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  1. M&M

    Recensioni Cuffie
    Cuffie acquistate presso HIFIMAN Europe via Amazon, pagate 629 euro spedite a casa.
    All'uscita, queste cuffie, nel 2018, costavano 1800 euro.
    Rappresentano la seconda edizione delle mitiche HIFIMAN HE6 del 2010, famose per essere voraci di corrente, tanto che parecchi appassionati le utilizzano collegate ad un amplificatore per casse, all'uscita di potenza, per il tramite di un adattatore di impedenza.
    Il diaframma delle HE6 originale è a bassa sensibilità, pesante, rigido.
    La nuova versione non è così complicata ma resta la bassa sensibilità (circa 83 dB) che sull'impedenza di circa 50 Ohm richiede almeno 2 Watt minimo. Meglio 4 ...
    Il diaframma è circolare ed è caratterizzato da armature placcate in oro (di qui il maggiore peso e costo di produzione).
    Pesano. Circa 500 grammi.
    La struttura è quella tipica delle cuffie HIFIMAN con padiglione circolare.


    archetto e marchietto

    la caratterizzazione del modello

    dall'alto

    l'oro riluccica ... attraverso la griglia di protezione

    i terminali da 3.5 mm, tipici dell'ultima produzione HIFIMAN
    Eccole al banco di prova sopra al miniDSP Ears


    dettaglio del cavo in dotazione

    con il terminale XLR Neutrik

    nella scatola, unico accessorio, un adattatore XLR->JACK da 6.3 mm

    manuali e garanzie

    la scatola

    che è simile a quelle dei modelli di fascia alta. Si apre verso l'alto con una fettuccia in similpelle marrone

    l'interno è rivestito in simil-seta

    l'esterno è identico a tutte le altre scatole HIFIMAN


     
    Le prime impressioni.
    Non sembra un modello di questa fascia di prezzo (pensando ai 1800 euro originari al lancio).
    I padiglioni sembrano presi dalle HE400, l'archetto è pari a tutti i modelli della sua generazione.
    Il cavo è decisamente cheap, e tutto stropicciaticcio ...
    Ci sono i diaframmi dorati e poco altro.
    ***
    Andiamo alle misure.
    Sulle prime l'EARS non ne voleva sentire di ... sentirle ma poi ho calibrato meglio l'uscita e ci sono riuscito.

    la risposta effettivamente è estesissima, quasi piatta a 20 Hz, non ci saranno che 2 dB di calo rispetto ai 30 Hz.
    Sopra ai 100 Hz sale di 2-3 dB verso gli 800.
    Dopo c'è un avvallamento " a dorso di mulo" sulle frequenze medio-alte fino a 3000 Hz.
    Quindi la tipica fascia travagliata con un pizzo già a 4.000 Hz e poi vari picchi più in alto.
    Un confronto con altre cuffie dimostra a colpo d'occhio la differente sensibilità.

    ho messo anche le AKG K371 per dare una idea. A questo livello sono andate in clipping ed ho dovuto abbassare il volume di 20 punti per riallinearle.
    La sensibilità di quelle cuffie - chiuse, dinamiche e decisamente economiche rispetto alle due HIFIMAN di confronto - é di 114 dB a 32 Ohm. La bellezza di 30 dB sopra le HE6 SE.
    Ma ci interessa di più il confronto con le Arya allo stesso livello di alimentazione :

    le mie Arya sono meno presenti a 20 Hz (ma c'è musica a 20 Hz ?) ma molto più lineari sopra fino a 6-7000 Hz e anche sopra, nonostante a quelle frequenze oramai non ci sia più molto segnale registrato.
    La differenza di sensibilità è evidente : 8dB ai canonici 1.000 Hz, che coincidono con i dati di targa (83 contro 92 dB).
    ***
    Ascolto
    Ma prima qualche nota autobiografica.
    Ho quasi 61 anni e certo il mio udito non è più quello dei venti anni. E' evidente.
    Ho conosciuto le prime cuffie hi-end con un contatto illuminante con un modello di base Stax nell'oramai lontanissimo 1984.
    Con i concerti di Brahms per la coppia Barenboim-ZioGianniBarbirolli. Me ne innamorai.
    Ma il mio budget di primo impiego non mi permetteva di arrivare a delle elettrostatiche vere con tanto di elevatore di tensione dedicato.
    Ripiegai sulle ibride AKG K340, elettrostatiche sulle alte e dinamiche sulle basse.
    Che il negoziante - di un negozio che non c'è più da secoli - mi assicurò di aver venduto personalmente al Maestro Giulini.
    Le pagai l'equivalente con l'inflazione di circa 600 euro di oggi (250.000 lire per l'esattezza). Ma nella realtà credo che oggi una cifra del genere sia più vicina ad un valore reale di 1.000 euro.
    Che ritengo sia la cifra massima che debbano costare delle cuffie.
    A parte questo, il suono, l'ariosità, l'apertura delle cuffie planari per me è un dato obbligatorio con tutta la musica serie. Specie nella gamma vocale.
    Cuffie che debbono essere aperte perché sia del tutto estrinsecato il funzionamento a pistone planare del grande diaframma piatto di questi sistemi.
    Dopo Stax, sono diventato un fan di HIFIMAN, marchio cinese molto attivo sia sulle magnetoplanari che sulle elettrostatiche, con intere dinastie e generazioni di cuffie.
    Ci ascolto tutto. Ma la mia passione è il barocco, con il pianoforte e la musica sinfonica/cameristica del tardo romanticismo per la restante parte.
    Jazz e rock coprono si e no il 3% del mio tempo di ascolto.
    Chiarito il mio profilo, le mie aspettative restano che l'ascolto con le cuffie deve simulare per il più possibile dei sistemi tradizionali di diffusori - per quanto possibile - con in più il dettaglio e la precisione timbrica e di suono consentita dalle cuffie grazie alla breve distanza dall'orecchio e dalla più semplice catena musicale (niente cross-over, niente pasticci, segnale+amplificazione+driver).
    Il suono attorno ai ... padiglioni auricolari dipende molto dalle riflessioni tra le nostre orecchie e i diaframmi delle cuffie. Le cuffie chiuse fanno un lavoro opposto a quelle aperte.
    E via spropositando con queste ovvietà, senza mai dimenticare che ognuno di noi ha un udito diverso, non solo un differente gusto musicale.
    Questo a mente per dire che è inutile giudicare questi apparecchi dalle recensioni degli altri. Salvo che non ci siano dei punti del tutto coincidenti con più di una recensione di modelli che noi stessi conosciamo molto bene, sarà inutile considerare il parere di un altro senza ascoltare di prima mano noi quelle cuffie.
    Di qui la curiosità per queste HE6se dopo tutto l'hype del modello originale e la grande considerazione per questa riedizione.
    Che è uscita di produzione rapidamente mentre HIFIMAN ha dato fondo agli ultimi driver dorati disponibili, prima di dare via le macchine per produrli, con una successiva versione V2, che eredita l'archetto delle Deva e la finitura del padiglione in un pessimo viola shocking.
    Ok, Mauro, ma come suonano ?
    Ecco, al netto del fatto che sono da rodare e sono piuttosto rigide e al netto anche della differente sensibilità che mi obbliga nel passaggio con le Arya a regolare il livello per avere lo stesso volume, sono una delusione completa.
    Intendiamoci, mica suonano male, e che avete capito ?
    Solo che - che ne so, prendiamo lo scherzo della Nona - il colpo di timpano con le Arya sembra più voluminoso, più sontuoso, più ampio che quello, fermo e preciso delle HE6.
    In generale il basso delle Arya sembra più interessante, mentre quello delle HE6 sembra più tecnico e composto.
    Sugli alti, le HE6 sono più secche, mentre le voci sono indietro rispetto alla piacevolezza delle Arya.
    Ma nell'immagine le HE6 non ci sono, da nessuna parte. Sembrano cuffie chiuse.
    Ma non è che si voleva con le HE6 strizzare l'occhio a chi ama le cuffie chiuse ? E poi quando HIFIMAN è riuscita a fare planari chiuse le hanno dismesse ?
    Perché la tendenza adesso è fare diaframmi sempre più leggeri (stealth, nano etc. etc.) per migliorare il dettaglio a differenza delle HE, dure e pesanti che invece dovevano favorire il volume alle basse frequenze.
    Nella sostanza sono cuffie one-off che devono trovare - secondo me - l'amatore che si ritrovi con questo tipo di suono, guadagnando in piccole nuance dove si perde in quella naturalezza e facilità di ascolto tipico delle magnetoplanari mainstream HIFIMAN.
    Con l'aggravante che queste HE6se hanno i padiglioni sovraaurali e che necessitano di essere schiacciati sulle orecchie per avere un carico adeguato (cosa verificata anche in sede di misura).
    A conseguenza di cui la fatica di ascolto si somma a quella di indossarle.
    In conclusione. Le sto restituendo. Le mie Arya (per non dimenticare le Jade II, cuffie di una fascia superiore ma non paragonabili a queste), sono per me molto più gradevoli in tutto.
    Qualche recensore dice che le HIFIMAN HE1000se e Stealth riescono a mutuare le caratteristiche delle Arya con le HE6. Può essere ma se non lo sento con le mie orecchie, sinceramente non mi fido.
  2. M&M
    Saint-Saens : sonate per pianoforte e violino 1 e 2, fantasia in la maggiore Op. 124, berceuse in sib per violino e arpa
    Cecilia Zilliacus, violino
    Christian Ihle Hadland, pianoforte
    Stephen Fitzpatrick, arpa
    Bis, 3 febbraio 2023, formato 96/24
    ***
    Fino all'ultimo quarto del XIX secolo, la Francia non aveva alcuna tradizione di sonata classica, di alcun genere.
    Si faceva riferimento generico a quella tedesca o a quella italiana.
    Peraltro era proprio tutta la tradizione strumentale che mancava nella musica francese, tutta concentrata sulla Gran Opera e sulla sinfonia.
    In un certo modo, l'infausto esito della Guerra Franco-Prussiana e il sentimento anti-tedesco scaturitone, facilitò i musicisti francofoni desiderosi di creare una scuola nazionale antitetica a quella germanica (oltre che ovviamente alla detestata scuola italiana ... ma qui era storia vecchia, risalente ai secoli prima).
    Saint-Saens lamentava questa situazione e insieme ad altri colleghi - compreso il belga Franck - e più avanti Fauré, Debussy e Ravel, approfittò della nuova tendenza per dedicarsi alla musica strumentale.
    Non è un caso se, in relativa tarda età, si vedranno quasi tutte le sue composizioni di questo genere, sia cameristiche che concertistiche.
    Siamo nel 1871 e l'ultimo pezzo in programma in questo disco è del 1907. Camille era del 1833 ed era da tempo un compositore affermato.
    Il modello della prima sonata, Op. 75, in Re Minore (come la 9a di Beethoven) è un pezzo fortemente virtuosistico, praticamente nella forma in quattro movimenti, ma anche nella durata nel suo complesso, è di fatto una sinfonia a due strumenti.
    In questo momento, complice il vecchio Brahms, si scriveva sonata per pianoforte e violino, ma il violino è l'assoluto protagonista.
    In questa sonata ci sono fugati, cambi di ritmo e di tempo.
    I primi due movimenti sono due adagi, come nella 3a Sinfonia di Saint-Saens.
    La composizione è brillante come i concerti per violino e per pianoforte. In una parola, bellissima ed orecchiabile al primo ascolto.
    La seconda sonata, Op. 102 invece è l'opposto.
    Intima, graziosa, più mozartiana che brahmsiana, senza melodie troppo orecchiabili, sempre in quattro movimenti.
    Come diceva lo stesso Camille, richiede ... almeno otto ascolti per entrare nell'orecchio.
    Non è vero, naturalmente. Ma non è così immediata.
    Le due sonata ebbero successo sin dalla prima. Con l'autore al pianoforte, e due violinisti di gran fama, Martin-Pierre Marsick per la prima, nel 1886, e Pablo Sarasate per la seconda, nel 1896.
    La seconda sonata venne eseguita la stessa sera della prima del 5° concerto per pianoforte, detto l'Egiziano perché composto durante un soggiorno a Luxos.
    Come la sonata.
    Completano il disco due composizioni particolari, una fantasia per violino e arpa che dura la bellezza di quasi 15 minuti e che è veramente difficile da decifrare e una Berceuse del 1871, pensata per pianoforte e violino ma qui trascritta "tale e quale" per violino e arpa.
    Quest'ultima è di facile ascolto, è una canzoncina ben strutturata.
    La fantasia è del 1907 ed è stata composta a Bordighera ed è dedicata a due sorelle, entrambe raffinate musiciste, appassionate della musica di Saint-Saens che la eseguirono in pubblico scrivendone all'amico del grande successo ottenuto.
    Ma in fondo, seppure l'ispirazione sia italiana, si tratta di musica tipicamente francese.
    L'esecuzione della Zilliacus, è stupefacente, coadiuvata dal suo violino napoletano di Nicolò Gagliano.
    E' indubbio che sia la protagonista del disco.
    Sebbene anche i suoi partner (in particolare l'arpista britannico Fitzpatrick) siano all'altezza.
    Come è all'altezza la registrazione Bis, in linea con la sua splendida tradizione.
    In breve, un disco che può diventare un riferimento per queste sonata di Saint-Saens, con pochi rivali.
    Il che per una specialista di compositori nordici (peraltro è da qualche mese professore di violino all'Accademia Sibelius di Helsinki) sembrerebbe strano.
    Ma poi non così tanto, se consideriamo l'assonanza tra i compositori tardo-romantici come Sibelius/Nielse/Stenhammar e il nostro caro Camille.


