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  1. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Beethoven I Concerti per pianoforte e orchestra
    Ronald Brautigam, fortepiano
    Die Kolner Akademie diretta da Michael Alexander Willens

    Bis 2019, formato 96/24
    ***
    Il fortepiano non è uno strumento antico, non è un clavicembalo, è il primo tipo di pianoforte.
    Nato in Italia nel 1710 era caratterizzato sin dall'inizio dalla percussione delle corde al contrario degli altri strumenti a tastiere che invece pizzicavano le corde per ottenere il suono.
    Era costruito con una cassa di legno e fino alla prima metà del '800 è stato lo strumento di elezione dei musicisti europei.
    Già Bach apprezzo i fortepiani Silbermann di Berlino di cui Federico di Prussia aveva una collezione nelle sue residenze.
    Ma poi Mozart, Haydn e naturalmente Beethoven che pensò tutta la sua musica al e per il fortepiano.
    L'evoluzione con cassa interna in ghisa, l'allungamento della coda, corde più lunghe, spesse e tese, migliori sistemi di percussione portarono - ma solo nell'ultima parte della sconda metà dell'ottocento, al pianoforte che conosciamo oggi. Che solo nel '900 è diventato capace di intrattenere sale da concerto molto grandi ed assorbenti.
    Insomma, senza il fortepiano non ci sarebbero i fantastici Fazioli di oggi.
    E nemmeno tutta la musica per pianoforte del periodo classico e romantico.
    Il pianista olandese (classe 1954) Ronald Brautigam non è il primo ad usare il fortepiano (naturalmente ha un trascorso discografico e di performance con il pianoforte) ma è il primo (credo) a completare le opere di Beethoven a quello che era lo strumento di Beethoven.
    Dopo le sonate e tutte le variazioni è adesso il momento dei concerti.
    E intanto lo stesso Brautigam ha assunte anche l'aspetto ... di Beethoven.

    Ronald e Ludwig

    Brautigam al fortepiano in concerto solistico.
    Lo strumento usato per i primi tre concerti è un Paul McNuty del 2012, costruito sul modello originale Walter & Sohn del 1805.
    Anton Walter era il più famoso costruttore di fortepiano della sua epoca. I suoi strumenti erano molto costosi ma tra i suoi clienti annoverava Mozart, che comprò il suo fortepiano nel 1782 e Beethoven che ne acquistò uno a buon prezzo nel 1802.
    Si tratta di uno strumento in noce di 221 cm e circa 97 chilogrammi con la cassa alta solo 32cm.

    Per il 4° e 5° concerto invece Brautigam è costretto ad usare uno strumento più pesante del 1819, di Conrad Graf, lungo 240cm, alto 35 e del peso di ben 160 kg.

    Questo era il fortepiano di Beethoven, di Chopin, di Robert e Clara Schumann, di Liszt, di Mendelssohn e di Brahms.
    Bene, fatte queste premesse, come sono questi dischi ?
    Appena fatto l'orecchio alla pressoché mancanza di bassi del fortepiano e ad un suono più brillante e molto meno potente di quanto siamo abituati si comincia ad apprezzare l'equilibrio tra il solista e l'orchestra.
    La tessitura complessiva è più chiara, la tonalità complessiva lo è.
    Bratigam suona in modo molto brillante, specialmente nei primi tre concerti. Più ampolloso e più autoindulgente - come è giusto - negli ultimi due.
    E a me viene naturale immaginare che davanti a me ci sia lo stesso Beethoven ansioso di mostrarmi come sentiva lui le sue creature.
    Il risultato è estremamente convincente e questa, nel suo complesso, mi sembra una delle più belle interpretazioni di questi concerti degli ultimi anni.

    In una parola illuminante.

    Anche l'orchestra è molto brillante ma nel complesso leggera. Giustamente in equilibrio acustico con il solista.
    Certo da ascolto ravvicinato (come con i miei monitor) perchè in una sala delle nostre credo che in fondo non arriverebbe molto del volume complessivo.
    La registrazione nel suo complesso è chiara per non oscurare il pianoforte che si staglia perfettamente in mezzo all'immagine.
     
    - segnalo della stessa serie sempre da Bis e consigliatissimi :


    che costituiscono adesso un unicum complessivo sul Beethoven originale (non necessariamente filologico, qui in fondo c'è solo lo sforzo di ristabilire i volumi e i suoni originali ma la prassi esecutiva è quella moderna cui siamo abituati, almeno quando il solista si mette al servizio della musica con amore, passione, vicinanza con la partitura originale.

  2. M&M

    Recensioni : Vocale
    Sabine Devieilhe, soprano
    Ensemble Pygmalion diretto da Raphael Pichon
    Erato 5 novembre 2021, formato HD; via Qobuz
    Musiche di Handel e di Bach
    ***
    Le note parlano di un "programma, abbiamo voluto esprimere dolore, pentimento, gioia e desiderio attraverso le partiture profane e sacre di questi due compositori. Da Cleopatra al personaggio del peccatore nella cantata BWV 199, il le lacrime scorrono e l'anima cerca riposo. Registrato in una settimana di dicembre 2020, tra tamponi e permessi di viaggio, quasi di nascosto.
    Che però "non potevano competere con la magia di questa musica.Bach e Händel suonano in modo così rassicurante e familiare."
    Vero, in parte. La voce di Sabine suona lamentosa per tutto il disco, anche quando - come nella cantata BWV 51 di Bach i toni della tromba dovrebbero invogliare anche il soprano alla gioia.

    Sabine Devieilhe e Raphael PIchon
    Insomma, l'opposto del brillante disco mozartiano dedicato alle sorelle Weber, già recensito su queste pagine.
    E lo sguardo della protagonista sembra questo

    anche quando impersona Cleopatra, che figura tragica e drammatica, anche nel dolore dovrebbe invece manifestare forza e determinazione, fino all'ultimo.
    L'Ensemble Pygmalion resta un complesso di primordine e la direzione di Pichon resta geniale ma é proprio l'intesa che non mi convince.
    Per me, durante le privazioni della pandemia, l'isolamento e il dubbio, devono prevalere i toni di speranza e di fiducia, guai a lasciarsi andare.
    Almeno, è quello che dovrebbero fare gli intrattenitori che al primo posto dovrebbero sempre tenere a mente lo scopo per cui noi acquistiamo i loro dischi.
    Deprimerci ? Giammai.
    Bravi tutti, comunque, fino all'ultimo liberatorio (?) Halleluja.
  3. M&M
    Saint-Saens :  Concerti per pianoforte e orchestra n. 3, 4 e 5
    Alexandre Kantorow, pianoforte
    Tapiola Sinfonietta diretta da Jean-Jacques Kanotorw
    BIS 2019, formato 96/24
    ***
    Credo debba essere considerato un grande privilegio, padre e figlio insieme in un progetto musicale.
    Sono soliti suonare insieme anche a livello cameristico, il violinista e direttore d'orchestra Jean-Jacques e il pianista Alexandre.

    Qui si combinano con il fresco approccio della Tapiola Sinfonietta, un'orchestra nata con intenti cameristici e poi cresciuta a dimensioni sinfoniche, sebbene comunque di organico contenuto.
    Danno sfogo al virtuosismo pianistico di Camille Saint-Saens con i suoi ultimi tre concerti per pianoforte e orschestra.
    Il punto massimo nel 4° concerto - la più grande pagina pianistica scritta da Saint-Saens, secondo il suo amico Alfred Cortot, e scusate se è poco - mentre trovo un pò meno convincente il brillantissimo "Egiziano" che chiude il disco.
    L'interpretazione di Alexandre è molto brillante ma temo che si fermi alla superficie, lasciando quella solita impressione edonista che molte letture di questo autore tendono a dare. E' giovane e vuole apparire, nulla di male in tutto ciò.
    Però mi piace questo grande ritorno di fiamma per un compositore troppo importante per essere semplicemente archiviato, come è stato sinora, per antipatico, retrogrado e conformista.
    Registrazione chiarissima come da costume BIS che privilegia nell'equilibrio il pianoforte, con l'orchestra forse troppo leggera. Ma i tecnici BIS sanno il fatto loro e conoscono bene sia l'orchestra che la sala, quindi avranno ripreso quello che avremmo potuto ascoltare dal vivo.
  4. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Camille Saint-Saens : sonata per violino pianoforte Op. 75, sonata per violoncello e pianoforte Op. 32, trio per pianoforte, violino e violoncello, op. 92
    Ranaud Capucon, violino
    Edgar Moreau, violoncello
    Bertrand Chamayou, pianoforte
    Erato 2020, formato 96/24, via Qobuz Unlimited.
    Registrazione del settembre 2020 a Soissons
    ***
    Che sia un progetto in atto di riqualificazione di Saint-Saens o meno, appaiono sempre più spesso splendide registrazioni dell'incompreso Camille per le etichette francesi e con grandi interpreti come questi.
    Apprezzo peraltro lo sguardo disinvolto e sorridente dei tre, già apprezzati in altre registrazioni insieme alle altre stelle della cameristica francese.
    Fa da contrapposizione all'immagine noiosa e polverosa che la tradizione, già a partire dai contemporanei, ha dato di Saint-Saens.
    Delle tre composizioni qui presentate non conoscevo solo la sonata per violino. E' una bella scoperta e al contrario della moglie di Camille, è proprio l'ultimo movimento che mi appassiona di più.
    Le tre composizioni mostrano la poliedricità dell'estro del compositore che, certo, è estremamente tradizionale, ancora più di Brahms ma lo è ad un livello che sinceramente non posso che apprezzare.
    Per quanto io trovi noiosi in generale tutti i compositori francesi di tutte le epoche, Saint-Saens ha scritto musica che è fondamentale riscoprire.
    Mentre bandirei dal repertorio il carnival ...
    I tre musicisti si trovano perfettamente a loro agio insieme, si conoscono bene, sono eccellenti solisti.


