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Blog Entries pubblicato da M&M

  1. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    German Counterpoint
    Musiche per trio d'archi di Mozart/Bach, Schwarz-Schilling, Paul Buttner e Heinz Schubert
    Alidà Records 12 febbraio 2021, via Qobuz. ***   Naturalmente sarebbe già bastato il titolo ad attrarmi e poi le fughe di Bach che si dicono essere state trascritte per trio d'archi da Mozart, composizioni eccezionali sotto tutti gli aspetti.
    Ma poi guardando bene il programma abbiamo musica contrappuntistica che copre l'intera storia da Mozart agli anni nostri (il trio di Schwarz-Shilling è del 1983).

    L'iniziativa, non così originale ma tutt'altro che banale per una formazione improvvisata è venuta a tre musicisti catalani, fermati dal Covid per tutta la stagione.
    Si sono così riuniti nel cuore della Germania e si sono dedicati prima a trovare un suono proprio per poi dedicarsi alla preparazione di un concerto eseguito in forma privata ed alla successiva registrazione in studio.
    Ne è venuto questo disco che in 70 minuti esplora le potenzialità polifoniche di un trio d'archi con stili differenti secondo l'evoluzione armonica del gusto tedesco.
    Delle tre fughe di Bach iniziali si sa per certo che gli adagi introduttivi siano stati scritti da Mozart, più dubbia l'attribuzione delle fughe stesse, tratte dal Clavicembalo Temperato. Mozart però certamente le studio per conto di un committente e dalla conoscenza di Bach e Handel nacquero delle fughe originali.
    Le composizioni che seguono sono tutte del '900 tedesco, il trio di Buttner è del 1930, quello di Schubert è del 1934-1937. Possiamo considerare ancora contemporaneo il trio finale di Schwarz-Shilling. Sono tre composizioni molto diverse tra loro, sia nella forma che nello svolgimento.
    Piacevole il trio di Buttner, molto classico e canonico, direi anche gioioso.

    Al contrario delle altre due composizioni, più impegnate e impegnative che derivano formalmente dalla tradizione tedesche che trova radici in Bach e in Beethoven ma se ne distaccano per la tematica, sebbene tutte formalmente intrise di polifonia canonicamente armonica.
    Nel libretto si da riferimento ad Heinz Schubert caduto nel 1945 sul fronte russo a 37 anni, la cui composizione qui registrata per la prima volta è un monumento molto complesso ed impegnativo sia per gli esecutori che per gli ascoltatori.

    Il trio finale è più libero ed introverso, anche fragile se vogliamo e richiede più attenzione nella lettura, probabilmente pensato con riferimenti autobiografici.
    Insomma un disco di esordio cui non sappiamo se seguiranno altre prove da parte di questa formazione improvvisata per necessità ma che dimostra una maturità elevata sin dalla scelta di un programma colto, raffinato e sostanzialmente inedito di musica densa di riferimenti alla tradizione contrappuntistica che vi consiglio tra un Gorsvenor sognante e un paio di ennesime edizioni del Winterreise.
    Nulla da dire sulla registrazione, in linea con le aspettative di oggi.  


  2. M&M

    Scherzi a parte
    Qualche mattina apro Nikonland con curiosità e mi chiedo, ci saranno cose interessanti da leggere ?

    Poi trovo giusto qualche commento ad una foto oppure una serie di interventi concentrati sull'ultimo raro nuovo topic aperto qualche giorno fa.
    Mentre a fine serata, in generale, compaiono quesiti, a volte davvero dannatamente da principianti, a volte tali da far intendere un travaglio sottostante tale che Freud e Jung avrebbero pane per i loro denti.
    Ma qui siamo tutti fotografi attempati. Io che non sono né il più giovane né il più vecchio, fotografo da più di quaranta anni.
    Ed ho fatto esperienza. Esperienze diverse, con i tanti strumenti che in questi decenni ho adoperato.
    In fondo che sarà mai stato il passaggio al digitale ? La libertà di non dover più caricare il rullino e andare in negozio "per vedere le foto".
    E il passaggio alle mirrorless ? Ancora più libertà. Senza specchio e con il mirino che simula quello che sarà lo scatto, l'autofocus a tutto campo che mi ha ulteriormente liberato dall'avere sempre tutti i soggetti la in mezzo.
    Certo, nessuno nasce imparato. Ma sperimentando, fotografando, adoperando le proprie cose, le funzionalità messeci a disposizione da Nikon nelle nostre fotocamere, il bagaglio del fotografo, formatosi tanti anni fa, si sarebbe dovuto evolvere intanto.

    il lato oscuro del nikonlander compare a tarda sera. E' il momento in cui si fanno inconfessabili domande. Compro questo o compro quello ? Sviluppo con questo o con quello ?
    Eppure. Eppure è sempre un pò la solita solfa. E di fondo, nessuno che ha da condividere qualche cosa della sua esperienza e della sua fotografia.
    Già perché tutta quella roba che ci guarda dalle vetrinette dovremmo averla accumulata per fotografare, no ?
    E usandola dovremmo aver imparato cose che dovremmo anche essere in grado di trasferire all'esperienza altrui. No ?

    il fotografo medio presente su Nikonland, è maschio, sui 50, con un reddito medio/alto, interessato a fotografia specializzata, in possesso di più di una fotocamera, a volte di più di un sistema.
    Attento al soldo e all'acquisto conveniente. Meno alla condivisione della sua esperienza. Se pure ne abbia.
    Ma perché ?
    Siamo tutti eternamente principianti e dobbiamo chiedere consiglio perché siamo insicuri ? Perché non siamo professionisti ? Perché .... non lo so il perché.
    Lo sapete voi ?
    ***
    PS : questa non è una richiesta di fare alcunché. Ho risolto la mia posizione "contrattuale" con Nikonland delegando tutte le incombenze professionali al nuovo Admin, quindi di fondo "me ne sto fottendo" se fate o non fate qualche cosa con le vostre fotocamere.
    Se avete imparato ad usarle o seppure vi siete convinti che imparerete di più solo comprandone una migliore.
    Senza nel frattempo farci vedere che cosa state combinando con le cose che avete provato ad usare.

    ma seppure non sono bello, brizzolato e tenebroso come i personaggi generati dall'AI che illustrano questo blog (sono piuttosto goffo, pesante, bruttino, scorbutico ...) vi guardo - virtualmente - come sta facendo questo qua.
    Col dubbio che pure a me sia sfuggito qualche cosa. Qualche cosa su di voi ...

    Io ho accumulato milioni di scatti nella "mia carriera" fotografica. E sono permanentemente in condizione di apprendimento.
    Nel senso che ogni volta che fotografo, sperimento qualche cosa di diverso, ripasso quello che mi serve per quella volta, ed imparo qualcosina di più.
    Soprattutto faccio evolvere il mio fotografare per sfruttare a pieno i nuovi strumenti.
    Altrimenti, che li avrei comprati a fare ?

    E poi qual'è la prima cosa che faccio ? Vengo qui a parlarvene.

    Voi sembra che sappiate solo commentare quello che fa quel raro esemplare che si espone sulle nostre pagine, redattore o avventore avventizio.
    Attenti a non diventare, nel frattempo, così ...

    carichi di attrezzature e troppo maturi per trarne qualche cosa di buono ... per voi e per gli altri.
  3. M&M

    Scherzi a parte
    La grande Agatha Christie disse in una intervista che nei suoi romanzi e racconti non ci sarebbero state storie ambientate durante il conflitto mondiale. Sebbene molti dei suoi personaggi abbiano ricordi e riportino esperienze delle guerre cui lei assistette, pensava che invece non fosse proprio il caso di ricordare gli eventi, fissandoli nei suoi scritti.
    La penso allo stesso modo. Non ho nulla contro i cronisti e le cronache il loro lavoro è fondamentale per tramandare gli eventi ma non siamo tutti cronisti.
    Per me NON ESISTE fotografare qualcuno con la mascherina indossata o qualche situazione che chiaramente faccia riferimento alle questioni (spesso meschine) in cui ci troviamo in questi giorni a causa del virus che ci sta condizionando la vita da oltre un anno.
    Si può trovare qualsiasi altra cosa da fotografare anche in questi giorni.
    Ed è ciò che ho fatto io in questi ultimi 12 mesi. Fin dai primissimi giorni quando ancora per Milano in mascherina giravano solo i turisti cinesi.
    Certo mi sono mancate le gare automobilistiche e le uscite al lago o con qualche raro compagno di avventure per altre occasioni.
    Ma in fondo ho fatto le mie solite migliaia di fotografie, spesso non troppo ispirate a causa di condizionamenti esterni cui, volenti o nolenti, è difficile sottrarsi.
    Ma, vivaddio, spero che nessuno possa determinare dai miei scatti a gentili fanciulle transitate davanti ai miei obiettivi, che siano influenzate dal Sars-Cov-2.
    Almeno spero.
    Ma questo è il mio blog politicamente scorretto e voglio credere che non ci sia nessuna nuova quotidianità nei miei scatti. Semmai la consapevolezza raggiunta nel tempo e con l'età che comincia a mancarmi l'ispirazione in certe circostanze e molti processi sono diventati un pò più meccanici e meno programmati. Anzi, praticamente adesso scatto lasciandomi completamente alla spontaneità e mai ad un copione o programma già scritto.
    Insomma, i miei cortometraggi (scatto per lo più a raffica) fanno a meno del regista !
    Qui di seguito lascio un segno di ognuno dei miei scatti di questi ultimi 12 mesi a dimostrazione di quanto sto dicendo. Tutti, appunti, no-mask !
    Nikon D780, 70-200/2.8E FL e i miei due cuccioli che si pestano in corsa, come fanno ogni giorno, che piova o ci sia il sole !
    21 febbraio 2020

    NIkon D780 e Nikon 105/1.4E

    un umano della mia specie. Al naturale con la barba
    24 febbraio 2020, Nikon D5 e Nikkor 180-400/4TC, un incontro tra dei dell'Olimpo e un cucciolone ancora assonnato

     
    Nikon Z50 e Nikkor Z 85/1.8S per Milano il 24 febbraio 2020

     
    Milano 29 febbraio 2020, primo contatto con il Nikkor Z 70-200/2.8 S

    Le api e i tubi Meike su Nikon Z6, Marzo 2020

    Anna che posa per la mia Nikon D6, maggio 2020

    Il Viltrox 20mm f/1.8 al Lago

    e la Coolpix P1000 (che non mi ha entusiasmato troppo) sempre a Como in giugno

    La Z50 con il 7Artisans 35/1,2 al lago, in agosto

     
    La Z5 al lago in agosto

    il TTArtisan 35/1.4 in autunno

    mamma Potamo


    Fuffy che mette alla prova il rolling shutter della Z6 II
    Letteralmente decine di migliaia di scatti per focus stacking con Helicon Remote + Helicon Focus alle cose che più adoro :



    comprese le decine di modellini che ho ripreso a costruire da ottobre :

     
    e quindi le modelle che sono venute a trovarmi :
    Anna e Maria

    che hanno improvvisato una sfilata per via Watt
    la superba svizzera Serena

    Ania

    la timida Amanda

    Alessia

    l'algida Silvia

    Micaela

    Giulia in settembre

    ancora Giulia in dicembre

    e ancora Giulia sabato scorso

    Noemi in gennaio

    ancora Silvia, giusto ieri

    e la distratta Victoria che si informa sui mercati senza mettersi nulla addosso

     
    ***
    Spero di aver chiarito il punto. Che non vuole essere polemico né critico. Liberissimi chi di crogiolarsi nella propria frustrazione di non poter visitare la penisola indocinesi, i fiordi scandinavi o le giungle pluviali del continente sudamericano alla ricerca di soggetti da fotografare chi di indulgere nell'autoflagellazione di riprendere la gente in fila per entrare al supermercato o per farsi farsi "stuprare" le narici fino al cervello alla ricerca della presenza del virus.
    Io no, finchè posso no. Altrimenti non fotografo.
  4. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    UN INVITO DAGLI SCHUMANN
    Trio Dichter, Théotime Langlois de Swarte, Hanna Salzenstein, Fiona Mato
    harmonia mundi, 25 agosto 2023, formato 96/24, via Qobuz
    19 tracce, 1h : 19m : 10s
    ***

    Il titolo, evocativo, noi lo tradurremmo più appropriatamente "Dagli Schumann", vuole in qualche modo rievocare un invito musicale nel salotto di Casa Schumann, con Clara e Robert perfetti padroni di casa, in una delle loro tante residenze temporanee di Lipsia, Dresda o Dusseldorf.
    I due coniugi solevano "aprire la porta del loro soggiorno" agli amici, dove condividere i loro pensieri sulla musica che li avevano commossi ed ispirati, mentre i loro figli giocavano attorno a loro, riempiendo la stanza di risate gioiose.
    Non solo musica "loro" ma anche del passato e di altri autori del loro tempo, naturalmente. Secondo le inclinazioni e l'estro della stagione.

