare ogni giorno, è subito un problema ma anche l’opportunità di consolidare l’idea di “partire leggeri”. Quindi: Z6 24-70/4Z 50/1.8Z 14-24/2.8AFS 70-200/4AFS FTZ 2 batterie 4 XQD da 64GB Carica batteria Treppiedino gitzo in carbonio per le notturne non affrontabili a mano libera (G1027Mk2, ripescato in cantina dall’epoca in cui fotografavo paesaggi in montagne lontanissime con la velvia 50 e leggevo i consigli di Galen Rowell) Il tutto in un microscopico zainetto nike da palestra, compatibile con la suddetta definizione di “personal item”, nel quale inserisco l'imbottitura estraibile di una borsa fotografica. Il treppiedino è così piccolo da poter stare dentro lo zaino, una caratteristica molto molto utile girando per la città affollata. L'ho fatto per necessità, ma alla fine è stata una scelta assolutamente vincente: avere sulle spalle una cosa che non sembra minimamente attrezzatura fotografica è un plus non secondario girando la notte in certi posti. Premetto che, in nessun momento esclusi i trasferimenti, avevo mai tutte e 4 le lenti con me, ma ne sceglievo alcune, mediamente da 1 a 3, a seconda di dove andavo e di cosa pensavo avrei fotografato. Il resto in cassaforte in hotel. Dovessi dire cosa è stato più utile direi…. Tutto, forse un gradino sotto il 70-200, ma il resto è risultato veramente irrinunciabile. In particolare a New York una focale minima di 14 mm è assolutamente consigliabile. Il tour, “autocostruito” come la maggior parte delle mie vacanze, ha subito subito un duro colpo. Il volo British Airways, la compagnia che ho inopinatamente scelto evitando le low-cost, riesce a partire in ritardo di oltre un’ora da Linate e a farcene aspettare altre 2, in aereo, a Heathrow per problemi di apertura del portello. Ovviamente coincidenza per New York saltata e, a causa del periodo di punta, è il 10 agosto, il viaggio può essere ripreso solo nel pomeriggio del giorno successivo, volando su un diverso aeroporto di destinazione, con tutti gli altri disagi accessori. Ma sono in vacanza, non incline a farmi rovinare il viaggio da malumori o inconvenienti vari. Ma il primo consiglio che do è: evitate British Airways! Pessimi nello stupido inconveniente e insopportabili nella gestione (ore in fila, in piedi, in aeroporto ad esempio). Ma questo ci fa pensare di riorganizzare sui due piedi il nostro tour, che proprio nella prima destinazione, New York, ci sembrava già compresso in quanto prima di scendere verso sud volevamo passare da Newport e vedere Boston, cosa divenuta del tutto infattibile con il giorno e mezzo perso per questo ritardo. Fortunatamente, avevo fatto prenotazioni stornabili fino al giorno precedente ed in poche ore, dal primo albergo di New York, ed usando solo il telefono e l’app di Booking ho rifatto tutto. Il percorso è diventato: New york, 7 giorni Baltimora, 1 giorno Giro della penisola del Delaware, 2 giorni Viginia Beach e Norfolk, 1 giorno Washington, 3 giorni Economicamente una fucilata, basti pensare che le 3 notti in più in hotel a New York ci sono costate quasi 3 volte di più delle prenotazioni fatte a casa, a Dicembre. Ma funziona così, non c’è niente da fare, se fai all’ultimo paghi un sacco. Il risultato è stato nel complesso ben bilanciato sia nel consentirci di vedere diversi aspetti di questa nazione così varia, alternando l’idea degli Stati Uniti e degli statunitensi che ti fai a New York con quella – molto diversa – che avrai nel Delaware o in Virginia e quella - ancora diversa - che avrai girando per Washington. New York è unica, lo dicono tutti. Era la mia prima volta in città e, sinceramente, non credevo che ci sarei mai andato, pensando che negli states ci sono destinazioni di ben altro interesse per uno come me. Ma a posteriori sono molto contento di esserci andato. Unica! Lo so, questa la fanno tutti. Ma io ero li proprio per quello, e con milioni di visitatori ogni anno non è poi facile fare qualcosa di diverso. Quindi, ecco la skyline di Manhattan! Z6 e 24-70/4Z @28mm, 10" f11 ISO100 - panorama