    ammetto di non essere riuscito ad apprezzare Renaud Capucon, che dei tre è certamente la stella di maggior luce sul panorama internazionale, in tante altre occasioni ma nella musica francese è imbattibile.
    Chamayou l'abbiamo già molto apprezzato nei concerti per pianoforte di Saint-Saens mentre Moreau appare spesso in queste formazioni e devo dire che nella sonata per violoncello è eccezionale.
    Nel complesso uno dei più bei dischi di musica da camera dell'anno, da ascoltare ed apprezzare a lungo, come sto facendo io da ieri ... praticamente ascoltandolo continuamente.
    Bella registrazione, diretta, senza troppe sofisticherie.
  5. M&M
    Saint-Saens : sonate per pianoforte e violino 1 e 2, fantasia in la maggiore Op. 124, berceuse in sib per violino e arpa
    Cecilia Zilliacus, violino
    Christian Ihle Hadland, pianoforte
    Stephen Fitzpatrick, arpa
    Bis, 3 febbraio 2023, formato 96/24
    ***
    Fino all'ultimo quarto del XIX secolo, la Francia non aveva alcuna tradizione di sonata classica, di alcun genere.
    Si faceva riferimento generico a quella tedesca o a quella italiana.
    Peraltro era proprio tutta la tradizione strumentale che mancava nella musica francese, tutta concentrata sulla Gran Opera e sulla sinfonia.
    In un certo modo, l'infausto esito della Guerra Franco-Prussiana e il sentimento anti-tedesco scaturitone, facilitò i musicisti francofoni desiderosi di creare una scuola nazionale antitetica a quella germanica (oltre che ovviamente alla detestata scuola italiana ... ma qui era storia vecchia, risalente ai secoli prima).
    Saint-Saens lamentava questa situazione e insieme ad altri colleghi - compreso il belga Franck - e più avanti Fauré, Debussy e Ravel, approfittò della nuova tendenza per dedicarsi alla musica strumentale.
    Non è un caso se, in relativa tarda età, si vedranno quasi tutte le sue composizioni di questo genere, sia cameristiche che concertistiche.
    Siamo nel 1871 e l'ultimo pezzo in programma in questo disco è del 1907. Camille era del 1833 ed era da tempo un compositore affermato.
    Il modello della prima sonata, Op. 75, in Re Minore (come la 9a di Beethoven) è un pezzo fortemente virtuosistico, praticamente nella forma in quattro movimenti, ma anche nella durata nel suo complesso, è di fatto una sinfonia a due strumenti.
    In questo momento, complice il vecchio Brahms, si scriveva sonata per pianoforte e violino, ma il violino è l'assoluto protagonista.
    In questa sonata ci sono fugati, cambi di ritmo e di tempo.
    I primi due movimenti sono due adagi, come nella 3a Sinfonia di Saint-Saens.
    La composizione è brillante come i concerti per violino e per pianoforte. In una parola, bellissima ed orecchiabile al primo ascolto.
    La seconda sonata, Op. 102 invece è l'opposto.
    Intima, graziosa, più mozartiana che brahmsiana, senza melodie troppo orecchiabili, sempre in quattro movimenti.
    Come diceva lo stesso Camille, richiede ... almeno otto ascolti per entrare nell'orecchio.
    Non è vero, naturalmente. Ma non è così immediata.
    Le due sonata ebbero successo sin dalla prima. Con l'autore al pianoforte, e due violinisti di gran fama, Martin-Pierre Marsick per la prima, nel 1886, e Pablo Sarasate per la seconda, nel 1896.
    La seconda sonata venne eseguita la stessa sera della prima del 5° concerto per pianoforte, detto l'Egiziano perché composto durante un soggiorno a Luxos.
    Come la sonata.
    Completano il disco due composizioni particolari, una fantasia per violino e arpa che dura la bellezza di quasi 15 minuti e che è veramente difficile da decifrare e una Berceuse del 1871, pensata per pianoforte e violino ma qui trascritta "tale e quale" per violino e arpa.
    Quest'ultima è di facile ascolto, è una canzoncina ben strutturata.
    La fantasia è del 1907 ed è stata composta a Bordighera ed è dedicata a due sorelle, entrambe raffinate musiciste, appassionate della musica di Saint-Saens che la eseguirono in pubblico scrivendone all'amico del grande successo ottenuto.
    Ma in fondo, seppure l'ispirazione sia italiana, si tratta di musica tipicamente francese.
    L'esecuzione della Zilliacus, è stupefacente, coadiuvata dal suo violino napoletano di Nicolò Gagliano.
    E' indubbio che sia la protagonista del disco.
    Sebbene anche i suoi partner (in particolare l'arpista britannico Fitzpatrick) siano all'altezza.
    Come è all'altezza la registrazione Bis, in linea con la sua splendida tradizione.
    In breve, un disco che può diventare un riferimento per queste sonata di Saint-Saens, con pochi rivali.
    Il che per una specialista di compositori nordici (peraltro è da qualche mese professore di violino all'Accademia Sibelius di Helsinki) sembrerebbe strano.
    Ma poi non così tanto, se consideriamo l'assonanza tra i compositori tardo-romantici come Sibelius/Nielse/Stenhammar e il nostro caro Camille.


     
  6. M&M

    Beginners Guide
    Quasi coetaneo di Brahms ma vissuto per due decenni anche nel nuovo secolo, Camille Saint-Saens è passato attraverso tutte le fasi del romanticismo maturo e tardo e oltre.
    In gioventù prodigio, in età avanzata reazionario. E per questo in qualche modo ostracizzato ed emarginato.
    Tanto che il suo successo è stato in larga parte dimenticato fino a che in repertorio resistevano pochissime cose, praticamente solo il Carnevale degli Animali e la Terza Sinfonia, spesso utilizzata per dare sfoggio della potenza organistica o per provare gli impianti audio.
    Eppure, appassionato, colto, conoscente di tutti gli strumenti musicali sia a livello tecnico che compositivo, maestro del colore, virtuoso egli stesso di organo, pianoforte.
    E dilettante astronomo e archeologo. Oltre che formidabile linguista. Per tacere della passione per matematica e filosofia.
    In gioventù strenuo sostenitore delle avanguardie musicali (oltre all'amato Schumann, anche Liszt e Wagner le cui opere, senza influenzarlo, erano da lui considerate il riferimento musicale dell'epoca).
    In vecchiaia grande oppositore dell'impressionismo francese e per questo detestato da Debussy (uno lo considerava atroce, l'altro maniaco sentimentale).
    Grande protagonista della scena internazionale, con amicizie vaste con i suoi contemporanei (celebri i duetti e i trii con Chaikowsky, Rubinstein, Bruch, Stanford). Affermato e vivace solista.
    A ottantasei anni era ancora capace di affascinare il pubblico sul palco al pianoforte.
    Amante dell'Africa, per turismo, con lunghi e felici soggiorni.
    A dispetto di un certo snobismo che lo taccia - appunto, vedi Debussy - di un certo sentimentalismo "fracassone", la sua musica è varia e in larga parte eccellente, sia sul piano tematico - dove non teme confronti - che su quello tecnico e in tema di sviluppo.
    Il contrappunto per lui non aveva segreti e per il colore non aveva bisogno di andare ad Arlès o osservare giardini di ninfee, possedeva una palette sconfinata.
    Questo il mio amore per Camille Saint-Saens musicista, uomo per il resto molto controverso nella sfera personale.
    In questo articolo ci tengo a scegliere alcuni dischi proprio per approfondire il suo sterminato catalogo musicale. Escludendo proprio Le Carnival, le opere (io detesto l'opera francese, di tutti i tempi : sono italiano !) e il complesso di composizioni a tema, poemi sinfonici e simili.
    Ma bastano i concerti e la musica da camera per apprezzare la statura di uno dei più importanti compositori romantici.
    1)

    cominciamo con i tre concerti per violino e orchestra.
    Il terzo è straordinario ma anche gli altri due sono semplicemente molto belli.
    Le integrali sono poche ed io conosco bene solo questa, con uno splendido Andrew Wan accompagnato a Montréal da Kent Nagano.
    La registrazione è aperta ma col violino ci sta.
    2)
    Le sinfonie sono molto interessanti ma non del tutto facili da digerire al primo colpo.
    Ma la terza effettivamente è di statura mahleriana, mantenendo quella forza, quel vigore e quell'ottimismo viscerale tipico di tutta la musica del francese.
    Le edizioni sono tante, quella che scelgo è la versione "francese" con l'Orchestre National de France diretta da Cristian Macelaru con l'eccezionale Olivier Latry all'organo (Latry è il titolare di Notre Dame de Paris).

    per la terza, come alternativa con una coppia inedita ed irripetibile, questa di BR Klassik

    con Mariss Jansons in una delle sue ultime interpretazioni che accompagna la splendida Iveta Apkalna
    3)
    con Saint-Saens ci accomuna la passione per lo straordinario timbro caldo del violoncello

    in questo disco Emmanuelle Bertrand avvicina il precoce - e straordinario - primo concerto con le due ultime sonate per violoncello e pianoforte.
    E' virtuosismo estroverso. Singolare come il concerto abbia tono minore mentre le due sonate siano rispettivamente in Fa e Re maggiore.

    il 2° concerto è roboante e cavalleresco ma qui in questo disco Chandos c?è Truls Mork ad ammorbidirlo.
    E anche se dopo il 1° concerto da una impressione un pò sconcertante ... dopo arriva, si lo so, avevo detto che l'avrei escluso ... il Carnevale con Louis Lortie ed Hélène Mercier.
    E il disco si chiude con due splendidi "capricci" a tema, con un Lortie veramente in grande forma.
    Africa è semplicemente ... mozzafiato.
    4)
    e questo non può che introdurre i miei amati concerti per pianoforte.
    Una volta trovare i concerti di Saint-Saens in disco era un'impresa, c'erano alcune edizioni di riferimento e basta.
    Ma ultimamente la scelta è arrivata a livelli di eccezionalità.
    Grazie all'ultima generazione di pianisti francesi, Chamayou, Kantorow e, appunto Lortie.



