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Blog Entries pubblicato da M&M

  1. M&M
    Questo articolo è stato originariamente scritto e pubblicato da Mauro Maratta su nikonland.eu il 16 ottobre 2014.
     
    Paolo Roversi, classe 1947, italiano trapiantato a Parigi, tra i più affermati e ricercati fotografi di moda del mondo.
    Ha firmato servizi per tutte le riviste più famose, per tutte le edizioni. Vogue trabocca di sue foto.
    Sempre legato alla pellicola in grande formato, specialmente alla Polaroid 20x25 cm. Solo foto in studio, con luce diffusa e soffusa. Quella pellicola gli consente di creare colori eterei.
    Roversi non si cura molto di come sia la realtà, lui cerca di ricreare il sogno che ha cercato di fermare in quell'attimo.
     
    Solo ultimamente sta transitando al digitale, per necessità, perchè prima o poi il suo materiale sensibile terminerà o non sarà più utilizzabile. E, certamente, su pressioni dei committenti. Ma non gli piace.
    Forse perchè troppo realistico, troppo spietato per materializzare i suoi sogni ?
     

    Un lavoro abbastanza recente per Yves Saint Laurent ma che a mio parere può ben testimoniare il mondo di Roveri, legato in particolare all'innocenza e alla fanciullezza. Anche quando c'è del nudo.
     

    Vlada Roslyakova, Paolo Roversi
     

    Roksanda Ilincic, 2010
     
    Una campagna per Alberta Ferretti:










     
     

    Nadja Auermann
     
    Andiamo al bianco e nero per un servizio che ha creato una vera icona, legandosi strettamente alla modella-fanciulla appena arrivata dagli Urali, Natalia Vodianova
     







     



     
    Quegli sguardi chiarificano le parole dello stesso Roversi ma al tempo stesso materializzano cosa sia realmente una musa per un artista di questo calibro.
    La Vodianova adesso è matura ed una una super-top model, all'epoca (2004) era poco più che una bambina.
    Sono sempre situazioni semplici, quelle preferite dai grandi fotografi. Un fondale messo alla buona, pochi elementi che spezzano la scena o fanno puntare lo sguardo, sempre, intensità e sogno
     







     
    Modelle o attrici ?

    Scarlett Johansson, Vogue Italia, ottobre 2013
     





     
    White Story
     



     
    pubblicità varie 











     
    Torniamo ancora un attimo al bianco e nero prima di chiudere, con due top model colte nella loro essenza peculiare :
     

    Kate Moss


    Milla Jovovich
     
    e chiudiamo con il più tipico stile di Roversi
     



     

    fondale messo li così
     

    il Vogue più sfacciato degli ultimi anni (2012, Guinevere Van Seemus)
     
    ad uno stile più edulcorato, sicuramente voluto dal committente
     



    la campagna di Hermes
     
    che ricorda un pò lo stile dell'ultima Leibovitz ed io, sospetto, sia più che altro dettata da qualche onnipotente art editor
     
    va inserita certamente in questo filone l'attuale campagna di Dior con Natalie Portman



     
    di grande qualità ma troppo perfettina e priva di quella dimensione onirica che è sempre stata la firma - imitatissima di Paolo Roversi
     

    quando ha potuto muoversi in libertà.
     
    Inutile aggiungere altro, in rete si trovano migliaia di sue foto ed ognuno potrà scegliersi quelle che preferisce.
     
    Questo articolo vuole essere un umile tributo ad un grande, in questo senso tutte le immagini presentate non vogliono in alcun modo ledere i diritti di copyright che restano dei legittimi proprietari.
  2. M&M

    Recensioni : orchestrale
    MOMENTUM 1
    Walton : concerto per violino e orchestra
    Respighi : sonata per violino e pianoforte
    Liya Petrova, violino
    Royal Philarmonic Orchestra diretta da Duncan Ward
    Adam Laloum, pianoforte
    Mirare, 19 maggio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Disco che avevo riposto da qualche parte e poi ho ripreso quando ho visto che, toh, una volta tanto, anche quelli di Gramophone ..
    E' il primo volume, ne uscirà un secondo l'anno prossimo, MOMENTUM 2, giusto per non essere troppo originali :

    con Kantorow come pianista ad accompagnare Liya Petrova, emergente violinista bulgara.
    Il disco in esame ha l'impossibile missione di unire due cose incompatibili, l'inglesissimo anglosassone Walton con il mediterraneo Respighi, e la sua italianità.
    Il trait d'union però è proprio questo, Walton si ritirava quando poteva ad Ischia e il suo concerto per violino - 1937 - è intriso di italianità, tarantelle, ritmi e suoni ... addirittura profumi, delle nostre coste.
    Di contro la sonata di Respighi - del 1917 - è più neoclassica, a tratti cervellotica, ma di una lirica operistica.
    Che la Petrova interpreta con il temperamento incandescente della gente dei balcani, mettendoci la sua passione per cementare quel MOMENTUM che, al solito, nel titolo, mi ha fatto storcere il naso.
    Almeno fino a quando non ho ascoltato il disco.
    Lei fa cantare il suo violino su tutti i registri e con tutte le dinamiche. Ha un medio eccezionale, specie quando non sale troppo di volume e il suo cantabile è perfettamente operistico.
    In Walton toglie un pò di quella melanconia tutta british a cui siamo abituati mettendoci "un pizzico di follia" che non guasta per nulla.
    E in Respighi spiana i toni più spigolosi per presentarci la musica in modo più melodico.
    Il risultato è veramente uno dei dischi più interessanti dell'anno.
    Aggiungo che l'orchestra è veramente di ottimo livello, così come la direzione.
    Nulla da dire del pianista che è assoluto partner paritetico nella sonata.
    A questo punto aspetto con grande curiosità Korngold+Strauss, fusion ancora più improbabile ...
     



  3. M&M

    Composizioni
    l'edizione di riferimento, quella con l'autore sul podio della Philarmonia.
    Cofanetto di 4 CD che contiene anche il concerto per viola e quello per violino con Yehudi Menuhin
    ***
    "Questa sinfonia è un'eruzione vulcanica di passione oscura e sensuale che parla con potenza immediata fin dalla prima battuta. Il primo movimento è una delle esperienze più inesorabilmente intense e delle strutture più straordinarie nella musica del XX secolo; lo scherzo è un Presto "con malizia" pungente e amaro ("con malizia"); il movimento lento è un malinconico dolore di dolore cromatico; e il quarto movimento è l'apoteosi in chiave maggiore dell'opera, un controverso (anche criticato, per alcuni) finale ottimista che canta, corre trionfante e grida di gioia."
    Nel 1934 Walton aveva una trentina d'anni. E voleva dare la paga a tutti gli altri compositori inglesi.
    Il periodo che va fino al 1940 é l'epoca d'oro della musica inglese di tutti i tempi, l'epoca vittoriana si chiude nell'ordalia della Grande Guerra. I musicisti inglesi ne sono permeati ma rifuggono le influenze continentali.
    La loro musica diventa tipica, iperromantica, con una strutturazione di colori tardo-crepuscolari, tonalità e tessiture complesse, intricate, ma sostanzialmente armoniche.
    I loro compositori sono i più attendibili testimoni di un'epoca che si è definitivamente chiusa con la nuova guerra.
    Walton è ancora praticamente sconosciuto ma in possesso di solidi mezzi compositivi.
    La sua prima sinfonia ha una genesi complessa. Praticamente arriva a definire completamente i primi tre movimenti in un tutt'uno.
    Sono influenzati dalla burrascosa fine della sua relazione con la baronessa Imma Von Doernberg, personaggio certamente particolare che lo lasciò di punto in bianco per un medico ungherese.

    Come ammise in seguito Walton, una musica di tale bruciante intensità proveniva dal profondo della sua anima. Questa sinfonia in si bemolle minore ha davvero avuto la sua ispirazione negli eventi della vita personale di Walton. Di solito è pericoloso per un compositore attingere all'immediatezza delle proprie vite emotive, trasformare quei materiali oscuri e grezzi nelle fondamenta di un'enorme struttura sinfonica. Ma nei primi tre movimenti – e quello di apertura più di tutti – Walton riesce esattamente a questo, e la musica è una devastante ferita emotiva che è al tempo stesso incandescente nella sua intensità e ferocemente avvincente come struttura sinfonica. Il pezzo trasmuta la frustrazione e le paure di Walton, i suoi dubbi e la sua rabbia al termine della sua relazione con Imma von Doernberg: quel Presto malizioso è una tempestosa faida tra i due amanti. Ma il finale è stato composto più tardi, Alice Wimborne , una viscontessa di 22 anni più vecchia di Walton entra nella sua vita.
    Non è così semplice come mappare il dolore emotivo e il conseguente piacere sulla struttura della sinfonia, ma quella narrazione è una parte cruciale di come il pezzo è stato concepito.
    Solo che si avvicinava il momento prefissato per la prima esecuzione e il finale non era pronto. Il concerto dovette essere annullato.
    Poi ripreso l'anno dopo, rimandato, per poi essere eseguito con i soli tre movimenti finiti, perché il finale aveva prologo ed epilogo completi ma Walton non aveva idea di come legarli insieme.
    Si arriva al novembre del 1935 per la prima della sinfonia completa, anche se la precedente esecuzione era già stata un trionfo.
    La stampa avviene solo nel 1936 e Walton sceglie di mantenere la dedica ad Imma, segno che ... il segno era rimasto ben profondo.
    Ci interessa tutto sommato poco, perché è come tutto ciò si traduce nella musica che conta.
    Armonicamente parlando, il movimento di apertura è costruito su un'instabilità che risuona proprio all'inizio negli accordi che vengono prodotti dall'ostinato negli archi bassi e nei corni prima che la melodia dell'oboe inizi il suo acuto progresso
    Il movimento presenta due tipi contraddittori di movimento ed emozione allo stesso tempo : questa musica è allo stesso tempo uno dei primi movimenti più irrequieti e trainanti della storia sinfonica, eppure tutte le sue grandi melodie hanno il carattere di un lamento.
    È musica che è fermamente ambientata in un mare di instabilità, se non è troppo paradossale; e la tensione implicita nei mondi emotivi e armonici della musica produce alcuni climax sconvolgenti e strazianti, intorno due terzi del percorso e la monumentale processione di dolore che segna la fine del movimento.
    Tutto però è sostenuto da un ritmo ostinatamente tenuto e un impertinente tono che poi trova sfogo nel successivo presto, lo scherzo "con malizia".
    Dopo l'energia frammentaria e cupamente eccitante dello Scherzo, che esplode in un climax che é forse ancora più sconvolgente di quelli del primo movimento poiché sembra meno motivato e più casuale, il movimento lento esprime un genuino e intimo rimpianto. La melodia di apertura era originariamente prevista per il primo allegro; rallentando la melodia sprigionava la sua vera forza espressiva, e questo movimento racchiude la musica più toccante, lirica e malinconica della sinfonia.
    Tutta questa intensità e angoscia personale fa invece sembrare il finale una brano preso da un'altra composizione.

    Dove c'era dolore e follia, arriva una eloquenza esteriore, quasi formale,  come se il dolore e il dolore dei tre movimenti precedenti fossero stati esorcizzati dai precedenti grandi scontri sinfonici o improvvisamente dimenticati.
    In un certo senso il finale sembra un poco "ruffiano" ma ascoltato dopo l'introduzione iniziale che poi sfocia un brillante fugato l'ultimo movimento diventa il colto momento della sinfonia.
    Si, a tratti celebrativa, quasi da incoronazione (era il momento del passaggio da Giorgio V a Giorgio VI attraverso la breve apparizione di Edoardo VII e la sua Lady Simpson).

