Gipeto, bikers e cocci di vetro.
Nel mio blog sul Gracchio, Gianni ha scritto in un commento che conosceva il posto e non gli piace per niente.
Ho risposto che ha ragione e qui propongo un reportage "sul posto" come spunto di discussione (se mai qualcuno ne avesse voglia).
Il "posto" è il Passo dello Stelvio, ci sono andato proprio su indicazione di Gianni, che ringrazio, perchè lì è abbastanza facile avvistare e fotografare il Gipeto, nonostante sia una zona turistica frequentatissima da escursionisti, ciclisti, bikers, camperisti e altro.
Avvistare e fotografare il Gipeto è stata un'emozione grandissima, non l'avevo mai avevo visto libero se non a distanze enormi, finalmente ho potuto ammirarlo da vicino nel suo ambiente e fare delle foto, anche se non eccelse, ma per me importanti per ricordare questo momento e condividerlo.
Potrebbe finire qui e saremmo tutti contenti (noi umani almeno, al Gipeto probabilmente non interesserebbe affatto ).
Ho invece deciso diversamente, di non fermarmi alla bellezza del soggetto e mostrare anche l'altra verità, quello che rende il posto sgradito a quelli cone Gianni e come me. La metto in chiave umoristica per non essere pesante (o pedante?) ma la riflessione è seria.
Che splendide vedute!
di sicuro il tuo respiro si allarga ed il cuore è in pace.
No.
Anche perché le foto non riproducono i rumori.
Questa strada è percorsa incessantemente da migliaia di motociclisti che fanno il passo in direzione Bormio o viceversa Bolzano. Veduta splendida ma acusticamente sembrava di essere in pista. Persino il giorno dopo ho avuto in testa il rombo delle moto.
Al passo fanno tappa per un bratwurst con i crauti (buono anche per i fotografi, devo ammettere) una birra (una sosta in bagno?) e ripartono.
Non ho niente contro i bikers (se non mi schiantassi mortalmente tre-cinque minuti dopo averla inforcata, mi piacerebbe anche avere una bella moto vintage), sto solo mostrando che la realtà spesso è diversa da come una singola foto potrebbe far pensare, per lo più il naturalista sceglie di concentrarsi sull'aspetto naturalistico, sul soggetto che gli interessa, giustissimo, ma per una volta ho deciso di mostrare convivenza e contraddizione fra natura e uomo.
Il Gipeto, anzi i Gipeti, sono del tutto liberi, arrivano dai loro luoghi di nidificazione, lontani dal Passo, lo sorvolano periodicamente per vedere se c'è qualcosa da mangiare. Anche perchè dagli alberghi spesso buttano rifiuti (ragione della presenza di centinaia di gracchi, ma Gipeti mangiano ossa, per cui è strana la cosa).
Il punto migliore per fotografare è appena sotto una piattaforma panoramica, dove delle rocce fanno da sedile improvvisato a quei fotografi o birdwatchers che, come me, hanno i calli sul didietro come i Babbuini , mentre gli altri si attrezzano meglio con seggiolini... perchè l'attesa spesso è lunga.
Un trio di birdwatchers, anche il cane è concentratissimo. E' lui che "fa" la foto. Non ha molto a che vedere col discorso, lo so, ma mi piaceva troppo .
Non c'è niente di male in questo assembramento di wildlifers , almeno credo, però lungo il sentierino che porta sotto la piattaforma, poco più di un solco, ho visto degli "affioramenti di rocce vetrose" che non sono per nulla in accordo con la geologia del luogo: In pratica ci sono qua e là accumuli di cocci di bottiglie frantumate, fra cui occasionali coperchi di lattine rose dalla ruggine e altra immondizia del genere.
Di sopra ci sta gente con i camper,
Di sotto ci stanno i fotografi.
La mia permanenza è stata troppo breve per capire se i responsabili di questo disgusto siano da cercare fra i camperisti, fra i fotografi o fra tutt'e due. O altri passanti sconosciuti. Ma qualcuno è stato ed ha pensato di creare mini discariche negli avvallamenti anzichè portare i rifiuti con sé.
Voglio credere che nessun fotografo che si definisce NATURALISTA faccia queste sconcezze ma... specialmente negli ultimi tempi con la nascita della fotografia naturalistica "di massa" (un ossimoro fattosi realtà ), chi lo sa.
Nei due giorni in cui mi sono fermato, gli avvoltoi si sono fatti vedere molto poco perchè sopra le nostre teste ronzavano dei droni (vietati, mi pare, nei parchi naturali). Si fosse trattato di Aquile, bestie più pragmatiche, i droni sarebbero stati aggrediti e fatti a pezzi , ma gli Avvoltoi, più timidi, preferiscono starsene alla larga.
Conclusione: L'incontro con il Gipeto è stata una grande emozione NONOSTANTE il posto, sono quindi molto contento di esserci andato.
Potevo anche limitarmi a pubblicare le foto wildlife e raccogliere apprezzamenti, critiche, cuoricini (o indifferenza) per quelle, ma la penso come Valerio Brustia, la fotografia è anche indagine e documento; in questo caso mi è sembrato giusto metterci anche il resto.
La discussione che vorrei seguisse, mi piacerebbe incentrata su quanto sia frequente, quasi inevitabile, oggi (e difficile) questa integrazione fra l'aspetto antropico, umano, e la natura, oppure sulla necessità di consapevolezza per poter conservare, e perchè no, anzi apprezzerei interventi anche sul ruolo che può avere il nostro (mio, vostro, non troppo in astratto) essere fotografi nel divulgare, nell'educare, nel rendere consapevoli gli altri, andando oltre al "soggetto" quando si pena sia il caso di farlo.
Evitiamo se possibile, i luoghi comuni.
- 6
- 9
25 Comments
Recommended Comments