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  1. M&M
    La dedica originale ("scritta per il sovvenire di un grand'uomo") della Sinfonia n. 3 "L'eroica" è lo spunto per questa piccola Guida all'ascolto.
    Naturalmente Beethoven bisognerebbe conoscerlo a fondo tutto ma la sua musica ha avuto uno stile in continua evoluzione, tanto che la si può separare in più fasi.
    Quella ... di mezzo, la più immediata all'ascolto ma anche quella che più coinvolge. Non ci sono ancora le sonorità aspre degli ultimi quartetti, della grande fuga, e nemmeno le forme arcaiche di contrappunto intricato delle ultime sonate. Della nona sinfonia, solo il tema ma non lo spirito allucutorio.
    E' il Beethoven della Quinta e della Terza Sinfonia. Della sonata a Kreutzer, del concerto per violino.

    E' il Beethoven praticamente coetaneo dell'astro europeo, quel Napoleone che da Primo Console diventa Imperatore e poi padrone d'Europa, scorrazzando con le sue armate dalla Baviera alla Polonia, passando per l'Italia e Vienna.
    Questo periodo "Eroico" coincide per i due titani. E' vero, anche Napoleone raggiunge la piena maturità "strategica" negli anni che vanno dal 1800 al 1809 (da Marengo a Wagram, dove si cominciano a vedere i primi segni di appesantimento del suo "metodo").
    Il Napoleone che libera le genti europee per poi dominarle come Imperatore, arrivando ad essere da liberatore atteso, allo straniero che bombarda Vienna per costringerla alla resa (con Beethoven rintanato in cantina) per poi sposare la figlia dell'Imperatore Asburgico (cui prima aveva fatto decadere la corona del Sacro Romano Impero).
    Del Beethoven il cui ultimo concerto per pianoforte che qui chiude idealmente la lista del periodo "Eroico" viene poi attribuito l'epiteto de "L'imperatore", pur senza un reale riferimento ... all'Imperatore
     
    E' il Beethoven degli Eroi, Coriolano e Prometeo tra tutti. Ma anche Leonora, eroina ideale come molte delle dedicatarie della musica del Maestro.
    Naturalmente come da nostra abitudine, qui si è fatta una selezione, con le opere più rappresentative, senza voler escludere necessariamente le altre se non per il numero. Non abbiamo nulla contro la 4a e la 6a sinfonia, ne con i quartetti e le altre sonate del periodo.
    Mentre è esclusa sia per il periodo di composizione che per il significato, quella Wellington Sieg che celebra la sconfitta delle armate francesi ad opera del Duca inglese ma che ancora deve incontrare quello che è divenuto "l'orco corso".
    Più avanti Beethoven diventerà più cupo come la sua musica, più introverso, più socialmente disturbato. Morirà qualche anno dopo, rispetto all'Imperatore componendo i suoi più grandi capolavori che però, tolta la 9a sinfonia, al pari delle più brillanti manovre napoleoniche della fine della carriera, non sono mai le opere più celebrate del maestro ma più rivolte ad un uditorio erudito e preparato.
    Ma stiamo andando oltre, ecco qua, il catalogo è questo !
    Concerto per pianoforte n. 3 in do minore Op. 37 - 1800/1802
          Sonata per violino e pianoforte n. 9 in la maggiore "Kreutzer" Op. 47 - 1802/1803


    Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore "Eroica" Op. 55 - 1803

    Sonata per pianoforte n. 21 in do maggiore "Waldstein" Op. 53 - 1803/1804

    Sonata per pianoforte n. 23 in fa minore "Appassionata" Op. 57 - 1804

    Concerto per pianoforte n. 4 in sol maggiore Op. 58 - 1805/1806
      
     
    Concerto per violino in re maggiore Op. 61 - 1806


    Trentadue variazioni per pianoforte su un tema originale in do minore WoO 80 - 1806

    Ouverture "Coriolano" in do minore Op. 62 - 1807

    Sinfonia n. 5 in do minore Op. 67 - 1807-1808

    Fantasia corale "Schmeichelnd hold" Op. 80 - 1808

    Concerto per pianoforte n. 5 in mi bemolle maggiore "Imperatore" Op. 73 - 1809

     
     
    Ho inserito un paio di scelte per alcune delle composizioni ma in generale ho voluto premiare interpretazioni classiche, degli anni d'oro della stereofonia, con solo una manciate di edizioni moderne, digitali o ad alta risoluzione.
    Ovviamente è una scelta personale, ognuno si farà la sua compilation ideale.
    Iniziando questo anno Beethoveniano che anche noi cercheremo di celebrare degnamente, mi premeva principalmente tagliare esattamente in termini di repertorio e di epoca storica questo Beethoven Eroico, il mio preferito in assoluto (senza disdegnare assolutamente tutto il resto di cui avremo ampiamente tempo di dibattere di qui a dicembre).
    Ma se qui c'è qualcuno in ascolto o in visione che vuole aggiungere la sua gradita opinione, ci leveremo il cappello  
  2. M&M

    Recensioni : Opera
    Marc Minkowski e Les Musiciens du Louvre tornano a Händel con una registrazione integrale dell'opera Alcina del 1735.
    Il ruolo della protagonista è interpretato da Magdalena Kožená, che ritorna con Les Musiciens e il maestro Minkowski a vent'anni dal debutto con il Giulio Cesare dello stesso Handel.
    A lei si unisce un'eccellente cast di solisti, composto da Erin Morley (Morgana), Anna Bonitatibus (Ruggiero), Elizabeth De Shong (Bradamante), Alois Mühlbacher (Oberto), Valerio Contaldo (Oronte) e Alex Rosen (Melisso). 
    Pentatone 2 febbraio 2024, formato 96/24, via Qobuz
    ***




    Erin Morley al culmine della sua straordinaria interpretazione di "Tornami a vagheggiar"

    l'elenco dei cantanti al debutto alla Scala lo scorso giovedì 8 febbraio, unica data della tourné in corso di questa opera, in contemporanea con il lancio del disco, come si conviene, non solo per i tour delle rockstar.
    Il ritorno di Magdalena Kožená nel frattempo diventata una star mondiale alle origini che la lanciarono, splendida Cleopatra, proprio con Minkowski e i suoi musicisti nel 2003 nel più splendido dei Giulio Cesare disponibili su disco.

    cd Archiv che ho letteralmente consumato, con una compagine di voci semplicemente inarrivabile

