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Handel : Messiah HWV 56 - Nelson vs Pinnock


M&M

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Handel : il Messia, The English Concert & Choir, Trevor Pinnock
Archiv, 1988
Arleen Auger, Anne Sofie von Otter, Michael Chance, Howard Crook, John Tomlinson

***

Siamo agli albori del digitale, il CD è già uscito ma molti album si comprano ancora in vinile.
Io questo l'ho preso in cofanetto CD della Archiv.
Ed è immediatamente diventato il mio riferimento ... anche per il test dei diffusori.

Ricordo vivissamente l'impressone di freschezza, avendo in mente certe rappresentazioni del Messia alla .... Klemperer.
Siamo ancora agli albori delle riletture filologiche, con il testo originale, oltre che con strumenti originali ed organici compatibili con il 1741.
Il cast è eccezionale. La Auger canta sempre come un angelo, la von Otter - io sono un grandissimo fan - ha quella tonalità androgina particolarissima.
Ma in generale l'intonazione, l'inflessione, è sensazionale.
Non mi appassiona tantissimo il coro con grande presenza di bambini. Ma passi, l'English Concert del 1988 è meraviglioso.

Sono passati 35 anni, si sono succedute tante altre edizioni.

Ne arriva un'altra. Con la stessa compagine orchestrale, lo stesso coro.
Un altro cast d'eccezione.

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Handel : il Messia, The English Concert & Choir, John Nelson
Erato, 2023
Lucy Crowe, Alex Potter, Michael Spyres, Matthew Brook

 

John Nelson è un artista accurato. Già parte dalla scelta della location, la cattedrale di Coventry per la sua acustica.
Recupera tante varianti, aggiunte da Handel dopo la prima del 1741 e fino al 1750.
Arie scritte per castrato o per mezzosoprano.
Nelson le include tutte in appendice, ma opta per il controtenore, all'epoca, l'italiano Gaetano Guadagni (famoso per l'interpretazione dell'Orfeo di Gluck) era un contraltista.

L'impostazione è teatrale, praticamente operistica.

Ricordo che il Messiah è un'oratorio, praticamente una recita da concerto, che in qualche occasione, un registra estroso ha cercato di trasformare in opera lirica con dubbia riuscita.
Ma è ovvia la parentela con l'opera.
Del resto Handel dovette convertirsi all'oratorio in inglese, una volta terminata la moda londinese per l'opera lirica in italiano, causata più che altro dagli eccessi di impresari e prime-donne italiane.

Sinceramente sulle prime ho trovato questa lettura un pò immanente, meno frizzante dell'originale del 1988.
Ma poi mi ha preso, lentamente ma profondamente.

Il cast è all'altezza del precedente, Lucy Crow è splendida ma anche tutti gli uomini sono all'altezza, anzi.
E il coro mi sembra superiore a quelli dei tempi. Certamente più abituato ad andare un pò oltre i confini del seminato abituale degli ultimi decenni del secolo scorso.

E' una sensazione bellissima quando una partitura che sai a memoria riesce ancora a sorprenderti. E splendida la selezione di brani opzionali o aggiuntivi che spesso vengono trascurati.
In pratica una sintesi di tutte e sette le versioni originali rappresentate da Handel in vita a Londra.

Nelson ha più esperienza di Pinnock nel lavorare con i cori, e lo dimostra la maestria nel modo in cui ha schierato le sue truppe a Coventry, il coro del The English Concert é chiaramente in splendida forma, con i soprani che affrontano brillantemente le elevate esigenze di Händel in "And the gloria of the Lord" e il tutto genera l'energia necessaria per contrastare anche le trombe quando è necessario.
Ovviamente la prova sta bel pudding. E se ascoltando il coro dell'Hallelujah di questo Messiah non vi si rizzano i capelli, vuol dire che siete già nel mondo dei più.

Splendida prova, nuovo riferimento ? Credo di si. Ed era ora. Ma onore a Pinnock e al suo, di English Concert.

 

 

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Condivido questa recensione perché concordo al 100% con quanto scrive Katherine Cooper di PrestoMusic.

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