Vai al contenuto

M&M

Amministratori
  • Numero contenuti

    42.304
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    1.158

Blog Entries pubblicato da M&M

  1. M&M
    Beethoven : Complete works for fortepiano and violoncello
    Alexander Lonquich, fortepiano
    Nicolas Altstaedt, violoncello
    Alpha 2020, formato 96/24 via Qobuz Streaming
    ***
    Ci tengo a sottolineare il titolo, opere per fortepiano e violoncello di Luigi Van Beethoven, non violoncello e pianoforte.
    Perchè in queste composizioni in fondo la prevalenza va al pianoforte, qui un fortepiano del 1826, quindi perfettamente coevo con Beethoven, l'ultimo, simile al pianoforte di Brahms ma non esattamente, dal suono brillante e pulito, un Graf, costruito a Vienna.
    Che si fonde perfettamente col Guadagnini del 1749 dal suono molto brunito e tutt'altro che squillante di Alstaedt.
    Ma, appunto, fortepiano e violoncello e non il contrario.
    Diciamo che le due ore e rotti di questo disco non sono una novità assoluta, abbiamo un panorama sconfinato di queste composizioni, celeberrime ma non le cose migliori di Beethoven in assoluto.
    Qui c'è, come dicono le note, però un vero elogio alla maturità.
    Di Lonquich con cui Alstaedt si accompagna in punta di ... dita, realmente rispettoso del sessantenne pianista oramai al massimo della sua maturità.
    E che produce un suono veramente perfettamente attinente con questa musica. Salottiera, mai troppo seria o seriosa.
    Che non si prende mai sul serio.
    Il Beethoven in fondo meno accademico, meno allocutorio, almeno tra la musica formale, non popolare.

     


    i due strumenti protagonisti, i due musicisti protagonisti.
    Un bel disco che ho ascoltato due volte di seguito ... senza nemmeno accorgermene.
    Oltre all'affiatamento tra i due interpreti, il suono maestoso e pastoso dei due strumenti, quasi pensati per suonare insieme fin dall'origine e che pure al sordo Beethoven sarebbero piaciuti infinitamente.
    Io sono un grande estimatore del grande Lonquich che ho ascoltato dal vivo in un indimenticabile 2° di Brahms, quando avevamo entrambi meno di trent'anni.
    Mi levo il cappello di fronte a quello che è diventato, lui, a sessanta.
    Grande disco.
  2. M&M
    Beethoven : La nona sinfonia - riduzione per pianoforte, solisti e coro di Kalkbrenner
    Etsoko Hirose, pianoforte
    Coro Filarmonico di Ekaterinenburg diretto da Andrei Petrenko

    Mirare 2020, formato HD, via Qobuz Unlimited
    ***
    Bisognerebbe domandarsi : Kalkbrenner, chi era costui ?
    E come gli è venuto in mente.
    Il risultato è interessante - ma nulla a che vedere con Liszt - per i primi movimenti.
    Ma come arriva il coro, dopo i solisti, il pianoforte prende a pestare per tenere il passo e si perde, stonando.
    Non so, magari al tempo, ma oggi è una operazione che non mi convince assolutamente.
    Anche se pure all'epoca - 1837 - con Liszt che aveva pubblicato le trascrizioni delle prime otto sinfonie di LvB, quelle di Kalkbrenner erano già viste come musica vecchio stile.
    Non era una pratica rara, visto che Czerny vi si era dedicato e così, con Clementi, sappiamo dove collocare il tedesco.
    Certo ridurre la 9 con una compagine mista, pianoforte e voci non è cosa da poco sul piano tecnico e al pianista è richiesto più di uno straordinario sforzo.
    Anzi, non è cosa da poco in assoluto, dato che Liszt, stremato, ha poi completato il ciclo solo 30 anni dopo, nella sua terza e più matura, età.
    Insomma, il nostro ce la mette tutta. L'aver tradotto il testo dell'inno di Schiller in francese, peraltro, non lo aiuta.
    Cionondimento resta una curiosità interessante e in questi termini ve la consegno.
    Registrazione chiara ma tutto sommato monodimensionale, forse per l'esigenza di bilanciare uno strumento che viene chiaramente messo in ombra dalla corale nel movimento finale.
    Bravi tutti i solisti. Ma Beethoven in francese ... 
  3. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Beethoven : le nove sinfonie
    Danish Chamber Orchestra
    Adam Fischer
    Naxos 2019, formato 96/24
    ***
    Ci si chiedeva dove è stato negli ultimi 50 anni l'allegro Adam Fischer, fratello del più noto Ivàn ?

    Ha registrato l'integrale delle sinfonie di Haydn e di Mozart, prima di dedicarsi, come il fratello, in una delle più convincenti integrali di Mahler.
    E adesso Beethoven ?

     

    E adesso Beethoven.
    Ma è un Beethoven completamente libero da incrostazioni tardo-romantiche, o peggio, wagneriane.
    Pulito.
    A tratti cameristico, sfruttando le qualità di duttilità e leggerezza della compagine danese. Che sarebbe orchestra da camera ... non a caso.
    Leggero, veloce, frizzante, onestamente visto alle radici con tutto il materiale da "ballo" da cui trae origine la musica di Beethoven.
    Forte quando serve ma senza esagerati raddoppi.
    E sempre con gusto, anche quando i timpani si fanno sentire sulla tessitura di archi o legni.
    Sinceramente questa edizione è diventata rapidamente il mio riferimento. L'avrò ascoltata, tra casa e auto, decine e decine di volte in questi mesi.
    Ciò di cui non mi capacito è come non si legga il mio stesso entusiasmo in altre recensioni.
    Eretica rispetto alla prassi corrente ? E sia.
    Priva della retorica che comunemente si attribuisce al Beethoven idealizzato alla Goethe ? Assolutamente si.
    A tratti scarna e povera, con intrecci praticamente quartettistici ? Concesso.
    E che altro sono le sinfonie di Beethoven una volta tolta la cappa ideologica in cui siamo cresciuti ?
    La musica di Beethoven.
    Ma quando già al primo ascolto si riescono a trovare momenti di musica apparentemente "mai ascoltati" in composizioni che tu pensavi di conoscere a memoria, vuol dire che qualche cosa di magico si è depositato in queste registrazioni.
    Ecco, non vedo migliore occasione per celebrare l'anno 2020 dei 250 anni dalla nascita dell'astro di Bonn.
    Se devo scegliere tra tutte, la mia preferenza va in ordine a 3a, 7a, 5a, 9a, 8a.
    Ma nessuna delle altre è meno che eccellente.
    Per me disco dell'anno 2019 e riferimento moderno per l'integrale di Beethoven.
    E 10 a 0 per Adam rispetto al fratello Ivàn 
    Registrazione di eccellente livello che rende giustizia a tale sforzo con pieni e dinamica per tutti i gusti.
  4. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Beethoven : Quartetti Op. 18 n. 1-6
    Chiaroscuro Quartet
    Bis ottobre 2021 (primo volume), marzo 2022 (secondo volume), formato 96/24
    ***

     

    La formazione del Chiaroscuro Quartet : Alina Ibragimova (Russia) e Pablo Hernán Benedí (Spagna), violini, la violista svedese Emilie Hörnlund e la violoncellista francese Claire Thirion.
    E' un ensemble internazionale, come si vede dalla provenienza dei quattro componenti, formatosi in Inghilterra nel 2005 e subito acclamato per le sue performance "in stile autentico".
    Si dedica alla musica da camera del periodo più classico, tra Mozart, Haydn e Mendelssohn passando per Schubert ed, appunto, Beethoven.
    La sua peculiarità é il suono, non solo autentico in senso stretto (cioé il più simile a quello contemporaneo della musica che suonano) ma anche la chiarezza di dizione con ogni singola nota perfettamente scandita e con le quattro voci perfettamente distinguibili.
    Cosa estremamente difficile se pensiamo al solo aspetto tecnico, complessa quando ragioniamo di corde di budello ed altri dettagli esecutivi fuori dal nostro tempo.
    Avevo già ascoltato il primo volume della prossima integrale di Beethoven, che è cominciata con il primo volume pubblicato da Bis lo scorso ottobre, diligentemente con i primi tre quartetti dell'Op. 18.
    Ho ripreso l'ascolto oggi, con il secondo volume appena uscito.
    I quartetti Op. 18 rappresentano la prova di maturità dell'arte di Beethoven, accasatosi a Vienna ed acclamato solista di pianoforte ma desideroso di andare oltre.
    Sono un microcosmo multiforme che prendono le forme dal quartetto settecentesco ma con tutta la forza di Beethoven cercano di distaccarsi dalla musica da camera dei suoi "maestri", Mozart ed Haydn compresi.
    Le dinamiche sono moderne, quanto lo è la dialettica tra le voci. Ma soprattutto il ritmo è già quello del Beethoven sinfonista.

    Un approccio "pragmatico" però, avendo a mente i successivi quartetti beethoveniani e soprattutto gli ultimi, potrebbe portare ad un ascolto noioso. Tanto che io, francamente li ho sempre trascurati dopo un primo studio 30 anni fa.
    Ma le ultime letture me li hanno portati all'attenzione come autentiche perle compositive.
    Riuscire a costruire piccoli mondi "sinfonici" con quattro strumenti fatti suonare tra loro pari a pari richiede manico, perizia, arte e tanta passione.
    Composti tra il 1798 e il 1800 e pubblicati a Vienna dall'editore Mollo nel 1801 con il titolo francese di "Six quatuors pour deux violons, alto e violoncello, composés et dédiés a S.A.M. le Prince régnant Franz Joseph Lobkowitz", uno dei più influenti amici di Ludwig, che li apprezzò molto tanto da assegnare al compositore un appannaggio di 600 fiorini annui e regalargli anche quattro preziosi strumenti ad arco: un violino e un violoncello di Guarnieri costruiti a Cremona fra il 1712 e il 1718, un secondo violino di Nicola Amati fatto nel 1667 e una viola di Vincenzo Ruger costruita nel 1690.
    Studiandoli a fondo ci sono autentiche invenzioni ma anche in termini di materiale melodico meritano una riscoperta. Non ho bisogno di citare l'adagio affettuoso che forma il II movimento del quartetto n.1, tra i più belli scritti da Beethoven.
    ***
    Il Chiaroscuro Quartet affronta questi lavori con il frizzante brio della gioventù, il ritmo è sempre brillante ma soprattutto, come già scrivevo sopra, è la dizione, il singolo tono perfettamente distinto, il suono nell'insieme chiaro eppure perfettamente armonico che costituisce la peculiarità della loro lettura.
    In questo a mio avviso c'è un forte distacco dalla tradizionale visione alla Amadeus/Berg e forse ce n'era bisogno.
    Ma ovviamente il nitore della lettura e il ritmo complessivo, poco possono con la versione del Quartetto Italiano che continuo a considerare come di una classe a se stante. Pur in una visione da "caduta degli dei".

    Il limite forse, per il momento sta nel fatto che questo primo volume della nuova integrale, ha una chiave "giovanile" ed è rappresentato da giovani. Mentre in tutte le altre letture possiamo vedere l'arco completo dell'interpretazione fino alla Grande Fuga.
    Come sia, il Beethoven del Chiaroscuro in questi quartetti Op. 18, in tutti, specialmente nel n. 6 mi raffigura perfettamente il giovane di successo arrivato da poco a Vienna e che si fa strada con il suo genio.
    Primo musicista libero, pronto a seguire la sua ispirazione, pescando da tutta la sua sensibilità e ricchezza culturale.
    Vediamo a tratti il vociare di gruppi di giovani a passeggio, scene di vita, sole, vento, pioggia. Carrozze, cavalli, redingote e cilindri. Poche residue parrucche incipriate.
    Anche i momenti di "Malinconia" (il titolo dell'ultimo movimento del quartetto n.6) sono passeggeri. C'è ancora speranza.
    Ed è bello così.
    Noi naturalmente attendiamo le prossime uscite di questa integrale, speranzosi a nostra volta.
    Intanto un saluto ad una lettura fresca e veramente da 21° secolo che si stacca molto dalla tradizione cameristica dei decenni passati.
     
    Edizione di riferimento :

    Belcea Quartet, integrale dei quartetti di Beethoven, 2012-2014
    Alpha Classics

    il Belcea Quartet
    Ho scelto come riferimento l'edizione del Belcea, formatosi qualche anno prima del Chiaroscuro che a mio parere offre una lettura più matura, più ... scura e romantica, probabilmente più vicina alle edizioni capitali dei lavori di Beethoven.
    Io però li ho visti in video e vi devo dire che sono altrettanto eccezionali

    disponibile anche su Blu-ray.
    A voi la scelta.
  5. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Beethoven : Sinfonie 1-5
    Le Concert des Nations diretto da Jord Savall
    AliaVox 2020, formato SACD, ascoltato via Qobuz in 88.2/24
    ***
    Avevo già avuto modo di ascoltare bene la 3a nella precedente lettura di Savall, qui il discorso resta coerente tra le prime 5 sinfonie del periodo eroico di Beethoven.
     

     
    L'interpretazione è veloce, brillante, veemente, grandiosamente brunita nei toni con gli ottoni brillanti e i timpani in piena evidenza.
    Sono registrazioni riprese durante il 2019 a margine di un tour di concerti europei tra Berlino e Barcellona.

    E' un Beethoven marziale, pomposo, militaresco.
    Se vogliamo avere un "non riferimento", esattamente l'opposto di quello tornito e finemente cesellato di Karajan che tutti abbiamo in mente.

