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Blog Entries pubblicato da M&M

  1. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Brahms : brani per pianoforte
    Murray Perahia pianoforte
    Sony Classical, 2010, formato 96/24
    ***
    Questo è uno dei dischi che amo di più, di Perahia e di Brahms.
    Pubblicato nel 2010 dopo venti anni dal precedente.
    Una sorta di incursione di Perahia in Brahms.
    Sappiamo che Perahia predilige i classici e non frequenta i contemporanei.
    E legge "i classici" come Bach, Mozart, Beethoven e Brahms. Come me.
    La sua lettura é sempre misurata, modesta. L'antitesi del pianista virtuoso che celebra se stesso sul palco.
    Lo ricordo così, l'unica volta che l'ho visto al Conservatorio di Milano, oramai troppi anni fa.
    Con Brahms gli riesce anche il miracolo di essere originale, mettendo qualche cosa di nuovo in ognuna delle celebri variazioni Handel, che insieme alle Paganini, sono tra le pagine più importanti della letteratura pianistica (in assoluto) e tra le mie composizioni preferite (in assoluto).
    E' l'opposto di Katchen, eppure c'è carattere. Non c'è alcun sentimentalismo (è così che deve essere eseguito Brahms !) ma c'è tanto sentimento.
    I ritmi sono pacati e incalzanti. Il basso deciso ma sommesso.
    Sono sottolineati i richiami "unghereschi" del Brahms più popolare, tra le pieghe delle variazioni che sono virtualmente una serie di danze, nello stile barocco ma del tutto "romantiche" per collocazione storica.
    Fino a quel monumento contrappuntistico che è la fuga finale che tanto deve avere ispirato anche Busoni.
    Nelle altre composizioni sciolte, le opere della seconda parte della vita del Brahms pianistico, Perahia alterna un tocco molto umile nei brani intimisti e uno più virile ma asciutto nelle rapsodie e nelle ballate.
    Probabilmente c'è qualche cedimento e in più di un momento si vorrebbe sentire di più l'anima del pianista.
    Ma nel limite c'è la sua grandezza, grande servitore della musica di Brahms.
    Disco che anche dopo oltre 10 anni mi appassiona ascoltare, pur con qualche asprezza nella registrazione, il passaggio da CBS a Sony Classical non ha giovato (ma nemmeno, il successivo a DG, se è per quello ...)
  2. M&M

    Recensioni : violino
    Telemann senza basso (lavori per 2 e 4 violini senza basso continuo)
    Imaginarum Ensemble, The Shard Band guidata da Enrico Onofri (violino)
    passacaille 6 gennaio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***

    il programma del disco, rimarchevole la trascrizione per 2 violini della sonata per flauto e violino TWV 40.111
    la formazione con i quattro violinisti

    il leader, Enrico Onofri

     
    Telemann è un musicista particolare, famosissimo in vita, dimenticato nei secoli successivi (era una quasi esatto contemporaneo di Bach e Handel), autore di tantissima musica, multiforme di tutti i generi.
    E' oggetto abbastanza recente di rilettura critica da parte di musicisti che ne stanno rendendo un profilo più approfondito.
    Io ho scoperto le cantate - almeno alcune delle cantate sopravvissute - come musica di primo rango.
    Altre composizioni mi lasciano un pò freddino. E' il caso delle fantasie per violino solo, forse perché il riferimento (con Bach) è inarrivabile.
    Qui abbiamo musica piacevole, per formazioni di violini, in forma di duetto o di concerto, a due e a quattro.
    Che all'apparenza sono stucchevoli ma che al secondo ascolto invece prendono, nonostante la registrazione sia proprio tutta sul registro "sharp" come il nome della band.
    Le note, anche in italiano a firma dello stesso Onofri e di Stefano Aresi, ben descrivono il programma musicale "fatto di scherzi, imitazioni, galanti duelli amorosi ed inseguimenti in un vuoto senza basso".
    Che è effettivamente causa del primo disorientamento. Aggiungendo una parte di continuo e il raddoppio di alcune parti, avremmo dei concerti alla Vivaldi.
    Ma il pubblico di queste composizioni - copiose nel catalogo di Telemann - era quello degli amatori, non dei professionisti che si esibivano in pubblico.

    Quindi formazioni amatoriali, per lo più a livello familiare, composte in modo disomogeneo in termini di qualità e livello esecutivo.
    Musica abbastanza semplice ed eseguibile facilmente con strumenti differenti a seconda della disponibilità.
    Addirittura con la facilitazione di trasposizione di chiave, già in lettura, per passare, ad esempio, dal violino al flauto a becco.
    Quindi struttura semplice, forme a canone anziché fugati, imitazioni per terze, divertissement in gusto francese, che era la lingua colta imperante in tutta Europa a quell'epoca.
    Di consumo, non destinata a magnificare le doti del compositore ma, piuttosto, la borsa  con la vendita delle stampe.
    Però non mancano soluzioni interessanti sul piano architettonico e compositivo, come il duetto n. 3 e in tutti i concerti a 4 violini.
    Questi, nella loro brevità, offrono comunque quattro movimenti e sono particolarmente concentrati di idee.
    Per il piacere di suonare insieme, alla breve, con le dita sulle quattro corde dello strumento.
    I violini sono strumenti italiani, originali o copie, dal suono chiaro e perfettamente amalgamato.
    Della registrazione ho già accennato : secca, chiara, brillante.
    Ma del resto, è un Telemann senza basso ...
  3. M&M
    Patrizia Kopatchinskaja, violino
    Fazil Say, pianoforte
    Sonate per violino e pianoforte di Janacek, Brahms e Bartòk
    alpha 6 gennaio 2023, formato 96/24, acquistato
    ***
    Disco istrionico come il duo che lo caratterizza, già dalle note del libretto.
    Anziché il solito breve trattato sul programma musicale, sono invece una serie di domande e risposta tra i due che sintetizzano ancora di più il loro sodalizio musicale che è quasi ventennale.
    Dal 2004 hanno dato centinaia di concerti e registrato svariati dischi.
    Fin da quel primo spiazzante Beethoven. Che non è Beethoven nella realtà, è un pò Pat e un pò Fazil.
    Qui abbiamo tre sonate balcaniche che per humus e sostrato culturale sono quanto di più vicino ci sia ai due - moldava lei, turco ma con radici occidentali, lui - salvo le composizioni originali di Say o la musica folk moldava che Patrizia suona con la sua famiglia.
    Lei dice che la sonata di Bartòk è quella che gli piace di più e che è la più bella che abbia scritto Bela.
    Non sono in grado di darle ragione, perché per me Bartòk richiede dosi massicci di Citrosodina Granularetm per poterlo assumere più di una volta di seguito.
    Certamente la loro lettura è la più libera e solare possibile, con i due strumenti che si completano senza mai pestarsi i piedi.
    Lei è un folletto del bosco che suona a piedi nudi e riempie l'aria di trilli e di riccioli dei suoi capelli. Lui suda, salta, balda, canticchia, pesta, ritma.
    Artisticamente è una cosa straordinaria ascoltarli, qui, a bocca aperta.
    Ma se devo scegliere, la loro sonata di Janacek che apre il disco è tra le più belle disponibili.
    Un pò meno Brahms, che forse trovano più borghese per le loro possibilità espressive. Ma si tratta comunque di livello altissimo.
    La registrazione - fatta nell'agosto scorso - è quanto di più chiaro e terso ci sia, con ogni dettagli perfettamente scolpito nell'aria, cantilene di Pat e fioriture di Fazil compresi.
    Altro disco imperdibile di questo inizio di 2023.
    E meno male perché le ultime settimane sono state - discograficamente parlando - una tragedia !
     


  4. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Mariam Batsashvili : Romantic Piano Master/Warner Classics 6 gennaio 2023, via Qobuz, formato 96/24
    ***
    secondo disco, credo, della giovane pianista georgiana, dal nome vagamente assonante con altre grandi musiciste del suo paese.
    Si tratta di un recital tematico con musiche di Franck (il serioso Prélude, Fugue et Variations), il capriccio di Thalberg sulla Sonnambula di Bellini, per poi passare a Liszt che imperversa su Schubert, su suo genero Richard e su Gounod.
    Tolto Franck che mi convince nell'interpretazione (anche se molto lontana da quella mitica dell'ultimo Lugansky), il resto è in fondo "musica leggera" ma interpretata con un piglio per la maggior parte del tempo travolgente.
    Ogni dito di questa ragazza trasuda di passione musicale e la sua musica coinvolge l'ascoltatore anche con ... Liszt.
    In questo bene ha fatto Warner a pubblicare questo bel disco, registrato da vicino ma con ottima dinamica.
    L'ho ascolato 4 o 5 volte da ieri mentre lavoravo su cose noiose e mi ha agevolato molto.
    Brava Mariam, continua così e ... ti attendiamo con Rachmaninov e Scriabin.
  5. M&M
    Dopo il violino, il violoncello.
    Il violoncello è un violino da suonare seduti. In questo non è da confondere con la viola da gamba, che deriva dalla viola da braccio ma ha tutta un'altra impostazione, tecnica e gamma tonale.
    E' uno strumento nato per fare il basso, infatti in casa nostra si chiamava violone o basso di viola.
    Ma siccome, a differenza della viola da gamba non suonava abbastanza in basso (era più espressivo in alto), venne creato apposta il contrabbasso, per raddoppiarlo.
    Insomma, strumento ibrido che si è sviluppato per la sua relativa facilità di costruzione e di tecnica.