    Minkowski davanti al sipario scaligero.
    Intanto Alcina è diventata un'opera di cartellone con molteplici incisioni, l'ultima che ricordo con Joyce Di Donato e Sonia Prina con Alan Curtis sempre per Archiv del 2009, oltre al video, lo stesso Minkowski con Anja Harteros e poi Rousset nel 2015 e Andrea Marcon, ancora nel 2015 con Patricia Petibon e Philippe Jaroussky.
    Nel ruolo di Alcina storicamente ci sono state, la prima in tempi contemporanei, Joan Sutherland, e poi Arleen Auger e Reneé Fleming più recentemente.
    L'opera, del 1734-1735, è l'estremo sforzo di Handel alla crisi della moda londinese per l'opera all'italiana con prime donne italiane.
    Le mode passano ma soprattutto gli eccessi delle primedonne (compresi i castrati) italiani che, dopo averne fatto la fortuna, abbandonarono l'impresario Handel al suo destino, tornando in continente, chi verso Parigi, chi verso Vienna o le corti tedesche.
    Al nostro caro sassone restò la sola Anna Maria Strada, da lui "scoperta" a Pisa in quegli anni e sulla cui voce ricamò Alcina.
    Della Strada dal Pò si dice che aveva la voce della Faustina in un corpo da porco. E movenze sceniche modeste.
    Ma probabilmente la voce bastava, insieme alla presenza del castrato Giovanni Canestini (Ruggiero), alla prima del 16 aprile 1735 al Covent Garden di Londra.
    La trama è poca cosa, ripresa da un episodio dell'Orlando Furioso di Ariosto, la maga Alcina incanta con un filtro d'amore Ruggiero che diviene pazzo per lei. Bradamante va in suo soccorso etc. etc. Alla fine la maga resta sola quando Ruggiero si riprende ed eroicamente rovina la fonte magica di Alcina.
    L'opera è un classico dell'epoca, di durata ipergalattica, includendo balletti ed intermezzi musicali.
    Questa registrazione dura nel complesso per 3 CD, ovvero 3 ore e 11 minuti per 86 tracce complessive.
    ***
    Andando al sodo, Minkowski si dimostra ancora più inappuntabile e i suoi musicisti sono ineffabili, specie nelle parti di accompagnamento solistiche che in questa composizioni sono ricchissime.
    Flauti, violoncello, liuto, semplicemente perfetti.
    Come il cast vocale, almeno nella parte femminile, una più brava delle altre. Gli uomini mi hanno lasciato una impressione un pò controversa. Specie il controtenore Muhlbacher (che ha la peggiore dizione italiana : gli altri sembrano tutti madrelingua a dispetto che invece i soli Anna Bonitatibus e Valerio Contaldo lo siano veramente).
    Nella realtà, se la Kozena è una Alcina matura e straordinariamente espressiva (un filo meno "isterica" di certe sue interpretazioni degli anni passati, probabilmente ben influenzata dalle altre cantanti) che sviluppa il personaggio in profondità quasi psicanalitiche (cfr. "Ah, mio cor") che si fa ascoltare fino all'ultima nota, dove ho alzato il volume è nelle entrate delle altre cantanti.
    Erin Morley è da capogiro, il suo "Tornami a vagheggiar" l'ho ascoltato decine di volte. Il suo repertorio di virtuosismi è veramente da primadonna.
    Ma sono tutt'altro che seconde scelte Elizabeth De Shong (Bradamante) che tocca emotivamente ( 'Vorrei vendicarmi') ed altrettanto espressiva è Anna Bonitatibus (Ruggiero).
    Sinceramente io applaudo la scelta dell'impiego di contralti e mezzosoprano al posto di contraltisti e controtenori. Ma è questione di gusti, naturalmente.
    Ma è un'opera tanto ricca di arie straordinarie e di momenti di grandissima musica che già una selezione sarebbe chilometrica.
    Edizione di riferimento ?
    Si, lo ammetto con fiducia, sebbene la registrazione mi sembra un filo al di sotto degli standard di Pentatone o forse perché la scelta di valorizzare l'insieme rende meno focalizzate le voci.
    Con il risultato che Magdalena riempie da lontano la scena e spacca l'aria mentre le altre, probabilmente più "tascabili" in termini di volume, si perdono un pò anche nell'ascolto in cuffia, non solo a monitor.
    Certo si tratta di un ascolto impegnativo ma sarebbe un peccato perderselo. Se amate Handel.
  3. M&M
    Handel : I Concerti Grossi dell'Op. 6 - Accademia Bizantina/Ottavio Dantone
    HdB Sonus, 11 novembre 2022, formato 88.2/24, via Qobuz
    ***
    I Concerti Grossi Op. 6 di Handel sono stati composti da Handel in circa un mese, nell'ottobre del 1739, in uno dei famosi slanci creativi per cui Handel era famoso.
    Come un personaggio da film, Friedrich si buttava in soffitta e consumando innumerevoli candele, scriveva finché non cadeva affranto.
    Sono nati per contrasti con quelli delle opere precedenti, in particolare l'Op. 3 che è di fatto una truffa operata dal suo editore che si impossessò di intermezzi e brani orchestrali di Handel di composizioni precedenti e ne fece una raccolta del tutto avulsa da dare alle stampe ... al mero scopo di fare soldi.
    Non che Handel fosse poco attirato dal denaro - ha fatto l'impresario teatrale per quasi tutta la vita - anzi, e questo può spiegare l'idea.
    L'editore Walsh fede dell'Op. 6 una edizione di lussa, venduta su prenotazione e tramite raccolta fondi pubblica cui partecipò tutta la nobiltà londinese a partire dalla Corona.
    Sul versamento di due ghinee, una anticipata e una alla consegna, si otteneva la citazione sul frontespizio e poi la sontuosa stampa con "carattere tipografico bello ed elegante e carta di pregio".
    Al di là dell'aneddoto e del successo di pubblico nella Londra alla moda che aveva ancora Handel come beniamino, nonostante i cambiamenti di gusto e mode, la composizione è ponderosa, fondamentale, speciale.
    Si tratta di una raccolta di 12 concerti, i tre CD che recensiamo durano in tutto 2h e 40 minuti che prende a modello, ovviamente, il concerto grosso di Corelli.
    La stessa orchestrazione di base, concertino di due violini e un violoncello, tutti a quattro parti (due violini, viola e basso).
    In quattro concerti Handel decise poi di aggiungere due oboi che nella stampa originale non ci sono, in quattro dei dodici concerti.
    Sono presenti nel manoscritto autografo di Handel.
    Ma l'inventiva teatrale del nostro caro sassone, aggiunse il pepe necessario per rendere più interessante le composizioni (e diciamolo ... i concerti grossi di Corelli sono pallosi al massimo !), fondendo elementi teatrali e colpi di scena con variazioni dinamiche e bruschi passaggi di tonalità.
    Una sorta di fusione a caldo tra la tradizione italiana e le innovazioni alla francese, unite dal rigore tedesco di un compositore che sapeva scrivere qualsiasi cosa.
    In questo senso la raccolta dell'Op. 6 può essere paragonata se non per varietà, per architettura, ai Concerti Brandeburghesi, nati sostanzialmente come operazione dimostrativa simile, anche se non con gli stessi fini commerciali, che Lipsia avrebbe scarsamente premiato.
    Naturalmente non è tutto materiale originale, come Bach, anche Handel riutilizzava allegramente composizioni precedenti. Era prassi comune.

    Questa registrazione era in programma prima del lockdown ed è stata rimandata fino alla liberazione avvenuta la scorsa estate.
    La lettura della arcinota Accademia Bizantina di Ottavio Dantone è ovviamente all'italiana, e ci mancherebbe altro.
    Del resto Handel stesso deve tutta la sua carriera a quanto appreso nel suo soggiorno giovanile in Italia.
    Ma senza inventarsi nulla di vivaldiano, quindi con fedeltà allo spirito e allo stile di Handel.
    L'ascolto, pur se ponderoso e lungo, così scorre vivace.
    I solisti sono eccellenti, la concertazione è brillante.
    Sono impiegati un mix di strumenti moderni e d'epoca ma l'amalgama è perfettamente equilibrato.
    E' musica felice, gioiosa, come il carattere di Handel. Quando si passa alla chiave minore è per necessità "di teatro", non per mettere tristezza.
    Che è come dovrebbe - secondo il mio modesto parere - sempre la musica : nata per intrattenere e curare, non certo per far ammalare ...

    Dantone alla guida della compagine e al clavicembalo

    il maestro concertatore, Alessandro Tampieri, primo violino
    Insomma, una registrazione fantastica, al servizio di grande musica, con richiami all'opera tutta di Handel, al nostro retaggio musicale di 6-'700.
    All'arte di intrattenere il pubblico, colto e meno colto, che si è persa nel tempo.
     
     
  4. M&M

    Recensioni : Vocale
    Handel : Italian Cantatas
    Sabine Devieilhe, soprano, Lea Desandre, mezzo-soprano
    Le Concert d'Astrée diretto da Emmanuelle Haim
    Erato 2018, formato 96/24
    ***
    Sappiamo bene che il nostro Caro Sassone, si perfezionò all'arte operistica e vocale in Italia durante il suo soggiorno tra il 1707 e il 1710 "a carico" della meglio nobiltà romana e fiorentina.
    Non solo gli divenne familiare l'italiano ma anche lo stile dei musicisti italiani con cui venne in contatto (tra cui certamente Nicola Porpora e Bononcini, oltre a Gasparini). Se ne ripartirà al seguito del prossimo sovrano inglese Giorgio di Hannover per Londra dove quanto imparato in Italia gli servirà per seguire la nuova moda locale per il gusto italiano - supportata dalla nobiltà inglese in contrapposizione con il conservatorismo tedesco del nuovo sovrano - e dove nascerà l'impresario Handel.
    Il periodo italiano di Handel resta comunque ricco di grande musica - ricordiamo che Handel aveva solo poco più di venti anni - non solo dello stupore suscitato nei musicisti italiani per le grandi doti strumentiste - tipicamente tedesche - apprese durante la formazione ad Halle.
    Ce n'è traccia in questo bel doppio Erato nella sonata in Si minore Op. 2, n.1 che mette in mostra i solisti del Concert d'Astrée sotto la sempre spigliata direzione di Emmanuelle Haim. Una sonata molto vivace in 4 movimenti - andante/allegro/largo/allegro tipico della sonata da chiesa, visto l'uditorio ecclesiastico - con un ricco contrappunto, la perfetta fusione del di gusto italiano con la scrittura rigorosa tedesca.
    Ma il pezzo forte di questa proposta - certo non originale, la discografia è piena di raccolte "italiane" di Handel - sono le tre cantate, equamente ripartite tra le soliste, una per soprano solo, una per mezzo, una per le due voci contrapposte. Sono in piccolo delle opere liriche solo con organico ridotto ed assenza di basso, ideate per essere rappresentate nei saloni patronali dell'aristocrazia, anzichè a teatro in spazi più ampi.
    Le cantate conosciute di quel periodo, scritte da Handel per varie occasioni sono almeno 27.