    La compagine ha un suono suo, molto differente da quello delle grandi orchestre tradizionali ma non si notano le asprezze esagerate di certe letture con strumenti d'epoca (ricordo quella recente di Suzuki della 9a con un certo fastidio, lo ammetto), e segue perfettamente la visione del Direttore.
    Savall non indulge mai in esagerati sentimentalismi come probabilmente avrebbe apprezzato Ludwig.
    Nel secondo movimento della seconda sinfonia, per esempio, dopo un roboante primo allegro, l'atmosfera è pacata ma da festa paesana, non da notte di stelle.
    L'adagio della 4a è melodico ma giocato sul ritmo, metronomo veloce.
    Tutte le parti si sentono alla perfezione, lavoro di cesello nella concertazione ma anche nella registrazione (come vediamo dalla fotografia qui sopra nella disposizione dei microfoni).
    L'andante con moto della 5a è brillante ma deciso, non indulge e non lascia lo spazio di annoiarsi prima dei due allegri finali.
    Che sono magistrali con l'ultimo tempo che è una esplosione di gioia e di vita.
    Lascio per ultima la 3a che per me è sempre il punto nodale di ogni interpretazione delle sinfonie beethoveniane.
    Ebbene, se lo volete sentire, è convincente dalla prima all'ultima nota.
    Si muove sulle onde del ritmo, con dinamiche estreme. In una parola bellissima.
    Non ho idea se il progetto continuerà con le successive ma, per quanto mi riguarda, potrebbe terminare qua.
    Credo sia la proposta di questo repertorio più convincente degli ultimi anni.
    Personale e appassionata molto più di tutte le altre che ho avuto modo di ascoltare.
    Bravi !
     
    Registrazione di grande livello, come sempre per AliaVox, sullo stesso piano dell'interpretazione, anzi, parte integrante.
    Quei timpani ... !
  6. M&M
    Beethoven : Trio Op. 70 n. 2, Sinfonia n.2 (trascrizione per trio con pianoforte)
    Beethoven Trio Bonn
    Gema 2020, ascoltato via Qobuz Streaming
    ***
    Beethoven detestava le trascrizioni e i trascrittori. Chissà cosa avrebbe pensato delle sue sinfonie appropriate al pianoforte da Liszt ... ?
    Ma sembra accertato che Beethoven stesso abbia presentato la sua seconda sinfonia in forma privata al Principe Lichnovsky, dedicatario della composizione, arrangiata per trio con pianoforte.
    E nella sua prima carriera sono tanti - e notevoli - le trascrizioni, variazioni, arrangiamenti di musica di altri compositori, famosi o meno.
    La partitura di Beethoven è andata persa ma qui c'è una ricostruzione attendibile che a mio parere era il punto di interesse di questo disco.
    Come c'era da attendersi è il pianoforte a fare la parte più importante e a riempire i vuoti lasciati dagli strumenti mancanti di una formazione così ridotta.
    Purtroppo il risultato mi ha parecchio deluso. La dinamica è limitata e io sono abituato alle interpretazioni molto frizzanti (Toscanini, avete presente ?) delle sinfonie di Beethoven.
    L'impatto di una sinfonia molto brillante si perde molto e l'amalgama stenta.
    Non posso dire se sia causato dalla trascrizione o dalla compagine.
    Direi piuttosto dai limiti della "riduzione", perchè invece nel Trio. Op. 70 il Beethoven Trio Bonn dà un prova godibilissima.
    In conclusione vi segnalo questo disco per la curiosità del contenuto ma con tanti caveat.

    il suono comunque è ottimo
  7. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Beethoven, Sinfonia n.3 "Eroica"
    Strauss, Concerto per Corno n. 1 (William Caballero, Corno)
    Pittsburgh Symphony Orchestra
    Manfred Honeck
    Reference Recoding 2018, formato 96/24
    ***
    L'ennesima Eroica ?
    Si, certamente ma non un disco trascurabile.
    Vale per il suono dell'orchestra, semplicemente smagliante e al servizio della bacchetta del direttore, vale per quest'ultimo, che ricordiamo come assistente di Abbado alla Gustav Mahler Jugendorchester.
    Asciutta, tesa, senza retorica, brillante. Moderna e al tempo stesso classica. Classica in quanto oggi raramente si ascolta una "Eroica" così fresca e priva di belletto.
    Per me Beethoven sta tutto qui. E in questo senso questa Eroica vale il prezzo del disco e il suo posto nella sconfinata discografia di questo caposaldo del sinfonismo.
    Bello e squillante, come è giusto che sia, il concerto per corno di Strauss che si combina con la sinfonia per completare un programma abbastanza eterogeneo.
    Il cornista è spettacolare, il suono è spettacolare. Purtroppo sono note che non mi toccano molto, come, devo ammetterlo, gran parte della musica di Richard Strauss.
    Registrazione semplicemente sensazionale come è giusto aspettarsi da una etichetta che è per antonomasia, di riferimento.
  8. M&M

    Recensioni : Opera
    Benedetto Marcello
    Arianna
    Athestis Chorus, Academia de li Musici, diretti da Filippo Maria Bressan
    Chandos 2000
    ***
    Benedetto Marcello, con il fratello Alessandro, possono essere definiti effettivamente dei compositori dilettanti.
    Dilettanti perchè, essendo nobili veneziani, nel '700 non potevano avere una professione.
    Ed in effetti non componevano che per diletto, loro e della loro cerchia.
    Non per questo non possono essere entrambi annoverati tra i più interessanti musicisti italiani dell'intero barocco.
    Questa composizione, in particolare, è probabilmente l'unico melodramma lirico di Benedetto, più incline alla musica sacra e strumentale o agli intermezzi vocali.
    Lo stesso autore non la definiva che una "trama scenico musicale" e fu composta di fatto per essere presentata in un consesso ristretto, probabilmente per intrattenere il Cardinale Ottoboni, nel 1727. E poi più, perduta sino al 1885, per essere pubblicata solamente nel 1948.
    Ed incisa per la prima volta in questo disco della Chandos nel 2019, praticamente due secoli dopo.
    L'intreccio è quello visto già innumerevoli volte da Monteverdi a Strauss, Arianna - che qui non si lamenta in tono drammatico - divisa tra il suo amore per Teseo che non la riconosce e la corte di Bacco che la vuole per se.
    Il libretto di tale Pietro Pariati in se non è grande cosa, ma la musica è degna di Handel e che rappresenta una novità per il teatro veneziano (sebbene, come dicevamo, Benedetto non compose mai per il teatro pubblico, certamente influenzò altri compositori che ascoltarono la sua opera). E c'è il coro, oltre ai solisti, cosa inusuale in composizioni del genere.
    Già l'ouverture in tre parti rivaleggia con quelle del sassone.
    E poi c'è un'aria che da sola vale l'intera opera e che è tra le gemme del barocco italiano.
    Arianna, sconsolata, si rivolge al suo amore Teseo dicendo :
                                              "Come mai puoi vedermi piangere senza che frangere il cor ti senta?
                                               Come mai spenta è in te pietà?
                                               Morta mi vuoi?
                                               Crudel m'esanima.
                                               Togli a quest'anima la pena amara, che da te cara la morte avrà."
    con una melodia dolce e delicata ma di espressività da togliere il fiato.
    L'aria è disegnata con un accompagnamento obbligato a due flauti, estremamente originale (che ricorda certe arie di cantate di Bach : ricordiamoci che Benedetto Marcello nacque nel 1686, Bach ed Handel nel 1685, Bach non conobbe Marcello ma ne leggeva e trascriveva la musica, Handel invece lo incontrò più volte nei suoi viaggi in Italia).
    Il punto debole della composizione è probabilmente la soavità complessiva che non indugia sul tono drammatico ed anzi, appena può, gira sul festoso, non appena è chiaro che Bacco avrà la meglio su Arianna e che Teseo riuscirà a fuggire con Fedra, sorella di Arianna.
    Non è un limite perchè probabilmente la destinazione - intrattenimento - e il consesso - eruditi, musicisti e prelati - richiedeva un tono lieve.
    Il melodramma per un pubblico comune non era l'obiettivo della composizione.
    Questo lascia un pò l'amaro in bocca perchè di fondo poteva veramente uscirne un'opera di livello mondiale.
    Nell'ultimo periodo l'aria ha un certo successo - è stata registrata in un paio di raccolte, tra cui l'ultimo disco della Kozena (non particolarmente brillante) - mentre questa è l'unica registrazione dell'intera Arianna.
    La direzione è brillante, le voci perfette, lo stile adeguato al profilo, la registrazione priva di difetti.
    La riscoperta di questa composizione colma un vuoto nella purtroppo non copiosissima discografia dedicata ai fratelli Marcello ed ad altri nobili musicisti veneziani, eclissati sempre dalla fama non sempre meritata di Vivaldi, alla cui ombra certamente, dovettero sottostare in vita (e in morte).
  9. M&M

    Composizioni
    Esistono, anche nella musica, episodi particolari, miracoli, congiunzioni astrali che portano al miracoli. Casi eccezionali.
    E', secondo me, il caso, della Sinfonia Fantastica di Hector Berlioz.
    Composizione ricca di aneddotica degna di Lord Byron e del Dottor Faust.
    Berlioz, diciamola tutta, compositore iper-romantico alla ... Byron, secondo lo stesso Mendelssohn che si professava suo amico, non era sto granché come compositore.
    Studente di medicina fuori corso, spinto dal padre, famoso dottore, artista ardente e passionale, ha scritto tanta musica ma per lo più fragori di trombe e cacofonie pacchiane che gli sopravvivono solo per un caso.
    Questa sinfonia. Che si dice sia stata dettata dalle visioni indotte da una dose massiccia di oppio. O dal demonio stesso cui Hector avrebbe venduto l'anima per raggiungere il successo a dispetto del padre.
    La vicenda comunque resta casuale, Berlioz invaghito della protagonista dell'Amleto itinerante in Europa, l'attrice irlandese Harriet Smithson, vista in teatro a Parigi, le si dichiara appassionatamente ma viene respinto.
    Lui insiste fino a convincerla a sposarlo. Ma questo va oltre la sinfonia.
    I dolori del giovane Hector diventano Symphonie fantastique: Épisode de la vie d'un artiste, en cinq parties, in cinque parti come l'operà francese e in rottura con la sinfonia classica tedesca.
    Berlioz di fatto è l'epigono dei compositori francesi del 600-700, in lotta contro italiani e tedeschi. Sebbene si sia potuto mantenere in vita solo grazie alla generosa pensione ottenuta da un compositore italiano, Paganini, che vide in lui non sappiamo esattamente cosa, forse la promessa di qualche cosa che sarebbe potuto essere.
    Comunque, sinfonia a programma, con cinque atti perfettamente descritti dalla prosa dello stesso Hector :

     
    nella sua grafia svolazzante e sotto decine di correzioni come nella partitura

     
    perché evidentemente Belzebù con la sua voce sulfurea non si faceva capire bene ...
    ... o forse perché il ricorso alla droga doveva essere ripetuto quando l'ispirazione veniva meno.
    I cinque movimenti :
     