    Ma che in fondo fino ad epoca moderna non ha goduto di grande spolvero personale.
    Il repertorio solistico è eccezionale ma abbastanza limitato (parlo di suite per violoncello e di sonate per violoncello e pianoforte). E' ancora più limitato quello orchestrale con il violoncello solista puro.
    Beethoven non si è impegnato (lo ha fatto con le sonate) e, ovviamente, nemmeno Brahms. Entrambi lo hanno incluso nei loro - sfortunati - concerti per più strumenti, il triplo di Beethoven e il doppio di Brahms prevedono il violoncello, ma come comprimario.
    Per vedere un vero concerto per violoncello e orchestra attendiamo l'ottocento inoltrato, perché gli esempi settecenteschi (penso a Emanuel Bach e a Joseph Haydn non sono così sfolgoranti a mio parere, di Vivaldi io in genere, taccio).
    Ci sono tante composizioni di Boccherini e di Romberg, ma insomma ...
    Schumann, Dvorak, Saint-Saens, Elgar in epoca romantica. E poi Shostakovich e un certo rispolvero nel '900 e anche nei nostri anni.

    Ma vediamo insieme cosa conta veramente ascoltare, senza un particolare ordine.
    1

    i due concerti per violoncello di Saint-Saens sono particolarmente estroversi, come in generale la musica di quel compositore.
    Ma il primo ha un carattere più aulico, più coinvolgente. Il secondo non mi ha mai preso in particolare ma è certamente più virtuosistico.
    Li dividono circa trenta anni, il primo è del 1873, il secondo del 1903.
    Tematicamente non ci sono paragoni.
    Oltre alla edizione Chandos con Mork e Jarvi, si può fare una scelta tra la Du Pre, Harrell ...
     
    2

    il concerto di Schumann - 1850/1860 - credo sia uno dei concerti più belli che ci siano e tra le più belle composizioni dello sfortunato Robert.
    Che in gioventù suonava anche il violoncello, sebbene non al livello del pianoforte.
     

    edizione alternativa a quella con Sol Gabetta (lo so, è quella l'alternativa, non questa ...) è naturalmente Jaqueline accompagnata da Daniel, proposta da EMI/Warner insieme al concerto n.1 di Saint-Saens.
    Un must have assoluto.
    E' un concerto idilliaco, l'opposto del calvario mentale che Schumann si apprestava a vivere. L'opposto del modo di concepire musica di Shostakovish, se mi è permesso dirlo ...
    3

    allo stesso modo, ma con la Chicago, il celeberrimo, drammatico, ultraromantico, concerto in Si minore di Antonin Dvorak.
    Dvorak non è un compositore che mi viene mai in mente di ascoltare ma qui siamo in un pianeta a se stante.
    Siamo nel 1894, ci sono reminiscenza della sua sinfonia "americana", ma per fortuna non troppe ... più del dovuto.

    alternativa, sempre in casa EMI, i nostri Mario Brunello con Antonio Pappano a Santa Cecilia.
    Ovviamente, se non potete farne a meno, insieme alla 9a sinfonia.
    4

    il concerto di Elgar è del 1914-1919. Al di la degli stucchevoli aneddoti al riguardo, conta la musica.
    E si tratta di grandissima musica.
    Lo propongo anche qui con la Du Pré ma potrebbe essere ugualmente il grande Lynn Harrell che lo ha registrato in tante riprese.

    scegliete voi l'edizione, con Maazel, per esempio, a Cleveland
     
    5

    qui non sono disposto a discutere.
    I due concerti per violoncello di Shostakovich sono due capolavori assoluti.
    E Heinrich Schiff, con la direzione di casa offerta da Maxim, figlio di Dmitri, una visione lucida, ferma, totalmente scevra da sentimentalismi se mai fosse possibile.
    6

    il concerto di Walton viene spesso associato a quello di Elgar, mi domando perché.
    E' un concerto del 1956 commissionato e scritto per PIatigorsky che lo ha registrato con Charles Munch e la Boston

    è un concerto tradizionale e secondo me un pò al di sotto del concerto per viola dello stesso autore.
    La critica non è mai stata unanime su questo concerto, probabilmente vista l'epoca in cui è uscito.
    Resta l'amore per il violoncello dimostrato dagli inglesi in quei decenni.
    7

    non saprei dire se sia più "moderno" il concerto del più "cinematografico" Erich Korngold che però ha il pregio di essere breve e vivace (meno di 13 minuti in tutto, un solo movimenti in tempi diversi).
    Si tratta di una composizione del 1947
    8

    in generale non mi verrebbe mai in mente Arthur Honegger ma il suo concerto per violoncello del 1929 è molto particolare.
    Ci sono influenze etniche e jazz, ritmi e danze.
    Anche questo è breve ed in un solo movimento.
    9

    c'è un concerto per violoncello "in stile nuovo" ma nella realtà antico di Arnold Schoenberg.
    Una rielaborazione di un concerto per clavicembalo settecentesco di Matthias Georg Monn (contemporaneo dei figli di Bach), dedicato a Pablo Casals quando Schoenberg si trasferì in America.
    10

    é di rarissima esecuzione il concerto di Barber che richiede doti virtuosistiche trascendentali al solista, di fronte una orchestra molto ridotta che nulla può fare per aiutarlo.
    11

    Wendy Warner passa l'archetto a Julian Lloyd Webber per il concerto di Philip Glass
    12

    chiudo questo escursus che, come vedete, ha più che altro toccato il tardo romanticismo e il '900, con un disco - qualsiasi - di concerti di Emanuel Bach.
    Questo Bach nella realtà non scriveva per uno strumento particolare, e quindi possiamo trovare un concerto per flauto arrangiato per violoncello o per oboe.
    E' musica bellissima ma non effettivamente scritta per valorizzare uno strumento che in quei decenni era visto come al servizio degli altri.
     
    ***
    Spero di avervi incuriosito. Il violoncello per gamma espressiva e possibilità emotive è uno dei miei strumenti preferiti.
    Ammetto però che dei concerti presentati in questo articolo, i miei preferiti sono solo alcuni ...
  6. M&M
    Michael Angelo Immenraet, pittore fiammingo del '600 : "Adorazione dei Re Magi". 1670
    La Cantata BWV 65 "Sie werden aus Saba alle kommen" [Verranno tutti da Saba] é stata eseguita per la prima volta come prima cantata del ciclo inaugurale di Lipsia, il 6 gennaio 1724.
    Rappresenta come è ovvio la venuta dei Re Magi ad adorare il neonato Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni.

    Consta di 7 movimenti ed è composta per un organico non troppo sviluppato :
    Tenore e basso solisti, coro con soprani, contralti, tenori e bassi, strumenti : 2 corni, 2 flauti, 2 oboi da caccia, 2 violini, viola e basso continuo.
     
    La scelta degli strumenti - corni "da caccia", oboi d'amore o da caccia, cerca in qualche modo di creare atmosfere orientaleggianti, a simulazione delle ciaramelle mediorientali.
    Complessivamente la cantata è un piccolo "oratorio" che all'origine è stata proposta in un ciclo che comprendeva il Magnificat, il Sanctus ed altre cantate natalizie.
    Le letture comprendono brani dal Vangelo di Matteo e dalla Bibbia (Isaia). Almeno un recitativo è di mano dello stesso Bach.
    Il coro iniziale, bellissimo, è intonato dai due corni, il canto è pastorale come si conviene, data l'occasione che ricorderete dal Catechismo.
    Segue un corale con i due solisti e i due flauti.
    Ancora un recitativo e un'aria per i due solisti.
    Infine un corale conclusivo.
    Le tonalità passano dal do maggiore iniziale al la minore passando per mi minore.
    L'aria per il basso "Gold aus Ophir ist zu schlecht" ("Ofir non ha abbastanza oro da offrire") ha un accompagnamento sofisticato con gli oboi e il basso continuo (organo).

    Il recitativo del tenore è particolarmente "drammatico" ma apre ad un'aria estremamente melodica che è una danza lieta.
    La musica è elaborata e ritmata con colori strumentali brillanti, operistici che forse avranno smosso qualche sopracciglio negli austeri borghesi lipsiani.
    Del resto il titolo " Nimm mich dir zu eigen hin ", prendimi con te, è chiarificatore.
    Il corale finale "Ei nun, mein Gott, so fall ich dir getrost in deine Hände" è un classico, scritto su musica utilizzata da Bach anche nella cantata 111 e nella Passione di Matteo.
    Le voci sovrastano il basso che l'accompagna (organo), solenne e legato.
    Brevissimo.
    ***
    Cantata a metà tra il solenne e il bucolico, stretta tra le celebrazioni del Natale cui Bach dedicherà una delle sue composizioni più magnifiche, l'Oratorio strutturato su ben 6 cantate, si presta comunque a buone interpretazioni.
    Io comincio sempre come riferimento alla versione di Gardiner tra le cantate del pellegrinaggio.
    La registrazione è del 2000 :

    inserita nel Vol. 18 dell'edizione dell'etichetta dello stesso Gardiner, Soli Deo Gloria.
    Molto più compassata la lettura di Suzuki, pubblicata col volume 21

    e sinceramente non dedicherei altro tempo alla ricerca di versioni alternative su disco.
  7. M&M
    Slim Aarons, 1 gennaio 1957, Hollywood.
    ***
    Questa foto di Slim Aarons - fotografo delle star di Hollywood - è stata definita la "Mount Rushmore" delle celebrità, oppure "The Kings of Hollywood".
    Ritrae - chi come me pensa che il cinema sia quello della Gold Age di Hollywood li avrá riconosciuti - Clark Gable, Van Heflin, Gary Cooper e James Stewart, che ridono per una battuta (immagino del solito Clark) mentre si bevono una coppa di champagne nella Crown's Room del ristorante Romanoff di Hollywood.
    Ma potrebbero anche essere quattro sconosciuti, non importa.
    Come non importa che ci sia un secondo scatto in cui Van è voltato verso Clark che si è accorto di Slim :