    Questione di gusti, in fondo vediamolo come una rivendicazione del viaggio sinfonico di Walton che chiude il suo sforzo in modo trionfante, per avere dato effettivamente la paga ai suoi contemporanei.
    Ma resta probabilmente la conclusione della sinfonia britannica più bruciante ed emozionante fino ad allora (e ad oggi) composta.
    ***
    Fin qui la storia e la descrizione della composizione.
    Vale la pena di ascoltarla ? Ma per la miseria, si.
    E dopo la versione giurata, del compassato Sir William che io ho conosciuto da ragazzo per le musiche dei film shakesperiani di Sir Lawrence Olivier (Enrico V e Riccardo III), ci sono altre possibilità.
    La prima, forse ancora la migliore, quella "lavish" di André Previn con la LSO

    la registrazione è stata fatta a Londra da tecnici Decca per conto di RCA. L'edizione è quella originale (Walton ci rimise le mani nel 1953 ma non troppo a proposito).
    Ed è di una vivacità senza pari.
    Ci sono altre edizioni storiche, come quella di Pritchard e di Haitink ma la nouvelle vague degli ultimi direttori inglesi ha prodotto versioni interessanti con un suono sontuoso.

    io scelgo quella Chandos con Edward Garner e la BBC Symphony che include anche il concerto per violino con la bravissima Tasmin Little.
    Ma, volendo, se ne possono esplorare altre edizioni, se vi va.
     
  4. M&M

    Recensioni : orchestrale
    dopo che ho pubblicato la mia recensione entusiastica sulla ristampa dei concerti di Rachmaninov di Byron Janis, ho ricevuto una lettera piccata della Van Cliburn Society che mi smentisce, intimandomi di fare ammenda.
    Con il capo chino, mi scuso e faccio quanto richiesto. 

    Chaikovsky, primo concerto per pianoforte, 1958
    Kirill Kondrashin dirige la RCA Symphony
    Rachmaninov, secondo concerto per pianoforte, 1962
    Fritz Reiner alla testa della sua Chicago Symphony
    Van Cliburn, pianoforte
    versione CD a 44/16 via Qobuz
    del disco esiste la riedizione rimasterizzata su SACD


    disponibile sia in DSD nativo che in alta risoluzione.
    ***
    Van Cliburn è la quintessenza del pianista americano, quello che mandava in visibilio le folle come fosse una rockstar.
    Vincitore del premio Chaikovsky a Mosca nel 1958, primo occidentale, capace da solo di sgelare i rapporti "musicali" est-ovest.
    A lui è intitolato un concorso internazionale pianistico.
    Ci sono le registrazione dei suoi concerti con i più grandi direttori della sua epoca.
    In effetti ... anche io quando penso a "Quando la moglie è in vacanza" (film del 1955, celeberrimo), immagino che sia Van Cliburn (aveva 21 anni) a suonare il concerto di Rachmaninov su cui Marilyn Monroe cade in visibilio tra le braccia dell'improvvisato vicino/playboy.
    Quindi, prima di Biron Janis, pianista di elevata sensibilità ma certo minore presenza e carisma.
    Questo disco, sensazionale, racchiude due concerti che erano tra i suoi cavalli di battaglia.
    Ascoltarli è un pò come prendere la macchina del tempo e tornare indietro a quando ancora non si erano visti i viaggi spaziali di Star Trek per entrare nella leggenda.
    Complice la qualità del suono assolutamente cristallina del riversamento in SACD, Van Cliburn è qui che incide alla Horowitz con le sue ottave generose ma al tempo stesso olimpiche, concedendosi tutto il tempo necessario a catturare l'uditorio.
    Si capisce che all'epoca sia stato il primo best-seller di musica classica a superare il milione di copie vendute.
    La registrazione con Kondrashin è di una chiarezza impareggiabile, il russo lo segue come se non avesse fatto altro nella vita e lui entra nelle pieghe del concerto come un grande neurochirurgo .
    Non c'è spazio per inutili sentimentalismi ma l'operazione non viene svolta con sommaria irruenza, tutt'altro.
    E' ancora più sottile la lettura del concerto di Rachmanivo, complice il grandissimo Fritz Reiner che lo asseconda avvolgendolo con il suo - memorabile - di quella Chicago Symphony.
    Non ci sono forzature né sbavature, l'atmosfera è quella che deve essere, nulla di più, nulla di meno.
    Chiaro e distinto, pulito e potente.
    Straordinario, nella sua espressività ma soprattutto, suonato, non sparato in faccia all'ascoltatore.
    Inarrivabile per chiunque.
  5. M&M

    Scherzi a parte
    Io mi ricordo gli inverni della seconda metà degli anni '70.
    Faceva un freddo cane e si andava in giro con il cappotto pesante e i guanti di lana.
    Se cercate in rete troverete una messe di articoli - anche di nomi prestigiosi come Asimov - di quegli anni in cui si dava per scontato che l'inquinamento e i gas serra avevano ormai compromesso il clima e che "i nostri nipoti" sarebbero vissuti per lande ghiacciate dove sarebbe stato impossibile coltivare e sfamarsi. Ghiacci eterni.
    In questo video del 1979 c'è addirittura Leonard Nimoy che si presta a questa narrazione ... affascinante.
    cercate in rete, troverete elenchi interi di articoloni catastrofici di quegli anni

    ebbene, faceva molto freddo l'ho già detto e le estati erano più fresche di adesso.
    In maggio pioveva per un mese. E in marzo il tempo era ... marzolino.
    Poi le cose sono mutate e nel tempo gli inverni sono diventati sempre più miti, le primavere meno piovose, le estati molto più calde.
    Naturalmente io ammetto che i processi scientifici e i metodi di indagine, l'uso dei programmi di simulazione e di misurazione storica etc. si siano perfezionati.
    Ma un dubbio che il pensiero scientifico oggi non sia più quello dei tempi di Maxwell e di Einstein mi rode. Anche se io ho una solidissima formazione scientifica, molte storie non me le sono mai bevute fino in fondo.
    Come il meraviglioso gatto di Schrodinger che mi faceva sognare paradossi temporali capaci di intere serie di film di fantascienza. Ma che nelle vita comune era difficile vedere.
    Ecco, oggi la narrazione sembra diametralmente opposta. Ci sono i nipoti degli scienziati che 40 anni fa prevedevano una nuova era glaciale che invece narrano di un surriscaldamento tale che tutto il mondo fino a Svalbard sarà come il Sahara.
    Ne vediamo gli effetti, è vero. Tanto più che i cappotti sono rimasti per lo più negli armadi e d'estate, se si potesse, cammineremmo con il condizionatore in spalla, perchè anche mettersi nudi non basterebbe.
    La colpa, immancabilmente è dell'antropizzazione del pianeta. Che il ministro della transizione ecologica ci assicura essere stato progettato dal Padreterno per ospitare non più di 3 miliardi tra cristiani e simpatizzanti di tutte le altre confessioni e i loro animali domestici oltre che i selvatici.
    Ognuno ha i suoi grafici e le sue misure. Tutte valide finché si condividono le premesse. Che sia l'uomo, l'industrializzazione etc. etc. etc.
    in particolare, l'uomo medio, bianco, occidentale, eterosessuale, col posto fisso, proprietario della sua casa d'abitazione, cristiano, che sta ad Ovest dell'Elba
    Ho preso qualche grafico anche io, spero che le fonti siano veritiere.

    questo grafico evidenzia l'emissione in miliardi di tonnellate annue di CO2. Ho selezionato un lasso di tempo dalla rimilitarizzazione della Renania (di fatto la reindustrializzazione della Grande Germania) ad oggi.
    Diciamo che anche senza fare derivate e linee di tendenza, negli anni '70 non ci sono stati sconvolgimenti esagerati. Mentre negli ultimi 30 anni, il mondo occidentale è orientato generalmente ad una riduzione delle emissioni piuttosto marcata, per effetto della delocalizzazione in Asia delle produzioni industriali.
    L'Italia è più o meno costante nella sua pochezza anche se ancora non siamo riusciti a demolire del tutto la nostra discreta industria media e alleviamo ancora milioni di maiale, come si è sempre fatto nel nostro Paese.

    in termini di percentuale l'Italia emette lo 0.87% della CO2 emessa da tutto il mondo (percentuale pari al tempo della battaglia di El Alamein, anche se intanto la nostra industria si è sviluppata mostruosamente di più), Nord America ed Europa non sono cosi distanti e in tendenza in calo mentre l'incremento delle emissioni dell'Asia non accenna a diminuire, anche durante il lock-down ...
    Non ci sono conclusioni in questo mio discorso, perché credo in modo estremamente convinto che nessuno ne abbia e che chi sia sicuro ciecamente di quanto afferma, possa dimostrarlo a modo suo ma potrebbe avere la stessa concreta possibilità di andare incontro ad una cantonata come gli scienziati degli anni '70.
    Non c'è stata un'era glaciale, forse siamo solo in una delle tanti fasi climatiche del nostro pianeta.
    Io so per aver studiato la storia dell'uomo che la Groenlandia si chiama così perché era verde ed era coltivabile fino al '300. E che poi si è congelata.
    Che i passi alpini sono stati variamente percorribili a piedi anche in inverno nel corso degli ultimi pochi millenni (Annibale ci ha portato gli elefanti). Oppure no, a seconda del decennio del tale secolo.
    Ma sono altrettanto certo perché guardo le stelle, di quanto poco conti l'uomo nelle cose anche di un pianeta piccolo come la terra.
    L'autoflagellazione, il mille e non più mille, il 2000 e il non più 2000, il ricordati che devi morire e il pentiti peccator, si sono sentiti decine di volte nel corso della storia.
    E lo stesso Nostradamus, può dire e non dire a seconda di come lo si cerca di leggere

    PS : in questo articolo non c'è alcun riferimento al rispettabile lavoro del paleontologo; sono convinto altresì che il nostro stile di vita sia spesso assurdo con sprechi esagerati e che, probabilmente, in un'ottica storica più ampia di quella impostata dai libri scolastici, siamo ancora in pieno medioevo, se non addirittura nella pre-istoria ...
    Che la decrescita felice del solo mondo occidentale allo scopo precipuo di cambiare modelli di acquisto sia la vera chiave di lettura di questa narrazione potrebbe inserirmi tra i cosiddetti "complottisti". Ebbene, lo nego.
  6. M&M
    Sergei Rachmaninov, concerti per pianoforte e orchestra n. 2 e n.3
    preludi in do# op. 3/2 e mib op. 23/6
    Byron Janis al pianoforte
    Antal Dorati, direttore d'orchestra
    LSO per il 3° concerto, Minneapolis SO per il 2°.
    Registrazioni del 1960 (2°) e del 1961 (3°)

    Mercury Records, 14 luglio 2023, formato 192/24
    ***
    Già disponibili da sessanta anni ovviamente, precedentemente pubblicati insieme in un singolo SACD, escono nuovamente i due più famosi concerti di Rachmaninov nella memorabile e meravigliosa interpretazione dell'americano Byron Janis con l'ungherese Antal Dorati alla testa di due compagini completamente differenti.
    Byron Janis rappresenta l'anima della musica americana, fragile e muscolare allo stesso tempo. Umile e mite anche nella presenza, bambino prodigio, si formò con i mitici coniugi Levinhe e poi con Alfred Cortot. Horowitz, ascoltandolo, sedicenne, in concerto, lo volle come allievo per perfezionarlo.
    Horowitz non accettava allievi, non aveva la vocazione. Mentre Janis probabilmente non aveva bisogno di un maestro tanto differente da lui ma sentiva di doverne approfittare.