    “Regnerà un’oscurità da sogno nella stanza con i fiori alla finestra, o quella azzurra con il pianoforte a coda
    e incisioni su rame – e desidereremo soltanto amarci e restare fedeli l'uno all'altro [...] Tu mi guiderai così
    dolcemente quando ne avrò bisogno – mi dirai dove ho fatto un passo falso e anche dove ho realizzato qualcosa di bello – e lo voglio
    lo stesso per te – dovresti amare Bach in me, io dovrei amare Bellini in te – suoneremo spesso il pianoforte a quattro mani.’

    Per mantenere l'atmosfera fedele anche sul piano sonoro, l'intero programma sfrutta il suono di un pianoforte Bösendorfer della seconda metà del XIX secolo; un pezzo unico per
    ricchezza timbrica che ha ispirato e guidato gli interpreti. Come il timbro degli strumenti di fabbricazione italiana per gli archi: il violino è di Nicolò Gagliano e il violoncello è di Pietro Guarneri di Venezia.
    Ovviamente corde di budello, che producono una sonorità rotonda e calda, in perfetto complemento al suono del pianoforte storico.

    “Un nuovo capitolo della vita si è concluso con successo, anche se non senza preoccupazioni, per cui dobbiamo farlo con tutto il cuore : grazie al Cielo. Il primo settembre ci ha regalato una bambina grazie alla mia Clara. Le ore che lo precedettero furono
    dolorose; Non dimenticherò mai la notte del primo settembre, un mercoledì. C'erano tante cose in pericolo; ad un certo punto mi sopraffaceva così tanto che non sapevo come trattenermi. Ma poi ho riposto la mia fiducia nella forte costituzione di Clara,
    il suo amore per me – come potrei descriverlo tutto. Dieci minuti prima delle undici del mattino la piccola era là, in mezzo a lampi e tuoni, perché c'era un temporale nel cielo. Ma ai primi suoni – la vita era di nuovo luminoso e amorevole davanti a noi: eravamo benedetti dalla felicità. Quanto sono orgoglioso di avere una moglie che, 
    oltre al suo amore e alla sua arte, mi ha fatto anche un regalo del genere. Adesso le ore volano tra gioia mista a preoccupazione."

    Il disco ruota attorno ad una serie di opere di Robert Schumann : i movimenti di apertura e chiusura da Kinderszenen (Scene d'infanzia, 1838 – ‘Von fremden Ländern und Menschen’ (“Di terre e popoli stranieri”) e “Der Dichter spricht” (“Il poeta parla”) in un arrangiamento per pianoforte, violoncello e violino – insieme al suo Trio n.2,
    Op.80, un'opera importante a cui Clara era particolarmente affezionata. Sebbene la realizzazione di quest'opera abbia seguito da vicino quella del trio precedente, quest'opera è più esuberante e ottimista e, secondo le parole dello stesso compositore, "rende un'atmosfera più gradevole" e impressione immediata.’ Il primo movimento è pieno di speranza, alternato ad episodi vivaci e pieni di luce del sole e quelli più sognanti e teneri. Il secondo movimento presenta una melodia dal respiro lungo e marcato dall'interiorità. Segue un terzo movimento, una sorta di lenta barcarola costruita sull'imitazione canonica tra violino e violoncello, poi tra pianoforte e violino: nel quarto ed ultimo movimento ritroviamo gli accenti agogici del primo, con un episodio centrale evidenziato da una scrittura contrappuntistica e una coda fiammeggiante piena di energia in costante aumento.

    Naturalmente non potevano mancare due dei lieder più romantici di Robert, cantati in modo molto convincente dal baritono Samuel Hasselhorn. ‘Widmung’ (da Myrthen, 1840), che Robert Schumann regalò a Clara il giorno delle nozze, conferisce all'espressione dell'amore un aspetto quasi dimensione trionfante, mentre "Meine Rose" (dalla Sechs Gedichte von N. Lenau und Requiem, Op.90) costituisce la sua dimensione più controparte intima e tenera.
      
    L'altra protagonista principale di questo salone è ovviamente Clara, un'interprete prodigiosa, una pianista universalmente ammirata e compositrice di talento che fu costretta a mettere in pausa la sua carriera per dedicarsi al suo ruolo di moglie e madre.

    Ci sono alcuni brani eseguiti troppo raramente che ci ha lasciato Clara (solo una quarantina circa di numeri d'opera in tutto). In questo caso è l'Andante molto ad aprire i Drei Romanzen (1853), notevole per la sua incredibile invenzione e libertà – molto “viennese” ante litteram – e il sublime Notturno per pianoforte solo, preso dalle molto precedenti Soirées Musicales (1836), scritte quando Robert le aveva appena fatto la sua dichiarazione d'amore. 

    “Continuiamo il nostro studio delle fughe [di Bach]. … Robert sottolinea i passaggi in cui il tema ricorre continuamente. Lo studio delle fughe è molto interessante e mi dà molto piacere. Robert mi ha rimproverato aspramente; Lo ero stato
    raddoppiando un passaggio in ottave, e così aveva aggiunto una quinta voce, incompatibile con la scrittura in quattro parti. Quanto aveva ragione per sgridarmi! Ma quanto mi è dispiaciuto non averlo indovinato io stesso!"

    Leggendo il programma, ci potremmo interrogare su alcuni pezzi. Perché un preludio di Bach e un pezzo di Scarlatti si intromettono in questo programma ottocentesco? La scelta di quei pezzi testimonia la nostra voglia di raccontare la storia di una coppia di pianisti e soprattutto delle loro attività quotidiane. Robert e Clara avrebbero ripercorso i preludi di Bach e fughe insieme, per così dire "a quattro mani", ed è evidente dallo studio delle loro opere che la musica di Bach influenzò il loro stile e divenne un modello, proprio come la musica di Mendelssohn. Qui abbiamo il Kleine Präludium in Mi minore, BWV 938 (1720 circa), il cui carattere diretto e istruttivo lo rende un perfetto esempio di ciò che Clara potrebbe aver dato ai suoi studenti da imparare. Quanto a Scarlatti, dall’esame dei programmi di recital di Clara si deduce che suonava spesso la sua musica, specialmente alcune delle sue sonate più virtuosistiche. Robert, invece, ha mostrato poca predilezione per quella che considerava pura pirotecnica: musica troppo "decorativa", in breve

    Accanto ai modelli della coppia va menzionato anche il loro più caro amico, Felix Mendelssohn. Clara si era esibita più volte sotto la sua direzione al Gewandhaus di Lipsia prima di sposare Robert, di cui Felix era il padrino una delle loro figlie. Fu solo la sua prematura scomparsa (avvenuta nel 1847, a soli 38 anni) a porre fine a questo rapporto quasi fraterno relazione. Qui troviamo un'opera per pianoforte a quattro mani, Andante et Allegro assai vivace (1841), di cui Clara è dedicataria.

    I salotti di casa Schumann furono anche l’occasione per scoprire giovani talenti promettenti. Robert l'aveva già fatto mostrò il suo interesse e la sua ammirazione per l'originalità salutando l'arrivo di Chopin all'inizio del 1831 con le parole "Via i cappelli , signori, un genio!" Così fu anche per Niels Gade, che nel 1840 aveva appena composto la sua prima sinfonia e lo inviò a Mendelssohn, allora direttore stabile del Gewandhaus di Lipsia. Quest'ultimo, pieno di entusiasmo, lo inserì subito nel programma del concerto e convocò personalmente il giovane danese, nominandolo poi suo assistente. Lì Gade conobbe Robert e tra i tre artisti nacque una bellissima amicizia, Schumann lo riteneva un compositore eccezionale. La presenza di Gade presso gli Schumann è qui illustrata da uno dei suoi Akvareller (Acquerelli): un'elegia trascritta per violino e pianoforte e contrassegnata da un lirismo teneramente ardente, evocativo di Frédéric Chopin.
    Solo leggermente più giovane, Theodor Kirchner arrivò a Lipsia nel 1838, dove divenne anche un protetto di Mendelssohn e Schumann. Entrò nel Conservatorio appena fondato da Mendelssohn e, nello stesso anno, nel suo raccomandazione, ottenne il posto di organista presso la chiesa di Winterthur. Compositore prolifico, Kirchner ha lasciato un
    un'opera immensa (per parlare solo del pianoforte, i numeri d'opera sono quasi mille!). Il “Lied ohne Worte” dal suo Bunte Blätter (1888) per trio con pianoforte è una sorta di “doppio” omaggio: ricorda il Lieder ohne di Mendelssohn Worte (1835-1845) e Bunte Blätter di Schumann (1836-1849), entrambi per pianoforte solo. 

    Infine, la figura di Johannes Brahms, ovviamente compare in più punti del nostro programma. Brahms è il più assiduo degli “ospiti” a casa degli Schumann: lo é dal 1853 – tre anni prima della morte di Robert. Qui è rappresentato, nei temi dell'infanzia nel suo amatissimo Wiegenlied (Lullaby, 1868) ma anche della musica tradizionale che deve essere stata molto presente nella vita di tutti i giorni, alla quale gli Schumann come Brahms hanno attinto folklore per molte delle loro composizioni. La 'Schwesterlein' è tratta dai 49 Deutsche Volkslieder di Brahms (49 canzoni popolari tedesche, pubblicata nel 1894, ma iniziata nel 1854), così come i due brani tratti da Fünf Stücke im Volkston di Robert Schumann  per violoncello e pianoforte (1849), testimoniano questa influenza popolare.

    «La musica adesso si è fermata, almeno esteriormente. […] Ora devo concludere. Si è già fatto buio.’
     
    Il retro del disco con il ricco programma, rappresentato da scelte ipotizzate dagli interpreti.