     
    quella è una fotografia straordinaria lo stesso, per il momento colto, l'atteggiamento, i quattro personaggi nella loro naturalezza assoluta.
    Io però arrivo a dire che sia una bella fotografia, intesa proprio sul piano artistico.
    Nessun altra considerazione di natura tecnica, tecnologica o sofista rafforzerebbe ulteriormente il mio pensiero al riguardo.
    Pensieri miei, naturalmente.
  8. M&M
    Bach transcriptions : sei concerti per violoncello piccolo
    Mario Brunello, violoncello piccolo
    Accademia dell'Annunciata diretta da Riccardo Doni
    Arcana 6 gennaio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Conosciamo la prassi della trascrizione o dell'arrangiamento di musica già disponibile per strumenti diversi, fatta dallo stesso compositore di sua musica, o da altri compositori di musica pervenuta a stampa.
    Bach ne ha scritta tanta, i suoi concerti per clavicembalo sono musica nata per altre circostanze e per altri strumenti, a volte più strumenti. Ci sono anche adattamenti di sonate a tre trasformati in concerti.
    E' meno noto il violoncello piccolo, strumento presente spesso ad inizio '700 e che Bach impiegò nelle cantate di Lipsia.
    Si tratta di un violino grande, non di una viola, e in quanto tale si presta a virtuosismo estremo anche se necessita comunque di essere poggiato a terra.
    Le proporzioni si vedono chiaramente nella foto del Maestro Brunello nella copertina.
    Questo non è il primo disco inciso da Brunello con questo strumento, non sono sicuro che i precedenti mi abbiano del tutto convinto.
    Ma questo è proprio un disco straordinario.
    Contiene tre concerti per clavicembalo arrangiati per violoncello piccolo e orchestra d'archi (BWV 1054/1055/1056), due concerti "veneziani", quello di Alessandro Marcello per oboe e quello di Vivaldi (RV230), arrangiati per violoncello piccolo e basso continuo di organo, e infine c'è quello derivato dal Concerto Italiano.
    ll ritmo è sempre vivace mantenendo però l'espressività stupenda dello strumento ma la fedeltà al testo resta precisa.
    L'equilibrio tra parti e volumi è essenziale e qui è rispettata, anche nel complesso gioco del concerto da Vivaldi e nell'originale "Concerto Italiano" di Bach.
    Il materiale di base è autentico, anche quello "ricostruito" all'origine, l'approccio è esemplare.
    La trascrizione del citato Concerto Italiano di Riccardo Doni, perfetta, anche del complesso adagio, sempre difficilissimo da rendere già al cembalo o al pianoforte.
    Registrazione eccellente in presa diretta alla Chiesa di San Bernardino di Abbiategrasso e note anche in italiano.
    Insomma, un disco con cui iniziamo veramente bene il 2023.

  9. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Liszti : fantasia e fuga sul nome B.A.C.H. variazioni
    Bach : duetti, capriccio e variazioni sul tema Lontananza del suo fratello dilettissimo BWV 998
    Aurel Dawidiuk,pianoforte
    Etera Classics, dicembre 2022, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    "Ciò che Dio fa è ben fatto" avrebbe detto l'abate Ferenc Liszt.
    Non so quanto sia riconoscibile questa frase nel disco ma di certo posso affermare con sicurezza che questo ragazzo ha le palle.
    Organista, cembalista e pianista. Ma soprattutto ... classe 200. Di Hannover, poeta della tastiera.
    Associata il Liszt più asceta col Bach più libero.
    Lo fa con forza, veemenza, lucidità. Divertimento. Come dice la copertina del disco.
    Cominciate ad ascoltare dal finale Variations on Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen, S 180 e i suoi 16 minuti, riprendete dall'inizio, con i 13 minuti della Fantasia and Fugue on the Theme B-A-C-H, S 529 di Liszt.
    E poi rilassate vi con i duetti di Bach BWV 802-805.
    E per concludere, solo nel finale, prendete il capriccio di Bach "sulla lontananza".
    Michiapapà. Che forza, che veemenza e che chiarezza.
    Se questo è l'esordio sul disco dove arriverà tra 20 anni se avrà questa costanza.
    Registrazione di qualità abbagliante, pianoforte vivo davanti a me, martellante senza dare fastidio anche a volumi da lesioni dei timpani.
    Ma giù il cappello !
  10. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Debussy : early and late piano pieces
    Steven Osborne, pianoforte
    hyperìon ottobre 2022, formato 96/24, disco acquistato
    ***
    Osborne ha già all'attivo diversi dischi di Debussy.
    Abbiamo già recensito altre sue prove su queste pagine, sottolineandone sia la delicatezza che la profondità di visione, specie in questo momento di maturità.
    Ne da ulteriore prova con questo bel disco che raccoglie opere di tutta la carriera compositiva per pianoforte di Debussy.
    Partiamo dalla Dansé Bohemienne, scritta a Firenze nel 1880 mentre era "impiegato" come pianista di casa della Signora Von Meck, patrona di Chaikovsky, fino all'ultimissimo periodo, durante la guerra nel 1917, Le soirs.

    Questo arco così ampio è una bella prova per l'interprete che probabilmente troverà più concentrazione in una singola raccolta.
    Ma è questo lo spirito di questo disco.
    C'è l'atmosfera sognante e scanzonata tipica della musica libera di Debussy, la Suite Bergamasque è fresca e immediata, priva di affettazioni (soprattutto nel celebre ...)
    Réverie é sognante il giusto, senza strafare.
    Vivace e fanciullesca la Danse styrienne.
    Crepuscolari ma pacate e tranquille, le prime due Images oubliées, petulante la terza, ma sempre in punta di dita.
    Quasi a celebrare la fine della Belle Epoque, gli ultimi brani più tardi.
    In tutte queste - bellissime - pagine, del Debussy più godibile, Steven Osborne raggiunge secondo me l'obiettivo di mantenere coerente la lettura, senza mettere in mostra il pianista se non nel senso che rende perfettamente giustizia al valore della musica, ripartendo dalle origini, fondamentali, senza le troppe incrostazioni che si sono accumulate nei decenni, non sempre opportunamente.
    Il disco, ma dirlo per hyperìon è quasi inutile, è di una chiarezza assoluta, il piano è naturale, vivo, senza alcuna asprezza. Li davanti a voi.
    Lo raccomando senza esitazioni, tra le più interessanti proposte di questo ultimo scorcio di anno.
  11. M&M

    Recensioni : violoncello
    A Golden Cello Decade 1878-1888
    Steven Isserlis, violoncello, Connie Shih, pianoforte
    hyperìon, dicembre 2022, formato 96/24
    ***
    Le riviste inglesi stravedono per questo disco.
    Non dico che non ci sia del valore, Isserlis vale da solo il biglietto ed è molto ben coadiuvato.
    Ma il repertorio qui registrato non è di quelli che mi fanno ingolosire troppo.
    Ammettere che di tutto il programma i brani che mi hanno attirato di più sono quelli di Dvorak mi costa fatica.
    La sonata di Strauss è difficile da digerire persino per me che mangio violoncello e pane a colazione.
    Mentre quella della Le Beau è veramente il paradiso del cantabile.
    Sarà che all'ascolto trovo il pianoforte troppo forte e avanti, a tratti aggressivo, e il violoncello un pò troppo scuro, cosa che mi costringe ad abbassare il volume (l'opposto che mi capita con il disco di Debussy di Osborne per la stessa casa discografica che ho appena recensito).
    Il risultato probabilmente rende più negativa l'esperienza di ascolto di quanto la musica non meriterebbe. Ma purtroppo tant'è.
    Colpa mia perché gli interpreti sono eccellenti ed hanno all'attivo collaborazioni di pregio.
  12. M&M

    Recensioni Cuffie
    AKG K712 Pro

     
    Le AKG K712 Pro rappresentano ancora oggi il prodotto di fascia media appena inferiore alle due, inarrivabili (per prezzo) ammiraglie serie 8.
    Anche se si trovano a prezzi molto inferiori, scontando il fatto che la presentazione oramai risale ad almeno 6 anni fa, il prezzo di lancio era intorno ai 450-500 euro.
    Di fatto sono, almeno per estetica, la versione per utilizzi professionali delle K701/702, appena precedenti.
    Ma sono molto diverse per costruzione e stile dalle classiche AKG che popolano tutti gli studi televisi e radiofonici del mondo.


    AKG Reference Headphones : di fatto, a parte i colori, del tutto identico alle K701



    anche nei dettagli, come il numero di matricola, le fettucce in plastica trasparente che fanno da elastico tra l'archetto e i padiglioni.
    Stesso discorso per le due guide di scorrimento tubolari.

    ma come K812 e K872 sono costruite in Slovacchia, non in Austria (mentre i modelli consumer sono fatti in Cina).

    Diversamente dai modelli da Studio (tipo le inossidabili K240) l'imbottitura per le orecchie è vellutata e non in similpelle.
    Alla lunga cede e si ammoscia con l'uso. Ma sono chiaramente sostituibili.

    alla fine se proprio vogliamo trovare un vero elemento PRO è il cavetto staccabile, lungo una esagerazione, di un arancione vivace che si collega al lato sinistro con un una spina a tre PIN (non XLR) che permette esclusivamente un attacco sbilanciato.

    dall'altro lato un bel connettore dorato 3.5/6.3mm a vite, ben fermo.


    se piace l'estetica, non sono poi male.
    All'apparenza sembra che si debbano rompere al primo impiego ma è una sensazione comune per tutte le AKG non destinate agli studi di registrazione.
    Alla prova dei fatti le mie hanno tanti anni e resistono bene (non parliamo della K340 che il mese prossimo festeggiano i 37 anni di attività).