    la Haim alla testa della sua compagine
    Sinceramente non mi soffermerei sul soggetto e sul testo, siamo in ambiente romano/vaticano - almeno un testo è del Cardinale Pamphili, mecenate di Handel come il principe Ruspoli  - di origine mitologica ma sulla struttura delle composizioni, dove vediamo già l'Handel dei grandi trionfi operistici europei.
    La mia preferenza va alla "avvicente" Armida Abbandonata, dove la brava soprano Sabine Devieilhe mette in mostra grandi doti.
    La struttura della cantata è operistica con recitativi ed arie drammatiche che richiamano i futuri Rinaldo e Giulio Cesare, i greatest hits di Handel.
    L'aria "Ah, crudele" è di una bellezza sconvolgente e pare già cantata da Cleopatra. E' la classica aria col da capo, con vocali di coloratura portate a lungo. La cadenza centrale è melodrammatica ma è la ripresa finale che è ricchissima di fioriture. La Devieilhe mostra un'ottima dizione, una grande chiarezza ed una tenuta di voce esemplare negli acuti a pieno volume, con un tono leggero ma non per questo meno accattivante, anzi.
    Brillantissima l'aria successiva, "O voi dell'incostante e procelloso mare orridi mostri", sebbene brevissima, portata con grande generosità di acuti.
    Un filo di riposo nella più melodiosa "Venti, fermate". Quasi pastorale il finale "In tanti affanni miei".

    le due cantanti
    La Lucrezia è un dramma il cui testo potrebbe anche aver creato qualche malumore all'epoca, alterna arie drammatiche su tempi lenti con arie più agitate (ma sempre contro "l'empio romano", figlio del re Tarquinio il Superbo). Richieste elevate di coloratura e di virtuosismo per l'altrettanto brava Lea Desendre che si mette in mostra nell'aria liricissima "Già nel seno comincia ... " e nel drammatico finale.
    Aminta e Fillide comincia con una vera e propria ouverture introduttiva con pieno orchestrale, già in stile "Windsor" e fa da preludio ai duetti successivi.
    Brillantissima e coinvolgente in grado di zittire un distratto parterre di aristocratici fino all'introduzione della parte per il soprano nella prima aria, drammatica e declamatoria (di fatto è l'ouverture del Rinaldo, poi riscritta utilizzando lo stesso materiale a Londra qualche anno dopo).
    Godibilissi i duetti. La Desandre non mostra una dizione perfettissima ma il tono e l'eloquio sono giusti.
    Purtroppo noi siamo abituati a prove molto elevate da parte delle nostre cantanti e delle nostre compagini in questo repertorio che sentiamo tipicamente nostro.
    Ma non importa visto che il risultato è comunque godibilissimo, se ce la immaginiamo anzichè alla corte papale o di qualche principe romano, invece al Louvre o a Versailles in quegli stessi anni.
    Certo non è colpa nostra se la nostra musica - sebbene qui composta dal "Caro Sassone", il più italiano dei tedeschi del vivacissimo periodo d'oro dell'opera italiana - non è noiosa come certi macigni francesi coevi.
    Ma bando alle polemiche, un gran bel disco che si lascia ascoltare con piacere dalla prima all'ultima nota (sono 96 minuti in tutto, ci vuole l'intervallo in mezzo) e tra le mie scelte dei preferiti  2018.
    Registrazione chiara, strumenti ben ripresi, voci in evidenza ma perfettamente in equilibrio con la concertazione.
    Grandissima e di grandissimo spirito, come al solito, la Haim.
  5. M&M
    Handel : le 16 suite per clavicembalo - Erìc Heidsieck pianoforte

    rimasterizzazione del 5 agosto 2021 in formato 44/16
    Alexandre Bak - Classical Music Reference Recording
    ***
    Erìc Heidsieck - classe 1936 - è il decano dei pianisti francesi.
    Ha studiato con Cortot e con Ciampi (rispettivamente studente di uno studente di Chopin e studente di Debussy) e poi si è perfezionato con Kempff per Beethoven.
    Già a fine anni 50 era pluripremiato ed ha registrato più di 100 dischi in carriera.
    Di gusto raffinato, tocco leggero ed elegante. Vecchia scuola si direbbe oggi ma con un tratto perfettamente personale e distintivo.
    L'ho riscoperto in questo che una volta avremmo chiamato "cofanetto", riedizione di materiale di stereo di più di 60 anni fa ma che sembra registrato nei nostri giorni

    uno degli LP originali, riediti poi da EMI e adesso da Warner Classics.
    Si tratta di una integrale su 71 tracce e per più di 3 ore di durata che lascia il segno.
    Le suite di Handel non sono famose come quelle di Bach, ingiustamente.
    Probabilmente perché non sono né inglesi né sassoni e certamente non sono francesi né italiane.
    Ma contengono la summa dell'arte contrappuntistica che fanno di Handel uno dei massimi musicisti barocchi.
    "Il migliore di tutti noi", come diceva Brahms, uno dei suoi più grandi estimatori.
    Insieme a parecchie danze banali e mediocri, riempitivi per completare il pezzo e darlo in mano ad un allievo.
    Le prime 8 (HWV 426-433) risalgono al 1720, le altre 9 (HWV 434-442) sono del 1733.
    «Sono stato costretto a pubblicare alcune delle seguenti lezioni perché copie errate di esse sono apparse all'estero a mia insaputa. Ne ho aggiunte molte altre per rendere il lavoro più utile, sperando in una ricezione favorevole da parte del pubblico. Continuerò a pubblicare altri pezzi, perché considero mio dovere, con il mio modesto talento, servire un Paese dal quale ho ricevuto così generosa protezione. GF Händel.»
    Scriveva Handel di suo pugno per la prima raccolta.
    Che comprende arie sublimi, variazioni e fughe, note o arcinote come il celeberrimo "Armonioso maniscalco" e, a dispetto della durata, anche ascoltate di seguito, non pesano mai.
    Se ad interpretarle c'è un raffinato pianista come Eric Heidsieck che mi ha illuminato la via.
    Ho scoperto questa raccolta che mi era sconosciuta grazie ad una segnalazione di Qobuz e negli ultimi giorni l'ho ascoltata e riascoltata decine e decine di volte.
    Il tratto è clavicembalista alla francese, senza abbellimenti e poco o niente pedale di espressione.
    I tempi sono elastici ma sempre perfettamente intonati.
    Anche nei momenti meno densi di ... tensione artistica per mancanza di ispirazione dell'autore, sempre indaffarato con cento iniziative in qualità di impresario di successo o di ... imminente fallimento, intento a reinventarsi secondo il gusto e l'estro della moda londinese, Heidsieck non viene meno a se stesso, offrendo il massimo.
    E con la sicurezza di chi sa che la pagina successiva porterà il massimo.
    Ci sono brani celeberrimi in queste pagine, ripresi anche orchestralmente, da Handel e da altri nei secoli successivi.
    Non riesco a segnalare i momenti migliori di una integrale che merita - da chi sappia di poterla apprezzare - di essere ascoltata tutta di seguito.
    Forse la fuga della terza suite e il finale, la giga dell'ultima suite del secondo volume, suonata a velocità iperbolica.
    Rimasterizzazione di qualità commovente, vista l'età del materiale d'origine.
  6. M&M

    I Confronti
    Handel : il Messia, The English Concert & Choir, Trevor Pinnock
    Archiv, 1988
    Arleen Auger, Anne Sofie von Otter, Michael Chance, Howard Crook, John Tomlinson
    ***
    Siamo agli albori del digitale, il CD è già uscito ma molti album si comprano ancora in vinile.
    Io questo l'ho preso in cofanetto CD della Archiv.
    Ed è immediatamente diventato il mio riferimento ... anche per il test dei diffusori.
    Ricordo vivissamente l'impressone di freschezza, avendo in mente certe rappresentazioni del Messia alla .... Klemperer.
    Siamo ancora agli albori delle riletture filologiche, con il testo originale, oltre che con strumenti originali ed organici compatibili con il 1741.
    Il cast è eccezionale. La Auger canta sempre come un angelo, la von Otter - io sono un grandissimo fan - ha quella tonalità androgina particolarissima.
    Ma in generale l'intonazione, l'inflessione, è sensazionale.
    Non mi appassiona tantissimo il coro con grande presenza di bambini. Ma passi, l'English Concert del 1988 è meraviglioso.
    Sono passati 35 anni, si sono succedute tante altre edizioni.
    Ne arriva un'altra. Con la stessa compagine orchestrale, lo stesso coro.
    Un altro cast d'eccezione.