    Il disco è caratterizzato da un suono caldo ma una registrazione abbastanza bassa, del resto gli strumenti scelti e la configurazione non si prestano a volumi da sala da concerto perché si voleva preservare l'atmosfera da salotto e i toni scuri, tardo autunnali ma caldi, dettati dai colori del salotto.
    La registrazione è comunque bellissima e il sentimento che prevale è, ma non ci sarebbe bisogno di dirlo, l'amore. Con cui sono state scritte le musiche e con cui venivano e vengono eseguite ancora oggi.
  5. M&M

    Scherzi a parte
    Sinceramente non so se oggi i nonni raccontano ancora le storie ai loro nipotini.
    O se lo fanno i loro padri e mamme, impegnati come sono con i loro smartphone, le loro call e gli orari di lavoro.
    Io da bambino, con mio fratello, ho avuto la fortuna di avere un nonno con una grande fantasia.
    E un papà che amava le fiabe quanto me.
    E il supporto - limitato, perché i soldi erano pochi - di Arnoldo Mondadori Editore, casa cui sono rimasto legato per quei libri illustrati pieni di animali coraggiosi ed eroi senza tempo. E subito dopo Topolino con il quale ho imparato a leggere.
    Sono cresciuto così e devo molto a tutta quella fantasia e a quel tempo passato ad ascoltare storie. E più avanti a fantasticare le mie. Che continuo ad inventare appena chiudo gli occhi.
    ***
    Finito l'amarcord, qui siamo su Nikonland e parliamo di fotografia o di argomenti attigui.
    Qualche giorno fa l'Admin ha pubblicato un articolo sulla Versione 24.6 di Photoshop che include il riempimento generativo ereditato da Adobe Firefly, la piattaforma di generazione automatica di immagini con motore di Intelligenza Artificiale.
     
    ne ho sperimentato le potenzialità e mi è venuto in mente che avrei potuto saggiarne a fondo le potenzialità solamente usandolo per illustrare una fiaba tutta mia.
    Non c'è alcuna fotografia, i fotografi presenti non se la prendano e non invochino il garante delle arti e dei mestieri. E non si preoccupino nemmeno gli illustratori.
    Un mio caro amico che fa l'illustratore di professione, fattura intorno ai 700-800 euro per ogni tavola fatta a mano.
    Ho visto che un suo collega australiano sta vendendo gli artbox fatti ad olio per una nota casa di modellismo a 7-8000 dollari l'una.
    La mia fiaba di tavole ne ha tante. E nasce per essere gratuita, un dono del cuore fatto da me ... ai papà e ai nonni che non sanno raccontare le storie.
    Più che ai bambini di oggi che non conosco e che non avrò mai l'occasione di conoscere.
    Quindi, lo giuro, nessuno perderà il lavoro a causa del mio test. Avrei potuto illustrarla da me ?
    Si, probabilmente si. Ma mi ci sarebbero voluto probabilmente 2 o 3 anni.
    Mentre qui ho impiegato 4 giorni a fare tutto ... !
    ***
    Due parole tecniche prima di presentare le tavole della storia che uscirà come uno dei numeri di Nikonland Magazine, e quindi stampabile on-demand liberamente e senza copyright.

    Ho pensato al soggetto.
    Poi ho generato con il prompt di Adobe Firefly tante, tantissime illustrazioni mano a mano che pensavo ai dettagli della storia.
    Quindi ho scelto quelli più adatti che ho modificato, ingrandito, riquadrato, corretto, montato usando la versione beta di Photoshop.

    Adobe Firefly ha una tecnologia interessante e con un grande potenziale ma è anche estremamente acerbo.
    Diciamo almeno 18 mesi dietro ai concorrenti. Che pure hanno ancora del potenziale da recuperare.
    Soprattutto nelle scene dinamiche, negli arti, nelle mani e nei volti, occhi. Etc.
    Tutti quei dettagli che invece fanno premio sulla qualità delle illustrazioni.
    Ma nel complesso io sono soddisfatto e curioso di vedere cosa potrò fare nel 2025. Con un computer più potente, server più potenti, tecnologia più sviluppata e ... speriamo, magari finalmente con la fibra in casa (manca quel metro dal pozzetto davanti al cancello fino dentro a casa mia. Ma sembra che sia la distanza più complicata da colmare ...).
    ***
    George e l'avventura nel bosco.
                 Soggetto, testo e illustrazioni del sottoscritto. Senza alcuna finalità commerciale (come consentito dal contratto di Adobe Firefly).
















     
    ***
    Spero vi possa essere utile o di spunto. Se non altro, per curiosità.
    (PS : io sono un bambino cresciuto per questioni anagrafiche. Nella realtà sono rimasto idealmente in età prescolare. No, non sono malato, é che sono felice solo quando posso giocare liberamente)
  6. M&M
    Unico Wilhelm van Wassenaer chi era costui ?
     il conte Unico Wilhelm van Wassenaer quando era ambasciatore olandese a Londra
    Era un nobile olandese, conte e diplomatico delle Sette Provincie come il padre in varie corti europee.
    Nato nel 1692 e morto nel 1766. Soggiornò a lungo in Italia, in particolare a Roma e a Napoli, ma anche a Firenze e a Venezia, oltre che a Praga e naturalmente a Vienna.
    Tutte città intrise di cultura musicale, per lo più italiana.
    Ma perchè ne parliamo su queste pagine ?
    Perché c'è una raccolta di concerti alla "romana", composti per strumenti vari, in forma quadripartita anziché tripartita come all'uso veneziano, lungamente attribuita a Gian Battista Pergolesi che in realtà non ne è l'autore.
    L'attribuzione è stata data per la forma musicale e per lo stile, similare a quello delle opere del genio italiano prematuramente scomparso e la cui fortuna dopo morto è stata sfruttata anche a questa maniera.
    Alcune melodie di questi concerti sono state riprese anche da Stravinsky nel suo Pulcinella tra il 1919 e il 1920, che riporta proprio nel frontespizio «Ballet avec chant» Pulchinella (Musique d'après Pergolesi), insieme ad altre di contemporanei, anche esse erroneamente attribuite.
    La fama di Pergolesi è stata tanto grande che l'attribuzione di musica altrui ne ha decretato il successo malgrado la qualità effettiva dello spartito (è il caso per esempio di tante pagine del veneziano Domenico Gallo, che Stravinsky pescò a piene mani nel suo Pulcinella, scrivendoci poi sopra Pergolesi per "tranquillità" di pensiero).
    I concerti, sei, furono pubblicati nel 1740 da tale Carlo Ricciotti, violinista di Frosinone, nato nel 1675 e morto all'Aia (come Wassenaer di cui fu maestro di musica) nel 1756.
    Hanno, come dicevo, forma quadripartita, in generale largo-allegro-andante-allegro

    sinceramente non sono composizioni memorabili, a tratti ricordano Locatelli (e tempo per tempo anche a Locatelli sono stati attribuite).
    Nella realtà mancano dell'effervescenza tutta partenopea dello jesino ma di scuola napoletana Pergolesi, capace nella sua breve vita di scrivere capolavori inarrivabili tanto da acquisire una fama immortale dopo morte.
    Sono in fondo, composizioni scolastiche. Di allievo dotato ma niente di più.
    Nella realtà lo stesso autore li considerava di poco conto come era nello stile dei nobili del '600-'700 che non pubblicavano mai le loro opere, salvo in rari casi sotto pseudonimo.
    Come sia, la diatriba è cessata - ma non la fama e l'alone di mistero basta vedere quanto incisioni sono disponibili - nel 1979 quando nel castello natale di van Wassenaer è stato ritrovato un manoscritto che reca nel frontespizio autografo a mano dell'autore "Partition de mes concerts gravez par le Sr. Ricciotti " (Partiture dei miei concerti trascritte dal Sig. Ricciotti).
    Se vi capita, per curiosità, ascoltateli. Io ne ho scritto perché volevo lasciare un segno.


  7. M&M

    Recensioni : orchestrale
    dopo che ho pubblicato la mia recensione entusiastica sulla ristampa dei concerti di Rachmaninov di Byron Janis, ho ricevuto una lettera piccata della Van Cliburn Society che mi smentisce, intimandomi di fare ammenda.
    Con il capo chino, mi scuso e faccio quanto richiesto. 

    Chaikovsky, primo concerto per pianoforte, 1958
    Kirill Kondrashin dirige la RCA Symphony
    Rachmaninov, secondo concerto per pianoforte, 1962
    Fritz Reiner alla testa della sua Chicago Symphony
    Van Cliburn, pianoforte
    versione CD a 44/16 via Qobuz
    del disco esiste la riedizione rimasterizzata su SACD


    disponibile sia in DSD nativo che in alta risoluzione.
    ***
    Van Cliburn è la quintessenza del pianista americano, quello che mandava in visibilio le folle come fosse una rockstar.
    Vincitore del premio Chaikovsky a Mosca nel 1958, primo occidentale, capace da solo di sgelare i rapporti "musicali" est-ovest.
    A lui è intitolato un concorso internazionale pianistico.
    Ci sono le registrazione dei suoi concerti con i più grandi direttori della sua epoca.
    In effetti ... anche io quando penso a "Quando la moglie è in vacanza" (film del 1955, celeberrimo), immagino che sia Van Cliburn (aveva 21 anni) a suonare il concerto di Rachmaninov su cui Marilyn Monroe cade in visibilio tra le braccia dell'improvvisato vicino/playboy.
    Quindi, prima di Biron Janis, pianista di elevata sensibilità ma certo minore presenza e carisma.
    Questo disco, sensazionale, racchiude due concerti che erano tra i suoi cavalli di battaglia.
    Ascoltarli è un pò come prendere la macchina del tempo e tornare indietro a quando ancora non si erano visti i viaggi spaziali di Star Trek per entrare nella leggenda.
    Complice la qualità del suono assolutamente cristallina del riversamento in SACD, Van Cliburn è qui che incide alla Horowitz con le sue ottave generose ma al tempo stesso olimpiche, concedendosi tutto il tempo necessario a catturare l'uditorio.
    Si capisce che all'epoca sia stato il primo best-seller di musica classica a superare il milione di copie vendute.
    La registrazione con Kondrashin è di una chiarezza impareggiabile, il russo lo segue come se non avesse fatto altro nella vita e lui entra nelle pieghe del concerto come un grande neurochirurgo .
    Non c'è spazio per inutili sentimentalismi ma l'operazione non viene svolta con sommaria irruenza, tutt'altro.
    E' ancora più sottile la lettura del concerto di Rachmanivo, complice il grandissimo Fritz Reiner che lo asseconda avvolgendolo con il suo - memorabile - di quella Chicago Symphony.
    Non ci sono forzature né sbavature, l'atmosfera è quella che deve essere, nulla di più, nulla di meno.
    Chiaro e distinto, pulito e potente.
    Straordinario, nella sua espressività ma soprattutto, suonato, non sparato in faccia all'ascoltatore.
    Inarrivabile per chiunque.
  8. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Claude Debussy : Préludes, Book 2, Children's Corner, L'isle joyeuse
    Vanessa Benelli Mosell, pianoforte
    Decca, 12 novembre 2021, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Splendidamente registrato, una volta tanto senza mettere i microfoni in bocca al pianoforte ma alla distanza giusta per catturare anche l'ambienza, é un disco atteso, pur in un panorama discografico in cui queste composizioni si sprecano.
    Lei suona magnificamente, come se non suonasse altro nella vita.
    Diciamo anche - qui sarò eretico - che i Préludes del secondo Libro di Debussy non sono proprio i più popolari e i più graditi.
    Infatti, ammetto che trovo Children's Corner il pezzo forte del disco.
    Ogni quadro è reso con gusto e con la giusta atmosfera. Giocosa, spiritosa, sognante, frase dopo frase.
    Una bellezza.
    Il basso è perfettamente separato, la dizione chiara, senza incertezze.
    Il ragtime di Golliwog's Cakewalk particolarmente avvincente, con modulazioni e cambi di tempo continui. E giusti.
    L'isle joyeuse é forse tra i pezzi più convenzionali di Debussy ma funziona, a prescindere dalle radici che sembrano ispirate ad un quadro di Watteau che raffigura l'isola di Jersey nella Manica.
    Nella lettura della Benelli Mosell é luminoso e denso ma anche forte. Resta l'approccio piuttosto robusto dell'articolazione di questa pianista.
    A me è piaciuto molto.
    Andiamo ai Préludes, finalmente.
    Qui ci sono importanti confronti possibili, mi viene in mente - ovvio - Arturo Benedetti Michelangeli.
    Là c'è una dinamica interna in ogni preludio, con le voci che si susseguono, si inseguono, creando arabeschi sonori che aggiungono coerenza a queste pagine.
    Qui invece continua ad esserci forza. E' una visione edonistica, più appassionata, dove non c'è spazio per i sussurri e le parole non detto o lasciate intuire.
    Non sono sicuro che Debussy intendesse questa musica a questo modo, lui aveva una mistica tutta sua, essenziale nella sua testa ma non sempre così chiarissima per gli altri.
    Ma come in altre occasioni per questa pianista c'è grande personalità e una disarmante mancanza di timore riverenziale nell'accostarsi a questi monumenti.
    Anche quando il modo di porgerli potrebbe sembrare irriverente.
    Insomma, mi è piaciuto molto questo disco e riconosco una firma personale, tutt'altro che di routine, forse più che in altre registrazioni della stessa pianista.
    Ricordo per esempio che l'altro disco dedicato a Debussy del 2017 non mi era piaciuto. L'avevo trovato un pò troppo "sbrigativo" come dire, ecco, sono brava, non ho nemmeno bisogno di dimostrarlo.
    E' vero ma oltre c'è di più. Tutta la differenza che c'è tra un normale concertista e un grande interprete.
  9. M&M
    Metto le mani avanti, non vorrei che sparaste su di me, anzichè sul tradizionale pianista, non sono qui per farvi perdere tempo ma questo "Confronto" non è esattamente sulle due interpretazioni del celeberrimo e hollywoodiano secondo concerto di Rachmaninov ma su due prodotti confezionati per il mercato discografico del 2017.
    Leggevo ieri un editoriale di un quotidiano nazionale in cui si esamina lo stato dell'andamento degli incassi al botteghino del cinema americano.
    Il prodotto perdente è quello che invece è stato tradizionalmente quello vincente, il maschio bianco indipendente e sicuro di se.
    Mentre è vincente il prodotto al femminile con Wonder Woman- Gal Gadot e l'ultima Jedi - Daisy Ridley a farla da padrone.
    Due belle, giovani, forti e vincenti, non americane, donne.
    E così pare che continuerà per il 2018, con una larga messe di vittorie ai Golden Globe e agli Oscar.
    E pensavo quanto non sia dissimile il panorama discografico dove l'elemento visuale si scontra con una fruzione che per lo più é audio.
    Ma sanno bene Universal (marchio cinematogravico che possiede tra gli altri Decca) e Sony (attigua a Sony Picture e Columbia) come si debba fare per raggiungere determinati target di vendite.
    Non che si debba tirare sul pianista bianco e maschio (però non mi vengono in mente in questo momento pianisti neri noti al grande pubblico in campo classico) perchè lo fa già da se. Il panorama è ancora dominato da attempati vecchioni, che si ostinano ad occupare spazio discografico che potrebbe essere liberato per chi abbia qualche cosa di nuovo da dire (non fatemi dire i nomi, li avete li sulla punta della lingua) mentre i giovanotti si rivelano spesso fuochi di paglia e false promesse.
    Non sono di primissimo pelo le due protagoniste di questa sfida ma se possiamo considerare a tutto titolo una superstar, la mitica Kathia Buniatishvili, è praticamente una recluta la "nostra" Vanessa Benelli Mosell.
    Che il prodotto discografico sia improntato sulle due giovani più che sul programma, lo dimostrano anche le seconde copertine (vi risparmio le foto interne, alcune veramente oltre misura) dove Kathia per una volta lascia gli sgargianti abiti con cui fascia le sue prosperose forme, generosamente concesse al pubblico nei suoi concerti, per vestirsi di mistero con un trench nero, in una atmosfera ferroviaria, che richiama alla mente fughe notturne lontane dai bolscevichi.