     
  3. M&M
    Mendelssohn : Lieder ohne Worte, Igor Levit pianoforte
    Sony Classical, 15 dicembre 2023, formato 96/24
    ***
    Sulle prime non ho capito questo disco.
    Molto crudo, anche nella registrazione.
    Per non parlare della copertina.
     
    Sony ha la pessima abitudine di pubblicare i suoi dischi senza il libretto. Mortacci .... !
    Quindi mi sono andato a cercare qualche cosa sul web. Ed ho trovato questi brani di intervista a Levit che riporto qui per spiegare questo disco.
    Che è una registrazione parziale - lungi dall'essere una integrale - delle Canzoni senza Parole di Mendelssohn:
    Una selezione dettata dallo stato d'animo del pianista e che termina con un preludio di Alkan ("La chanson de la folle de la mer").
    "Il pianista Igor Levit ha pubblicato un nuovo album come sua personale reazione artistica agli attacchi del 7 ottobre contro Israele e all'attuale aumento dell'antisemitismo in tutto il mondo.
    L'album contiene una selezione del ciclo per pianoforte solo di Felix Mendelssohn "Canzoni senza parole" e si conclude con un preludio del compositore romantico francese Charles-Valentin Alkan . Il ricavato dell'album sarà donato a due organizzazioni tedesche che combattono l'antisemitismo: il Centro di consulenza OFEK per la violenza e la discriminazione antisemita e l'Iniziativa di Kreuzberg contro l'antisemitismo. 
    Igor Levit spiega: 'Ho realizzato questa registrazione per una necessità interiore molto, molto forte. Ho trascorso le prime quattro o cinque settimane dopo l'attacco del 7 ottobre in un misto di ammutolimento e paralisi totale.
    'E ad un certo punto, è diventato chiaro che non avevo altri strumenti se non quello di reagire come artista. Ho il pianoforte. Ho la mia musica. E così mi è venuta l'idea di registrare questi lavori, le 'Songs without Words' e di donare i proventi di questa registrazione a due meravigliose organizzazioni che lavorano nella mia città natale qui a Berlino per aiutare le persone che sperimentano l'antisemitismo e per aiutare i giovani evitano di cadere nelle grinfie dell’antisemitismo.
    "È la mia reazione artistica, come persona, come musicista, come ebreo, a ciò che ho provato nelle ultime settimane e mesi. O per essere più precisi, è una delle tante reazioni che mi sono venute in mente.'
    Igor Levit ha recentemente parlato dell'aumento dell'antisemitismo nei media tedeschi e ha discusso del suo impatto sugli ebrei oggi con il vicecancelliere tedesco Robert Habeck, in occasione dell'85 °  anniversario della Notte dei Pogrom ( Notte dei cristalli ).
    A novembre Levit si è recato anche a Tel Aviv per suonare per le famiglie degli ostaggi israeliani e più recentemente ha organizzato un concerto di solidarietà con molti importanti musicisti, autori e presentatori tedeschi, nonché con la sopravvissuta all'Olocausto Margot Friedländer.  
    La scelta del repertorio per l'album è sembrata giusta per Levit, che ha suonato privatamente molte delle "Canzoni senza parole" di Mendelssohn e afferma che una "certa malinconia" nei lavori gli ha dato un po' di conforto negli ultimi tempi. Considera il Prélude Op.31: No. 8 di Alkan 'La chanson de la folle au bord de la mer' come una sorta di 'Canzone senza parole' e una conclusione intuitiva alla registrazione.  
    La sorprendente immagine di copertina è stata scattata dal fotografo Markus Hurek e mostra la collana regalata a Igor Levit alcuni anni fa, con una rappresentazione originale della Stella di David. "
    Non aggiungo altro se non l'ammirazione per il coraggio (la sensibilità di questo pianista la conosciamo già), di questi tempi, quando anche insospettabili progressisti di tutto il mondo non nascondono invece la propria vicinanza alla parte ... sbagliata di questa storia sbagliata.
    Se non che, nel mio immaginario, i Lieder ohne Worte di Mendelssohn, sebbene "senza parole", sono romanze che descrivono un mondo sognante e delicato, anche nei momenti meno "sussurrati".
    Composizioni scritte tra il 1829 e il 1845 e si avvicinano di più all'universo schumanniano di quanto si potrebbe pensare in generale della musica di Felix.
    In questo senso, l'interpretazione, mirabile oltre che integrale, del 1974, di Daniel Barenboim per DG per me resta insuperabile.
  4. M&M

    Beginners Guide
    Quasi coetaneo di Brahms ma vissuto per due decenni anche nel nuovo secolo, Camille Saint-Saens è passato attraverso tutte le fasi del romanticismo maturo e tardo e oltre.
    In gioventù prodigio, in età avanzata reazionario. E per questo in qualche modo ostracizzato ed emarginato.
    Tanto che il suo successo è stato in larga parte dimenticato fino a che in repertorio resistevano pochissime cose, praticamente solo il Carnevale degli Animali e la Terza Sinfonia, spesso utilizzata per dare sfoggio della potenza organistica o per provare gli impianti audio.
    Eppure, appassionato, colto, conoscente di tutti gli strumenti musicali sia a livello tecnico che compositivo, maestro del colore, virtuoso egli stesso di organo, pianoforte.
    E dilettante astronomo e archeologo. Oltre che formidabile linguista. Per tacere della passione per matematica e filosofia.
    In gioventù strenuo sostenitore delle avanguardie musicali (oltre all'amato Schumann, anche Liszt e Wagner le cui opere, senza influenzarlo, erano da lui considerate il riferimento musicale dell'epoca).
    In vecchiaia grande oppositore dell'impressionismo francese e per questo detestato da Debussy (uno lo considerava atroce, l'altro maniaco sentimentale).
    Grande protagonista della scena internazionale, con amicizie vaste con i suoi contemporanei (celebri i duetti e i trii con Chaikowsky, Rubinstein, Bruch, Stanford). Affermato e vivace solista.
    A ottantasei anni era ancora capace di affascinare il pubblico sul palco al pianoforte.
    Amante dell'Africa, per turismo, con lunghi e felici soggiorni.
    A dispetto di un certo snobismo che lo taccia - appunto, vedi Debussy - di un certo sentimentalismo "fracassone", la sua musica è varia e in larga parte eccellente, sia sul piano tematico - dove non teme confronti - che su quello tecnico e in tema di sviluppo.
    Il contrappunto per lui non aveva segreti e per il colore non aveva bisogno di andare ad Arlès o osservare giardini di ninfee, possedeva una palette sconfinata.
    Questo il mio amore per Camille Saint-Saens musicista, uomo per il resto molto controverso nella sfera personale.
    In questo articolo ci tengo a scegliere alcuni dischi proprio per approfondire il suo sterminato catalogo musicale. Escludendo proprio Le Carnival, le opere (io detesto l'opera francese, di tutti i tempi : sono italiano !) e il complesso di composizioni a tema, poemi sinfonici e simili.
    Ma bastano i concerti e la musica da camera per apprezzare la statura di uno dei più importanti compositori romantici.
    1)

    cominciamo con i tre concerti per violino e orchestra.
    Il terzo è straordinario ma anche gli altri due sono semplicemente molto belli.
    Le integrali sono poche ed io conosco bene solo questa, con uno splendido Andrew Wan accompagnato a Montréal da Kent Nagano.
    La registrazione è aperta ma col violino ci sta.
    2)
    Le sinfonie sono molto interessanti ma non del tutto facili da digerire al primo colpo.
    Ma la terza effettivamente è di statura mahleriana, mantenendo quella forza, quel vigore e quell'ottimismo viscerale tipico di tutta la musica del francese.
    Le edizioni sono tante, quella che scelgo è la versione "francese" con l'Orchestre National de France diretta da Cristian Macelaru con l'eccezionale Olivier Latry all'organo (Latry è il titolare di Notre Dame de Paris).

    per la terza, come alternativa con una coppia inedita ed irripetibile, questa di BR Klassik

    con Mariss Jansons in una delle sue ultime interpretazioni che accompagna la splendida Iveta Apkalna
    3)
    con Saint-Saens ci accomuna la passione per lo straordinario timbro caldo del violoncello

    in questo disco Emmanuelle Bertrand avvicina il precoce - e straordinario - primo concerto con le due ultime sonate per violoncello e pianoforte.
    E' virtuosismo estroverso. Singolare come il concerto abbia tono minore mentre le due sonate siano rispettivamente in Fa e Re maggiore.

    il 2° concerto è roboante e cavalleresco ma qui in questo disco Chandos c?è Truls Mork ad ammorbidirlo.
    E anche se dopo il 1° concerto da una impressione un pò sconcertante ... dopo arriva, si lo so, avevo detto che l'avrei escluso ... il Carnevale con Louis Lortie ed Hélène Mercier.
    E il disco si chiude con due splendidi "capricci" a tema, con un Lortie veramente in grande forma.
    Africa è semplicemente ... mozzafiato.
    4)
    e questo non può che introdurre i miei amati concerti per pianoforte.
    Una volta trovare i concerti di Saint-Saens in disco era un'impresa, c'erano alcune edizioni di riferimento e basta.
    Ma ultimamente la scelta è arrivata a livelli di eccezionalità.
    Grazie all'ultima generazione di pianisti francesi, Chamayou, Kantorow e, appunto Lortie.



    ma c'è anche una lettura particolarmente maschia dell'inglese Grosvenor

    ma farei torto a tutta la Francia (Mai sia !) se non citassi l'edizione di rifermento con Pascal Roge al piano e Charles Duoit sul podio

    i concerti per pianoforte di Saint-Saens per me stanno al pari di quelli di Brahms, sovrastano tutti quelli degli altri romantici e possono andare a paragone per varietà e peso, con quelli di Beethoven (lo so, sono un eccentrico !).
    5)
    il disco che segue di Chandos, contiene le prime due sonate (quelle complete) per violoncello e pianoforte

    che potrebbero bastare per la passione che Christian Poltéra mette nel suo archetto.
    Tra i "bis" c'è un bellissimo "Cigno" dal Carnevale
    6)
    composizione giovanile (Op. 14) e piuttosto cupa nel suo incipit "maestoso" è in realtà un laboratorio di armonia e di contrappunto che pone le basi per le successive composizioni di Saint-Saens, con una parte pianistica estremamente complessa e virtuosistica (siamo a livelli di Brahms o di Shostakovich)

    tra le edizioni scelgo questa del Quartetto di Cremona con Andrea Lucchesini, molto solida.
    Che contiene il più matura quartetto n.1 Op. 112 (il primo quartetto nel 1899, cioé ad oltre 60 anni di età), in Mi minore che fa fede nella tessitura alla chiave particolare.
    Non vi sembra l'ultimo Beethoven ? Ascoltatelo bene ...
    7)
    i tre amici Capucon, Chamayou e Moreau ci consegnano per Erato un disco straordinario

    che contiene tre gemme, la sonata per violino e pianoforte n.1, la sonata n.1 per violoncello e pianoforte e, insieme, il trio n. 2 che potrebbe stare al pari di una sinfonia di altri autori romantici.
    Disco da 5 Diapason !
    8)

    disco straordinariamente vario questo di hyperion con il Nash Ensemble che contiene tra le altre cose, la sonata per fagotto, quella per oboe e quella per clarinetto.
    Composizioni molto delicate dell'ultima maturità (1921).
    Nello stesso disco quartetto e quintetto con pianoforte.
    Gran bel disco, registrato splendidamente.
    9)
    disco raro che incorpora tutte le composizioni con violino e violoncello solista in un volume solo

    dai solisti e dell'orchestra reale belga.
    Aggiungo lo straordinario Introduzione e rondò capriccioso per violino ed orchestra, in questo caso dell'altrettanto straordinario Perlman

    nel volume dedicato alla musica francese dalla Emi Classics (c'è anche la Havainese : meravigliosa).
    Non dimentichiamoci del Saint-Saens di Perlman con Barenboim sul podio :

