Certe cose non hanno prezzo
Lewis Hamilton è uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1.
Non sono io che lo dico, parlano i numeri.
Smarcato questo, io lo rispetto finché tiene le mani al volante e tace.
Appena apre bocca o circola vestito da pagliaccio per il paddock, o, peggio, ammanta di "buonismo" di tendenza ogni "cosa o fesseria" che gli possa venire in mente, lo detesto con tutto me stesso.
Infine, io non sono tifoso e seguo le corse - tutte quelle che mi capitano - per le modelle (le AUTOMOBILI) non per chi le guida.
Ma dopo tutti questi anni di predominio assoluto aiutato da un atteggiamento molto meno che neutrale (é un eufemismo) nei confronti del Re Nero e della Mercedes di Britannia, non se ne poteva più.
L'idea stessa di vederlo zampettare lui e le sue treccine sul podio ancora una volta con festeggiamenti rituali, inginocchiate e compagnia varia, l'ottavo titolo iridato di cui tre vinti per il rotto della cuffia e gli altri 4 per assenza di avversari, mi sarebbe stato intollerabile.
Per questa ragione, anche se dovesse poi risultare che in appello la federazione di fronte al potere economico di Daimler-Benz e Petronas dovesse ribaltare le cose contro il produttore di "succo di cimici rosse", per me il fatto che ieri non si sia visto niente di questo non ha prezzo. Resterà nella mia mente come il titolo non vinto in pista da Hamilton/Mercedes/Wolff.
E mi basta così, in attesa di vedere come andranno in pista le modelle del 2022 con le loro ruote da 18 pollici (come la mia Mini John Cooper Works)
il pagliaccio con le treccine dovrebbe interrogarsi su quanto tempo vorrà onorarci della sua presenza.
Ieri Kimi Raikkonen è uscito di scena con lo stile che gli si confa, onorato dalla Ferrari come se fosse ancora un pilota Ferrari. Presenti anche Domenicali e, dietro le quinte, Todt.
sono certo che quella "macchinina" ha fatto breccia anche nel suo cuore di ghiaccio.
Arrivederci Kimi, e grazie.
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