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  1. M&M

    Bach Kantatenwerke
    Cantata per la 12a domenica dopo la Santissima Trinità
    Eseguita per la prima volta alla Thomaskirche di Lipsia il 15 agosto 1723 e poi successivamente il 31 agosto del 1727.

    Solisti: Soprano, Alto, Tenore, Basso;
    Orchestra : Coro a 4 voci, 3 trombe, timpani, flauto, 2 oboi, fagotto, 2 violini, viola, continuo
    "Lobe den Herrn, meine Seele,
    und vergiss nicht, was er dir Gutes getan hat!"
    "Loda il Signore, anima mia,
    e non dimenticare quanto bene ti ha fatto!" (Sal 102,2)
     
    Questa Cantata fu scritta, secondo le fonti, per l'inaugurazione del consiglio comunale di Lipsia nel 1723, e poi utilizzata per le funzioni religiose della domenica immediatamente successiva.
    La cantata fu poi rivista intorno al 1743 - o comunque tra il 1743 e il 1750, e usata per le stesse due occasioni. Furono cambiati i recitativi, e il corale alla fine, e il risultato fu la nuova Cantata BWV 69.
    Il coro polifonico iniziale dura quasi 5 minuti ed è tra i più gioiosi di tutte le cantate bachiane. Le voci sono contrapposte sia nel tutti che nel solo, con le trombe che entrano in sordina dialogando ma senza sovrastarle.
    Ci sono due fugati senza svolgimento completo, uno corale, uno strumentale. Si conclude con un da capo da manuale con squillo di trombe per una perfetta simmetria.
    Segue un breve recitativo del soprano con accompagnamento de continuo (meglio organo).
    Poi l'aria del tenore che riprende il testo Meine Seele, accompagnato dai fiati (flauto dritto, i due oboi e il fagotto).
    Un altro recitativo, più lungo, del Contralto accompagnato.
    Quindi la bella aria del basso, ancora con i fiati e gli archi.
    Il coro finale é solenne ma non trionfale come quello iniziale e dura nemmeno un minuto. Le trombe stanno in silenzio ed è l'organo che porta la struttura della melodia, senza fioriture né orditura polifonica.
     
    Delle registrazioni che conosco, a mio gusto si staglia quella eccezionalmente frizzante di Gardiner, nel ciclo del Pilgrimage, registrata nel settembre 2000

    la copertina di Steve McCurry per il Vol. 6 del Bach Pilgrimage di Gardiner con Monteverdi Choir e English Baroque Soloists.
    I tempi sono veloci, il primo coro eccezionale, l'ultimo quasi una pausa di riposo, meno interessanti i recitativi, buone le arie.

    Più solenne e controllata la versione di Suzuki, registrata nel 1999 per la Bis ed inclusa nel volume n. 13 dell'integrale.

    Il coro iniziale, in particolare, descrive meglio il moto ellittico delle evoluzioni polifoniche ma senza l'esplosione pirotecnica di gioia di Gardiner.
    Anche quello finale è solenne ma sempre composto.
    Io tendo a preferire le voci femminili, per cui preferisco questo recitativo del contralto a quello maschile di Gardiner e in effetti c'è più eleganze in generale nella visione di Suzuki.
     

    la Cantata BWV 69a è contenuta nel Vol. 6 dell'integrale di Ton Koopman per Erato, registrata nel 2005
    Nel complesso la cantata è quasi sussurrata, gentile, onesta e modesta.
    Le due arie di ottimo livello, la prima quasi pastorale.
    Il coro finale sembra però natalizio, insomma come se Koopman si fosse sbagliato nelle stagioni, anche l'organo indugia su registri pastorali.

    Das Kantatenwerk Vol. 18, Harnoncourt, Teldec
    Mi perdonerà invece la buonanima di Harnoncourt ma la sua versione del 1976 per è completamente inascoltabile e quasi irriconoscibile tanto è lenta e "processionale".
    Non ne conosco altre, ho ascoltato la 69 nell'edizione storica di Rilling (al solito molto scarsa sul piano della registrazione) mentre non ho o non trovo quella più moderna della 69a registrata insieme al Magnificat 243a con cui certo ha molto in comune.
    ***
    Una cantata che vive per il suo coro iniziale e che completa la forza trascinante di questo con due arie interessanti e un coro finale che è solo una cesura.
    Per questo, pur apprezzando moltissimo sia le edizioni di Suzuki che di Koopman, tendo a preferire l'ascolto frizzante del primo coro di Gardiner.
  2. M&M
    Johann Sebastian Bach
    Sonn und Schild
    Cantate BWV 4, 79 e 80
    Collegium Vocale Gent diretto da Philippe Herreweghe
    PHI 2018, formato 96/24
    ***
    Questa nuova raccolta di cantate bachiane della PHI prende il titolo dalla cantata BWV 79, Sonn und Shild ("luce e scudo").
    Pur di epoche distanti tra loro sono legate dai versi luterani. Bach fin dall'infanzia venne influenzato dagli insegnamenti di Lutero e per larga parte della sua vita uniformò il suo ruolo alle predicazioni dell'artefice della Riforma.
    Ein feste Burg ist unser Gott é un inno composto da Lutero (Augsburg 1529) basato sul Salmo 46 dell'Antico Testamento. "Il nostro Dio è una solida rocca" ha un testo piuttosto bellicoso con richiami ad armi, bastioni, sbarramenti contro le legioni del demonio tentatore.
    Composta a Lipsia nel 1725 in occasione della festa della Riforma.
    Come la successiva Gott der Herr ist Sonn und Schild (rispettivamente BWV 80 e 79 : come sappiamo la catalogazione delle opere di Bach e in particolare delle cantate non è cronologica ma casuale, legata al momento di stampa tipografica nell'800) é influenzata dal particolare contesto storico.
    Pur nell'ambito della regola che aveva portato alla fine delle guerre di religione in Germania riassunta con la famosa "Cuius regio, eius religio", la ragion di stato aveva le sue scappatoie e il protestante Elettore di Sassonia, per accettare il trono della cattolica Polonia (unificando nominalmente i due reami ma non de facto) dovette convertirsi in gran segreto alla religione cattolica già nel 1697.
    Celebrare la Riforma in grande pompa con un Principe che si era fatto Cattolico poteva creare qualche malumore, specie in un'epoca che era minata dallo scoppiare di guerre di successione con ogni pretesto.
    In ogni caso la religione ufficiale della Sassonia restava protestante e luterana, e il capo ufficiale della sua chiesa il principe elettore che intanto era re cattolico della cattolica - e confinante - Polonia.
    Lipsia evidentemente non era Dresda ma un pò di cautela, sia nella scelta delle parole nei sermoni che dei testi delle opere sacre era necessaria.
    Per cui una gran messe di invettive contro i demoni tentatori evitando critiche e giaculatorie verso Roma e i "papisti".
     
    Questa introduzione per giustificare in qualche modo la sonorità ridotta, a partire dagli organici, di queste cantate, mantenuta - giustamente - da Herreweghe nelle registrazioni di cui stiamo parlando nella loro stesura originale. Solo negli anni a seguire Bach stesso e poi il figlio Friedmann riprenderanno queste cantate incrementando il suono con l'aggiunta di raddoppi,  di flauti traversi e di quanto possa aumentare il volume di suono per occasioni differenti.
    Ciò non significa che siano tre cantate "povere", tutt'altro. La Cantata BWV 80 inizia con un fugato corale estremamente complesso e brillante.
    Mentre nella BWV 79 l'uso dei timpani dà un ritmo che con i soli oboi sarebbe stato troppo pastorale e forse lontano dal testo.

    il Collegium Vocale Gent
    Non è di diverso tono la celeberrima Christ lag in Todesbanden, BWV 4, che nella realtà è una cantata giovanile, proposta da Bach all'audizione per un posto di organista nella città di Muhlhausen nel lunedì di Pasqua del 1707 (a soli 22 anni). Basata sempre su un corale di Lutero per il periodo pasquale ("Cristo giace nel sudario", Todesbaden letteralmente le bende e gli unguenti con cui venivano addobbati i defunti prima della sepoltura) e modellata su una cantata precedente, dello stesso testo di Pachelbel.
    Ma è molto diversa la struttura che inizia con una "sinfonia" molto solenne anche se di breve durata per poi proseguire immediatamente con un corale e  con le consuete alternanze tra coro e solisti.
    Bach mostra grande sensibilità compositiva, nonostante la giovane età e il debito con una struttura più arcaica di quella contemporanea, che ha preso a modello.
    Rispetto alle altre versioni registrate che possediamo, la versione di Herreweghe incisa in questo disco è molto più asciutta ed immanente, sfruttando proprio la più contenuta formazione. Ma proprio su questo sorprende l'ingresso del coro nel primo verso che dà il titolo alla cantata (confrontare qui con Gardiner, ad esempio). 
    Tornando alle due precedenti cantate, il momento principale di questa eccellente incisione mi sembra proprio il corale iniziale della BWV 80 con il coro protagonista e gli accenti posti dalle trombe.
    Serve un volume adeguato per apprezzare bene questa musica che non può che catturare l'attenzione dell'appassionato di musica sacra barocca.

    Philippe Herreweghe
    Herreweghe è un consumato interprete di questo repertorio e il Collegium Vocale da lui fondato si avvia verso i suoi primi 50 anni di attività.
    La perfetta amalgama di questo complesso consente ad Herreweghe di giocare tutto sul ritmo e sulla precisione di intervento delle parti, specie nei raddoppi. Qualche piccola imprecisione di intonazione si può perdonare nell'uso di strumenti veramente d'epoca.
    La ripresa, ad opera della PHI, etichetta fondata da Herreweghe stesso per avere mano completamente libera nelle scelte artistiche (soluzione che ha deciso di seguire anche lo stesso Gardiner, oggi non più inflenzata dalle linee editoriali del gruppo Universal) asseconda chiaramente lo stile del complesso di Gent, con voci chiare e perfettamente identificabili, strumenti puliti, anche nei bassi e nell'organo del continuo, assenza di alone e riverbero nella scena.

    il risultato è a mio parere sensazionale e tale da far guardare con grandissimo interesse ad ogni altra proposta di questa etichetta, per chi non la conoscesse.
    Siamo a livelli sinceramente non riscontrabili nei confronti in mio possesso, se non in parte (ho in mente Gardiner, Suzuki, Koopman e Kujiken come confronto) : qui c'è ritmo e sostanza, meno solennità e pompa. Alle radici della musica, al di là del contesto.
    Evidentemente a Gent il nostro Bach lo conoscono molto bene.
    Disco dell'anno 2018 per il genere vocale/sacro secondo il nostro sito.
  3. M&M