    10)
    chiudo con una alternativa

    in questo disco giovanile di Yuja Wang c'è la trascrizione per pianoforte solo della Danse Macabre di Saint-Saens scritta da Horowitz.
    La registrazione è orribile ma la lettura è straordinaria.
    Ne esiste una versione, forse ancora più originale (con lo zampino di Franz Liszt e di Sudbim stesso)

    Ovviamente non si può dimenticare l'originale :

    qui inserita in una serie di ouverture, marce e composizioni varie per orchestra, scritte in chiave spettacolare
    o trascritta più regolarmente per violino e pianoforte

     
    Ma per me Saint-Saens è una scoperta continua, quindi non è detto che la lista non continui nei prossimi mesi o anni, con nuove proposte oltre queste ideali "10".
    Il mio consiglio è di esplorarlo, andando oltre la superficie e fuochi artificiali. Troverete autentiche trovate geniali di un grandissimo compositore.
  5. M&M

    I Confronti
    Handel : il Messia, The English Concert & Choir, Trevor Pinnock
    Archiv, 1988
    Arleen Auger, Anne Sofie von Otter, Michael Chance, Howard Crook, John Tomlinson
    ***
    Siamo agli albori del digitale, il CD è già uscito ma molti album si comprano ancora in vinile.
    Io questo l'ho preso in cofanetto CD della Archiv.
    Ed è immediatamente diventato il mio riferimento ... anche per il test dei diffusori.
    Ricordo vivissamente l'impressone di freschezza, avendo in mente certe rappresentazioni del Messia alla .... Klemperer.
    Siamo ancora agli albori delle riletture filologiche, con il testo originale, oltre che con strumenti originali ed organici compatibili con il 1741.
    Il cast è eccezionale. La Auger canta sempre come un angelo, la von Otter - io sono un grandissimo fan - ha quella tonalità androgina particolarissima.
    Ma in generale l'intonazione, l'inflessione, è sensazionale.
    Non mi appassiona tantissimo il coro con grande presenza di bambini. Ma passi, l'English Concert del 1988 è meraviglioso.
    Sono passati 35 anni, si sono succedute tante altre edizioni.
    Ne arriva un'altra. Con la stessa compagine orchestrale, lo stesso coro.
    Un altro cast d'eccezione.

    Handel : il Messia, The English Concert & Choir, John Nelson
    Erato, 2023
    Lucy Crowe, Alex Potter, Michael Spyres, Matthew Brook
     
    John Nelson è un artista accurato. Già parte dalla scelta della location, la cattedrale di Coventry per la sua acustica.
    Recupera tante varianti, aggiunte da Handel dopo la prima del 1741 e fino al 1750.
    Arie scritte per castrato o per mezzosoprano.
    Nelson le include tutte in appendice, ma opta per il controtenore, all'epoca, l'italiano Gaetano Guadagni (famoso per l'interpretazione dell'Orfeo di Gluck) era un contraltista.
    L'impostazione è teatrale, praticamente operistica.
    Ricordo che il Messiah è un'oratorio, praticamente una recita da concerto, che in qualche occasione, un registra estroso ha cercato di trasformare in opera lirica con dubbia riuscita.
    Ma è ovvia la parentela con l'opera.
    Del resto Handel dovette convertirsi all'oratorio in inglese, una volta terminata la moda londinese per l'opera lirica in italiano, causata più che altro dagli eccessi di impresari e prime-donne italiane.
    Sinceramente sulle prime ho trovato questa lettura un pò immanente, meno frizzante dell'originale del 1988.
    Ma poi mi ha preso, lentamente ma profondamente.
    Il cast è all'altezza del precedente, Lucy Crow è splendida ma anche tutti gli uomini sono all'altezza, anzi.
    E il coro mi sembra superiore a quelli dei tempi. Certamente più abituato ad andare un pò oltre i confini del seminato abituale degli ultimi decenni del secolo scorso.
    E' una sensazione bellissima quando una partitura che sai a memoria riesce ancora a sorprenderti. E splendida la selezione di brani opzionali o aggiuntivi che spesso vengono trascurati.
    In pratica una sintesi di tutte e sette le versioni originali rappresentate da Handel in vita a Londra.
    Nelson ha più esperienza di Pinnock nel lavorare con i cori, e lo dimostra la maestria nel modo in cui ha schierato le sue truppe a Coventry, il coro del The English Concert é chiaramente in splendida forma, con i soprani che affrontano brillantemente le elevate esigenze di Händel in "And the gloria of the Lord" e il tutto genera l'energia necessaria per contrastare anche le trombe quando è necessario.
    Ovviamente la prova sta bel pudding. E se ascoltando il coro dell'Hallelujah di questo Messiah non vi si rizzano i capelli, vuol dire che siete già nel mondo dei più.
    Splendida prova, nuovo riferimento ? Credo di si. Ed era ora. Ma onore a Pinnock e al suo, di English Concert.
     
     
  6. M&M

    Recensioni Audio
    Qualche tempo fa abbiamo parlato della versione software del sistema di correzione ambientale Dirac :
     
     
    si tratta di una soluzione che il più delle volte risiede su di un processore dedicato mentre nella descrizione ci riverivamo specificatamente alla versione desktop per computer (sia Windows che Mac).
    Alcuni grandi marchi la adottano (Nad, Focal, Arcam, Emotiva, Lexicon, Emotiva, BMW, Bentley, Rolls Royce, Volvo, miniDSP) nei loro dispositivi sia desktop che embedded nei loro sistemi (anche automotive).
    L'uso di un processore dedicato - un DSP adeguatamente potente - permette una soluzione separata che non richiede necessariamente un computer, più accettabile per una certa fascia d'utenza "audiofila", offre possibilità aggiuntive rispetto al tutto software.
    In particolare una messa a punto che rimane stabile nell'uso, non avendo il processore altro da fare mentre "suona" (a differenza del computer che invece é per se multi-tasking), potendo dedicare tutta la sua capacità al lavoro specifico per cui viene utilizzato.
    Parliamo nella buona sostanza di apparecchi di tipo tradizionale, formato rack o anche molto più compatti, che integrano funzionalità da preamplificatore/controllo di volume, spesso anche equalizzazione, in alcuni casi anche crossover o uscite multi-canale, presa cuffia e tutto ciò che è possibile integrare in un apparecchio che può fungere o meno anche da DAC.
    Dopo qualche anno di uso della suite software, che qualche volta andava in tilt per altre operazioni fatte al computer e non volendo acquistare ex-novo la licenza per la versione 3 di Dirac, ho deciso anche io di provare un processore dedicato.
    Ne esistono di tante fasce di prezzo. Nel caso specifico ho selezionato un componente cinese di un marchio specializzato in DSP, che si chiama miniDSP.
    L'apparecchio è lo Studio SHD.
     

    Articolo
    Descrizione
    Processore di segnali digitali
    Dispositivi analogici a virgola mobile a 32 bit SHARC ADSP21489 / 450 MHz
    Frequenza di campionamento interna: 96kHz
    Controllo
    Interfaccia di controllo USB 2.0 senza driver per ambienti Windows.
    Un computer è necessario solo per la configurazione iniziale e per lo streaming audio USB
    Streamer audio di rete
    Processore Quad Core ARM, Gb Ethernet, USB 2.0 per disco rigido esterno
    Lettore audiofilo Volumio,
    Audio USB bidirezionale
    Audio USB asincrono XMOS fino a 192 kHz, compatibile con USB Audio Classe 2
    Driver ASIO per Windows
    Senza driver per Mac OS X
    Audio bidirezionale/riproduzione a 2 canali (da PC a SHD), post-elaborazione registrazione a 4 canali (da SHD a PC)
    Ingressi audio digitali
    Sorgente audio digitale selezionabile dal telecomando IR o dal pannello frontale, frequenza di campionamento fino a 216 kHz:
    AES/EBU su XLR femmina Neutrik a 3 pin / Isolato con trasformatore audio digitale
    SPDIF su connettore RCA / Isolato con trasformatore audio digitale
    TOSLINK su connettore ottico
    Uscite audio digitali
    Quattro canali di uscita digitale.
    2 x SPDIF su connettore RCA / Isolato con trasformatore audio digitale.
    2 x AES-EBU su connettore XLR Uscita amplificatore per cuffie CS43130 Amplificatore per cuffie/L'uscita cuffie stereo segue i canali 1 e 2.
    Jack da 6,35 mm
    Risposta in frequenza: da 20 Hz a 20 kHz +/- 0,2 dB.
    Rapporto segnale/rumore: 112 dB (carico 32 Ω, 1 kHz, ponderato A, ingresso digitale 0 dB)
    THD+N: 0,001% (32 Ω, 1 kHz, 65 mW + 65 mW, guadagno medio)
    Cuffie supportate impedenza: 16 – 600 Ω)
    elaborazione DSP miniDSP
    Volume, banchi equalizzatore parametrico, crossover, mixer a matrice, compressore/limitatore, mute
    Correzione della sala dal vivo di Dirac Controllo e configurazione Plug&Play dall'applicazione Dirac Live, elaborazione stereo full-range Filtrare lo spazio di archiviazione
    Fino a 4 filtri di configurazione del filtro memorizzati sull'unità
    porta USB
    Porta USB tipo B per streaming audio, controllo in tempo reale e aggiornamento firmware
    Alimentazione elettrica
    Alimentazione esterna 12 V CC, adattatori per spina EU/US/AU/UK forniti
    Dimensioni (A x L x P) mm
    41,5 x 214,5 x 206 mm / 1U di mezza misura / Disponibile adattatore opzionale per montaggio su rack completo
     
     

    le dimensioni sono contenute, qui è illustrato con sopra l'unità di ricezione USB di Gustard che lo alimenta sul piano del segnale audio e sopra una Nikon Zf, per capirci riferimento.

    dal menù LCD si capisce già qualche cosa dell'impostazione.
    Il volume è indicato in -dB (decibel a diminuire rispetto allo ZERO che è convenzionalmente il tutto volume), l'ingresso AES/EBU, il Preset Dirac 1.

    ingresso e uscita sono digitali.
    In questo caso è impiegato uno specifico cavo XLR con connettore Cannon dorato, ad impedenza costante per metro, specifico per trasportare il segnale digitale in standard AES (norme professionali) anche per decine di metri.
    L'unità di conversione Gustard prende il segnale via USB-A/B da un computer sui gira Qobuz, lo converte e lo consegna al miniDSP in digitale.
    Il miniDSP applica la correzione Dirac Live precedentemente impostata e misurata con il microfono, sempre di miniDSP UMIK-1 (secondo la procedura già illustrata nell'articolo sul Dirac), poi interviene sul volume.
    Il segnale, sempre digitale, così corretto, va con il cavo XLR (quello più lungo azzurro), al DAC che è situato tra i diffusori, insieme agli amplificatori, a svariati metri di distanza.
    Quindi ricevitore/preamplificatore/correttore ambientale a portata di mano, DAC (crossover elettronico e amplificatori per 8 canali complessivi) a distanza.
    Tutto in dominio digitale senza conversione se non a livello del DAC finale.
    Nella realtà il miniDSP SHD è in grado di fare più cose insieme ma finora io non le ho sfruttate.

    la vista delle uscite posteriori e lo schema a blocchi di una possibile soluzione di impiego.
    Il processore può essere connesso in rete Ethernet ma ha anche un'antenna wi-fi. E' compatibile con ROON e con Volumio (due oggetti per me ancora misteriosi).
    Il DSP interno può essere usato anche come cross-over a due canali. Come equalizzatore parametrico digitale. 
    Il tutto tramite una comoda app desktop :

     
    il taglio delle soluzioni è di tipo professionale. Lo si capisce dall'uso dei canali al posto dei classici RIGHT e LEFT cari agli appassionati di hi-fi.
    Molte delle funzionalità sono meglio spiegate alla pagina del prodotto (qui).
    ***
    Francamente da quando lo uso, ho dismesso i preamplificatori (ne ho molti in casa) che oggi uso solo per le cuffie.
    La correzione Dirac Live non smette di sorprendermi.
    Pur intrinsecamente sbilanciato, il mio sistema è molto complesso sul piano sonoro e l'uso o meno della correzione è come la differenza che c'è tra il giorno e la notte.
    Il suono è corretto, pulito, coerente, in fase, senza rimbombi, senza code. Chiaro.
    Quello di una catena di un ordine di grandezza superiore.
    Lo so che per molti anche solo l'ingresso della parola "processore" sa di "informatica" applicato all'audio.
    Ma è quello che si diceva anche quando è arrivata il digitale e quando il digitale è arrivato in fotografia ed ha soppiantato per lo più la pellicola.
    Naturalmente c'è chi ascolta ancora esclusivamente vinili con giradischi a cinghia, amplificatori a valvole e diffusori pesanti e complessi da pilotare.
    Poi ci sono i professionisti che sonorizzano stadi, auditorium e palchi con sistemi compositi, utilizzando ogni accorgimento che renda loro il lavoro più semplice e il risultato, nonostante le centinaia di metri di cavo steso e le decine di speaker sistemati a volte anche appesi ad una torre, all'altezza delle aspettative delle star che si esibiscono.
    L'audio adulto oggi va in quella direzione.
     