    La sua carriera, folgorante, é stata minata per quasi tutto il tempo da una forma di artrite, alleviata solo con un intervento chirurgico.
    In America è una istituzione, è stato il pianista scelto per il primo scambio culturale con l'Unione Sovietica nel 1960 (Janis contro Richter, scusate se è poco), come Glenn Gould (nel 1957 ma in quota canadese).
    Il suo pianismo è l'opposto di quello di oggi. I muscoli sono al servizio di una sensibilità naturale, che esprime con un tocco delicato.
    Le ottave alla Horowitz ci sarebbero anche, a parte i dolori dell'artrite, ma senza esibizionismo.
    Ne da prova in queste due memorabili interpretazione dove accordi granitici arrivano senza alcuno sciovinismo ma soprattutto con "satinata delicatezza".
     
    Janis comincia con modestia, quasi sottotono e poi si impadronisce della scena grazie a Dorati che lo asseconda con eleganza d'altri tempi.

    Tra le due orchestre, certamente meglio la magnifica LSO rispetto alla Minneapolis dove si ascoltano in certi momenti asprezze non intonate con la lettura voluta da pianista e direttore.
    I nastri originali analogici contengono 3 tracce registrate con il celebre metodo Mercury. In questo riversamento non so come siano stati utilizzati ma posso testimoniare la totale scomparsa del sibilo e del fruscio originale (conosco questi dischi fin dai tempi del vinile : posso dire di essere cresciuto con loro).
    La dinamica è stata allargata al massimo delle possibilità del supporto (sto ascoltando in cuffia, via connessione tutta bilanciata a livelli inusitati con le mie Hifiman Arya).
    I tecnici hanno mantenuto l'impostazione originale possente ma senza eccessi. Il pianoforte è in primo piano ma non staccato dall'orchestra che suona nel suo pieno.
    In conclusione, se non doveste conoscere questi due dischi vi invito a colmare questa lacuna al più presto.
    Ci sono realmente poche interpretazioni in grado di competere a questo livello. E si tratta della lettura più distante che ci sia da certe prove tutte muscoli (e tette, almeno in un caso !) in tendenza nella nostra epoca.
    Un salto negli sfolgoranti anni '60 che vale la pena di ripetere più spesso di questi tempi.
  7. M&M

    Rock
    Greta Van Fleet : Starcatcher
    Republic Records, 21 luglio 2021, via Qobuz in 96/24
    ***
    Largamente anticipato, anche con singoli lanciati negli ultimi tre mesi.
    Il terzo disco dei Greta Van Fleet non si può ascoltare una sola volta.
    La prima volta sembra che Jon Anderson sia rimasto appeso ad un Oceano Topografico del 1973 e cerchi aiuto.
    Esaurito il deja vu viene voglia di riascoltarlo.
    E come per il disco precedente, ti prende.
    Fino a diventare esplosivo.
    In un certo qual modo i tre fratelli Kiszka del Michigan con il loro amico Danny Wagner, tornano alle loro origini, quali che siano.
    E se Plant e Page restano nell'aria, veniamo proprio invitati in un tempio dedicato alla conservazione del progressive. Nel 2023 !
    Solo che Josh canta come se facesse assoli di chitarra e quando non ci arriva, improvvisa con l'armonica. Mentre il suo gemello Jake fatica a stargli dietro.
    E' una scalata verso qualche cosa che è più di un revival, in 42 minuti senza l'aiuto di lunghe ballate sinfoniche (21 minuti meno dell'album del 2021, decisamente più "psichedelico" e un filo più "fanfarone"), con brani brevi e secchi.
    Il loro sound è diventato decisamente più maturo. Il disco ha richiesto due anni. Probabilmente troppi ... perché in certi momenti si nota un eccesso di sofisticazione (riverberi, distorsioni) che fanno apprezzare di più le loro performance dal vivo, decisamente più genuine e dirette.
    Il disco è registrato decisamente forte e il volume di suono non fa certo rimpiangere nulla.
    Fin dal pezzo d'inizio "Fate of The Faithful" per arrivare al "Farewell" finale, una sorta di sospensione in attesa del prossimo passaggio evolutivo.
    Passando per puro rock come The Falling Sky o Frozen Light, inframezzati senza respiro da The Indigo Streak.
    Non ho capito chi sia il "Master" che devono o dovremmo incontrare ma i testi certamente fanno pensare che abbiano trovato un taccuino dimenticato del già citato Jon Anderson.
    In conclusione e in attesa del loro ritorno dopo la tourné in corso, avviatasi in questi giorni e che toccherà anche l'Italia in novembre, una prova estremamente convincente che vi invito ad ascoltare.
    Una volta. E poi un'altra volta. Per tornarci poi qualche giorno dopo. Se avete passato da tempo gli 'anta come me, qualche cosa alla fine sentirete. Vi sentirete vivi.
    Bravi !
     


  8. M&M
    La musica occidentale si basa sul contrappunto, che è nato in età gregoriana e ancora non è tramontato.
    Ogni genere musicale passato e recente deve il suo tributo al contrappunto.
    Che nella sua forma evoluta, ha costituito - sia nella musica colta che nel folk, nel rock, nel jazz - la base strutturale per ogni compositore.
    Per Bach, come per Schonberg. Per Henry Purcell come per John Lennon, che hanno radici comuni più di quanto non si possa dire.
    Nella musica popolare inglese il contrappunto è comune, da almeno 5 secoli.
    Cose come il round, il canone, la fuga e le variazioni e il riff sono la musica. Così come i ritornelli, l'aria con il da capo. Il recitativo che potrebbe essere considerato la forma nobile del rap, al di là di linguaggio, scopo e contenuti molto, molto differenti.
    Questo panegirico per introdurre un disco, il secondo di una formazione americana che ha fatto parlare di se fin dall'esordio. Non per la loro musica, o almeno, non solo, ma per il politicamente corretto applicato alla musica.
    Max Reger e Marco Enrico Bossi scrivevano ad inizio '900 musica per organo alla maniera di Bach, con strumenti moderni e un linguaggio più aggiornato. Certo Bach è Bach, oggi come allora.
    Ma se Bach fosse vissuto 350 anni come avrebbe fatto evolvere la sua musica ?
    Robert Plant e Jimmy Page hanno rivoluzionato il mondo musicale moderno a cavallo del 1970. Ma la loro parabola è durata pochi album. E adesso, che vanno per gli ottanta anni suonati l'uno, non è che se ne siano discostati molto.
    Ai Greta Van Fleet viene caricato l'onere di dover rinnovare il linguaggio musicale. Come se per ogni generazione ci fosse un Beethoven o un Michelangelo. No, non è così, purtroppo ... o per fortuna, perché forse saremmo schiacciati da troppo genio che è bene poter assaporare poco per volta.
    Se ancora oggi Led Zeppelin IV viene considerato per quello che è stato ed ha rappresentato non è un caso.
    Ma nessuno è andato oltre, io credo, per quanto poco ne so di questa musica.
    Perchè dovrebbero esserne in grado i fratelli Kiszka ?
    Ma se non possono "salvare la musica" (da cosa, poi ?) come qualcuno si aspettava, perchè mai non dovrebbero suonare la loro musica, onorando con onesti e sofisticati tributi i loro miti ?
    Che sono i miti di tutti noi, più o meno, anche se abbiamo qualche annetto in più.
    ***
    E' uscito il 21 aprile 2021 il nuovo album, il secondo di questa band.

    la copertina del disco, il titolo ... ok, ci siamo capiti.

    la versione extended, di importazione giapponese come si faceva una volta per i grandi, che contiene anche due brani live
    E' un disco registrato in studio che contiene 14 tracce per un totale di un'ora e 14 minuti di musica.

    Il "peccato" di questo disco è di non essere del tutto lontano da quello di esordio.
    Jake Kiszka continua a suonare come se fosse Jimmy Page e Josh Kiszka continua a cantare come se fosse Robert Plant.
    Alle prime note del primo brano pare di ascoltare Rick Wackeman all'organo Hammond.

    Broken Bells ha la stessa struttura di Stairway to Heaven.

    Gli ultimi 4 minuti di The Weight of Dreams sono un assolo di chitarra con evidenti richiami a chi sappiamo.
    Ma già il riff iniziale è programmatico.
    Ma questi 8 minuti e 50 secondi valgono già il prezzo del biglietto.
    Questi ragazzi suonano maledettamente bene. In alcuni momenti riescono ad essere trascinanti.
    Mantenendo per tutto il disco una coerenza con se stessi che secondo me rende abbastanza superfluo tacciarli di plagio o classificarli all'interno del mero revival.
    Di cover band ce se sono tante. Ma non vanno oltre quello che fanno i tanti Elvis che si esibiscono nei locali di Las Vegas.


    Ok, i Greta Van Fleet non sono del tutto originali. I testi sono infantili. I contenuti si limitano al patinato e non urlano proteste.
    Ma diamine, siamo nel 2021, non nel 1971. Non c'è l'effetto Vietnam anche se dal Vietnam di ... Vietnam ne abbiamo visti di più e anche di più efferati.
    Mi ripeto, se anche Plant e Page non trovano nulla da dire oltre la magia ... irripetibile di quei magnifici anni, perchè qualcun altro dovrebbe poterlo fare ?
    Conoscete un nuovo Beethoven o un nuovo John Lennon (giusto per nominare due che sono inequivocabilmente morti) ?
    Però se non l'avete fatto, ascoltate un paio di volte di seguito questo disco.
    Poi riprendete un disco dei Led Zeppelin, o degli Yes. Di allora o di oggi.
    E ditemi chi vi sembra più originale, o datato.
    O quello che volete voi.
    Questa é musica. E gli eredi di Sebastian Bach, non hanno fatto causa a quelli di Dimitri Shostakovich perchè i preludi e fuga per pianoforte "ben temperato" del russo del 1950 tributavano, a Lipsia, 200 anni dopo, gli onori al sommo vate della musica occidentale.
    Se la pensate diversamente ditelo liberamente. Ma prima meditate bene se non state semplicemente invecchiando male, ricordando un'era che sembra mitica solo perchè eravate giovani. E per questo, come gli anziani del Pianeta delle Scimmie, vi scandalizzate e gridate al plagio. Al rogo.
    ***
    63 minuti di musica non possono essere tutti allo stesso livello. Del resto gli album più mitici della storia del progressive rock, raramente superavano i 40 minuti. E quando lo facevano forse erano dei mattonazzi come Tales from Topographic Oceans degli Yes.
    Ma comunque l'ascolto è sempre di qualità.
    Sopra tutti : The Weight of Dreams, Age of Machine, Heat Above, Caravel, The Barbarians
     