    Bach Kantatenwerke
    Bach : Cantate per Soprano (BWV 202, 199, 152)
    Freiburger Barockorchester, Petra Mullejans
    Carolyn Sampson, soprano, Andreas Wolf, basso-baritono
    Harmonia Mundi 2017, formato CD
    ***
    Ovvero un viaggio diretto in Paradiso e ritorno.
    Per Bach deve essere stato un sogno soggiornare nella città di Weimar al servizio del suo Duca (1708-1717). E deve averlo poi pagato negli anni successivi scornandosi con i beceri e micragnosi bottegai della libera metropoli di Lipsia.
    Fatto sta che il Castello del Cielo deve essere stato sulla sommità della reggia Ducale, se possiamo giudicare da queste tre cantate riunite in questo magnifico disco Harmonia Mundi.
    Sono cantate di circostanza (matrimonio, celebrazioni) ed è la letizia che le accomuna.
    Come la voce radiante e gioiosa della splendida interprete che vi riporta alla gioia, quale che sia il vostro umore.
    Carolyn Sampson non mi abbaglia quando canta in italiano (Handel, ad esempio) ma qui in tedesco o in inglese è sensazionale.
    Chiara, limpida, con un fraseggio perfettamente definito. Duetta e cinguetta con i legni (memorabile con l'oboe sul finale della 202).
     

    la Freiburger Barockorchester

    è - ovviamente - la protagonista assoluta di questa selezione di cantate.
    Anche nella intimista BWV 152, dove duetta oltre che con i legni dell'orchestra, anche con il baritono (dalla voce chiarissima)  Andrea Wolf.
    Passa al registro drammatico nella conclusiva BWV 199 Mein Herze schwimmt im Blut, mentre duetta con un oboe ispiratissimo.
    Ma il timbro complessivo resta celestiale. Quello che ci vuole per una delle più belle arie bachiane in assoluto "Tief gebückt und voller Reue" (il duetto qui avviene con il primo violino e poi a seguire con gli altri archi, praticamente in forma quartettistica).
    Grandioso il finale, un trionfo di dolcezza e di intonazione.
    Un disco bellissimo che non dovrebbe mancare in ogni discoteca barocca che si rispetti.
    Suono terso e limpido come da tradizione HM. Consigliato al 100%. Potessi incontrare nell'aldilà un angelo che canta così ...

  4. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Bach : Concerti per clavicembalo Vol.1
    Fabio Bonizzoni
    La Risonanza
    Challenge 2018 (disponibile in SACD ibrido)
    ****
    Sembra dire che la vita non è una corsa Bonizzoni con questi primi concerti per clavicembalo di Bach.
    A differenza di altre edizioni, infatti i tempi sono tranquilli e non c'è esagerata prevalenza del solista sul resto degli strumenti.
    C'è semmai un eccesso di basso, un pò riverberante che alla fine annoia un pò, togliendo quella leggerezza che invece probabilmente Bonizzoni voleva trasmettere.
    Complessivamente una buona prova, moderna e chiara. Aspettiamo i prossimi volumi (uno se ci si limiterà ai concerti ad un solo cembalo, due se si faranno anche quelli a più strumenti).
    Versione alternativa : tra le tante disponibili, la mia preferita, Koopman con The Amsterdam Baroque Orchestra, per la Erato
  5. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Bach : concerti per violino, sinfonia, sonate, ouverture
    Isabelle Faust
    Akademie fur alte musik Berlin
    Harmonia Mundi 2019, formato 96/24
    ***
    Isabelle Faust partecipò con il suo maestro Poppen alla Bach Edition ella Hanssler Classik sotto la direzione del grande Helmuth Rilling.
    Allora come secondo violino nel doppio concerto BWV 1043 e come primo violino in quelli ricostruiti.
     
    i due CD vol 39 della Bach Edition del 2000 edita dalla Hassler

    Ritorna adesso con questo progetto personale in collaborazione con l'Akademie di Berlino composta da specialisti del barocco.
    Lo fa a completamento del suo percorso bachiano iniziato nel 2010-2012 con l'incisione delle sonate e partite a violiono solo e lo scorso anno con le sonate per violino e clavicembalo, sempre edite da Harmonia Mundi.
    Se era ricco il programma del 2018 con circa un'ora e mezza di musica, lo è di più questo, superando le 2 ore e venti.
    Oltre ai concerti per violino e a quelli ricostruiti (manca il controverso 1064R per tre violini) ci sono le sinfonie (da cantate) BWV 174, BWV 21, BWV 182 e BWV 1045, la sonata BWV 529 riscritta per due violini, la BWV 529 con oboe e violino e l'intera Ouverture n. 2 BWV 1067.
    Ci sarebbe da scrivere per ore della musica qui registrata e delle sue peculiarità di scelte interpretative (per esempio l'uso del violino al posto del flauto nella celebre Badinerie della Ouverture n.2, oppure del fatto che la sinfonia BWV 174 sia il primo movimento del 3° Concerto Brandeburghese), sono tutte lecite e sarebbe state approvate da Bach stesso.
    Sebbene io preferisca l'edizione per organo (ovviamente) della Triosonate BWV 527 con l'oboe non è affatto male e l'aggiunta di violino ci sta. Ma (l'equilibrio dell'organo con l'uso del pedale è un'altra cosa).
    In generale trovo i tempi rapidi e "alla tedesca", quanto sia giusta questa affermazione è discutibile a priori. E' musica tedesca ma tipicamente "all'italiana". Quanto fosse la prassi esecutiva italiana nelle corti principesche della Germania Centrale noi non lo sappiamo.
    E in ogni caso questa interpretazione è di oggi e deve essere autentica per noi.
    Non mi fa impazzire la Sinfonia BWV 21, ci sono edizioni più interessanti - per pathos e impressione - degli specialisti delle cantate.
    Ma nel complesso l'equilibrio nei concerti è di primo livello.
    E anche la registrazione lo è, anni luce meglio di quella delle sonate per violino e cembalo del 2018, riprese con il microfono sulla testa della Faust, qui invece non c'è enfasi e il suono è senza sbavature in ogni situazione, pur tenendo a mente che ci sono svariati cambi di compagine e la registrazione deve aver richiesto parecchio tempo e differenti impostazioni microfoniche. Qui i bassi ci sono e sono belli intensi, cosa che non si può dire di tutte le registrazioni di questo repertorio, anche di marchi molto blasonati.
    Dicevo che i tempi sono in generale molto rapidi. Questo va bene ma non sempre perchè diventa più difficile aggiungere fioriture ed abbellimenti, sempre necessari nel concerto per violino "all'italiana". E in effetti la Faust sceglie velocità differenti, al di là delle indicazioni dell'autore.
    Ad esempio nel 1052R le accelerazioni sono possibili per la scelta di un tempo generalmente più comodo. Cosa che non è a mio avviso della stessa efficacia con la velocità dell'iniziale 1056R.
    Potrebbe essere semplicemente una questione di editing, magari una scelta differente non mi avrebbe fatto esclamare al primo ascolto che "La bella addormentata" (il soprannome dello Stradivari di Isabelle) "si è svegliata male oggi". Ma nella realtà qui non usa il suo Stradivari ma uno Jacobus Stainer del 1658, probabilmente ritenuto più intonato a questo repertorio.
    Per niente. Approfondendo l'ascolto - e pur in un generale rigore tedesco - c'è coerenza ma anche la giusta cura nel sottolineare i passaggi necessari e, quando è necessario, rallentare.
    Ma quel tipo di virtuosismo richiede di andare veloci e far vedere quanto è bravo il primo violino (1056R : presto finale).
    In estrema sintesi, è una edizione di grande pregio che si riscatta più la si ascolta. Probabilmente il mio nuovo riferimento e mi scuso con la Faust e i suoi amici berlinesi di averli criticati appena sentito il primo attacco. Era solo una prima impressione.

  6. M&M
    Bach, Concerti per Violino e orchestra BWV 1041, 1042, 1052R, 1053
    Kati Debretzeni, violino
    English Baroque Soloists diretti da John Eliot Gardiner
    SDG 2019, formato 96/24
    ***
    Disco in uscita a metà novembre 2019, offerto agli "amici" in anteprima, con uno sconto friends.
    Per sole £6,40 ci si porta a casa il Bach umano degli amici inglesi del complesso English Baroque Soloists, di cui John Eliot Gardiner è solo il socio fondatore ma di cui ogni componente ha ruolo paritario.
    Lo mostrano le foto



    lo mostrano i sorrisi durante le prove.
    Lo prova la loro musica.
    Se facciamo un confronto con l'edizione di inizio anno, degli "specialisti" tedeschi della Akademie fur Alte Musik Berlin guidati da Isabelle Faust che certo Bach lo masticano a colazione fin da bambini, lo stacco è netto sin dalla prima nota del celeberrimo 1052 finale.
    Ma ancora di più nel 1042, dove il tono soave e schietto, genuino di Kati Debretzeni si limita a portare la melodia sopra gli altri archi.
    I tempi sono tranquilli, senza forzare. Non è una maratona. Del resto la solista è il primo violino del complesso dal 2000.
    Tanti anni di frequentazione con tutte le Cantate di Bach e i Concerti Brandeburghesi (altra grande registrazione SDG) che non le hanno impedito di crearsi anche una solida fama di solista con altre compagini.
    Lo spirito è quello solito di Gardiner, il gusto di fare musica insieme. L'amore per Bach, non per l'apparire.
    Suono un pò secco, immagine costretta al centro (ma guardando il video si capisce il perchè). Il violino solista si perde un pò nel suono complessivo del tutti ma anche questo ci sta.
    Ultima nota, il concerto BWV 1053 qui viene eseguito nell'arrangiamento della stessa Kati Debretzeni, dall'originale per clavicembalo.
    Aggiungo le note scritte di pugno dalla solista e da Gardiner per ora non disponibili nel CD :
    A personal letter from Kati Debretzeni
    soloist and leader

    Recording this album of Bach violin concertos with John Eliot Gardiner and my colleagues and friends from the English Baroque Soloists was a special experience. I have spent the last 22 years playing Bach with John Eliot. On the one hand I ‘grew up’ (musically speaking) with the strong dance element in this music, and on the other, the Monteverdi Choir’s singing just behind me or around me. Alongside the two mainstream violin concertos (A Minor and E Major) I chose to record two ‘borrowed’ ones. The first is a reconstruction based on the popular D minor harpsichord concerto which might (or might not, depending on which eminent musicologist you believe) have started life as a violin concerto. The second one is my own arrangement of another harpsichord concerto, that in E major, in keeping with Bach’s own custom of arranging and re-arranging his own works. Both these concertos have counterparts in Bach’s cantatas, where he uses the very same musical material (with the organ instead of harpsichord shining through), but superimposes the most glorious choral textures above the concerto material, with poignant texts sung - a ready-made source of inspiration for playing them in their concerto form, and one I was intimately familiar with from my time in that unforgettable, unique experience, the Bach Cantata Pilgrimage. 