    Nel primo movimento "Fantasticherie - Passioni" viene descritto lo stato del compositore prima e dopo aver incontrato la donna amata. Avviene una transizione da uno stato di sognante malinconia, interrotta da vari eccessi di gioia immotivata, a uno di passione delirante, con i suoi impulsi di rabbia e gelosia, i suoi ricorrenti momenti di tenerezza, le sue lacrime e le sue consolazioni religiose. Ecco perché l'immagine melodica iniziale ricorre lungo tutto il movimento, come una idea fissa. Il secondo movimento "Un ballo", è un trascinante valzer in la maggiore, nel quale il protagonista è ritratto durante una festa danzante, costantemente turbato dall'immagine della donna amata (che compare attraverso la solita immagine melodica della idée fixe). Nel terzo movimento, "Scena campestre", un lirico adagio in fa maggiore, il protagonista sull'onda di un ranz de vaches eseguito da una coppia di pastori si abbandona a contrastanti pensieri di speranza e di angoscia. Abbandonata infine la speranza di essere corrisposto, egli tenta di avvelenarsi con l'oppio, che provoca le visioni dei due movimenti successivi. Nel quarto movimento, "Marcia al supplizio" (allegretto non troppo in Sol minore), il protagonista in preda all'oppio, sogna di aver ucciso la donna amata, e quindi di venir condannato a morte, condotto al patibolo e giustiziato. L'idée fixe compare solo verso la fine del movimento ed è bruscamente interrotta da un violento accordo che simboleggia la caduta della mannaia. Il quinto movimento "Sogno di una notte di sabba" trasporta il protagonista nel bel mezzo di un sabba di streghe, in un corteo lugubre e solenne. In questa parte finale su un costante metro di 6/8 si susseguono ininterrottamente quattro "quadri": nel primo, dopo un'introduzione, una distorsione triviale della idée fixe rende i tratti grotteschi assunti dalla fisionomia dell'amata nella visione del sabba; il secondo è fondato su una parodia del "Dies irae", l'inno gregoriano per la sequenza dei defunti; il terzo è la Ronde du Sabbat, un vorticoso fugato; il quarto (Dies Irae et Ronde du Sabbat ensemble) inizia con una visionaria sovrapposizione della sequenza gregoriana sul fugato, per chiudersi con una trionfante apoteosi. [ripreso da Wikipedia] portano ad una ponderosa opera di un'ora abbondante.
    L'orchestra è ricca, come in Germania non se ne vedono.
    Stiamo parlando del 1830, Beethoven è morto da 3 anni, la sua Nona Sinfonia è del 1824, il Poema Sinfonico è solo nell'aria, Liszt ha 19 anni, Schumann e Chopin 20, Mendelssohn 21, Wagner 17.
    La composizione rompe con il passato. E in futuro verrà ripresa a modello solo da pochi temerari capaci di andare oltre gli schemi. Ma raramente a proposito.
    L'idea di base può essere assimilata con la Pastorale di Beethoven, ma quella può essere benissimo bevuta senza leggere poemetti, questa proprio non si capirebbe senza essersi prima informati.
    Non immagino la reazione dei presenti alla prima al Conservatorio di Parigi il 5 dicembre del 1830.
    Nell'estate di quell'anno ci sono stati i moti rivoluzionari con la caduta definitiva dei Borbone.
    Si confrontano il vecchio Lafayette con l'ultimo dei marescialli di Napoleone, il nobile Marmont.
    E' il trionfo definitivo della borghesia con il nuovo Re, Luigi-Filippo d'Orleans che presta giuramento non sulla Bibbia ma sulla nuova costituzione "liberale":
    Insomma, un quadro particolare, che ben si presta da sfondo agli eccessi di Berlioz e della sua Sinfonia.
    Che è e resta un trionfo della melodia, degli effetti speciali, delle percussioni, dei fiati.
    Soprattutto con materiale tematico eccezionale e trovate degne dei grandi drammaturghi del vecchio Re Luigi XIV.
    La marcia scandita dai timpani, il Dies Irae, la danza delle streghe. E' tutta musica ad effetto, con gusto teatrale raffinato.
    Qualche cosa che nelle altre composizioni di Berlioz non si vedrà più.
    Ammetto che al di là di questa composizione ho ascoltato poco di Berlioz, il poco che conosco lo devo alla passione e all'appassionato amore di Bernstein per Berlioz che durante il suo soggiorno a Parigi fece apprezzare a tutto il mondo anche con alcune delle sue preziose trasmissioni televisive. Ricordo una lezione tenuta agli orchestrali della Orchestre Nationale de France durante le prove di ... non mi ricordo quale altra musica ... in cui faceva apprezzare ogni nota, ogni scelta strumentale, ogni entrata.
    Tanto da infervorare musicisti e telespettatori.
    Comunque, la Fantastica, resta una delle più riuscite sinfonie della storia e il suo colore unico.
    ***
    Sono innumerevoli le registrazioni di questa celeberrima composizione.
    Oltre alle due versioni di Bernstein, quella con la NYP del 1969 e quella con la ONF


    metto tra le moderne, la meravigliosa ripresa Linn con Robin Ticciati alla testa della Scottish Chamber ovviamente ben rinforzata di strumentisti aggiuntivi :

    disco tellurico che mette alla prova ogni impianto stereo !
    Buon ascolto.

     
  10. M&M
    Berlioz, Sinfonia Fantastica
    trascrizione per pianoforte vis-a-vis Pleyel di Jeans-Francois Heisser
    Jeans-Francois Heisser, Marie-Josephe Jude, pianoforte
    Harmonia Mundi, 2019
    formato 44.1/24
    ***
    Disco interessante per due aspetti.
    Non avevo idea dell'esistenza di pianoforti vis-a-vis e questo prova quanto io sia ignorante.
    Non ho idea se il suono di questo strumento (moderno e brillante) sia sufficiente ad una sala da concerto.
    La trascrizione a 4 mani per un pianoforte del genere di una Sinfonia estremamente complessa sul piano dinamico e del colore come la Fantastica di Berlioz ne trae probabilmente giovamento.
    All'ascolto l'impressione è mista.
    A tratti notevole, a tratti troppo poco dinamica.
    Ma non conosco l'indole dei due interpreti.
    In effetti - amando a dismisura questa partitura - mi piacerebbe sentirla interpretata da pianisti diversi.
    Ma nel complesso un disco che consiglio vivamente.
    Registrazione un pò ravvicinata che a momenti suona un pò acidula.
  11. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Bernstein : complete solo piano music
    Michele Tozzetti, pianoforte (Fazioli)
    Piano Classics 2019, formato HD
    ***
    La musica per pianoforte solo di Leonard Bernstein è intesa in senso privato o per gli amici.
    Ne è prova la lunga serie di piccoli schizzi per anniversari di amici, parenti, colleghi.
    Come anche le sabra (con riferimento al termine israelitico per dei tipi di cactus commestibili tipici di Israele cui si fa riferimento per indicare indistintamente i nati in quel difficile Paese).
    Nella realtà i brani più interessanti di questo disco sono i più lunghi, come l'iniziale Sonata I, in due movimenti e Touches.
    Due composizioni con grandi influenze jazzistiche, rese in modo ritmico molto bene da Michele Tozzetti, pianista romani dell'ultima generazione.
    In particolare la Sonata è migliore - a mio parere, della registrazione di Nathan Williamson del 2016, mentre sembra proprio un'altra composizione rispetto alla ripresa del 2018 di Katie Mahan che - anche a causa dei tempi dilatati [18 minuti contro 14] - si perde buona parte della costruzione ritmica.
    Touches è un insieme di brevi frasi atonali o bitonali, alla Ives. Da bere d'un fiato.
    Non manca un breve brano commemorativo per il maestro Aaron Copland. E uno per la figlia Nina, non troppo tenero a prima vista, che probabilmente Leonard avrà suonato in famiglia.
    In sintesi un disco molto particolare che consiglio a chi si annoia dell'ennesimo disco dedicato ad Haydn ma che avviso trattarsi di 76 minuti di musica piuttosto criptica.
    Bella registrazione col solito possente Fazioli in primo piano.


  12. M&M

    Recensioni : Masterpieces
    Bernstein : The Final Concert
    Britten : Four Sea Interludes
    Beethoven : Settima Sinfonia
    Boston Symphony Orchestra
    Deutsche Grammophon, 1 gennaio 1992, formato CD. Acquistato ... a suo tempo
    ***

     
    Fu con i Pops l'11 luglio 1941 che Bernstein fece il suo debutto con un'orchestra professionale. Rimarrà strettamente identificato con i Pops e la Boston Symphony Orchestra fino alla sua morte nel 1990.
    Protégé del leggendario direttore della BSO Serge Koussevitzky, Bernstein si esibì per la prima volta con la BSO alla Symphony Hall il 18 febbraio 1944.
    E l'ultimo concerto, questo.
     

     
    una lunghissima e vissutissima testimonianza diretta da The Last Trombone che merita di essere letta per intero qui
    In particolare riporto :
    "Lenny ha diretto “Four Sea Interludes” di Benjamin Britten dalla sua opera Peter Grimes . L'inclusione del pezzo nel programma è stata davvero un "Nella mia fine è il mio momento di inizio". Lenny aveva diretto la prima americana di Peter Grimes a Tanglewood nel 1946 con la Berkshire Music Center Orchestra. E ora, in quello che si rivelò essere il suo Concerto Finale, stava dirigendo Peter Grimesdi nuovo a Tanglewood. La direzione di Lenny era laboriosa; i suoi gesti di direzione all'inizio del primo movimento possono essere meglio descritti se immagini qualcuno che impasta lentamente la pasta del pane. Nessun ictus definito alla sua conduzione. Ma in qualche modo, sapevamo come dargli ciò che voleva e questo ha tenuto insieme. Il quarto movimento degli Intermezzi, "Tempesta", è stato sbalorditivo. Lenny ha raccolto le sue forze durante il concerto e l'orchestra ha suonato sopra la sua testa e ha offerto l'esibizione di una vita.

    Non ci sono tromboni nella Sinfonia n. 7 di Beethoven e mentre molti dei miei colleghi che non hanno suonato il pezzo si sono precipitati fuori dal palco durante l'intervallo e sono corsi alle loro macchine per tornare a casa prima della calca del traffico che ci aspettava sempre alla fine di uno dei concerti di Lenny, sono rimasto. Ho camminato intorno al Tanglewood Music Shed e mi sono fermato accanto ad altri membri del pubblico, inchiodato a quello che stava succedendo sul palco. Lenny stava chiaramente lottando per tutto il tempo. Durante il terzo movimento, lo scherzo, Lenny ebbe un attacco di tosse. Smise di dirigere - l'orchestra non perdeva un colpo poiché tutti gli occhi erano puntati sul primo violino Malcolm Lowe che teneva unita l'orchestra - e Lenny si aggrappò alla ringhiera in fondo al podio. Pensavamo davvero che sarebbe morto sul podio. Tossì e tossì ma alla fine si riprese e finì il concerto.
     
    Era finito. Sapevamo tutti che era finita. La fotografia di Walter H. Scott di Lenny che esce dal palco alla fine del concerto - è apparsa come ultima pagina nell'uscita in CD della performance della Deutsche Grammophon (sopra) - è straziante. Ero in piedi in modo da poter vedere la faccia di Lenny. Era il volto di un uomo che sapeva che era finita. 
    Quel pomeriggio, Leonard Bernstein annullò il programmato tour europeo con la Tanglewood Music Center Orchestra. Gli studenti erano schiacciati dalla loro delusione. Ma non c'era altra opzione. Lenny non stava bene. Il suo cancro stava progredendo e nessuna quantità di antidolorifici poteva impedirgli di soffrire. Un mese dopo, si ritirò "ufficialmente" dalla direzione, anche se il suo concerto a Tanglewood era l'ultimo che avrebbe mai diretto e sapevamo tutti che non ce ne sarebbe stato più. Poi, il 14 ottobre 1990, morì a casa nel Dakota di New York City.
    Con lui è morta un'era, quella del direttore d'orchestra superstar. "

    ***
    Il 25 agosto sarà il compleanno di Leonard Bernstein che anche se non è più tra noi da più di 30 anni ci accompagna tutti i giorni con le sue composizione, le sue esibizioni, i suoi programmi televisivi, le sue registrazioni.
    Questo disco è un tributo come lo è questa "non recensione".
    Conosco queste due composizioni così diverse tra loro a memoria. I Quattro Interludi dal Peter Grimes di Bernstein (già nella precedente edizione con la NY) rivaleggiano con quella di Britten. E poche volte la settima di Beethoven è stata così straordinaria.
    Che altro aggiungere ?
  13. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Camille Saint-Saëns: Concerti per pianoforte n.2 e n.5, Etude Op.111 n.4, Etude Op.52 n.6, Mazurka n.3 Op.66, Etude Op.111 n.1, Allegro appassionato Op.70, Etude Op.52 n.2, Valse nonchalante Op.110.
    Bertrand Chamayou, pianoforte; Orchestre National de France, Direttore Emmanuel Krivine.
    Erato 2018
    ***
    Oggi Camille Saint-Saëns è ricordato più che altro per il suo Carnevale degli animali e pochi sanno che è stata una delle menti più talentuose del mondo musicale, e non solo, per diversi decenni. Saint-Saëns fu un pianista e un organista straordinario, compositore fecondissimo, intellettuale a tutto campo, spaziando dall'archeologia alla botanica, dalla geologia all'astronomia e infine un viaggiatore che visitò Sud-America, Africa e Asia. Fu probabilmente il primo pianista ad eseguire in pubblico tutti i concerti per pianoforte di Mozart, in anticipo sul gusto dei tempi, fu un sostenitore di Schumann prima e di Wagner poi; molto amico di Liszt, fu un innovatore nei primi decenni della sua carriera e un rigido conservatore negli ultimi, basti pensare che detestava profondamente Claude Debussy. Saint-Saëns visse molto a lungo: essendo nato nel 1835 e morto nel 1921, si può dire che visse abbastanza a lungo per passare da Chopin a Ravel.
    Questo disco ha il pregio di accostare al secondo e al quinto concerto per pianoforte, opere piuttosto note, alcuni lavori per pianoforte solo decisamente poco conosciuti. Chamayou racconta che ama comprare spartiti per esercitarsi nella lettura a prima vista e così si è imbattuto nella musica per pianoforte di Saint-Saëns. Non vi ha trovato opere importanti, non ci sono sonate per pianoforte, ma ha selezionato una serie di pezzi brevi molto gustosi, che si ascoltano tutti con molto piacere.

    I concerti di questo disco sono lavori molto brillanti, scritti da un virtuoso del pianoforte. Lo stile compositivo è molto interessante e vede come riferimenti da un lato una scrittura classica di ispirazione mozartiana e dall'altro l'esuberanza lisztiana, ma spogliata del suo aspetto più selvaggiamente romantico, sostituito da un brio spumeggiante più misurato.
    Il quinto concerto, con le sue melodie esotiche, è un'autentica meraviglia!
    Non mancano le versioni alternative di quesi concerti, Jean-Yves Thibaudet, Pascal Rogé, Jean-Philippe Collard, ma Bertrand Chamayou qui suona meravigliosamente bene, con un entusiasmo e uno charme trascinanti, pur mantenendo  un controllo assoluto dello strumento e una chiarezza di fraseggio e un "jeu perlé" magistrali.
    Ahimé meno entusiasmanti la direzione di Krivine e la qualità della registrazione che relega l'orchestra in secondo piano. Nonostante questo, il disco rimane a mio avviso uno dei migliori del 2018!
     