  9. M&M

    Recensioni : clavicembalo
    Frescobaldi e il sud : Francesco Corti
    Arcana, 7 luglio 2023, formato 96/24, via Qobuz e Presto Music
    ***
    "Intendami chi può, che m'intend'io"
    Eccentrico, aristocratico, musicalmente evoluto ben più del suo tempo, Frescobaldi si rese conto di dovere ai suoi interpreti, la cortesia d'urgenza di fornire le chiavi di lettura della sua opera.
    Ma si rivelò altrettanto enigmatico come pubblicista e insegnante. E l'avvertimento "Intendami chi può" ne è la chiara sintesi.
    Di crescita tradizionale del settentrione, in quella culla artistica che fu Ferrara prima di essere inglobata nel regno papale, praticamente romano, avendo tenuto l'organo di San Pietro ininterrottamente, si trovò al crocevia delle influenze musicali di tutta la penisola, sublimando la sperimentazione melodica napoletana nell'intreccio contrappuntistico veneziano.
    E' questa la chiave di lettura, che viene proposta dall'interprete in questo disco - mirabile è poco dire - che compendia la Toccata con la canzone e la danza.
    Francesco Corti considera indispensabile la contestualizzazione del lavoro di Frescobaldi nella sua epoca, come rielaborazione sistematica delle diverse tradizioni musicali della penisola.
    Una riflessione che però - lo confessa Corti nel libretto - lo porta a seguire l'incoraggiamento dell'autore stesso di dare una interpretazione fortemente personale a quello che si legge nei pentagrammi.
    Un partita che cerca, quanto riuscendoci non sappiamo, di risolvere il rebus costituito dalla musica del fervido seicento in una sorta di "gioco" tra compositore e musicista interprete sullo stesso piano.
    Partendo dalle "raccomandazioni" pubblicate dallo stesso autore alla fine della sua lunga vita e carriera musicale con le pubblicazioni avvenute a Venezia nel 1635, testamento musicale del ferrarese.
    Messer Girolamo era considerato - in vita - dai suoi contemporanei il più grande musicista italiano ed europeo ma probabilmente ne vedevano solo la superficie.
    Modestamente, considero Frescobaldi il più grande musicista italiano in assoluto. Nella sua musica leggiamo echi precoci che ritroveremo in Busoni e in Ligeti, musicisti che hanno con il nostro ben più legami che non quello con Mozart o Beethoven.
    Ma la conferma del suo lavoro di sintesi in questo disco viene dall'inclusione nel programma di composizioni estremamente raffinate di altri autori.
    Qui ci sono parti come il "Capriccio sopra Re, fa, mi, sol" di Giovanni de Macque che avranno soluzioni inattese solo trecento anni dopo (Busoni).
    Mentre la "Terza Ricercata" di Rocco Rodio richiama l'omonima Musica di Ligeti.
    Ma su tutti si pone Frescobaldi, che non cerca affatto di portare ordine in tanta inventiva, lasciando all'interprete scelte assolute, come quella di aggiungere "l'obbligo di cantare la quinta parte senza toccarla" in un suo straordinario Ricercare.
    E se "non senza fatica si giunge al fine" - sottotitolo della Nona Toccata - c'è ancora spazio per la Passacaglia di Luigi Rossi ("seign. Louigi" nel titolo) mentre il disco si chiude con la miniata e brevissima Prima Gagliarda di Giovanni de Macque, tastierista francese cresciuto alla scuola napoletana.
    Corti da una prova straordinaria in questo disco, giacché non c'è nulla di inedito ma c'è tutt'altra arte di toccare il cembalo che ancora non avevo ritrovato in altre esplorazioni del periodo.
    Disco prezioso che però vedo indirizzato solo a chi é capace di intendere ciò che in esso si dice.

  10. M&M
    Amo l'odore ... dei carburanti aromatici a bordo pista e mi esalto del rombo di un motore a pistoni esuberante.
    In un mondo cretinamente green, vedere 50 auto a benzina sfrecciare dentro ad un parco secolare con alberi che vengono curati, popolati da coniglietti selvatici e scoiattoli felici vale per me, come un viaggio in capo al mondo.
    Anche per questo ed aspettando il venerdì del Gran Premio d'Italia del prossimo settembre, quando, spero, sarò in tribuna a fotografare Carlito e Charles, ho assistito in diretta senza nascondere l'emozione, al lancio della nuova Ferrari di Formula 1, ieri, giorno di San Valentino.
    Esprimendo con gli occhi, tutto il mio amore per questa cosa rossa che supera i 300 km/h. Perché non è vero amore se non hai almeno 1000 CV.
    La nuova macchina, secondo lo stile lanciato dal nuovo Responsabile della Squadra Corse è nata per vincere, è molto potente e non si accontenterà di arrivare seconda senza aver mostrato tutti i suoi muscoli ad ogni corsa.
    Credo che questo sarà finalmente un campionato interessante.
    Ferrari diceva che una macchina è bella quando vince. Questa è veramente una bella macchina.
    E ieri la prima vittoria l'ha già celebrata. Si perché tutti gli inglesi si sono contentati di mostrare una scatola fatti di pezzi di ricambio con la livrea ufficiale per contentare gli sponsor al giorno della presentazione.
    Mentre Ferrari, la macchina nuova, l'ha fatta girare in pista (rispettando il demenziale regolamento che pretende si facciano non più di 15 km in croce, se no si consuma troppo carburante e si sporca l'ambiente ....) per davvero.
    Mica per finta. E davanti a "tutti li tifosi", come diceva Schumacher.
     



  11. M&M
    Bach : Variazioni Goldberg BWV 988
    Oliver Schnyder, pianoforte
    Prospero Classical, 23 giugno 2023, 96/24, 1h e 14 minuti
    Jean-Luc HO, clavicembalo a due manuali
    L'Encelade 9 giugno 2023, 96/24, 1 h e 26 minuti
    via Qobuz
    ***

    Clavicembalista e organista francese, specialista di Bach e del barocco classico, Jean-Luc HO, a sinistra; pianista svizzero poliedrico con un repertorio quanto mai vasto, Oliver Schnyder, a destra
     
    HO ha studiato con Blandine Verlet insieme a Jean Rondeau e rappresentano insieme la "nouvelle vague" del clavicembalismo d'oltralpe.
    Ha registrato le partite di Bach, oltre a Couperin.
    Schnyder è invece alla prima incursione in territorio barocco, avendo un esperienza più romantica.
    Non avendolo molto ben presente sono andato a sentirmi il suo Mozart e l'ho trovato molto alla Haskil il che è un complimento detto da me.
    Queste due registrazioni escono a poca distanza l'una dall'altra e rappresentano probabilmente due poli opposti.
    Un clavicembalo a due manuali che esegue in modo canonico le variazioni Goldberg, come la tradizione europea vuole. Ripetizioni complete, pochi abbellimenti, giusto il necessario.
    Tempi "giusti", forse un filo troppo lenti.
    Uno strumento piuttosto secco, a tratti fastidioso sulle frequenze alte.
    Pianismo frizzante - a parte l'aria iniziale, molto lenta - con un particolare gusto per le modulazioni, gli abbellimenti, le acciaccature, le fioriture, per lo svizzero che recupera con tempi non proprio alla Gould ma relativamente liberi.
    Elegante e scorrevole proprio dove il clavicembalo mostra un pò di pesantezza. Lo fa con la fantasia tanto che uno come me che le Goldberg le può cantare per intero, riesce a farsi sorprendere da qualche nota nuova, messa li dove sta bene.
    Il chiaroscuro è la sua chiave di lettura e gli accenti che mette là dove serve sono i punti di luce.
    Insomma, conservativo e accademico Jean-Luc, impegnato tutti i giorni in questo repertorio, fantasioso e con il gusto della trovata e della novità, in questa improvvisata bachiana, Oliver.
    Tendo epidermicamente a preferire la versione al piano proprio per la sua freschezza e per la sua luce.
    Di versione come quella di HO al clavicembalo ne abbiamo tante. E se non richiamiamo proprio la sua maestra Verlet o il suo maestro Leonhardt, magari ci ritroviamo con una lettura alla Huguette Dreyfuss.
    Naturalmente le Variazioni Goldberg di Bach sono quelle al clavicembalo a due manuali (per facilitare la rapidità di incrocio delle braccia) e Bach non ha scritto sul frontespizio "riempite tutti gli spazi con fioriture, invenzioni e abbellimenti" e forse una via di mezzo sarebbe l'ideale.
    Ma dopo Gould e Leonhardt, se un tastierista di oggi vuole lasciare il segno con questo mausoleo della musica occidentale le strade sono obbligate.
    In conclusione ve le consegno come due curiosità. Probabilmente non vi faranno cambiare la vostra edizione preferita.
    Ma ammetto che Schnyder è stata una bella scoperta (per capirci, dopo Mozart e Beethoven, sto ascoltando il Winterreise in versione per pianoforte e trio).
      
     
    non che Jean-Luc HO si faccia mancare niente. Solo che lui sa cosa gli piace di più  
      
  12. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Giuseppe Cambini, concerto per pianoforte n. 3 Op.15; Claudio Abbado al pianoforte, Orchestra d'Archi di Milano diretta da Michelangelo Abbado
    Bach, concerto per 4 clavicembali (Vivaldi); Tagliavini, Canino, Ballista e Abbado, clavicembali, Orchestra dell'Angelicum diretta da Alberto Zedda
    Tartini, concerto per violino archi e continuo in Re maggiore, Op. 1 N.4, in Fa maggiore D64, in La minore D115; Franco Gulli, violinno, Orchestra dell'Angelicum, direttore Claudio Abbado
    Maison de Mutualité 1954, Parlophone 1962. Rimasterizzazione Warner Classics, 2019
    Via Qobuz
    ***
    Oggi è il 26 giugno e Claudio Abbado avrebbe compiuto 90 anni.
    La sua mancanza nel panorama musicale rimane inalterata a 9 anni dalla morte, considerando le vette che aveva raggiunto la sua arte fino agli ultimi giorni di attività.
    Ma non lo celebriamo in questo compleanno virtuale non con l'ultimo Beethoven o il Mahler di Lucerna.
    Ripeschiamo questo documento rarissimo pubblicato nel 2019 da Warner che ci mostra Claudio Abbado appena diplomato al Conservatorio di Milano alle prese ... come pianista con il concerto di Giuseppe Cambini sotto la direzione del padre Michelangelo.
    E' una registrazione del 1954 fatta a Milano, quando di anni ne aveva 21.
    Con questo concerto e con l'orchestra fondata e diretta dal padre si esibirà in una tourné per il mondo, ascoltato a New York anche dal vecchio Toscanini.
    In quegli anni Abbado cominciava gli studi di direzione d'orchestra ma si perfezionava anche al pianoforte con Gulda a Vienna.
    Il repertorio è tutt'altro che avanguardistico, a parte il concerto di Cambini che sembra fosse il suo cavallo di battaglia, c'era il concerto in re minore di Bach e il quarto di Beethoven, amati peraltro da Gulda.
    La sua interpretazione di un concerto oggi fuori programma è brillante, chiara, aperta, operistica mi verrebbe da dire. E la registrazione buona nonostante i 70 anni di età.
    Nel disco è stato poi inserito il concerto per quattro clavicembali di Bach, trascritto dall'Estro Armonico di Vivaldi.
    E qui, sebbene la prima parte sia a carico di Tagliavini, specialista dell'epoca e le altre parti principali siano in mano a Canino e Ballista, quello che non ti aspetti è che Abbado suoni il clavicembalo.
    Questa esecuzione oggi non dice molto, ha tempi molto compassati e quella tendenza dell'epoca a saturare l'aria attorno agli strumenti con sovrapposizioni e volumi eccessivi.
    Ricordo questa prassi, pre-filologica, con Abbado alla direzione al Conservatorio a fine anni '70, con me ragazzo, in platea.
    La seconda parte vede già il giovane Abbado direttore d'orchestra che accompagna in un programma di concerti di Tartini, il grande Franco Gulli.
    Questi concerti erano stati da poco rivisti e pubblicati da Michelangelo Abbado che alla direzione d'orchestra univa una grande attività musicale in senso più generale, dalla rivisitazione di partiture dimenticate di maestri italiani, all'insegnamento, alla pubblicazione di manuali di tecnica violinistica (era un eccellente violinista).
    Queste registrazioni sono del 1962 e sono stereo. Anche qui il lavoro di rimasterizzazione è egregio.
     