     John Eliot was not willing to conduct the recording sessions at first - historically, the violinist (or harpsichordist) would have directed a Baroque orchestra in this repertoire. I ended up asking him to do so during the sessions, as I felt his presence and his fine-tuned ‘Bachian’ instincts gave a huge amount of extra energy for the orchestra to tap into, leaving me free to engage with them all with the greatest freedom. The many years of leading and playing Bach with him at the helm paid dividends galore - this meant speeds and characters were readily agreed upon, and I felt supported by him (both musically and personally) every inch of the way. Doing all this with the dedication, skill and support of all my long-time friends and colleagues within the EBS was an extra bonus - and a huge one at that. We danced and sang our way through 5 wonderful days last December, engaging close-up with this throughly life-enhancing music.

    I hope you enjoy the fruits of this labour of love.

    Kati Debretzeni

    ---

    Bach’s violin concertos reveal an ebullient sense of invention and rhythmic exuberance in their dance-based outer movements and a hushed intimacy in the sublime slow movements. It is rather as if one is overhearing a passionate conversation between friends. Yet to maintain the conversation’s flow the soloist needs not just to master the different technical demands of each concerto and to capture moods that range from the playful to the profound, but also to locate the spirit of each individual movement and, as a result, to touch your soul. To me that is exactly how it felt when we recorded these four miraculous concertos with Kati Debretzeni and members of the EBS last December - with everyone sharing a palpable delight in the music-making.

    John Eliot Gardiner
  7. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Bach Concerti per Violino e Orchestra BWV 1041, 1042, 1043, 1056R e 1052R
    Giuliano Carmignola (Mayuki Hirasaki primo violino nel concerto doppio 1043)
    Concerto Koln
    Archiv 2014, registrazione fatta a Colonia nel 2013
    Disponibile in formato CD
    ***
    Una scelta classica di concerti per violino e orchestra di Bach, incluso il celeberrimo in Re minore per due violini BVW 1043, con il più italiano dei violinisti barocchi contemporanei che guida anche l'ottimo Concerto Koln, specialista del repertorio bachiano.
    Non è una scelta insolita in quanto è notorio quanto Bach si sia rifatto al modello italiano nella gran parte dei suoi concerti.
    E' rimarcato anche nel libretto della Archiv che riporta il titolo "Bach all'italiana" (in italiano nel testo originale) ed è normale, dato il background di Carmignola, cresciuto in terra veneta con Corelli, Vivaldi e i fratelli Marcello come base culturale.
    Se ne giova l'interpretazione e anche l'ascolto. Carmignola ammette che i suoi riferimenti per questi concerti sono stati fin dalla gioventù Stern e Oistrakh.
    Ma non c'è traccia della solennità e della drammaturgia del suono di Oistrakh (famosa l'edizione con il figlio del concerto doppio) né del pieno rispetto del segno di Stern.
    Se ne giova anche l'ascoltatore che vede tolte molte delle stratificazioni storiche di queste pagine che, proprio per rifarsi al concerto italiano che imperava in tutte le corti d'Europa nel primo settecento,  hanno tutti allegri assai e adagi sì lirici ma non "troppo" bachiani.
    Il tocco leggero, veloce, estroso di Carmignola aggiunge spezie e vivacità al ritmo, riuscendo a farsi seguire anche dal complesso di Koln, spesso un pò ingessato e teutonicamente compassato.
    Vedi ad esempio i raddoppi del terzo movimento del BWV 1042 che sembrano veramente crescendo vivaldiani.
    Ha un suono "veneziano" anche il BWV 1043, nonostante la prima voce sia giapponese, segno di quanto sia contagioso il nostro spirito.
    E appunto, il secondo movimento, privo dei toni enfatici di russi e in generale dei musicisti di chiave romantica.
    Il terzo movimento è addirittura "troppo" liberatorio con tempi veramente svelti, quasi come a scusarsi di quel momento di autocompiacimento del largo (ma non tanto) del concerto.
    Questo bel disco finisce con due concerti "ricostruiti" da Marco Serino, dai due concerti per cembalo di pari numero di catalogo, che Carmignola interpreta se vogliamo ancora più all'italiana, visto che qui la tessitura è ancora più leggera e il suono del suo Guarnieri si ritrova più libero dai bassi.
    Non c'è eccesso di fioriture, giusto il necessario.
    Anche l'ultimo, il 1052 che è il mo concerto per cembalo preferito del genio bachiano, è alleggerito dalla monodia del violino che chiaramente suona più in alto del resto del complesso (vedere per confronto la recente interpretazione molto brunita di Bonizzoni dell'originale per cembalo).
    Se non capite cosa sto scrivendo provate ad ascoltare per confronto l'ultimo movimento della Ibragimova (Hyperion 2014) alla ripresa del solo, verso il minuto 2:13) lei non fraseggia, suona, Carmignola da respiro alla musica, sussurrando la seconda frase su un volume più basso e leggermente rallentando. Il risultato è di tutta ovvietà per chi conosce il nostro repertorio, molto meno per chi pensa al Bach luterano officiato da musicisti romantici.
    Non che la Ibragimova  abbia una visione incoerente ma è tanto diversa da rendere i due dischi, peraltro coevi, del tutto giustificati per quanto diversi.
    Insomma, se Bach fosse venuto nel trevigiano per una settimana di vacanza, oltre ad ascoltare la nostra musica in originale e non ripresa da complessi tedeschi ossequiosi del loro principe, avrebbe potuto ascoltare la sua musica così come ce la porge oggi Carmignola.
    Ovviamente di dischi come questo ne abbiamo già a decine, ognuno di noi ne avrà più scelte a seconda dei momenti ma questo si aggiunge volentieri per un tocco molto personale e più disteso sel solito.
    Registrazione con un buon registro complessivo, senza quelle secchezze tipiche di certe prove Archiv, basso non troppo lungo e violino (il Guarneri di Carmignola) non esageratamente in evidenza come è giusto che sia in generale ma specialmente in questo repertorio dove il solista è semplicemente un primo violino più esperto degli altri.
  8. M&M

    Composizioni
    La letteratura ufficiale data questa composizione al 1725, inizio del lungo soggiorno di Lipsia di Bach.
    Nella realtà - come peraltro altre composizioni non pubblicate ufficialmente - non è possibile datarlo.
    Da quello che ho letto, mi sembra uno scritto, molto ma molto antecedente.
    Ci sono troppi riferimenti alla musica barocca più antica, alla struttura veramente classica, mi viene in mente Sweelink ma possiamo citare persino Frescobaldi.
    Anche lo strumento per cui è stata scritta è incerto, nei due manoscritti sopravvissuti, rimasti inediti fino al 1849, c'è due scritto manualiter e i manuali (tastiere) sono quelli dell'organo.
    Ma la struttura della fuga è atipica per le composizioni d'organo di Bach, perché le voci entrano ed escono e nell'organo si sente subito se manca qualche cosa o se qualche cosa compare all'improvviso, non è facile giocare con le dinamiche con quello strumento.
    Per cui più facilmente clavicordo se lo immaginiamo come un pezzo didattico, volto ad affermare e consolidare stilemi compositivi più che interpretativi (per i figli, la moglie, gli studenti ? Chi lo sa).

    Ma si tratta di una composizione di una bellezza inusitata (a mio modesto avviso) che sembra invece pensata per il puro intrattenimento con tutto il più viscerale gusto barocco dello stupire l'ascoltatore.
    Rimaniamo nel mistero.
    Non è un mistero che la BWV sia rimasta fuori dai repertori, schiacciata dalla retorica romantica che descriveva Bach come una sorta di sacerdote ascetico del contrappunto retto e non come un musicista che amava fare musica in famiglia o al caffé, quando gli impegni imposti dai suoi padroni bacchettoni e puritani gliene lasciavano il tempo.
    Per cui la Fantasia Contrappuntistica e Fuga con i suoi voli pindarici l'ha annullata. Come del resto le Partite non sono mai entrate in repertorio fino ai giorni nostri.
    Merito di Von Bulow una certa riscoperta ma soprattutto di Busoni che ne curò la riedizione critica con tanto di saggio allegato, nel 1916-1920 insieme alle straordinarie toccate.
    Se ne avvalsero il grande Edwin Fischer che ci ha lasciato una sontuosa registrazione nonostante l'età e quindi Alfred Brendel che l'ha tenuta sempre in repertorio, mettendola nel suo disco d’addio.
    Per i clavicembalisti, se se sono appropriati, ovviamente dalla stampa originale, i nordici, con Leonhardt in testa. E sono tantissime le registrazioni a nostra disposizione.
    Fino ai giorni nostri dove possiamo goderci la contrapposizione tra cembalistici latini (Alard e i nostri Alessandrini e Corti) e il pianista gouldiano, vichingo d'Islanda che l'ha inserita in chiusura del suo celebrato disco bachiano.
    Tanta abbondanza però non vale a questa straordinaria composizione che resta trascurata dagli ascoltatori.
    Io, ovviamente, la adoro (come del resto il 99% della musica di Bach) e quindi ne ho voluto scrivere, approfittando dell'occasione per allegare il - poco - materiale scritto disponibile al riguardo.
    ***
    Struttura
    Fantasia non ha alcuna relazione col termine romantico (a la Chopin o Schumann) ma va inteso per derivazione corale, mottettistico.
    Si tratta di una composizione solenne, un lamento all'italiana abbellito e strutturato in quattro parti reali, due simmetriche e due divertimenti, una sorta di rondeau ellittico.
    Può essere intesa sia in forma solenne o drammatica, che contemplativa. Dipende dalla lettura (o dall'uso del pedale, per i pianisti).
    La fuga è una composizione a due facce. Apparentemente semplice sul piano strutturale, contrappuntisticamente poco sviluppata, nella realtà non gioca su soggetto e controsoggetto ma su due temi diversi a formare in pratica due fughe differenti, una inserita nell'altra, i cui due temi e sviluppi ad un certo punto si fondono prima della stretta, evolvendo in modo stupefacente come una il controsoggetto dell'altra.
    Lascio come approfondimento il commento di Francesco Corti (in italiano !) nel video qui di seguito mentre allego un saggio specifico sulla fuga, estremamente dettagliato, per chi volesse seguire partitura e soluzioni stilistiche.
    Nei commenti una lettura con la partitura a fronte.
     