    Handel : il Messia, The English Concert & Choir, John Nelson
    Erato, 2023
    Lucy Crowe, Alex Potter, Michael Spyres, Matthew Brook
     
    John Nelson è un artista accurato. Già parte dalla scelta della location, la cattedrale di Coventry per la sua acustica.
    Recupera tante varianti, aggiunte da Handel dopo la prima del 1741 e fino al 1750.
    Arie scritte per castrato o per mezzosoprano.
    Nelson le include tutte in appendice, ma opta per il controtenore, all'epoca, l'italiano Gaetano Guadagni (famoso per l'interpretazione dell'Orfeo di Gluck) era un contraltista.
    L'impostazione è teatrale, praticamente operistica.
    Ricordo che il Messiah è un'oratorio, praticamente una recita da concerto, che in qualche occasione, un registra estroso ha cercato di trasformare in opera lirica con dubbia riuscita.
    Ma è ovvia la parentela con l'opera.
    Del resto Handel dovette convertirsi all'oratorio in inglese, una volta terminata la moda londinese per l'opera lirica in italiano, causata più che altro dagli eccessi di impresari e prime-donne italiane.
    Sinceramente sulle prime ho trovato questa lettura un pò immanente, meno frizzante dell'originale del 1988.
    Ma poi mi ha preso, lentamente ma profondamente.
    Il cast è all'altezza del precedente, Lucy Crow è splendida ma anche tutti gli uomini sono all'altezza, anzi.
    E il coro mi sembra superiore a quelli dei tempi. Certamente più abituato ad andare un pò oltre i confini del seminato abituale degli ultimi decenni del secolo scorso.
    E' una sensazione bellissima quando una partitura che sai a memoria riesce ancora a sorprenderti. E splendida la selezione di brani opzionali o aggiuntivi che spesso vengono trascurati.
    In pratica una sintesi di tutte e sette le versioni originali rappresentate da Handel in vita a Londra.
    Nelson ha più esperienza di Pinnock nel lavorare con i cori, e lo dimostra la maestria nel modo in cui ha schierato le sue truppe a Coventry, il coro del The English Concert é chiaramente in splendida forma, con i soprani che affrontano brillantemente le elevate esigenze di Händel in "And the gloria of the Lord" e il tutto genera l'energia necessaria per contrastare anche le trombe quando è necessario.
    Ovviamente la prova sta bel pudding. E se ascoltando il coro dell'Hallelujah di questo Messiah non vi si rizzano i capelli, vuol dire che siete già nel mondo dei più.
    Splendida prova, nuovo riferimento ? Credo di si. Ed era ora. Ma onore a Pinnock e al suo, di English Concert.
     
     
  7. M&M

    Recensioni : Opera
    Handel : Saul HMV 53
    Philarmonia Baroque Orchestra & Chorale diretta da Nicholas McGegan
    Performance dal vivo 2019, pubblicata il 5 giugno 2020, formato 192/24, ascoltata via Qobuz
    ***
    Saul non è un'opera lirica, è un oratorio.
    Ma non è un oratorio come il Messiah, per nulla.
    Si, la rappresentazione è in forma di concerto, i cantanti leggono le parti, non ci sono scene.
    Ma se i temi sono biblici - Giudea, Re Saul, il futuro Re David, i filistei e la guerra con Israele - la vicenda è tutt'altro che religiosa, anzi.
    Ma all'epoca il pubblico londinese ne aveva le tasche piene dell'opera lirica drammatica all'italiana e soprattutto, delle star canore italiane e delle loro bizze.
    Di qui la serie di oratori di Handel che inseguiva il gusto del suo pubblico pagante da buon impresario e produttore.

    Vicende bibliche dense di dramma, spesso di morte, tradimento, intrighi, gelosie, amori felici e meno felici.
    Insomma tutti gli ingredienti dell'opera liriche, per cui io metto questo genere al confine, formalmente oratori (per la forma, la grande presenza del coro e delle corali, decisamente più invadenti che nelle opere liriche, più giocate su recitativi e arie)
    Qui i recitativi sono del tutto tagliati, sinceramente non so se ci fossero in origine, ma non credo.
    McGegan comunque ha contenuto in 2 ore e 20 il tutto, forse pensando al suo, di pubblico, quello americano del Walt Disney Concert Hall di Los Angeles dove è stata ripresa dal vivo quest'opera.
    La compagine è di primo livello anche se lontana dalla quotidianità di noi europei.
    E segna anche la fine del lungo sodalizio del britannico purosangue McGegan con la Philarmonia Baroque Orchestra che ha portato ad alti livelli nel repertorio di inizio settecento.
    L'organico strumentale è sontuoso, praticamente tutto su strumenti contemporanei con Handel.
    Abbiamo doppio accompagnamento con cembalo e organo (all'organo il cembalista Jory Vinikour, interprete a sua volta di dischi solistici barocchi).
    Nonostante la vicenda un pò pesante, il tono di McGegan è al solito resta leggero.
    Anche la celebre marcia funebre del terzo atto che accompagna Saul nel regno dell'aldilà e che ha fatto lo stesso con statisti nel corso della storia, inclusi George Washingon e Wiston Churchill, è resa con toni non troppo scuri.
    E nel complesso il direttore resta fedele a se stesso. Insomma se non seguiamo i testi, continua a non essere il Messiah, non ci sono i bambini, ma è quell'Handel.
    Edizione degna di essere tenuta in considerazione e che vi suggerisco di ascoltare se vi interessa questo repertorio.
     
    La registrazione è dal vivo, registrata con qualità adeguata ma ad un livello un filo troppo basso e con qualche strumento particolare (tipo il trombone) che si perde nel tutti.
    Applausi, finali, meritati, per questi americani impegnati a questo livello nel barocco inglese, a volte un pò acerbi e magari un pochino sguaiati ma genuini come sempre.
  8. M&M

    Recensioni : Opera
    Handel : Semele
    Monteverdi Choir
    English Baroque Soloists
    Sir John Eliot Gardiner
    Soli Deo Gloria 2020, disponibile in formato CD e flac ad alta definizione sul sito SDG
    ***
    Nel 1983 con la medesima compagine, Sir John firmava la prima edizione dell'oratorio Semele di Handel.
    Ritorna sui suoi passi a distanza di ben 37 anni e dopo una stagione 2019 di concerti (tra cui a Santa Cecilia esattamente un anno fa) esce con questa nuova registrazione che su 3 DC o 68 file, propone una fresca rilettura di due ore e 35 minuti.
    Come sostenitore del Monteverdi Choir ho potuto acquistarla in anteprima perchè il disco sarà disponibile al pubblico solo il mese prossimo.
     