     



    fin qui l'estetica.
    Adesso le caratteristiche di targa dichiarate dal produttore :
    tipo : aperto, sovra/circumaurale
    sensibilità : 105 dB SPL/V
    impedenza : 62 Ohm
    cavo : staccabile con connettore a tre pin, lungo 3 metri
    potenza massima : 200 mW
    peso : 235 grammi
    applicazioni : studio-mixing, ascolto hi-fi
    Nel complesso nulla di diverso dal solito per chi conosce AKG. L'impedenza appena più alta del solito non costituisce comunque un problema per nessun dispositivo e la sensibilità offerta compensa un pò la potenza massima non proprio esaltante.
    Un aspetto che nell'ascolto verrà messo in evidenza.
     
    MISURE :
     

    al mio "banco di misura" volante hanno mostrato una risposta in frequenza molto estesa fino in basso, un evidente rigonfiamento intorno ai 280 Hz e un'andamento molto tormentato e ondulato sui medi e sugli alti.
    In particolare un grosso avvallamento sui 1300 HZ e poi una serie di esaltazioni e di attenuazioni che fanno salire la sensibilità della criticissima gamma 2K-10K moldi decibel sopra alla linea mediana.

    L'ascolto e soprattutto il confronto incrociato con altre cuffie di diversa impostazione hanno confermato l'impressione di grande estensione verso il basso ma con una decisa mascheratura dell'estremo inferiore da parte di un medio-basso troppo gonfio:
    E una freddezza generale che caratterizza molto ogni registrazione di ogni genere, soprattutto sulle voci e sugli strumenti ad arco e a fiato che suonano nelle gamme tra i 1000 e i 5000  Hz.
    Mentre è meravigliosa l'ampiezza dell'immagine sonora offerta, per nulla concentrata dentro la testa ma molto proiettata all'esterno.
    Per cuffie di questa fascia di prezzo si vedono potenzialità interessanti ma l'ascolto "fuori dalla scatola" può risultare deludente. Anche a me che, per affetto, sono sempre stato un estimatore del marchio austriaco.
    Ma per fortuna che oggi abbiamo a disposizione strumenti che ci aiutano a migliorare ciò che di buono c'è di base, attenuando difetti ed asprezze, sempre presenti in ogni paio di cuffie (teniamo a mente che non esistono le cuffie perfette, nemmeno quelle da 20.000 euro sono altro che dei compromessi più o meno spostati verso l'alto).
    EQUALIZZAZIONE :
    Se è vero che con l'equalizzazione non si può cambiare totalmente il carattere di un trasduttore, è sempre possibile allinearlo almeno all'ideale.
    Qui ho operato come al solito, impostando un target che allinea la risposta con un andamento calante dai 1000 Hz in su, cercando di eliminare per quanto possibile i picchi.
    Con un numero relativamente ristretto di filtri parametrici (frequenza, ampiezza, guadagno) é stato possibile ottenere un buon risultato.
    In questo diagramma vedete in blu il target (curva Harman che flette da 1000 Hz in su e "vorrebbe" crescere da 100 Hz in giù), in verde più scuro la risposta originale, in verde più chiaro quella corretta.

    Le impostazioni inserite del DPS studio di JRiver 26

    i filtri calcolati da REM

    con queste impostazioni, le note di ascolto.
    ASCOLTO :
    attivando e disattivando la correzione il differente modo di porgersi delle cuffie salta immediatamente all'occhio.
    Resta l'impostazione mitteleuropea ma il basso adesso non è più mascherato ed arriva fino in basso.
    E' evidente sia nel pedale della Passacaglia di Bach (Koopman, Teldec) che nel terzo movimento della 5a di Beethoven (Chailly, Decca) nei passaggi tra le varie sezioni degli archi.
    Ogni nota, ogni strumento, ogni voce è al suo posto. Togliendo i filtri aumenta il frastuono e il volume di suono ma si perde buona parte del dettaglio.
    La voce barocca è limpida e ben caratterizza, non in evidenza come in certe planari o nelle elettrostatiche ma credo che nessuno cercasse questo, almeno che nessuno tentasse di trapassarci i timpani.
    E qui la dolcezza é il tratto distintivo, tanto che si va ad alzare il volume fino a limiti poco raccomandabili (Anne Sofie Von Otter, Monteverdi, "Si dolce e l'tormento").
    Tornando su generi più energetici, la Valchiria nella indimenticabile performance di Karajan con i Berliner è esemplare e si può assistere all'esplosione di tutto l'arco orchestrale con una performance quasi da diffusori e non da cuffie.
    Qui veramente questo trasduttore ha pochi rivali in questa fascia. Contrabbassi rugosi, potenti, in evidenza. Ed ecco che arriva Sigmund, ferito e braccato ...
    Stessa impressione di potenza, di estensione sia in frequenza che in ampiezza, per il classico dei Dire Straits, Brothers in Arms. La voce di Knopfler è leggermente roca ma non troppo. Ma è il fronte proprio ampio che soddisfa le orecchie.
    Togliendo i filtri sembra che le cuffie si dividano in due, e che la destra non sappia cosa sta facendo la sinistra.
    Buono il pianoforte anche se manca un pò della possanza che si vorrebbe ascoltare quando Giltburg va alla marcia nel 23/5 di Rachmaninov.
    In generale - con l'equalizzazione - diventano cuffie raffinate, con una grande estensione in frequenza e senza più caratterizzazioni. Ottime per ascolti prolungati senza alcun accenno di stanchezza.
    Non hanno quella magia che si può trovare in oggetti superiori e in questo non c'è da meravigliarsi.

    Senza equalizzazione il suono invece è, senza troppi mezzi termini, sgangherato, e l'orecchio educato dopo pochi minuti si renderà conto che la risposta non è del tutto adatta ad un ascolto hi-end.
    Non saprei dire se certe scelte siano state fatte per cause tecniche indotte dal driver impiegato o se invece sia ricercato per favorire determinati ambiti (il missaggio ? Non ho esperienza al riguardo).
    Se posso dire però, per un modello pro, la tenuta in potenza è un pò limitata. Non in termini assoluti ma con l'equalizzazione ovviamente sia l'amplificatore (e con il mio non ci sono problemi) che il driver è sollecitato in determinate frequenze e qui può capitare di sentire qualche accenno di clipping.
    A volumi elevati, certo, ma con questo tipo di curva il livello deve essere quasi pari "al vivo", altrimenti si perde tutto il bello.
     
    COMFORT :
    Leggerissime, non pesano sulla testa nemmeno per ore. I padiglioni però poggiano leggermente sulle mie orecchie e questo alla lunga mi infastidisce.
    Il peso è comunque ben distribuito, senza squilibri. Nessun problema nemmeno in termini di calore o sudore.
    CONCLUSIONI :
    Sinceramente il termine PRO mi pare non del tutto meritato, così come il prezzo di listino richiesto, invero eccessivo e non giustificato se non dall'estensione verso il basso dei trasduttori.
    Cosi come arrivano le cuffie non mi sembrano soddisfacenti per un ascolto hi-end e l'equalizzazione mi pare indispensabile.
    Una volta "domata" la risposta, il discorso cambia e diventano un oggetto raffinato per intenditori. Nella musica con un ampio fronte stereofonico ed alta dinamica, specie con passaggi su frequenze ad ampio spettro, sono cuffie spettacolari.
    A costo di tenere il volume su livelli al limite della salute delle vostre orecchie e della tenuta dei driver in determinati momenti.
    Al prezzo cui vengono offerte oggi, però, possono costituire un affare, magari anche solo per aggiungere una AKG alla vostra collezione.
    Io ce le ho ed ho intenzione di tenerle per quando ho voglia di un sapore diverso dalle mie solite planari)
  13. M&M