     
    Modificato 16 Febbraio 2019 da Johannes

  14. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Hjalmar Borgström, concerto per violino e orchestra op. 25
    Dmitri Shostakovich, converto per violino e orchestra n.1
    Eldbjørg Hemsing, violino
    Viener Symphoniker
    Olari Elts
    Bis, registrazione disponibile su SACD o in formato liquido a 96/24 effettuata nel 2017, pubblicata nel luglio 2018.
    ***
    Ok, ok, fino a qualche giorno fa nemmeno io avevo mai sentito nominare questo Borgstrom, compositore norvegese vissuto a cavallo tra '800 e '900, morto nel 1927 e poi rapidamente dimenticato.
    Ok, ok, l'accostamento con Shostakovich nel suo scuro e tetro concerto post conflitto mondiale, non ci azzecca molto.
    Ok, ok, una norvegese che suona un violino milanese, con una orchestra viennese, un direttore estone e una registrazione svedese fanno una combinazione strana.
    E ... ok, ok, Gramophone ha più o meno stroncato questo disco, forse lasciandosi influenzare più dalla confezione che dal contenuto.
    E allora perchè ne parlo ?
    Semplice, perchè ho trovato il concerto di Borgstrom bellissimo, secondo i miei romanticissimi canoni di come debba essere il concerto per violino e orchestra. Eroico dialogo tra uno strumento appassionatamente solista e un'orchestra sontuosa.
    Con materiale tematico di notevole forza e intensità, ritmi sostenuti.
    Non è Sibelius. Non è Brahms. Ma secondo me meriterebbe di stare in repertorio molto più di certi altri autori ultracelebrati e ultraregistrati ...
    Il concerto è composto nei tre tempi canonici ed è tutto intimamente lirico con materiale tematico realmente ispirato.
    L'adagio è intimo e si contrappone ai due movimenti estremi.
    Inizia con i bassi che impostano l'atmosfera. Poi arriva il violino che imposta un tema cantabile, quasi un'aria operistica.
    Brillante, spigliato e spiritoso il finale Allegro con Spirito.
    Una bella interpretazione della Hemsing che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia (questa è la sua prima registrazione, a quanto mi risulta).
    C'è personalità e profonda composizione della musica di casa.
    All'opposto, il concerto n.1 di Schostakovich, è reso con toni ultratesi.
    Confrontando questa versione con quella della stessa BIS con Zimmermann, i tempi lievitano moltissimo (38 minuti contro 26).
    Faccio fatica ad immaginare Dmitri indulgere così tanto su una sua composizione e mi pare che la violinista ecceda anche con il vibrato.
    Ma tutto sommato se andiamo al tempo complessivo della registrazione EMI con Oistrakh (dedicatario del concerto) non siamo lontani.
    E nemmeno da quello della Batiashvili (che tendo a preferire e che, complice la direzione di Pekka-Salonen che certo ci mette del suo più di Olari Elts, si prende un minuto in più nella Passacaglia).
    Ma insomma, l'edizione EMI di Oistrakh può essere considerata, anche grazie alla presenza autorevole di Maxim Shostakovich il riferimento a cui ispirarsi.
    La Hemsing ha personalità ma probabilmente non basta essere una star in Norvegia, bisogna associarsi a qualche buona formazione del resto d'Europa per confrontare i punti di vista interpretativi.
    Concludendo, da comprare e da gustare a occhi chiusi per Borgstrom, per Shostakovich c'è di meglio (sebbene io risparmierei i miei soldi per questo concerto).
  15. M&M

    Interpreti
    "sono felice di possedere un pianoforte Fazioli" dice Giltburg.
    E si sente in ogni nota di ogni suo disco.


     
    Boris Giltburg è un pianista russo classe 1984, cresciuto in Israele che dal 2015 registra per Naxos.
    Non ufficialmente sta seguendo un percorso di integrale delle opere di Rachmaninov. E' un intento non dichiarato esplicitamente ma è implicito nel dettaglio delle prime uscite.
    Ammetto che sulle prime non sono rimasto abbagliato dalle sue interpretazioni. Probabilmente sono troooooooooooooooooppo legato alle letture funamboliche di Horowitz o a quelle arcigne di Richter. E poi di integrali di Rachmaninovo moderne ce ne sono a iosa. Ho in mente quella fredda ma autorevole di Ashkenazy che lo ha reso famoso.
    Questo fino all'ultima uscita del mese di aprile 2019, dedicata ai preludi Op. 23 e Op. 32.
    Sono raccolte molto differenti tra loro che raramente riescono bene allo stesso esecutore nella stessa occasione.
    Lo stesso identico disco di Lugansky dello scorso anno, profondo e solenne, non mi ha emozionato. Trovo che Lugansky abbia smarrito la sua stella guida negli ultimi anni e che proceda un pò a vista, svogliato.
    Il contrario di Giltburg che sta costruendo adesso una cattedrale con l'attenzione di ogni scalpellino impiegato in ogni singola pietra angolare.
    Il suo Rachmaninov è un Rachmaninov del tutto spogliato dell'esteriorità rituale celebrata nella seconda metà del secolo scorso.
    Ben più profondo e intenso di quanto non fosse ... il Rachmaninov di Rachmaninov stesso.
    E quest'ultimo disco - di cui parliamo più estesamente nelle recensioni di musica strumentale ne è sinora la chiave di .... svolta.
    Vediamo le uscite sinora pubblicate. E' possibile che ci sia già dell'altro materiale registrato ma non ne ho trovato traccia sinora.
    Meglio così, le prossime saranno più gradite sorprese.
    ***
     

    Rachmaninov, Etudes-tableaux Op. 39, Moments Musicaux Op. 16
    Naxos 2016, disponibile in formato CD e in alta risoluzione
    ***
    Lettura intensa, senza un attimo di pausa, con grande calore, vigore, precisione di suono. Senza precipitare ma senza farsi troppo attendere come chi crede di dimostrare di essere un grande pensatore solamente perchè ... riflette.
    Appassionato (#5), Lento (#7), Allegro assai (#4) per Giltburg qui non sono indicazioni di forma ma di sostanza, cui attribuire del tutto il modo di approccio e di stile.
    I Moments Musicaux non sono da meno. Spesso trascurati dai pianisti globetrotter, richiedono una chiave di lettura che non può essere univoca.
    Altrimenti poi arrivi al #3 e non sai come andare avanti ed aspetti come una liberazione che arrivi il Presto successivo.
     

    Rachmaninov Concerto per pianoforte e orchestra n. 2, Etudes-tableaux Op. 33
    Royal Scottish National Orchestra diretta da Carlos Miguel Prieto
    Naxos 2018, disponibile in formato CD e in alta risoluzione
    ***
    Grande dinamica dell'orchestra, del piano, con bassi rauchi e immamenti.
    Tempi comodi all'inizio che diventano estremamente brillanti nel finale.
    Una buona interpretazione, magari non di riferimento da di certo non trascurabile.
    Di altro piano gli Etudes-tableaux Op. 33 che completano la raccolta del disco precedente.
    Potenti come non mai (cfr. il #8)

    Rachmaninov Concerto per pianoforte e orchestra n. 3, Variazioni su un tema di Corelli
    Royal Scottish National Orchestra diretta da Carlos Miguel Prieto
    Naxos 2018, disponibile in formato CD e in alta risoluzione
    Oltre al celeberrimo terzo concerto per pianoforte qui portato con grazia e una certa solennità che non guastano, delle Variazioni Corelli particolarmente incisive, forse tra le migliori disponibili in disco sino ad oggi.
    ***

    Rachmaninov 24 Preludi Op. 23 e 32, Morceaux de Fantasie Op.3 n. 2
    Naxos 2019, disponibile in formato CD e in alta risoluzione
    ***
    L'ultimo disco pubblicato, recensito a parte in dettaglio. Un disco capitale che secondo noi entra di diritto nella discografia ideale di Rachmaninov e tra le scelte in assoluto di quest'anno.
    Sono due raccolte impegnative che non possono essere risolte senza la giusta prospettiva. E qui c'è profondità, c'è vigore, c'è introspezione, c'è tocco, c'è chiarezza.
    Sarà difficile anche per Giltburg andare oltre questa interpretazione ma noi ci aspettiamo ulteriori sorprese.
    Lui è ancora giovane pianisticamente parlando e il tempo sta dalla sua parte.
    Sicuramente lo seguiremo con grande interesse.
    Complimenti a Naxos - etichetta che da tempo si è scrollata di dosso il marchio "economico" - che si è legata a questo pianista.
    E a Fazioli che lo ha dotato dello strumento adatto a valorizzarne il suono.
    GIltburg non ha né la presenza né le leve di un Rachmaninov o di un Horowitz, piuttosto di un Ashkenazy e un aiutino dalle corde potenti dei Fazioli è certamente una mano santa ... 
    PS :

    Romantic Sonatas (Rachmaninov, Grieg, Liszt)
    Boris GIltburg, pianoforte
    Orchid Classics 2013
    Aggiungo in chiusura un album più vecchio (ma è solo del 2013) inciso per la Orchid Classic) che include tra gli altri brani la seconda sonata di Rachmaninov.
    Intensa ed incisiva ma secondo me al di sotto del livello raggiunto oggi da Boris con la Naxos.
    Motivo per cui posso solo attendere con ansia di vedere pubblicato un prossimo album che contenga le due sonate insieme e magari la Rapsodia Paganini ...
  16. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Brahms : brani per pianoforte
    Murray Perahia pianoforte
    Sony Classical, 2010, formato 96/24
    ***
    Questo è uno dei dischi che amo di più, di Perahia e di Brahms.
    Pubblicato nel 2010 dopo venti anni dal precedente.
    Una sorta di incursione di Perahia in Brahms.
    Sappiamo che Perahia predilige i classici e non frequenta i contemporanei.
    E legge "i classici" come Bach, Mozart, Beethoven e Brahms. Come me.
    La sua lettura é sempre misurata, modesta. L'antitesi del pianista virtuoso che celebra se stesso sul palco.
    Lo ricordo così, l'unica volta che l'ho visto al Conservatorio di Milano, oramai troppi anni fa.
    Con Brahms gli riesce anche il miracolo di essere originale, mettendo qualche cosa di nuovo in ognuna delle celebri variazioni Handel, che insieme alle Paganini, sono tra le pagine più importanti della letteratura pianistica (in assoluto) e tra le mie composizioni preferite (in assoluto).
    E' l'opposto di Katchen, eppure c'è carattere. Non c'è alcun sentimentalismo (è così che deve essere eseguito Brahms !) ma c'è tanto sentimento.
    I ritmi sono pacati e incalzanti. Il basso deciso ma sommesso.
    Sono sottolineati i richiami "unghereschi" del Brahms più popolare, tra le pieghe delle variazioni che sono virtualmente una serie di danze, nello stile barocco ma del tutto "romantiche" per collocazione storica.
    Fino a quel monumento contrappuntistico che è la fuga finale che tanto deve avere ispirato anche Busoni.
    Nelle altre composizioni sciolte, le opere della seconda parte della vita del Brahms pianistico, Perahia alterna un tocco molto umile nei brani intimisti e uno più virile ma asciutto nelle rapsodie e nelle ballate.
    Probabilmente c'è qualche cedimento e in più di un momento si vorrebbe sentire di più l'anima del pianista.
    Ma nel limite c'è la sua grandezza, grande servitore della musica di Brahms.
    Disco che anche dopo oltre 10 anni mi appassiona ascoltare, pur con qualche asprezza nella registrazione, il passaggio da CBS a Sony Classical non ha giovato (ma nemmeno, il successivo a DG, se è per quello ...)
  17. M&M
    Brahms : Concerto per pianoforte e orchestra n. 1
    Quattro pezzi per pianoforte Op. 119
    Josepho Moog, pianoforte
    Deutsche Radio Philarmonie diretta da Nicholas Milton
    Onyx 2020, formato 96/24 via Qobuz Unlimited
    ***
    Joseph Moog ha 33 anni, l'età giusta per questo concerto che al di là di tutta la retorica io vedo come una prova virile del giovane Brahms (terminato nel 1859, quindi con Johannes ventiseienne).
    E si sente.
    Come ritornare ai tempi dei virtuosi del pianoforte dell'età d'oro del disco. Penso a Janis, Cliburn, Gilels e Katchen. Senza voler fare paragoni inopportuni, naturalmente.
    Parlo della forza, della personalità, del tratto, della sicurezza e dell'eloquenza in questa prova di forza con l'orchestra che è questa sinfonia per pianoforte.
    Subito dopo il prologo sinfonico entra il piano e tiene banco fin dalle prime note.
    Poi si addolcisce quel tanto che basta per non strafare.
    Ma sempre in evidenza.
    Sebbene l'orchestra sia un tantino più indietro di quanto mi piacerebbe.
    Quando serve, infatti, il pianista rallenta e rinforza i passaggi.
    E al finir della licenza ... riprende veemente. Come dovrebbe e come deve essere. Senza null'altro che la forza armonica di trilli e ottave.
    Il secondo movimento è pastorale ed assorto. Lirico per tutta la durata. E' il pezzo debole del concerto.
    Si riprende nel rondò finale in cui il piano va in crescendo e tiene banco per tutta l'esposizione.
    L'orchestra finalmente tiene il passo, anche perché il solista qui sembra scalpitare, come ad incalzare i colleghi a tenere botta.
    Non ci sono più i toni scuri del primo movimento, anche se devo dire che in questa edizione non c'è quel senso del drammatico che si sente in altre edizioni, più immanenti e meno brillanti.
    E veramente c'è un senso di liberazione in ogni nota.
    Concerto complicato già nella sua evoluzione : 21 minuti il primo movimento, oltre 14 il secondo, quasi 12 l'ultimo.
    Il rondò è puramente brahmsiano.
    E si lega perfettamente ai quattro motivi dell'Op. 119, qui del tutto svincolati da reconditi significati ed interrogativi sulla vita, l'ansia dell'età e altre sovrastrutture sempre - a mio parere - a torto affibbiate agli ultimi pezzi per pianoforte di Brahms.
    Queste sono bagatelle, ninna-nanne, motivi orecchiabili o cantabili, ballabili.
    Per bambini o per chi ancora bambino si sente e vorrebbe andare sulla giostra.
    Anche la marcia finale in forma di rapsodia, è gioiosa e priva di ombre.
    Intendiamoci, ci sono interpretazioni più interessanti di queste ma Moog le prende con rispetto ma rispettando la lettera e il senso, non aggiungendo nulla che non ci sia nella ricetta originale.
    Non sono un riempitivo, anche perchè il disco alla fine pesa solo 62 minuti mentre siamo abituati ad oltre 80 di questi tempi.
    Ma meglio così quando si è detto ciò che si doveva dire.
    Brahms a 26 anni era arrabbiato e voleva farsi sentire da tutti. A 65 aveva già detto tutto e suonava per se e per i suoi amici. Ma ero pur sempre un maturo ragazzo.
    ***
    Bella scoperta questo Moog che suona con una personalità spesso sconosciuta alla gran parte dei suoi colleghi di oggi.
    Non è una superstar e devo dire che la cosa mi sorprende.
    O forse no, visto che incide per una etichetta che propone dischi preziosi ma non è dorata e sotto i riflettori, cercando di creare oro il più delle volte dal piombo.
    Qui abbiamo un grande pianista che farà strada. Maturando con l'età. Come Brahms.
    Registrazione limpida, piena, pianoforte evidente ma senza eccessi, orchestra rotonda. Bassi non troppo in evidenza. Ma va bene così.