    Il Semele ha una storia non del tutto originale tra le mille opere di Handel.
    E' in inglese perchè sul finire degli anni '30 del 700 i londinesi ne avevano le tasche piene dell'italiano e degli italiani.
    E Handel che leggeva le foglie di té corse ai ripari gradualmente passando alla lingua inglese e agli oratori.
    E' il periodo del ritorno al sacro che culminerà con l'Ode a Santa Cecilia e al Messiah.
    E ad una serie di oratori sacri che ebbero discreto successo.
    Ma Semele no. Perchè il pubblico si aspettava un'altra storia biblica mentre i personaggi di questo oratorio sono pagani e dei dell'Olimpo.
    Perchè il tema è di fondo erotico con accenni farseschi o buffi.
    La musica è impegnativa e benchè ricca di momenti lirici di grandissimo livello, manca dei voli del periodo d'oro di Handel dei decenni prima.
    Non è di fatto un oratorio con i suoi recitativi eleganti e non è un'opera con i suoi 13 interventi del coro.
    La si rappresentava sul palco, senza scene. Mentre avrebbe meritato scene fastose.
    La prima donna, La Francesina (di cui parliamo in altra recensione proprio oggi, casualità non troppo casuale) doveva certo avere grandi doti anche se certa critica tendeva a demolirla letteralmente (ma in verità non ne abbiamo prove) però non era una superstar come la Bordoni e la Cuzzoni.
    Morale il Semele non venne rappresentato più nemmeno da Handel e fu dimenticato fino al 1957 per una ripresa che lo ha piano piano rivalutato fino agli ultimi anni con una ricca rappresentazione che culmina con questa di Gardiner e le sue compagini.
    E' un'opera impegnativa come dicevo (io la considero un'opera, non un oratorio), la musica è estremamente raffinata. E Gardiner per me non è un vero operista ma più un fine cesellatore al servizio della musica.
    Insomma i pareri saranno contrastanti, almeno per chi la ascolta per la prima volta in disco e non era alla Scala o Santa Cecilia l'anno scoro.
    Ma è un disco di rara bellezza con momenti splendidi. Il garbo è quasi "francese" ma l'eloquio praticamente .... "italiano" tradotto in inglese.
    E nonostante le pronunce terribili di certe cantanti dei nomi mitologici, bello come il Sogno di Mezza Estate.
    Forse abbiamo altri edizioni a disposizione e interpretazioni di arie famose più ispirate nella voce (penso a Endless Pleasure di Semele e Wherev'er you walk di Jove che sono nei repertori di molti cantanti celebri).
    E forse una Francesina più suadente l'avremmo apprezzata. Un Giove più possente e severo, forse.
    Ma il complesso è sublime e ci sono momenti degni di Serse.
    Insomma, un disco prezioso, una scelta in più e un ritorno dell'ultimo più asciutto e ricercato Gardiner che apprezziamo moltissimo.
  9. M&M
    le Regine di Handel : Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni
    Lucy Crowe (Cuzzoni), Mary Bevan (Bordoni)
    London Early Opera diretta da Bridget Cunningham
    Signun Classics 2019, formato liquido 96/24
    ***
    Abbiano parlato diverse su queste pagine delle regine di Handel.
    Le protagoniste delle sue opere, a cominciare da Cleopatra.
    Le protagoniste dei suoi palcoscenici, le dive italiane dell'opera di inizio '700, quelle che tolsero definitivamente la scena ai castrati più famosi del tempo.
    In questo caso abbiamo un lungo repertorio di arie, non solo di Handel ma anche di Bononcini, di Hasse (il marito della Bordoni), di Porpora, di Vivaldi, di Bononcini ...
    E i due usignoli sono due soprani inglesi.

    Lucy Crowe
     
    Conosco Lucy Crowe da tempo. Voce d'angelo e grandissimi tecnica. Capacità di articolazione eccellente.
    Qui interpreta la Cuzzoni ma sinceramente avrei visto le parti invertite.
    Perchè delle due, certamente quella con la coloritura e l'estensione più straordinarie era certamente la Bordoni, qui interpretata invece da Mary Bevan, che ha una voce non meno interessante ma certamente è meno brillante (ed anche con una dizione in italiano più approssimativa) ma che canta l'Handel inglese o il Bach tedesco in modo splendidamente coinvolgente.
    Comunque è questione di gusti. E' grandissima musica, non ci sono le arie ultracelebratissime e che hanno fatto a suo tempo la fortuna delle due ma brani meno noti ma non per questo meno straordinarie.
    A cominciare dal Cesare iniziale, "Da tempeste il legno infranto", dove la Crowe mette tutta la sua arte in un dacapo pieno di fioriture da pelle d'oca.
    Per arrivare allo Scipione, "Scoglio d'immota fronte" , altrettanto coinvolgente (e bellissima : un'opera che non ascolto quasi mai, ho in mente quella vecchia di Rousset con la Piau).

    Mary Bevan
    I due timbri di voce sono comunque perfettamente ben assortiti (vedi "Placa l'alma", Alessandro, altro brano di bellezza assoluta).
    Naturalmente la Signora Faustina si rifà con un'aria del marito ("Se fosse il mio diletto", Dalisa, Adolf Hasse 1730) e restando tra i concorrenti di Handel, anche nel "Son prigioniera d'amore" di Nicola Porpora del 1731.
    E se non arrivano alle mani (come successo dal vero, dopo epiteti sulla rispettiva moralità direttamente sulla scena ... col Senesino a bocca aperta) nel duetto dal Tolomeo che precede l'aria di Elisa, "Voglio amore", interpretata ancora da Faustina.
    Questo lungo recital si chiude (dopo un'altra aria di Hasse per la moglie Faustina), con la Cuzzoni che interpreta un'aria dal Caio Marzio Coriolano di Attilio Ariosti (1723) in cui sinceramente le sue doti liriche si perdono un poco.
    Per il tripudio della Bordoni che chiude con l'ultima aria da una cantata da camera di Maurice Greene (chi era costui ?).
    Che non a caso è stato al vero l'addio della Signora Faustina dai palcoscenici inglesi, presenti tutti i più importanti personaggi del bel mondo (compresi i regnanti) nell'estate del 1728.
    E qui invece tutte le doti liriche della Bevan finalmente vengono fuori. Sinceramente Mary Bevan rende al meglio nell'Handel inglese (all'opposto della Bordoni che si sa non cantò mai nemmeno una sillaba che non fosse in italiano ... ).
    Complessivamente ?
    Un disco da fulmine in pieno luglio che mi ha proiettato con la macchina del tempo indietro di 3 secoli in quel momento magico, per la musica all'italiana, per Handel, per le sue regine, italiane, reali e di fantasia.
    Ma che bello !
  10. M&M
    Harpa Romana - arie e cantate dei virtuosi del XVII secolo - Riccardo Pisani/La Smisuranza
    Arcana, 19 aprile 2024, formato 96/24
    ***
    Gli inizi del '600 segnano un periodo d'oro irripetibile per la musica di corte a Roma.
    I principi-vescovi mecenati, spesso in contatto con Parigi, forniscono l'occasione per un fiorire di virtuosi, compositori, operisti, cantori, solisti che si protrarrà fino agli inizi del secolo successivo quando ne beneficerà anche il giovane Handel.
    In questo disco abbiamo una performance che non esito a definire eccezionale da parte del tenore Riccardo Pisani, formatosi proprio come cantore pontificio ed oggi specializzato nel repertorio barocco e tardo-rinascimentale.
    La Smisuranza è un ensemble di tre arpiste (Chiara Granata, Marta Graziolino ed Elena Spotti) che suonano strumenti doppi, copie moderne della famosa arpa Barberini del 1633, celebre per il suo timbro chiarissimo

    Smisuranza è un neologismo che fa riferimento alla liberalità fantasiosa d'estro interpretativo.
     
    Il programma prevede brani di anonimi e di celebri musicisti vissuti a cavallo di '500 e '600, protagonisti della scena artistica romana, tra cui i più celebri sono certo Orazio Michi e Giovan Carlo Rossi (fratello di Luigi).
    Non manca una toccata per spinetta o liuto, qui portata ad arpa, di Girolamo Frescobaldi, in quel tempo titolare organista prima in Santa Maria in Trastevere e poi nella Cappella Giulia in Vaticano.
    Ma in fondo non ce n'era bisogno, le altre firme sono di veri virtuosi dell'arpa che musicano canzoni d'amore, liete e leggera.
    Possiamo immaginare l'evoluzione della musica sempre con lo scopo di intrattenere i principi, dalla semplice rima fino alla cantata profana.
    Espressività e virtuosismo, con strutture a due e tre voci, con basso melodia e basso.
    Siamo comunque ai confini con il teatro che in quegli anni si andava creando e che, nella forma italiana, romana e veneta, avrebbe "colonizzato" l'Europa per secoli nello stile del "bel canto" ornato.
    L'arpa era uno strumento antico, già in mano alle divinità greche e romane che vive in questo periodo un processo di ringiovanimento che si spegnerà circa un secolo dopo con l'affermarsi dello strumento demoniaco da sonare alla spalla (il violino).
    Difficile da trasportare e che richiede studio lungo ed approfondito e virtuosismo delicato, l'arpa si lega all'opulenza di quella società ricca ed esclusiva.
    In questo disco, arpe e voce si fondono insieme con liberalità di abbellimenti, trilli ed imitazioni, con una polifonia garbata ed elegante.
    Restando in tema papale, il disco si chiude, giustamente, dopo sospiri amorosi e struggimenti, peccati e infelicità e pene, con una laude dedicata alla Madre del Redentore, che rende definitivamente giustizia alle qualità eccezionali di Riccardo Pisani, avvolto nella suadenza delle arpe che tessono una trama di nostalgia e struggimento attorno al testo.
    Registrazione di un nitore e una chiarezza abbagliante. Da ascoltare con cuffie planari di fascia alta coadiuvate da elettroniche di classe. Oppure con diffusori aperti, senza inutili casse dietro ai driver, per una esperienza "dal vivo" che ci riporta alla meraviglia del primo barocco italiano.
     