    Bach Kantatenwerke
    originale manoscritto del 1730
    La cantata è divisa in quattro movimenti più l'alleluja conclusivo
    Jauchzet Gott in allen Landen ("Lodate il Signore in tutte le terre"), un'aria col da capo. Wir beten zu dem Tempel an ("Offriamo le nostre preghiere al tempio"), un recitativo che di fatto è un arioso con archi. Il testo di questo pezzo è tratto da salmi 26 e 138. Höchster, mache deine Güte ("Nell'alto, rinnovare la vostra bontà"), soprano e basso continuo Sei Lob und Preis mit Ehren ("Lodi, preghiere ed onori"), é una fantasia sulla quinta strofa del corale di Johann Gramann Nun lob, mein Seel, den Herren per archi e basso continuo con il soprano come cantus firmus. Senza interruzioni, si passa al fugato Alleluja conclusivo. L'autore del testo del primo movimento e del terzo è sconosciuto, ma alcuni ipotizzano possa essere lo stesso Bach.
    Sia la parte del soprano, che copre due ottave e richiede un do alto nel primo e nell'ultimo movimento, che la parte della tromba solista, sono estremamente virtuosistiche. La parte della tromba, invece, fu probabilmente scritta per Gottfried Reiche.
    Il testo tradotto in italiano della prima aria :
    Lodate il Signore in tutte le nazioni!
    Sia nel cielo che nella terra
    tutte le creature
    viventi proclamino la sua lode,
    e vogliamo al nostro Dio
    un'offerta ora presentare
    poiché anche nella croce e nel bisogno
    è restato al nostro fianco.
    ***
    organico : soprano, tromba, due violini, viola e basso continuo (con organo)
    Composizione : 1729-1730
    Lipsia, Nikolaikirche, forse il 17 settembre 1730 oppure il 25 settembre 1729
    Ripresa nel 1730, 1731, 1750 e 1755.
    La partitura è originale e parzialmente autografa con parti di W.F. Bach.
    ***
    E' nella realtà una composizione misteriosa, in quanto la prescrizione stessa di Bach "Dominica 15 post Trinitatis et In ogni Tempo" non la destina ad una particolare occasione anche se si ipotizza come prima esecuzione il mese di settembre del 1729 o del 1730.
    Formalmente è stata impiegata per la celebrazione dei 200 anni dalla Pace di Augusta (25 settembre 1535), occasione profana.
    L'organico è chiaramente festivo e la partitura per soprano tanto virtuosistica (tre volte per do alto e per saldo di do) da richiedere una cantante di ruolo e non certo un fanciullo o una voce bianca.
    Anche la parte di tromba e del livello di quella prevista per altre cantate bachiane di taglio celebrativo, a parte l'Oratorio di Natale e il Magnificat.
    Praticamente un mottetto solistico con tanto di fugato, fantasia, corale, strutturato come aria-recitativo-aria-allelujia con vere e proprie velleità concertistiche.
    Tanto che Friedmann Bach, morto il padre, la riprese ad Halle, ed aggiunse una seconda parte di tromba e i timpani, per elevarne ulteriormente il carico celebrativo.
    Secondo Raffaele Mellace (vedi il suo meraviglioso e dettagliatissimo volume sulle Cantate di Bach), il primo movimento rinnova gli splendori dei Concerti Brandeburghesi con il concertino dei tre strumenti (soprano, violino e tromba) che compete con il "tutti" orchestrale. La voce gareggia proprio con il virtuoso alla tromba.
    E' chiaramente un'aria all'italiana.
    Il recitativo, almeno formalmente, stempera il clamore iniziale con una vera e propria perorazione del soprano appoggiato agli accordi degli archi.
    La meravigliosa aria che segue, con il soprano accompagnato dal continuo (violoncello e liuto) é forse il cuore dell'intera cantata con un cantabile di "rasserenante distensione", denso e portato da un basso ostinato.
    Nel corale i due violini intonano le prime due voci, riguadagnando il loro giusto peso mentre la voce del soprano ricama sopra la loro melodia. Anche qui un richiama totale, alla musica italiana (due violini, soprano, basso continuo, tace la viola).
    La cantata culmina in un monumentale "scontro" tra il soprano e la tromba concertante con il tutti degli archi impegnati in un lungo fugato.
    ***
    Si intuisce forse anche dalle mie parole il livello della composizione, tra le vette più magiche raggiunte dal Kantor di Lipsia.
    Che possa essere stata composta nientemeno che per Faustina Bordoni, usignolo di Handel e moglie di Hasse e di base in quegli anni a Dresda dopo i fasti di Londra e Parigi, fa capire che tipo di voce sia richiesta per questa composizione.
    E per fortuna oggi abbiamo quello che ci vuole. In questi giorni sono innamorato dalla performance della bellissima (ho scritto bellissima ? volevo scrivere bravissima !) Sabine Devielhe che ha registrato con Pygmalion un disco dedicato ad Handel e a Bach, come a sancire la leggenda della Bordoni.

    un momento dell'aria iniziale, Sabine Devielhe e il complesso Pygmalion di Raphael Pichon

    la registrazione è smagliante, vivace, tanto francese che italiana.
    Resta Bach ma con piene e precise radici Scarlattiane nel confronto con le arie operistiche di Handel.
    Ci mostra anche cosa Bach avrebbe potuto fare se i suoi datori di lavoro fosse stati più liberali nelle prescrizioni ...

    c'è un disco recentissimo (22 novembre 2022) con questa cantata.
    La voce di Amanda Forsythe non è quella della Devieilhe ma ad avercene.

    faccio seguire il volume n. 30 della edizione delle cantate di Suzuki che si avvale di un altro dei miei amori, Carolyn Sampson.
    Si tratta di una lettura equilibrata, senza troppi fuochi artificiali, la Sampson gioca meravigliosamente con la tromba che di suo, fa di tutto per non sovrastarla.

    Carolyn Sampson

    chiudo con la classica lettura di Gardiner, nel suo pellegrinaggio del 2000, con la svedese Malin Hartelius nella parte del soprano

    lettura rapida, come suo solito, asciutta, ma festante come previsto.
    Naturalmente trovate altre decine di interpretazione di quella che è una delle più belle e gioiose cantate di Bach, che oggi ascolto a ripetizione, al posto del tradizionale oratorio di Natale.
  14. M&M
    Ralph Vaughan Williams con il basso tuba della London Symphony, Philip Catelinet, dedicatario del concerto per tuba

    il celebre oboista Léon Jean Goossens, dedicatario del concerto per Oboe, grande interprete della musica inglese per oboe, scritta per lo più per lui, maestro, tra gli altri, di Evelyn Rothwell, seconda moglie di Sir John Barbirolli
    ***
    Il concerto per oboe e orchestra d'archi di Ralph Vaughan Williams è stato completato nel 1944, insieme alla quinta sinfonia.
    La vicinanza tra le due composizione si sente nel clima complessivo e non solo, le prime note delle due composizioni sono praticamente le stesse.
    Però la sinfonia è una partitura molto complessa, sia per le parti in causa che per il virtuosismo complessivo.
    Nel concerto, l'autore ha voluto una orchestra a ranghi ridotti dei soli archi per mettere in risalto lo strumento solista, di solito difficile da valorizzare.
    E' una ripresa - almeno nella logica - degli stilemi barocchi, dove l'oboe ebbe grande spolvero solistico, poi perso in favore di strumenti più duttili e dotati di una gamma più estesa.
    E' diviso in tre movimenti che si aprono e si chiudono in forma ciclica con accenni pentatonici
    Rondò Pastorale (Allegro moderato) Minuetto e Musette (Allegro moderato) Scherzo (Presto – Doppio più lento – Lento – Presto) come per il concerto per tuba, siamo lontani dallo schema tradizionale - quello classico/romantico - del contrasto solista->orchestra.
    Qui tutti gli strumenti si completano a vicenda.
    C'è chi - avendo in mente Beethoven o Brahms, lo ha definito un anticoncerto.

    La composizione inizia in modo abbastanza sommesso, il primo rondò è realmente pastorale ed introduttivo. Il minuetto centrale è molto breve.
    E ciò introduce di fatto all'ultimo movimento che è in più tempi, e sostiene principalmente l'intero concerto.
    L'oboista - finalmente - si apre ad accenni di virtuosismo ma, nello stile di Vaughan Williams, interviene l'orchestra che riporta la musica in tono più controllato, evitando eccessi, prima con due passi lenti ed infine con finale più frizzante che riprende malinconicamente il tema principale.
    E' un concerto bellissimo, ingiustamente trascurato, breve eppure estremamente espressivo, secondo me tra le cose più belle scritte dall'autore inglese.
    Scritto per Leon Goosens la cui dedica è sul frontespizio della partitura
     
    doveva essere eseguito per i Proms del luglio 1944 ma quel ciclo di concerti venne annullato per l'offensiva delle bombe V2 su Londra e ripreso nel successivo settembre con Malcom Sargent alla guida della London Symphony.
    Sinceramente non so se questa interpretazione sia stata poi registrata.
    Al suo posto ho scelto quella comunque "canonica", con Sir John Barbirolli che dirige, ovviamente, la London Symphony, con la moglie Evelyn all'oboe.

    è una registrazione del 1954 che ha il pregio di contenere anche la prima assoluta del concerto per tuba dello stesso autore.

    Evelyn Rothwell in Barbirolli prova la parte del concerto con l'assistenza del marito, John, nella loro casa di Londra.
    Direi che non si potrebbe trovare nulla di più inglese per l'occasione.
    Il tono e l'eloquio è dell'epoca, tipicamente Barbirolli. Oggi probabilmente lo definiremmo un pò troppo composto ma non so se le letture - più vivaci - di oggi, sarebbero piaciute a Ralph.
     
    Ma ci sono pregevolissime edizioni molto recenti che posso suggerire in alternativa.

    per prima quella proposta da Sir Mark Elder, che è alla guida dell'orchestra Hallé che vide per decenni Barbirolli come direttore artistico.
    E' una lettura mediata, all'inglese. Disco pubblicato dalla stessa fondazione Hallé nel 2011

    un altro che mi è molto piaciuto è questo di Capriccio, del 2009, estremamente vivace.