    più semplici quelle che evidenziano i tratti di Vanessa, in bianco e nero sul lato B in contrasto con il colore glamorous della copertina

    aggiungiamo un programma differente ma incentrato sul compositore dei pianisti, Rachmaninov, con due dei suoi concerti più proposti nella storia.
    Voi lo sapete, non è necessario che ve lo ricordi, ci sono due tipi di concerto per pianoforte. Quelli scritti da un pianista per mettere in evidenze le sue doti di pianista (è il caso di gran parte di quelli di Mozart, ad esempio, dei primi tre di Beethoven, di quelli di Chopin e di Liszt e, appunto di quelli di Rachmaninov) e quelli scritti da un compositore che sa sfrutturare il contrasto tra pianoforte e orchestra per andare oltre il lato puramente sinfonico, estetico o quello semplicemente solistico (è il caso dei due concerti di Brahms, di quello di Schumann, di quelli di Shostakovich e di Prokofiev, tra gli altri).
    Quindi non c'è niente di meglio per confezionare il prodotto da vendere delle due majors che inserire dentro a copertine stuzzicanti un programma semplicente pianistico come è questo caso che possa raggiungere anche i palati meno raffinati.
    Mi fermo qui in questo lungo preambolo, mi scuserete, concluderò il mio pensiero dopo la recensione delle due prove.

    Rachmaninov
    Concerto per Pianoforte e Orchestra No. 2 in Do minore, Op. 18
    Variazioni "Corelli"
    Vanessa Benelli Mosell accompagnata dalla London Philarmonic Orchestra diretta da Kirilli Karabits.
    Decca 2017
    Vanessa Benelli Mosell è una pianista italiana che si è perfezionata all'estero.
    Le sue performance con le musiche di Stockhausen hanno suscitato l'interesse dell'autore stesso che l'ha chiamata a se per perfezionarne l'interpretazione prima di morire.
    Ha già diversi dischi all'attivo, uno dei quali dedicato ad uno strano incrocio tra Stockhaseun e Skriabin e uno recentissimo dedicato a Debussy, sempre di Decca.
    Ho ascoltato il primo e devo dire che la tecnica - precoce, possiamo considerarla certamente una enfant-prodige che suona in pubblico dall'infanzia e che a 30 anni sul piano tecnico non ha più nulla da imparare - é sopraffina. Ma mentre non posso dire nulla sui lavori di Stockhausen che per me potrebbero essere il sottoprodotto della messa a punto di un programma di calcolo basato su predizioni casuali, il suo Skriabin manca completamente di coinvolgimento e di profondità.
    Il disco di cui ci occupiamo, sostanzialmente ben suonato (ma pessimante registrato, neanche fosse autoprodotto in economia o subappaltato per risparmiare e non il progetto di un marchio storico come Decca) conferma il mio primo pensiero.
    E' una pianista che certamente si farà se avrà modo e tempo di dedicarsi a quello che le piace di più e se l'inserimento nello star-system cui pare la vogliano ficcare a forza, non le farà mancare gli stimoli necessari.
    A differenza della Buniatishvili non è qui per stupirci con tempi e ottave sensazionali, ha il giusto approccio a partiture che fino a pochi anni fa erano alla portata di pochissime donne e di pochi uomini ben sviluppati sul piano fisico. Sembra preparare i passaggi con la giusta enfasi ma poi manca nel dunque.
    Lo stesso nelle Variazioni "Corelli", lavoro che potrebbe mettere in luce qualità differenti in un pianista ma che Vanessa sembra esegua più che altro per impegni contrattuali.
    La vedremo, spero, prossimamente, con un repertorio tedesco magari a lei (e a me) più congeniale.
     

    Rachmaninov
    Concerto per Pianoforte e Orchestra No. 2 in Do minore, Op. 18
    Concerto per Pianoforte e Orchestra No. 3 in Re minore, Op. 30
    Khatia Buniatishvili accompagnata dalla Orchestra Filarmonica Ceca, diretta da Paavo Järvi.
    Sony Classical 2017
    La pianista georgiana ritorna alla registrazione con l'orchestra dopo quattro anni di emissioni puramente solistiche.
    L'ultimo che mi ricordo - terribile - Motherland, non mi ha lasciato un ricordo indelebilmente positivo.
    Ma naturalmente non è stata assente dalle scene, facendosi accompagnare da grandi direttori d'orchestra sui palchi di tutto il mondo.
    In questa prova c'è l'eccellente Paavo Jarvi con la grande orchestra Filarmonica Ceca nel compito di tenere a freno la forza della nostra protagonista.
    Sui mezzi di Kathia non c'è molto da dire, la tecnica è eccezionale tanto da poter mettere ottave degne di Horowitz in cavalli di battaglia come questi.
    Purtroppo - e questa è una conferma alla regola - la sua forza e "prepotenza" è sempre tale da considerare ogni sua esibizione - dal vivo, video, come in disco - come se fosse una battaglia, una corsa in cui conta solo arrivare in fondo senza fare errori.
    I tempi quindi vanno al servizio della capacità di non steccare mai ma senza andare a fondo di una trama che, purtroppo, in questi due concerti è anche difficile da trovare, sebbene si possano trovare grandi interpretazioni altrove.
    Riesce a salvare dal disastro il consumato valore di Jarvi che in alcune circostanze impedisce alla pianista di sollecitare l'orchestra ad un parossismo che avrebbe conseguenze difficili da recuperare.
    Ne viene fuori comunque una performance di carattere, che risulterà godibile per chi non conosce molto a fondo questa musica o per chi ama questa pianista.
    Sentire come disbriga i passaggi più impegnativi la Buniatishvili è sempre uno spasso.
    E ovviamente lei sceglie le cadenze più difficili e mentre chiude un passaggio si volta soddisfatta dalla parte dell'orchestra e del direttore (cfr. video con Zubin Metha al festival della Georgia dove si è esibita di recente).
    Il confronto che mi viene spontaneo - e restiamo quindi nel tema di queste tigri della tastiera - è con la coetanea cino-americana Yuja Wang, che esibisce la stessa forza e la stessa veemenza - pur con leve decisamente meno potenti - ma che alla prova del nove, dove conta il calore e l'espressione, riesce a trovare cose che probabilmente la georgiana non sa nemmeno che esistono.
    Sarebbe stata una splendida decatleta, è un peccato che in fondo tutta questa forza sia difficile da incanalare per avere risultati duraturi nel mondo della musica.
    Parafrasando il Professor Rattalino - ai tempi lo scrisse della ben più elevata Martha Argerich che mi pare di ricordare abbia in simpatia la Buniatishvili - speriamo che in futuro perda un pò di questa energia e riesca a trovare spazio nella propria agenda di impegni in giro per i palcoscenici per farci sentire della vera musica. Finora io l'ho trovata interessante solo - guarda caso - in una esibizione a quattro mani con la più raffinata Wang 
    In estrema sintesi, un disco per i veri fan di questa pianista che credo vinca alla grande e con distacco il confronto con l'italiana cui questo repertorio credo non dica molto sul piano personale.
    ***
    Che dire per concludere ? Nella sfida - ti piace vincere facile ? - ha la meglio, e facilmente, la Buniatishvili. Ma la sua è secondo me, una vittoria di Pirro.
    La Benelli Mosell avrebbe ben altro da serbarci, nel suo repertorio, se trovasse la grinta e la forza che un'altra pianista nostrana - Beatriche Rana - sta mostrando, con prove più personali e con un carattere che la differenza di età apparentemente dovrebbe far prevalere al contrario.
    Chi perde è il panorama discografico, con prodotti sostanzialmente superflui come questi, come si troverà spazio per altro, di meglio ?
    Per fortuna l'esperimento similare, portato a termine con l'ultima generazione di belle e vivaci violinista, ha la fortuna di poter contare su una qualità di offerta superiore, perchè ci sono molte violiniste di carattere e con una sensibilità raffinata (cito a caso Jansen, Faust, Kopatchisnkaya, Fischer, Ibragimova, Frang per non dimenticare Lisa Batiashvili che pur georgiana, non è nemmeno cugina di Kathia) che già senza timore di sembrare blasfemi, producono prove all'altezza delle migliori interpretazioni del passato. E tutto questo A DISPETTO di patinate copertine.
    Il pianoforte evidentemente richiede più tempo. Speriamo.
  10. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Variations : Mozart, Beethoven, Mendelssohn, Brahms
    Sarah Beth Brigs, pianoforte Steinway
    Nimbus 24/3/2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Io sono malato di variazioni. Lo sono stati anche i miei compositori preferiti. E il più grande autore di variazioni è stato il mio Brahms.
    Anche la "northunbra" Sarah Beth Brigs evidentemente lo è.
    L'ho già incontrata in una rilassata ma virtuosa "Handel" di Brahms dove ha registrato, anche, in prima assoluta, tre brani inediti di Britten.
    Vincitrice di premi nazionali ed internazionali, pianista colta, assolutamente british.
    Il disco potrebbe non sembrare originale.
    Ma c'è un legame profondo che parte dalle prime, semisconosciute variazioni su un minuetto di Duport di Mozart ed arriva a Brahms.
    Giocando alla cavallina, dalle didascaliche e amatoriali variazioni di Mozart si passa alle variazioni sul tema del celeberrimo inno inglese di Beethoven, "God Save The King" del 1803, scritte da Ludwig per "dimostrare agli inglesi il tesoro che hanno nel loro inno", pensato per amatoriali di alto livello, quelli che - cito le note del libretto - si vedono nei romanzi di Jane Austen, ambientati nell'Inghilterra rurale della Reggenza.
    Beethoven è cresciuto nella luce di Mozart e le sue variazioni sono assolutamente mozartiane.
    Ma sale di livello con quelle Op. 34 su tema originale. Quelle 6 variazioni aprono la strada a quelle sull'Eroica e poi alle più potenti Diabelli.
    Quindi abbiamo il legame Mozart e Beethoven.
    Un doppio legame vincola Mendelssohn, i cui due amori musicali sono stati Bach e Beethoven, i due autori precedenti, alle sue celebri Variazioni "Seriose".
     