da 2 scatti, fatti da treppiede, incollati con Lightroom - Il consiglio, per queste foto, è arrivare prima del buio. Per evitare il cielo nero. Z6 e 24-70/4Z @28mm, 10" f11 ISO100 Z6 e 50/1.8Z 1/20 f1.8 ISO1400 - mano libera Z6 e 50/1.8Z, 1/200 f1.8 ISO800 - Scatto rubato con la macchina appoggiata alle ginocchia, AF automatico con riconoscimento del viso. Ground zero. Che dire, credo che abbiano fatto bene a costruire questo monumento ed il museo. Molto commuovente la parte più interna, ma li è vietato fotografare (credo giustamente). Z6 e 14-24/2.8AFS @21mm, 1/25 f16 ISO100 Z6 e 14-24/2.8AFS @14mm, 1/20 f2.8 ISO1800 Z6 e 50/1.8Z 1/1250 f1.8 ISO100 - Ogni giorno, per i compleanni, mettono una rosa bianca a fianco al nome. Z6 su 14-24/2.8AFS @24mm 1/40 f5.6 ISO 100 Z6 su 24-70/4Z @30mm 1/60 f8 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @30mm 1/500 f9 ISO1100 Z6 su 24-70/4Z @67mm 1/125 f5.6 ISO110 Z6 su 14-24/2.8AFS @14mm 1/20 f7,1 ISO450 Z6 su 50/1.8Z 1/250 f3.5 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @24mm 1/50 f8 ISO800 Z6 su 50/1.8Z 1/15 f4 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @70mm 1/250 f4 ISO200 Z6 su 24-70/4Z @52mm 1/250 f8 ISO800 Z6 su 24-70/4Z @54mm 1/60 f4 ISO100 Z6 su 50/1.8Z 1/200 f1.8 ISO800 - Impossibile apprezzare la rapidità con la quale fare una fotografia come questa: nessun movimento del sensore autofocus: solo alza, inquadra e scatta. Meno di un secondo. Personaggio interessante, siamo alla fine ed il tempo è finito.... che ci farà con il biglietto? Ma time square è un circo. Z6 su 50/1.8 1/640 f1.8 ISO800 Z6 su 24-70/4Z @58mm 1/500 f4 ISO200 - Central Park Il giorno di ferragosto - da noi è calcio sui prati, qui è baseball. Solo 2 tentativi per fare uno scatto con dentro l'inquadratura anche la pallina. Ritardo di scatto decisamente gestibile. Z6 su 70-200/4AFS @200mm 1/1250 f5.6 ISO100 - Per fotografare "la signora" prendete semplicemente il ferry per il New Jersey - costa poco e la vista è bellissima. Z6 su 24-70/4Z @52mm 1/320 f5.6 ISO800 - a NY lo street food è di tutti i tipi e con gusti da tutto il mondo. Imperdibile. Z6 su 24-70/4Z @55mm 1/25 f8 ISO100 - Abbiamo scelto Top of the rock per la nostra vista dall'alto. 2 consigli: prenotate per tempo e portate il treppiede - ma molto piccolo: Quelli grandi sono vietati. Z6 su 24-70/4Z @32.5mm 2" f8 ISO100 - La quantità di luci è pazzesca! Z6 su 14-24/2.8AFS @14mm 1/50 f4 ISO400 - Ognuno si sposa dove preferisce.... Z6 su 50/1.8Z 1/200 f1.8 ISO720 Z6 su 50/1.8Z 1/200 f1.8 ISO180 - 180 ISO per fotografare di notte!!! Z6 su 14-24/2.8AFS @21mm 1/125 f2.8 ISO400 - Avevo detto circo, giusto? Questi pagano per farsi fotografare con queste ragazze. Z6 su 14-24/2.8AFS @14mm 1/250 f2.8 ISO800 Z6 su 14-24/2.8AFS @14mm 1/125 f2.8 ISO400 Z6 su 14-24/2.8AFS @17mm 1/60 f2.8 ISO1600 Z6 su 24-70/4Z @24mm 1/10 f4 ISO400 - Il luna park di Coney Island è assolutamente da vedere. E da giocare. Il giro sull'ottovolante, in legno, è stata un' emozione pazzesca. Z6 su 24-70/4Z @60mm 1/200 f4 ISO3600 Z6 su 50/1.8Z 1/200 f1.8 ISO640 Z6 su 14-24/2.8AFS @18mm 0.4" f13 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @28mm 8" f16 ISO50 (ISO50 per allungare il tempo) ù Z6 su 24-70/4Z @37mm 1/200 f4 ISO200 - Io non sono un militarista, ma una visita al cimitero di Arlington la consiglio, così come, se passate di la' una visita alla base navale Norfolk. Dice molto sul paese che state visitando, quello vero, non NY City (che è vera, ci mancherebbe, ma non rappresentativa dell'interezza del paese). Z6 su 70-200/4AFS @200mm 1/160 f4 ISO200 Z6 su 24-70/4Z @41mm 1/160 f4 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @50mm 1/100 f4 ISO500 Z6 su 24-70/4Z @70mm 1/30 f9 ISO1800 Z6 su 24-70/4Z @42mm 15" f16 ISO100 Z6 su 70-200/4AFS @165mm 15" f16 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @70mm 1/30 f4 ISO400 Z6 su 24-70/4Z @70mm 1/40 f4 ISO400 Z6 su 14-24/2.8AFS @14mm 1/10 f4 ISO100 Z6 su 24-70/4Z @70mm 1/320 f4 ISO100 Quindi, com’è andata la