  18. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Brahms : concerto per pianoforte e orchestra n.1 /Pezzi per pianoforte op. 118
    Sunwook Kim, pianoforte
    Staatskapelle Dresden diretta da Myung-Whun Chung
    Accentus Music, giugno 2020, formato 96/24
    ***

    The South-Korean Brahms Connection
    Non solo i due eminenti interpreti ma il disco è stato anche sponsorizzato da Hyundai e l'occasione è nata durante un tour in Korea del Maestro Chung con Kim, dove hanno suonato per la prima volta questo concesto.
    Nel libretto c'è una intervista a Sunwook Kim che dichiara il suo amore sconfinato per Brahms e in particolare per questo concerto, appassionato e appassionante. Dolore, nostalgia, solitudine.
    Giustapposto ai sei pezzi per pianoforte dell'Op. 118. Il giovane Brahms e il vecchio Brahms.
    Devo ammettere che l'approccio iniziale, sia sinfonico che solistico è ... all'opposto del mio.
    Lento, compassato, probabilmente anche troppo rispettoso.
    Fino al minuto 11:16 quando Kim si lascia andare e comincia a trillare con forza.
    L'orchestra resta mite e poco aggressiva.
    E, maledizione, riesce a rallentare di nuovo il solista che invece dovrebbe sentirsi libero di sparare.
    Come fa qualche battuta dopo.

    E finalmente le cose cominciano a raddrizzarsi come in certi concerti iniziati male per la freddezza del pubblico.
    Ecco comparire finalmente Brahms.
    Il finale del primo movimento si riscatta quindi con fraseggi ampi, più dinamica ma un tono di dolcezza di fondo che resta sconfinato.
    Del resto la registrazione è avvenuta dal vivo nella Mendelssohn Saal di Lipsia, dove fu eseguito per la prima volta il concerto di Schumann. Ci sta.
    Il lirismo dell'adagio centrale introduce il piano che resta di incedere leggero e tutto il lungo intermezzo è improntato di una dolcezza infinita. A tratti ricorda Chopin ma senza quella brillantezza.
    Non nascondo che l'ho trovato piuttosto pesante.
    Per fortuna il Rondò finale risveglia il pubblico e questo risulta in definitiva il movimento che preferisco di questa proposta.
    Sempre non eccessivo e senza esagerazioni ma ci siamo.
    Il pianismo di Kim è tutto sussurrato e in ogni momento si possono sentire le singole dita in azione.

    Nonostante tutto il suo amore per il concerto, credo che Sunwook Kim si trovi decisamente più a suo agio con il feeling dei sei pezzi op. 118.
    Dolcezza e tocco leggero ben si addicono a queste atmosfere.
     
    Nel complesso, non è il mio Brahms, io lo preferisco più virile, anche quello della maturità.
    Ma è una proposta comunque interessante.
    Buona registrazione senza un rumore di fondo nonostante la ripresa dal vivo

  19. M&M

    I Confronti
    Gli ultimi pezzi per pianoforte di Brahms non sono le ultime composizioni di un uomo rassegnato, stanco e solo come qualche volta si vorrebbe credere.
    Anzi, non sono nemmeno gli ultimi pezzi di Brahms che dopo aver pubblicato le raccolte dei numeri di opera 116-119 - in larga parte opere delle decadi precedenti - si rimetterà a comporre, per clarinetto, per basso, per organo.
    Il laico Brahms concluderà la sua opera con testi della Bibbia  e in forma corale all'organo.
    Mi perdonerà Rattalino, ma non credo affatto che queste raccolte siano "il testamento di chi ripercorre il passato guardando avanti con impassibile disperazione", perché allora non so cosa dovremmo pensare delle opere corali composte o impostate sin dall'età dei 25-30 anni.
    Del resto basta ascoltarli per ritrovare semplicemente tutto Brahms.
    C'è la solita melanconia, c'è la solita rutilante forza "dell'aquila del Nord".
    C'è la tenerezza della madre che canta per coccolare il suo bambino.
    C'è la volontà di fare doni alla sua amica di una vita, come è vero che Clara Schumann scriverà nel suo diario dopo aver ricevuto i pezzi dell'Op. 116-117
    «Grazie a questi brani ho sentito ancora una volta la mia anima attraversata dalla vita. Posso suonare ancora con sincero abbandono, e ho ripreso la musica pianistica di Robert con più entusiasmo [...]. Per quanto riguarda la tecnica digitale, i pezzi di Brahms non sono difficili, tranne che per alcuni passaggi; tuttavia, la loro tecnica intellettuale richiede una comprensione profonda, e bisogna avere familiarità con Brahms per poterli suonare come lui li ha concepiti».
    Per avere questo effetto la sua musica NON poteva essere scaturita da impassibile disperazione.
    Brahms la vita la vedeva così già a venti anni. E la sua musica è tutta così.
    E in fondo, l'intera serie non comincia con un capriccio veemente che riverbera l'inizio della 4a sinfonia o dell'introduzione sinfonica del primo concerto per pianoforte ?  E come termina ? Con una marcia degna del Robert sognatore, nascosta dentro ad una rapsodia.
    In mezzo ci sono ballate, ninnananne, intermezzi, fantasie.
    Insomma, seguiamo le parole di Clara che Johannes lo conosceva bene. Bisogna avere familiarità con Brahms per frequentarlo, altrimenti si finisce per giudicarlo superficialmente.
    Senza offese per nessuno, naturalmente. Ma Johannes Brahms non è Sergei Rachmaninov.
    Le raccolte sono state tutte pubblicate negli anni 1892-1893. I precedenti brani per pianoforte solo risalivano alle Op. 76 e 79 del 1878-1879.
    Brahms non ha improvvisamente smesso di comporre per pianoforte ma abbozzava, annotava, schizzava.
    Certamente l'Op. 119 contiene musica del 1893 come da questa lettera del maggio a Clara :
    "Sono tentato di copiare un piccolo pezzo di pianoforte per te, perché vorrei sapere se sei d'accordo. È pieno di dissonanze! Queste possono [bene] essere corretti e [possono] essere spiegate - ma forse possono accordarsi con il tuo gusto, anzi avrei voluto che fossero anche meno corretti, ma più appetitosi e gradevoli per i tuoi gusti. Il piccolo pezzo è eccezionalmente malinconico e 'essere suonato molto lentamente' non è un eufemismo. Ogni battuta e ogni nota deve sembrare un ritardato, come se si volesse risucchiare la malinconia da ognuno, lussuriosamente e con piacere da queste stesse dissonanze ! Buon Dio, questa descrizione [sicuramente] risveglierà il tuo desiderio! 
    Chiusa questa parentesi, andiamo alla musica.
    Op. 116 : sette fantasie per pianoforte
    capriccio in re minore intermezzo in la minore capriccio in sol minore intermezzo in mi maggiore intermezzo in mi minore intermezzo in mi maggiore capriccio in re minore Il primo capriccio è un allegro energico che con ondate investe l'ascoltatore per poi ripiegare su un tema più appassionato.
    Due minuti senza pause, nemmeno per prendere fiato.
    Segue un andante molto raccolto, anche esso con un fraseggio ampio e dei chiaroscuri dipinti dal basso. Intimo ma del tutto privo di rassegnazione.
    L'allegro appassionato torna impetuoso e senza pause, ancora con una costruzione ad onde. Fino ad un momento di raccoglimento con uno dei temi più romantici che lo stesso autore può provare. Niente altro che amore, in musica. Chiusura con ripresa del tema iniziale ma con solo un pò meno veemenza.
    Il quarto è un adagio tenero e sognante, che potrebbe aver scritto Schumann. Riflessi sull'acqua in una giornata di fine inverno. Le note sono scandite con forza pur nel rispetto della metrica.
    Poi un'andante che è una danza stilizzata con passi quasi da altalena.
    "Andantino teneramente" dice l'ultimo intermezzo, ancora con il basso che scandisce il passo. Dopo la prima frase però la lirica assume forza, si ferma, riprende da dove aveva cominciato.
    Il capriccio finale é assolutamente agitato come impone l'annotazione ma il tema che segue continua ad essere melanconico e al contempo tenero fino ad essere portato con forza.
     
    Op. 117 : tre intermezzi per pianoforte
    intermezzo in mi bemolle maggiore intermezzo in si bemolle minore intermezzo in do diesis minore Il primo di questi intermezzi è una ninna-nanna, la tonalità in maggiore lascia comunque spazio ad un filo di nostalgia pur in un quadro comunque lieto.
    L'andante seguente segue e non può essere che suonato di seguito per portare all'andante con moto finale che sale di tono, di ritmo e di forza mano a mano che la melodia assume corpo. Le note sono scandite in modo fermo sia dalla destra che dalla sinistra. E' una romanza senza parole con frasi lungamente ripetute per tutti i ritornelli.
    Op. 118 : sei Klavierstucke per pianoforte
    intermezzo in la minore intermezzo in la maggiore ballata in sol minore intermezzo in fa minore romanza in fa maggiore intermezzo in mi bemolle maggiore Il primo intermezzo è una ouverture che introduce ad uno dei più struggenti momenti di tenerezza di tutta la musica di Brahms che è il secondo intermezzo in la maggiore. La parte centrale di quest'ultimo è un ricordo, ancora vivo e presente, e per questo ancora più caro.
    Ma c'è tutto Brahms in questi sei pezzi per pianoforte, perchè senza intervalli la ballata successiva è piena di forza, coraggio, decisa, speranzosa come sottolinea il momento centrale.
    L'allegretto successivo (il n.4, intermezzo) resta agitato ma in punta di dita, senza momenti urlati, anzi, anche qui c'è un rallentamento centrale.
    La costruzione dei brani di tutte queste raccolte mantiene questa forma sostanzialmente ABA ripetuta in stili differenti.
    E anche qui c'è la ripresa iniziale, più forte.
    La romanza è tranquilla, un incedere nobile e cadenzato. Con frasi molto lunghe.
    Sincopato, con lunghe pause ed arpeggi, "l'andante largo e mesto" finale che riprende l'aurea dell'intermezzo n.2 ma senza raggiungerne il tenero abbandono tanto che la musica prende forza mano a mano che procedono le ellissi che la compongono.
    Op. 119 : quattro Klavierstucke per pianoforte
    intermezzo in si minore intermezzo in mi minore intermezzo in do maggiore rapsodia in mi bemolle maggiore un adagio senza fine ma non senza ritmo, giocato sulle frasi e il dialogo tra le mani che alternano la musica. Un valzer, magari non proprio ballabile ma amabile ed energico.
    Si prosegue con un ritmato agitato che si chiude nel successivo grazioso che gioca sul ritmo delle ribattute, variandone l'intensita.
    La musica per pianoforte di Brahms si conclude con una rapsodia in mi bemolle maggiore che una marcia di uomini liberi che proseguono a passo deciso verso una meta che vogliono raggiungere, non senza sforzo ma nemmeno con tutta questa fretta.
    C'è tutto il tempo anche per riflettere ma senza abbandono e sicuramente senza alcuna rassegnazione. Anzi, c'è speranza, mite, lieta.
    In fondo queste raccolte sono composte tutte da musica cantabile, ballabile, giocate di ritmo e di materiale tematico articolato tra il basso e doppie melodie con strutture simili. Nel complesso molto semplici, ripetute, ma non per questo prive di originalità o di spirito.
    Anzi. Dalla prima all'ultima nota viene voglia di fare musica, di cantare, di concentrarsi sull'oggi e sulle cose belle di ieri.
     
    Queste pagine sono state registrate innumerevoli volte ma non ci sono tantissime registrazioni che le contengano tutte.
    Ho voluto qui proporre quattro alternative molto differenti, una appena uscita che mi ha dato l'idea per questo articolo, altre di epoche differenti.
    Vediamole insieme. 
     