    ma c'è anche una lettura particolarmente maschia dell'inglese Grosvenor

    ma farei torto a tutta la Francia (Mai sia !) se non citassi l'edizione di rifermento con Pascal Roge al piano e Charles Duoit sul podio

    i concerti per pianoforte di Saint-Saens per me stanno al pari di quelli di Brahms, sovrastano tutti quelli degli altri romantici e possono andare a paragone per varietà e peso, con quelli di Beethoven (lo so, sono un eccentrico !).
    5)
    il disco che segue di Chandos, contiene le prime due sonate (quelle complete) per violoncello e pianoforte

    che potrebbero bastare per la passione che Christian Poltéra mette nel suo archetto.
    Tra i "bis" c'è un bellissimo "Cigno" dal Carnevale
    6)
    composizione giovanile (Op. 14) e piuttosto cupa nel suo incipit "maestoso" è in realtà un laboratorio di armonia e di contrappunto che pone le basi per le successive composizioni di Saint-Saens, con una parte pianistica estremamente complessa e virtuosistica (siamo a livelli di Brahms o di Shostakovich)

    tra le edizioni scelgo questa del Quartetto di Cremona con Andrea Lucchesini, molto solida.
    Che contiene il più matura quartetto n.1 Op. 112 (il primo quartetto nel 1899, cioé ad oltre 60 anni di età), in Mi minore che fa fede nella tessitura alla chiave particolare.
    Non vi sembra l'ultimo Beethoven ? Ascoltatelo bene ...
    7)
    i tre amici Capucon, Chamayou e Moreau ci consegnano per Erato un disco straordinario

    che contiene tre gemme, la sonata per violino e pianoforte n.1, la sonata n.1 per violoncello e pianoforte e, insieme, il trio n. 2 che potrebbe stare al pari di una sinfonia di altri autori romantici.
    Disco da 5 Diapason !
    8)

    disco straordinariamente vario questo di hyperion con il Nash Ensemble che contiene tra le altre cose, la sonata per fagotto, quella per oboe e quella per clarinetto.
    Composizioni molto delicate dell'ultima maturità (1921).
    Nello stesso disco quartetto e quintetto con pianoforte.
    Gran bel disco, registrato splendidamente.
    9)
    disco raro che incorpora tutte le composizioni con violino e violoncello solista in un volume solo

    dai solisti e dell'orchestra reale belga.
    Aggiungo lo straordinario Introduzione e rondò capriccioso per violino ed orchestra, in questo caso dell'altrettanto straordinario Perlman

    nel volume dedicato alla musica francese dalla Emi Classics (c'è anche la Havainese : meravigliosa).
    Non dimentichiamoci del Saint-Saens di Perlman con Barenboim sul podio :

    10)
    chiudo con una alternativa

    in questo disco giovanile di Yuja Wang c'è la trascrizione per pianoforte solo della Danse Macabre di Saint-Saens scritta da Horowitz.
    La registrazione è orribile ma la lettura è straordinaria.
    Ne esiste una versione, forse ancora più originale (con lo zampino di Franz Liszt e di Sudbim stesso)

    Ovviamente non si può dimenticare l'originale :

    qui inserita in una serie di ouverture, marce e composizioni varie per orchestra, scritte in chiave spettacolare
    o trascritta più regolarmente per violino e pianoforte

     
    Ma per me Saint-Saens è una scoperta continua, quindi non è detto che la lista non continui nei prossimi mesi o anni, con nuove proposte oltre queste ideali "10".
    Il mio consiglio è di esplorarlo, andando oltre la superficie e fuochi artificiali. Troverete autentiche trovate geniali di un grandissimo compositore.
  7. M&M

    Scherzi a parte
    La vedrei al contrario, francamente.
    Avete voluto uscire dal mercato comune, cari inglesi, bene.
    Richiamando la canzonetta del 1934 a seguito delle famose sanzioni :
    Tutto quel che fai
    lo fai per gelosia,
    ex amica mia...
    Perché vorresti vivere anche tu
    quest'ora di eroismi e di virtù...
    Ma non lo puoi ed io lo so
    perciò mia cara canterò:
    Sanzionami questo
    amica tenace
    lo so che ti piace
    ma non te ne do!
    ma con davanti agli occhi l'atteggiamento sprezzante, egoista e sinceramente ... autarchico a discapito di tutto il resto del continente di cui volenti o nolenti fanno parte anche loro, gli inglesi dovrebbero essere lasciati al loro destino.
    E il tanto spettacolare vaccino studiato ad Oxford, probabilmente sperimentando sui topi fossili di epoca Tudor, per quanto mi riguarda, se lo dovrebbero tenere loro per sciacquarsi i piedi.
    Con le notizie che arrivano, moltissimi di quelli che fanno quel vaccino stanno veramente male (due giorni di febbre alta) e la percentuale di persone che sta benissimo ed improvvisamente muore di colpo, sarà anche marginale sui milioni di punture fatte ma al giorno d'oggi si comincia a non credere più a niente.
    Se Danimarca, Olanda e Germania stanno vietando o consigliando di evitare quel vaccino ai giovani virgulti di età inferiore ai 60 anni di cui a stento faccio ancora parte, io che sto bene e non ho contatti con nessuno, perché dovrei correre a prenotarmi per fare la coda e farmi inoculare la candeggina ?
    Sinceramente, cari inglesi, potete anche tenervelo. E in caso vi servisse qualche prodotto italiano, tipo il parmigiano o il Brunello di Montalcino, provate a venirvelo a prendere a piedi pagandolo in euro.
    Siete extracomunitari, mettetevelo in testa.
    Sanzionami questo ... 
  8. M&M
    La Fantasia in fa minore per pianoforte a 4 mani, pubblicata come op. 103 da Diabelli dopo la morte di Schubert, fu scritta tra i mesi di gennaio e aprile del 1828 e dedicata alla contessa Carolina Esterhàzy, come risulta da una lettera del compositore datata il 21 febbraio 1828 e inviata all'editore Schott. Simile alla Wanderer-Phantasie, questo lavoro si articola in quattro movimenti in una libera forma di sonata. L'Allegro molto moderato inizia in tono minore, secondo l'uso ungherese, ma ben presto si arricchisce di modulazioni che slanciano il discorso melodico. Il Largo in fa diesis minore è una specie di omaggio all'arte italiana, in quanto si sa che proprio in quell'anno il musicista aveva avuto occasione di ascoltare Paganini e dopo l'Adagio del Secondo Concerto op. 7 del violinista aveva detto di aver udito cantare un angelo. Lo Scherzo brillante e il Finale rivelano uno Schubert contrappuntistico quanto mai insolito tanto che il compositore per arrivare a controllare più coscientemente questa scoperta pensò negli ultimi mesi della sua vita di prendere qualche lezione (c'è chi sostiene però che si trattò di una sola) dal teorico e didatta austriaco Simon Sechter (1788-1867), che fu tra l'altro maestro di Bruckner e di numerosi artisti importanti della Vienna musicale del suo tempo.
    La Fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani di Franz Schubert è stata composta ad inizio 1828 e pubblicata postuma come Op. 103 da Diabelli (Quel Diabelli !).
    Solo formalmente una "fantasia" forse per evitare critiche dai colleghi più formali, é simile come struttura alla Fantasia Wanderer e si articola in quattro movimenti di sonata.
    La dedica è alla Contessa Carolina Esterhàzy e questo forse giustifica l'incipit alla maniera ungherese ma non sapremo mai se la dedicaria ne sia stata informata, dato che c'è traccia solo in una lettera del 21 febbraio di Schubert all'editore Schott.
    Si dice ci siano anche influenze italiane - nel largo - indotte forse dall'ascolto recente del Secondo Concerto di Paganini a Vienna.
    Nel finale c'è anche l'insolito - per Schubert che non aveva una formazione rigorosa - accenno contrappuntistico.
    Si tratta comunque della sublimazione dello stile di Schubert, le ampie e continue ripetizioni, i ritornelli, i cambi di melodia repentini, si fanno perdonare dal ritmo sempre incalzante e da un accenno di melodramma.
    Una composizione che si presta maledettamente bene alla trascrizione sinfonica.
    Ricamando sul materiale melodico molto drammatico e romantico nel senso più letterario del termine si sono ricamate .... fantasie sulla fantasia.
    C'è chi parla di amore impossibile per questa contessina, ex-allieva, conosciuta in una vacanza del 1824.
    Certamente il materiale emotivo è estremamente ricco e porto su un piatto di portata.
    Ma come tutte le composizione di Schubert necessita di mani sapienti, capaci di distillare il succo puro dell'invenzione musicale dal mare di consuetudine a volte un pò triviale in cui il compositore era solito annegare le sue intuizioni anche le più brillanti, per dovere di allungare il brodo.
    Ma resta assolutamente inequivocabile già nella scelta formale - pianoforte a quattro mani - il dialogo tra due parti, una in basso e una in alto. Non c'è dubbio alcuno. Poi voi datele il senso che vi pare. E se proprio vi piace, ascoltate cantare Carolina all'alto e Franz al controcanto in basso.
     
    La soluzione è un fa minore molto intimo, con i quattro movimenti collegati che consentono una distribuzione delle tonalità - fa minore il primo e l'ultimo, con il finale che è il doppio del primo movimento - i due movimenti centrali invece sono in fa diesis minore, ci fosse stato bisogno ancora di aumentare il pathos della scena.
    Colori e tonalità stanno perfettamente vicini al Winterreise sebbene la composizione sia stata terminata a primavera. Ma siamo negli ultimi mesi della vita di Schubert e quindi tutto ci stà.
    L'intera stesura è anche intrisa di inquietudine ed instabilità, anche solo a mantenere il tema per la coda.
    Il tema principale del primo movimento che compare dopo una breve preparazione del basso. lascia improvvisamente spazio ad un "duetto d'amore" come lo definirebbero i frequentatori dei salotti dei coevi romanzi di Jane Austen.
    Il secondo motivo è se vogliamo ancora più irrequieto e il basso e tutt'altro che comprimario della melodia. Primo e secondo tema vengono rielaborati più volte su luci diversi. Schubert qui manifesta appieno le sue doti pittoriche.
    Segue il largo, come si diceva in fa diesis minore ma non aspettatevi un preavviso.
    Anzi, se volete trovare le tracce separate nei dischi che segnalo, andate direttamente nella versione secondo Sviatoslav e Benjamin perchè le altre non lasciano respiro tra un movimento e l'altro.
    Alla faccia del largo abbiamo una serie di accordi percussivi e di trilli infiniti che aprono un dialogo tra l'alto e il basso che lascia in sospeso. Ripresa quasi sottovoce con un accenno da opera all'italiana che porta al successivo allegro.
    Questo non consente affatto di prendere fiato perchè è vitale e brillante, con tratti popolari, anche qui con riprese continue di ritornelli e con accompagnamento martellante, pieno, forte.
    Le voci non cessano di accavallarsi. E provatevi a seguirle separatamente se ci riuscite.