Z6? Benissimo. Anche più di benissimo. Secondo me è la macchina ideale per fare queste cose. Niente di meno. In una vacanza generalista, spesa andando a zonzo giorno e notte, si gode a 360° delle sue positive caratteristiche e non mi sono mai sentito frenato in nulla. Anzi supporto in tutto, scatti a qualsiasi ISO ti possa nella pratica servire, senza penalizzazioni. Lo stabilizzatore è straordinariamente efficiente. La coppia delle due cose è unica. Il margine di ottimizzazione, come sempre, c’è. Ma va cercato nella sostituzione delle vecchie lenti con ottiche Z, più leggere e finora contemporaneamente più performanti. Di fatto qui il 14-30/4Z avrebbe potuto prendere il posto del 14-24/2.8AFS perché lo scatto a f2.8 con gli ISO più alti è stato a ISO1800. Quindi mezzo kg risparmiabile, anche grazie all' amplissimo range operativo della Z6 che rende lo stop in più di luce non determinante. Ma cosa penso di quella lente, a 360°, l’ho scritto tempo fa e quindi non è nella mia borsa. Ma se questo fosse il mio genere fotografico la prenderei. Il 70-200/4AFS? Utile, il tele per me serve sempre. Qui meno che al mio solito, ma quello che ho fatto con lui non avrei potuto farlo senza. Anche qui il margine di miglioramento va cercato in una lente nativa Z più leggera, che ancora non esiste. Il treppiede? Utile solo se sai che vorrai fare lunghe esposizioni e da portare se e solo se si ha modo di lasciarlo in stanza altrimenti. Ne basta uno alto 1mt, E nemmeno particolarmente stabile considerato che non lo poserete mai su terreni instabili e considerato anche che non deve assorbire le vibrazioni dello specchio. Ma meno del 10% delle immagini che ho selezionato per voi sono fatte da treppiede…. E comunque nessuna di queste avrebbe potuto essere fatta a mano libera con gli stessi risultati. I pro: Tutte le caratteristiche vincenti delle mirrorless (leggerezza, mirino elettronico, silenziosità ed assenza di vibrazioni) e della Z6 in particolare, il sensore innanzi tutto che consente di fotografare con tutti gli ISO che ragionevolmente possono servire in vacanza e lo stabilizzatore super efficiente. La messa a fuoco automatica sul viso, lo schermo basculante e lo scatto silenzioso abilitano incredibili possibilità di scatti di street rubati fingendo di non fotografare. Grandi prestazioni delle lenti native Z. Grande durata della batteria, mai arrivato in fondo ad una carica in un giorno. Quindi con solo 2 batterie si va assolutamente sul sicuro. I contro: Corredo Z ancora incompleto, ma lato grandangolare, per questo tipo di fotografia il 14-30/4 Z può egregiamente ricoprire questo ruolo. Insomma, nessun reale contro. Massimo per Nikonland 15/12/2019
  25. ..... Parata di trigger Godox, per tutti gli usi. Sono apparecchi dedicati alle varie marche. "L'intelligenza" del sistema Godox permette ai flash - che incorporano un ricevitore radio compatibile e non necessitano quindi di ulteriori apparecchi di supporto - di adattarsi al sistema utilizzato. E' possibile usare quindi un flash Godox indifferentemente con una Nikon, con una Sony, con una Canon, con una Olympus etc. a condizione di utilizzare il trigger dedicato a quel sistema. Sarà quello che si incaricherà di tradurre le informazioni TTL della fotocamera ed inviarle ai flash collegati. il nuovo Godox XPRO dispone di un ampio display LCD colorato e retroilluminato, comodissimo da regolare anche in scarsa luce o al buio (come il mio studio che è sottoterra e perennemente scuro come la notte). Negli anni Godox è stata molto dinamica nello sviluppo dei trigger, conscia che in fondo è il trigger su cui si effettuano il più delle operazioni. E' inutile avere il flash più sofisticato del mondo se il trigger che devi utilizzare sembra risalire agli anni '50. Era il caso del primo sistema, decisamente poco pratico e complicato da impostare senza il manuale davanti. Gli ultimi invece sono molto intuitivi e con funzionalità avanzate. Dal più pratico XT1 (quello nella foto in alto, a sinistra), che ripete la