    Brahms : gli ultimi pezzi per pianoforte
    Stephen Hough 
    Hyperion 2020
    durata complessiva 1 ora e 9 minuti
    Ultima uscita in ordine cronologico. Stephen Hough ha 59 anni, circa l'età di Brahms quando ha pubblicato queste "compilation".
    A tratti suona come un quarantenne ma un quarantenne compassato, molto british.
    Intendiamoci, è una visione di prim'ordine ma manca di trasporto per passare di categoria. Alla fine mi sembra un pò asciutta.
     

    Brahms : 3 intermezzi op. 117, 6 klavierstucke op. 118, 4 klavierstucke op. 119
    Wilhelm Kempff
    DG 1964
    durata complessiva 1 ora e 11 minuti
    Kempff aveva 69 anni quando ha registrato questo disco ma non importa, Kempff per come lo conosco io ha sempre suonato così.
    Va avanti a passo di marcia, quasi ci fosse Alte Fritz in testa ai prussiani che sfilano davanti alle posizioni austriache a Praga.
    Con distacco e in barba ad ogni sentimentalismo.

    Brahms : pezzi per pianoforte opp. 116-119
    Helene Grimaud
    Erato 1995
    durata complessiva 1 ora 14 minuti e 30 secondi
    Helene Grimaud aveva 26 anni nel 1995. E c'è tutto l'ardore giovanile che si può avere in queste opere ... senili.
    Non ineccepibile, né il tocco né la visione in diversi pezzi. Forse un pò acerba ma ci piacerebbe risentire la Grimaud adesso, appena sarà di nuovo ispirata.

    Brahms : tre intermezzi Op. 117, pezzi per pianoforte op. 118 e 119
    Julius Katchen
    Decca 1965
    durata complessiva 1 ora 14 minuti e 43 secondi
    Julius Katchen aveva meno di trenta anni quando ha registrato l'integrale di Brahms.
    Tutta l'opera è affrontata con un piglio epico, senza risparmiarsi.
    Come si vede è tutt'altro che veloce eppure si percepisce più forza, più anima, più coraggio e anche più vicinanza con lo scritto.
    Sarà un caso per cui questa lettura resta, a distanza di 55 anni, la più preziosa testimonianza omogenea dell'opera pianistica di Brahms ?
     
    ***
    Solo poche note perchè certamente ogni appassionato di  Brahms avrà la sua opinione, in fondo ciò che volevo era solo puntualizzare i fatti e togliere un pò di mito.
    Di Brahms si è troppo parlato in termini distanti dalla vera personalità.
    Quella di un uomo che ha fatto di tutto perchè di lui ci restasse per lo più ciò per cui ha vissuto : la musica.
  20. M&M
    Johannes Brahms : le cinque sonate per violino e pianoforte
    Vol. 1 e Vol. 2
    Ulf Wallin, violino
    Roland Pontinen, pianoforte
    Bis 2019, formato HD
    ***
    Quante sono le sonate per violino e pianoforte di Brahms ?
    Il quesito viene posto in questi due dischi.
    Di getto io risponderei chiaramente che sono 3. Più un movimento della sonata FAE. Quindi al massimo 3 e 1/4.
    No, invece anche le due sonata Op. 120, pensate per clarinetto, proposte per viola, sono anche esse sonate per violino e pianoforte (o in qualche caso, per pianoforte e violino).
    Quindi siamo a 4 sonate. E un quarto per il movimento della sonata FAE.
    Ma c'è chi pensa che le sonate in totale siano cinque, di cui una persa, forse costruita attorno a quel movimento.
    Come sia l'arcano mistero, qui abbiamo due volumi con l'integrale di queste sonate (Op. 78, Op. 100 e Op. 108,  le due Op. 120, il movimento senza numero d'opera) e per sovrammercato abbiamo anche due trascrizioni di lieder del periodo 1868-1877.
    Bene fin qui. Una aggiunta singolare ad uno sterminato catalogo di edizioni di queste gemme musicali.
    Ma come sono ?

    Sono rese alla maniera scandinava. I due musicisti - lo svedese Ulf Wallin che suona un violino italiano del 1746, lo svedese ma di origini finlandesi Roland Pöntinen, che suona uno Steinway D - non indugiano né sulla chiave crepuscolare dell'ultimo Brahms (Op. 120) né su quello virile eroico della FAE o dell'Op.78.
    La "Regen" appare qui chiara e limpida, senza ombre. Umana ma apparentemente priva di difetti.
    La "Thun" di una calma più che Olimpica.
    E la terza abbastanza priva di quella irrequietezza che invece viene facile leggere.
    Le due sonate Op. 120 continuano con questa chiave di lettura di tranquillità interiore, non rassegnata ma di accettazione.
    Un modo di vedere Brahms che è molto lontano dal mio (non che io ne possa sapere di più di loro. Ma Brahms ebbe un travaso di bile per non essere arrivato in tempo al funerale di Clara. Non che il fatto potesse essere importante ma quanto può essere rassegnato o tranquillo un uomo simile ? Permettetemi di dubitare).
    I due comunque mostrano un affiatamento totale e se non ci sono i guizzi di coppie come Perlman/Barenboim o Perlman/Ashkenazy è perchè probabilmente non è più quella l'epoca.
    Il Brahms svedese è questo. Anche quello sinfonico. Ma Brahms amava il calore del sud. Della Baviera, dell'Austria e dell'Italia 
    Registrazione limpida come da standard Bis.
  21. M&M
    Johannes Brahms : Sinfonia n. 1, Ouverture Tragica
    Orchestra del Gewandhaus di Lipsia diretta da Herbert Blomstedt
    Pentatone 2020, formato SACD/HD
    ***

     
    le parole del 93enne Blomstedt sono scritte nel giugno scorso e si augurano che questa musica luce nell'anima umana (citando Schumann, mentore di Brahms), in questo momento difficile per l'umanità.
    Ed è molto umana, dolce e "alleggerita" delle complessità della mente e dell'animo brahmsiano questa lettura di Blomstedt che si avvale di una compagine con cui si è trovato centinaia di volte e che conosce questa musica da generazioni.
    Passo lento ma alle volte più spedito, fraseggio ampio, equilibrio assoluto tra le parti. Oserei dire antiretorico. Nient'affatto quella sciocca 10a sinfonia di Beethoven con cui questa sinfonia è stata bollata per oltre un secolo.
    Si, certo, l'atmosfera resta quella di una tempesta che ha uno sviluppo tormentato. Ma tra suoni umani, non lo stridio dei flutti.
    Lo si vede perfettamente nell'andante ma soprattutto nell'allegretto che sottolinea la parola "grazioso" del titolo.
    E anche il finale, grandioso ma non sopra le righe, ci fa vedere la tempesta già ben scemata già alle prime note.
    L'orchestra si conferma straordinaria - resta tra le compagini migliori al mondo, ben più di altre meglio celebrate - 
    Ci spiegherà il Maestro la scelta dell'Ouverture Tragica nel finale e non all'inizio di questo programma Live registrato circa un anno fa - e quindi ben prima dei drammi del Covid - ma è più ouverture che tragedia.
    In fondo ci sta. Ma forse il Coriolano di Beethoven a questo punto sarebbe servito meglio a rendere un messaggio diretto. Non sarebbe stato nello stile del mite Blomstedt. Quindi va bene così.
    Registrazione eccezionale, come da routine per chi ha inventato il SACD.
    ***
    Nota a margine. C'era bisogno dell'ennesima 1a di Brahms diretta da Blomstedt nel 2020 ? Ce ne sono così e secondo me, oramai si dovrebbe andare per valore aggiunto, quando c'è molta musica semisconosciuta che andrebbe meglio valorizzata.
    Ma chi sono io per dirlo ?
    In fondo bastano gli ottoni e le percussioni della Gewandhaus che aprono la strada agli accordi dei bassi nel più straordinario tema (il finale) mai scritto in una sinfonia romantica.
    Quando persino il compassato direttore si lascia andare al ritmo coinvolgente della musica di Brahms.
  22. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Johannes Brahms : Sonate per violino e pianoforte, Clara Schumann, romanza (versione per violino e pianoforte)
    Alina Ibragimova, violino, Cédric Tiberghien, pianoforte
    Hyperion 2019
    ***
    Registrate lo scorso anno a Londra, escono adesso in un unico disco le tre sonate di Brahms, per la premiata coppia Ibragimova/Tiberghien.
    L'affiatamento dei sue - che suonano insieme dal 2005 - è ben testimoniato da una discografia che si fa anno dopo anno più imponente, spaziando per tutta la letteratura per violino e pianoforte.
    Purtuttavia, nonostante il tempo passi, resta in un certo qual modo un approccio molto accademico, strettamente aderente al testo, come peraltro confermato dal vivo in interviste recenti.
    Approccio rispettoso, certo, ma non propriamente adatto al Brahms che conosciamo noi e che ci è stato tramandato da una scuola che parte da Joachim e da Brahms stesso.
    Queste sonate sono composizioni dell'età matura di Brahms e sono assimilabili a dei lieder per soprano, confezionati in forma sonata.
    Però a differenza di quelle per viola/clarinetto, non c'è la tipica atmosfera autunnale dell'ultimo periodo creativo, il clima è piuttosto primaverile.
    Le tonalità sono tenui ma comunque con prevalenza di colori chiari.
    Ma soprattutto è un canto continuo, dove le espressioni, tenero, dolcemente, un pco presto e con sentimento, permangono anche nei momenti in cui la musica è più brunita perchè non diventa mai del tutto crepuscolare.
    E il vivace, ma non troppo va inteso come liberamente.
    La Ibragimova è sempre fredda e se non eccede - giustamente ! - con forti e fortissimi (assenti nel tratto di queste sonate) dove il violino NON DEVE mai diventare esageratamente protagonista, non riesce ad essere realmente presa abbastanza dalla musica da ... far cantare il suo strumento.
     
     

    E' probabilmente ancora più distaccato il suo collega Cédric che resta sempre asciutto e per nulla vivace.
    Nella concezione di Brahms queste sonate impiegano i due strumenti in un piano di piena parità (nel manoscritto della seconda sonata Johannes ha riportato di suo pugno "sonata per pianoforte e violino" e non per violino o violino accompagnato) ma Tiberghien si fa fatica a rintracciarlo in questa registrazione.
    Naturalmente i due musicisti hanno mezzi tecnici in abbondanza e la parte virtuosistica è pienamente ben esposta.
    Ma resta l'impressione di una performance di routine. Quella che si vede nella fotografia qui sopra, con loro impegnati a ... leggere la partitura più che interpretarla.
    Le tazze a tarre dicono più delle espressioni.
    Certo si tratta di musica straordinariamente bella che si ascolterà sempre volentieri. Ma a tratti in questo disco ho faticato a riconoscere Brahms con passaggi che - per composizioni che conosco a memoria - mi sono sembrati inediti.
    Siamo comunque fortunati abbastanza da poter scegliere tra una discografia sterminata (la mia preferita interpretazione va al Perlman accompagnato da un brillantissimo Baremboim per Sony, piuttosto che il precedente Emi con Ashkenazy. E scusate se è poco.
    Ma anche di recente abbiamo avuto buone prove, ad esempio Faust/Melnikov e Tetzlaff/Vogt).
     
    Un plauso incondizionato invece alla ripresa, con un equilibrio appena a favore del violino la cui leggera rugosità viene impreziosita dalla registrazione, con lo strumento perfettamente definito li a sinistra, davanti al pianoforte.

  23. M&M
    frontespizio a stampa dell'edizione commerciale delle variazioni su un tema di Haydn di Brahms (4 marchi e mezzo, all'epoca), edita da Simrock a Berlino e già catalogato come Op. 56b
    Dal Divertimento (Feld-Parthie St. Antonius n. 6) in si bemolle maggiore, Hob 46, composizione in quattro movimenti per 2 oboi, 2 fagotti obbligati, fagotto continuo, serpentone (controfagotto), 2 corni (data di composizione sconosciuta e compositore sconosciuti ma attribuita all'epoca a Joseph Haydn) il cui secondo movimento é il corale di Sant'Antonio che ha dato origine alle celebri variazioni di Brahms.

    parti orchestrali in una edizione stampata francese
     

    autografo originale di Johannes Brahms, versione per due pianoforti (di pugno in italiano : pianoforte I e pianoforte II sulle quattro righe in parentesi graffa a sinistra), il tema andante iniziale.

    “ A volte rifletto sulla forma della variazione e mi sembra che dovrebbe essere più contenuta, più pura. I compositori dei vecchi tempi erano soliti attenersi strettamente alla base del tema, come il loro vero soggetto. Beethoven varia la melodia, l'armonia e i ritmi in modo così bello. Ma mi sembra che moltissimi moderni (compresi noi stessi) siano più inclini - non so come dirlo - ad agitarsi sul tema. Ci aggrappiamo nervosamente alla melodia, ma non la gestiamo liberamente, non ne facciamo davvero nulla di nuovo, la sovraccarichiamo semplicemente. E così la melodia diventa del tutto irriconoscibile. "

    Brahms, lettera a Joseph Joachim, Dusseldorf, giugno 1856
        
    Questa è l'ultima opera per pianoforte su larga scala di Brahms, composta durante un ritiro estivo a Tutzing, 1873. CF Pohl, biografo di Haydn e bibliotecario della Società Filarmonica di Vienna, fornì a Brahms il tema - "Corale di Sant'Antoni" - all'epoca erroneamente attribuito a Haydn. Sebbene non si sappia con certezza se la versione per pianoforte (op.56b) precedesse la versione orchestrata (op.56a), è noto che per primo rivelò la versione a 2 pianoforti a Clara Schumann, e due mesi dopo presentò la versione per orchestra al suo editore. 
     