    Qui Franz mi perde un pò perchè i cinguettii durano per circa un terzo dell'intera composizione e alla terza ripetizione io sinceramente cercherei il telecomando per cambiare canale.
    Ma per fortuna che arriviamo magicamente alla ripresa, con una modulazione che ci riporta al tempo Primo e alla tonalità iniziale.
    E' un nuovo inizio che prelude ad un epilogo non troppo allegro.
    C'è un palpito tutto operistico. Questo è un lieder doppio, modulato dal tremolo, quasi, l'agitazione lascia posto all'inquietudine con sprazzi di speranza.
    L'appoggio del basso è meno esasperato, quasi rassegnato nel seguire la voce principale. Un fugato, una cosa più che rara per Schubert che forse vi ricorreva solo quando il padrone di casa chiedeva la pigione ma credo che Ludwig ne sarebbe stato felice se l'avesse potuto leggere, se non proprio ascoltare.
    I trilli della voce di destra elevano strilli reali, il basso diventa più concitato, aumentano pathos e agitazione. SIlenzio.
    Ripresa magica del tema iniziale, sottovoce, senza accelerare, forzando l'ultima frase in una conclusione a rintocchi che tutto lasciano significare (scrivete voi il finale).
    Applausi meritati per un chiusura di carriera che desidererei anche io.
    Allegro molto moderato (fa minore) Largo (fa diesis minore) Allegro vivace (fa diesis minore) Con delicatezza (re maggiore) ***
    La discografia di questa composizione non è straripante, perchè non ci sono tantissimi duo in attività e perchè l'intesa tra i due deve essere assoluta con la necessità di lunghe sessioni di prove, cosa sempre meno possibile.
    Nella disponibilità di edizione ne ho scelte cinque le più diverse che però, quasi tutte, identificano un legame quasi amoroso tra il duo.
    Abbiamo marito e moglie, padre e figlia, allievo e maestra, e due coppie di sodali di provata amicizia.
    Vediamole insieme.
    ***

    Schubert : Fantasia per pianoforte a quattro mani Op. 103 - D940
    Avanticlassic 2010
    Durata 16:30
    ***
    Questo disco contiene solamente la Fantasia. Ed è sufficiente.
    Si tratta forse della interpretazione più intensa disponibile in disco.
    A tratti largamente commovente, forse un filo sopra le righe, mai, nemmeno in un istante, banale.
    Intensità emotiva ed affiatamento dell'allievo insieme alla maestra.
    Io rispondo con i brividi alla base della nuca.
    Non mi importa se sembra che Zia Martha avesse fretta di andare dal parrucchiere (una cosa che credo faccia solo ad ogni anno bisestile).
    Vince a mio parere per visione, per tensione, per tono, per la drammatica narrazione.
    Martha dà il ritmo e Sergio ricama sopra.
    Bellissima.

    Schubert : Fantasia per pianoforte a quattro mani Op. 103 - D940
    Sviatoslav Richeter e Benjamin Britten
    Decca
    Durata 17:47
    ***
    Festival di Aldenburgh, ma quanto saranno stati fortunati quelli che al tempo hanno potuto assistere ai duetti tra Benjamin Britten e i suoi amici, Sviatoslav Richter, Slava Rostropovich e Peter Pears ?
    Qui abbiamo un disco straordinario, ripreso dal vivo che mostra un'intesa virile di rara chiarezza.
    Le due voci sono perfettamente fuse in un'unica intensa frazione di un momento.
    L'unico momento di perdita di tensione è nell'allegro dello scherzo del terzo movimento.
    Ma qui Schubert ha seminato la partitura di trappole cui nessuno - o quasi - può opporsi.
    Il resto è tutto urla e forza di chi vuole fermamente opporsi al destino proclamando il suo diritto, almeno, all'autodeterminazione.
    I momenti di struggimento ci sono tutti ma sono attenuati da una inesorabile volontà di giungere all'epilogo.
    Intendiamoci, non è una versione da record di velocità, l'incedere è marziale, virile appunto.
    Ciò che c'è da dire viene detto, sempre e con veemente potenza.
    Ma si sente che manca una donna.
    Il risultato, appunto sorvolando sul terzo movimento, lascia senza fiato. A tratti violento, collerico, potente. Beethoveniano.
     

    Schubert : Fantasia per pianoforte a quattro mani Op. 103 - D940
    Radu Lupu e Murray Perahia
    Decca
    Durata 19:19
    ***
    Silenzio, delicata presenza.
    Qui lo spasimante sembra già certo dell'esito della vicenda e la sua è più una supplica rispettosa.
    Quasi a giustificare la differenza di ceto e di casta (sto celiando, ovviamente).
    Ma la rassegnazione è più forte dello struggimento e le due voci non si sovrastano, dialoga su toni omogenei.
    Il senso complessivo è drammatico, teso, nonostante la durata sia quasi biblica rispetto a quella dettata dalla Argerich.
    Non mi piace, lo devo ammettere, ma ha fatto scuola (vedi recenti edizioni Fischer+Helmchen e Fray+Rouvier)
    Un modo alternativo, rassegnato, romanticamente più "tedesco" che non mi si addice per indole nemmeno in una frase.

    Schubert : Fantasia per pianoforte a quattro mani Op. 103 - D940
    Robert e Gaby Casadesus
    Columbia
    Durata 16:54
    Una coppia formidabile i due coniugi Casedus che mostrano un'intesa assolutamente ferrea.
    Probabilmente il ruolo guida resta Robert perchè la visione è certamente maschile, molto veemente, veloce.
    O alla veloce, se vogliamo. Lo si capisce sin dal primo accordo della sonata per due pianoforti K448 con cui incomincia il disco.
    Sia come sia, importa poco capire le dinamiche di coppia in questo contesto visto che valutiamo il risultato.
    Che è sensazionale, quanto se non meglio di quello dell'eccezionale coppia Britten+Richter, e scusate se è poco.

     

    Schubert : Fantasia per pianoforte a quattro mani Op. 103 - D940
    Emil ed Elena Gilels
    Deutsche Grammophon
    Durata 19:19
    Questa coppia forse è la più debole tecnicamente. Adatta al concerto KV365 di Mozart ma Elena, pur bravissima, poco può contro il padre Emil.
    Che impone alla fine un tempo lagnoso di una lunghezza sproposita.
    Beninteso, non necessariamente la velocità è da considerare una debolezza ma se sommiamo la tendenza alla ripetizione pertinace di Schubert con un andamento lento come questo il risultato non può che essere un pò sonnecchioso.
    E' la meno interessante, per la mia opinione delle interpretazioni che ho scelto.
    Ma si riscatta su quella altrettanto compassata dei due Perahia+Lupu per gli scatti veeementi di Emil quando può prendere il volo.
    C'è tutta la sua forza e la sua voglia di vincere ad ogni costo con la sola forza delle sue dita.
    Solo che qui vince il suo amore paterno, non me ne voglia la graziosa Elena. C'è tutto Emil in ogni nota.
    Finale travolgente che da solo vale, ogni nota, di tutta l'interpretazione.
  9. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Schumann : Fantasie/Arabeske/Kinderszenen - Fabrizio Chiovetta, pianoforte
    Aparté, 13 gennaio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    1836-1838 sono anni cruciali per Robert Schumann, quelli della separazione forzata da Clara a causa dell'ostilità montante del padre di lei ed ex-maestro di lui, Herr Wieck.
    La corrispondenza tra i due è fitta e si può leggere nelle loro lettere l'evoluzione strutturale della poetica e della composizione di Schumann.
    Se lei gli è di ispirazione, è altrettanto vero che qui si vede tutto lo Schumann pianistico.
    La Fantasia è l'apice di questo periodo con arpeggi cinetici e sovrapposizioni spaziali seguiti da rallentamenti, cambi di umore, tuoni e momenti di lirismo quieto.
    Ma già con l'Arabeske l'umore di fondo cambia, e molte delle nubi si dipanano per lasciare spazio alla spensieratezza.
    Robert scrive in fondo ad una delle sue lettere appassionate, fingendo una dimenticanza, di aver scritto quindi un album per bambini.
    Storie di bambini, risponde lei, bravo, hai capito che devi avere fiducia e fede.
    Chiude l'album ma non è un riempitivo un brano sciolto della più tarda raccolta per gli stessi bambini più cresciuti "Album fur die Jugend".
    Fabrizio Chiovetta, svizzero di Ginevra con chiare ascendenze italiane, ha già affrontato pagine complesse per le etichette svizzere (Claves, ad esempio) e conosce bene Schumann.
    Affronta queste pagine complicate con una nonchalance che non può lasciare indifferenti. Probabilmente l'atteggiamento che Clara chiedeva, inascoltata, a Robert.
    Senza pazzie ma lucida concretezza.
    I passaggi più complicati della Fantasia quindi scivolano senza apparente colpo ferire. Non vorrei esagerare richiamando Horowitz ma siamo in quel mondo la.
    Stessa storia, ancora più sognante, per l'Arabeske che prepara alle Kinderszenen prese senza alcuna concessione a smancerie o superrrrrromanticismi (con Traumerei, che mio padre mi obbligava a suonare da ragazzo e che io detestavo si presta anche troppo a queste storie).
    Ciò permette di gustare invece l'architettura complessiva della composizione, fatta di passaggi successivi, entrate ed uscite di scena, pacati, senza il lupo e senza la nonna di Pierino.
    La tavolozza dei colori dello Steinway registrato alla sala Mahler di Dobbiaco di Chiovetta è perfettamente in grado di appassionare l'ascoltatore senza colpi di teatro, le accelerazioni e le decelerazioni sono scolpite con una diteggiatura perfettamente staccata con arpeggi invisibili, danzanti nell'aria.
    Una vera rivelazione per un repertorio che raramente mi concedo (ricordo però, un mezzogiorno al Teatro Manzoni con Maria Tipo che suonava queste pagine alternando alla povera platea di colletti bianchi presente, tra cui io, spiegazioni e dettagli su quanto andava a proporci, pagina per pagina. Bei tempi !).
    Bella registrazione omogenea ma tutto sommato era facile assecondare il tocco morbido del pianista. Disco veramente bello.
  10. M&M
    Schumann : Sinfonie n. 3 e n. 4 - (orch. Mahler)
    ORF Vienna Radio Symphony Orchestra diretta da Marin Alsop
    Naxos, 27 gennaio 2023, formato 96/24, via Qobuz
    ***
    Per decenni si è creduto che l'orchestrazione originale di Schumann delle proprie sinfonie fosse troppo debole e che dovesse essere revisionata.
    Direttori di orchestra e compositori hanno a lungo operato tagli, modifiche, riscritture.
    La versione di Gustav Mahler è tra le più in voga, ammetto anche di aver conosciuto secoli fa le sinfonie di Schumann in questa stesura, sotto la direzione di Daniele Gatti all'epoca ad Oslo.
    Già avevo una visione abbastanza critica dello Schumann sinfonico per l'orchestrazione debolissima del concerto per pianoforte, le sinfonie mi parvero deboli e finirono nel dimenticatoio.
    Lo sforzo di Mahler, secondo le sue oneste intenzioni, era quello di adattare il suono di Schumann alle orchestre con 90 e più elementi del suo tempo opulento viennese e certamente più simile a quelle del nostro.
    Ai tempi di Schumann l'orchestra del Gewandhaus contava non più di 40-45 elementi e gli strumenti non avevano nemmeno la potenza attuale.
    Pensiamo alla mente del compositore di quel fragoroso monumento alla ipertrofia musicale che è la cosiddetta sinfonia dei mille e alle contese con Richard Strauss su chi fosse il più grande direttore vivente.
    Ma come giustamente ricordava Abbado che bene conosceva Schumann, "io non conosco grandi direttori d'orchestra, conosco grandi composizioni e il direttore deve essere al servizio della musica".
    E' un motto che mi sento di sposare in ogni momento nel censurare le scelte di Mahler che con questa operazione di taglio e cuci, operando peraltro trapianti tra le versioni iniziali e finali dei già stentati e incerti propositi di Schumann stesso.
    Infatti queste versione e qui abbiamo quelle che sono le due sinfonie più interessanti e mature di Schumann, a me risultano pesanti, bolse, piuttosto immote.
    E nulla può la brava Marin Alsop che dirige oggi alla Bernstein alla testa di una buona orchestra queste pagine complicate.
    Il risultato per me resta lo stesso, pesante, noioso.
    Per fortuna che c'è il Johannes (Brahms) che pur contro il volere di Clara (Schumann) nel 1891 si incaponì a pubblicare e dare alle stampe le versioni originali e definitive di Schumann.
    Ebbene, datemi del sofista, un altro pianeta.
    Provate ad ascoltare la versione di Paavo Jarvi, meglio se quella in video al Pier 2 di Brema con la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen ...
     