     
     
    analisi critica (in inglese).pdf partitura.pdf
  9. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Bach : Goldberg Variationen BWV 988
    trascrizione per trio d'archi del
    Trio Zimmermann
    Bis 2019, formato originale in 96/24
    ***
    Frank Peter Zimmermann suona il violino Stradivari Lady Inchiquin del 1711
    Antoine Tamestit suona la viola Stradivari "Mahler" del 1672
    Christian Poltéra suona il violoncello Stradivari "Mara" del 1711
     

    il Trio Zimmermann durante la ripresa alla Tonhalle di Dusseldorf nel 2017

    i tre protagonisti del disco, Zimmermann, Poltéra e Tamestit
     
    Dopo aver approfondito la trascrizione disponibile da tempo di Dmitry Sitkovetsky per trio d'archi delle Variazioni Golberg di Bach, il Trio Zimmermann ha trovato una ricchezza così articolata di dettagli e splendori musicali che ha voluto attingere direttamente alla partitura originale per farsene la propria trascrizione.
    Sappiamo che l'originale è stato scritto per un cembalo a due manuali che trae la sua ragion d'essere proprio per quello strumento e con quella articolazione, tanto che nella versione per pianoforte - oramai più eseguita in assoluto - diventa "piatta" e richiede al pianista di compensare con l'espressività del piano e del forte, quello che perde in termini di ricchezza armonica.
    Il trio d'archi idealmente permette di recuperare l'idea originale e di renderla al meglio, anche se non sappiamo certamente come e con quali accorgimenti l'avrebbe trascritta lo stesso Bach che, come sappiamo, considerava di routine questa prassi, avendo adattato il proprio e l'altrui materiale musicale innumerevoli volte per le sue proprie necessità di esecuzione in funzione di chi e cosa avrebbero suonato i musicisti a disposizione.
    I tre - eccezionali - e perfettamente amalgamati strumentisti di questo trio che prende il nome dal celebre Frank Peter Zimmermann (non che gli altri due siano degli sconosciuti "carneadi" ...) si avvale di una terna di spettacolari Stradivari dal suono inconfondibilmente ricco e rugoso.
    Lo spirito è quello di Bach, non c'è l'idea di trasmutarlo anche temporalmente.
    Le dinamiche sono brillanti, molto più coinvolgenti della medie delle edizioni "Sitkovetsky", fanno pensare quasi a Vivaldi o comunque al barocco italiano nello sviluppo.
    La musica sensazionalmente bella (del resto, non a caso, ci siamo ispirati a questo caposaldo della letteratura musicale europea per intitolare questo sito).
    L'armonizzazione delle parti rende giustizia ai tre strumenti e alla polifonia della composizione. Nessuna voce è in evidenza o sovrasta le altre.
    Il violoncello sussurra la sua parte, senza violentare gli altri. Lo stesso fa il violino che non copre la viola.
    Le tre parti contrappuntistiche si integrano perfettamente. Ma comunque le tre voci sono perfettamente chiare e limpide, distinte, cantabili. Un vero trio d'archi.
    Metti una grande partitura, tre grandi solisti, tre grandi strumenti, una registrazione a regola d'arte (come di ... regola per Bis) ed avrai un disco di grande interesse.
    Ci sono altre edizioni delle Goldberg per trio d'archi ma in questo momento non me ne viene in mente una migliore di questa.
    BRAVI !
  10. M&M
    Bach : i principali preludi e fughe per organo
    Ullrich Bohme, organo
    Rondeau Production 2020, formato 96/24
    ***
    Ullrich Bohme è nato in Sassonia, ha un cognome che è già di suo tutto_musicale, insegna alla scuola Mendelssohn di Lipsia e suona l'organo di Bach alla Thomaskirche della città del Kantor.
    Se non bastasse questo pedigree di presentazione, c'è il programma di questo disco a qualificarlo. Sono i più straordinari preludi e fuga per organo che Bach ha scritto nel pieno della sua maturità e che Bohme suona come - probabilmente ? - li suonerebbe oggi Bach stesso.

    Lo stile è formale ma non solenne. Non monolitico alla Walcha o alla Richter, per capirci. Ma non alla francese tipo Isoir o Alain.
    Non ci sono fuochi d'artificio salvo quelli di un organo straordinario che riempe la casa, l'aria e i vostri padiglioni auricolari di suono (mentre scrivo ho in testa le meravigliose Hifiman Jade II che a dispetto di tutto scendono in frequenza quanto il pedale di Bohme è in grado di suonare).
    Ma ci siamo capiti ? Bohme è il Thomasorganist che suona Bach anche la domenica.
    Se abitassi li, giuro che tornerei a frequentare la chiesa ogni giorno (in cui suona Bohme)
    Suono che rasenta la perfezione. Disco inestimabile. Se volete iniziare (bene) con la musica organistica di Bach, questa è la porta principale.



  11. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Bach : l'arte della fuga per quartetto d'archi (Cuarteto Casals)
    harmonia mundi, 9 giugno 2023, formato 96/24, via Qobuz
    1h:08m:15s
    ***
    Cuarteto Casals e non Quartet Casals per non confondersi con il quartetto di Pablo Casals. Formazione giovane ma agguerrita con già diverse prove in disco.
    Trascuriamo ora e per sempre i triti e ritriti aneddoti sull'Arte della Fuga e sulle ultime parole di Bach dal letto di morte dettate al genero con l'ultima frase dell'ultima fuga che si interrompe là dove egli spira e vola in cielo ...
    L'Arte della Fuga è una composizione troppo importante, troppo evoluta, troppo ... esagerata per poterci ricamare sopra. Se è incompiuta non ci possiamo fare nulla, salvo scegliere, come fanno questi musicisti, di chiuderla con un accordo che ferma la trama contrappuntistica.
    La questione tecnica e stilistica è un'altra.
    Sono una serie di contrappunti e canoni (in pratica fughe, polifonia pura scritta con tutti gli stili possibili, contemporanei, passati e futuri), tutti nella stessa tonalità, pensati per 3,4, sei voci ma non per uno o più strumenti specifici.
    Quindi abbiamo possibilità di lettura illimitate ma tutte che si scontrano con la domanda di base : si tratta di qualche cosa da suonare per un pubblico pagante oppure è "solo" un esercizio di stile, raffinato al punto da dover suonare per se e studiare per applicarne i segreti ?
    Qui abbiamo una risposta.
    In un quartetto d'archi con 2 voci uguali, una di un tono simile e un'altra di un tono più basso.
    Che suonano e si intrecciano insieme per monodie separate e che formano all'unisono la trama complessiva.
    Zero o ancora meno vibrati e esibizionismo ma anche non troppa riverenza.
    Ci sono altre letture del genere esageratamente umili, come se si trattasse di pregare in ginocchio sotto la Croce.
    No, è musica. E' la musica che ha ispirato Beethoven negli ultimi quartetti.
    E' musica che può intrattenere.
    Certo, orecchie colte, raffinate e ben educate, capaci di seguire lo sviluppo dei temi, i più evoluti del tema regio e delle lettere B-A-C-H.
    Esibizionismo ? No. Soli Deo Gloria
    Registrazione esemplare, grande tenuta armonica, compresa la cesura con un corale il BWV 668 che apparentemente non ci azzecca nulla con l'Arte della Fuga.
    Ma che ci sta, ci sta.
     
     


  12. M&M
    registrazione del dicembre 2016, edizione dell'ottobre 2017

    Monteverdi Choir
    English Baroque Soloists
    Sir John Eliot Gardiner
    Soli Deo Gloria SDG728 - versione liquida a 96Khz/24 bit acquistata dal loro store online
    ***
    Nel programma di celebrazione del 500° anniversario della Chiesa Luterana, esce questo disco programmatico dell'etichetta creata appositamente per pubblicare le registrazioni dei due complessi creati da Sir John Gardiner, Monteverdi Choir e English Baroque Soloists.
    E' sempre motivo di grande curiosità quando riceve la newsletter firmata da Isabella Gardiner, nata de Sabata, che mi avvisa della disponibilità, in anteprima, di una nuova uscita del marito. Trovo apprezzabile ed approfitto sempre dela possibilità di averlo subito, prima della distribuzione, via download e in alta risoluzione ad un prezzo vantaggioso, considerata la qualità di queste interpretazioni e registrazioni. Di questo sono grato ai signori Gardiner.
    Il disco, integralmente dedicato a Bach, contiene il Magnificat , la messa in Fa maggiore e come riempitivo la cantata n. 151, "Süßer Trost, mein Jesus kömmt".
    Questa versione del Magnificat, certamente tra le più note, celebrate e conosciute composizioni di Bach, è quella originariamente scritta per i vespri di Natale del 1723 a Lipsia nella tonalità di Mi bemolle maggiore. Contiene anche 4 laudes specificatamente attinenti al Natale che nella successiva versione, elaborata da Bach in tonalità Re maggiore - quella comunemente eseguita oggi, numero di catalogo BWV 243 - per agevolare la parte delle trombe, sono stati rimossi per rendere l'esecuzione possibile durante tutto l'anno e la cui prima esecuzione avvenne, sempre a Lipsia nel 1733.
    Si tratta di una cantata per coro a cinque voci, cinque solisti e orchestra che si arricchisce oltre ai legni (due flauti, un oboe, due oboe d'amore), di tre trombe e timpani. Il testo è quello del Vangelo di Luca ed é in latino.
    La messa in Fa maggiore BWV 233 è una delle 4 messe dette "brevi" (composte da sei brani) o "luterane" (per la combinazione di Kyrie e Gloria nei primi due movimenti) composte a quanto sembra, nel 1738-1739, e caratterizzate dall'essere rielaborazioni di materiale tematico ripreso da cantate.
    Questa messa è a 4 voci mentre l'orchestra vede 2 oboi, il fagotto e tre corni.
    La Cantata 151, "Süßer Trost, mein Jesus kömmt" ("Dolce conforto, il mio Gesù sta arrivando"), è ovviamente in tedesco, è pensata per il terzo giorno delle celebrazioni di natale ed è stata eseguita per la prima volta a Lipsia esattamente il 27 dicembre 1725.
    Rispetto alle altre due composizioni presenti in questo disco l'organico è ridotto, ci sono 4 solisti, un coro in 4 parti, il flauto, l'oboe d'amore, due violini, una viola e il basso continuo.
    E' una piccola gemma, tra le più intime cantate natalizie di Bach, lontana da celebrazioni e fasti di altre occasioni, non ha il coro iniziale e consta di due arie, due recitativi e un corale finale.
    ***

    Sir John Eliot Gardiner alla testa delle sue compagini durante il ciclo dedicato al 450° Anniversario di Monteverdi
    John Gardiner ha registrato nel 1983 il Magnificat nella versione finale in Re maggiore per la Philips. E' una edizione di riferimento e di grande calore.
    Che non ha nulla a che fare con questa sua nuova ripresa che è all'opposto, asciutta e del tutto scevra da qualsiasi influenza estranea alla musica dell'epoca.
    I tempi sono rapidissimi, tanto da riuscire a mettere in crisi il pur virtuosissimo Monteverdi Choir ben abituato a seguire il Maestro in tutte le sue evoluzioni stilistiche ed iniziative in giro per l'Europa. Tanto da mostrare in taluni passaggi alcuni contrasti  aspri ma in compenso tutti i cantanti sembrano più liberi.
     

    durante le riprese di questo disco
    Sono deliziosi gli inni, dei piccoli mottetti incastonati tra le parti del Magnificat.
    Potente il fugato Omnes Generationes.
    Al basso Gianluca Buratto è affidata l'aria "Quia Fecit mihi magna" (come il Domine Deus della Missa in Fa).
    Buratto canta con grande disinvoltura e articolazione, in perfetto stile con le impostazioni di Gardiner.
    Di grandi impatto sia il Sicut Locutus Est che il Gloria finale. Ma del resto l'articolazione del Monteverdi Choir non lo conosciamo oggi.
    Con la finale ripresa del tema del Magnificat (minuto 1:20) che riprende dal "sicut erat in principio" chiudendo il Magnificat come era iniziato.