  7. M&M

    Recensioni : violoncello
    Anastasia Kobekina : Ellipses
    Violoncello, violoncello barocco
    Mirare 10 giugno 2022, 96/24, via Qobuz
    ***

     

     
    Disco di virtuosismo estremo, per gli amanti del violoncello.
    Folle dalla prima all'ultima nota tranne forse ... la "semplice" sonata di Debussy, eseguita alla perfezione ma senza tutta l'effervescenza del resto del programma.
    In parte ricercato, in parte studiato. Persino nel make-up di Anastasia.

    Come la Gagliarda alla francese finale, scritta da papà Vladimir Kobekin per la figlia Anastasia.
    Ma già il fandango di Giovanni Sollima su Boccherini che inizia il disco e la Follia (maraisienne) per violoncello solo ... bastano per amare il disco.
    Ellissi è una personalissima storia della musica per violoncello, dalle origini moderne fino a ... ieri.
    Registrazione perfetta. Comprimari e comparse di primissimo livello, musica eccezionale.
    Non solo per gli amanti dello strumento.
     
    Ascoltatelo.

  8. M&M
    Monteverdi : Vespro della Beata Vergine - Pygmalion/Pichon
    harmonia mundi, 1 settembre 2023 - 1:42:34 - formato 96/24 via Qobuz
    ***

    il ragazzino Pichon e i suoi amici del consort Pygmalion ci hanno abituati a letture molto personali e di carattere di composizioni sia famose che meno, del repertorio barocco europeo.
    Ricordiamo una eccezionale raccolta di cantate di Bach, i Mottetti, la Matheus Passion. E poi Mozart, Scarlatti, Rameau.
    Qualche breve incursione verso l'800.

    Ma questa interpretazione del Vespro di Monteverdi sconcerta. Giustamente disco del mese per Gramophon.

    ma dell'anno per noi. Ed è poco.
    Cercare il proprio cammino è una forma mentale, oltre che un impegno quotidiano.
    Lo sappiamo bene noi su queste pagine.
    La mente va ai riferimenti, Gardiner (1994) e Alessandrini (2014). Eccellenti edizioni in tutto.
    Ma qui al primo ascolto arriviamo subito alla sublimazione dell'arte musicale. La musica - eccezionale di Monteverdi - sale ad un livello superiore.
    C'è possanza, solennità, immanenza. Ma anche spirito operistico, virtuosismo vocale, gusto per suscitare sorpresa, emozione, interesse.
    Tutto l'insieme dell'arte di Monteverdi che non si rivolgeva con questa composizione solamente alla comunità sacra ma anche all'aristocrazia già abituata alle prime rappresentazioni operistiche all'italiana.

     
    in fondo sembra facile detto così : è una ricetta antica.
    Ma far quadrare i conti tra un testo sacro affrontato con tutti i sacri crismi "dell'autenticità" con una esecuzione vivida, palpitante e coinvolgente, richiede arte.
    E se ascoltandola non vi emozionerete nei passaggi più impressionanti e non vi resterà un formicolio all'epidermide, sarete voi da esaminare. In senso critico.
    Naturalmente non è musica per tutti. Ma diventa rapidamente ipnotica a qualsiasi livello.
    L'approccio non è operistico, lo è in modo spudorato. Ed è giusto così, anche per dar lustro ai cantanti.
    Il contrasto è importante, ben tenuto dalle parti con il solo accompagnamento della tiorba.
    Ma quando prende il pieno - che pure - come vedete nell'immagine d'insieme del complesso Pygmalion - non è mahleriano, e il volume sale, ogni componente si amalgama perfettamente.
    Leggibilissima ogni voce, non solo dei solisti.
    Legni ed ottoni superlativi.
    Come anche l'acustica della cappella e la ripresa sonora, superlative, senza un'ombra di coda o di rimbombo.
    Insomma, disco dell'anno senza tanti contendenti.
    Quando ti viene da esclamare "Magnificat anima mea dominun" non c'è molto altro spazio per gli altri (magari, per lo strumentale, per il magnifico Frescobaldi di Corti, così restiamo nella stessa epoca, stessa nostra cara Italia, madre della musica occidentale).
  9. M&M
    I due quartetti per pianoforte e archi di Mozart sono autentiche perle.
    Il n. 1 in Sol minore, K. 478 è del 1785.
    Fa parte di una commissione dell'editore Hoffmeister per tre composizioni da destinare al pubblico amatoriale.
    Nei fatti, Mozart andò troppo oltre, proponendo una composizione in cui quattro dilettanti difficilmente riuscivano a mantenere l'insieme.
    Mozart lo pensava per il fortepiano, il pubblico lo avrebbe affrontato al clavicembalo.
    Oggi si esegue esclusivamente o quasi al pianoforte, ottenendo così l'ampia gamma espressiva richiesta.
    E' una composizione di oltre 30 minuti - e già qua i dilettanti - con un primo allegro che è nella realtà piuttosto drammatico, anzi quasi sconvolgente, operistico sarebbe più appropriato definirlo.
    I cui toni si distendono gradatamente per sfociare poi in un andante molto grazioso e pacifico.
    Il rondò finale è un gioiello di leggerezza, molto frizzante e pieno di gioia.
    Pur liberato dalla commissione, Mozart completò un secondo quartetto qualche mese dopo, catalogato al K. 493, che è in mib maggiore.
    Questo resta impegnativo nelle parti ma è tutto molto grazioso, dalla prima all'ultima nota.
    Però raggiunge i 38 minuti e dispari.
    Molto più della durata di una sinfonia mozartiana standard.
    Con Mozart in vita probabilmente non furono nemmeno eseguiti. E come altri capolavori destinati al pubblico dilettante, le stampe - comunque effettuate per entrambe le composizioni - restarono invendute in negozio.
    Eppure si tratta di composizioni rivoluzionarie che arrivano insieme a due concerti importanti come il K 466 e il K 467 e poco prima della prima stesura delle Nozze di Figaro e dell'altro straordinario concerto K. 491.
    Mozart non si limita al compitino di allestire una sorta di sonata per pianoforte accompagnato dagli archi ma costruisce due veri e propri concerti per pianoforte e gruppo d'archi, con una dicotomia di fraseggio contrappuntistico impegnativa.
    Fondando di fatto la musica da camera moderna per pianoforte e archi.
    Ovviamente si comprende quanto la parte pianistica sia fondamentale, complessa, preminente.
    ***
    Questo confronto mi è stato suggerito dall'uscita ravvicinata di due edizioni diverse. Sono Quartetti che non godono di grande successo discografico recente e questo mi ha un pò sorpreso.
    In agosto è uscito un disco con una compagine abituata a suonare in pubblico :

    edita da Chandos
    mentre pochi giorni fa è stata la volta di una formazione più improvvisata, capeggiata da Renaud Capucon

    per Deutsche Grammophon.
    Mi perdonerà il simpatico Renaud ma io lo trovo spesso un pò troppo leggero e superficiale, tendo a preferirgli il più passionale fratello Gautier che qui non si prestato all'esperimento.
    E non credo avrebbe fatto la differenza.
    Nei due dischi la parte del pianoforte è fondamentale, come dicevamo.
    E Federico Colli nel disco Chandos ha decisamente centrato il suo ruolo, offrendo precisione, tempi e ritmi ma al contempo rendendo ogni ripetizione diversa, con abbellimenti e ornamenti liberali, di gran gusto.
    Nel complesso l'esecuzione è più bella e densa, per entrambe le composizioni.
    Probabilmente ha giovato il fatto che questo gruppo ha portato in concerto questi due quartetti e quindi è andato oltre le prove.
    La formazione "francese" sembra che invece si sia intrattenuta giusto per le prove (mi sbaglierò, magari) e questo si sente.
    Ma Guillaume Bellom, il pianista, mi sembra un pò troppo rococò e pedante, facendo perdere brillantezza a tutto l'insieme che poi si perde anche nella costruzione complessiva.
    Pur giovandosi di tempi più veloci dell'altra compagine che, viceversa, sembra più rilassata.
    Insomma, grazie a Federico Colli - perché i pur bravi Capucon e Dego poco possono aggiungere in queste composizione, non essendo pensate per evidenziare il violino - per me vince Chandos.
    ***
    Ma sarei disonesto se omettessi di dire che il mio riferimento, che mi accompagna dal primo ascolto nell'ormai lontano 1984 è quello dell'inossidabile Beaux Arts Trio con Bruno Giuranna alla viola.

    con la registrazione tersa e brillante dell'ineguagliata Philips di quegli anni.
    Perché ?
    Perché Menahem Pressler è ... Mozart quando suona Mozart.
    E' vivace, intelligente, leggero e conciso, fantasioso, brillante.
    Leporello con l'esperienza del Conte.
    Inarrivabile. E i suoi tre amici inappuntabili in ogni nota.
    Difficile andare oltre. Per quanto ne sappia io.
  10. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    The Muse : Nino Gvetadze, pianoforte
    musiche di Johannes Brahms e Clara Wieck
    Challenge Classics, 3 novembre 2023, 48/24, via Qobuz
    ***
    Non c'è libretto allegato a questo album, ho cercato sul sito dell'etichetta ed ho trovato il riferimento ad Elisabeth von Herzogenberg oltre ovviamente a Clara Schumann.
    Amiche, confidenti, critiche, capaci di recensire le partiture che Johannes mandava loro in anteprima rispetto alla pubblicazione.
    Entrambe morte prima del povero Hannes.
    Elisabeth, per un paio di lezioni anche allieva di Brahms che però rinunciò subito perché "non aveva nulla da insegnarle".
    Nel programma, le variazioni Handel che sono state in qualche modo ispirate da Clara, le due rapsodie Op. 79, dedicate ad Elisabeth, i tre intermezzi Op. 117, ispirate a Brahms dalla morte di Elisabeth, la romanza Op.21/1 di Clara a chiudere il disco.
    Insomma, d'accordo sul programma, sul nome, sul tema.
    L'interpretazione però non mi pare che si inserirà nella discografia di riferimento per queste opere.
    Se le variazioni sono piacevoli, le due rapsodie mancano un pò di mordente, stentano a decollare e diventano subito ripetitive.
    Le tre ninna nanne (questo sono gli intermezzi Op. 117) a me sembrano soporifere, e solo per questo conciliano il sonno.
    La romanza, non pervenuta.
    Quindi il disco è spiacevole ? No, almeno per la prima parte.
    Per questo ho esplorato la discografia, indiscutibilmente vasta di questa pianista georgiana. Ed ho trovato alcune cose interessanti.
    Però al di là dell'apprezzabile sensibilità di tocco, molto femminile, non mi ritrovo generalmente con i tempi rilassati scelti.
    Per carità, non è che sia sempre necessario fare certe prove di forza dei virtuosi di oggi, però alcune cose pretendono una verve che qui non trovo.
    Certamente è colpa mia.
  11. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    WAVES : Music by Rameau, Ravel, Alkan - Bruce Liu, pianoforte
    Deutsche Grammophon, 3 novembre 2023, 96/24, via Qobuz
    ***
    E' un disco di esordio ed andrebbe valutato con indulgenza.
    Ma è anche una compilation di musica che lega tre autori che più slegati non ce ne sono.
    Che sono accomunati tra loro solo dalla lingua comune.
    Nei fatti il Rameau è poco naturale. Suonarlo al pianoforte  come fa Sokolov, estraendone tutta la leggerezza del barocco più effettistico, ha un senso, ma qui il risultato non convince.
    Nemmeno Ravel, piuttosto intellettuale, che perde molta della sua natura ipnoticamente impressionistica.
    Restano gli studi di Alkan, compositore cui io non sono particolarmente legato ma che invece vanno al punto con umorismo e bravura.
    Probabilmente Liu dovrebbe decidere, nel prossimo disco - non sappiamo che cosa abbia in repertorio nei recital - di essere un pò meno audace nel programma (ma magari la responsabilità è dei discografici), per mostrarci cosa ha veramente nelle sue corde.
    Tecnicamente non abbiamo dubbi che sappia dominare un pianoforte importante (forse un Fazioli).
    Registrazione tesa e vivace, nel complesso, buona.
  12. M&M