    che mi hanno fatto riassaporare questa musica.
    Quindi no, mi spiace cara Marin, non ti offendere ma no ... Mahler va bene per Mahler
  11. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Schumann : Variationen
    Florian Uhlig, pianoforte
    Hanssler Classic 2020, formato 96/24
    durata 2 ore e 6 minuti
    ***
    Al di la del garbo e dell'intonazione realmente schumanniana del pianista Uhlig, il pregio di questo disco è di presentare oltre alle "solite" Variazioni Sinfoniche Op. 13 - forse il brano meno riuscito del disco, peraltro - anche composizioni a me del tutto sconosciute, magari perchè incompiute o pervenute sotto forma di frammento.
    Si testimonia così l'amore incondizionato di Robert nei confronti di quel monumento della musica con cui i primi romantici sono dovuti venire a patti (sto parlando ovviamente di Beethoven).
    Le variazioni WoO 31 sul tema di Beethoven (allegretto della 7a Sinfonia, secondo movimento della 6a etc.) nascono come esercizi e studi e così restano.
    Ma l'influenza, a tratti contrappuntistica sui lavori successivi di Schumann è evidente.
    Parliamo di schizzi del 1833, contemporanei a quelli sulla Romanza di Clara che aprono il disco ed appena precedenti alle Variazioni Sinfoniche (o patetiche, secondo l'uso della prima versione, pure presente in questo disco).
    Non mancano altre chicche come un brillante accenno di variazioni su "La Campanella" di Paganini, o quelle su un notturno di Chopin del 1835-1836. In più di un caso con l'intervento contemporaneo per completare, arrangiare o rendere eseguibile ciò che era un esercizio o solo un abbozzo (mai pubblicato o pubblicato solo di recente).
    Non è questa la sede e non è compito nostro approfondire le tematiche ben eviscerate nel libretto di questo splendido disco, che aprono molte vie nella complessità della sensibilità di Robert Schumann e del suo mondo.
    Questo è il 14° volume di una completissima integrale dei lavoro di Schumann cui Uhlig sta dedicando gli ultimi anni. Che mi era sfuggita e che si merita certamente in questa occasione un esame più approfondito.
    Disco consigliatissimo agli amanti di Schumann, meno agli altri probabilmente meno attenti a certe sfumature o che si aspettano un suono roboante e da wow al primo ascolto.
  12. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Schumann e Brahms : Benjamin Grosvenor, pianoforte
    Decca, 17 marzo 2023, formato 192/24, acquistato
    ***
    Robert Schumann (per Clara Schumann) : Kreisleriana, terzo movimento sonata n.3, 3 Romanzen Op. 28 (n.2), Abendlied n.12, Blumenstuck
    Clara Schumann (per Robert Schumann) : variazioni su un tema di Robert Schumann op. 20
    Johannes Brahms (per Clara Schumann) : tre intermezzi Op. 117
    "Programma" purtroppo stratrito nei termini, il triangolo a tre tra Robert, Clara e Johannes, qui con Johannes studente, discepolo del marito, e poi sostegno della vedova, Robert e Clara eterni innamorati.
    La Kleisleriana, opera folle in cui Florestan ed Eusebius più che dialogare farneticano uno sull'altro, spariglia però completamente le carte.
    Non è la lettura forte che mi aspetto io ma è piena e possente e getta la luce in chiaroscuro sul resto del disco.
    Come nelle marmoree ma sempre meravigliose variazioni sull'andantino di Clara.
    Benjamin prende spazio a se stesso con il suo meraviglioso rubato, leggero come un pane ben lievitato e pieno di bolle, così ogni arpeggio si chiude con un accordo morbido.
    Le due mani che danzano lievi ma l'intera atmosfera è quella triste, non tragica, delle maschere del carnevale.
    La follia di Robert è lucidissima e ci vuole grande sensibilità per non scivolare tra i due lati della lama sui cui Florestan si dimena.
    Ah, ma questo non è il carnival, già, ma c'è tutta l'aria impregnata di quegli anni 1835-1836, con la giovane Clara, fresca di studi di Beethoven e Bach, che cerca di capire di cosa le scriva il futuro marito.
    Cosa ci avrà capito il giovane Johannes, tutto pane e contrappunto, capitato nella loro casa molti anni dopo, quando Eusebius aveva preso il temporaneo controllo della situazione ?
    Sarà forse più sconcertato dagli Abendlied che dalle sinfonie di Robert.
    Le variazioni di Clara sono virili nel tratto ma danzanti come farfalle, hanno una struttura circolare, ripetutamente ossessiva. L'abilità con cui Grosvenor le porta al limite è impressionante.
    Chiudono i tre intermezzi che Johannes mandò a Clara, vecchia e rassegnata per distrarla.
    C'è tutta la tenerezza delle ninna nanne nei primi due, e una sorta di ramanzina bonaria nel terzo.
    Che qui Grosvenor ha scelto per chiudere il suo disco. E' un pezzo di grande apertura, brillante, che fa meno della voce ma in cui la melodia fa il canto mentre il basso accompagna, senza mai essere invadente.
    Intonato con tutto il resto.
    85 minuti di grandissima musica, finalmente un disco importante in questo 2023 che partito bene si stava rivelando deludente.
    Registrazione piena e dinamica, altissima risoluzione, basso importante.
    Decca che come al solito risparmia sul libretto (ma tanto che avrebbero avuto di originale da scrivere ?).
  13. M&M

    Recensioni : Vocale
    Schumann e Brahms, lieder
    Elina Garanca, soprano
    Malcolm Martineau, pianoforte
    DG 2020, formato HD
    ***
    Confesso che a parte l'impatto scenico della protagonista di questo disco, avevo curiosità di ascoltarla, vista la sovraesposizione che DG dedica alla sua diva.

    il disco propone una selezione di lieder di Schumann ma, per lo più, di Brahms.
    Elina Garanca ha una lunga frequentazione con il suo accompagnatore, il garbato Martineau e di recente si sono esibiti in un repertorio simile a questo nella nativa Lettonia.
    Lei non ha invece una grande dimestichezza verso il repertorio cameristico che è estremamente differente da quello scenico dell'opera.
    Peraltro a quanto vedo dalla discografia il suo repertorio è più incline verso il verismo, l'opera francese e italiana, del periodo d'oro, dove l'azione scenica sul palco fa spesso parte fondamentale della rappresentazione (pensiamo a Carmen, ad esempio).
    Non l'avevo mai ascoltata ma guardando, appunto, i dischi, mi ero fatto un'idea differente.
    Naturalmente la mia sintonia per Schumann e Brahms è totale, mentre la mia vicinanza a Gounod e Bizet, è, come possiamo dire, appena appena vagheggiabile.
    Ecco perché avevo grandi aspettative per questo disco.
    Che al primo ascolto mi ha totalmente deluso. Ho trovato un tono di voce un pò chiuso e su un tono non particolarmente vibrante.
    E soprattutto una interpretazione fredda, solenne, un pò cadenzata. Con spesso il pianoforte che deve riempire l'aria rendendo quel pathos che non si coglie nel canto.
    Sono quindi andato ad ascoltarmi un pò di Mozart, giusto per inquadrare il personaggio.

    c'è questo disco nel 2001, che inizia con due delle più frizzanti arie dalle Nozze di Figaro (di Cherubino).
    Non me ne vogliate ma sembra che lei non sappia cosa sta cantando.
    Non è certamente il suo genere e quindi, perchè inserirle tra le Arie Favorite ?
    Non parliamo del Barbiere, "Una voce poco fa", a parte la dizione sballata.
    Più interessante, lo confesso, nel rigoletto.
    Mentre per inquadrarla ho dovuto ricorrere alle meravigliose Sea Pictures di Elgar nella recente registrazione di Barenboim.
    Che rispetto alla vibrante visione di Petrenko con Kathryn Rudge, che non è una diva della Universal ma che emoziona e fa accapponare la pelle, il suo mare è un Baltico gelato.
    Ma tornando al disco in questione, riascoltandolo con una miracolo della tecnologia moderna come le HIFIMAN Jade II che mettono in risalto ogni respiro, ogni nuance della voce, apprezzo un garbo e una soavità della voce che non mette mai in difficoltà.
    Ma dell'Antico Amore delle 5 Gesange Op. 72 di Brahms ritrovo poco.