    Gardiner e i suoi musicisti al Concertegebouw
    Molto bella la Missa Brevis in Fa, ingiustamente trascurata. Sin dal primo coro del Gloria.
    La cantata n. 151, infine, é intima, più di quanto non fosse quella registrata da Gardiner qualche anno fa per l'edizione del Pellegrinaggio per l'Europa.
    Insomma, tra le migliori edizioni di questi brani e tra i dischi d'elezione del 2017. Il Magnificat sostituisce nel mio ideale riferimento l'edizione del 1983 dello stesso Gardiner.
    Terrei come unica alternativa quella incisa per Linn da John Butt e il Dunedin Consort, non a caso anche quella in Mib+.
    John Butt è molto più "rotondo" e anche la registrazione è più dolce, meno secca.
    Gardiner qui ha voluto andare oltre i suoi stessi canoni, e secondo me, a 74 anni, ha fatto bene.
    Riversamento digitale a 96/24 senza pecche.
    Per chi volesse approfondire, allego il libretto del disco SDG728_Bach_Magnificat_booklet.pdf che contiene una conversazione esaustiva sui temi di queste interpretazioni con John Eliot Gardiner.
  13. M&M

    Recensioni : Vocale
    Bach : Motets (con brani anche di Gabrieli, Bertolusi, Praetorius e Gallus)
    Pygmalion diretto da Raphael Pichon
    Harmonia Mundi 2020, formato 96/24, via Qobuz Unlimited
    ***
    Le altre edizioni dei mottetti di Bach che conosco sono asciutte ed ascetiche, come l'ultima, essenziale di Gardiner con il Monteverdi.
    Questi francesi del Pygmalion li ho già incontrati più volte, in particolare nel disco dedicato alle Weber Sisters (in Mozart) con Sabine Devieillhe.
    Ma hanno registrato anche molto Bach e lo conoscono bene.
    Qui sin dalle prime note mostrano di rinunciare all'austerità tedesca per una ricchezza di suono quasi operistica (cosa che si nota anche ...nella BWV 244a e nelle messe).
    Probabilmente i tedeschi sentono più visceralmente e con immanenza tragica il pensiero di Lutero che nel libretto dei mottetti è citato all'inizio ma con un significato lieto ("chiudete gli occhi ad uno e questi non saprà dove cade il suo corpo ma apritegli il cuore ed egli sarà dove sta andando") e le parole di Raphael Pichon sono chiare nella chiusura :

    "Six motets, source inépuisable de jubilation, le coeur cousu à notre corps"
    Si sente che il senso è quello e sinceramente io non ho ascoltato una versione dell'iniziale Lobet den Herrn, alle Heiden così frizzante.
    A rendere forte il contrasto, la scelta di inserire tra le complessità contrappuntistiche bachiane brani della tradizione cattolica di un secolo anteriore mi pare perfettamente indovinata.
    La tradizione corale veneziana (Bertolusi era allievo e organista di Gabrieli) si fonde con la ricchezza di invenzione bachiana e ne sottolinea le basi.
    Altrettanto ricco il seguente Komm, Jesu, komm la cui ripresa é anche essa insolitamente vivace.
    Come è gioioso il BWV 228, Furchte dich nicht, ich bin bei dir.
    Segue una pausa solenne offerta da Jacobus Gallus sul testo Ecce quomodo moritur justus ("Ecco muore il giusto") che apre la stada al definitivo Jesu Meine Freude, eseguito in maniera impeccabile per tutti i suoi straordinari movimenti.
    L'accompagnamento strumentale aiuta a sottolineare le arcate sonore di questa cattedrale barocca.
    E il tono resta lieto.
    Come sottolinea l'ultimo intermezzo, questa volta di Gabrieli, Jubilate Deo che introduce i tre lied BWV 225 che chiudono la registrazione.
    Che mi ha convinto nonostante qualche sibilante di troppo - microfoni troppo vicini - in taluni passaggi solo vocali.
     

     

  14. M&M

    Recensioni : organo
    Johann Sebastian Bach
    The COmplete Work for Keyboard Vol. 1
    The Young Heir - Le Jeune Héritier
    Benjamin Alard
    Harmonia Mundi 2018
    disponibile in HD
    ***
    Ammetto che non avevo mai sentito nominare questo rampollo - classe '85 - della vivace scuola clavicembalistica e organistica francese.
    Questo primo volume porta come sottotitolo "il giovane erede" e si riferisce ovviamente a Bach.
    Bach visto come erede della tradizione musicale non solo tastieristica, non solo tedesca, del suo tempo.
    Tre dischi, 51 brani. Affiancando i testi di Bach con avi e coevi (4 ore di ascolto complessivo).
    A cominciare da Johann Michael Bach, passando per Johann Christoph Bach, ma aggiungendo Frescobaldi, Pachelbel, Bohm, perfino qualche francese come Louis Marchand, e de Grigny, finendo con la fuga BWV 951a in si minore, su un tema di Tomaso Albinoni.
    Alard si alterna all'organo e al cembalo a seconda dei brani.
    C'è anche la voce, quando serve (Von Himmel hoch, da komm ich her, BWV 700)
    I numeri di catalogo dell'opera di Bach non sono cronologici e questo non ci aiuta nel seguire la selezione.
    Perchè ci dobbiamo fidare del nostro interprete che questi siano effettivamente tutti della prima età di Bach.
    Ma i riferimenti, i tributi, le citazioni ci sono tutte ("In honorem Johann Christoph Bachii Ohrdrufiensis").
    Poco importa, importa la musica, non il rigoroso rispetto del sottotitolo.
    Questo disco è un tripudio per l'amante della musica barocca.
    L'interpretazione è rispettosa, quasi timida in generale.
    Bel disco, registrato un pò basso ma gli strumenti perfettamente resi.
    Che Dio ti conservi la salute per completare il tuo progetto, caro Benjamin.

  15. M&M
    Bach : Partite su Corale BWV 766-768 e 770, Stephen Farr, organo
    Resonus Limited 2019, formato 96/24
    ***
    Organo moderno (2015) dal suono chiaro che si presta perfettamente al tocco molto cristallino di di Stephen Farr, inglese cresciuto e formatosi alla scuola organistica britannica nelle stesse zone servite da questo bellissimo organo.

    modello simile del 2005
    qui ripreso dal basso

    forse meno spettacolare di altre realizzazioni moderne ma certamente molto ricco di sfumature nel suono.
    Ne fa tesoro l'organista di fronte alle famose partite sopra Corale di Bach, composizioni certamente non prettamente nate per il servizio liturgico.
    Sono infatti sostanzialmente "partite diverse", ovvero variazioni sopra il corale iniziale, secondo la tradizione della musica organistica settentrionale cui Bach si affacciò in visita da ragazzo.
    Sono infatti tante le citazioni, non testuali ma certamente i richiami dei maestri dell'eredità bachiana (Pachelbel, Bohm, Sweelinck)
    Farr non eccede in spettacolarismi e in questo non si distacca dalla tradizione musicale del servizio domenicale anche se in alcuni momenti interviene a volumi importanti.
    Il suono resta chiaro e non troppo denso.
    Molto diverso da differenti - e molto meno recenti - edizioni, come quelle della Alain o di Chapuis. Altra scuola, e vero ma soprattutto altri organi.
    Nè tantomeno la solennità monolitica del Walcha dell'integrale Archiv (segnatamente BWV 768) o dell'equivalnete di Karl Richter.
    L'opposto, chiaramente dello spettacolare organo della Tonhalle di Zurigo suonata da Guillou(ed. Dorian) che ha una applicazione dei registrazioni estremamente liberale, come di costume di quell'organista.
    Insomma, senza voler gridare a tutti i costi al nuovo riferimento, è una bella integrale, interessante e dal suono ricco ma non troppo spesso, di un organo moderno molto personale.
    La visione della scuola brittannica anche se io tendo a preferire nei giorni pari Guillou e il suo suono secco e vibrante, in quelli dispari Farr e il suo organo Aubertin dal suono chiaro e pastoso.
  16. M&M
    Tralasciamo in questa sede la questione del temperamento o della destinazione del Clavicembalo ben Temperato di Bach.
    Per chi non lo sapesse è un'opera divisa in due parti, detti Libri, composti da 24 preludi e fughe ciascuno, in tutte le 12 tonalità ascendenti e discendenti, messi in sequenza tra loro.
    Visto come uno strumento didattico per lungo tempo, è diventato pezzo da concerto nel '900.
    Spesso il materiale utilizzato proviene da rielaborazioni di quanto scritto per gli allievi di Bach, tra cui la moglie Magdalena e il più dotato dei suoi figli - almeno sul piano tecnico, Friedemann, non a caso copisti della prima edizione dell'opera.
    Bach stesso descrive  "Zum Nutzen und Gebrauch der Lehr-begierigen Musicalischen Jugend, als auch dere in diesem studio schon habil seyenden besonderem ZeitVertreib" (Per l'educazione del giovane musicista operoso e per il divertimento di coloro che sono esperti in questo materiale').