    Claudio Abbado già avviato alla carriera di direttore d'orchestra nel 1962, di li a poco avrebbe iniziato il lavoro come direttore artistico della Scala

    il giovane pianista Claudio Abbado
    Insomma, una riscoperta, un documento storico e una testimonianza tutto insieme.
    Non nascondo una certa commozione.
    Allego, non me ne vorrà Warner, il libretto originale del CD, in italiano per approfondimenti.
     
    000129041.pdf
  13. M&M
    Purtroppo è un'epoca in cui sono più gli amici che se ne vanno, quelli che hanno caratterizzato la nostra era, piuttosto che quelli che salutiamo per il nuovo che stanno proponendo.
    Ha raggiunto il Sorridente (Stan Lee) il nostro amato John Romita, illustratore italo americano nato a Brooklyn nel 1930, morto l'altro ieri. 
    Ricorderò sempre il giorno in cui comprai a 200 lire, il numero 33 dell'Uomo Ragno Corno, un numero mitico a dir poco, che mi fece conoscere il suo tratto opulento ed inconfondibile.
    Era il 1971 e il numero originale era uscito negli States nel 1966.
    Io sono nato con Topolino ma cresciuto con l'Uomo Ragno e Devil.
    Ed ammetto che una volta apprezzato il disegno di John Romita me ne sono innamorato così tanto da smettere di acquistare quei fumetti una volta che lui ha abbandonato via via che le sue testate sono passate ad altri disegnatori.
    Mi sono innamorato dei suoi personaggi, delle sue fantastiche pinup. Per me quello è stato il momento d'oro della Silver Age. John Romita è stato e resta un monumento e non morirà mai.

    autoritratto con moltissimi dei suoi migliori personaggi degli anni '60

    le sue pinup indimenticabili (io avevo 8 anni ...)

    e queste tavole erano del 1966-1968.

    questa è la tavola inchiostrata da cui la copertina del numero 33 URC

    e l'originale dell'agosto 1966
    Purtroppo cresce la lista degli amici che dovrò andare a salutare quando toccherà anche a me.
    Ma sono tutti qui con me, ad ogni ora del giorno, come i miei più cari affetti.

    John era praticamente coetaneo di mio padre. E ricordo di averle sempre visto così sorridente.

    qui, John Romita a destra, e a sinistra Stan Lee che discutono della serie a strisce in bianco e nero, ideata per le puntate giornaliere sui quotidiani (1981-1982)
  14. M&M
    Sinceramente in musica detesto le classifiche. Tipo i 10 migliori concerti, i 10 top violinisti, i 10 concerti più meglio assai.
    Non è il campionato di calcio, dove, peraltro, anche la, non è sempre detto che vinca la migliore squadra. Solo quella che fa più punti ...

    Eppure molti fanno queste classifiche, Gramophone le pubblicizza anche, come spunto per ulteriori ascolti.
    Non so se siano rivolte a neofiti o semplicemente siano l'esito di sponsorizzazioni.
    Vedendo i concerti - sia le composizioni che le interpretazioni - scelte nella guida dello scorso ottobre, ho più di un dubbio di quale sia la reale motivazione.
    Ma ... transeat.
    Il violino non è mai stato il mio strumento preferito, suona in una gamma di frequenze in cui io sono debole d'orecchio.
    Ma negli ultimi anni l'ho coltivato molto.
    E mi sento di stilare una lista, una compilation, intendiamoci, non certo una classifica di 10 concerti.
    Che non sono i migliori. Non sono quelli da conoscere assolutamente. Forse non sono nemmeno quelli eseguiti meglio in assoluto.
    Ma sono quelli che io ascolto più volentieri.
    Il concerto con l'orchestra, per un violinista è il punto d'arrivo, il momento di massima esposizione. Sono composizioni pensate per valorizzare al massimo il violino che può così competere con una intera orchestra.
    Diversamente da quanto fa quando suona in piccoli complessi da camera, dividendosi i meriti, o anche quando suona da solo, eccezionale, ma ... è facile vincere quando si giuoca da soli.
    Mi spiace. Niente Vivaldi, niente Locatelli, niente Mendelssohn, niente Bruch e niente Berg ... che ascolto comunque ma che non scelgo certo quando sono distratto.
    ***
    1
    Il principe dei concerti per violino e orchestra, per il sottoscritto è quello di Brahms.
    Nella realtà si tratta di una sinfonia con violino solista. Ma la parte per violino è talmente virile, nobile, olimpica, che forse dire "principe" non basta.
    Potrebbe essere l'imperatore. Come lo è il secondo concerto per pianoforte del barbuto amburghese.
    Gramophone sceglie Heifetz, anche io, ma in una registrazione d'anteguerra con l'Arturo alla direzione della NBC.
    Io vado di Reiner, 1958, in una ripresa smagliante RCA Victor che pare fatta stamattina ...

    dovendo fare una seconda scelta in un repertorio sconfinato che vede tutti, da Milstein a Kavakos e Tetzlaff ben figurare, io gioco in casa :

    Janine Jansen a Roma con Pappano live del 2015 che vede per protagonista lo Stradivari "Baron" del 1727, uno strumento unico per voce e carattere.
    Janine qui è "lavish" e l'orchestra viva come forse non lo è mai stata dai tempi di De Sabata ...
     
    2

    becero quanto volete, sono sicuro che il concerto di Chaikovsky piaceva anche a Brahms anche se non lo avrebbe mai ammesso.
    Piotre non capiva niente di violino ed ha fatto una serie di strafalcioni indicibili che poi sono stati corretti in fase di prima esecuzione.
    Ma quello che fa fare al violino lo sa solo lui.
    Io qui scelgo il buon vecchio Itzhak Perlman, che Chaikovsky è sempre meglio lasciarlo ai russi, accompagnato con il frac da Eugene Ormandy a Philadelphia.
    Come alternativa, una vera alternativa. Il Grande Ruggero Ricci, sempre dimenticato, eppure uno dei più grandi virtuosi dello strumento 

    Malcolm Sargent dirigive le prime di Vaughan Williams, qui lo fa senza nemmeno agitare le mani, lasciando a quel violino tutto il suo palcoscenico
    3
    Per tanti anni ho detestato il concerto di Beethoven. L'ho sempre trovato un pò grezzo, provinciale, sempliciotto.
    Ma andrebbe visto come un concerto per pianoforte. E quando l'ho ascoltato nella versione per pianoforte, l'ho rivalutato.
    Specialmente per quella parte del timpano che ha tanto ispirato Benjamin Britten.
    I tedeschi per i primi, ma con una punta di old England (anche se il nonno di Ticciati era romano)

    una lettura fresca, pulita, umana, come lo è in ogni sua uscita, l'ultimo Tetzlaff
    per alternativa, tra le 100.000 disponibili, potrei chiamare Gioconda De Vito, oppure Vilde Frang, o Patrizia Kopacinskaja.
    Ma abbiamo detto i tedeschi ai tedeschi, e qui ce n'è una coppia innamorata :

    tempi dilatati, edizione digitale ma di quando i Berliner non facevano politica ...
    4
    ero ragazzo, lavoravo da due mesi. Il negozio davanti l'ufficio si chiamava ... La Voce del Padrone (era una emanazione italiana di EMI).
    Questo disco era in vetrina insieme alle Variazioni Goldberg di Glenn Gould.
    Avevo trentamila lire in tasca. Li spesi tutti.
     
    per decenni non ho trovato una interpretazione più convincente di questa sconosciuta americana debuttante con Ormandy per guida.
    Il fuoco ardeva nel suo cuore e arrivava fino alle corde del violino. Sensualità pura. Una delizia.
    (se volete questo LP, oggi vale circa 200 euro ...)
    come alternativa io ho solo la Jansen ma lei, maledizione non l'ha registrato. C'è solo in video ... e che video !
    metto il solito Heifetz ma vi segnalo Vilde Frang, Kavakos, Dalene ...

    il problema con Heifetz è che lui suona Heifetz, non Sibelius, non Prokofiev, non Glazunov ma ... Heifetz ...
     
    5
    adesso qualcuno mi guarderà storto se non l'ha già fatto. Non fa niente. Per me il Concerto di Britten è un monumento al violino. E' di una difficoltà ineguagliabile, per il violinista, per il diretto, per l'orchestra, per ... l'ascoltatore.
    E poi quei timpani iniziali ...


    per me qui la partita è a due.
    E' un concerto che si esegue poco e che pochi tengono in repertorio a lungo.
    Perché è devastante ...
    6
    tocca a Prokofiev. E francamente io ce li metto entrambi.
    Sono due concerti differenti, composti nella prima era. Sono sognanti, con le atmosfere di Romeo e Giulietta (che è appena posteriore).
    Prima della guerra, delle imposizioni comuniste, del periodo nero di Sergei

    per decenni non ha avuto alternative e ancora oggi sta a testa alta.
    Abbado all'epoca era a Chicago dopo aver litigato con i milanesi.
    E Shlomo Mintz portava una ventata fresca nel mondo russo, in perfetta sintonia con l'asciutta visione della musica di Abbado.
    I due concerti si prestano a letture differenti e sempre bellissime.

    il "Baron" della Jansen mi fa sempre commuovere nel 2° concerto
    ma c'è poco da criticare nel farsesco suono del suo Pressenda con la Patrizia Kopatchinskaja

    dando la voce ad un "maschietto", mi è piaciuto molto questo disco, estremamente "romantico" :
     
    con un Jarvi in grande spolvero
    per non dimenticare Gil Shaham con Previn a Londra

    7

    i due concerti per violino di Shostakovich sono stati a lungo pensati con il violinista Oistrakh che ne ha, ovviamente, curato la prima assoluta.
    Nel 1955, morto Stalin, per il primo concerto, con Mravisnky a Leningrado e nel 1966 con Kondrashin, a Mosca.
    Sono due concerti di straordinaria ricchezza inventiva, dinamica tra le parti, ma soprattutto citazioni e tributi.
    Probabilmente rappresentano il culmine del concerto per violino "classico", sebbene di classico oramai sia rimasto poco.
    Il Burleske che chiude il primo concerto è un segno distintivo del primo Shostakovich. ancora più della firma DSCH che compare nella passacaglia.