    Interpreti
    allieva a New York con Rudolf Serkin negli anni '70

    con i due figli, qualche anno fa

    estrosa in casa sua

    ad un recente concerto

    affascinante negli anni d'oro
    Classe 1961, filippina. Non ho in mente altri grandi pianisti filippini.
    Cecile Licad ha avuto un periodo d'oro a metà degli anni '80, quando registrò due dischi per CBS, divenuti celeberrimi.
    Uno tutto dedicato a Rachmaninov, nel periodo di Chicago di Abbado, l'altro premiatissimo, che contiene Chopin e il celebrato secondo di Saint-Saens con Prevìn alla testa della London Philarmonic.
    Ricordo quelle copertine nei miei negozi preferiti, EMI e Ricordi in Galleria a Milano. Per me sono mitiche.
    Virtuosa, comincia a studiare all'età di tre anni, con già grande temperamento ma anche sensibilità estrema.
    Si perfeziona poi a New York dove si trasferisce per studiare con, tra gli altri, Rudolf Serkin.
    Basta sentirla pochi secondi per capire quanto sia grande come interprete.
    La sua discografia purtroppo è limitata a sporadiche incursioni in studio. Ma ogni disco è degno di nota.

    questo è del suo debutto, con il secondo concerto e la Rapsodia Paganini.
    Registrazione ancora CBS ma già Digital (in CD) del 1984
    E' una lettura forte, decisa, degna di nota ancora oggi.

    ma è superiore in tutto, ed ancora per certi versi da "riferimento", la successiva, sempre per CBS ancora del 1984.
    Qui la fusione con Previn e la LPO è ancora più equilibrata. Le istrioniche parti solistiche di entrambi i concerti sono rese con piglio e forza, senza mai un cedimento.

    ho trovato questo disco Amerco del 1995, disponibile su Qobuz altrettanto interessante per tutta l'ora che dura.
    Nonostante una certa durezza della registrazione.

    non è da meno questo di Ravel, sempre Amerco  del 2008.
    Seguono questi due dischi in cui la Licad accompagna il violoncellista Alban Gerhardt


    il primo dedicato al solo Fauré, il secondo ai bis di Pablo Casals (con tante rarità). Entrambi del 2011.
    Dove, anche come accompagnatrice di un altro solista, esibisce un pianismo effervescente e mai banale.
     

    c'è poi una serie di dischi antologici di musica pianistica americana. Questo dedicato a Gerschwin è del 2020.

    la lista delle registrazioni disponibili su Qobuz contiene vere e proprie rarità discografiche (attenzione, in alcuni titoli c'è solo un brano o due della Licad insieme ad altri pianisti).
    Di tutti questi dischi segnalo in particolare quello di Faurè e quello dedicato a Gershwin.
    Ma quello più apprezzabile resta quello con i concerti n. 2 di Chopin e di Saint-Saens.
    Saint-Saens in particolare salta immediatamente quanto sia potente e fenomenale anche a distanza di quasi quaranta anni.
    Il terzo movimento, la "quasi" tarantella del Presto finale è al calor bianco.
    Confrontato con Lortie, Kantorow e Chamayou, la nouvelle vague francese dei nostri giorni ... le "ragazze" sembrano loro.
    Stesso discorso con il quasi coevo (1981) Decca con Rogé e Dutoit, la prima integrale di Saint-Saens che io ricordi.
    Bisogna andare a riascoltare Rubinstein e Gilels per starle al pari ...
    Insomma, oggi semisconosciuta, meritava di essere citata sulle nostre pagine, no ?
  13. M&M
    Frank Martin e Cesar Frank, quintetti con pianoforte : Martin Klett e Armida Quartett
    CAvi-music, 21 aprile 2023, via Qobuz, formato 96/24
    ***
    Disco "strano" in quanto l'accostamento tra il quintetto di César Frank e quello di Frank Martin, al di là dell'assonanza tra il cognome del belga e il nome dello svizzero ci sta come la senape nel caffelatte. Tanto sono distanti sia l'indole che l'impostazione musicale dei due musicisti.
    Sono anche due composizioni abbastanza lontane nel tempo. E in fondo più romantica quella di Martin (1919), quasi morbosamente sensuale quella di Frank (1890), detestata praticamente da tutti i suoi contemporanei (gli aneddoti si sprecano, Saint-Saens alla prima uscì sdegnato, Debussy parla di "parossismo" con chiare allusioni sessuali).
    In questa lettura però questo aspetto è contenuto, quasi messo sotto sedativi, imbavagliato per dettagliare il fraseggio e le dinamiche irrequiete che caratterizzano i tre movimenti ("quasi lento", "con molto sentimento", "con fuoco").
    Ma nella realtà ciò che mi ha attirato di questo disco è il raro quintetto di Frank Martin, autore di composizioni colte e popolari all'unisono, appassionato e passionale.
    Questo quintetto, eseguito a Zurigo per la prima volta con Martin al pianoforte nel 1919, è nelle aspettative "neobarocco" e in tanti ci vedono echi di Bach. Io più che altro sento influenze di Ravel su una struttura classica, fin dalla struttura in quattro movimenti.
    Il pianoforte a volte sembra più una voce fuoricampo come se il quartetto suonasse un lavoro autonomo. Ma l'equilibrio complessivo è sempre garantito.
    Di particolare interesse il primo movimento che ha dinamiche interne e moti straordinari tra le parti e il presto finale, con echi esotici e folkloristici chiaramente di origine lontana per il panorama musicale mitteleuropeo tradizionale.
    L'esecuzione è di una meravigliosa finezza. L'Armida ha il suo particolare suono raffinato e limpido mentre il "jazzista" Martin Klett è inappuntabile.
    Insomma, è un disco estremamente interessante, più per Martin che per Frank. Ma pure il quartetto del belga, per chi se lo regge, è di particolare finezza.
    La registrazione è chiara. Nel libretto si fa riferimento a Deutsche Grammophon, non so a che titolo. Anche perché la registrazione è stata ripresa negli studi della Bayerischen Rundfunks di Monaco da gente della BR-Klassik.
    Ricordo con l'occasione di aver recensito qualche anno fa un disco straordinario (di tutte fughe : Fuga Magna) dell'Armida Quartet.
    Mentre non conoscevo affatto l'estroso pianista Klett.

    il pianista Martin Klett

    il raffinatissimo Armida Quartett
  14. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Mendelssohn : quartetti n.2 e n.4, Quattro pezzi Op. 81 - Quatuor Arod
    Erato, 22 settembre 2017, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Uno dei dischi più appassionati che abbia sentito negli ultimi tempi e che mi riconcilia definitivamente con l'autore della Grotta di Fingal e del Sogno di una Notte.
    E' il primo disco registrato da questa giovane formazione francese e contiene un capolavoro. No due. No, tre.
    I due quartetti 2 e 4 vivono tra Mozart e Beethoven, nello spazio che va dal 1827, anno di morte di Beethoven che per il giovane Felix rappresentò una svolta dal punto di vista compositivo con l'op. 13.
    Questo quartetto in La minore prende le mosse dagli ultimi quartetti di Beethoven ed è intriso di tristezza e di passione emotiva. Romantico quanto lo era l'ultimo Beethoven ma profondamente classico.
    Non molto diverso ma più simile agli ultimi quartetti di Mozart, il più romantico ancora Op.44 in Mi minore, con una architettura contrappuntistica più lineare e meno uso del fugato.
    Per alcuni il suo quartetto n. 7, i quattro pezzi Op.81 stanno benissimo insieme ma appartengono ad ere differenti.
    I primi due movimenti sono del 1847, appena prima che si compisse la tragedia che portò via a pochi mesi di distanza i due fratelli Mendelssohn, sono precedenti invece gli ultimi due, in particolare l'ultimo, una fuga del 1827 in stile Beethoveniano.
    Ma sono di particolare interesse tutti e quattro i movimenti. Intimi e pacifico il primo ma con improvvise animazioni schubertiane.
    Lo scherzo in la minore (gli altri brani sono in mi, maggiore, minore e bemolle maggiore) è vivace con richiami alle ultime sinfonie di Felix.
    Particolarmente interessante il capriccio, il terzo brano, diviso in due parti che insieme sintetizzano tutto Mendelssohn.
    Cantabile e appassionata la prima parte, una fuga drammatica che inizia senza troppi preamboli al minuto 2 che si avvolge continuamente sui richiami dei due temi.
    Una fuga più elaborata all'ultimo, fatta di contrappunti complessi ma in un'atmosfera "lunare" che non sale mai troppo di intensità.
    Il disco chiude con un bellissimo lieder "Ist es wahr ?" ("E' vero ?") arrangiato per soprano e quartetto d'archi in cui la voce di Marianne Crebassa si staglia fredda ma dolcissima su una melodia sussurrata dal quartetto all'unisono. Una meraviglia di nemmeno 2 minuti.
    Insomma, un disco straordinario di una formazione freschissima e vivacissima che si è ripetuta poi agli stessi livelli nei dischi successivi.
    Bella registrazione, armonica, ben equilibrata, leggermente fredda. Ma non è un problema.
    Attesissimo, per dopodomani il nuovo disco con i quartetti di Debussy, Ravel e Attahir, sempre per Erato.