  11. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Beethoven : Concerti per pianoforte e orchestra n.1 e n. 4
    Martin Helmchen, pianoforte
    Deutches Symphonie-Orchester Berlin diretta da Andrew Manze
    Alpha 2020, formato 96/24
    ***

    ci sono occasioni in cui la visione comune di due artisti che vedono allo stesso modo quello che stanno suonando fa la differenza.
    Come il caso di Backhaus con Hans Schmidt-Isserstedt, di Pollini con Addado, di Horowitz con Toscanini, di Van Cliburn con Fritz Reiner.
    Conta poco se ci sono altre edizioni, altri momenti più alti, altri dettagli. Il risultato si sente, si vede, si tocca.
    La foto qui sopra lo dimostra. E le seguenti di più

     

    Questo secondo disco - già mi era molto piaciuto quello con il 2° e il 5° che però non sono i concerti di Beethoven che mi piacciono di più - aggiunge una dimensione superiore. Perchè è passato più tempo. Perchè i concerti sono più belli o forse più adatti all'indole introversa dei due interpreti.
    Il primo è rotondo come deve essere. Il secondo intimo, come deve essere.
     I silenzi, i neri tra le note, eloquenti.
    L'atmosfera tesa ma rilassata allo stesso tempo.
    Il piano ha un suono e una calma olimpica che ricordano il miglior Curzon.
    Ogni nota è quella giusta.
    Ogni sottolineatura dell'orchestra è quella giusta. E il pianoforte risponde perfettamente a modo.
    Helmchen non è un pianista che ha bisogno di dimostrare di essere meglio di quello che sembra.
    E'.
    Complimenti ad Alpha che ha messo insieme questa coppia.
    Grande suono, degno di questa eccellente prova.
  12. M&M

    Recensioni : organo
    Hereford Experience
    Brani organistici di autori vari
    Douglas Tang, organo
    Willowhayne Records 2018
    formato 192/24
    ***
    Douglas Tang è un giovane organista di Hong Kong effettivamente formatosi in occidente.
    Questo disco è però un tributo al grande organo romantico (1863 ma successivamente aggiornato nei decenni e infine revisionato profondamente nel 2004) della Cattedrale di Hereford e giustamente il programma insiste sul repertorio romantico e moderno ma senza trascurare brani barocchi come il "grande" preludio e fuga in mi minore di Nicolaus Bruhns.
    Suono grandioso, organo grandioso, interpretazione "severa" quanto serve.
    Un gran bel disco per gli amanti dell'organo.
  13. M&M
    Walton : Concerto per viola e orchestra
    Grisi : On the Reel
    Prokofiev : Romeo e Giulietta
    Adrien La Marca, viola
    Liège Royal Philarmonic diretta da Christian Arming
    La Dolce Volta 2020, via Qobuz Streaming
    ***
    Il prodotto discografico perfetto esiste ancora.
    E non importa se per farlo ci si ispira ai concetti cinematografici.
    In questo disco potrebbe sembrare il concerto di Walton il pezzo centrale, invece è, inaspettatamente il concerto "On The Reel" del trentenne belga di chiare origini venete Gwenael Mario Grisi, concepito e dato in prima assoluta lo scorso anno e qui ripreso in prima registrazione discografica.
    E' un concerto in un unico movimento che mischia tante fonti di ispirazioni con larghe atmosfere descrittive in cui la viola e le percussioni impressionano.
    Cambi di ritmi, melodici e richiami di leitmotiv a la John Williams (cui l'autore dichiara tranquillamente di ispirarsi) ne fanno la colonna sonora.
    A me è piaciuto molto e l'ho ascoltato più volte.

    Sensazionale, non mi viene altra definizione, la suite dal Romeo e Giulietta di Prokofiev con la viola solista.
    Il tono scuro rispetto al violino, più virile ma comunque femminile, si pone a metà strada tra i due protagonisti della vicenda shakespiriana sottolineando con il grande virtuosismo di La Marca ogni nuance e ogni sottile tessitura del capolavoro di Prokofiev.
    Ci sono momenti di grande intensità emotiva ben evidenziati dall'orchestra.
    Resta la suite e non il balletto, ma la viola ci racconta la sua versione della storia facendola diventare inedita.


    Mentre è diventato praticamente un hit il concerto per viola e orchestra di Walton, un tempo una composizione frequentata solo in ambiente britannico, oggi con l'abbondanza di grandi violisti viene invece molto rappresentato e registrato.
    Rispetto ad altre edizioni (Antoine Tamestit per esempio) qui mi pare che La Marca tenga il freno un pò tirato.
    Probabilmente si ispira all'algida edizione "originale" con Menuhin e lo stesso Walton.
    Fatto sta che l'effetto complessivo mi pare un pò più celebrale del dovuto.



     
    Ma parliamo di sfumature lette dal mio gusto o più facilmente viziate da interpretazioni che conosco meglio di queste.
    Adrien La Marca è un violista di livello assoluto e qui è a proprio agio in ogni scena.
    Si, perchè il carattere cinematografico di questo disco è sottolineato anche dalle fantastiche fotografie del libretto e in generale da tutta l'atmosfera scura timbricamente della luce della viola.
    Uno strumento italiano, Nicola Bergonzi, Cremona 1780, dal suono denso, cremoso, appena un filo asciutto ma il giusto.
    Orchestra eccellente sia nell'insieme che nelle parti solistiche con una ottima direzione.
    Suono splendido con dinamiche piene e bassi profondi.
    La viola protagonista, il suono protagonista, grande musica, un disco da primo in classifica.

  14. M&M

    Recensioni Cuffie
    le mie HIFIMAN Arya sulla loro base in legno, cavo custom terminato XLR Neutrik
    Susvara, Ananda, Sundara, Arya. Non indago sull'etimologia sanscrito di questi termini che per me sono solo bellissimi nomi di altrettante bellissime donne.
    In fondo, mi andava benissimo anche la tradizionale denominazione numerica, HE400, HE500, HE5, HE1000. Senza esotismi alla Trono di Spade.
    Ma Arya a me ricorda l'aria, in italiano, l'elemento in cui viviamo, che respiriamo. E trasparente come l'aria é il suono che producono queste cuffie.
    Nel catalogo delle cuffie magnetoplanari HIFIMAN, questo modello si piazza oltre le Sundara e le Ananda, e al di sotto delle HE1000 e delle Susvara.
    Probabilmente per fascia di prezzo, vanno a sostituire le Edition X.
    Ed è questo che mi ha incuriosito alla loro presentazione lo scorso autunno. Per la forma dei padiglioni che riproducono la sagoma delle orecchie ricordano i modelli di mezzo - da Ananda ad HE1000 - mentre i modelli agli estremi hanno il normale padiglione circolare.

    la forma ovoidale del padiglione delle Arya é asimmetrica e segue il profilo delle orecchie umane, senza mai toccarle

    che segue in modo asimmetrico la sagoma delle orecchie anche all'interno.
    In effetti, ero alla ricerca di un trasduttore che potesse affiancare e poi sostituire le mie venerande Stax Lambda SR404 Sn che cominciano a mostrare i loro anni.
    Anche quelle - pur con la loro forma rettangolare - assecondano la forma delle orecchie senza mai toccarle.
    E sono gli oggetti più comodi da indossare a lungo che io abbia potuto provare.
    Non che le cuffie con il padiglione tradizionale non possano esserlo. Potrei tenere in testa le AKG 712 per tutto il giorno senza provare alcun fastidio.
    Ma il suono ... non sarebbe di questo livello.
    Mentre scrivo sto ascoltando la nuovissima registrazione della 7 sinfonia di Shostakovich con Andris Nelsons alla testa della sua Boston Symphony e il suono mi avvolge.

    dalla letteratura HIFIMAN, l'uso di circuiti asimmetrici e di diaframmi ancora più sottili contribuisce ad una riproduzione più lineare e naturale.
    Non ne ho le prove scientifiche ma le mie orecchie mi danno la stessa testimonianza.
    Ma torniamo all'oggetto :
    Confezione
    la classica scatola nera con l'indicazione del contenuto, uno scatto ravvicinato che rivela il nome del modello, la scritta bianca su fondo nero a destra

    foam di protezione, tessuto "setoso", manuali.