    Tema. Andante (si bemolle maggiore)
    Variazione I. Poco piu animato (si bemolle maggiore) Variazione II. Piu vivace (si bemolle minore) Variazione III. Con moto (si bemolle maggiore) Variazione IV. Andante con moto (si bemolle minore) Variazione V. Poco presto (si bemolle maggiore) Variazione VI. Vivace (si bemolle maggiore) Variazione VII. Grazioso (si bemolle maggiore) Variazione VIII. Presto non troppo (si bemolle minore) Finale. Andante (si bemolle maggiore) Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 2 trombe, timpani, triangolo, archi
    Composizione: 1873
    Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 2 novembre 1873
    Edizione: Simrock, Berlino, 1874
    ***
    L'attribuzione della corale è dubbia, non è certo di Haydn, probabilmente di Ignace Pleyel che era stato allievo di Haydn. Non si trovano nemmeno altre allusioni alla Corale in onore di Sant'Antonio in Austria.
    Fatto sta che deve aver colpito Brahms per la sua forma pulita in 10 battute, seguite da altre due frasi di 5 battute l'una. Struttura che Brahms mantiene per tutte le successive variazioni, dopo aver citato fedelmente la Corale all'inizio della composizione.
    Nella realtà oggi sappiamo che in tutto il pezzo solo una breve allusione alla sinfonia "dell'orologio" richiama realmente ad Haydn, ma poco importa.
    Non importa nemmeno se la prima stesura - suonata con Clara Schumann su due pianoforti - sia la versione originale o una riduzione di quella orchestrale.
    Come le due serenate per orchestra le variazioni per orchestra rappresentano la prova generale verso la sinfonia per Brahms, passo lungamente meditato fin da quando Schumann aveva letto nelle sonate giovanili per pianoforte elementi sinfonici, non semplicemente pianistici.
    Sappiamo che Brahms aveva una profonda frequentazione con la musica antica, non solo Bach e l'amatissimo Handel ma anche Schutz e molti compositori rinascimentali italiani.
    La chiave per queste variazioni e l'apertura finale verso il mondo sinfonico, è infatti il contrappunto classico, basato sulla linea di basso e la variazione.
    Si aggiunge in questo caso un finale che anzichè una fuga, come avrebbe fatto Beethoven e come farà Brahms nelle variazioni Handel, è una passacaglia.
    ***
    Credo che la versione per due pianoforti mostri più chiaramente la struttura delle variazioni, liberando un pianista dall'articolazione completa - realmente sinfonica - che lo avrebbe schiacciato alla tastiera.
    Quella orchestrale è più pastorale nella scelta degli strumenti e nel tono.
    Infatti generalmente differiscono di gran lunga nell'interpretazione.
    Per la versione a due pianoforti ne segnalo due opposte, una classica con Emanuel Ax e Yefim Bronfman

    che è accoppiata alla fantastica sonata in Fa minore Op. 34b (ovvero la versione per due pianoforti del meraviglioso quintetto con pianoforte nella stessa tonalità op. 34a)
    Mentre più veemente e forzata, in qualche momento anche sopra le righe ma assolutamente vibrante, quella del duo Yordanova e Kyurkchiev che ho scoperto oggi.
    Ascoltatela e non vi annoierà di certo.

    Sono decine e decine invece quelle orchestrali, praticamente contenute in ogni integrale sinfonica.
    Potete scegliere la vostra, io ne prendo due italiane.

    quella di Toscanini alla testa della sua NBC Orchestra, contenuta nella integrale RCA e quella straordinariamente tersa, accoppiata alla quarta sinfonia di Claudio Abbado nel suo momento magico con i Berliner

    più lenta e lirica, fatta di grandi arcate magniloquenti.
    Ma, ripeto, ne troverete a decine, più o meno interessanti.
    ***
    Che dire nel complesso ? Non mi permetto certo di dare un giudizio di merito a Brahms che il mio compositore di riferimento dopo Bach.
    Ma questo è stato solo il primo passo nel contrappunto sinfonico e probabilmente anche la prima grande composizione per orchestra nella forma delle variazioni della storia.
    Nei venti anni successivi verrà molto altro.
  24. M&M
    Busoni, Brahms, concerti per violino e orchestra
    Francesca Dego, violino
    BBC Symphony Orchestra diretta da Dalia Stavevska
    Chandos, 1 marzo 2024, formato 96/24 via Qobuz
    ***
    Quando è morto Brahms, Busoni aveva circa l'età che aveva Brahms quando è nato Busoni.
    Era nel pieno della maturità e come tutta la generazione di compositori mitteleuropei del suo tempo, viveva bel culto del grande tedesco.
    Nonostante Liszt, Wagner e l'arrivo della nouvelle vague francese e austriaca.
    All'epoca della composizione del suo concerto per violino, per Busoni, Brahms era il riferimento dei conservatori, l'apice del triangolo Bach-Beethoven-Brahms.
    Eppure nessuno assocerebbe nella stessa frase Brahms e Busoni, tanto sono compositori opposti.
    Contorto ma semplice, Brahms, quasi ascetico spesso. Complicato, eccessivo, esagerato, Busoni.
    Abbiamo una prova nella trascrizione della Ciaccona di Bach dei due. Brahms trascrive semplicemente la sua mano sinistra, senza aggiungere nulla alla partitura originale.
    Busoni invece la riscrive in senso sinfonico.
    La stessa cosa che ha fatto rivedendo buona parte dell'opera tastieristica bachiana, mentre la ripubblicava all'inizio del '900.
    Lo fa in senso lisztiano e per certuni, Busoni è il più grande pianista dopo Liszt.
    Spesso è eccessivo anche in quello ma per me la riscrittura del Preludio e Fuga BWV 552 di Bach fatta da Busoni va nel senso Bachiano del brano, oltre il segno ma non oltre il significato.
    Insomma, io sono legato al Busoni appassionato conoscitore della musica dei secoli precedenti, un pò meno per le sue creazioni, effettivamente spesso fuori ... dal vasino.
    Questo concerto per violino, pensato pensando a quello di Brahms è invece una pura composizione tardo romantica. Niente a che vedere con Sibelius o con Nielsen ma lo possiamo considerare un vero gioiello, purtroppo sempre fuori repertorio.
    Dove vediamo troppi concerti di Mozart o di Vivaldi o di Bruch, forse questo Busoni qualche volta ci può stare.
    Ringraziamo Francesca Dego che lo ha ripescato.
    Perché ?
    Per il suo legame con Brahms che in questa edizione è concreto.
    Brahms, nella tradizione classica ha omesso le cadenza dal suo concerto. Dove ha lasciato lo spazio ha semplicemente messo un punto. Lasciando che fosse il solista a fare la sua.
    Naturalmente quella del dedicatario Joseph Joachim passa come riferimento. Ma c'è una interminabile sequenza di cadenze, passate e recenti per il concerto di Brahms - l'imperatore dei concerti per violino - ognuna a suo modo, giusta.
    Ruggero Ricci credo che sia riuscito a registrarle tutte, se non vado errato. Compresa la "sua". E poi c'è quella di Heifetz, di Ysaye, Kreisler.
    Francesca Dego in questa sua interpretazione del concerto di Brahms usa la cadenza di ... Busoni.
    Che studiò anche violino, come Beethoven e Brahms ma che come Beethoven e Brahms aveva il pianoforte sempre in mente.
    Busoni non ne era particolarmente orgoglioso. Confidava alla moglie di aver rubato da Beethoven il duo con i timpani.
    Poco male perché Brahms stesso confessava a Joachim di aver rubato da Beethoven.
    Insomma, il concerto di Busoni, molto originale, specie nel secondo movimento, potrebbe essere stato anche scritto da Brahms, se fosse vissuto fino al '900.
    Mentre Busoni sentiva particolarmente suo quello di Brahms, e nel suo concerto si sente.
    Non è plagio e proprio respirare la stessa aria ed essere immersi nello stesso humus.
    Busoni è italiano ma la madre, grande pianista, era in parte tedesca. E Ferruccio si formò nell'ambiente culturale tedesco.
    Non sappiamo esattamente quando Brahms e Busoni si incontrarono. Ma Brahms consigliò a Busoni da chi studiare contrappunto e poi scrisse una lettera di raccomandazione in suo favore per Carl Reinecke a Lipsia, dove Busoni si perfezionò.
    Brahms perse poi interesse per il giovane ribelle e Busoni per il vecchio conservatore.
    Ma il giorno del funerale di Johannes dopo essere stato tra chi aveva portato la bara in spalla, suonò il concerto in re minore Op. 15 del vecchio maestro in suo ricordo.
    Anche il concerto di Busoni è dedicato ad un amico violista, Henri Petri, che non a caso aveva studiato con Joachim. Così si chiude il cerchio.
    In vita di Busoni il suo concerto ebbe grande successo, anzi, fu tra i suoi più celebrati brani. Poi sbiadì alla memoria.
    Del concerto di Brahms è inutile parlare. E' talmente elevato che si può permettere di guardare gli altri con la condiscendenza che il suo autore mostrava per gli altri, almeno quando era sobrio.
    Francesca Dego nelle sue note al disco ammette che se è costretta a confessare chi sia il suo autore preferito, dice con convinzione che è Brahms.
    Ha suonato tutto il repertorio e il concerto in re maggiore all'età di quindici anni con quello che sarà suo marito che l'accompagnava al pianoforte nella prima lettura.
    L'uso dei tempi annotati da Joachim, veloci, hanno reso il suo approccio meno reverenziale di quanto ci si aspetterebbe.
    Qualcuno dice che non si dovrebbe portare in pubblico prima dei quaranta anni, come se il vecchio barbuto fosse li a guardarti.
    Così il concerto è "maschio" quanto deve, senza quell'autocompiacimento che spesso si trova in altre letture.
    Bello e frizzante.
    Mentre per quanto riguarda il concerto di Busoni porto proprio le note della Dego :
    "Busoni compose il suo Concerto in re maggiore quando aveva trent'anni ed era immerso in un turbinio di impegni concertistici attraverso l'Europa. È dedicato a Henri Petri, allievo di Joachim, e permeato con lo spirito del capolavoro di Brahms, allusioni che a volte emergono in modo diretto
    omaggio e talvolta come spettro inevitabile. Il trillo sospeso prima del violino – dopo aver vagato su e giù per la tastiera in una cadenza prolungata – raggiunge il nobile e il tema solenne nel primo movimento potrebbe culminare altrettanto facilmente nel tema del concerto di Brahms e l’impennata dell’oboe
    presenzia nell'introduzione al secondo movimento, insieme al melodico letterale e citazioni ritmiche nell’ultimo movimento coda, fornisce un'atmosfera personale ed esilarante svolta a quel classico. La Cadenza che Busoni scrisse per il primo movimento del concerto di Brahms (che, ovviamente, ho scelto di suonare
    in questa registrazione!) utilizza anche linee e tecniche soluzioni simili a quelle del suo concerto. Quando ho iniziato a studiare ed eseguire il lavoro di Busoni, il fatto che questi due concerti erano così strettamente intrecciati uno dei motivi per cui me ne sono innamorato.
    È un gioiello di per sé, ma il fatto è che utilizza una tela così tradizionale per uso personale e le idee innovative non fanno altro che renderlo più attraente. Busoni si considerava di più un compositore tedesco che italiano ma la sua anima e l'essenza sgargiante di un vero virtuoso (secondo solo a Paganini  nella storia
    storia della musica italiana !), risuona in questo gioioso e pezzo assurdamente impegnativo. Credo che se Liszt avesse scritto un concerto per violino avrebbe contenuto questo tipo di energia e intenti (e, come quello di Busoni, denso e armonico secondo movimento originale da morire !).
    Essere in grado di registrare il concerto per violino di Brahms è un sogno e una pietra miliare per tutti violinista e sento che con il “mio” Brahms è così non voglio competere con tanti splendidi versioni disponibili ma invece di dichiarare il mio amore e la mia storia con il mio concerto per violino preferito.
    ll Concerto di Busoni, invece, è un lavoro raramente eseguito, portato in studio solo una manciata di volte. Rappresenta un diverso tipo di responsabilità, che mi ha spinto a voler riscoprire ogni dettaglio di questa musica come se non fosse mai stata suonata Prima. Mi sento privilegiata di averlo potuto fare
    in compagnia della straordinaria Orchestra Sinfonica della BBC, che hanno portato la loro esperienza, la loro profondità di suono e una storia dell'eccellenza per Brahms da un lato, e la loro tecnica completa la gioiosa curiosità di Busoni dall'altro."