    Sebastian (alla viola) con i figli Emmanuel, Christian e Friedemann, artista sconosciuto
    Ma andiamo qui a questo particolare preludio, il decimo, in mi minore, indicato nel catalogo Bach alla BWV 855.
    Di questo, per l'appunto, esiste una versione anteriore, la BWV 855a, scritta per il Klavierbüchlein für Wilhelm Friedemann Bach al n.18 nel 1722.
    Perché sto scrivendo di questo particolare preludio in mezzo a 48 ? Perché è molto particolare e cercherò di spiegarlo.
    Il preludio conta 41 battute . La linea di basso è composta da sedicesimi. La linea degli alti è composta da sedicesimi con note miste in mezzo.
    La fuga è a due voci e conta 42 battute.
    Per chi legge la musica, metto l'esecuzione con la partitura sfogliata in automatico :
     
     
    come si vede, le prime 21 battute sono costituite dalla modulazione del basso, portato in modo ostinato dalla mano sinistra, su cui la destra ricama la melodia più un contrappunto semplice.
    La prima nota dell'arpeggio del basso coincide con il primo accordo della destra, completandone l'estensione.
    Alla battuta 22 parte una cadenza veloce, portata da entrambe le mani in sincrono che si chiude rallentando all'ultima battuta. Ma anche in questa cadenza c'è una nota tenuta che da l'appoggio a tutte le battute.
    Singolarmente nella prima parte del preludio spesso ci sono note tenute - un fa alla seconda battuta, per esempio, un do alla 15, un mi alla 18 - che su un cembalo o anche su un pianoforte non possono semplicemente suonare per 4/4 o anche oltre, semplicemente il suono non si sente più ma nella partitura è indicato di tenerle.
    Si potrebbe pensare alla non specifica destinazione dell'opera, sull'organo è possibile tenere la nota a piacere perchè il suono è emesso dall'aria nella canna corrispondente.
    Ma questo apre anche ad altre interpretazioni.
    Che questo preludio, appunto pensato per iniziare il giovane figlio alla composizione più che all'armonia (nonostante qui ci siano accordi in sequenza di tonica, di dominante, modulati dal mi al la minore, e poi di terza, di quinta, di settima etc. che non possono che abituare l'orecchio a mettere insieme in modo ordinato i suoni) alla composizione.
    Infatti questo è un abbozzo di un movimento di sonata in trio, che è possibile vedere in questo modo.
    Il basso ostinato della mano sinistra, per esempio arpeggiato dal clavicembalo o dal violoncello, la  seconda voce proposta dalle doppie note suonate dalla parte sinistra della mano destra, la melodia, ornata e fiorita con trilli e quanto acconcio in termini di esecuzione barocca, dalla parte destra della mano destra. Che io penso affidate alla viola e al violino, rispettivamente, o all'oboe.
    In confronto al preludio, la fuga sembra un semplicissimo processo di imitazione a due voci, con ottave che si intersecano senza troppo svolgimento, niente controsoggetti o complicazioni in una rapida esecuzione già di per se più che impegnativa e non alla portata del semplice appassionato.
     
     
    che metto qui con la partitura, sempre per chi riesca a seguire la parte mentre viene eseguita.
    Il risultato però paga e come sempre, per Bach il fine ultimo è quello musicale, anche se perseguito per mezzo di strutture complesse, artifici, giochi di prestigio armonico, permutazioni matematiche eseguite con la naturalezza di un Gauss.
    Riporto un giudizio piuttosto forte che definisce questo preludio un "maeltrom" in tono minore :
    "Questo preludio e fuga ha un'atmosfera opprimente. Spesso si vede che ciò che Bach afferma in una mano è contraddetto dall'altra, ma qui non c'è proprio traccia di ciò. Entrambe le mani sguazzano in questo stato d'animo con tutto il cuore. Il basso, infatti, è in questo caso il demone malvagio, poiché a metà del preludio trascina all'improvviso la parte superiore, fino ad allora lirica, in un folle vortice. Questo è il punto in cui inizi a sospettare che questo minaccioso vortice in chiave minore non sarà benedetto da un lieto fine. Sebbene un barlume di speranza spunti in un accordo maggiore alla fine del preludio, è destinato a fuorviarci, come ci accorgiamo non appena inizia la fuga frenetica. Le strane ottave parallele che compaiono all'improvviso danno persino un accenno di qualcosa di appiattito o morto nell'atmosfera. "
    che in qualche modo sottoscrivo anche se poi dipende dall'esecutore dare questo o quel significato, peso o inclinazione.
    Sentiamolo qui, nell'interpretazione "canonica" al cembalo, in tutto la sua splendida e argentina atmosfera crepuscolare :
     
     
    basso staccato ma non troppo, fioriture sulla melodia senza esagerare, dinamica modulata battuta per battuta fino all'accelerazione della cadenza finale.
    E l'esasperato S-T-A-C-C-A-T-O del basso di Glenn Gould al piano che si assicura che a noi non sfugga nemmeno per idea una singola nota ... :
     
    ancora con lo staccato ci viene in aiuto l'ottimo Paul Barton che suona per noi :
     
     
    ma che ci esegue con lo stesso ritmo anche il basso legato :
     
     
    introducendoci a due interpretazioni di grandi pianisti.
    Svitoslav Richter che esegue un legato sottovoce mettendo invece in piena evidenza l'elaborata struttura tematica della voce del ... violino
     
    c'è sentimento estremo anche se la lettura sembra sbrigativa, la cadenza di una velocità estrema e la fuga ... una vera fuga.
    Semplicemente inarrivabile la lettura di Gulda che suona con l'entusiasmo di un bambino ad altri bambini come lui (noi, insomma !) con fioriture, ornamenti e trilli che Bach stesso avrebbe elogiato :
     
     
    chiudo - ma ne trovate altre se volete - con la molto-gouldiana visione del vichingo Olafsson
    che fa un ostinato staccato con entrambe mani, suona lento ma accelera senza soluzione di continuità e rende la fuga più un completamento della composizione che una via d'uscita da quel labirinto imposto dal basso ostinato del preludio.
    Una breve pausa prima di cominciare, con una trascrizione per strumenti moderni che esaspera la struttura "in trio" del preludio di cui ho modestamente accennato più sopra :
     
     
    è estrema con tutta questa elettronica ma se Bach fosse un millennial credete che suonerebbe il cembalo ?
    E adesso Arriva Siloti
    L'ucraino Alexander Siloti é stato allievo di Nikolaj Rubinstein (mentore di Chaikovsky) ha contribuito a far conoscere la musica russa (in particolare Rachmaninoff) in America ma soprattutto è stato un grande didatta.
    Che ha visto nel preludio n. 18 scritto da Bach per il figlio Friedemann BWV 855a una buona base per una ulteriore evoluzione.
    Questo preludio è una forma semplificata di quello di cui abbiamo parlato sopra, con differenze nel basso.

    lo vediamo anche senza la partitura ancora grazie a Paul Barton :
     
     
    e qui segue la versione Siloti :
     
     
    qui in una versione particolarmente "anoressica" della Valentina
     
    che prende forma qui con Sokolov che esegue in modo canonico il basso con accordi tenuti :
     
     
    e dopo una versione da strada per clarinetti
     
    quella sempre virile di GIlels
     
    che spinge verso il basso della disperazione (sarà mica morto Stalin ?)
    ma ci consente di chiudere questa carrellata di video con l'ultima, splendida, visione nordica di Olafsson
     
    Ecco. Giusto per mostrare quanto con poco si possa parlare e quanto ancora avremmo da dire su uno dei 48 preludi di quel monumento che è il Clavicembalo ben Temperato.
    Spero di non avervi annoiati troppo, suggerendovi qualche modalità di ascolto diverso dal semplice svago
  17. M&M
    Bach : Sei sonate in trio (per organo, arrangiate per trio di strumenti vari)
    Tempesta di Mare Philadelphia Baroque Orchestra/Chamber Players
    Chandos/Chaconne 1/6/2014, formato 88.2/24
    ***
    Le Sei sonate in trio per organo sono state - probabilmente - composte da Bach intorno alla seconda metà degli anni '20 del '700 per istruire i figli nell'uso del grand organo.
    Ne sono prova le trascrizioni trovate nei taccuini di Friedmann e di Emanuel, oltre ai frammenti presenti in quello di Magdalena.
    Sono sonata in stile galante, molto moderne per l'epoca, brillantemente sviluppate, ovviamente secondo gli schemi della musica italiana con ampio uso di ritornelli e "da capo".
    L'organo a due manuali più pedale (per lo più ripetuto sul manuale principale) si presta perfettamente alla polifonia contrappuntistica su tre parti.
    Ed è quindi gioco facile ripeterla per trio di strumenti diversi, flauto, violino, basso, con variazioni di formazione sul basso continuo o nelle voci solistiche.
    Il risultato è un disco freschissimo, proposto dalla vivace formazione americana, specialista nel repertorio tardo-barocco, che permette una riscoperta anche a chi non frequenta l'organo.
    Per me queste sonate sono parte del repertorio standard, e tra le cose che più ammiro, conosco e macino da decenni di Bach.
    Riascoltare così è un regalo inatteso che a suo tempo mi era sfuggito e che ho scoperto casualmente in questi giorni.