    Mendelssohn si pone a cavallo tra classicismo e romanticismo sia nella sua opera di direttore d'orchestra che di compositore.
    Ma è profondamente romantico, pur con la sua cultura musicale sconfinata e specialmente rinascimentale e barocca, di Johannes Brahms.
    Che a 21 anni si permette prendere un tema del suo "scopritore" Robert Schumann per portarne la trama fino ai limiti possibili di quel materiale, con citazioni canonicamente e strutturalmente pre-romantiche in una atmosfera triste e angustiata dallo scampato tentativo di suicidio del maestro ed amico Robert.
    ***

    Briggs - come si usa dire oggi - interpreta in questa esatta sequenza questo programma di 74 minuti che ci porta dal 1783 al 1854 : anni densi di musica ed avvenimenti storici che si rivedono in queste pagine se non altro per i mutamenti di attitudine, di consuetudine alla musica.
    Brahms decisamente non è alla portata dell'amatore, anche raffinato che invece può interpretare Mendelssohn con buona possibilità di non fare brutta figura con gli amici radunati attorno al pianoforte, in uno di quei saloni illuminati da candelabri fumosi.
    Ma anche in Mozart e nel Beethoven giovanile - queste pagine sono state scritte tutte da pianisti giovani - c'é sensibilità appassionata.
    Mi piace il suo tocco e il garbo gentile con cui legge, quasi fosse la prima lettura di Jane Eyre, agli amici.
    Dall'inno inglese, fino alla potente e ritmata, "ballata" che chiude le variazioni Schumann di Brahms e conclude con una modulazione originalissima e commovente del tema iniziale. Fa#
    Applausi.

  11. M&M
    Bach : Variazioni Goldberg BWV 988
    Oliver Schnyder, pianoforte
    Prospero Classical, 23 giugno 2023, 96/24, 1h e 14 minuti
    Jean-Luc HO, clavicembalo a due manuali
    L'Encelade 9 giugno 2023, 96/24, 1 h e 26 minuti
    via Qobuz
    ***

    Clavicembalista e organista francese, specialista di Bach e del barocco classico, Jean-Luc HO, a sinistra; pianista svizzero poliedrico con un repertorio quanto mai vasto, Oliver Schnyder, a destra
     
    HO ha studiato con Blandine Verlet insieme a Jean Rondeau e rappresentano insieme la "nouvelle vague" del clavicembalismo d'oltralpe.
    Ha registrato le partite di Bach, oltre a Couperin.
    Schnyder è invece alla prima incursione in territorio barocco, avendo un esperienza più romantica.
    Non avendolo molto ben presente sono andato a sentirmi il suo Mozart e l'ho trovato molto alla Haskil il che è un complimento detto da me.
    Queste due registrazioni escono a poca distanza l'una dall'altra e rappresentano probabilmente due poli opposti.
    Un clavicembalo a due manuali che esegue in modo canonico le variazioni Goldberg, come la tradizione europea vuole. Ripetizioni complete, pochi abbellimenti, giusto il necessario.
    Tempi "giusti", forse un filo troppo lenti.
    Uno strumento piuttosto secco, a tratti fastidioso sulle frequenze alte.
    Pianismo frizzante - a parte l'aria iniziale, molto lenta - con un particolare gusto per le modulazioni, gli abbellimenti, le acciaccature, le fioriture, per lo svizzero che recupera con tempi non proprio alla Gould ma relativamente liberi.
    Elegante e scorrevole proprio dove il clavicembalo mostra un pò di pesantezza. Lo fa con la fantasia tanto che uno come me che le Goldberg le può cantare per intero, riesce a farsi sorprendere da qualche nota nuova, messa li dove sta bene.
    Il chiaroscuro è la sua chiave di lettura e gli accenti che mette là dove serve sono i punti di luce.
    Insomma, conservativo e accademico Jean-Luc, impegnato tutti i giorni in questo repertorio, fantasioso e con il gusto della trovata e della novità, in questa improvvisata bachiana, Oliver.
    Tendo epidermicamente a preferire la versione al piano proprio per la sua freschezza e per la sua luce.
    Di versione come quella di HO al clavicembalo ne abbiamo tante. E se non richiamiamo proprio la sua maestra Verlet o il suo maestro Leonhardt, magari ci ritroviamo con una lettura alla Huguette Dreyfuss.
    Naturalmente le Variazioni Goldberg di Bach sono quelle al clavicembalo a due manuali (per facilitare la rapidità di incrocio delle braccia) e Bach non ha scritto sul frontespizio "riempite tutti gli spazi con fioriture, invenzioni e abbellimenti" e forse una via di mezzo sarebbe l'ideale.
    Ma dopo Gould e Leonhardt, se un tastierista di oggi vuole lasciare il segno con questo mausoleo della musica occidentale le strade sono obbligate.
    In conclusione ve le consegno come due curiosità. Probabilmente non vi faranno cambiare la vostra edizione preferita.
    Ma ammetto che Schnyder è stata una bella scoperta (per capirci, dopo Mozart e Beethoven, sto ascoltando il Winterreise in versione per pianoforte e trio).
      
     
    non che Jean-Luc HO si faccia mancare niente. Solo che lui sa cosa gli piace di più  
      
  12. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Edward Elgar
    ouverture da concerto "In the south (Alassio)" Serenade per string Orchestra Op. 20 Variazioni su un tema orignale Op. 36 "Enigma" Royal Philarmonic Orchestra diretta da Vasily Petrenko
    Onyx 2019, 96/24
    ***
    L'uomo di Leningrado ha da tempo preso le misure alla musica inglese che sta registrando con la sua Royal Philarmonic.
    Alle due sinfonie di Elgar si aggiunge questo nuovo disco del 2019.
    L'interpretazione non segue i tempi - abbiamo le registrazioni storiche della Emi - di Elgar e nemmeno quelli di Barbirolli.
    Se vogliamo siamo in un mondo intermedio, più vicino al nostro tempo. Certo l'eredità "britannica" di queste pagine celeberrime, registrate praticamente da ogni grande direttore inglese non è facile da portare, specie se sei russo.
    Ma Petrenko è nato nell'Unione Sovietica e si è formato con quella scuola (Termikarov e Jansons), si sente in qualche passaggio ma ha anche assorbito l'asciutta rigorosità formale di Esa-Pekka Salonen e la sta mettendo a frutto.
    Questa interpretazione è permeata di ritmo e di forza, con le parti solistiche ben in evidenza ma con tutta l'orchestra che mantiene una sua perfetta coerenza, su pagine che certamente ha suonato innumerevoli volte. Un bene e un limite allo stesso tempo, in quanto è sempre difficile andare a proporre una view originale in questi casi.

    Secondo me ci riesce, già dalle prime note dell'ouverture "Alassio", mettendo tanto calore in questa musica, magari non esattamente mediterraneo ma è la musica di un inglese suonata da inglesi diretti da un russo, che si vorrà mai di diverso ?
    Bellissima la serenata per archi, portata anche qui con grande ritmo. Queste composizioni è facile che risultino monocorde se manca coesione interna e ritmo perchè spesso ci si dimentica di cosa sia una serenata. Ma qui non siamo in queste circostanze.
    Passiamo effettivamente dal "piacevole" al "frizzante". Certamente è una serenata "estiva".
    Intensa, sugli stessi tempi esatti della classica lettura di Barbirolli - ma come dicevo decisamente meno monumentale - la lettura del pezzo forte del disco, le Enigma.
    Il tema è delicato ma già la prima variazione ci porta verso un mondo tutto suo, melodico ma ma triste.
    Drammatico il passaggio iniziale della breve toccata che segue. Ma subito si riprende in un ritmo più lento ed ondeggiante.
    Ciakovskiana la V e via via verso il finale, molto veemente che si chiude in crescendo.

    Bel disco, se vi piace la musica inglese letta in modo per quanto possible neutrale da un direttore abituato a Chostakovich, Rachmaninov, Prokofiev e Chaikovsky (a proposito, vi segnalo le sinfonie di Chaikovsky di Petrenko, sempre con la Liverpool).
    Bella registrazione, potente, equilibrata, dinamica.
  13. M&M
    Elgar : Sea Picture e The Music Makers
    Kathryn Rudge, soprano, coro e orchestra Royal Liverpool Philarmonic Orchestra diretta da Vassily Petrenko
    Onyx 2020, streaming di Qobuz
    ***
    Disco pubblicato oggi ed ascoltato in streaming via Qobuz su un sistema Sonos collegato in rete.
    L'inglesizzazione e direi anche la elgarizzazione di Petrenko prosegue a marce forzate.
    Questo disco è sublime nel contenuto, Kathryn Rudge è un angelo (quasi) come la Ferrier e sembra di sentir dirigere Beecham, Barbirolli o ... Elgar.
    Ho provato svariate volte i brividi.
    Grande fascino, direzione magistrale, suono pieno e orgogliosamente britannico.
    Un disco veramente ai massimi livelli.
    Voce in primo piano ma pieni orchestrali possenti, ottimo anche il coro.
    Consigliatissimo.
  14. M&M
    Ralph Vaughan Williams con il basso tuba della London Symphony, Philip Catelinet, dedicatario del concerto per tuba

    il celebre oboista Léon Jean Goossens, dedicatario del concerto per Oboe, grande interprete della musica inglese per oboe, scritta per lo più per lui, maestro, tra gli altri, di Evelyn Rothwell, seconda moglie di Sir John Barbirolli
    ***
    Il concerto per oboe e orchestra d'archi di Ralph Vaughan Williams è stato completato nel 1944, insieme alla quinta sinfonia.
    La vicinanza tra le due composizione si sente nel clima complessivo e non solo, le prime note delle due composizioni sono praticamente le stesse.
    Però la sinfonia è una partitura molto complessa, sia per le parti in causa che per il virtuosismo complessivo.
    Nel concerto, l'autore ha voluto una orchestra a ranghi ridotti dei soli archi per mettere in risalto lo strumento solista, di solito difficile da valorizzare.
    E' una ripresa - almeno nella logica - degli stilemi barocchi, dove l'oboe ebbe grande spolvero solistico, poi perso in favore di strumenti più duttili e dotati di una gamma più estesa.
    E' diviso in tre movimenti che si aprono e si chiudono in forma ciclica con accenni pentatonici
    Rondò Pastorale (Allegro moderato) Minuetto e Musette (Allegro moderato) Scherzo (Presto – Doppio più lento – Lento – Presto) come per il concerto per tuba, siamo lontani dallo schema tradizionale - quello classico/romantico - del contrasto solista->orchestra.
    Qui tutti gli strumenti si completano a vicenda.
    C'è chi - avendo in mente Beethoven o Brahms, lo ha definito un anticoncerto.