  15. M&M
    Fauré : la musica per violoncello e pianoforte - Phillips/Tiberghien
    Sonate 1 e 2 per violoncello e pianoforte, brani sciolti
    La Dolce Volta, 20 ottobre 2023, 192/24
    ***
    Il bello é che non solo si trovano nuove interpretazioni di musica conosciuta ma capita comunque piuttosto spesso di incontrare musica per la prima volta.
    E' il caso di questo Fauré per violoncello e pianoforte, prima ascoltato solo in qualcuno dei brani di contorno ma mai nelle due sonate.
    E devo ammettere che con la prima sonata (Op. 109, 1917) è stato amore a prima vista.
    Fauré è un compositore che sa essere enigmatico. Pensando che nel 1917 in Europa c'era la più devastante guerra mai conosciuta fino ad allora e alle altre composizione coeve dei cugini d'oltre Manica, questa sonata mi ha preso immediatamente.
    Il tema principale del primo movimento (Allegro) pare che sia un'idea poi scartata per la sua Sinfonia in re minore. Qui é contraddistinto da una scrittura a zig-zag, con sincopi ma soprattutto accenti decisi che producono un effetto drammatico.
    Questo tema, portato con grande lirica dal violoncello dona una sua grande veemenza molto passionale. Il secondo tema, io non riesco ad identificarlo bene - siamo ancora nella forma sonata classica - perché è avvolto nella forza frenetica che caratterizza tutto il primo movimento
    Sinceramente io non conoscevo questa forza nella produzione di Fauré.
    Più intimistico ma comunque lirico il secondo movimento . Il tema principale è molto cantabile e si intreccia con il secondo, più portato dal pianoforte.
    L'Allegro comodo prende le mosse da una melodia dolcissima ma Fauré si serve di un contrappunto molto complesso per farlo fluire in modo molto fluido.
    Il violoncello ha decisamente il sopravvento, ma perché lamentarsi ?
    Non è altrettanto coinvolgente la seconda sonata, solo di poco successiva (1921) ma che comunque mantiene lo stesso carattere e la stessa impronta. Fauré scrive di aver preso per spunto la prima sonata di Saint-Sans.
    Ma anche se non è - secondo me - un capolavoro come la precedente, è comunque un importante aggiunta alla letteratura per questi due strumenti che vanta grandi esempi anche nel '900.
    Nel mezzo svariati brani sciolti, interessanti o meno, più in tono fin de siecle. Alcuni famosi, trascritti.
    In quanto ai due, non conoscevo Phillips che è stato a lungo allievo prediletto di Rostropovich quando insegnava a Parigi. Ha un suono molto lirico e caldo, perfettamente intonato a questa musica.
    Mentre Tiberghien lo conosciamo benissimo per le sue numerose partnership con alina Ibragimova.
    E devo ammettere che qui prende molto dal calore di Phillips.
    Per conoscerlo meglio segnalo questo altro disco, del 2009, non allo stesso livello per qualità sonora ma estremamente intenso :

    Il suono come ho accennato è spettacolare.
    Merita certamente attenzione.
  16. M&M
    Mozart : concerti per pianoforte n. 20, 22, 23, 24
    Charles Richard-Hamelin, pianoforte
    Les Violons du Roy diretto da Jonathan Cohen

    Analekta, 96/24 e 192/24, 20/10/2023 e 31/1/2020, via Qobuz
    ***
    Prima una precisazione, Charles Richard-Hamelin non è imparentato con il pianista connazionale Marc-André Hamelin, sono due ottimi pianisti canadesi ma non sono affini e nemmeno tanto vicini sul piano musicale.
    Secondo, per proporre ancora dei concerti per pianoforte di Mozart, benché sempre piacevoli, ci vorrà qualche cosa di nuovo da dire, non lo pensate anche voi ?

    Charles Richard-Hamelin non è il figlio fi Marc-André Hamelin
    Ma qui abbiamo ingredienti interessanti. E soprattutto per il momento non è detto che l'iniziativa si debba trasformare per forza nell'ennesima integrale non troppo significativa, come tante ce ne sono.
    Abbiamo un consort che suona a parti reali con strumenti originali caratterizzato da un suono leggero, veloce e frizzante, specializzato nel repertorio barocco del '600 e del primo '700.
    A questo non è stato aggiunto il solito fortepiano ma un pianoforte moderno che qui viene valorizzato al massimo, senza però che ci sia una sproporzione di forze in campo che renderebbe il tutto un esperimento cameristico.
    Infine, ma in particolare, un pianista molto eclettico, dotato di grande spirito di improvvisazione che aggiunge fioriture e imbellettamenti ad una musica che apparentemente non ne necessiterebbe.
    E che si è scritto tutte le cadenze, tutte. Con tanti bei richiami operistici (nel #22 c'è un Don Giovanni agli inferi bello bello) e tante invenzioni ad effetto ma senza mai andare a farla "fuori da vasino".
    Così, tra il suono leggero e brillante, degno del miglior Leporello e tante belle note aggiunte in più che avrebbero fatto impazzire l'Imperatore Giuseppe II.
    La ricetta del miglior Mozart con questi chef è un successo assicurato.
    Ed infatti, già quando avevo ascoltato il primo disco (che certo, sia per il #20 che per il #24 in termini interpretativi non impensieriscono i miei riferimenti) mi aveva attirato.
    Con questo secondo disco ancora di più, facendomi fermare in certi passaggi, qualunque cosa stessi facendo.
    In una lunga intervista Richard-Hamelin dice che Chopin gli ha cambiato la vita. Io ho sbocconcellato un pò dei suoi dischi di Chopin editi dalla stessa Analekta ma non li ho trovato così straordinari come questi di Mozart.
    Ed è per questo che ve li propongo in questa recensione, sottolineando come il carattere di queste letture, dal pianoforte ai timpani, richiamino anche nei momenti da "do minore" i sorrisini esibiti dai due protagonisti sulle copertine dei dischi.
    Perché la musica a volte deve saper sdrammatizzare e togliere un pò di patina anche da monumenti come questi, venerati già da Beethoven e dai giovani Chopin e Schumann, male non fa ...
  17. M&M

    Recensioni : violino
    Isabelle Faust : Solo
    violino solo (Jacobus Stainer 1658), harmonia mundi 20 ottobre 2023, formato 96/24, via Qobuz
    Registrato a Berlino nell'aprile 2020
    ***
    Matteis Jr, fantasia in la minore, Matteis Sr, Arie diverse per violino, Pisendel, sonata in la minore, Guillemain, Amusement pour le violon seul, Vilsmayr, partita n. 5, Biber, Passacaglia in Sol minore
    Inutile soffermarsi sul repertorio, quanto di meglio il periodo più fervido del barocco "all'italiana" offre per il violino solo senza accompagnamento di basso.
    Tra i due Matteis, padre e figlio, napoletani, e tre konzermeister di Salisburgo e di Dresda spunta un franzoso, discepolo di Leclair.
    Il violino suonato da Isabelle è uno Stainer, sudtirolese ma anche esso di scuola italiana (Amati), tra i più famosi liutai europei prima di Stradivari.
    E il suo suono chiaro contribuisce, insieme alla registrazione alla riuscita di un disco ricco, chiaro, senza indulgenze particolari che ostentino un virtuosismo che resta, come da abitudine per questa meravigliosa violinista, sempre essenziale e mai ostentato, quale che sia il repertorio, Biber o Berg.
    A me non sempre convince per una certa freddezza molto teutonica ma qui è inappuntabile, delicata e sensibile.
    La scelta della celeberrima e straordinariamente bella, Passacaglia di Biber per finale, è solo il coronamento di un disco molto personale, Registrato durante l'infausto e indimenticato periodo Covid.
    Ma non è da meno l'introduttiva fantasia di Matteis.
    Bel disco che vi trasmetto così, al primo ascolto di questa mattina (ma ne seguiranno tanti altri perché l'ho messo tra i preferiti).
  18. M&M

    Interpreti
    Schubert, Siszt : Excursions
    Teo Gheorghie, pianoforte
    Musikkollegium Winterthur, diretto da Douglas Boyd
    Sony Classical, 2015, via Qobuz
    ***
    La recensione di questo disco è incidentale.
    Si tratta di un disco del 2015 che comprende "il solito" collegamento Schubert-Liszt.
    In questo caso i 4 Imprompus D 899, la Vallée d'Obermann e infine la Fantasia Wanderer S.366 trascritta da Liszt per pianoforte e orchestra.
    I quattro Impromptus sono condotti con grande disinvoltura e anche una certa audacia. Tempi rapidi, ritmo giocoso, grande lirismo. Tutto quanto fa questi piccoli pezzi delle vere gemme della letteratura pianistica.
    Nulla che possa far impensierire Schiff o Sokoloff.
    Ma ricordiamoci che Teo Gheorghiu nel 2015 aveva 23 anni. Anche se suonava da quando ne aveva 5 e già a 12 anni aveva esordito con l'orchestra (e il concerto di Schumann).
    Ma poi arriva una strepitosa e matura Vallée d'Obermann. Intensa per tutti i suoi 12:21 minuti, con momenti di passione elevatissima che raramente ricordo in pianisti di questa età.
    E per finire la brillante esibizione con l'estroversa Wanderer, resa, ovviamente, roboante e trombonosa dal nostro Liszt.
    Un bel disco. Degno di darvene nota.
    Perciò mi viene voglia di guardare che altro ci sia online.
    Non trovo tantissimo. L'ultimo disco è Roots, che richiama le radici culturali del pianista (nato a Zurigo ma chiaramente di famiglia rumena)

    un interessante disco Claves che però contiene più che altro musica spagnola (non proprio la mia passione) di cui l'interprete parla allegramente, raccontandoci che ha preso ispirazione dal pedalare in bicicletta per Francia e Spagna per "letteralmente" migliaia di chilometri (2020)

    un Dvorak da camera col Carmina Quartet

    e niente più.
    Ma me lo ha segnalato mia madre dopo averlo ascoltato alla Radio Svizzera in un programma con Scriabin, Schumann e Chopin.
    E dove sarà mai quella musica ?
    Cazzo, questo fa un concerto ogni 10 giorni e non ci sono tracce discografiche a disposizione.
    E anche Youtube è poverissimo.
    Trovo questo disco, esaurito, di quando aveva 14 anni

    ma questo è Vitus !
    Vitus è un film svizzero tedesco che racconta degli esordi di un bambino prodigio dotato di intelligenza superiore che si finge malato per togliere pressione da parte della famiglia e intanto giovare col nonno (uno straordinario Bruno Ganz).
    Capace di salvare il padre dal tracollo finanziario giocando in borsa con una società di facciata sul mercato dei future.
    E di incantare la ragazza - molto più grande di lui - di cui si è innamorato.
    Il protagonista, della parte oltre che, ovviamente, di tutta la colonna sonora è proprio Teo Gheorghiu.
    Vincitore di premi internazionali, incontrato dal Principe di Galles insieme a pochi altri allievi di una prestigiosa scuola londinese.
    Capace di suonare praticamente qualsiasi cosa con un equilibrio perfetto tra chiarezza di dizione - anche nei passaggi più difficili - e di pura passione musicale.
    Un poeta. Ma potente !
    E mentre risuona con potenza la sua - sensazionale - lettura della Vallèe d'Obermann, mi chiedo che cosa ci stiamo perdendo.
    Cosa si sta perdendo questa generazione di musicisti - almeno quelli che se lo meritano - senza il tempo di pensare e di registrare, lasciando un segno della loro arte.

    la colonna sonora del film Vitus del 2006
    la locandina del film

    e l'attuale Teo, mezzo santone indiano e mezzo funambolo della tastiera

    incantatore alle prese con qualsiasi repertorio


     
    Speriamo trovi il tempo di fermarsi e di lasciarci qualche cosa, almeno per noi che non possiamo andare a sentirlo in sala da concerto ...
    Perché veramente, ascoltatelo in questi pochi dischi che abbiamo, a 30 anni è strepitoso.
    Ma lo era già a 12 e a 22.
    Chissà cosa sarà tra 10 o 20 anni !
  19. M&M
    Bach : Variazioni Goldberg, BWV 988
    Vikingur Olafsson
    Deutsche Grammophon, 6 ottobre 2023, formato 192/24, via Qobuz
    32 tracce : 1:13:54
    ***
    "Composta per gli amanti della musica per rinfrescare i loro spiriti".
    L'ha scritto di pugno Bach e ci tiene a ricordarcelo Vikingur.
    Ma allora, mi chiedo io, perché anche lui, come tutti i pianisti alle prese con questa montagna invalicabile, la mette giù così dura ?
    I clavicembalisti, c'è una edizione uscita lo stesso giorno, la trattano con rispetto e referenza ma la suonano in scioltezza. Rondeau escluso ... 