    la sezione dei violini dell'orchestra completa

    dei Tempesta di Mare, il cui nome è già un programma "all'italiana".
    Aver affidato la parte principale spesso al flauto diritto varia l'altezza della gamma tonale, ma anche le sonate riprese per lo più con archi (tre parti più liuto a fare il basso con il violoncello) sono estremamente interessanti.
    Sembra chiaramente che l'ispirazione venga da quanto fatto da Bach stesso nell'orchestrazione dei Concerti Brandeburghesi più modesti in termini di organico.
    La registrazione è eccellente, si distingue ogni parte come deve essere e il timbro di ogni strumento.
    Ascolto consigliato non solo ai patiti di Bach come il sottoscritto.
  18. M&M
    Bach : Sinfonie dalle cantate
    Cantata BWV188 “Ich habe meine Zuversicht” Reconstructed by T. Watanabe & S. Veggetti
    Cantata BWV174 “Ich liebe den Höchsten von ganzem Gemüte”
    Cantata BWV169 ”Gott soll allein mein Herze haben”
    Cantata BWV12 “Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen”
    Cantata BWV49 “Ich geh und suche mit Verlangen”
    Cantata BWV146 “Wir müssen durch viel Trübsal”
    Concerto dalla Cantata BWV35 “Geist und Seele wird verwirret”
    Cantata BWV35 “Geist und Seele wird verwirret”
    Cantata BWV156 “Ich steh mit einem Fuß im Grabe”
    Cantata BWV52 “Falsche Welt, dir trau ich nicht”
    Takashi Watanabe, organo
    Ensemble Cordia diretto da Stefano Veggetti
    Brilliant Classics 25 dicembre 2020, formato CD
    ***
    Come sappiamo bene Bach non si trovò mai a scrivere opere liriche. Gli incarichi come maestro di cappella o Kantor per istituzioni pubbliche o ecclesiali non lo prevedevano e la gran parte della sua produzione fu quindi di musica sacra o strumentale.
    Ma questo non significa che non conoscesse l'opera in generale e le sue strutture.
    L'aria lirica infatti esiste nella sua produzione, così come la sinfonia che annuncia l'inizio dell'opera per richiamare "all'ordine" il pubblico che intanto si è distratto.
    Ma nella realtà molte delle sue cantate profane - quelle composte per festeggiare particolari solennità civili, oppure matrimoni o altre occasioni fuori dagli impegni di chiesa - nella realtà potrebbero essere assimilati a quanto di più vicino ci sia all'opera, almeno nel linguaggio di Bach.
    E infatti sono molte le cantate di Bach che iniziano con una sinfonia con struttura anche piuttosto articolata o con un intero concerto con tanto di soli e di tutti.
    Questo disco ne raccoglie una serie, ristrutturate per l'occasione con l'impiego dell'organo la cui parte è curata anche sul piano strutturale dal giapponese Watanabe.
    E' tutta musica in qualche modo "riciclata" da precedenti composizioni, spesso movimenti di concerto o altre rielaborazioni.
    Quasi tutta festosa e brillante, con l'organo che fa da principe per tutto il tempo.
    In effetti se ne potrebbero facilmente estrapolare dei concerti grossi in stile Handel, con l'organo obbligato. E sicuramente Sebastian non avrebbe nulla da obiettare. Lo avrebbe fatto anche lui se le circostanze lo avessero richiesto.
    Nella produzione di Bach il periodo più felice sul piano della soddisfazione personale è stato certo quello degli anni di Weimar (1708-1717) dove era più libero di creare per l'orchestra.
    Molto meno a Lipsia dove i pedanti organi municipali gli richiedevano tagli di bilancio che includevano anche le parti.
    Di qui la struttura molto "rachitica" di tante partiture, obbligata dalla mancanza di musicisti.
    Però, come dicevo più sopra, esistevano le occasioni più mondane per cui l'organico poteva largheggiare e per le quali Bach recuperò spesso parti di cantate perdute dei tempi in cui serviva per le corti più liberali.
    Di certo il pubblico molto austero di Lipsia si sarà sentito spiazzato dalla frizzante sorpresa di musica brillante (ma si tratta dello stesso che criticò la Messa in Si minore di essere un'opera "buffa" per gli stessi motivi) ma noi ne godiamo.
    In particolare in questa raccolta molto piacevole proposta lo scorso Natale da Brilliant che nell'organico, oltre all'organo, vede fiati e strumenti a corda oltre agli archi.
    Incontriamo delle vere e proprie "perle" di Bach cui fa approfondita analisi il libretto del disco a cui vi rimando.
    Da parte mia ribadisco oltre alla sconfinata ammirazione per la capacità di recupero di materiale tematico e melodico già sentito da parte di Bach, il superiore gradimento - limite mio - per tutte le cantate con organico allargato e con preparazione strumentale, rispetto a quelle più raccolte e spesso un pò povere del periodo di contrapposizione con la municipalità e la chiesa di San Tommaso di Lipsia.
    Il disco è molto bello, la compagine che non conoscevo è splendida e frizzante, l'organista di grande livello, la registrazione, decente.
    Il finale ... il secondo Brandeburghese.
    Ascoltatelo.
  19. M&M

    Recensioni : violoncello
    Bach : Six Evolutions (le sei suite per violoncello solo)
    Yo-Yo Ma
    Sony 2018
    registrazione in 96/24
    ***
    Ultima (?) registrazione delle sei suite di Bach per Yo-Yo Ma.
    E' quanto afferma.
    Abbiamo in mente le altre due, del 1983 e del 1997 (Inspired by Bach, esperienza multimediale con tanto di film a corredo).
    A prima vista un disco destinato ai soli specialisti appassionati del violoncellista cinese.
    Ma per chi conosce - come è il caso del sottoscritto - a memoria questa musica, suonata con qualsiasi strumento, alcune differenze saltano in mente, al di la di tempi di nuovo più rapidi rispetto alla interpretazione di mezzo di 20 anni fa.
    C'è molta più familiarità con il testo. Meno virtuosismo. La musica è più asciutta e più dinamica.
    E soprattutto il suono è più diretto, meno ovattato, c'è meno ambienza, siamo noi e lui. E Bach ...
    Ritmo, dinamica, suono, dinamica, ritmo. E al di là della retorica del titolo, evoluzione.
    Bisogna diventare consapevoli di se per dire finalmente quello che dovremmo dire.
    E per farlo ci vuole tempo. Nella nostra era, ci vogliono 60 anni.
    Bravo Yo-Yo 
    Edizioni alternative ?
    Sono innumerevoli. Ognuno ha certamente le sue.
    Io ne ho a diecine !
  20. M&M
    Bach : Sonte e partite per violino solo, BWV 1001-1006
    Giuliano Carmignola
    Deutsche Grammophon 2018, disponibile in 96/24, registrazione effettuata a Dobbiaco nel febbraio del 2018
    ***
    Le sonate e partite per violino di Bach non rappresentano soltanto un monumento della musica occidentale, sono anche oltre due ore di sforzo titanico dell'esecutore - limitato dalle quattro corde del violino - nel tentativo di rendere un suono monodico il più polifonico possibile.
    Sforzo che, per le dueore e trentaminuti circa viene trasferito anche all'ascoltatore.
    Bersi una integrale di tutto un fiato non è facile, tanto quanto non è una passeggiata di salute interpretarlo.
    Specialmente quando tanti altri ti hanno preceduto prima.
    Ma comprensibilmente è musica che sta nel repertorio di ogni grande violinista che è giusto che la interpreti come ritiene, in quanto nulla di questa musica è imposta per come debba essere resa.
    Carmignola arriva nella piena maturità ad offrirci una delle più estroverse edizioni di questi capolavori. Il suo è il suono che conosciamo bene per le sue incisioni vivaldiane. L'approccio vuole dare dichiaratamente l'impressione di essere improvvisato. Come se tutta quella musica scaturisse dal violino stesso e il violinista si prestasse solamente ad estrarla.
    Le frasi hanno coloritura cangiante, tempi variabili, con volumi e ritmi che si modificano anche tra una battuta e un'altra.
    Piccolissime pause sottolineano accentuazioni e rimarcano frasi e paragrafi.
    Lo ammetto, dopo la nuova interpretazione di Tetzlaff per Ondine (qui) faccio fatica ad ascoltare un altra registrazione.
    Qui al netto del differente violino - al mio orecchio il Guarneri di Carmignola è anni luce avanti al violino contemporaneo di Tetzlaff - sono due letture antitetiche.
    Ed ammetto che ad un primo ascolto non mi é piaciuta la lettura troppo italiana dell'italiano.
    Ma riprendendo dopo qualche giorno il confronto, siamo davanti ad una prova di grande nobiltà, estroversa, certamente, ed altrettanto libera da ortodossia. Dimenticando il preconcetto ("il principe dei violinisti barocchi", dedito più che altro alle 700 riscritture dello stesso concerto del solito Vivaldi), resta un senso di grande rispetto per un disco che ha piena dignità e compiutezza.
    L'italiano si mette al servizio della musica lasciandosene attraversare ma senza farsi contaminare dal luterano senso di immanenza che contiene, il tedesco ne fa una questione autobiografica, come se ogni nota gli avesse lasciato il segno nell'anima.
    In fondo si deve ammettere che è così, ma evviva la differenza.
    Registrazione abbastanza soffice da rendere l'ascolto confortevole e rasserenante.
  21. M&M
    Bach : Sonate e partite per violino solo BWV 1001-1006
    Christian Tetzlaff
    Ondine 2017
    ***
    Sarà eventualmente oggetto di un successivo articolo la disamina di questo caposaldo della letteratura per violino di Bach.
    Dico solo che le sei composizioni che lo compongono sono l'estremo tentativo di andare oltre l'ovvia monodicità di uno strumento che si suona con quattro dita di una mano sola e che dispone di sole quattro corde.
    Ma qui ci sono fughe a 4 voci ...
    Si dice che Bach le abbia scritte per se e che spesso le suonasse al clavicembalo, in piena armonia per riempire l'aria anche con i suoni che, il violino, naturalmente lascia intuire alla mente dell'ascoltatore. Non stupisce perciò che siano oggetto di trascrizioni posteriori, tra cui quelle, celeberrime, della Ciaccona della Partita n. 2 in Re minore BWV 1004.
     
    Ovviamente quasi ogni grande violinista di ogni continente ha registrato queste musiche anche se non le ha magari portate spesso in concerto.
    Non mi viene in mente però al momento un altro che le abbia registrate non una ma due, tre volte.
    E' il caso del tedesco Tetzlaff nell'edizione di cui stiamo parlando, registrata splendidamente in Germania sul finire del 2016 dalla finlandese Ondine.
    Per Tetzlaff, amburghese come Brahms, classe 1966, professore di violino alla Kronberg Academy oltre che concertista, le Sonate e Partite per Violino di Bach sono parte del suo modo di suonare.
    La domanda che sorge spontanea nel vedere comparire questa raccolta, dopo quelle edite nel 2007 e 2008 da Erato/Virgin e Hanssler, è la classica domanda che ogni interprete dovrebbe porsi prima di suonare una cosa : ho qualche cosa di nuovo da dire questa volta ?

    dalle note di copertina, Tetzlaff in sala di registrazione, in ginocchio con la partitura davanti
    perchè se le Sonate e Partite sono composizioni scritte probabilmente con uno scopo meno accademico di quelle per altri strumenti (segnatamente tutta la parte tastieristica) e più personale, intimo, è anche vero che un conto è suonarle per se stessi, come avrà fatto centinaia e centinaia di volte Tetzlaff, un conto è imporle al proprio editore per una nuova registrazione quando in catalogo si contano a centinaia, anche recenti, le altre edizioni disponibili di tutte le etichette.

    con il produttore di questo disco, durante il preascolto del master
    bene, vi anticipo che qui siamo sostanzialmente invitati non ad una interpretazione per il pubblico, ma alla interpretazione personale della personale musica di elezione di Tetzlaff.
    Non sto a raccontarvi il succo delle note, sono le parole dirette del violinista che ci raccontano il suo punto di vista, perchè il mio primo ascolto, senza averle lette, mi ha detto subito esattamente questo.
    Tempi liberi, dinamiche libere, assenza di vibrato tranne quando serve, piani, pianissimi, forti, fortissimi, contrasti.
    E' l'interpretazione più libera e liberale che ci sia al momento.