    La composizione inizia in modo abbastanza sommesso, il primo rondò è realmente pastorale ed introduttivo. Il minuetto centrale è molto breve.
    E ciò introduce di fatto all'ultimo movimento che è in più tempi, e sostiene principalmente l'intero concerto.
    L'oboista - finalmente - si apre ad accenni di virtuosismo ma, nello stile di Vaughan Williams, interviene l'orchestra che riporta la musica in tono più controllato, evitando eccessi, prima con due passi lenti ed infine con finale più frizzante che riprende malinconicamente il tema principale.
    E' un concerto bellissimo, ingiustamente trascurato, breve eppure estremamente espressivo, secondo me tra le cose più belle scritte dall'autore inglese.
    Scritto per Leon Goosens la cui dedica è sul frontespizio della partitura
     
    doveva essere eseguito per i Proms del luglio 1944 ma quel ciclo di concerti venne annullato per l'offensiva delle bombe V2 su Londra e ripreso nel successivo settembre con Malcom Sargent alla guida della London Symphony.
    Sinceramente non so se questa interpretazione sia stata poi registrata.
    Al suo posto ho scelto quella comunque "canonica", con Sir John Barbirolli che dirige, ovviamente, la London Symphony, con la moglie Evelyn all'oboe.

    è una registrazione del 1954 che ha il pregio di contenere anche la prima assoluta del concerto per tuba dello stesso autore.

    Evelyn Rothwell in Barbirolli prova la parte del concerto con l'assistenza del marito, John, nella loro casa di Londra.
    Direi che non si potrebbe trovare nulla di più inglese per l'occasione.
    Il tono e l'eloquio è dell'epoca, tipicamente Barbirolli. Oggi probabilmente lo definiremmo un pò troppo composto ma non so se le letture - più vivaci - di oggi, sarebbero piaciute a Ralph.
     
    Ma ci sono pregevolissime edizioni molto recenti che posso suggerire in alternativa.

    per prima quella proposta da Sir Mark Elder, che è alla guida dell'orchestra Hallé che vide per decenni Barbirolli come direttore artistico.
    E' una lettura mediata, all'inglese. Disco pubblicato dalla stessa fondazione Hallé nel 2011

    un altro che mi è molto piaciuto è questo di Capriccio, del 2009, estremamente vivace.

    Infine questo di harmonia mundi del 2015 che vede James MacMillan presentare anche il suo concerto per oboe.
    Questo concerto per oboe si potrebbe anche associare a quello composto da Eugene Gossens per il fratello Leon.
    Insomma, una grande scelta.
    ***
    Il concerto per tuba è stato considerato alla sua presentazione come una sorta di stravaganza di un compositore oramai molto anziano.
    Nella realtà è stato il primo concerto con la tuba come strumento solista ed ha aperto la strada ad una serie di proposte di altri compositori contemporanei inglesi, a beneficio di uno strumento che immaginiamo sempre relegato in secondo piano, come riempimento in orchestre e bande.
    Si compone di tre movimenti classici :
    Preludio: Allegro moderato Romanza: Andante sostenuto Finale - Rondò alla tedesca: Allegro è una composizione estremamente estroversa, anche qui senza una reale contrapposizione tra solista e orchestra (che è una orchestra completa contemporanea, piatti, grancassa e tutto il resto
    , non d'archi come per il concerto per oboe), vivace e brillante.
    Ha una durata per soli 12-13 minuti, per ovvie ragioni di tenuta del ... solista, il basso tuba è un arnese maledettamente impegnativo e si può essere virtuosi quanto si vuole ma il fisico alla fine cede.

    il vecchio Ralph ai tempi della stesura del concerto per tuba.

    frontespizio della prima stampa del 1955, Oxford University.
    Dedicato alla London Symphony Orchestra (ma reso possibile solo dal suo virtuoso del basso tuba Philip Catelinet)
    Io sinceramente continuo a preferire la versione originale di Barbirolli ma ci sono altre registrazioni recenti e bensuonanti, con un contrasto tra volumi e masse sonore ben sviluppato

    segnalo questo di Genuine "alla tedesca" é del 2006

    e questo Bis alla "scandinava" con altre composizioni per tuba più recenti, del 2008.
    ***
    Spero di avervi incuriositi, almeno, con due composizioni legate tra loro e per noi ascoltatori italiani, per lo più sconosciute ma estremamente interessanti.
  15. M&M
    Vaughan Williams, Howells, Delius, Elgar : Sinfonia of London/John Wilson
    Chandos 3/2/2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Gli inglesi si lanciano in esclamazioni estatiche ad ogni disco di John Wilson e la sua orchestra d'archi Sinfonia Of London.
    Li capisco se parliamo del suono che riescono ed esprimere, la coerenza e la bellezza dell'insieme in generale.
    Non sempre in quanto ai programmi, quasi mai quando si avventurano fuori casa (il disco sulle musiche di Hollywood, ad esempio, l'ho trovato "stucchevole") ma forse dipende da me.
    Qui abbiamo un programma tutto inglese che comincia con la "mitica" Fantasia su un tema di Tallis di Vaughan-Williams e finisce con l'Introduzione e Allegro di Elgar.
    In mezzo c'è il Concerto per Orchestra d'Archi di Howells che sinceramente io non riesco ad ascoltare.
    Più interessante il Late Swallows di Delius, con le sue atmosfere nostalgiche e decadenti.
    Ma complessivamente mi convince solo Elgar, nei suoi tre movimenti, presi con piglio e forza esecutiva.
    La Fantasia per me, ha il suo apice inarrivabile con Barbirolli e difficilmente riesco a trovare di meglio o anche solo di equivalente.
    Qui abbiamo una buona ripresa ma senza particolare fascino : questa è musica che richiede sensibilità eccezionale.
    Insomma, un disco non particolarmente riuscito, secondo me. Ovviamente mi sbaglierò.
  16. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Musiche per orchestra d'archi di Elgar, Britten, Warlock e Jenkins
    Meramorphosen Berlin direttore Wolfgang Emanuel Schmidt
    Sony Classical 13 agosto 2021, formato HD via Qobuz
    ***
    Anche per ferragosto qualche buona novità esce.
    In generale non sono molto inclinato verso le formazioni tedesche alle prese con la musica contemporanea inglese, mi risultano spesso un pò troppo compassate.
    Qui il programma è ricco : 23 tracce, un'ora e 17 minuti.
    La Serenata per Archi Op. 20 di Elgar insieme ai pezzi per violoncello ed archi secondo l'arrangiamento dello stesso Schmidt che li esegue

    a seguire le più interessanti Simple Symphony di Britten e la Capriol Suite di Peter Warlock.
    La serenata è un pezzo tardo romantico molto intimista, composto ed eseguito nel 1892.
    Ma si tratta di musica già "superata" all'epoca che si rifà ai modelli di Dvorak (sotto la cui direzione Elgar suonò il violino) e di Chaikowsky.
    Però resta uno dei pezzi più eseguiti di Elgar insieme alla musiche "imperiali", marce etc. etc.
    Son più salottieri ed estroversi - ma leggeri - i pezzi seguenti, intesi per violino e pianoforte secondo il modello della canzone senza parole.
    Qui nella trascrizione per violoncello ed orchestra sono certamente sontuosi.
    Ma andiamo ad altro genere di musica, la straordinaria "Simple Symphony" di Britten è un'opera giovanile, concepita nel 1934 che si può in qualche modo assimilare alla Classical Symphony di Prokofiev.
    Il materiale tematico è tantissimo e notevolissimo, due temi per ognuno dei quattro brani.
    La forma strutturale resta quella della serenata per archi e Britten pesca dal passato - i richiami e le citazioni si sprecano - ma ritmi ed articolazione sono modernissime, sebbene la forma arci-classica.
    Finale incandescente con una danza inarrestabile, ritmata con gli archi che ballano una voce attorno all'altra.
    Arriviamo così alla celebre Capriol Suite di Peter Warlock, personaggio molto complesso e controverso del periodo tra le due guerre.
    Qui abbiamo una suite di temi elisabettiani, periodo di cui Philip Heseltine (il nome dell'autore che firmava le sue composizioni come Peter Warlock) era ostinatamente ossessionato.
    La composizione è del 1926, i temi sono di danze della fine del '500 ma la struttura musicale, quella dell'Inghilterra che si ostina a credere nelle sue tradizioni contro quelle continentali di Berlino e di Vienna.
    Il risultato è un affresco che teletrasporta nel XVI secolo dipingendone con colori moderni lo stile e la galanteria.
    Credo che sia l'apice di questo disco, l'eleganza con cui il Metamorphosen si approccia con delicatezza ad ogni frase con una dinamica che spazia dal piùchepianissimo al fortissimo con grande rapidità e naturalezza.
    Ritmo e velocità sono adattissimi e l'amalgama della raffinata tessitura contrappuntistica di Warlock sono sublimate al massimo.
    Un disco che dipinge un'era che si è chiusa sostanzialmente con lo scoppio della seconda guerra mondiale, quando anche i musicisti inglesi hanno dovuto fare i conti con il secolo breve.
    Come è breve l'ultimo movimento della Suite di Warlock che poi improvvisamente lascia il posto a .... lla pubblicità della De Beers, ovvero all'allegretto di quella specie di Concertone scritto da Jenkins (classe 1944, quindi un compositore che non ha più radici comuni con i suo colleghi più anziani, Elgar e Warlock già morti da un pezzo quando è nato e Britten già affermato) scritto nel 1993 per "i diamanti sono per sempre" ...
    Complessivamente un bel disco che vi suggerisco se non conoscete questa musica.
    Di ogni brano - tranne l'ultimo - potrei anche suggerirvi alternative ma non stiamo a sottilizzare, pur essendo tedeschi, questi suonano in modo abbastanza "Very British"
    Registrazione di buon livello.
     
     
     
  17. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Piotr Ilijc Chaikowsky : Concerto per Violiono e Orchestra in Re maggiore Op. 35
    Carl Nielsen : Concerto per Violino e Orchestra Op. 33
    Vilde Frang, Violino
    Orchestra Sinfonica Nazionale Danese
    Eivind Gulberg Jensen
    EMI 2012, formato CD
    ***
    Quando ho ascoltato questo disco non conoscevo Carl Nielsen che per il concerto per oboe per poca altra musica da camera. 
    Avendo sempre trovato un pò ostico il repertorio scandinavo, ho dedicato gli ultimi anni all'esplorazione di quel mondo lontano, partendo ovviamente da Sibelius per scendere poi in Danimarca passano per la Norvegia e la Svezia.
    Non conoscevo nemmeno Vilde Frang, gentile violinista norvegese che almeno gli editor della EMI non hanno voluto spacciare per super-pinup limitandosi nella copertina ad illustrarne il sorriso molto naturale.
    Classe 1986, nata ad Oslo, suona un violino romantico del 1864 il cui suono è molto dolce ed intonato ma senza la vita di certi strumenti italiani del '700.
    Questo tono è perfetto per assecondare il lirismo del concerto di Nielsen, composizione in quattro movimenti, schematizzabili in A-B, A-B, nel senso che due larghi/adagi fanno praticamente da preludio ai due successivi allegri audaci.
    "Cavalleresco", indica in italiano Nielsen il secondo movimento che potrebbe benissimo essere il contraltare danese del primo movimento del concerto di Chaikovsky contenuto in questo stesso bellissimo disco.
    La Frang ha un piglio estremamente deciso ma mai sopra le righe nonostante questo programma consenta al solista di fare ciò che vuole sia negli assoli che nelle cadenza.
    Ma se il concerto di Chaikovsky (insieme a quello di Brahms) è il mio concerto per violino preferito, oggi mi chiedo come mai sia così raro trovare interpretazioni contemporanee di quello di Carl Nielsen, autentico capolavoro trascurato che vede in questa bella edizione del 2012 un giusto tributo.
    Come sia, applausi a scena aperta per una violinista che deve continuare a mostrare coraggio nella scelta del repertorio (piuttosto trascurabile il disco dedicato a Mozart del 2015 ma sensazionali le altre scelte del catalogo EMI-Warner di cui magari parleremo in altre occasioni).
    Mentre raccomando più attenzione nei confronti del "sinfonista danese".
    Buona registrazione con il violino in evidenza ma non come in certe in cui sembra che lo strumento sia suonato da un gigante davanti ad una orchestra di nani.
  18. M&M

    Interpreti
    Di Oslo, poco più che trentenne.
    L'opposto della superstar classica promossa dalle major discografiche.
    Eppure ha debuttato più di venti anni fa chiamata da Mariss Jansons come solista di un suo concerto a soli 12 anni.
    Ha in repertorio musiche essenzialmente romantiche ma oltre al ruolo di solista con l'orchestra si presta spesso alla parte del primo o del secondo violino di rinforzo in quello cameristico insieme agli amici.
    Per nostra fortuna ha un buon contratto discografico e trova il tempo - a differenza di altre colleghe impegnate 4 volte a settimana in esibizioni in ogni angolo della terra - per registrare "record".
    Così possiamo già vederne lo sviluppo negli anni che sta prendendo con gli ultimi dischi pubblicati una piega estremamente interessante.