     
    25 anni di meditazione prima di registrarle. Sognando di poterle registrare un giorno.
    Prima un approccio matematico, poi scartato per uno più libero.
    Salvo ripensare a metà strada, togliere dinamica abbassando la voce, aggiungere dinamica rallentando e poi accelerando.
    E siccome, "ogni cosa fatta da Dio è cosa fatta bene", sappiamo che finisce per essere una esecuzione eccellente.
    Sebbene, come precisa lui stesso, un conto ("è una gioia") sia eseguirla in pubblico per un pubblico, un altro, affrontare la "pressione insita in una registrazione".
    Morale ... 
    ci vuole preparazione ascetica perché è musica che fa tremare i polsi ad ogni esecutore che viene lasciato da Bach senza alcuna istruzione a dimenarsi attraverso 32 microcosmi che si aprono e si chiudono uno dopo l'altro, senza apparente legame tra di loro

    ma poi è il pilota automatico di ogni pianista che porta alfine l'esecuzione di questo ciclo.
    Al nostro vichingo non abbiamo nulla da insegnare - né a qualsiasi altro esecutore di questo livello - salvo quello di seguire le sue stesse proposizioni e di prendere la musica con gioia.
    Le Variazioni Goldberg sono un miracolo geniale che richiedono al pianista (che usa un solo manuale anziché due come il clavicembalista, ma ha dalla sua il forte, il piano e il pedale) di compiere tanti piccoli miracoli.
    Per convincere l'ascoltatore e per trattenerlo a se.
    La tecnica di Olafsson è somma.
    La sua mano sinistra è eccezionale e ci fa sentire le due trame polifoniche nettamente distinte.
    Le Var. 2, 4, 19 sono eccezionali. La monumentale 25 invece è lenta e ... soporifera (10 minuti solo lei ! ????).
    Nella 29 l'ho sentito in affanno. Eppure in sala di registrazione si può staccare, ripetere, riposarsi. Che stesse cercando di imitare l'inimitabile canadese del Nord ? Impossible ...
    Così la 30 arriva a fagiuolo per mettere pace, ancora con la sinistra che accentua la melodia quasi al parossismo.
    E per andare al da Capo finale che anziché chiudere l'opera, richiama come sia iniziata.
    Insomma, bella prova. Che per me con svariati distinguo sta di diritto alla pari con i riferimenti "dispari", di Perahia e di Schiff.
    Ma Gould no, quello sta in una parrocchia tutta sua. Che condivide con il suo amico Glenn. E non c'è pericolo che qualcun altro, oggi, domani, sempre, li vada a disturbare là dove suonano anche adesso.
  20. M&M

    Scherzi a parte
    Qualche mattina apro Nikonland con curiosità e mi chiedo, ci saranno cose interessanti da leggere ?

    Poi trovo giusto qualche commento ad una foto oppure una serie di interventi concentrati sull'ultimo raro nuovo topic aperto qualche giorno fa.
    Mentre a fine serata, in generale, compaiono quesiti, a volte davvero dannatamente da principianti, a volte tali da far intendere un travaglio sottostante tale che Freud e Jung avrebbero pane per i loro denti.
    Ma qui siamo tutti fotografi attempati. Io che non sono né il più giovane né il più vecchio, fotografo da più di quaranta anni.
    Ed ho fatto esperienza. Esperienze diverse, con i tanti strumenti che in questi decenni ho adoperato.
    In fondo che sarà mai stato il passaggio al digitale ? La libertà di non dover più caricare il rullino e andare in negozio "per vedere le foto".
    E il passaggio alle mirrorless ? Ancora più libertà. Senza specchio e con il mirino che simula quello che sarà lo scatto, l'autofocus a tutto campo che mi ha ulteriormente liberato dall'avere sempre tutti i soggetti la in mezzo.
    Certo, nessuno nasce imparato. Ma sperimentando, fotografando, adoperando le proprie cose, le funzionalità messeci a disposizione da Nikon nelle nostre fotocamere, il bagaglio del fotografo, formatosi tanti anni fa, si sarebbe dovuto evolvere intanto.

    il lato oscuro del nikonlander compare a tarda sera. E' il momento in cui si fanno inconfessabili domande. Compro questo o compro quello ? Sviluppo con questo o con quello ?
    Eppure. Eppure è sempre un pò la solita solfa. E di fondo, nessuno che ha da condividere qualche cosa della sua esperienza e della sua fotografia.
    Già perché tutta quella roba che ci guarda dalle vetrinette dovremmo averla accumulata per fotografare, no ?
    E usandola dovremmo aver imparato cose che dovremmo anche essere in grado di trasferire all'esperienza altrui. No ?

    il fotografo medio presente su Nikonland, è maschio, sui 50, con un reddito medio/alto, interessato a fotografia specializzata, in possesso di più di una fotocamera, a volte di più di un sistema.
    Attento al soldo e all'acquisto conveniente. Meno alla condivisione della sua esperienza. Se pure ne abbia.
    Ma perché ?
    Siamo tutti eternamente principianti e dobbiamo chiedere consiglio perché siamo insicuri ? Perché non siamo professionisti ? Perché .... non lo so il perché.
    Lo sapete voi ?
    ***
    PS : questa non è una richiesta di fare alcunché. Ho risolto la mia posizione "contrattuale" con Nikonland delegando tutte le incombenze professionali al nuovo Admin, quindi di fondo "me ne sto fottendo" se fate o non fate qualche cosa con le vostre fotocamere.
    Se avete imparato ad usarle o seppure vi siete convinti che imparerete di più solo comprandone una migliore.
    Senza nel frattempo farci vedere che cosa state combinando con le cose che avete provato ad usare.

    ma seppure non sono bello, brizzolato e tenebroso come i personaggi generati dall'AI che illustrano questo blog (sono piuttosto goffo, pesante, bruttino, scorbutico ...) vi guardo - virtualmente - come sta facendo questo qua.
    Col dubbio che pure a me sia sfuggito qualche cosa. Qualche cosa su di voi ...

    Io ho accumulato milioni di scatti nella "mia carriera" fotografica. E sono permanentemente in condizione di apprendimento.
    Nel senso che ogni volta che fotografo, sperimento qualche cosa di diverso, ripasso quello che mi serve per quella volta, ed imparo qualcosina di più.
    Soprattutto faccio evolvere il mio fotografare per sfruttare a pieno i nuovi strumenti.
    Altrimenti, che li avrei comprati a fare ?

    E poi qual'è la prima cosa che faccio ? Vengo qui a parlarvene.

    Voi sembra che sappiate solo commentare quello che fa quel raro esemplare che si espone sulle nostre pagine, redattore o avventore avventizio.
    Attenti a non diventare, nel frattempo, così ...

    carichi di attrezzature e troppo maturi per trarne qualche cosa di buono ... per voi e per gli altri.
  21. M&M

    Composizioni
    La letteratura ufficiale data questa composizione al 1725, inizio del lungo soggiorno di Lipsia di Bach.
    Nella realtà - come peraltro altre composizioni non pubblicate ufficialmente - non è possibile datarlo.
    Da quello che ho letto, mi sembra uno scritto, molto ma molto antecedente.
    Ci sono troppi riferimenti alla musica barocca più antica, alla struttura veramente classica, mi viene in mente Sweelink ma possiamo citare persino Frescobaldi.
    Anche lo strumento per cui è stata scritta è incerto, nei due manoscritti sopravvissuti, rimasti inediti fino al 1849, c'è due scritto manualiter e i manuali (tastiere) sono quelli dell'organo.
    Ma la struttura della fuga è atipica per le composizioni d'organo di Bach, perché le voci entrano ed escono e nell'organo si sente subito se manca qualche cosa o se qualche cosa compare all'improvviso, non è facile giocare con le dinamiche con quello strumento.
    Per cui più facilmente clavicordo se lo immaginiamo come un pezzo didattico, volto ad affermare e consolidare stilemi compositivi più che interpretativi (per i figli, la moglie, gli studenti ? Chi lo sa).

    Ma si tratta di una composizione di una bellezza inusitata (a mio modesto avviso) che sembra invece pensata per il puro intrattenimento con tutto il più viscerale gusto barocco dello stupire l'ascoltatore.
    Rimaniamo nel mistero.
    Non è un mistero che la BWV sia rimasta fuori dai repertori, schiacciata dalla retorica romantica che descriveva Bach come una sorta di sacerdote ascetico del contrappunto retto e non come un musicista che amava fare musica in famiglia o al caffé, quando gli impegni imposti dai suoi padroni bacchettoni e puritani gliene lasciavano il tempo.
    Per cui la Fantasia Contrappuntistica e Fuga con i suoi voli pindarici l'ha annullata. Come del resto le Partite non sono mai entrate in repertorio fino ai giorni nostri.
    Merito di Von Bulow una certa riscoperta ma soprattutto di Busoni che ne curò la riedizione critica con tanto di saggio allegato, nel 1916-1920 insieme alle straordinarie toccate.
    Se ne avvalsero il grande Edwin Fischer che ci ha lasciato una sontuosa registrazione nonostante l'età e quindi Alfred Brendel che l'ha tenuta sempre in repertorio, mettendola nel suo disco d’addio.
    Per i clavicembalisti, se se sono appropriati, ovviamente dalla stampa originale, i nordici, con Leonhardt in testa. E sono tantissime le registrazioni a nostra disposizione.
    Fino ai giorni nostri dove possiamo goderci la contrapposizione tra cembalistici latini (Alard e i nostri Alessandrini e Corti) e il pianista gouldiano, vichingo d'Islanda che l'ha inserita in chiusura del suo celebrato disco bachiano.
    Tanta abbondanza però non vale a questa straordinaria composizione che resta trascurata dagli ascoltatori.
    Io, ovviamente, la adoro (come del resto il 99% della musica di Bach) e quindi ne ho voluto scrivere, approfittando dell'occasione per allegare il - poco - materiale scritto disponibile al riguardo.
    ***
    Struttura
    Fantasia non ha alcuna relazione col termine romantico (a la Chopin o Schumann) ma va inteso per derivazione corale, mottettistico.
    Si tratta di una composizione solenne, un lamento all'italiana abbellito e strutturato in quattro parti reali, due simmetriche e due divertimenti, una sorta di rondeau ellittico.
    Può essere intesa sia in forma solenne o drammatica, che contemplativa. Dipende dalla lettura (o dall'uso del pedale, per i pianisti).
    La fuga è una composizione a due facce. Apparentemente semplice sul piano strutturale, contrappuntisticamente poco sviluppata, nella realtà non gioca su soggetto e controsoggetto ma su due temi diversi a formare in pratica due fughe differenti, una inserita nell'altra, i cui due temi e sviluppi ad un certo punto si fondono prima della stretta, evolvendo in modo stupefacente come una il controsoggetto dell'altra.
    Lascio come approfondimento il commento di Francesco Corti (in italiano !) nel video qui di seguito mentre allego un saggio specifico sulla fuga, estremamente dettagliato, per chi volesse seguire partitura e soluzioni stilistiche.
    Nei commenti una lettura con la partitura a fronte.
     
     
     
    analisi critica (in inglese).pdf partitura.pdf
  22. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Bach : l'arte della fuga per quartetto d'archi (Cuarteto Casals)
    harmonia mundi, 9 giugno 2023, formato 96/24, via Qobuz
    1h:08m:15s
    ***
    Cuarteto Casals e non Quartet Casals per non confondersi con il quartetto di Pablo Casals. Formazione giovane ma agguerrita con già diverse prove in disco.
    Trascuriamo ora e per sempre i triti e ritriti aneddoti sull'Arte della Fuga e sulle ultime parole di Bach dal letto di morte dettate al genero con l'ultima frase dell'ultima fuga che si interrompe là dove egli spira e vola in cielo ...
    L'Arte della Fuga è una composizione troppo importante, troppo evoluta, troppo ... esagerata per poterci ricamare sopra. Se è incompiuta non ci possiamo fare nulla, salvo scegliere, come fanno questi musicisti, di chiuderla con un accordo che ferma la trama contrappuntistica.
    La questione tecnica e stilistica è un'altra.
    Sono una serie di contrappunti e canoni (in pratica fughe, polifonia pura scritta con tutti gli stili possibili, contemporanei, passati e futuri), tutti nella stessa tonalità, pensati per 3,4, sei voci ma non per uno o più strumenti specifici.
    Quindi abbiamo possibilità di lettura illimitate ma tutte che si scontrano con la domanda di base : si tratta di qualche cosa da suonare per un pubblico pagante oppure è "solo" un esercizio di stile, raffinato al punto da dover suonare per se e studiare per applicarne i segreti ?
    Qui abbiamo una risposta.
    In un quartetto d'archi con 2 voci uguali, una di un tono simile e un'altra di un tono più basso.
    Che suonano e si intrecciano insieme per monodie separate e che formano all'unisono la trama complessiva.
    Zero o ancora meno vibrati e esibizionismo ma anche non troppa riverenza.
    Ci sono altre letture del genere esageratamente umili, come se si trattasse di pregare in ginocchio sotto la Croce.
    No, è musica. E' la musica che ha ispirato Beethoven negli ultimi quartetti.
    E' musica che può intrattenere.
    Certo, orecchie colte, raffinate e ben educate, capaci di seguire lo sviluppo dei temi, i più evoluti del tema regio e delle lettere B-A-C-H.
    Esibizionismo ? No. Soli Deo Gloria
    Registrazione esemplare, grande tenuta armonica, compresa la cesura con un corale il BWV 668 che apparentemente non ci azzecca nulla con l'Arte della Fuga.
    Ma che ci sta, ci sta.
     