    Le interpretazioni "giurate" di russi si sprecano, ovviamente.
    Io ho scelto la lettura hyperion con la Ibragimova accompagnata dall'Orchestra di Stato di Russia perché al virtuosismo assoluto della solita, si accompagna una qualità strepitosa della registrazione.
    E' un 192/24 di qualità sopraffina con dinamiche difficili da domare (se il vostro impianto lo consente).
     
    ovviamente il riferimento non può che essere la lettura "giurata" di Oistrakh, fatta tutta in casa.
    8
    I tre concerti per violino di Saint Saens sono interessanti quasi quanto i suoi per pianoforte.
    Ma il terzo merita certamente un posto più importante nel repertorio.
    Per retorica e potenza vale quello di Brahms e non vi sto prendendo in giro

    questo disco è una rarità e contiene praticamente tutto il repertorio.
    Se non lo conoscete, ascoltatelo.
    In alternativa :

    che però ha un suono secco del peggior periodo DG
    9
    e chi se lo sarebbe mai creso ? Io e Bartok, come dire, l'acqua e l'olio. Eppure ...

    ma mi sono innamorato del primo concerto sentendo il Brahms della Jansen

     
    10
    chiudo la serie dei dieci ...  con i concerti per violino (ed altri strumenti) di Bach.
    In particolare il concerto per due violini, che ho tanto amato suonato dagli Oistrakh, padre e figlio.
    Ma che qui presento in edizione unica, nell'integrale imperdibile di Isabelle Faust e dei suoi amici :

    ***
    Naturalmente è una serie personale, anche alternativa.
    E ci avrei potuto inserire Korngold, Walton e Barber. Vivaldi, no
    E voi, che mi dite ?
  15. M&M

    Scherzi a parte
    Sinceramente non so se oggi i nonni raccontano ancora le storie ai loro nipotini.
    O se lo fanno i loro padri e mamme, impegnati come sono con i loro smartphone, le loro call e gli orari di lavoro.
    Io da bambino, con mio fratello, ho avuto la fortuna di avere un nonno con una grande fantasia.
    E un papà che amava le fiabe quanto me.
    E il supporto - limitato, perché i soldi erano pochi - di Arnoldo Mondadori Editore, casa cui sono rimasto legato per quei libri illustrati pieni di animali coraggiosi ed eroi senza tempo. E subito dopo Topolino con il quale ho imparato a leggere.
    Sono cresciuto così e devo molto a tutta quella fantasia e a quel tempo passato ad ascoltare storie. E più avanti a fantasticare le mie. Che continuo ad inventare appena chiudo gli occhi.
    ***
    Finito l'amarcord, qui siamo su Nikonland e parliamo di fotografia o di argomenti attigui.
    Qualche giorno fa l'Admin ha pubblicato un articolo sulla Versione 24.6 di Photoshop che include il riempimento generativo ereditato da Adobe Firefly, la piattaforma di generazione automatica di immagini con motore di Intelligenza Artificiale.
     
    ne ho sperimentato le potenzialità e mi è venuto in mente che avrei potuto saggiarne a fondo le potenzialità solamente usandolo per illustrare una fiaba tutta mia.
    Non c'è alcuna fotografia, i fotografi presenti non se la prendano e non invochino il garante delle arti e dei mestieri. E non si preoccupino nemmeno gli illustratori.
    Un mio caro amico che fa l'illustratore di professione, fattura intorno ai 700-800 euro per ogni tavola fatta a mano.
    Ho visto che un suo collega australiano sta vendendo gli artbox fatti ad olio per una nota casa di modellismo a 7-8000 dollari l'una.
    La mia fiaba di tavole ne ha tante. E nasce per essere gratuita, un dono del cuore fatto da me ... ai papà e ai nonni che non sanno raccontare le storie.
    Più che ai bambini di oggi che non conosco e che non avrò mai l'occasione di conoscere.
    Quindi, lo giuro, nessuno perderà il lavoro a causa del mio test. Avrei potuto illustrarla da me ?
    Si, probabilmente si. Ma mi ci sarebbero voluto probabilmente 2 o 3 anni.
    Mentre qui ho impiegato 4 giorni a fare tutto ... !
    ***
    Due parole tecniche prima di presentare le tavole della storia che uscirà come uno dei numeri di Nikonland Magazine, e quindi stampabile on-demand liberamente e senza copyright.

    Ho pensato al soggetto.
    Poi ho generato con il prompt di Adobe Firefly tante, tantissime illustrazioni mano a mano che pensavo ai dettagli della storia.
    Quindi ho scelto quelli più adatti che ho modificato, ingrandito, riquadrato, corretto, montato usando la versione beta di Photoshop.

    Adobe Firefly ha una tecnologia interessante e con un grande potenziale ma è anche estremamente acerbo.
    Diciamo almeno 18 mesi dietro ai concorrenti. Che pure hanno ancora del potenziale da recuperare.
    Soprattutto nelle scene dinamiche, negli arti, nelle mani e nei volti, occhi. Etc.
    Tutti quei dettagli che invece fanno premio sulla qualità delle illustrazioni.
    Ma nel complesso io sono soddisfatto e curioso di vedere cosa potrò fare nel 2025. Con un computer più potente, server più potenti, tecnologia più sviluppata e ... speriamo, magari finalmente con la fibra in casa (manca quel metro dal pozzetto davanti al cancello fino dentro a casa mia. Ma sembra che sia la distanza più complicata da colmare ...).
    ***
    George e l'avventura nel bosco.
                 Soggetto, testo e illustrazioni del sottoscritto. Senza alcuna finalità commerciale (come consentito dal contratto di Adobe Firefly).
















     
    ***
    Spero vi possa essere utile o di spunto. Se non altro, per curiosità.
    (PS : io sono un bambino cresciuto per questioni anagrafiche. Nella realtà sono rimasto idealmente in età prescolare. No, non sono malato, é che sono felice solo quando posso giocare liberamente)
  16. M&M
    Yuja Wang : il suo recital di debutto al Festival di Verbier (2008)
    DG con Verbierfestival
    formato 44/16, 23 giugno 2023
    ***
    Esce solamente adesso per la collaborazione diretta tra il festival e l'etichetta gialla per cui la Wang registra in esclusiva.
    Alcune cose sono già note, altre inedite (almeno in disco, non so in video), per quanto io ricordi.
    Il repertorio spazia. Si comincia con due studi di Ligeti e si arriva al La Valse di Ravel, passando per la sonata in si minore di Liszt e la sonata fantasia di Skriabin insieme a quelli che potrebbero essere dei bis ma sono di fatto parte integrante del recital (lo scherzo dal Sogno di Mendelssohn, il Vocalize di Rachmaninov e il Volo del Calabrone ri Rimskj Korsakov trascritto da Rachmaninov per il pianoforte).
    Sono passati 15 anni e potrebbe essere Yuja in diretta che suona adesso in diretta.
    Il disco è elettrizzante dalla prima all'ultima nota.
    Contiene una delle più convincenti Seconda sonata di Skriabin ma persino ... l'indigesto Liszt è di elevato livello.
    Ligeti è fantastico e i tre brani di riempimento valgono da soli il biglietto.
    La Valse è un pezzettino fuori dalla portata della comune ventunenne. Ma non per Yuja Wang, la Wonder Woman del pianoforte.
    Ma possibile mai che l'abbiate tenuto nel cassetto fino ad oggi un recital del genere ?
    [Ok, ok, con Yuja Wang io sono sempre di parte. Perdonatemi]
  17. M&M
    Qualche tempo fa vi ho riportato che per la rete, il marchio Nikon è un marchio da boomer.

    Ovvero il preferito dei nati durante il boom delle nascite (1946-1964) seguente la fine della Seconda Guerra Mondiale.
    Che sia vero oppure no, quando un si dice circola sulla rete, finisce per essere ripetuto ed amplificato finché citazione, dopo citazione, viene certificato, asseverato e scolpito nell'immaginario collettivo.
    Non è finita qui, perché c'è un corollario.

    Per la rete, il tipico fotografo Nikon è un wildlife photographer di mezza età, affermato professionista oppure affermato professionista, fresco pensionato.
    Soprattutto con un reddito elevato.

    John Krampl, Ontario
    quest'uomo non cerca semplicemente la fotografia, cerca la sfida.
    Non esibisce la sua foto più bella, ma quella più faticosa o difficile che ha fatto in vita sua.
    Per questo partecipa a viaggi impegnativi ai confini del mondo (andrebbe anche nello spazio se fosse già possibile "a livello turistico").
    Si dota dell'attrezzatura più importante, non solo a livello fotografico ma anche come accessoristica

    un tipico fotonaturalista alla macchia con ogni possibile dotazione trasportabile
    e fa parte di un ristretto circolo internazionale in cui si conoscono tutti e tutti sanno dove è stato il tal tipo quest'anno, dove andrà la prossima volta

    Moose Peterson, decano dei wildphotographer statunitensi Nikon
    Insomma, è a metà strada tra un eroe e un pioniere, impegnato ad esplorare le sue potenzialità, prima ancora che quelle della fotografia.
    Per lo più solo, per cammini di decine e decine di miglia esposti alle condizioni climatiche più sfidanti.
    Ed è, attualmente, il tipo di cliente su cui conta Nikon per fare il suo conto economico, come dimostrato dall'enfasi data ai superteleobiettivi (non è finita, tenete da parte i risparmi perché nei prossimi anni usciranno ancora oggetti di tentazione nel campo delle focali lunghe). Si giustificano così i prezzi in espansione del corredo Nikon (fate una media ponderata [prezzo unitario]/[numero dei modelli Nikkor in catalogo] e avrete una cifra piuttosto elevata).
    Sembrerebbe peraltro un fenomeno che crea un certo tipo di imitazione, perché anche soggetti che nella vita sono persone tranquille e non frequentano campi di calcetto o di padel, hanno intrapreso invece nei week-end e nelle vacanze, percorsi di formazione in questa impegnativa disciplina, alla ricerca dell'ignoto, per andare là, dove non sono mai stati prima.
    ***
    Non leggete ironia in quello che ho scritto ma viva e sincera ammirazione. Io non potrei far parte di questa tendenza anche per questioni fisiche e di indole.
    Ma soprattutto, è per lo più grazie a loro - piuttosto che per i professionisti, oramai ridotti in miseria - che Nikon ci sta dando vere perle di super-teleobiettivi.
    Mentre, vi giuro posando la mano su una pila di manuali di manutenzione di reflex Nikon, che come per il boomer, anche questo "si dice" è realmente di tendenza sui social internazionali, non è oggetto della mia fantasia.
    Nikon è un marchio per boomer o X-Generation, danarosi impegnati nella fotografia naturalistica. Lo dice la rete 
  18. M&M
    Mi perdonerete ma io sono cresciuto con il suo Mozart.
    E la sua omnipresenza nei cofanetti del grande Henryk Szering come straordinaria accompagnatrice in Bach, Beethoven e naturalmente Mozart.
    Di tocco elegante, fluido, mai aspro io la ricordo sempre sorridente.
    E quei primi concerti per pianoforte di Mozart, accanto ai coevi, brillanti di Brendel, per me sono un fondamento per la mia cultura musicale.
    Frau Mozart per me, lei che si è formata al Mozarteum di Salisburgo, suonando nelle sale che videro infanzia e giovinezza di Amadeus.
    Si è spenta l'altro ieri a quasi 94 anni (era nata qualche mese dopo mio padre, morto 17 anni fa) ma lascia una eredità indelebile
    Addio Ingrid, e grazie.
    Alcune sue incisioni (ma ne trovate a decine)






  19. M&M
    Forse l'ho già scritto ma mi ripeto.
    Se fossi un compositore sarei Johannes Brahms.
    Le due anime - quella formale e austera del devoto edificatore di perfette cattedrali armoniche contrappuntistiche e quella dell'incurabile romantico nostalgico e melanconico - mi si attagliano perfettamente.
    Io sono così, e sono un tenace e testardo costruttore, uomo del fare a tutti i costi.
    Sono altrettanto convinto che i nati nello stesso periodo dell'anno (lui il 7 maggio, io il 22 aprile) specie nella prima fase lunare, siano più simili che differenti.
    E in effetti abbiamo molti altri connotati simili che se sottolineassi, scivolerei troppo nell'autobiografico.
    Questo invece vuole essere un buon compleanno al mio amico Hannes. Domenica saranno 190 anni esatti dalla sua nascita ad Amburgo.
    E siccome non sono certo di essere qui a celebrare i 200, mi porto avanti.
    Quindi Sacher Torte (il cioccolato, i dolci, la pancia, il vestire trasandato sono altre cose che ci legano : ma giuro ho cominciato a studiare Brahms che ero già adulto e già irreparabilmente così !) e bollicine imperiali per tutto il week-end.
    Ancora auguri, amico mio, Tu non sai quanto mi hai fatto sentire meno solo !
  20. M&M