    Infine questo di harmonia mundi del 2015 che vede James MacMillan presentare anche il suo concerto per oboe.
    Questo concerto per oboe si potrebbe anche associare a quello composto da Eugene Gossens per il fratello Leon.
    Insomma, una grande scelta.
    ***
    Il concerto per tuba è stato considerato alla sua presentazione come una sorta di stravaganza di un compositore oramai molto anziano.
    Nella realtà è stato il primo concerto con la tuba come strumento solista ed ha aperto la strada ad una serie di proposte di altri compositori contemporanei inglesi, a beneficio di uno strumento che immaginiamo sempre relegato in secondo piano, come riempimento in orchestre e bande.
    Si compone di tre movimenti classici :
    Preludio: Allegro moderato Romanza: Andante sostenuto Finale - Rondò alla tedesca: Allegro è una composizione estremamente estroversa, anche qui senza una reale contrapposizione tra solista e orchestra (che è una orchestra completa contemporanea, piatti, grancassa e tutto il resto
    , non d'archi come per il concerto per oboe), vivace e brillante.
    Ha una durata per soli 12-13 minuti, per ovvie ragioni di tenuta del ... solista, il basso tuba è un arnese maledettamente impegnativo e si può essere virtuosi quanto si vuole ma il fisico alla fine cede.

    il vecchio Ralph ai tempi della stesura del concerto per tuba.

    frontespizio della prima stampa del 1955, Oxford University.
    Dedicato alla London Symphony Orchestra (ma reso possibile solo dal suo virtuoso del basso tuba Philip Catelinet)
    Io sinceramente continuo a preferire la versione originale di Barbirolli ma ci sono altre registrazioni recenti e bensuonanti, con un contrasto tra volumi e masse sonore ben sviluppato

    segnalo questo di Genuine "alla tedesca" é del 2006

    e questo Bis alla "scandinava" con altre composizioni per tuba più recenti, del 2008.
    ***
    Spero di avervi incuriositi, almeno, con due composizioni legate tra loro e per noi ascoltatori italiani, per lo più sconosciute ma estremamente interessanti.
  15. M&M

    Musica e Arte
    Secondo le fonti comunemente accettate, La Marsellaise - attuale inno nazionale francese - è un canto rivoluzionario composto dallo sconosciuto Rouget de Lisle nel 1792 su commissione del sindaco di Strasburgo per contrapporla al canto popolare - piuttosto "rustico" ma molto in voga - Ça ira).
    La canzone inizialmente era intitolata Chant de guerre pour l'Armée du Rhin e l'occasione era la dichiarazione di guerra all'Austria cui l'armata del Reno era chiamata a partecipare.
    La canzone divenne molto popolare fino a quando Napoleone l'abrogò per sostituirla con una più marziale marcia.
    Venne ripresa dalla Terza Repubblica nel 1887 e divenne formalmente l'Inno Nazionale Francese anche se nulla ha a che fare col 14 luglio (quando la gente cantava Ça ira.
    Ha anche poco a che fare con Marsiglia, seppure c'è l'avvenimento del giugno 1792 quando venne intonata al funerale del sindaco di Montepelier. Il capo dei giacobini di Marsiglia presente a quell'evento ne fu colpito e la presentò al suo club a Marsiglia, dove ispirò i volontari che partivano per Parigi e che la cantarono al loro arrivo nella capitale. Di qui la nuova denominazione di Inno dei Marsigliesi e poi La Marsigliese.

    Rouget de Lisle incanta la convenzione di Strasburgo con la sua canzone di guerra
     
    Ma torniamo alle origini. L'autore, un personaggio abbastanza controverso, non la firmò mai. Il testo è quello della convenzione di Strasburgo chiamata ad imbracciare le armi contro l'austriaco (Aus armes, citoyens ! etc. etc.).
    Rouget non era granché come compositore e nessuna delle sue musiche è memorabile.
    Disse di avere avuto l'ispirazione durante la notte e di averla composta di getto.
    Ciò fece nascere dubbi fin dalle origini e in Francia c'è chi credette che il vero autore fosse nientemeno che Ignace Pleyel - il famoso costruttore di pianoforti - amico di Rouget ma maledettamente monarchico.
    Un'altra ipotesi è quella che il brano venga dall'oratorio Esther di Jean-Baptiste Grisons del 1787. Ma questi non ne rivendicò mai la paternità.
    Verso la fine dell'ottocento, sul campo germanico, un musicologo tedesco mise in luce la presenza di frammenti del tema della marsigliese nel secondo tema del primo movimento del concerto n. 25 di Mozart.
    Citazione chiarissima, anche nella pompa marziale, militaresca con tanto di trombe e timpani.
    Se non fosse che il concerto n. 25 del salisburghese già trasferitosi a Vienna è del 1786. Mozart morì, come sappiamo nel 1791, quindi non avrebbe mai potuto ascoltare la Marsigliese.

    il disco Decca registrato da Guido Rimonda che comincia proprio con il tema e variazioni per violino e orchestra in do maggiore ... di Giovanni Battista Viotti.
    Ma ecco che ad infittire il mistero arrivano i musicologi italiani, in anni recentissimi, un manoscritto datato 1781 di Giovanni Battista Viotti, violinista e musicista di corte vercellese ma maestro di cappella di Maria Antonietta e di Luigi XVI ..., portava alla luce un tema variato in do maggiore per violino e orchestra.
    Che non è simile alla marsigliese, è proprio una versione colta della marsigliese, perfettamente sviluppata.
    Analisi grafologiche del manoscritto non danno dubbi sull'autenticità come pure le analisi di carta e inchiostro. Anche l'autografo è quello di Viotti.
    C'è la data che però sembra scritta da un'altra mano. Un falsario ?

    Nemmeno Viotti si attribuì la melodia originale. Anzi, arrivò a disconoscere i suoi sei quartetti scrivendo sul manoscritto stesso di non averli mai composti.
    In uno di quei quartetti compare il tema con variazioni che potrebbe essere all'origine della marsigliese.
    Ma ... Viotti, compositore di corte, dovette riparare fortunosamente in Inghilterra perchè ricercato dai rivoluzionari di Parigi. E preso per repubblicano dagli inglesi, dovette peregrinare per tutta Europa cercando di trovare impiego a corte, negando in ogni modo di essere un rivoluzionario e giurando di non essere l'autore di quella che oramai era la canzone più famosa dell'epoca, equiparabile, per i fronti opposti, a Giovinezza o a Bella Ciao per noi italiani e quindi di immediata attribuzione di parte ...
    Le frequentazioni di Viotti erano tutte nobiliari (il Principe di Galles, Luigi XVIII e tutti gli Émigré dispersi per l'Europa) e non si era mai occupato di politica in vita e anzi, la sua travagliata esistenza venne continuamente messa a dura prova dalle vicende politiche a cavallo della Manica (fu espulso da Londra nel 1798 ma vi ritornò più riprese, anche con i buoni uffici dell'amico Muzio Clementi).
     
     
    Viotti e il suo Stradivari del 1700
    Come sia e chi sia l'autore, appare chiaro che il materiale musica del tema con variazioni è di gran lunga superiore alla canzone rivoluzionaria e che sull'assonanza non ci possano essere dubbi.
    Mentre quella di Mozart potrebbe essere il classico tributo per l'amico Viotti, conosciuto e frequentato nei viaggi di Amadeus a Parigi. Ma, per l'appunto, è una citazione onorifica.
    Insomma, sull'attribuzione ufficiale oramai ci sono più dubbi che certezze. Mentre non ci sono certezze ufficiali ma più di un dubbio che il vero autore dell'inno francese sia il vercellese Viotti.
    Solo che, fatto comune a tanta altra musica, non lo sapremo mai.
  16. M&M

    Scherzi a parte
    Il dipinto di Jeff Dieschburg, a sinistra. La foto di Jinga Zhang, a destra.
    Jinga Zhang è una fotografa cinese con 100.000 follower su Instagram.
    E' nota anche per aver denunciato atti di razzismo contro se stessa mentre lavorava per una rivista occidentale, cosa che l'ha "costretta" a lasciare il mondo della moda.
    Circostanza che non le ha impedito comunque di essere pubblicata su svariate copertine di riviste internazionali - tutte di proprietà "occidentale" - con foto che lei afferma siano ispirate ai preraffaelliti.
    In un certo qual senso hanno un carattere pittorico, di un'epoca non ben definita a cavallo tra XIX e XX secolo.
    Bene, questo l'antefatto.
    Più di recente, ha citato in giudizio presso la corte lussemburghese il pittore - ancora studente - Jeff Dieschburg per plagio nei suoi confronti.
    L'oggetto del contendere è un ritratto - un quadro non una fotografia - che chiaramente si ispira alla sua fotografia.
    Ma che in nessuna maniera può essere considerata una copia conforme, in quanto non è una riproduzione ma un'opera d'arte fatta a mano.
    Il pittore si è difeso dicendo che - come ogni altro pittore - ha necessità di materiale di ispirazione da cui trarre le sue opere, tanto più in questa fase del suo sviluppo artistico, in quanto ancora studente.
    Il quadro è stato esposto in una galleria d'arte in vendita per circa 6500 euro. Anche la fotografia è stata esposta in gallerie d'arte, in vendita per 1500 euro.
    Il tribunale ha dato torto alla fotografa, motivando la decisione per il fatto che non sono stati lesi brevetti o diritti. La posa non è unica, nemmeno il soggetto è esclusivo.
    La fotografa dopo la sentenza si è detta amareggiata e devastata, dichiarando di voler ricorrere in appello per veder difesi i suoi diritti e dichiarando che questa sentenza apre le porte al plagio sistematico da parte ... di qualsiasi artista che voglia prendere possesso delle fotografie altrui.
    ***
    SENZA COMMENTI DA PARTE MIA ... a parte un certo sgomento che una pretesa del genere sia arrivata persino in giudizio ... 
  17. M&M

    Recensioni : Novità dell'anno
    Impressioni e recensioni in pillole delle nuove uscite discografiche del 2022.
    Quelli più promettenti verranno poi, eventualmente, recensiti più approfonditamente.
    Ma intanto consigli e suggerimenti
     