    Tetzlaff ha abbandonato lo Stradivari per uno strumento contemporaneo, ritenuto più adatto a non influenzare l'ascoltatore anche nei brani di tutti i giorni (traduzione più o meno letterale del tetzlaffpensiero).
    A qualcuno sembrerà fredda (è una critica che viene mossa spesso a Tetzlaff) o meno coinvolgente di certi di violinisti dell'est (ma che ne capirà un non tedesco di Bach ? Me lo sono chiesto spesso per il Bach di Suzuki ad esempio, non ricevendo risposte sensate e quindi mi sono limitato ad ascoltare la musica che ha sempre l'ultima ... parola !).
    Per qualcuno certi tempi lenti sembreranno troppo lenti. O che la Ciaccona siamo meno solenne e tragica di altre.
    Possibile, qui siamo nella sfera personale e cosa c'é di meno attendibile di una libera interpretazione soggettiva ?
    Ma non c'è sovversione e non c'è provocazione, c'è solo l'intima convinzione di essersi - per quanto possibile - avvicinato a queste composizioni fino a possederle intimamente e poterle, fatte proprie, eseguire, liberi da contaminazioni, da consuetidini, da abitudini.
    Va bene così ?
    Come ho detto ci sono tante, tantissime altre edizioni, a cominciare da quelle di Alina Ibragimova che le ha registrate nel 2009 ... mentre si perfezionava alla Kronberg Academy ... con il Professor Tetzlaff.
    Là c'è la musica, non il modo in cui interpretarla.
    Che l'attività di insegnamento abbia prevalso dul concertista ?
    Nemmeno per idea. Dal mio modesto punto di vista meglio una proposta come questa, con l'umiltà di chi ci riprova per la terza volta al cospetto di questi monumenti della musica occidentale, mettendoci tutto se stesso e tutto quanto in una vita - fino a questo punto della vita - hai imparato, che la ventiquattresima routinaria operaventisette di Beethoven suonata come al pubblico piace.
    E non parlatemi di fans. Ho il massimo rispetto per un grande musicista che in ogni nota di questo splendido disco rende vivo il pensiero di un gigante a quasi trecento anni di distanza.
    E se siamo qui a parlarne è anche perchè ci sono al mondo artisti come Tetzlaff. Grazie Maestro !

    la copertina dell'edizione Hanssler

    la copertina dell'edizione Erato (ex Virgin)
  22. M&M

    Recensioni : viola
    Bach : sonate per viola (da gamba) e cembalo BWV 1027-1028-1029, Wo soll ich flieben hin, aria
    Antoine Tamestit, viola Stradivari "Mahler", Masato Suzuki, clavicembalo
    Harmonia Mundi, 2019, formato HD
    ***
    Come sappiamo la prassi di riappropriarsi con altri strumenti di materiale musicale già scritto anche in altre chiavi era normale per Bach e per i suoi contemporanei.
    Qui la trasposizione avviene tutto sommato in famiglia o quasi, perchè in fondo tra la viola moderna e quella da gamba la parentela è piuttosto flebile.
    Ma il suono che propone il grande Tamestit è perfettamente convincente.
    Ne viene fuori una proposta estremamente dolce, calda, quasi sensuale sebbene sempre molto veloce e frizzante.
    Lo accompagna con la stessa sensibilità Masato Suzuki, figlio di Masaaki, con un clavicembalo moderno impostato su un Ioannes Couchet.
    Intrusione più che gradita l'aria "ErgieSSe dich reichlich" dalla cantata BWV 5 : sei minuti di pura poesia celestiale.
    Il suono di questo disco è caldo, suadente, come si deve alla straordinaria viola.
    Antoine Tamestit è il più ispirato evangelista di questo strumento troppo trascurato nella storia ma che Bach prediligeva, suonandolo spesso volentieri nelle riunioni musicali in famiglia.
  23. M&M
    Bach : le sei suite per violoncello trascritte per violino
    Rachel Podger
    Channel Classics 2019, 2 SACD oppure file in formato 44/24
    ***
    Tralasciamo il solito dibattito se sia lecito o meno trascrivere Bach. Domandarsi se Bach l'avrebbe fatto è puro onanismo. Bach trascriveva le sue composizioni, quelle degli altri, quelle che gli passavano davanti alle mani e rielaborava ogni materiale possibile a seconda delle necessità di formazione, di strumento, di ... richiesta.
    Difendere il segno di Bach così come ci è arrivato è quindi una battaglia di retroguardia, considerando le migliaia di pagine di Bach che non ci sono pervenute oppure sono nascoste e dimenticate chissà dove in attesa - si spera - di vedere la luce.
    La musica di Bach è quasi sempre del tutto avulsa dallo strumento. Se ci sono abbastanza tasti o corde, la polifonia è compiuta, se non ci sono, è simulata ed é lasciato all'ascoltare aggiungere quanto manca.
    Questo significa che è relativamente "semplice" e sempre lecito, portare anche una suite o una sonata scritta per uno strumento a quattro corde su un organo moderno a 5 manuali e pedaliera completa.
    Purchè si rispetti la musica e il suo senso. Che deve essere compreso ancora prima di sedersi a cercare di elaborarne il testo.

    durante le registrazioni effettuate lo scorso autunno
    Andiamo oltre quindi. In oltre due ore in questa registrazione, Rachel Podger riporta in vita lo spirito delle suite di danze contenute in queste pagine.
    I preludi invece richiamano direttamente quelli del Clavicembalo ben Temperato.
    In questo sfrutta la relativa maggiore leggerezza del suo strumento rispetto al violoncello o alla viola da gamba, "apparecchi" certamente più macchinosi e per cui solo Bach è riuscito a compiere il miracolo di scrivere queste pagine (provate dopo aver ascoltato questo disco a passare ad una versione per viola da gamba e vi renderete conto della differenza esecutiva necessaria e di come sembrino differenti le stesse suite ...)
    Fatto questo il lavoro è tutto in discesa.
    Vi chiederete ma il risultato è simile alle Partite e Sonate per Violino solo ? Ni.
    Solo in parte, perchè davvero è la leggerezza delle armonie che viene messa in luce.
    Anche nella 5a suite che è stata pensata in origine per una viola a 5 corde ...
    Lascio agli specialisti le tematiche sulle accordature (o scordature, come nel caso appunto della 5a) che possono rendere il suono più brillante o più scuro. Godiamoci il risultato anche se ammetto che si notano ad orecchio tra una suite e l'altra.
    Il suono ...
    Il Pesarinius del 1739 che suona la Podger ha un timbro molto chiaro che ben si sposa con le peculiarità della perfetta ripresa in formato DSD per cui Channel Classics è famosa.
    Disco consigliato a tutti quelli che ... trovano noiose le suite per violoncello di Bach. E complimenti alla Signora Podger che in generale non mi cattura alla follia ...
  24. M&M
    Bach : trios pour clavier et violon
    Odile Edouard, violino
    Freddy Eichelberger, organo
    Encelade 2020, formato HD 96/24
    ***
    Le sonate per "strumento a tastiere" e violino fanno parte delle composizioni per strumenti solisti del felice periodo di Kothen.
    Ma nella realtà sono impostate per un trio, con lo strumento a tasti che sfrutta le due mani per fare due delle voci di basso, mentre il violino (o l'oboe o la viola) fa la parte alta.
    Noi siamo abituati ad ascoltare queste composizioni col cembalo o - purtroppo - con il pianoforte.
    Le due voci ci sono sempre ma sono più difficili da afferrare.
    In queste 2 ore e 50 minuti di registrazioni Freddy Eichelberger, consumato bachiano d'oltralpe, sfrutta il suo strumento d'elezione - l'organo - per quello che può dare : un basso più importante di quello di qualsiasi altra tastiera.
    Il connubio tra organo e violino non è nuovo, qui si pone la massima attenzione nell'amalgamare il suono, con una selezione di organi e di violini coerenti con quelli in uso ai tempi di Bach nella Germania Orientale.
    L'organo a due manuali più pedaliera, il violino d'intonazione teutonica.
    Dopo una fantasia e fuga di introduzione, si parte con la prima delle sonate.
     

    il duo di questo disco che, nella pratica, suona ... in "trio"
    Le sei sonate si susseguono intervallate da corali per organo.
    A due a due con strumenti differenti, registrati nelle sedi degli organi, in Francia e in Svizzera, con il violino scelto per il suono di quell'organo.
    Nel programma, lunghissimo, sono state inserite anche una settimana sonata, in origine per viola, lo strumento preferito di Bach ed anche altre tre sonate per violino e basso continuo (quindi cembalo e violoncello) in puro stile italiano, che completano perfettamente la logica a tre voci del disco.
    A dispetto di quanto ci si aspetterebbe, anche nei movimenti brillanti e vivaci, l'organo, con registrazione positiva, non appesantisce la trama più di tanto, rispetto almeno a quanto siamo abituati ad ascoltare di solito.
    In ogni frase si apprezza l'amalgama all'unisono dei due solisti che vengono da un sodalizio trentennale.

    Un disco molto interessante per le scelte interpretative e per "l'arrangiamento" che resta assolutamente fedele e infine un approfondimento stilistico e compositivo di sonate celeberrime ascoltate centinaia di volte che qui appaiono nuove quasi come ascoltate la prima volta.
    Suono di gran classe senza una nota fuori posto.
    I miei complimenti.
  25. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Bach, Passacaglia in re minore BWV 582, aria variata alla maniera italiana in sol minore BWV 989, canzona in re minore BWV 588, variazioni Goldberg BWV 988
    trascrizioni, arrangiamenti e adattamenti di Rinaldo Alessandrini su originali di Bach
    Concerto Italiano, Rinaldo Alessandrini
    Naive 2017, formato formato cd
    ***
     
    Rinaldo Alessandrini è musicista colto e raffinato al punto da mettersi ad adattare la musica al suo complesso quando l'originale non basta.
    Il programma di questo disco include sostanzialmente variazioni ... variate per complesso da camera dall'originale per tastiera (cembalo o organo).
    Il risultato a mio parere va ben al di là di quanto ci hanno abituate altre operazioni del genere.
    In particolare nella Passacaglia in Re minore, brano organistico molto drammatico con basso ostinato, come vuole la prassi.
    Qui il basso è retto da un solo violoncello con il continuo del cembalo. Poi entrano le altre voci (un quartetto) in sequenza.
    La partitura prende il volo battuta dopo battuta, restando leggera e decisamente meno densa (sembra un controsenso) dell'originale organistico
    Decisamente "italiana" l'aria con variazioni BWV 989 - in cui si aggiunge un altro violino - molto, molto brillante, l'opposto della recente versione invece estremamente intimista data da Olafsson che prende le mosse dall'esempio della Tureck. Qui la rincorsa invece finisce solo alla decima variazione.
    Si prende fiato giusto prima delle Goldberg che impegnano la restante buona parte del disco.
    L'interpretazione resta "italiana" e (forse per questo) decisamente più interessante di quella proposta da tempo da Sitkovetsky.
    Il contrappunto resta intatto ma si gioca sulla dinamica e sulla contrapposizioni delle parti, sfruttando il timbro e l'altezza dei differenti strumenti.
    Veramente una bella prova, su un repertorio celeberrimo che può facilmente prestarsi a passi falsi.
    Non ce n'è l'ombra qui.
    Ottima prova e disco godibilissimo dall'inizio alla fine.
    Note dello stesso Alessandrini che affronta nel tecnico le difficoltà di trascrizione e di adattamento, con vari approfondimenti che merita altrettanta attenzione in lettura.
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