    Emmobbasta
    definizioni per chi non è dimestico.
    I Boomer (forma contratta e generalmente con accezione critica o negativa di chi è il passato, non capisce le generazioni presenti e non si è adattato ai tempi) sono i nati tra il 1946 e il 1964, il periodo del boom demografico dopo la Seconda Guerra Mondiale.
    La generazione X è quella successiva, i nati dal 1965 al 1980.
    Seguono la Generazione Z, che non sono i putiniani ma i vostri figli. E quindi i Millennials, quelli nati a cavallo del 2000, fino al 2012.
    Non ho idea se ci sia una definizione per i vostri nipoti, quelli nati negli ultimi 10 anni. Poco importa, per il discorso di Nikonland potrebbero anche essere marziani.
    fine delle definizioni
    ***
    Mi è stato riferito su Telegram che nel mondo social Nikon è considerato un marchio da boomer. Ossia perso nel passato, legato a persone di 60-70 anni, che non si sono aggiornate e ricordano con nostalgia i loro tempi. In generale i boomer vengono considerati poco attenti all'ambiente, all'inquinamento, spreconi, che non accettano le mutazioni nell'orientamento sessuale, legati al posto fisso, alla pensione, alla casa di proprietà, poco inclini a ... migrare, specie fuori dal proprio Paese etc.
    I boomer - e quindi Nikon - non capiscono le generazioni successive e quindi è tempo perso, senza speranza parlare con loro.
    Non passeranno il testimone a nessuno, non lasceranno eredità culturali anche se, di fatto, con il loro reddito, stanno facendo la differenza sostenendo i consumi e mantenendo spesso figli e nipoti a carico.
    Ecco, Nikon, un retaggio del passato, non proprio dell'Impero Giapponese, ma dell'Europa di Adenauer e di Einaudi o dell'America di Kennedy e di Martin Luther King.
    Naturalmente, gli altri marchi fotografici invece sono più aggiornati e i preferiti da Generazione Z e Millennials e spesso sono quelli a cui sono passati anche molti della Generazione X.
    Ovvero Sony e Canon. E quando piace lo stile retrò, Fujifilm.
    Vi ritrovate in questo contesto ?
  21. M&M
    Premesso che Nikonland.it ha raggiunto il suo minimo di partecipazione e condivisione e confronto (cit. Bimatic) ad inizio 2023 e che io di conseguenza mi sono inkazzato come un canguro privato delle carote ...
    ci sono tre/cinque cose da metabolizzare e sono queste e spero di riuscire a trasmetterle :
    1
    Se non succede che :
     
    "So che pochi leggeranno questo editoriale. E che molti di questi faranno spallucce, pensando che non li riguardi.
    Bene, sappiano questi che un giorno l'edicola Nikonland.it chiuderà, è inevitabile.
    Evitarlo è possibile ? Si ma sta tutto a voi, iscritti e non iscritti.
    se non siete iscritti ma ci leggete assiduamente, iscrivetevi e lasciate un segno ci sono articoli/foto/Blog letti a decine di migliaia di volte ma con 3 like. Questi articoli/foto/blog dovrebbero avere 50-100-150 like e commenti, sia concordi che discordanti. Chi scrive sul nostro sito si nutre di riscontri, non può accontentarsi di aver scritto una cosa.
    Se non legge risposte, commenti, domande, like, la prossima volta sarà autorizzato a chiedersi "perché scrivere ancora ?" Nikonland Magazine è una forma di assicurazione sulla vita del sito. Sia in termini di backup - a termine sarà una traccia indelebile, stampata di quello che invece con un click potrebbe trasformare 17-20 anni della nostra storia in un pallido ricordo che si perderà tra i bit del web ... - sia di stimolo a tenere in vita anche tutta l'architettura che ci sta attorno. scrivete, pubblicate foto, fateci sentire che esistete e che tenete a questo sito, non una volta l'anno, tutte le volte che passate di qui non fate chiudere questo sito. Non fate chiudere Nikonland Magazine, comperate Nikonland Magazine tutti i mesi, altrimenti non mi vedrete più su queste pagine.
    Non pensiate che perché è gratis possa esistere per sempre e che possiate continuare a frequentarla senza mai pagare un biglietto.
    Non è così, non è mai stato così. Solo che sinora il biglietto lo abbiamo pagato noi, per voi. "
    PS : da tutti, non iscritti, iscritti, nikonlander, senior nikonlander, redattori e non redattori. Persino da Bimatic e Valerio Abbrustia !"
    il sottoscritto leva le tende e lascia sbiancare al sole come il teschio della proverbiale vacca nei giornaletti di Tex, Nikonland.it
    ... quindi a buon intenditor, nessun'altra parola
    2
    vacca miseria, la mia generazione ha fallito.
    Noi siamo siamo venuti al mondo con il mito di Marylin Monroe, di Raquel Welch e di Brigitte Bardot e cresciuti con Laura Antonelli, Edwige Fennec e la mamma di Alessandro Borghese.
    Con le riviste ci siamo masturbati e con i giornalini abbiamo imparato a leggere e a scrivere (o, almeno, io ho imparato a leggere ... leggendo Topolino prima ancora di andare a scuola).
    La mia generazione ha fallito cullandosi nel mito della disintermediazione.
    Dal tempo del lancio del primo telefonino, trenta anni fa, siamo diventati paperless per finta e ci siamo dimenticati che la fotografia è carta stampata bene.
    E con questo non abbiamo trasmesso ai nostri figli e nipoti il valore del valore che non muta nel tempo.
    Adesso per contrappasso ci becchiamo la "cancel culture", dove ci sono Achille, Anne Boleyn e Cleopatra interpretati da africani e si emendano i testi di classici di Shakespeare, Agatha Christie ed Ernest Hemingway perché non sono politicamente corretti.
    E stiamo tutti su un sito che da un momento all'altro potrebbe essere bannato da un accidenti come una leggina firmata Fonderlaien/Borrrell che vieta al privato di fare cultura o un incremento di tasse che rendano impossibile continuare a spesare Nikonland.
    O solo un accidente informatico che fulmini tutto quanto e l'impossibilità di utilizzare bakkap !
    Avete dato un'occhiata a Nikonland.eu ? E' vecchio solo di 6 anni (lo abbiamo lasciato per incompatibilità solo 6 anni fa e adesso è già quasi impraticabile).
    3
    Nikonland sul telefonino fa cagare. Ma fa cagare anche sul compiuter che mi spanna le foto cambiandone la risoluzione quando magari quella risoluzione non c'è.
    Io ho monitor 4K da 32 pollici e la maggior parte delle foto pubblicate fanno schifo.
    Eppure quando ricevo certe foto da certi fotografi per la rivista resto incantato. E non posso fare a meno di metterle tutte a due pagine, fanculo la mancanza di spazio.
     
    4
    ecco che Nikonland Magazine e Nikonland Review assumono un valore eversivo.
    Ben lungi da me l'idea di fare la transumanza da Nikonland.it a Nikonland Magazine, le due riviste diventano in uno :
    l'unico posto dove rendere giustizia alle fotografie migliori io mi sono stufato di pubblicare foto su pagine compresse, ingessate, impastate. E mi sono stufato di non ricevere i giusti meriti e credo che anche altri la pensino allo stesso modo ho il timore che tutto quanto un giorno o l'altro sparisca e quindi le riviste diventano il backup dove salvare - per sempre ! - il meglio di Nikonland anzi, andare anche oltre.
    Facendo, per quanto possiamo : CULTURA ! Ecco, potrei andare avanti per ore a parlare del valore di fare una rivista.
    Impostare il lavoro non per la fotina casuale, ma con l'obiettivo di essere pubblicato.
    Fotografare in modo avveduto e accorto con una finalizzazione.
    E ottenere come premio l'essere pubblicato.
    Avere tante riviste bellissime di fotografie bellissime che sul sito non sarebbero valorizzate che per un decimo del loro valore.
    Di ogni genere e tipo, non di un tipo solo, ovviamente.
    Ma con le fotografie in mezzo agli occhi e in testa.
    5
    nessun timore.
    Come spendere i propri soldi continuerebbe ad essere trattato con assoluta dovizia su Nikonland.
    E ogni articolo aridamente tecnico starebbe ben lontano da Nikonland Magazine.
    Mentre intanto Nikonland Review diventerebbe il recipiente di tutti i test - FOTOGRAFICI - pubblicati dal 2017 ad oggi su Nikonland.it, salvati per sempre ad imperitura memoria, su carta.
    Per tutti quelli che ne capiscano il valore ed abbiano piacere di sfogliarne le pagine, assaporarne il significato, farsi travolgere dalla passione che le hanno animate.

    Mostrarle agli altri orgogliosi : GUARDA, MI HANNO PUBBLICATO UN ARTICOLO/UNA FOTOGRAFIA.
    C'E' IL MIO NOME SULLA RIVISTA DEL MIO SITO !
    ECCHECCAZZO se uno non capisce queste cose, io ho sprecato 17 anni della mia vita e meriterei di essere decollato con una taglierina da ufficio ...

    la copertina del nuovo Segretissimo Mondadori. Su carta, ve lo giuro, è un'altra cosa. Viene voglia di mettere la mano là ... esattamente là in mezzo.
    Nikonland Magazine è lo stesso. Fa venire voglia di andare fuori a fotografare, e a fare fotografie degne di essere esibite, non dimenticate in una scheda di memoria da due soldi !
  22. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Alexander Melnikov, strumenti vari a tastiere
    7 Compositori - 7 Fantasie
    Harmonia Mundi, 28 aprile 2023, formato 96/24 - via PrestoClassical Streaming
    ***
    "La citazione più famosa di Albert Einstein dice che "la separazione tra passato, presente e futuro è solo un'illusione, anche se ostinata".
    Lo scorrere del tempo è infatti intuitivamente chiaro, anche se un concetto inafferrabile, come nel caso in cui queste parole vengono applicate alla tradizione culturale europea. ,che non necessariamente coincidono. Un turista a Venezia fonderà felicemente l'architettura del XIV secolo con l'arte rinascimentale del XVI, e naturalmente con la musica di Vivaldi del XVIII secolo, in un 'mix veneziano'. Per la musica occidentale, il punto di riferimento di fondamentale importanza è la figura di Johann Sebastian Bach, che continua a influenzare i compositori trecento anni dopo e, anzi, oltre. Come veicoli per questo gioco, sono stati utilizzati diversi strumenti e anche i confini tra loro sono sfocati. Quegli oggetti meravigliosi sono davvero una sorta di macchine del tempo e, anche se non sappiamo come usarle, continuano a suscitare genuina ispirazione e curiosità."