    Emi 2009
    Concerti di Sibelius e n.1 di Prokofiev

    Emi 2010
    Chopin, musica da camera

    Emi 2011
    Musica da camera di Bartòk, Grieg, Strauss
     

    Emi 2012
    Concerti di NIelsen e Chaikovsky

    Warner Classics 2015
    Mozart concerti per violino, sinfonia concertante

    Warner Classics 2016
    Concerti per violino di Britten e Korngold

    Warner Classics 2017
    Homage, raccolta di musica per violino e pianoforte e violino solo

    Warner Classics 2018
    Concerto n.1 di Bartòk, Enescu, ottetto

    Alpha Classics 2019
    Bartòk, quintetto con pianoforte

    Warner Classics 2019
    Paganini e Schubert, musiche per violino e violino e pianoforte
    ***
    Vilde non si atteggia ed ha sempre un sorriso disarmante finchè entra in scena.
    Dopo di che diventa serissima e concentrata.
    Ma senza rendersi eccessivamente protagonista.
    Non ruba la scena ai colleghi.
    Ma il suo violino francese del 1864 canta con la sua voce calda e melodiosa.
    Mostra grandissima personalità in ogni pagina.
    La sua calma olimpica non è affatto fredda come la terra da cui proviene.
    E' sicurezza, e se il suo modo di suonare non è proprio appassionato e viscerale come potrebbe essere, anche esagerando, Patricia Kopatchinskaja nelle stesse pagine, non è certamente algida e distaccata, come sono sovente Hilary Hanh o Lisa Batiashvili.
    Anzi, c'è un tratto personale, una firma ricorrente che sta diventando più incisiva con la maturità.
    Prendete l'ultimo brano di Schubert dell'ultimo, personalissimo recital con Michail Lifits (ne parliamo in una recensione dedicata), Der Erlkönig è coinvolgente come poche interpretazioni degli ultimi tempi.
    Degli altri dischi che ho segnalato, in particolare trovo il Concerto di Nielsen tra le migliori prove disponibili su disco di recente.
    E lo stesso si può dire per quello di Korngold.
    Britten e Bartòk non sono al livello di quelli inarrivabili di Janine Jansens, ma a quelle vette oggi non ci arriva nessuno.
    Eppure quel Britten è di un raffinato ed ammaliante che non si può smettere di ascoltarlo.
    E' ironico, raffinato, sensualissimo, il disco del 2017 con José Gallardo.
    Ma è molto intenso e coinvolgente quello - del 2011 - ancora con Michail Lifits dedicato a Grieg, Bartòk e a Strauss.
     
    Insomma, una grande violinista a tutto tondo che diventa migliore anno dopo anno e che per fortuna anno dopo anno sta anche aumentando le presenze in dischi.
    In repertorio ha altri concerti che non ha ancora registrato e sono sicuro che in futuro saprà proporci altre pagine ricercate come nell'ultimo personalissimo disco.
    Una violinista di spicco che merita la dovuta attenzione e in questo senso ve la segnalo e raccomando.
  19. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Pagani, Schubert, Ernst, Schubert/Liszt, musiche per violino e pianoforte
    Vilde Frang, violino
    Michail Lifits, pianoforte
    Warner Classics 2019, 96/24
    ***
    Se non fosse che il repertorio è decisamente "leggero" per i miei gusti e siamo nel pieno del romanticismo più smielato, questo disco arriverebbe altissimo nella classifica del 2019.
    VIlde Fragn è una violinista in piena maturità oggi, con una sensibilità non comune, mezzi tecnici al servizio di quello che il suo talento le chiede di fare e con la profondità di veduta di una artista libera che ha compilato personalmente questo programma di musiche che prima dell'ascolto non ci azzeccherebbero molto.
    Il capriccio iniziale di Paganini (da "Nel cor più non mi sento" di Paisiello) è spettacolare e credo che lasci nell'ammirazione più profonda anche il muto compagno della Frang.
    Che si riprende solo nell'assolo iniziale della Fantasia in DO maggiore di Schubert che segue.
    Il tono è qui più raccolto e dolcissimo. Vilde comincia in sordina e va via crescendo di tono in modo sensazionale con il pianoforte che ne accenta ogni battuta.
    Vivacissimo, altro che allegretto, il finale.
    Salottieri ne "I palpiti" di Paganini, 10 minuti di volteggi l'una attorno all'altro e viceversa, in un perfetto accordo musicale.
    Liszt con l'arraggiamento di Oistrakh per le Soiresees de Vienne, che proseguono le volate "valzeristiche" dei due.
    Col piano che finalmente si riprende il suo spazio.
    Bello anche il rondò brillante Op. 70, che passa al tono minore, più intimistico di prima.
    Nell'andante Vilde Frang mostra un registro flebile ma deciso, senza incedere per nulla nel patetico.
    Il cantabile di Paganini apre la strada alla fantastica versione di Wilhelm Ernst di "Der Erlkonig" di Schubert.
    Dove la Frang si lascia ancora andare al più solitario e "disperato" dei canti schubertini (Grand Caprice ?).
    Perfettamente intonato il violino francese della seconda metà del secolo XIX che suona con delicatezza ma anche con forza tutta femminile quando ci vuole.
    Ah, che splendida epoca stiamo vivendo per la ricchezza di grandi violiniste !
    Registrazione chiarissima e priva completamente di disturbi.
    Violino non troppo graffiante e nel complesso fedele al tipo di timbro necessario per questo disco.
    Pizzicati leggeri. Bello da morire, insomma.
    Non perdetevelo !
     
  20. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    VIOLA 1919
    Yizhak Schotten, viola
    Katherine Collier, piano
    Sonate per viola e pianoforte del 1919 di Rebecca Clarke, Enest Bloch e Paul Hindemith
    Crystal Records 1993, formato CD
    ***
     

    i due protagonisti del disco all'epoca della registrazione
     

    e oggi, in concerto.
     
    Disco particolare, a tema, che racchiude tre composizioni per viola e pianoforte del 1919.
    Registrato nel 1993 ma che io ho scoperto solo oggi, nel 2019, quando è uscito un secondo disco, identico, per il centenario, con lo stesso repertorio ma con altri interpreti.
    Le tre composizioni sono la splendida sonata per viola e pianoforte di Rebecca Clarke, la Sonata n.4 Op. 11 di Paul Hindemith, la Suite per viola e pianoforte di Ernest Bloch.
    Il violista è Yizhak Schotten, allievo selezionato del grande William Primrose, che ricorda molto nella dolcezza del timbro.
    Lo accompagna al pianoforte Katherine Collier, sua consorte, con la quale si esibisce anche oggi a quasi trent'anni di distanza.
    Son tre composizioni in cui la viola è la grande protagonista ma il pianoforte ha comunque grande importanza, come ad esempio nell'inizio della suite di Bloch.
    Yizhak Schotten mostra un timbro dolce, non eccede nei tratti iper-romantici della sonata della Clarke e sembra forse più a suo agio in Bloch che nel primissimo Hindemith dell'Op. 11
    L'atmosfera nebbiosa e misteriosa della suite di Bloch si stempera mano a mano fino al rapsodico secondo movimento allegro per concludersi con il brillantissimo finale che richiama melodie orientali.
    Morbidissimo l'inizio della sonata di Hindemith, lenta e sognante.
    Finale possente ma anche qui senza eccessi.
    Nel complesso i due sono protagonisti di una prova decisa ma che non va oltre il segno nonostante queste pagine offrano ogni opportunità di mettersi in mostra. Probabilmente però il loro scopo, nel 1993, era più al servizio della musica, per lo più sconosciuta al tempo.
    Oggi le sonate di Clarke e di Hindemith sono in repertorio di quasi tutti i violisti e sono anche materia di esame (vedere su Youtube il fiorire di video di giovani violiste cinesi).
    Il suono è un pò ovattato, sembra indulgere sulla tonalità brunita della viola e il piano è ben ripreso senza enfasi.
    Un disco garbato, raro, io credo, che dovrebbe essere più conosciuto.

  21. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Vision of Prokofiev (concerti per violino e orchestra n.1 e n.2, brani da Romeo e Giulietta, Cenerentola e l'Amore delle Tre Melarance)
    Lisa Batiashvili
    Yannick Nezet-Seguin
    Chamber Orchestra of Europe
    DG 2018
    ***
    Tanto anticipato dagli annunci e tanto atteso.
    Comincio subito dalle considerazioni positive : registrazione splendida in un sontuoso 96/24, una di quelle che giustificano a pieno l'alta risoluzione.
    Suono dell'orchestra (eccellente come sempre) nitido e terso. Violino ben bilanciato con l'orchestra, né troppo in evidenza, né troppo inglobato nel resto.
    Un applauso ai tecnici del suono.
    Paradossalmente sono i tre brani aggiunti di contorno in questa "visione di Prokofiev" i più interessanti, interpretati con passione e brio, forza e sostanza, in particolare il Grande Valzer dal balletto Cenerentola che è posto giusto in mezzo ai due concerti.
    Viceversa i due pezzi pregiati del disco sono eseguiti con il giusto vigore, tempi corretti, virtuosa lettura.
    Ma nulla più.
    Nulla che li discosti da una esecuzione di routine, quasi una prova generale senza interruzioni.
    Non me ne vorrà Lisa Batiashvili - violinista per la quale ho una ammirazione sconfinata - ma sembra che i ruoli siano invertiti.
    Le "teutoniche" Vilde Frang - nel primo concerto - e Janine Jansen - nel secondo concerto - sembrano più vicine a queste pagine russe, della georgiana Batiashvili.
    Forse il recente disco con Barenboim dedicato a brani molto più passionali di questi (Chaikovsky e Sibelius) avevano creato troppe aspettative, per lo meno in me.
    Oppure si vorrà uscire dal luogo comune che "l'accompagnatore" si limita al suo ruolo senza contribuire per nulla e si darà il giusto merito di aver messo con la sua consumata esperienza a suo agio e nel giusto clima l'interprete che ha potuto liberare nel precedente disco tutta la sua arte.
    Non è un caso che la Jansen e la Kopatchiskaja siano state accompagnate nella loro esecuzione del secondo concerto di Prokofiev da uno specialista riconosciuto come Jurowsky.
    Il celebrato Nezet-Seguin forte del suo contratto con la DG (ed autore di svariate registrazioni importanti tra cui integrali sinfoniche ed opere liriche di gran spolvero) dovrà comprendere che in passato, il proprio nome sulla copertina di un disco per altri grandi direttori doveva corrispondere ad una prova maiuscola, anche superiore a quelle dal vivo.
    Ripeto, nulla che sia meno di irreprensibile. Ma resta importante la distanza tra una esecuzione di ottimo livello e una interpretazione da antologia.
    Peccato.
  22. M&M