  18. M&M
    Beethoven-Liszt : Sinfonia n. 3 Eroica
    Mozart-Alkan : Concerto per pianoforte e orchestra n. 20 in Re minore
    Paul Wee, pianoforte
    Bis, 7 ottobre 2022, formato 192/24
    ***
    Premesso che questo disco include due delle mie composizioni preferite di sempre, si tratta di trascrizioni/riduzioni per pianoforte solo.
    La prima, celeberrima, fa parte della collezione integrale di monoliti costruiti da Liszt per rileggere, più che ridurre al pianoforte, le strutture architettoniche di Beethoven.
    La seconda, molto meno nota (ignota a me) è il lo spunto che mi ha fatto avvicinare a questo disco recente, che all'uscita lo scorso ottobre mi era sfuggito.
    Chi non conosce la Terza di Beethoven è naturalmente pregato di lasciare la sala ...
    Quella sinfonia, evento dirompente come nessun altro nella storia della musica, è imbevuta di contrappunto, di fugati, ma soprattutto di ritmo e di texture orchestrali uniche, su materiale tematico incidentale, semplice, fatto di coppie di note ripetute.
    Riprodurlo su uno strumento - ricco si - ma comunque "finito" come un pianoforte, è operazione trascendente pure per Liszt.
    Che infatti si riappropria della sinfonia, trascura tutte le finezze coloristiche dell'originale, per riprodurre al massimo le dinamiche.
    E' una ripresa bachiana in chiave romantica del soli contro il tutti. Con le dieci dita del pianista totalmente asservite allo scopo (insieme a polsi e spalle).
    Premesso questo, non riesco a condividere le critiche all'interpretazione a causa delle scelte dell'architetto.
    Paul Wee qui è tellurico, pirotecnico, uno schiacciasassi a vapore.
    Pur non potendola riprodurre fedelmente, la Terza è interpretata perfettamente per masse, per volumi, per alternanze di temi e di cariche di cavalleria pesante.
    Esattamente quello che ci vuole, dalla prima all'ultima nota, secondo me. Una lettura che mi convince del tutto (... ed io sono cresciuto con le Beethoven/Liszt di Katsaris e di Bellucci, manici pesanti e a tutto tondo).
    Conosco Alkan per essere un personaggio molto controverso, autore di musica particolare.
    Non avevo idea dell'esistenza di questa trascrizione. Che è una vera e propria reinterpretazione del più bel concerto di Mozart.
    Naturalmente qui le dialettiche in gioco sono altre, una piccola orchestra di taglio settecentesco, sebbene ricca di strumenti.
    Un pianoforte che all'epoca era solo un sedicesimo della potenza di quello usato da Wee in questa interpretazione.
    Sia come sia, qui riesce anche la trasposizione delle texture orchestra, insieme alla parte del pianoforte.
    Il pianista certamente - se ha eseguito il concerto originale - si deve un pò alienare, suonando sia il tutti che il soli e dialogando con ... se stesso.
    Ma funziona.
    I volumi sono un pò eccessivi, e il tutto dovrebbe essere un pò più sussurrato. Ma quando la potenza si abbassa, si riescono ad apprezzare anche le "strane" cadenze di Alkan.
    Io conosco tutte quelle possibili e queste non le avevo in mente (ma le conoscevo già).
    Si sente tutta la frequentazione della musica di Alkan da parte di questo interprete.
    Che riesce in questa operazione di ricreazione della musica di Mozart, fedele in tutto ma con inserimenti di gusto tardo-ottocentesco che possono far storcere il naso a qualche purista del giovedì.
    Ma si andrà fuori strada anche qui criticando il compositore quando qui c'è una lettura di grandezza superiore.
    Da parte di un pianista che è meglio ricordarlo, di mestiere fa l'avvocato in diritto commerciale ... a Londra.

     
    Insomma, si è capito che sono entusiasta di questo disco ?
     
    L'Alkan originale di Paul Wee, già pubblicato nel 2019

  19. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    The Scriabin Ravel Connection
    Aidan Mikdad, pianoforte
    Linn Records, 2 dicembre 2022, 96/24
    ***
    Sonata-Fantasia n.2 di Scriabin, Preludio e Notturno per la mano sinistra Op. 9 di Scriabin, Ravel, Gaspard de la Nuite
    Le note biografiche del suo sito dicono classe 2001, diplomato nel giugno 2021 al conservatorio di Amsterdam.
    "Nel corso degli anni, ha ricevuto la guida di Sergei Babayan, Dmitri Bashkirov, Nelson Goerner, Richard Goode, Klaus Hellwig, Martin Helmchen, Claudio Martinez Mehner, Ferenc Rados, Sir András Schiff, Jean-Yves Thibaudet, Igor Levit e Arie Vardi."
    Oltre ad Arcadi Volodos, che recentemente ha invitato Aidan Mikdad a condividere il palco con lui al TivoliVredenburg di Utrecht.
    Astro nascente ? Speriamo.
    Certo io sono rimasto folgorato già dalle prime note della sua meravigliosa seconda sonata di Scriabin.
    Attratto - non dal suo nome - ma dal marchio Linn Records e dal titolo suggestivo.
    Senza indagare troppo a lungo su queste connessioni, io amo il primo Scriabin, più vicino al primo Ravel, che l'ultimo Ravel, troppo avanzato, persino per l'ultimo Debussy.
    Le opere qui proposte sono del 1891-1897. Il Gaspard di Ravel è del 1908.
    Mikdad affronta Scriabin con rispetto, senza voler a tutti i costi dimostrare quanto è bravo.
    La dizione è libera, anche i tempi. Ma qui si fa musica, non filologia.
    Il suono del suo piano cresce frase dopo frase con le due mani molto indipendenti per volume e dinamica. Ma il tocco rimane vellutato, gentile, pur virile in ogni fraseggio.
    Come viene confermato nel secondo movimento della sonata. Dinamico, ma con rallentamenti che seguono le improvvise accelerazioni - di ritmo e di volume - del tema principale.
    Il primo movimento della sonata pare che sia stato ispirato dal mare e si vuole in qualche modo collegare a Ondine di Ravel.
    Mentre il Preludio e Notturno per la mano sinistra è connesso a Ravel più che dal materiale melodico o dall'impostazione dalla necessità. Scriabin soffriva in quel periodo di una tendinite alla mano destra che per un paio di anni gli impedì di usarla a pieno.
    Mentre Ravel compose il famoso concerto per la mano sinistra per l'invalido di guerra Paul Wittgestein.
    In Scriabin, Mikdad non dimostra in nessun momento la sua giovane età : è raro vedere pianisti di venti anni alle prese di Scriabin salvo che in prove di concorso.
    E' musica complicata da rendere per quel sottile equilibrio tra lucida logica e follia organizzata.
    Renderla interiore abbastanza da darle un senso è qualche cosa che travalica la capacità di molti pianisti.
    Ma qui al contrario, è proprio il punto di forza del disco. E devo ammettere che mi piacerebbe ascoltare tanto altro del russo da parte di questo giovane olandese.
    I tre brani del Gaspard di Ravel vengono affrontati allo stesso modo.
    C'è tutto lo spirito di inizio secolo secondo la visione del Francese.
    Ondine richiede tecnica elevata ma al contempo la capacità di tessere l'architettura della melodia complessiva che si intreccia tra le frasi.
    Le gibet è un notturno che dovrebbe essere lugubre, dato il tema, ma mi sembra che l'interprete sia troppo indulgente con la chiave della dolcezza.
    Scarbo riprende meglio il carattere, folleggiante, del richiamo originale e mi sembra la miglior lettura.
    Ma ricordiamo che questa pagina è portata ai massimi solo da interpreti del livello di Martha Argerich.
    Nel complesso una prima prova discografica estremamente interessante che mi ha catturato al primo ascolto tanto da vincere la mia recente pigrizia in tema di recensioni.
    Audacia mista a tecnica virtuosistica tutta al servizio di una interiorizzazione che per un giovane neodiplomato è difficile da vedere, le priorità in genere sono altre.
    Complimenti a Aidan Mikdad e a Linn Records per averlo prontamente "catturato".
  20. M&M

    Artisti
    5 giugno 1941, Buenos Aires, vede la luce una delle più straordinarie pianiste della storia, Martha Argerich

    Proviamo a segnare nei commenti i nostri dischi preferiti scelti tra la sua sconfinata discografia ?
    E' aperto a tutti, senza formalità 
  21. M&M

    Scherzi a parte
    Nel 1982 una semisconosciuta società del Colorado fece, a sorpresa un annuncio epocale di quello che è di fatto il primo personal computer "trasportabile" se non proprio portatile.
    L'Osborne 1 era una valigetta la cui chiusura superiore era la tastiera e che recava sull'altro lato la maniglia di trasporto.
    Aveva floppy-disk da 5 e 1/4, al centro c'era un minuscolo monitor CRT (a tubo catodico) a fosfori verdi.
    Il sistema operativo era il CP/M, l'ambiente a caratteri, simile a quello dei mainframe IBM.
    Il responsabile dell'ambiente software era un certo ... Thom Hogan.



    la pubblicità dell'epoca prometteva ad ogni ... business man di poter avere l'intero ufficio a portata di mano ovunque

    anche in Italia fece scalpore, ricordo le recensioni sulle riviste specializzate (MCmicrocomputer di Nuti & amici).