    Alexander Melnikov
     
    Ho riportato le parole di commento dello stesso Melnikov nel libretto di questo disco appena uscito.
    Il programma è fedelmente la trasposizione musicale di queste parole (oppure sarebbe più corretto dire il contrario).
    Escludiamo lo Schnittke finale - per me quella non è nemmeno musica - la scelta è completamente condivisibile.
    Illusione e scorrere del tempo.
    Dal 1723 - anno ultimo in cui potrebbe essere stata composta la fantasia cromatica e fuga di Bach - al 1968, anno in cui Schnittke ha composto su commissione del ministero competente dell'Unione Sovietica la sua Improvvisazione e fuga per pianoforte, ci sono due soli secoli, un sacco di spazio in mezzo, tante rivoluzioni. Una unica illusione fantastica.
    Che Melnikov conduce tra Bach e Schnittke passando per Emmanuel Bach, il suo figlioccio Mozart, Mendelssohn e Busoni, tutti cresciuti bevendo quell'acqua. Senza dimenticare Chopin con la sua fantasia in do minore.
    Colpo di teatro, Melnikov, musicista oltre che colto anche eclettico, parte da un clavicembalo a due manuali, splendido, passa ad un pianoforte tangenziale e via via segue il flusso del tempo e della sua fantasia, adattando lo strumento alla musica eseguita, fino ad uno Steinway dell'altro ieri.
    Ma era l'altro ieri, oppure era oggi ?
    Lettura impressionante e raccolta. Rispettosa e allo stesso tempo personale. Bel disco.
    Sottolineo le sue parole "occidentale", "fantasia".

  23. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Rachmaninov : Etudes-Tableaux - Nikolai Lugansky, pianoforte
    harmonia mundi, 3 febbraio 2023, formato 96/24, comprato
    ***
    Devo moltissimo a Nikolai per il suo Rachmaninov che mi ha illuminato al di là della solita retorica su un autore troppo sottovalutato.
    I suoi cicli sia di piano solo che dei concerti, una "quasi" integrale, registrati oramai ... troppi anni fa, sono tra i dischi più preziosi che ho, ascoltati centinaia di volte.
    Qui Luganski gioca contro se stesso, giacché 30 anni non possono passare invano.

    la precedente registrazione, datata 1994, formato 44/16, durata di 1:03:50
    Lui si è fatto più maturo, flemmatico, a tratti lento, ma in realtà, placido.
    Nel suo suonare di 20-30 anni fa c'era una furia e una sorta precipitazione che rendevano tutto molto virile e immanente.
    Oggi, ma già da qualche anno, qualche cosa è cambiata. L'ho valutato molto negativamente in alcune registrazioni passate, sinceramente dispensabili ma l'ho rivalutato moltissimo nel suo disco di Franck.
    E' quieto come a preparare il terreno per quando sarà il momento di correre.
    Le ottave, possenti, ci sono tutte, sempre. Ma quella potenza è controllata, scappa via solo quando lui lo vuole e non quando le dita scalpitano per farlo.
    Nel complesso la nuova edizione 1:06:52, che sono solo tre minuti di più. Ma sono i tempi che sono dosati diversamente.
    L'Op. 33 è resa - giustamente - più sognante, è quasi impressionista.
    L'Op. 39 - che io preferisco - è più romantica, nel senso del dosaggio dei passaggi e della tavolozza dei colori che sullo Steinway Edward di Lugansky sembrano quelli di un Van Gogh.

    Nel 39/3 e nel 39/5 non c'è più quella foga, un pò disperata, della precedente edizione, ma c'è la lucidità di un uomo che adesso ha l'età giusta. Qualche anno in più di quanti ne aveva Rachmaninov quando ha scritto gli Etudes-Tableaux dell'Op. 39 (1916-1917, quindi 44 anni).
    Direte che non conta, eppure si, l'interpretazione di pagine così complesse, non solo sul piano meramente tecnico - trascendente - ma specialmente su quello interpretativo.
    Ecco, credo si debbano leggere in questa chiave. E la modestia di Nikolai, mostrata sia nel suo ritratto in copertina quanto nelle note del libretto - illuminanti - a commento di ogni singolo studio, faranno il resto.
    Disco del mese, già ascoltato forse 20 volte in tre giorni ... fate un pò voi.
    Nota a parte per gli sconosciuti tre pezzi aggiunti in coda, apparentemente non necessari nell'integrale degli Etudes ma ancora più chiarificatori dell'attuale poetica di Lugansky : evocativi, sognanti, pacati, bellissimi.
    Sono anche essi stati composti nel 1917, più precisamente nel novembre di quell'anno, attimi prima dell'avventurosa fuga in slitta dalla Russia bolscevica.
    Registrazione di buon livello, pianoforte potente ma senza i difetti delle riprese ravvicinate. 
    Fatta a Dobbiaco lo scorso settembre. E in questo dobbiamo ringraziare chi ha aggirato l'ignobile ostracismo fatto ai grandissimi artisti russi che nulla hanno a che vedere con le vicende politiche.
  24. M&M
    Dimitri Shostakovich : 24 preludi e fughe op. 87 / Hannes Minnaar, pianoforte
    Challenge Classics, formato SACD, disponibile via Qobuz in 48/24
    ottobre 2022
    ***
    Trascuriamo la genealogia di quest'opera, capitale per tutta la musica occidentale ... nonostante Shostakovich sia russo e non a caso tacciato di eccessivo legame ai canoni estetici d'oltre cortina dal regime sovietico.
    Il legame profondo con il Clavicembalo ben Temperato di Bach va oltre l'occasione, il bicentenario della morte di Bach celebrato nella "sovietica" Lipsia nel 1750, cui partecipò come giudice Dimitri, premiando Tatyana Nikolayeva per la sua performance.
    Perchè ci sono citazioni e tributi a Bach, a cominciare dall'accordo iniziale del primo preludio che è la sintesi dell'arpeggio del celeberrimo primo preludio in do maggiore del tedesco ma altrettante soluzioni si ritrovano anche in altri preludi e in fughe successive.
    Ovviamente Shostakovich è molto più estremo nella sua polifonia, specie nei preludi che per Bach, sono "solo" preludi alle successive fughe. Mentre per il russo sono vere e proprie composizioni sinfoniche ridotte al pianoforte, mentre le fughe sono più rigorose ed asciutte, sebbene di una profondità spesso trascendente le capacità ... dell'ascoltatore.
    Composizione impegnativa, sono due ore e trenta minuti e pochi sono in grado di eseguirla tutta insieme, più volte registrata da grandi pianisti.
    Io l'ho conosciuta per alcuni pezzi sciolti proposti in epoca sovietica da Richter e Gilels che purtroppo non hanno lasciato l'integrale.
    E ovviamente almeno due delle registrazioni della Nikolayeva.
    Qui l'olandese Hannes Minnaar, pianista molto legato alla tradizioni contrappuntistica e polifonica, come da tradizione del suo Paese ce ne dà una lettura che secondo me diventa il nuovo standard da cui ripartire.
    E' compatta, rigorosa, densa, veloce ma raggiunge vette di profondità che - sono sicuro - avrebbero meravigliato Dimitri in persona.
    Non fa mancare le punte - a volte eccessive - del sarcasmo tipico del compositore ma siamo ad un livello talmente elevato che quasi ... si perdonano.
    Ovviamente in osservanza del segno che, come dice Minnaar nelle note del libretto rispondendo alle domande dell'editore, segue la trama senza perdere nemmeno una nota, essendo ognuna essenziale per lo sviluppo della costruzione polifonica di tutti i 24 preludi e fughe.
    Confesso che - lo avrete capito - è una delle mie composizioni preferite di tutti i tempi e che riesco a digerirmela tutta (a differenza di quanto faccio, solo a puntate, col Clavicembalo ben Temperato, sia esse eseguito al cembalo o al piano) e qui riesco a lavorare mentre lo ascolto pur seguendo perfettamente ogni voce, ogni raddoppio, ogni accento.

    non mi dilungo se non per ribadire che questo è il mio nuovo riferimento (lo preferisco al più ... indigesto Igor Levit che secondo me è proprio andato ... all'altro mondo con DSCH), più di qualunque altra edizione.
    Registrazione pulita e dinamica. Mi piacerebbe avere il master SACD.
  25. M&M
    Premesso, questa è una non recensione.
    Non ho mai visto né preso in mano una di queste luci LED.
    Prima che Mtrading le prendesse in distribuzione non avevo mai sentito nominare nemmeno questo marchio.
    Quando mi è arrivata la newsletter le ho guardate con un minimo di curiosità, perché di led COB sul mercato ce ne sono decine.
    Ma poi, improvvisamente, una montagna di recensioni più che entusiastiche é comparsa contemporaneamente su Youtube (la migliore luce sul mercato, rivoluzionaria, luce potente e compatta etc. etc. etc. con punti esclamativi e entusiasmo a gogo).
    Ma a decine e decine, in tutte le lingue del mondo ...


     
    ho deciso di approfondire e mi sono letto bene le specifiche, poi i prezzi su Amazon. Infine qualcuno di questi video.
    Cosa sono ?


     
    come si capisce bene, sono due illuminatori led che possono funzionare sia a corrente di rete che a batteria.
    Nominalmente una da 60 W e una da 100 W.
    Con un aspetto fashion di rottura rispetto alle altre presenti sul mercato.
    Svariate funzionalità facili da attivare.
    Soprattutto molto, molto compatte. Anche troppo.
    Il trucco sarebbe - a detta loro - in una ventilazione forzata stile quella delle schede video dei computer.
    ***
    Ma non è tutto oro quello che luccica.
    Partiamo dalle caratteristiche. La luce promessa nella realtà non è nemmeno lontanamente quella di targa.
    Quei 60 W sono al più 20 e quei 100 W sono al più 40.
    Che peraltro si abbattono al 40% se si usano a batteria.
    Perché è inutile farle così piccoline se poi ti devi portare in giro un alimentatore grosso il doppio, no ?
    Una potrebbe anche funzionare con un power bank PD da 100 W ma mi immagino le prestazioni.
    E in effetti si parla di 30 minuti circa di autonomia a tutta potenza.
    Il riflettore è minuscolo e fa luce puntiforme. Se si vuole mettere un modificatore gli ingombri e i volumi di trasporto rendono inutile la loro compattezza.
    Ma soprattutto NON SONO COSTRUITI per durare, sono di plastica, sono pieni di aperture che mettono in comunicazione l'interno con l'esterno per motivi di raffreddamento (ma oltre all'aria invitano anche polvere e liquidi ad entrare).
    E poi costano un botto ! 289 euro per la luce base più 200 euro per la batteria.
    Ma con quei soldi ti ci compri un LED da studio con affusto serio ed attacco Bowens da 300 Watt veri.
    Quindi ?
    ***
    Bel marketing. Fai un paio di attrezzini belli da vedere e soprattutto che strizzano l'occhio a chi lo vuole piccolo-piccolo che più piccolo non si può.
    Ne imbarchi una nave per l'OVEST.
    Ne mandi un tot a tutti gli influencer Youtube noti e meno noti non così esperti e nemmeno così deontologicamente rigorosi ...
    Quindi registri le vendite.
     
    E poi ? 
    La morale è sempre quella : diffidare sempre dei super-hype e ragionare con la propria testa.
    Il mio pensiero mi è stato confermato da un recensore di cui mi fido e che ha provato praticamente tutte le luci che ci sono sul mercato.
    Ma dalla mia esperienza e dalle cantonate che ho già preso personalmente avevo già capito da che parte girava il fumo.
    E poi, la luce è energia : se non si ha una carica adeguata, non ci potrà mai essere luce adeguata.
    LED a batteria ? Si, forse, per usare lo smartphone o per effetti, non per fare fotografie serie ...
    Mentre se vi serve una cosina per fare video "cinematici" oscuri come di tendenza oggi, mica vorrete spendere quelle cifre, vero ? Giusto per averlo tanto piccolino ?
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