    Intendiamoci è un recital di grande livello, beati quelli che hanno potuto assistere dal vivo ai concerti di Garanca-Martineau.
    I fans della bella Elina saranno certo entusiasti di questo disco, io purtroppo sono rimasto deluso.
    Colpa mia, certamente ma ... la sua voce "non mi fa palpitar".
  14. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Chopin : 
    François-Frédéric Guy, pianoforte
    la dolce volta, 20 gennaio 2023, formato 88.2/24, via Qobuz
    ***

    Leggendo il libretto del disco ho capito subito a quale giardino segreto si riferissi Guy nel titolo.
    Che immagino sia stato a lungo meditato (il Giardino Segreto è un romanzo del 1910 della Signora Burnett).
    Ma partiamo dall'inizio.
    Conoscevo Guy per Beethoven, Brahms, Liszt e certe avanguardie.
    Mai ascoltato in Chopin.
    E questo si spiega, perché é la prima volta che l'ha registrato in questo doppio CD. Dopo averlo, ovviamente, a lungo studiato in gioventù.
    Nelle note si leggono alcuni aneddoti autobiografici che lo spiegano.
    Un appuntamento rimandato per decenni. L'occasione è stata - anche in questo caso - il lockdown ... che ha consentito una pausa un pò a tutti.
    Ma, io credo, soprattutto la disponibilità dello straordinario strumento usato per la registrazione.
    Un Pleyel del 1905 da 286 cm. Chopin e Liszt a Parigi trovarono i primi Pleyel e la loro carriera decollò con il suono caldo, dolce ma preciso di quegli strumenti.
    Questo modello rappresenta oltre un secolo di evoluzione e di sperimentazioni del costruttore parigino.
    Guy ha dovuto adattare la sua tecnica a questo strumento, facendo pratica per ore ed ore. E in qualche modo abbandonare le abitudini imposte dagli strumenti attuali.
    Potenti ma squilibrati sia nella tenuta del suono - specie del basso, che non si differenzia dalle altre gamme - che nel tocco.
    Il pedale è quello di Chopin ma più raffinato. La tastiera, anche.
    Ne è nato uno Chopin che è diverso da quello che ... io detesto.
    Quello ingessato, perfettino ed incline all'inutile sentimentalismo.


    Può uno strumento consentire tutto ciò ?
    Naturalmente solo se il pianista ha la sensibilità necessaria e se ha ben chiari i SUOI obiettivi.

    combinando le straordinarie opportunità di oggi (qui sopra il pianista che legge la parte all'iPad, non dalle centinaia di spartiti di Chopin che il padre gli ha lasciato) con le qualità di una macchina per fare musica progettata per trasmettere amore per la musica.
    In questo modo un Notturno può commuovere senza eccedere in mielosità. E si sente cosa volesse dire in ogni nota, il polacco, purtroppo sopravvissuto a stento a decenni di sovrastrutture ed incrostazioni che non gli hanno - spesso - reso la dovuta giustizia.
    Se a questo aggiungiamo una registrazione, perfetta, perfettamente calibrata sullo strumento ma senza gli eccessi in cui cadono certi tecnici con certi Steinway.
    Ascoltare per credere (e se lo scrivo io ...).
     

  15. M&M
    Ho letto di almeno un paio di iscritti che lamentano la complessità del sito, fatto che ne renderebbe difficile la fruizione, navigazione e, in ultima analisi, utilità.
    E' possibile. Il padrone di casa che frequenta normalmente le sue stanze ricorda bene dove si trova ogni cosa e può spiegarlo ai visitatori ma è normale che - in un castello - i visitatori si orientino con difficoltà e possano aver bisogno di una mappa.
    Siccome questo non è un castello di pietra e nemmeno una antica hall inglese, è sempre possibile andare incontro ad esigenze del genere, semplificando e snellendo, ove possibile.
    Tenendo a mente che la semplificazione estrema : un forum per tutto, è altrettanto nemica della facilità di navigazione. Mangereste un pasto di 12 portate centrifugato e servito in un unico scodellone ? Io, sinceramente no.
    E non sono un raffinato Lucullo.
    Attenzione però : Invision Powerboard, il software che utilizziamo, è estremamente potente nelle sue funzionalità, ma per esprimere questa potenza ha una sua struttura che è impossibile o estremamente complesso andare a mutare nel suo intimo.
    Quindi noi possiamo solo lavorare sull'organizzazione delle cose, non sulle funzionalità.
    ***
    Con il vincolo che saranno prese in esame proposte chiare e distinte, illustrate possibilmente da schemi o schizzi e che l'area articoli e i miei club sono fuori tema, nei commenti potete intervenire riguardo a :
    - come sono strutturati i Club (che nel frattime sto rinonimando per semplificarne il senso)
    - blog
    - le gallerie interne ai Club

    potete intervenire sui club spuntati in verde, quelli in rosso, sono proprietari.
    anticipo che i forum sciolti sono stati nel frattempo eliminati. Proprio in un'ottica di semplificazione.
    Grazie a tutti ma, vi prego, siate concreti, chiari, costruttivi. Come se parlaste al vostro web-designer, cui, vi prego, non dovreste mai delegare l'intera architettura del vostro sito ma solo chiedere che ve lo implementi secondo le vostre necessità.
    I Club di Nikonland sono Vostri, è giusto che siano costruiti come serve a voi.
    __________________________________________
    L'admin di Nikonland.it
  16. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Sergei Babayan : Rachmaninoff
    Préludes - Etudes-Tableaux - Moments musicaux
    Deutsche Grammophon 2020, formato HD
    ***
     
    Cos'è la musica? “La musica è il suono lontano di campane nella sera ! La musica nasce solo nel cuore e fa appello solo al cuore; è Amore! La sorella della musica è la poesia, e sua la madre è Dolore! " 
    Parole di Sergei Rachmaninoff, quando cercava di descrivere la sua concezione della musica.

    “Ma anche Sergei Rachmaninoff, con la sua sofisticata descrizione di cosa sia la musica, non è in grado di descrivere nemmeno una frazione di ciò che è la sua musica. Il suo potere emotivo la sua tavolozza di colori sono illimitate". 
    Gli risponde così, Sergei Babayan che è un poeta della tastiera al servizio dell'ascoltatore.
    “Quello che spero è che questa musica possa aiutare le persone, che possa guarirle dal loro dolore e dall'esistenza mondana. Ecco perché sono un musicista: per dare agli altri la speranza dell'eterno rinnovamento : primavera, nuova luce e amore ".
    Di fronte a queste parole tratte dalle bellissimi note del libretto di questo disco, ogni scelta si chiarisce.
    A partire dalla selezione dei brani, ben lungi dall'essere una integrale formale, che è piuttosto una giustapposizione di immagini cui il pianista dedica soprattutto attenzione profonda alla resa sonora.
    Babayan è un perfezionista, per lui ogni battuta, ogni nota quasi di Rachmaninoff denota la sua grandezza, la sua capacità di costruire non una composizione ma la riproduzione di uno stato d'animo.
    Che deve essere portato all'ascoltatore allo stesso modo di un quadro, perchè il linguaggio musicale si estrinseca per immagini sonore, per nulla sintetizzabili a parole.
    Emozioni, gamma sonora, calore del suono.
    Nessuna esibizione, anche se i mezzi tecnici di Babayan sono notevoli. E nemmeno l'autocompiacimento in cui taluni interpreti, anche in sala, indulgono dimenticandosi dello scopo per cui dovrebbero essere li.
    La tavolozza di Babayan è estesa, forse non quanto quella di Volodos che fa categoria a se e cui il pianista ha reso omaggio inserendo nel programma due sue trascrizioni di Rachmaninov.
    Visto così questo disco è veramente di elevata bellezza e teso in profondità verso una riproduzione della musica di Rachmaninoff che non ha - per fortuna - nulla di atletico, si prende il tempo necessario e quando è necessario, entra con forza nelle nostre orecchie ma non con violenza.
    Le radici culturali di Babayan e la sua grandissima sensibilità lo rendono possibile.
    Una straordinaria prova che bissa le sensazioni ricavate dall'ascolto dell'altro disco DG dedicato a Prokofiev insieme a Martha Argerich.
    Ripresa di grande qualità con una gamma sonora che asseconda perfettamente le intenzioni di un interprete certamente molto attento anche a questi aspetti.
    Registrazione del 2009 che chissà perchè è rimasta nel cassetto fino a questo agosto ... non se lo meritava.
    E intanto ci siamo sorbiti i sudori del (chissà perchè) più famoso allievo di Babayan, Danil Trifonov.
  17. M&M
    Sergei Rachmaninov, concerti per pianoforte e orchestra n. 2 e n.3
    preludi in do# op. 3/2 e mib op. 23/6
    Byron Janis al pianoforte
    Antal Dorati, direttore d'orchestra
    LSO per il 3° concerto, Minneapolis SO per il 2°.
    Registrazioni del 1960 (2°) e del 1961 (3°)

    Mercury Records, 14 luglio 2023, formato 192/24
    ***
    Già disponibili da sessanta anni ovviamente, precedentemente pubblicati insieme in un singolo SACD, escono nuovamente i due più famosi concerti di Rachmaninov nella memorabile e meravigliosa interpretazione dell'americano Byron Janis con l'ungherese Antal Dorati alla testa di due compagini completamente differenti.
    Byron Janis rappresenta l'anima della musica americana, fragile e muscolare allo stesso tempo. Umile e mite anche nella presenza, bambino prodigio, si formò con i mitici coniugi Levinhe e poi con Alfred Cortot. Horowitz, ascoltandolo, sedicenne, in concerto, lo volle come allievo per perfezionarlo.
    Horowitz non accettava allievi, non aveva la vocazione. Mentre Janis probabilmente non aveva bisogno di un maestro tanto differente da lui ma sentiva di doverne approfittare.