    non costava poco ma era un epoca impegnativa sul piano dell'informatica.
    Nell'ambiente di lavoro i personal dovevano ancora fare il loro ingresso di massa. Noi in banca usavamo terminali IBM collegati ad un mainframe con la potenza di ... una lavatrice attuale e memorizzavamo le informazioni su strip magnetiche il cui backup era su un floppy da 8 pollici.
    Per contestualizzare, il primo personal computer IBM fu presentato nel 1981, con il primo MS/DOS e il primo Basic Microsoft.
    Stiamo parlando di quando io avevo 18 anni e usavo macchine tascabili programmabili con una dozzina di chilobyte di spazio per programmi e memoria dati.
    Il mio primo computer di tipo IBM aveva solo 512 chilobyte di RAM perchè c'era shortage e i monitor, quelli belli a 80 colonne, erano con i caratteri color ambra.
    ***
    Bene, perchè parliamo di "Effetto Osborne" ?
    Perché il successone mediatico dell'Osborne 1 fece si che la società si lanciò nella progettazione di altre macchine, più avanzate, da lanciare subito dopo l'avvio della produzione del primo.
    Ma anziché tenerlo segreto - i nuovi "trasportabili" avrebbero avuto il doppio della potenza e sarebbero costati la metà, ne fecero parola con i giornalisti che ne ebbero dei sample in visione privata con patto di riservatezza.
    Che evidentemente non fu rispettata, tanto che si seppe subito dell'arrivo di questi nuovi "gioielli".
    Il risultato fu che i grossisti e i negozianti, saputa l'indiscrezione, corsero ad annullare gli ordini dell'Osborne 1 con il risultato che la società, pur dimezzandone il prezzo, finì rapidamente in bancarotta e i successivi prodotti non videro mai la luce.
    L'episodio è diventato un caso di studio nelle business school di tutto il mondo ed è alla base della comunicazione societaria in materia di prodotti successivi a quelli in vendita.
    Per evitare l'effetto Osborne, Nikon evita di dare notizie certe sui successivi modelli di fotocamera e mai, a costo della vita di tutti i suoi manager, pubblicherà una roadmap dell'uscita di Z8, Z6 III e Z7 III che giocoforza, azzererebbero le vendite di Z6 II, Z7 II e Z9, giusto per entrare nella cronaca dei nostri giorni.
    Anche le case automobilistiche sono sempre molto vaghe anche quando presentano un prototipo, stando attente, al contempo, ad avviare prima una campagna di promozione dei modelli già in listino se è chiaro che il nuovo modello ne sfavorirà la vendita.
    Di Thom Hogan sappiamo poi che non ha seguito i suoi colleghi della Osborne, con cui lui racconta di essere stato in totale disaccordo sulle strategie di vendita, mentre sul piano dell'innovazione, anche lato software, l'Osborne resta comunque l'inizio dell'era di notebook e laptop, anche se nella realtà quasi nessun utente finale l'ha mai visto dal vero.


  22. M&M
    Niccolò Paganini 24 capricci per violino solo
    Laura Andriani, violino
    passacaille 11 novrembe 2022, formato 96/24 via Qobuz
    ***
    Per decenni si è detto che erano ineseguibili. In effetti solo Paganini suonava i suoi capricci.
    Poi in era più moderna, piano piano, la tecnica è mutata abbastanza da consentire a molti violinisti di eseguire quelle pagine.
    Sempre di più. E adesso sono in repertorio stabili tra i capisaldi dello strumento.
    Ma eseguiti con archetti moderni, corde metalliche, la tecnica corrente.
    Paganini suonava con una postura che viene tramandata da schizzi, ritratti e caricature.
    Era una postura settecentesca che la sua figura sgraziata rendeva ancora più caratteristica.
    Ma non era "teatro". Era funzionale all'esecuzione, all'intonazione, all'ottenere un particolare suono e particolari effetti.
    E' quanto nella sua ricerca ha definito l'italiana Laura Andriani che in questo suo disco mette in evidenza un mondo completamente nuovo.
    Non è solo virtuosismo e non ci sono solo "diavolerie" (nel senso di digitalità "diaboliche").
    Le corde sono in budello, gli archetti quelli di Paganini, le posture "atleticamente" quelle di Paganini.
    Il violino canta, geme, fischietta, sussurra, grida, gratta.

    Lo fa con una intonazione più gutturale, più piena, meno penetrante di quanto siamo abituati ad ascoltare.
    Con tempi variati e nessuna fretta di ... arrivare.
    Io ho trovato questa esecuzione illuminante e pienamente rispondente all'esigenza, filologica solo in apparenza, di riscoperta di pagine che solo ... in apparenza sono superficiali.
    Registrazione eccezionale. Ma oramai siamo abituati a questo nitore e questa assoluta perfezione di ripresa.

    Disco dell'anno ? Forse.
  23. M&M

    Scherzi a parte
    Non andiamo nel dettaglio ma nello specifico.
    Sono mesi che si parla di credere nella scienza, riferendosi all'efficacia dei vaccini, perché "la scienza" ha decretato che questi sono buoni, utili, efficaci. Che chi non si vaccina - medici compresi - non crede nella scienza.
    Stessa trippa per il cosiddetto riscaldamento globale, che nessuno ha provato nei fatti cosa sia e se sia, sia in atto, o se sarà. Ma bisogna credere che ci sia, perché lo dice lo scienza.
    Come se la scienza fosse una entità astratta e superiore. Come se la scienza fosse una cosa in cui credere. Come se la scienza, in ultima istanza, fosse una religione. E si dovesse crederle per fede.

    insomma una sorta di trasposizione della creazione di Michelangelo con Dio Padre Onnipotente e creatore vestito da scienziato con tutto il suo armamentario di alambicchi che indica la sua creatura.

    nella realtà è un tema già in voga da tempo, anni, ma mai come in questo periodo trasformato in dogma.
    Decretando, è ovvio, nemmeno fossimo ai tempi delle crociate, chi sta coi buoni e chi no.
    Eppure quando i pensatori pensavano anziché comparire in televisione era più che ovvio che :

    si tratta di due cose ben differenti. Sapere e Credere.
    Si può credere o non credere, si può sapere o non sapere. Ma non c'è alcuna prescrizione sia del credere che del sapere.
    Citando Werner Heisenberg - l'autore del principio di indeterminazione, quindi per assunto lo scienziato più lontano da Dio - : "Il primo sorso dal bicchiere delle scienze naturali rende atei, ma in fondo al bicchiere ci attende Dio»
    La scienza è una creazione degli uomini, per poter indagare e sapere. Un insieme di metodi condivisi, discussi, dibattuti, accettati sinché non si prova qualche cosa di differente, dando per scontato che ciò che sappiamo oggi, potrebbe essere messo in discussione e negato domani senza che questo debba essere considerato eretico o immorale.
    Ma gli scienziati e la scienza non hanno - o non dovrebbero avere - una chiesa universale che decreti in cosa credere e in cosa no. E' il dibattito scientifico che qualifica gli scienziati e li differenzia dai prelati.

    Credere invece è qualche cosa che trascende il sapere. O si crede oppure no. Fine della questione, non servono prove o metodi.
    Quindi di fatto dire di dover "credere nella scienza" è un ossimoro. Ma tante firme, anche autorevoli, dicono che si debba credere nella scienza altrimenti si sbaglia.
    Insomma ... perdonatemi se ho dovuto scrivere questo articolo. Ma non se ne può più ...
    PS : l'unica scienza esatta è la matematica. Che non è una scienza naturale ma una filosofia autosufficiente.
  24. M&M
    Noi nikonisti abbiamo F per Fuketa.
    Ma i ferraristi veri di F ne hanno avute due.
    Dopo il fondatore, Forghieri.

    ero ragazzino e lo vedevo in televisione.
    Sono cresciuto e l'ho sempre incontrato pieno di passione.
    Pensavo, ingenuamente, non potesse mancare mai il suo entusiasmo contagioso e il suo pragmatismo solido, imbevuto di olio motore e benzina aromatica.
    Ciao Mauro

  25. M&M
    Messer Girolamo Frescobaldi scende nella sua stanza da musica e vicino al suo usuale cembalo, vede un'istromento novo, che vuolsi colà provare ...
     
    e maraviglia, le corde non son pizzicate ma martellate. Epperò, il temperamento gli pare eguale, nei toni e nelle distanze intra le note. Tanto che tutti li affetti potea sonar a simiglianza dello cimbalo suo.
    ***

    Che fai quando hai un'idea sensazionale e magari le case discografiche non ti ascoltano.
    Ma naturalmente ti crei una etichetta tutta tua e vai avanti.
    Forse è quello che ha fatto Michele Fontana con la sua Fluente Records con cui tra il 2021 e il 2022 ha pubblicato l'integrale di Frescobaldi al pianoforte.
    Credo sia veramente la prima volta che il maestro del contrappunto italiano viene eseguito con prassi esecutivo fedele al pianoforte.
    Per farlo Fontana ha scelto un pianoforte Yamaha accordato al modo seicentesco, non con il temperamento moderno ma con quello mesotonico.
    In questo modo non si perdono tutti gli affetti musicali tipici della struttura tastieristica di Frescobaldi che invece su un pianoforte accordato normalmente non si potrebbero riprodurre.

    Aggiungiamo una singolare simiglianza tra i due musicisti e l'alchimia porta ad un progetto unico, raro che ha del sensazionale :

     
    e la giusta ironia nell'approccio a veri e propri tesori, normalmente trascurati dai pianisti a differenza di altri, più oscuri compositori dell'epoca, meno sofisticati del nostro ma a cui devono gran parte della loro stessa conoscenza musicale.

    l'opera è disponibile in una serie di doppi CD, egualmente ascoltabile in streaming (io ne scrivo con il player di Qobuz che mi offre una scelta di correnti e arie ballabili) o acquistabile in formato liquido.
    Lo sforzo di Fontana nel mantenere intatta la struttura musicale cogliendone però gli spunti di modernità é quello di aggiungere la dinamica, ereditata dalla scrittura e dalla esecuzione contemporanei, possibile solo con il pianoforte.
    Il pianista non è uno specialista esclusivo di Frescobaldi, ovviamente, ma un musicista completo che si spinge fino a Ligeti.
    Sensibilità e rispetto non gli difettano. Ma con il giusto ardire ...

    ovviamente io sono un devoto ammiratore del principe Frescobaldi e quindi ne sono rimasto folgorato, riscoprendo sonorità e abbellimenti che mi erano sfuggiti (da ragazzo, indegnamente, strimpellavo le Gagliarde e le Correnti del Maestro ferrarese).
    Ma al di là di questo, l'operazione merita un approfondimento magari anche da chi Frescobaldi non l'ha mai sfiorato perchè, appunto, il clavicembalo ...
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