    Recensioni : Opera
    Vivaldi : Argippo RV Anh. 137
    Opera-pasticcio con arie di Pescetti, Hasse, Porpora, Galeazzi, Fiorè e Vinci e Libretto di Domenico Lalli
    Prima rappresentazione al Teatro Sporck, Praga, 1730
    Manoscritto rinvenuto a Darmsdt nel 2011 e questa è la prima esecuzione integrale nell'edizione critica redata nel 2019 da Bernardo Ticci
    Emőke Baráth soprano ARGIPPO
    Marie Lys soprano OSIRA
    Delphine Galou  contralto ZANAIDA
    Marianna Pizzolato contralto SILVERO
    Luigi De Donato basso TISIFARO

    Europa Galante Fabio Biondi direttore
    Naive 2020, vivaldi edition vol.64 opere teatrali, formato HD, via Qobuz, 49 tracce per 2 ore e 2 minuti
    ***


    Abbiamo molte tracce di quest'opera ma nessuna certezza.
    Esistono due copie dei libretti e la commissione ma quanto di Vivaldi e quanto delle altre firme ci sia in questa composizione non si sa.
    Quella che ascoltiamo, inserita nella benemerita monumentale raccolta dedicata a Vivaldi da Naive al volume 64 è la ricostruzione di Bernardo Ticci del 2019 di quello che in realtà è un pasticcio di Vivaldi perduto , creato nel 1730 per l'impresario veneziano Antonio Peruzzi da mettere in scena a Vienna e Praga.
    La vicenda e la trama sono deboli e sinceramente imbarazzanti (Bengala, Gran Mogol, figlia disonorata, rogo e via spropositando) e se non fosse per lo sforzo grandioso di Fabio Biondi che da vita ad ogni singola nota dell'opera neanche fosse l'Oratorio di Natale di Bach e la qualità del cast non sarebbe particolarmente degno di nota.
    Ma c'è tanta di quella vita in queste arie e persino nei recitativi, se si resiste ad un leggero moto di repulsione dopo la bella sinfonia iniziale.
    Certo arrivare al terzo atto conclusivo é difficile ma si riesce, proprio per la qualità della compagine impegnata e per tutte le bollicine effervescenti che il grande Biondi riesce a spruzzare ovunque.
     

    Brani salienti (secondo me).
    Atto 3, scena 2 : Vado a morir per te (Osira) di  Andrea Stefano Fiorè
    Melodrammatica ma intensa, forse la più elevata ispirazione dell'intera opera qui portata con forza e passione da Marie Lys

    Atto 3, scena 3 : Vi sarà stella clemente (Argippo)
    altrettanto delicata ed apprezzabile

    Atto 3, scena 5 : Se la bella tortorella (Silvero)
    E' una vera gemma con l'accompagnamento del violino di Biondo che improvvisa, fiorisce, arricchisce la parte cantata con in sottofondo la tiorba.
    E Marianna Pizzolato qui è un credilissimo contraltista  ma tutta la sua parte rende Silvero persino simpatico, pur essendo il cattivo dell'opera.
    Atto 1, scena 1 : Se lento ancora il fulmine (Zanaida)
    Riconoscibilissimo Vivaldi in questa aria portata in disco da Cecilia Bartoli qualche tempo fa e qui sinceramente "doppiata" da Delphine Galou che nel timbro ricorda l'italiana ma rispetto a quella ha più modulazione, più coloritura e con un tono ben più pieno, capace certo anche in scena e non solo in disco.
    Atto 1, scena 4 : Anche in mezzo a perigliosa (Argippo).
    Anche questa aria ripresa dalla Bartoli. Aria di bravura con trilli ed acuti estremi. La Barath la rende al meglio.

    Complessivamente una prova eccellente. Resta un'opera non memorabile, per questo dimenticata ma nelle mani di Fabio Biondi e dell'Europa Galante siamo tornati alla corte Imperiale Asburgica in quel 1730.
    Ve la consiglio anche oltre la semplice curiosità.
    Queste registrazioni Naive non sono sempre all'altezza dello sforzo degli artisti. Qui siamo nella media.
  23. M&M

    Recensioni : Vocale
    Voglio Cantar
    brani di Barbara Strozzi, Cavalli, Cesti, Marini e Merula
    Emoke Barath
    Il Pomo d'Oro diretto da Francesco Corti
    Erato 2019
    formato 88/24
    ***
    Repertorio italiano stimolante e vario con brani famosi e meno.
    Buona dizione ed inflessione per l'ungherese Emoke Barath che nelle note del libretto si dice commossa di essere arrivata a questi livelli.
    Peccato che se la formazione è pienamente all'altezza del compito, la voce della Barath non sia a mio modesto parere per nulla adatta al barocco italiano ma al più al Mozart di un secolo e mezzo più tardi.
    Ci mette troppa enfasi e il risultato è forte ma senza alcuna coloritura.
    Probabilmente non sa cosa sta cantando e sarebbe la stessa cosa per una soprano italiano che si cimentasse con il '600 ungherese (ammesso che esista).
    Ma questo non sminuisce le potenzialità della cantante. Anche se su questi brani ci sono altre occasioni di ascolto con voci nostrane (per nostra fortuna).
    Peccato.
  24. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Come suonava Brahms la sua musica negli ultimi anni di vita ?
    E come suonava Brahms la sua musica giovanile, con il cuore più maturo ?
    La musica dei primi anni di Brahms è piena di ardore e di virile passione. Le quasi ineseguibili sonate per pianoforte ne sono la prova.
    Ma già tra le primissime composizioni - penso ad esempio alle ballate op. 10 - ci sono gli stessi tratti di distesa maturità, un misto di quieta accettazione dell'essere e della natura delle cose, da cui affiorano forti sferzate di energia.
    In generale non è musica alla portata di un interprete molto giovane.
    Non è questione di tecnica- a quella ci si arriva sempre - ma la transizione tra quiete ed inquietudine, di passione, di lirismo e di disperata rassegnazione che c'è nella musica pianistica di Brahms richiede temperamento. E il temperamento non può venire che con la maturità.
    Arcadi Volodos è uno dei (pochi) grandi pianisti del nostro tempo. Lo dimostra con le sue trascrizioni e i suoi divertimenti, degni della scuola di Horowitz.
    Lo dimostra in queste bellissime pagine, molto frequentate e anche abusate. Spesso da giovani pianiste che confondono Brahms con Chopin o con Liszt.
    O, che è peggio, li suonano alla stessa maniera.
    Come avrebbe suonato Brahms a 60 anni i suoi Pezzi Op. 76 composti 20 anni prima ?
    E come suonava Brahms, a 60 anni Pezzi e Intermezzi composti a 60 anni ?
    Come li avrebbe suonati Clara ? Impossibile.
    Come è impossibile rispondere a queste domande. Eppure lo devi fare se vuoi uscire, nel 2017, con un nuovo disco convincente.
    Ecco, Volodos ha risposto a queste domande, pur non avendo ancora 50 anni. Ma avendo passato gli ultimi 30, davanti alla tastiera del suo pianoforte, senza essere entrato in quello strano circuito che adesso vuole i pianisti correre da un capo all'altro del pianeta senza avere il tempo di capire che cosa si ha in programma.
    Il Brahms che tratteggia Volodos è originale. Un filo troppo lento in certi momenti, almeno per le mie aspettative, ma una pagina dopo si riscatta pienamente, con la forza che ci vuole.
    C'è il Brahms che ha vissuto. Che è arrivato. Che ancora non sa tutto ma che saprà presto, che in fondo, lo ha sempre saputo.
    Disco dell'anno 2017, per quanto mi riguarda. E con distacco. Insieme, forse, all'altro Brahms di Janine Jansen di cui riparleremo prossimamente.
    Registrazione Sony al di sopra di ogni sospetto (nella mia versione liquida a 96KHZ/24 bit).
  25. M&M

    Recensioni : Opera
    Wagner : Die Walkure
    Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks diretta da Simon Rattle
    BR Klassik formato 96/24, dicembre 2020, via Qobuz
    ***
    Generalmente considero Simon Rattle un direttore estremamente sopravvalutato. Enfant prodige proveniente dalla città dei Beatles nel secolo scorso quando dirigeva in bretelle la "sua" orchestra di Birmingham, diventato famoso, ha fatto il passo più lungo della gamba accettando il posto di direttore dei Berliner dopo Claudio Abbado (e Karajn, Furtwangler etc. etc. etc. ...).
    Certo l'attuale direttore forse lo fa rimpiangere ma per Rattle stare a Berlino è stata una sorta di periodo di cattività. Anche perchè, probabilmente lui è pienamente consapevole di non essere né Abbado, né Karajan.
    Liberatosi dall'impegno fisso, adesso fa il battitore libero, formalmente alla London Symphony ma di fatto ovunque ci sia da dirigere qualche cosa.
    Adesso, certamente converrete con me che proprio tra tutti i compositore in generale, probabilmente Wagner sarebbe l'ultimo che ci verrebbe in mente come autore congeniale per Rattle che si è sempre distinto con gli inglesi, specie quelli del '900 o anche più contemporanei e molto meno con i classici.
    E poi l'anello. Non ho ascoltato l'Oro del Reno, è un'opera che non mi dice proprio nulla mentre so che c'è in preparazione il Sigfrido.
    Mi sono accostato un pò per caso su questa Walchiria con poche aspettative.
    Ma vuoi per l'effetto delle mie nuove HIFIMAN Jade II, vuoi per le voci chiarissime dei cantanti ... sono rimasto folgorato.
    Chiaramente il suo riferimento è Karajan. Che poi è anche il mio. QUELLA Walchiria è strepitosa per come viene messa in luce la tessitura orchestrale e la piena potenza di fuoco della parte musicale.
    L'orchesta di Mariss Jansons di Monaco è probabilmente, oggi, la migliore per impatto sinfonico e qui si sente fin dalla prima nota.
    Rattle che generalmente dimostra di non aver mai un'idea precisa quando dirige una cosa più complessa dell'Inno Nazionale Britannico, qui prende la musica di petto e la porta avanti fino in fondo.
    I pieni sono pieni, fin dal primo coro di contrabbassi.
    Gli ottoni ti portano su fino al Walhalla e gli archi sono di seta.
    Le prime parti dei fiati sono semplicemente perfette ad intervenire in ogni concertato.
    Tutti i preludi sono sensazionali ma ogni accompagnamento è preciso, puntuale, schietto e appassionato.
    Un discorso a parte per i cantanti. Io non sono uno specialista wagneriano e non so se ci sia di molto meglio di questo cast ma qui io non sono riuscito a trovare un punto debole.
    Le voci sono chiare, potenti, dirette. Il canto è privo di sbavature e di incertezze. Il fraseggio lirico ma anche ben distinto, anche nei pieni d'orchestra.
    Forse un pò forzato il celeberrimo "Hojotoho! Heiaha !" ma ricordiamoci che è un live come da tradizione per BR Klassik.
    Se posso trovare un appunto è nelle voci di Brunhilde e di Sigliende, troppo simili - anzi uguali ! - per distinguerle.
    Registrazione fantastica, non si perde un sussurro e dinamica sensazionale.
    Per quello che posso capirne io, questa è la Valchiria "meglio suonante" che c'è sul mercato.
    Ho un pò di curiosità per Siegfried adesso ma non ci credo che Rattle riesca ad azzeccarne due di seguito così.
    Intanto, i miei complimenti al marito di Magdalena Kozena ! 

    un momento della performance (ho dimenticato di scrivere che è una edizione "da concerto" ma a noi che ascoltiamo in disco, cambia poco).
     
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    Addendum del 21 aprile 2021. Sir Simon Rattle ha appena siglato il contratto che lo legherà con l'orchestra di Monaco di Baviera, sostituendo il compianto Mariss Jansons, al suo posto alla LSO ci andrà Sir Antonio Pappano.
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