    La sua carriera, folgorante, é stata minata per quasi tutto il tempo da una forma di artrite, alleviata solo con un intervento chirurgico.
    In America è una istituzione, è stato il pianista scelto per il primo scambio culturale con l'Unione Sovietica nel 1960 (Janis contro Richter, scusate se è poco), come Glenn Gould (nel 1957 ma in quota canadese).
    Il suo pianismo è l'opposto di quello di oggi. I muscoli sono al servizio di una sensibilità naturale, che esprime con un tocco delicato.
    Le ottave alla Horowitz ci sarebbero anche, a parte i dolori dell'artrite, ma senza esibizionismo.
    Ne da prova in queste due memorabili interpretazione dove accordi granitici arrivano senza alcuno sciovinismo ma soprattutto con "satinata delicatezza".
     
    Janis comincia con modestia, quasi sottotono e poi si impadronisce della scena grazie a Dorati che lo asseconda con eleganza d'altri tempi.

    Tra le due orchestre, certamente meglio la magnifica LSO rispetto alla Minneapolis dove si ascoltano in certi momenti asprezze non intonate con la lettura voluta da pianista e direttore.
    I nastri originali analogici contengono 3 tracce registrate con il celebre metodo Mercury. In questo riversamento non so come siano stati utilizzati ma posso testimoniare la totale scomparsa del sibilo e del fruscio originale (conosco questi dischi fin dai tempi del vinile : posso dire di essere cresciuto con loro).
    La dinamica è stata allargata al massimo delle possibilità del supporto (sto ascoltando in cuffia, via connessione tutta bilanciata a livelli inusitati con le mie Hifiman Arya).
    I tecnici hanno mantenuto l'impostazione originale possente ma senza eccessi. Il pianoforte è in primo piano ma non staccato dall'orchestra che suona nel suo pieno.
    In conclusione, se non doveste conoscere questi due dischi vi invito a colmare questa lacuna al più presto.
    Ci sono realmente poche interpretazioni in grado di competere a questo livello. E si tratta della lettura più distante che ci sia da certe prove tutte muscoli (e tette, almeno in un caso !) in tendenza nella nostra epoca.
    Un salto negli sfolgoranti anni '60 che vale la pena di ripetere più spesso di questi tempi.
  18. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Shostakovich : Piano Trio n. 1 Op. 8 - Jansen/Maisky/Debargue
    Registrato Live al Festival di Verbier del 2017
    DG 2020, formato 48/24
    ***
    Composizione giovanile (2023, Dmtri ha 16 anni scarsi) scritta durante gli studi ed eseguita con gli amici.
    Dura circa 13 minuti e in origine portava il titolo di Poeme.
    Spesso è registrata in un unico movimento, questa registrazione DG ha il pregio di separare i tre momenti.
    Non che serva assolutamente, non ci sono vere e proprie distinzioni di tempo e di espressione perché i tre movimenti stessi vivono di fasi di continua modulazione e la coda finale è un frammento di un minuto o poco più (peraltro finito da un allievo di Shostakovich per la pubblicazione effettiva).
    Generalmente è snobbato dagli esecutori che gli preferiscono il ben più maturo n. 2 Op. 67 ma deve piacere molto a Janine perchè ce l'ha sempre in repertorio (esiste già una registrazione di una decina di anni fa).
    Questo ha il pregio di mostrarci il mutare dell'impostazione dell'autore da una modulazione romantica a quella più graffiante che si perfezionerà con le composizioni successive.
    In effetti la chiave interpretativa deve comprendere i due tagli, perché a momento lirici intensi fanno seguito concitati crescendo.
    I tre protagonisti di questo brano, pubblicato adesso da DG, probabilmente in concomitanza con l'edizione "virtuale" del festival 2020, hanno qualità omogenee, pur se questa fortunata formazione dal 2018 ha visto Martha Argerich unirsi all'amico Maisky.
    E il risultato è che le tre parti hanno eguale dignità e importanza.
    Rispetto ad altre edizioni che ho in mente, il movimento centrale mi sembra il momento di maggior intensità emotiva e dove si raggiunge l'apice dell'interpretazione.
    Che nel complesso forse manca di un pizzichino di follia nei momenti più rapidi.
    La Jansen è sui suoi consueti standard e devo ammettere che mi attirato subito per lei. Maisky mostra ancora una voce molto sensuale anche se dobbiamo ammettere che negli ultimi anni sta perdendo un pò di smalto.
    Complessivamente un'ottima prova che vi sento di consigliarvi, pur nella breve durata.
    Virtù ... del nostro mondo virtuale, un CD da 13 minuti sarebbe impensabile ma tra streaming e acquisti online oggi è possibile sia avere un unico brano come questo sia l'integrale dei quartetti a prezzi paragonabili e fruibili con un semplice click.
    Registrazione eccellente che non fa nemmeno lontanamente immaginare sia stata ripresa dal vivo, sebbene in generale il pubblico coltissimo del Festival di Verbier non pecchi mai di rumorosità in sala.
     
     

     
     
  19. M&M
    Mi perdonerete ma io sono cresciuto con il suo Mozart.
    E la sua omnipresenza nei cofanetti del grande Henryk Szering come straordinaria accompagnatrice in Bach, Beethoven e naturalmente Mozart.
    Di tocco elegante, fluido, mai aspro io la ricordo sempre sorridente.
    E quei primi concerti per pianoforte di Mozart, accanto ai coevi, brillanti di Brendel, per me sono un fondamento per la mia cultura musicale.
    Frau Mozart per me, lei che si è formata al Mozarteum di Salisburgo, suonando nelle sale che videro infanzia e giovinezza di Amadeus.
    Si è spenta l'altro ieri a quasi 94 anni (era nata qualche mese dopo mio padre, morto 17 anni fa) ma lascia una eredità indelebile
    Addio Ingrid, e grazie.
    Alcune sue incisioni (ma ne trovate a decine)






  20. M&M
    VIDEO PUBBLICATO IN QUESTI GIORNI SU YOUTUBE ripreso dalla registrazione eseguita da SWR Classic e disponibile anche sul loro sito in forma integrale (circa 2 ore di concerto).
    Si tratta di una parte del concerto (che comprendeva anche Weber e Dvorak) diretto dall'oramai quasi ottantenne ma magnificamente in forma Christoph Eschenbach.
    Piatto forte del concerto, per me, il Sibelius con Janine Jansen.
    Eschenbach con la Jansen e l'orchestra sinfonica della SWR durante il concerto del 10 maggio 2019 a Stoccarda.


    Negli ultimi anni, Janine Jansens ha portato per le principali piazze europee (anche) il Concerto per Violino e Orchestra Op. 47 di Sibelius.
    L'ha fatto con diversi direttori d'orchestra e formazioni orchestrali.
    Per pura pigrizia ho mancato la puntata romana con Pappano e l'orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia nel dicembre 2016 ma dal quel momento ho sperato che uscisse in disco la sua interpretazione.
    Speranza che è rimasta vana fino alla pubblicazione di questo concerto dal vivo, nei giorni scorsi.
    Si tratta di un documento che esprime probabilmente lo stato dell'arte dell'intepretazione dal vivo della nostra epoca per questo epico concerto per violiono ed orchestra.
    Janine Jansen ha un rapporto unico con il suo Stradivari 'Baron Guttman' del 1707 che è impossibile descrivere se non vedendola suonare.
    Letteralmente riesce a far cantare lo strumento sprigionando un suono ambrato, a volte roco, unico ed inconfondibile.
    Nelle sue mani quello Stradivari - unico - non può lasciare freddi. Lei è la prima a sentirne l'influenza.
    Dal vivo - ma spesso anche in disco - e da solista - perchè la Jansen cameristica è un pò differente - ogni sua nota è viscerale, palpitante, viva, passionale ed appassionante.
    Lo è a maggior ragione in un concerto che fin dal primo lamentoso accenno del violino è un canto appassionato che sembra sia stato dettato a Sibelius più dal sangue che dalla mente (sappiamo le lunghe traversie e ristesure di questo concerto oltre un secolo fa).
    E Janine Jansen mette se e il suo strumento al servizio della musica di Sibelius come è raro ascoltare oggi. Lo fa accompagnata da una orchestra di primordine che non si limita - sotto alla consumata guida di Christof Eschenbach, capace di assecondare anche menti ribelli come Cameron Carpenter nella bellissima ed appassionata trascrizione della Rapsodia Paganini di Rachmaninov di cui abbiamo scritto su queste pagine nelle scorse settimane.
    Ricordiamoci sempre che alla prima esecuzione del 1905 del concerto la bacchetta la teneva in mano Richard Strauss ...
    Intendiamoci, Jansen non è Heifetz, nessuno lo può essere con quel suo rapsodico ed inimitabile incipit (cfr. edizione 1960 RCA con la Chicago Symphony) ma la costruzione del primo movimento del concerto é esemplare per la forza e la vita che sta in ogni nota, al riparo da qualsiasi elaborazione cerebrale che in altri interpreti di oggi, magari più attenti al proprio apparire che a quanto si sta trasmettendo al pubblico, si finisce sempre per il notare. Nella cadenza la solista semplicemente si estranea.
    Ma nella realtà per tutto il concerto sta in una sorta di trance esecutiva che è ben lungi dall'esibizione personale. Solo lo sguardo va al maestro, di quando in quando, per seguirne gli attacchi. Ma per il resto gli occhi sulla tastiera, la fronte aggrottata, la bocca in un sorta di ghigno per lo sforzo. Non un sorriso nelle pause orchestrali (e che pause ! Grande Eschenbach !! E grandi solisti dell'orchestra.).
    Il cantabile nella ripresa con lunghe note tenute, il fraseggio che resta intenso ma morbido, trilli infiniti, verso un finale in grande trionfo.
    Se ha un punto debole questo concerto ce l'ha nel movimento centrale che apparentemente serve a stemperare la tensione del primo movimento per andare al istrionico allegro finale. E in qualche interpretazione questo calo è forse troppo accentuato.
    Nulla di ciò perchè il violino della Jansen (che naturalmente non vive di vita propria ) prende letteralmente il volo cantando a voce piena, senza sussurrare (e senza far sbadigliare l'ascoltatore) con grande sensibilità e anche grande buon gusto quando magari in certi passaggi l'animo finlandese più rustico di Sibelius minaccia di prendere un pò la mano. E' proprio la ricchezza della modulazione del suono del solista che tiene vivo un adagio che in fondo è tutt'altro che grave. Jansen non ha bisogno di esibire vibrati a quattro dita perchè la sua arcata è capace di chiudere interamente una frase passando all'altra senza soluzione di continuità.
    Quasi (o forse no) sopra le righe il finale, dove il virtuosismo viene portato a livelli elevatissimi. Questo di fatto è un movimento di danza "stilizzata" che il violino tratteggia mentre i fiati e gli ottoni ricamano sulle sue note fino all'introduzione del secondo tema per poi riprendere a livelli di difficoltà ancora più alta.
    Trascinante ed emozionante. E sinceramente inarrivabile per la gran parte dei colleghi della Jansen.
    Oggi ci sono veramente tanti violinisti di grandissimo valore ma la splendida capacità di coinvolgimento delle performance di Janine Jansen, quando raggiunge questi livelli è veramente difficile da replicare, anche in serata di grazia.
    Nel video, un bis per acclamazione che pur lontano secoli da Sibelius (la Sarabande della Seconda Partita in Re minore per violino solo di Bach), riprende la tonalità dell'ultimo movimento del concerto e ne mantiene lo stile.
    E' strano, stranissimo sentire Bach suonato quasi senza ... punteggiatura, con le arcate che disegnano la musica ellitticamente, praticamente senza quelle pause necessarie alla danza per essere quello che dovrebbe essere.
    E sinceramente non lo ammetterei in una esecuzione dedicata a Bach ... 

