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Mozart : quartetti per pianoforte e archi n. 1 e n.2


M&M

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I due quartetti per pianoforte e archi di Mozart sono autentiche perle.

Il n. 1 in Sol minore, K. 478 è del 1785.
Fa parte di una commissione dell'editore Hoffmeister per tre composizioni da destinare al pubblico amatoriale.

Nei fatti, Mozart andò troppo oltre, proponendo una composizione in cui quattro dilettanti difficilmente riuscivano a mantenere l'insieme.
Mozart lo pensava per il fortepiano, il pubblico lo avrebbe affrontato al clavicembalo.
Oggi si esegue esclusivamente o quasi al pianoforte, ottenendo così l'ampia gamma espressiva richiesta.

E' una composizione di oltre 30 minuti - e già qua i dilettanti - con un primo allegro che è nella realtà piuttosto drammatico, anzi quasi sconvolgente, operistico sarebbe più appropriato definirlo.
I cui toni si distendono gradatamente per sfociare poi in un andante molto grazioso e pacifico.
Il rondò finale è un gioiello di leggerezza, molto frizzante e pieno di gioia.

Pur liberato dalla commissione, Mozart completò un secondo quartetto qualche mese dopo, catalogato al K. 493, che è in mib maggiore.

Questo resta impegnativo nelle parti ma è tutto molto grazioso, dalla prima all'ultima nota.
Però raggiunge i 38 minuti e dispari.
Molto più della durata di una sinfonia mozartiana standard.

Con Mozart in vita probabilmente non furono nemmeno eseguiti. E come altri capolavori destinati al pubblico dilettante, le stampe - comunque effettuate per entrambe le composizioni - restarono invendute in negozio.

Eppure si tratta di composizioni rivoluzionarie che arrivano insieme a due concerti importanti come il K 466 e il K 467 e poco prima della prima stesura delle Nozze di Figaro e dell'altro straordinario concerto K. 491.

Mozart non si limita al compitino di allestire una sorta di sonata per pianoforte accompagnato dagli archi ma costruisce due veri e propri concerti per pianoforte e gruppo d'archi, con una dicotomia di fraseggio contrappuntistico impegnativa.
Fondando di fatto la musica da camera moderna per pianoforte e archi.

Ovviamente si comprende quanto la parte pianistica sia fondamentale, complessa, preminente.

***

Questo confronto mi è stato suggerito dall'uscita ravvicinata di due edizioni diverse. Sono Quartetti che non godono di grande successo discografico recente e questo mi ha un pò sorpreso.

In agosto è uscito un disco con una compagine abituata a suonare in pubblico :

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edita da Chandos

mentre pochi giorni fa è stata la volta di una formazione più improvvisata, capeggiata da Renaud Capucon

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per Deutsche Grammophon.

Mi perdonerà il simpatico Renaud ma io lo trovo spesso un pò troppo leggero e superficiale, tendo a preferirgli il più passionale fratello Gautier che qui non si prestato all'esperimento.
E non credo avrebbe fatto la differenza.

Nei due dischi la parte del pianoforte è fondamentale, come dicevamo.

E Federico Colli nel disco Chandos ha decisamente centrato il suo ruolo, offrendo precisione, tempi e ritmi ma al contempo rendendo ogni ripetizione diversa, con abbellimenti e ornamenti liberali, di gran gusto.
Nel complesso l'esecuzione è più bella e densa, per entrambe le composizioni.
Probabilmente ha giovato il fatto che questo gruppo ha portato in concerto questi due quartetti e quindi è andato oltre le prove.

La formazione "francese" sembra che invece si sia intrattenuta giusto per le prove (mi sbaglierò, magari) e questo si sente.
Ma Guillaume Bellom, il pianista, mi sembra un pò troppo rococò e pedante, facendo perdere brillantezza a tutto l'insieme che poi si perde anche nella costruzione complessiva.
Pur giovandosi di tempi più veloci dell'altra compagine che, viceversa, sembra più rilassata.

Insomma, grazie a Federico Colli - perché i pur bravi Capucon e Dego poco possono aggiungere in queste composizione, non essendo pensate per evidenziare il violino - per me vince Chandos.

***

Ma sarei disonesto se omettessi di dire che il mio riferimento, che mi accompagna dal primo ascolto nell'ormai lontano 1984 è quello dell'inossidabile Beaux Arts Trio con Bruno Giuranna alla viola.

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con la registrazione tersa e brillante dell'ineguagliata Philips di quegli anni.

Perché ?

Perché Menahem Pressler è ... Mozart quando suona Mozart.
E' vivace, intelligente, leggero e conciso, fantasioso, brillante.
Leporello con l'esperienza del Conte.

Inarrivabile. E i suoi tre amici inappuntabili in ogni nota.
Difficile andare oltre. Per quanto ne sappia io.

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