    ho acquistato il mio modello online da Playstereo senza nemmeno prima ascoltarle, lo scorso Natale 2018

    eccole qui, appena uscite dalla scatola, poggiate sulla "seta" che le avvolge nella scatola.
    Il cavo però è già il mio specifico, costruito apposta per loro in Inghilterra.
    Costruzione


    Salta subito all'occhio che l'archetto è analogo a quello degli altri modelli HIFIMAN di ultima generazione, in metallo, ben articolato e regolabile mediante guide e buchetti a scatto.
    La banda superiore è in finta pelle, morbida al tatto.
    Come lo sono i bordi dei padiglioni, morbidissimi.


    anche le Arya usano gli ultimi spinotti HIFIMAN da 3.5mm, doppi, uno per canale, consentendo il collegamento in modo molto semplice ma estremamente stabile

     



    l'esterno del padiglione è in metallo, molto robusto a protezione del driver, di nuova generazione, sottilissimo.
    Secondo HIFIMAN questo driver deriva da quello usato nelle HE1000. E c'è da crederlo mentre i rullanti della Boston accompagnano gli archi del primo movimento della "Leningrado" nella inesorabile marcia di avvicinamento delle truppe tedesche alla città dello Zar.

    l'inconfondibile sagoma frontale di questa classe di cuffie HIFIMAN.

    ripresa artistica, luce naturale : mi piace particolarmente che in questo modello HIFIMAN abbia mantenuto i colori in nero integrale, a differenza delle "cromature" di certi modelli superiori.

    Arya non ha poi così bisogno di impressionare nell'aspetto.
    Complessivamente la cura costruttiva sembra di livello elevato. I materiali di grande qualità.
    Siamo anni luce oltre le mie Stax in tutta plastica.
    E anche ben al di sopra delle HIFIMAN Sundara che comunque possono vantare dalla loro, un prezzo decisamente più abbordabile.
    Ma andiamo al dunque, perchè le cuffie possono essere bellissime ed essere ben costruite (e queste, secondo me, sono al di sopra di ogni sospetto) ma se poi non suonano come ci aspetteremmo ... ?
    Suono


    risposta in frequenza calibrata, misurata con i miei microfoni miniDSP Ears.
    Di sopra il solo canale destro, sotto i due canali sovrapposti.
    Le differenze, limitate alle medie e alte frequenze, sono dovute alla differente posizione del padiglione sul supporto.
    Gli EARS hanno superficie dura, ben diversa dai lati delle nostre teste. Le Arya affondano nella nostra pelle e quindi sono certo che non sia effettivamente misurabile la reale risposta.
    Ma allo stesso tempo sfido chiunque sia in grado di apprezzare differenze - anche ampie - nella risposta, non nell'ampiezza, tra i due canali a 8 o a 11.000 Hz.
    Resta comunque la regolarità della risposta complessiva dal basso fino al medio, con il solito avvallamento - non pronunciato come su altri modelli - intorno ai 1800 Hz, che poi riprende senza alcun picco fino a 4000 Hz.
    Ben più tormentato invece l'andamento alle altissime frequenze, quelle in cui di musica generalmente non ce n'è più e dove le nostre orecchie perdono inesorabilmente di sensibilità.
    Al confronto le mie Stax hanno un largo picco ben pronunciato proprio dove le Arya hanno l'avvallamento sui medi e il basso è ben meno esteso ma un pò più gonfio prima di calare.
    E all'atto pratico ?
    Adesso c'è lo Stradivari di Janine Jansen e il secondo movimento del secondo concerto di Prokofiev che suona.
    Il violino è in evidenza, ma mai aspro, salvo sulle altissime come deve essere, un pò vetroso.
    I bassi entrano con chiarezza, senza colorazioni. Veloci e leggeri.
    La naturalissima voce di Simone Kermes - "Se pietà" di Handel - è resa in modo naturale ma con tutte le sue sfumature e colore.
    Anche più chiara e pulita, ne "Ombra mai fu" di Bononcini, dove è accompagnata solo dal cello e dal liuto. E dove purtroppo si sentono in modo altrettanto chiaro tutte le sue E che diventano I ... 
    Bellissima anche l'Orchestra Nazionale Russa con Pletnev che dirige l'integrale sinfonica di Chaikovsky.
    Non aggiunge verve al gelido uomo di Arcangelsk che si rifa però alla grande nella Cenerentola di Prokofiev.
    Qui le dinamiche sconvolgenti (pur in una normale registrazione 44/16) vengono risolte benissimo.
    Mi mancano i miei quattro 15 pollici in vetro nella stessa registrazione ma nessuna cuffia potrebbe sostituirli per dinamica e precisione, ad essere sinceri.


    mi spingo anche su brani moderni.
    La voce dell'ultimo Paul Simon (René e Georgette Magritte ha grandissimo garbo con le Arya) e quella di Sting che conosco benissimo (The Last Ship).

    Il jazz di "I may be wrong" - Till Bronner - voce chiarissima su un tappeto di percussioni.
    Mi accorgo che l'assenza di distorsioni mi ha fatto alzare troppo il volume e corro ad abbassarlo ...
    La performance qui è da diffusori elettrostatici ... con subwoofer.
    Queste cuffie peraltro consentono anche equalizzazioni con generose iniezioni di bassi ! Non che ne abbiano deciso bisogno però i gusti sono gusti.

    Tutto il test è stato condotto con il mio Audio-GD R28, all-in-one DAC+PRE+AMPLI di qualità al di sopra di ogni sospetto.
    Sinceramente io non sento il bisogno di cercare abbinamenti particolari ampli+cuffie con questo apparecchio dalla resa assolutamente neutrale e dalla grandissima capacità di pilotaggio.
    Le uso oramai da più di due mesi e le conosco molto bene, quindi un ultimo passaggio all'Handel di Natalie Dessay e al finale della 9a di Beethoven per Gunther Wand nell'edizione SACD Esoteric su base RCA per andare finalmente al giudizio complessivo :
    PRO
    ottima costruzione con l'uso di buoni materiali. In particolare la protezione dei padiglioni in metallo che evita il contatto con oggetti (fossero anche solo le mani) con i delicatissimi drivers. In ogni caso meglio avere cautela nel poggiarle suono di qualità elettrostatica su tutta la gamma. Il dettaglio è elevatissimo a tutte le frequenze in tutti i generi musicali, c'è ben poco da chiedere di più anche se mi viene la curiosità di sapere come possano suonare le Susvara, le Shangrilà o anche solo le Jade II dello stesso marchio per quanto possibile con le cuffie, l'immagine è aperta e non concentrata sul cranio. Passando rapidamente ad un altro dispositivo tradizionale (in questi giorni sto provando le Pioneer DJ HDJ-X10 che certo non sono pensate per queste "sottigliezze") la differenza è eclatante fatica di ascolto molto ridotta anche per lunghi periodi purchè non si ecceda con il volume ergonomia di livello assoluto, in particolare i padiglioni asimmetrici che seguono del tutto la forma delle orecchie. Non sono leggerissime ma il peso in testa quasi non si sente. Le mie Stax restano ancora più comode ma queste si avvicinano, pur con una robustezza di costruzione che le Stax semplicemente non avvicinano nemmeno
      CONTRO
    per 1600 euro, aggiungere un cavo bilanciato di qualità non avrebbe spostato l'equilibrio della confezione. Certo meno di un cash-back o di uno sconto flash, operazioni cui HIFIMAN oramai ci ha abituati.
    Io credo che i due cavi in opzione dentro alla confezione di tutte le cuffie da oltre 500 euro non dovrebbe essere ... una opzione.
    La differenza di suono e di dinamica è di tutta evidenza e chiunque dovrebbe avere un amplificatore in grado di sfruttare al meglio cuffie di questo genere. la bassa distorsione, i medi intorno ai 1800 Hz un pò indietro ma soprattutto la bassa sensibilità, portano a dover alzare il volume a livelli sostenuti, cosa che richiede un ottimo amplificatore a disposizione. Una ovvietà, quest'ultima per chi acquista cuffie di questo prezzo e di questa levatura ma da tenere in considerazione per la salvaguardia delle proprie orecchie. E' soprattutto per questo che tendo ad usare una equalizzazione digitale che allinea i medi ad una figura che mette in evidenza il basso profondo e smussa qualche asperità negli alti. In questo modo la risposta diventa assolutamente infinita e definitivamente ariosa.
    il cavetto in dotazione, ottimo, per carità, ma come seconda scelta. A mio parere nella stessa confezione dovrebbe essere offerto anche un secondo cavo bilanciato con un connettore all'altezza del sistema.
    Conclusione
    In estrema sintesi sono il mio nuovo riferimento e le cuffie che mi piace di più ascoltare tra quelle che ho in casa. Ne ho di più accattivanti per determinati brani, in fondo le Arya non sono fatte per stupire con effetti speciali ma per dare una risposta di qualità.
    Non sono in assoluto neutrali nel senso di strumento da laboratorio e di questo certo ci si giova nell'ascolta.
    Facendo un parallelo con altre HIFIMAN che conosco, trovo le HE400i più "divertenti", perchè meno neutre, le Sundara invece troppo fredde e dal suono secco, sinceramente le meno interessanti del trio.
    Il suono ha una impostazione morbida, più caldo nelle Arya, più esteso in generale ai due estremi.
    Naturalmente il repertorio di elezione deve essere quello acustico e con registrazioni di qualità.
    Ma su questo sito direi che si tratta di un dettaglio che possiamo dare per scontare.
    Mentre sto ascoltando il cembalo di un giovane Handel non riesco a staccarmene. E credo che questo possa essere il miglior complimento che si possa fare ad un paio di cuffie, certo non economiche ma che a mio avviso ripagheranno di ogni euro speso con ore e ore di puro piacere musicale.
    Consigliato un amplificatore/DAC di grande livello e in grado di erogare generose dosi di corrente, nonostante la bassa impedenza e - sempre - un collegamento interamente bilanciato con un cavo il più possibile neutro e lineare.
    Specifiche tecniche :
    impedenza : 35 Ohm
    sensibilità : 90 dB
    peso : 404 grammi
  15. M&M