    Ma chi sono io per criticare Janine ?
    Janine Jansen, qualche anno fa, se leggesse queste mie righe farebbe certamente così ...

  21. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Sibeliust
    Klaus Makela alla testa della Oslo Philarmonic
    Decca marzo 2022, formato 96/24, comprato
    ***
    E' stato l'evento Decca della prima metà del 2022. Per sforzo mediatico e promozionale.
    Posso capirlo perché era dai tempi di Berglund (classe 1929) che un finlandese così giovane non si esibiva con questo piglio nella contorta opera sinfonica del compositore finlandese per antonomasia.

    Makela è un classe 1996, ed è direttore principale della Oslo Philarmonic nonché direttore artistico della Orchestre de Paris ma dirige come un veterano a dispetto della giovane età.
    Decca gli ha confezionato un pacchetto di ripresa eccezionale, con una dinamica a prova di impianto di riproduzione, bassi tellurici, archi chiarissimi, fiati in primo piano.
    Il complesso dei bassi della Oslo è notevole e questo consente a Makela di dare il meglio di se nella terza sinfonia, sin dalle prime note.
    Ho trovato la prima e la seconda molto solide, la terza insuperabile, la quinta ottima, buona la sesta. Meno interessante la settima, mentre la quarta non è tra le sinfonie che ascolto volentieri per la musica.
    Penso che l'età giochi a favore nella terza e nella quinta mentre probabilmente la settimana richiederà più maturità (credo che in questa sinfonia nessuno ci abbia visto quello che ha reso in disco Mravinsky).
    Nella quinta continuo a preferire la magnifica ripresa in video di Esa Pekka Salonen.
    Nonostante l'hype esagerato e i mesi che mi sono preso per recensire questo cofanetto, trovo che sia giustificato l'entusiasmo dei media e della casa di registrazione.
    E' veramente una bella edizione. E anche se preferisco il vecchio Jarvi (sia in CD per BIS che in SACD per DG) questa ci va vicino, con le eccezioni che ho detto.
    Ma sto attendendo che Santtu-Matias Rouvali completi la sua nuova integrale per BIS ...

    edizione alternativa delle sinfonie di Sibelius, come detto nel testo :

     
     
  22. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Sibelius : sinfonia numero 4
    Santuu-Matias Rouvali dirige la Gothenburg Symphony Orchestra
    Alpha Classics, 19 gennaio 2024, formato 96/24
    ***
    Prosegue con cadenza più o meno biennale l'integrale delle sinfonie di Sibelius da parte della Gothenburg Symphony Orchestra con il brillante Santuu-Matias Rouvali alla sua testa.
    Si tratta di una lettura "autentica" per cui sembra di sentire "il canto del nord" come concepito dall'autore.
    La quarta è la più complicata delle sue sinfonie, di interpretazione ardua perché concepita in un periodo nero e problematico per l'autore.
    Non se ne esce se non si è respirata la stessa aria gelida.
    I toni scuri si stemperano tra i movimenti e da lugubre - con un inizio degno della "Caduta degli Dei" wagneriana - la composizione diventa distesa se non proprio trionfale.
    Il terzo movimento largo prepara ad un finale allegro che comincia con un accordo degli archi che poi concertano tra loro fino alla sottolineatura delle percussioni. C'è poi un bellissimo assolo del violoncello che chiama il pieno.
    Una sorta di canto degli uccelli, se vogliamo. La struttura compositiva è quasi espressionista e con essa Sibelius abbandona definitivamente la forma armonica tradizionale ma senza per questo "scendere sul continente" germanico, restando se stesso come diversamente non potrebbe essere.
    Completa il disco una coppia di schizzi altrettanto coloristici, la "Ninfa di legno" op. 15 e il celebre Valse Triste da Kuolema.
    La "ninfa" è un poema sinfonico di 22 minuti molto ritmico ed evocativo.
    Gran bel disco, passionale e viscerale come gli altri volumi della serie che speriamo si concluda presto con le ultime splendide 6a e 7a sinfonia 
    Registrazione scura ma strepitosa. Questa orchestra è molto sottovalutata. E il suo baton di prim'ordine.
      
    i tre volumi già pubblicati che vi consiglio tutti (più di quelli di Makela) se vi piace il grande finlandese.
     
  23. M&M
    La Viola è uno strumento particolare. Quello che sta in mezzo tra gli altri archi. E' un pò più grande di un violino e suona più in basso, senza i suoi acuti. In compenso ha un registro rauco, più gutturale, caldo del violino.
    E' nata insieme al violino e al violoncello. Nel tempo si é formata una famiglia di viole : da braccio - quella oggetto di questo servizio - da gamba, da basso. A seconda delle dimensioni, del numero di corde, dell'estensione del basso.
    Tutte con la stessa forma. La forma a "viola". Indiscutibilmente simile alla forma del corpo femminile. Come il violoncello, è vero, ma con dimensioni, almeno nel caso della viola da braccio, facili da gestire.
    Ho pensato di avvicinarla a Silvia, che ha indiscutibilmente anche lei una forma "a viola", per leggerne insieme le forme e le superficie.
    Lei si è lasciata ispirare dalla luce e dalla situazione mentre io mi sono limitato a scattare.
    Quasi al buio, con la Z6 e il 24-70/2.8 S.

    la ruvidità delle tavole di legno grezzo della parete e del tavolaccio, contrastano con la vellutata pelle di Silvia e con il lucido della vernice della mia Viola Johann Bruck (uno strumento tedesco da studio).

    qui la pelle è naturalmente lasciata come la giornata invernale l'ha disposta
    In controluce, con Z7 e 105/1.4E tutto aperto

    Silvia si è mossa di continuo per me, cercando di replicare le sinuosità della viola

    che è rimasta appoggiata davanti, ora sfuocata, ora a fuoco :

    ora un pò e un pò

    finchè Silvia si è alzata per assumere la sua di forma

    che poi è quella dello strumento

    nell'album allegato, una selezione più ampia tra le centinaia di scatti eseguiti in otturatore elettronico, sempre in luce naturale.
     
  24. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Tales From Russia
    Rymski Korsakov (Scheherazade), Mussorgsky (Una notte sul monte calvo), Prokofiev (Storie di una vecchia nonna Op.  31)
    Simon Trpceski, pianoforte
    Onyx 2019, 96/24
    ***
    Simon Trpceski è un pianista acclamato in Inghilterra dove spesso si é esibito con Petrenko a Liverpool.
    Qui confeziona un disco sontuoso, con uno Steinway che si trasforma letteralmente in un'orchestra sotto le sue dita, in una delle più affascinanti Scheherazade che abbia ascoltato sinora.
    L'arrangiamento di Paul Gilson è estremamente fedele ed altrettanto caleidoscopico della versione originale con la magistrale orchestrazione di Rimsky-Korsakov.
    Ci vuole grande tecnica per reggere gli oltre 42 minuti di musica dei quattro brani selezionati ma al contempo anche molta sensibilità per non strafare.
    Trpceski ci porta fino ad un finale denso di pathos e di passione, come ci si aspetterebbe dall'Orchestra Nazionale Russa.
    Non è da meno la versione con il doppio arrangiamento (dal piano all'orchestra) di Rimsky-Korsakov e (dall'orchestra al piano) di Konstantin Chernov, della Notte sul Monte Calvo di Mussorgsky.
    La relativa brevità dle brano consente al pianista di tenere tempi stretti e comunque di mostrare una tavolozza completa di toni e di colori.
    Le storie dalla Russia nella realtà iniziano con i racconti della nonna di Prokofiev.
    Un antipastino leggero che diventa il degno prologo dei due brani successivi.
    Grande disco di Natale che vi consiglio vivamente.
    Registrazione calda, piena, dinamica.

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