     


  23. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Locatelli : il virtuoso, il poeta
    Isabelle Faust, violino
    Il Giardino Armonico, Giovanni Antonini
    harmonia mundi, 25 agosto 2023, formato 176.4/24, via Qobuz
    ***
    Ripresa magistrale con un bellissimo violino (che dovrebbe essere lo Stradivari Bella Addormentata del 1704).
    Isabelle sempre straordinaria, algida ma fenomenale.
    Antonini e il suo Giardino Armonico come lo sono sempre stati sin dai tempi di Teldec, precisi, secchi, analitici, vetrosi.
    Locatelli ... mi ha sempre lasciato freddo. Nonostante nelle note lo si dipinga come il Paganini del '700 e se ne tratteggino la vita e le opere in dettaglio, come se fosse un secondo Handel.
    La sintesi, pur dopo decine di ascolti non mi appassiona tantissimo.
    Devo anche ammettere di essere rimasto indispettito. Ok, i franzosi ci considerano una minoranza etnica, ma a parte la nota di Isabelle in tedesco, il resto dei testi è in origine in italiano, tradotto in tedesco, francese e inglese.
    Ma in italiano no.
    Avevano finito le pagine ?
    La foto di copertina invece è spettacolare.
  24. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    UN INVITO DAGLI SCHUMANN
    Trio Dichter, Théotime Langlois de Swarte, Hanna Salzenstein, Fiona Mato
    harmonia mundi, 25 agosto 2023, formato 96/24, via Qobuz
    19 tracce, 1h : 19m : 10s
    ***

    Il titolo, evocativo, noi lo tradurremmo più appropriatamente "Dagli Schumann", vuole in qualche modo rievocare un invito musicale nel salotto di Casa Schumann, con Clara e Robert perfetti padroni di casa, in una delle loro tante residenze temporanee di Lipsia, Dresda o Dusseldorf.
    I due coniugi solevano "aprire la porta del loro soggiorno" agli amici, dove condividere i loro pensieri sulla musica che li avevano commossi ed ispirati, mentre i loro figli giocavano attorno a loro, riempiendo la stanza di risate gioiose.
    Non solo musica "loro" ma anche del passato e di altri autori del loro tempo, naturalmente. Secondo le inclinazioni e l'estro della stagione.

    “Regnerà un’oscurità da sogno nella stanza con i fiori alla finestra, o quella azzurra con il pianoforte a coda
    e incisioni su rame – e desidereremo soltanto amarci e restare fedeli l'uno all'altro [...] Tu mi guiderai così
    dolcemente quando ne avrò bisogno – mi dirai dove ho fatto un passo falso e anche dove ho realizzato qualcosa di bello – e lo voglio
    lo stesso per te – dovresti amare Bach in me, io dovrei amare Bellini in te – suoneremo spesso il pianoforte a quattro mani.’

    Per mantenere l'atmosfera fedele anche sul piano sonoro, l'intero programma sfrutta il suono di un pianoforte Bösendorfer della seconda metà del XIX secolo; un pezzo unico per
    ricchezza timbrica che ha ispirato e guidato gli interpreti. Come il timbro degli strumenti di fabbricazione italiana per gli archi: il violino è di Nicolò Gagliano e il violoncello è di Pietro Guarneri di Venezia.
    Ovviamente corde di budello, che producono una sonorità rotonda e calda, in perfetto complemento al suono del pianoforte storico.

    “Un nuovo capitolo della vita si è concluso con successo, anche se non senza preoccupazioni, per cui dobbiamo farlo con tutto il cuore : grazie al Cielo. Il primo settembre ci ha regalato una bambina grazie alla mia Clara. Le ore che lo precedettero furono
    dolorose; Non dimenticherò mai la notte del primo settembre, un mercoledì. C'erano tante cose in pericolo; ad un certo punto mi sopraffaceva così tanto che non sapevo come trattenermi. Ma poi ho riposto la mia fiducia nella forte costituzione di Clara,
    il suo amore per me – come potrei descriverlo tutto. Dieci minuti prima delle undici del mattino la piccola era là, in mezzo a lampi e tuoni, perché c'era un temporale nel cielo. Ma ai primi suoni – la vita era di nuovo luminoso e amorevole davanti a noi: eravamo benedetti dalla felicità. Quanto sono orgoglioso di avere una moglie che, 
    oltre al suo amore e alla sua arte, mi ha fatto anche un regalo del genere. Adesso le ore volano tra gioia mista a preoccupazione."

    Il disco ruota attorno ad una serie di opere di Robert Schumann : i movimenti di apertura e chiusura da Kinderszenen (Scene d'infanzia, 1838 – ‘Von fremden Ländern und Menschen’ (“Di terre e popoli stranieri”) e “Der Dichter spricht” (“Il poeta parla”) in un arrangiamento per pianoforte, violoncello e violino – insieme al suo Trio n.2,
    Op.80, un'opera importante a cui Clara era particolarmente affezionata. Sebbene la realizzazione di quest'opera abbia seguito da vicino quella del trio precedente, quest'opera è più esuberante e ottimista e, secondo le parole dello stesso compositore, "rende un'atmosfera più gradevole" e impressione immediata.’ Il primo movimento è pieno di speranza, alternato ad episodi vivaci e pieni di luce del sole e quelli più sognanti e teneri. Il secondo movimento presenta una melodia dal respiro lungo e marcato dall'interiorità. Segue un terzo movimento, una sorta di lenta barcarola costruita sull'imitazione canonica tra violino e violoncello, poi tra pianoforte e violino: nel quarto ed ultimo movimento ritroviamo gli accenti agogici del primo, con un episodio centrale evidenziato da una scrittura contrappuntistica e una coda fiammeggiante piena di energia in costante aumento.

    Naturalmente non potevano mancare due dei lieder più romantici di Robert, cantati in modo molto convincente dal baritono Samuel Hasselhorn. ‘Widmung’ (da Myrthen, 1840), che Robert Schumann regalò a Clara il giorno delle nozze, conferisce all'espressione dell'amore un aspetto quasi dimensione trionfante, mentre "Meine Rose" (dalla Sechs Gedichte von N. Lenau und Requiem, Op.90) costituisce la sua dimensione più controparte intima e tenera.
      
    L'altra protagonista principale di questo salone è ovviamente Clara, un'interprete prodigiosa, una pianista universalmente ammirata e compositrice di talento che fu costretta a mettere in pausa la sua carriera per dedicarsi al suo ruolo di moglie e madre.

    Ci sono alcuni brani eseguiti troppo raramente che ci ha lasciato Clara (solo una quarantina circa di numeri d'opera in tutto). In questo caso è l'Andante molto ad aprire i Drei Romanzen (1853), notevole per la sua incredibile invenzione e libertà – molto “viennese” ante litteram – e il sublime Notturno per pianoforte solo, preso dalle molto precedenti Soirées Musicales (1836), scritte quando Robert le aveva appena fatto la sua dichiarazione d'amore. 

    “Continuiamo il nostro studio delle fughe [di Bach]. … Robert sottolinea i passaggi in cui il tema ricorre continuamente. Lo studio delle fughe è molto interessante e mi dà molto piacere. Robert mi ha rimproverato aspramente; Lo ero stato
    raddoppiando un passaggio in ottave, e così aveva aggiunto una quinta voce, incompatibile con la scrittura in quattro parti. Quanto aveva ragione per sgridarmi! Ma quanto mi è dispiaciuto non averlo indovinato io stesso!"

    Leggendo il programma, ci potremmo interrogare su alcuni pezzi. Perché un preludio di Bach e un pezzo di Scarlatti si intromettono in questo programma ottocentesco? La scelta di quei pezzi testimonia la nostra voglia di raccontare la storia di una coppia di pianisti e soprattutto delle loro attività quotidiane. Robert e Clara avrebbero ripercorso i preludi di Bach e fughe insieme, per così dire "a quattro mani", ed è evidente dallo studio delle loro opere che la musica di Bach influenzò il loro stile e divenne un modello, proprio come la musica di Mendelssohn. Qui abbiamo il Kleine Präludium in Mi minore, BWV 938 (1720 circa), il cui carattere diretto e istruttivo lo rende un perfetto esempio di ciò che Clara potrebbe aver dato ai suoi studenti da imparare. Quanto a Scarlatti, dall’esame dei programmi di recital di Clara si deduce che suonava spesso la sua musica, specialmente alcune delle sue sonate più virtuosistiche. Robert, invece, ha mostrato poca predilezione per quella che considerava pura pirotecnica: musica troppo "decorativa", in breve

    Accanto ai modelli della coppia va menzionato anche il loro più caro amico, Felix Mendelssohn. Clara si era esibita più volte sotto la sua direzione al Gewandhaus di Lipsia prima di sposare Robert, di cui Felix era il padrino una delle loro figlie. Fu solo la sua prematura scomparsa (avvenuta nel 1847, a soli 38 anni) a porre fine a questo rapporto quasi fraterno relazione. Qui troviamo un'opera per pianoforte a quattro mani, Andante et Allegro assai vivace (1841), di cui Clara è dedicataria.

    I salotti di casa Schumann furono anche l’occasione per scoprire giovani talenti promettenti. Robert l'aveva già fatto mostrò il suo interesse e la sua ammirazione per l'originalità salutando l'arrivo di Chopin all'inizio del 1831 con le parole "Via i cappelli , signori, un genio!" Così fu anche per Niels Gade, che nel 1840 aveva appena composto la sua prima sinfonia e lo inviò a Mendelssohn, allora direttore stabile del Gewandhaus di Lipsia. Quest'ultimo, pieno di entusiasmo, lo inserì subito nel programma del concerto e convocò personalmente il giovane danese, nominandolo poi suo assistente. Lì Gade conobbe Robert e tra i tre artisti nacque una bellissima amicizia, Schumann lo riteneva un compositore eccezionale. La presenza di Gade presso gli Schumann è qui illustrata da uno dei suoi Akvareller (Acquerelli): un'elegia trascritta per violino e pianoforte e contrassegnata da un lirismo teneramente ardente, evocativo di Frédéric Chopin.
    Solo leggermente più giovane, Theodor Kirchner arrivò a Lipsia nel 1838, dove divenne anche un protetto di Mendelssohn e Schumann. Entrò nel Conservatorio appena fondato da Mendelssohn e, nello stesso anno, nel suo raccomandazione, ottenne il posto di organista presso la chiesa di Winterthur. Compositore prolifico, Kirchner ha lasciato un
    un'opera immensa (per parlare solo del pianoforte, i numeri d'opera sono quasi mille!). Il “Lied ohne Worte” dal suo Bunte Blätter (1888) per trio con pianoforte è una sorta di “doppio” omaggio: ricorda il Lieder ohne di Mendelssohn Worte (1835-1845) e Bunte Blätter di Schumann (1836-1849), entrambi per pianoforte solo. 

    Infine, la figura di Johannes Brahms, ovviamente compare in più punti del nostro programma. Brahms è il più assiduo degli “ospiti” a casa degli Schumann: lo é dal 1853 – tre anni prima della morte di Robert. Qui è rappresentato, nei temi dell'infanzia nel suo amatissimo Wiegenlied (Lullaby, 1868) ma anche della musica tradizionale che deve essere stata molto presente nella vita di tutti i giorni, alla quale gli Schumann come Brahms hanno attinto folklore per molte delle loro composizioni. La 'Schwesterlein' è tratta dai 49 Deutsche Volkslieder di Brahms (49 canzoni popolari tedesche, pubblicata nel 1894, ma iniziata nel 1854), così come i due brani tratti da Fünf Stücke im Volkston di Robert Schumann  per violoncello e pianoforte (1849), testimoniano questa influenza popolare.

    «La musica adesso si è fermata, almeno esteriormente. […] Ora devo concludere. Si è già fatto buio.’
     
    Il retro del disco con il ricco programma, rappresentato da scelte ipotizzate dagli interpreti.

    Il disco è caratterizzato da un suono caldo ma una registrazione abbastanza bassa, del resto gli strumenti scelti e la configurazione non si prestano a volumi da sala da concerto perché si voleva preservare l'atmosfera da salotto e i toni scuri, tardo autunnali ma caldi, dettati dai colori del salotto.
    La registrazione è comunque bellissima e il sentimento che prevale è, ma non ci sarebbe bisogno di dirlo, l'amore. Con cui sono state scritte le musiche e con cui venivano e vengono eseguite ancora oggi.
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