slitta flash e consente di montare sulla fotocamera, un flash sopra allo stesso trigger, si è passati al XT32, un primo tentativo di trigger più sofisticato di cui abbiamo già parlato su queste pagine, per giungere a questo nuovo XTPRO. Ma mentre parliamo del modello I, Godox ha già sviluppato - per il momento in esclusiva per Adorama che lo commercializza con il suo marchio Flashpoint negli USA - il modello II che incorpora anche funzionalità blutooth. Tornando al modello I, io lo sto usando da mesi con pieno profitto, tanto da trovare macchinoso l'XT1 quando sono costretto ad usarlo al suo posto. il vantaggio è il fattore di forma ma soprattutto la semplicità di regolazione che permette di impostare nel dettaglio fino a 5 gruppi di flash per canale avendo a vista le impostazioni di ciascuno flash. l'X PRO sulla mia Nikon D850 qui visto davanti e più da vicino. Non piccolissimo ma nemmeno enorme come certi altri "cinesoni", ha un peso molto contenuto ed ha il vantaggio - come gli altri trigger Godox - di funzionare con normalissime pile stilo. Peraltro tutti questi trigger hanno un consumo risibile. Non ricordo di aver cambiato le pile a nessuno dei miei, e vi assicuro che li utilizzo tanto ma stanno anche per tanto tempo del tutto inattivi al loro posto (il che dimostra che non hanno alcuna dissipazione a fermo). il controllo con il pulsanti e la ghiera di regolazione è semplicissimo. Per ogni flash dei 5 gruppi si può impsotare la modalità di funzionamento, la regolazione di potenza o l'eventuale correzione in sovra o sotto esposizione. Si possono anche controllare singolarmente le lampade pilota e l'utilizzo o meno della funzione strobo o della sincronia ad alta velocità (per i flash collegati che ne siano dotati). l'uso delle varie regolazioni è "parlante", nel senso che compaiono le istruzioni a display. il trigger è aggiornabile via firmware per il tramite di una presina USB. Non manca - mai usata - una presa syncro piccola) il vano batterie sulla pancia lascia libero l'emettitore ad infrarossi. la slitta è standard secondo i contatti delle nostre Nikon (il marchio N nel rettangolo qualifica questo trigger come compatibile con Nikon). Sinceramente non trovo nessun difetto in questo flash che ha anche il vantaggio di avere un costo che resta frazionale rispetto agli "accrocchi" cervellotici ideati da Nikon per il suo unico flash radio SB5000. Questi trigger entrano in sincronia con i flash automaticamente senza alcuna impostazione. Basta - eventualmente - selezionare il gruppo e il canale sul flash, tramite la sua pulsantiera - perchè questo segua le impostazioni relative inserite nel flash. Cambiando l'impostazione, si vedrà il display del flash corrispondente adeguarsi in tempo reale. E' anche divertente vedere come un gruppo complesso quanto si vuole di flash sia facilissimo da regolare " a vista" e senza fare un passo direttamente dal trigger (NON E' NECESSARIO IMPOSTARE ALCUNCHE' NEL MENU' DELLA FOTOCAMERA) perchè il sistema reagisca alle nostre esigenze. Nel caso ideale di un gruppo di flash tutti TTL, il sistema li regolerà automaticamente per noi. In base al risultato noi potremo "starare" intenzionalmente le singole emissioni per modificare la risposta del sistema. Ma che bella cosa ! Resterò utente soddisfatto di questo trasmettitore, anche perchè il modello II che ho visto in anteprima, è certamente più sofisticato ma a prima vista al costo di una operatività decisamente meno intuitiva di questo. E siccome quando sono in studio io mi curo della luce e della scena, non voglio dovermi perdere a cercare di interpretare le funzioni dei miei apparecchi che, per quanto possibile, vorrei che intercettarsero autonomamente i miei pensieri, senza che io me ne debba preoccupare. In estrema sintesi, caldamente consigliato a chiunque utilizzi sistemi flash GODOX un attimino più complessi del singolo punto luce "a slitta" (tipo AD200 o AD400/AD600 e specialmente gruppi di flash misti).
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