  25. M&M

    Beginners Guide
    Abbiamo l'idea di Brahms vecchio, panzone che, con le mani incrociate dietro alla schiena, la barba lunga e il sigaro in bocca passeggia per i vialetti del Prater sorridendo alle donzelle del luogo cui regalava sovente caramelle e cioccolatini.
    Che si sedeva a fatica e che, burbero, malsopportava le presenza importune, sebbene lo celasse per quanto possibile con un atteggiamento per lo più affabile.
    Quello ritratto in questa fotografia del 1894, a sinistra il giovane Johann Strauss II, piuttosto compiaciuto di se e dei suoi baffoni e della perfetta piega dei pantaloni, a destra il nostro brontolone con la sua palandrana informe :

    che ci riserva un mezzo sguardo enigmatico ben nascosto da barba e baffi.
    Mentre pensiamo al Brahms senza barba come l'eterno innamorato deluso, alla ricerca delle tracce degli antichi e alle prese con complesse soluzioni contrappuntistiche da definire sulla carta per fissare le effimere ispirazioni della mente.
    In verità lo stesso uomo, introverso, complesso e fermamente deciso a nascondere la gran parte di se (distruggendo documenti, taccuini, manoscritti, partiture incomplete, dandole alle fiamme o gettandole nel fiume) perchè al mondo restasse solo la sua musica.
    Probabilmente però quello vero cui dobbiamo pensare mentre ascoltiamo la sua musica è questo :

    Ritratto di Johannes Brahms nel 1868
    Amare Brahms non è parimenti semplice, meno che meno farne una guida breve per chi non lo conosca.
    Ha scritto relativamente poca musica e l'elenco delle sue opere è ben più sintetico di quello di Bach, di Mozart o di Handel.
    Dovrebbe essere cosa di un attimo proporne una selezione. Eppure una selezione qualsiasi darebbe una visione completa ?
    Non sono in grado di rispondere.
    Posso solo anticipare che la guida che segue è la più arbitraria e soggettiva possibile e non ho alcuna presunzione di trovare l'approvazione di chi già conosce Brahms.
    Brahms ha scritto quasi esclusivamente musica per pianoforte nei primi anni della sua vita. Ed ha concluso la sua esistenza scrivendo musica per pianoforte o per pianoforte e un altro strumento.
    Per tutta la vita ha scritto lieder e musica vocale.
    Durante la maturità, musica sinfonica, per strumento solista e orchestra, per coro e orchestra, per gruppi da camera fino a sei strumenti.
    Per orchestra da camera e per grande orchestra.
    Ha scritto musica delicata e sentimentale e sfacciata e popolare.
    Fortissimo e pianissimo insieme.
    122 opere catalogate in tutto. Molte delle composizioni sono da considerare "minori" e la gran parte di quelle vocali, sostanzialmente sconosciute.
    Ma qui abbiamo detto di voler scegliere esattamente 10 dischi, per una disamina più completa dell'opera del nostro Johannes ci prenderemo tutto il tempo necessario.
    Guida all'ascolto
    1) Zwei Gesange Op. 91

    Magdalena Kozena (& friends) : Soireé
    In questo disco c'è la più soave e luminosa edizione dei 2 Gesange Op. 91 che io abbia ascoltato.
    Generalmente vengono drammatizzati eccessivamente (e soprattutto sopranizzati : questi due canti sono stati scritti per viola o contralto) ma qui la luce è quella dello sguardo di Johannes.
    La composizione è del 1863-1884.
    1) Gestillte Sehnsucht
    2) Geistliches Wiegenlied
    Nello stesso disco sono contenuti 5 lieder Ophelia riadattati per voce e quartetto d'archi con la medesima tranquilla luce tardo pomeridiana.
    Una versione alternativa dei due canti potrebbe essere quella con la poetica viola di Yury Bashmet

     
    2) 21 Ungarische Tanze 

     
    Brahms deve la sua fama alle grandi composizioni sinfoniche e pianistiche ma in vita il suo best-seller e in gran parte ciò che gli ha riempito le tasche grazie alla vendita degli spartiti e dei diritti sono state le brillanti Danze Ungheresi.
    Qui propongo l'edizione orchestrale ristampata in SACD da Esoteric sulla registrazione digitale Deutsche Grammophn di Claudio Abbado con i Wiener.
    Vivace ma in qualche momento anche troppo contenuta.
    Ben più frizzanti nell'edizione originale per pianoforte a due e a quattro mani dell'edizione mitica e irripetibile del grandissimo Julius Katchen per la Decca qui nell'originale in vinile

    che è disponibile nella ineguagliata integrale dello stesso Katchen :

     
     
    e per i più curiosi, la trascrizione per violino e pianoforte dell'eterno amico Joseph Joachim

     
    registrate per la Hyperion
     
    3) Alt-Rhapsodie Op. 53 (e Gesang der Parzen Op. 89, Schicksalslied Op. 54, Nanie Op. 82)

     
    contenute insieme alle sinfonie e alle ouverture nel cofanetto dedicato a Brahms da Claudio Abbado alla testa dei Berliner Philamoniker.

     
    nella rivelatrice interpretazione di John Gardiner con la voce tenebrale di Nathalie Stutzmann che fa venire la pelle d'oca.
    Il ciclo brahmsiano di Gardiner è immerso in una luce rinascimentale che mette in evidenza ogni segno, immergendo questa musica nel solco della tradizione tedesca del 500-600.
    L'intera edizione di Gardiner per me si porta ai primi posti nella storia dell'interpretazione di Brahms, forse più per i pezzi di contorni che per le sinfonie.
    4) Concerto per violino e orchestra Op. 77 (1878)
    Il concerto per violino e orchestra di Brahms, è, per me, insieme a quello di Chaikovsky, IL concerto per violino e orchestra.
    Lo scontro tra lo strumento solista e l'orchestra non è titanico, anzi, il violino appare piuttosto primus inter pares e tutta la composizione è piena di garba e di rispetto.
    Il materiale tematico è ineguagliabile, così come lo svolgimento. Virtuosistico ma mai sfrontato. Nè iper-romantico come altri concerti contemporanei.
    Le interpretazioni di questo concerto fanno parte della storia dell'interpretazione e credo non ci sia un solista di grande livello che non l'abbia avuto in repertorio.
    Potrei sceglierne dieci, ne scelgo uno, con l'adorabile Janine Jansen validamente accompagnata dall'Orchestra di Santa Cecilia sotto l'abile Antonio Pappano, anche perchè contiene il più bel primo concerto di Bartòk, che con Brahms non ci azzecca proprio nulla ma è grande musica ugualmente.

     
    come scelta alternativa, il violinista dei violinisti, il cui unico difetto è sempre stato solo quello di suonare tutto alla Heifetz, dando quell'impronta inequivocabile non sempre rispettosissima del testo ma difficilmente superabile, sia nel tocco che nel piglio. Per non parlare del suo suono unico.
    Qui poi c'è Fritz Reiner alla testa della strepitosa Chicago Symphony dei suoi tempi !

     
    5) Quintetto per clarinetto e archi Op. 115 (1891)
    I Brahms autunnale che abbiamo sempre in mente è sublimato in questo disco che raccoglie insieme due quintetti della maturità.
    In entrambi il timbro è caratterizzato dalla seconda viola nel quintetto per archi Op. 111 e dal clarinetto, strumento che suona sullo stesso registro e che è abbastanza alternativo alla viola, nel bellissimo quintetto per archi e clarinetto Op. 115.
    Il Melos Quartett viene qui rinforzato da Gèrard Caussé che spesso si aggiunge come viola in queste partiture (ci sono registrazioni di tutte le etichette) e dal clarinettista Michel Portal che conduce l'Op. 115 senza mai esagerare.
    La registrazione dell'Harmonia Mundi rende grande giustizia al timbro rugoso di entrambe le formazioni e secondo me aumenta il valore di questa edizione (tra le tante disponibili).
    Sappiamo dell'amore per la viola di Brahms, lo stesso vale per il clarinetto per cui ha ripreso a comporre quando praticamente aveva deciso di smettere.

    6) Concerto per pianoforte e orchestra n.1 Op. 15 (1865) e n.2 Op. 83 (1881)
    I due concerti per pianoforte, molto differenti tra loro, secondo me molto più delle sinfonie, rappresentano l'estetica di Brahms per la formazione orchestrale.
    In entrambi la parte solistica è preponderante ma il primo è più sinfonico a cominciare dalla lunga introduzione, mentre il pianoforte assume un tono a volte più drammatico e sprezzante.
    Nel secondo invece l'intero mondo brahmsiano, fatto di equilibri sottili e di celata calma olimpica si gioca nei dialoghi tra il pianoforte e i corni o i violoncelli.
    Ci sono grandissime interpretazioni di questi concerti.
    Qui ne segnalo tre edizioni, quella bellissima e molto virile di Gilels con i Berliner diretti da Jochum.
    Gilels dava il massimo nei concerti dove ci volevano mani forti e dita d'acciaio.

    una vita passata insieme e una collaborazione intellettuale completa sono esaltati dall'ultima edizione (c'è n'è una precedente con i Wiener ma qui cerchiamo il duo) tra Abbado e Pollini.
    Non c'è alcun accenno di rabbia, di rassegnazione, di travaglio irrisolto in questa lettura che pone Brahms sul piedestallo degli Dei.

    Daniel Baremboin e Barbirolli, la coppia ideale (se c'è il pianoforte) della Swinging London .
    Questa edizione è un vero miracolo di equilibrio.
    Daniel suona con forza e lo Zio Giovanni lo sostiene ad ogni passaggio, incalzandolo quando lui vorrebbe rallentare.
    Prova Grandiosa di uno dei dischi più belli del secolo.

    7) Gli ultimi pezzi per pianoforte (1892-1893)
    Gli ultimi pezzi per pianoforte di Brahms non sono gli ultimi pezzi di un uomo deluso e rassegnato alla morte.
    Non sono nemmeno gli ultimi pezzi (le ultime composizioni di Brahms saranno successive e dedicate a musica laicamente sacra, con i corali per organo Op. 122) anche perchè si tratta di materiale raccolto nei decenni precedenti e pubblicato poi nell'ultimo periodo quando Brahms stava chiudendo le fila del suo lavoro.
    Non è musica per vecchi e non dovrebbe essere interpretata con logiche crepuscolari se non in parte.
    C'è tutto Brahms in queste raccolte di pezzi sostanzialmente slegati tra loro. Quello mite, quello rabbioso, quello deluso, quello dolce delle ninnananne.
    Non è la migliore interpretazione assoluta ma negli anni è quella di un giovane pianista che mi é rimasta più impressa, quella di una Helene Grimaud ancora non superstar e con l'abitudine a gettare il cuore oltre l'ostacolo anzichè interiorizzare tutto come fa nell'ultimo periodo con scelte di repertorio un pò troppo "mistiche" a mio parere.

    ci sono comunque tante altre edizioni e ne parleremo a parte.
    8 ) Quintetto per pianoforte e archi Op. 34 (1864)
    Il quintetto con pianoforte Op. 34 è una composizione a due facce e in questo modo può essere letta.
    Nel mio caso è uno sfogo di rabbia più che di passione, non è musica per vecchi e nemmeno per addormentati.
    Per questo non riesco a trovare alternative alla sensazionale e incalzante versione dell'indimenticabile Quartetto Italiano con Maurizio Pollini al suo apice.

    9) variazioni Paganini Op. 35 (1863), Handel, Schumann
    Per Brahms, sempre rivolto al passato alla ricerca delle radici musicali, alla tradizione musicale tardo-rinascimentale e barocca di Bach, di Handel e anche di Schutz e degli altri compositori tedeschi del '600, le variazioni rappresentano un modo di essere.
    Non sono variazioni formali alla Goldberg, per intenderci.
    E nemmeno alla Diabelli, insomma.
    Sono composizioni abbastanza libere, portate e legate dal basso ma con un indirizzo ben preciso che spesso solo nel finale trovano un epilogo (è il caso delle Handel e delle Haynd che si chiudono con una fuga).
    Io le trovo la quintessenza della musica di Brahms e non sono che la sintesi di un modo di comporre che si ritrova in molte delle opere di Brahms, sia sinfoniche che cameristiche ma anche in quelle corali.
    Per averle tutte non c'è che da rivolgersi al solito Katchen

    ma ci sono edizioni sciolte molto interessanti. Per Handel segnalo ad esempio questo bel disco di Perahia

    e questo fantastico e recente disco Alpha con Nelson Goerner che associa le Paganini ad una delle più belle Sonate Op. 5 della storia del disco.


    Segnalo l'integrale di Barry Douglas e segnatamente alle variazioni Schumann e in generale alla relazione tra Johannes e gli Schumann una edizione veramente toccante di una giovanissima pianista nel suo disco di esordio

    Il tocco delicato e struggente di Mishka Rushdie Momen nelle variazioni su un tema di Lui dedicate a Lei di Johannes Brahms offrono momenti del perduto lirismo di un vero tributo d'amore.
    10) Ein Deutsches Requiem Op. 45 (1854-1868)
    Finisco come ho cominciato con una proposta di rottura.
    Il Requiem di Brahms ci azzecca poco o per nulla con gli altri requiem della storia musicale moderna.
    Il laico Johannes da una lettura di grande Fede, senza rabbia, senza ire, senza acredine o rassegnazione.
    E' l'accettazione dell'essere che arriva ad essere concepita fin dalla giovane età ma realizzata negli anni a venire e pubblicata a 35 anni.
    Non è il finale voluto dall'impresario di Mozart.
    Non è una composizione commissionata.
    E' Brahms in tutte le sue sfaccettature.
    Non è un best-seller, sebbene sia stato registrato innumerevoli volte.
    E devo ammettere che in gioventù io non lo capivo per nulla.
    Non adesso che lo condivido in pieno nella sua essenza, specie quando te lo propone un saggio illuminato come Sir John Gardiner.

    ***
    Naturalmente ogni mia scelta qui può essere contestata perchè questo mio modo di vedere Brahms è tanto personale quanto può esserlo il vostro.
    Maturato in quaranta anni di passione e di lenta crescita di sensibilità e modo di sentire.
×
×
  • Crea Nuovo...