    Recensioni Cuffie
    HIFIMAN Deva è il secondo modello di cuffie bluetooth del marchio, dopo Ananda.
    Si avvale dello stesso approccio e punta alla flessibilità di impiego, potendo essere utilizzata in ogni campo :
    via cavo, con il collegamento tradizionale ad un amplificatore per cuffie via cavo USB come periferica collegata ad sistema pc/Mac wireless, collegata in Bluetooth 5.0 l'opzione bluetooth va in scena grazie ad un dongle aggiuntivo che sostituisce fisicamente il cavo audio tradizionale ed integra la porta USB che funge anche da ricarica, oltre ai comandi di connessione.
    E fin qui niente di straordinario. Ma quando aggiungiamo che si tratta - come gli altri modelli premium di HIFIMAN di un modello planare che utilizza la nuova versione del diaframma "supernano" per i suoi driver circolari e guardiamo il prezzo richiesto, sostanzialmente entry-level per il listino HIFIMAN, allora possiamo anche chiamarlo miracolo.
    Peraltro, mentre Ananda BT non ha opzione di collegamente fisico via cavo analogico, mentre Deva si, per tutti i casi in cui non c'è la possibilità di sfruttare una connessione wireless o per quando vogliamo gustarci il suono di un amplificatore analogico.
    Sostanzialmente Deva si inserisce sotto a Sundara e sostituisce idealmente la gloriosa HE-400 almeno in termini di prezzo di acquisto e di segmento.
    Ma con una flessibilità di impiego sostanzialmente migliorata.
    Ricordiamo però che Sundara e HE-400 di listino facevano 450 euro salvo promozioni in corso, mentre le Deva partono da 349 euro.
    Caratteristiche di base :
    cuffie ortodinamiche a diaframmi planari, circumaurali, aperte impedenza :18 Ohm peso : 360 grammi sensibilità : 93.5 dB innesto cavo separato TRRS 3.5 mm il dongle Bluemini aggiuntivo integra in appena 25 grammi di peso un ricevitore Bluetooth, uno USB  con ingresso di tipo C, un DAC e un amplificatore da 230 mw, oltre alla batteria in grado di assicurare circa 7-10 ore di impiego pratico.
    La decodifica avviene fino a 192 KHz/24 bit via USB e 96/24 via BT. Il chip impiegato è un Qualcomm CSR8675.

     
    Dal sito HIFIMAN, il diagramma del nuovo sottilissimo diaframma (comune con altre cuffie di fascia superiore dell'ultima generazione di HIFIMAN)


    dettagli del Bluemini, il dongle responsabile di tutta la parte wireless delle HIFIMAN Deva.
    Integrazione di livello assoluto a testimonianza dei soli 25 grammi complessivi di peso, connessione e involucro plastico compresi.
     
    Unboxing :
    La classica scatola nera HIFIMAN, molto solida

     

    che sia di fronte che dietro

    riporta le novità del "pacchetto", come la ricezione Bluetooth e la relativa codifica.
    Anche nell'interno la confezione è premium, analoga a quella delle HE-400

    la cavetteria disponibile (cavo audio con jack adattatore da 3.5 a 6.3mm, cavo USB morbido USB-A/USB-C da 2 metri) e il dongle che rende "attive" le cuffie

    il manuale dell'utente

    l'estetica si rifà nei colori a quella delle HE-1000 ma la forma dei padiglioni e la meccanica è analoga a Sundara ed HE-400.
    L'uso della finitura argento e nocciola certamente le rende moderne e vivaci.

    i padiglioni sono articolati con un giunto cardanico che rende mobile quanto basta il tutto perchè siano comode da indossare.
    L'archetto è morbido, imbottito e ben robusto.
    Se vogliamo trovare un appunto da fare ... le viti a vista. Che però rendono comodissima l'eventuale sostituzione di una parte danneggiata.

    sono cuffie aperte, ovviamente, come tutte le planari di questa serie e la parte esterna del padiglione è ben protetto da una griglia metallica a nido d'ape.

    il marchio DEVA è orgogliosamente esibito come negli altri modelli HIFIMAN.

    alla massima estensione della regolazione dell'archetto. A prova di teste "importanti".

    l'interno è morbido a contatto con la pelle. Il materiale sembra adatto anche ad usi prolungati.
    Io le ho usate mentre facevo una pedalata, senza sudare.
    Notate la lettera che evidenzia il canale Sinistro e ancora lo snodo cardanico dell'archetto.


    da quella scanalatura (sotto la lettera L) passa il cavo di collegamento all'altro padiglione. E' ben recesso quindi non prevedo che possa in qualche maniera essere danneggiato nell'uso.

    sempre nel padiglione sinistro l'unica connessione esterna, utilizzabile sia per il collegamento via cavo all'amplificatore che per inserire il dongle

    ancora l'esterno con il dongle montato, questa volta

    l'altro lato

    la parte di connessione, i led di conferma, i tasti di controllo

     
    Nel complesso l'impressione è ottima.
    Appena sotto, come costruzione, alle altre cuffie HIFIMAN che conosco, tipo Sundara e HE-400, ma comunque di livello superiore alla media delle cuffie di altri produttori.
    Se in passato HIFIMAN è stata criticata - non per il suono dei suoi prodotti ma - per la costruzione e i dettagli, già con la V2 della precedente generazione e con le nuove cuffie a partire da Sundara, le cose sono nettamente migliorate.
    Ricordiamoci sempre il prezzo di acquisto che per un paio di planari con il Bluetooth, potrebbero far lievitare il prezzo ad altri livelli ...
    Se posso fare solo un piccolissimo appunto, va all'adattatore jack da 6.3mm, benchè perfettamente funzionante, si innesta a pressione ma resta un pò staccato ed è poco pratico poi da sfilare.
    In altri modelli ho sempre apprezzato quello avvitabile. Ma è una cosa di poco conto.
    Misura :
    Collegate all'amplificatore dopo un breve ascolto per farmi un'idea, ho approfittato per misurare la risposta in frequenza utilizzando le mie "orecchi" miniDsp :

    la risposta mi ha subito confermato quanto il primo ascolto mi stava anticipando.
    Una resa molto completa per tutta la gamma, con un basso molto articolato, un medio molto chiaro e una gamma altissima per nulla aggressiva.

    risposta in frequenza pilotando le cuffie con il preamplificatore Audio-GD R28
    ma la vera sorpresa è stata la misura impiegando la connessione USB-C via dongle HIFIMAN.
    Considerata la differenza di potenza in gioco (il mio amplificatore spara fino a 7.5 Watt su 32 Ohm, mentre qui abbiamo 230 mw), sinceramente non mi aspettavo di vedere quasi una fotocopia :

    risposta in frequenza pilotando le cuffie con il preamplificatore Audio-GD R28 (in rosso) e pilotando le cuffie con il dongle in dotazione, collegate al mio pc via USB-C (in verde) 
    al netto delle differenze indotte da errori di misurazione, noto un leggero vantaggio sul basso nella misura con l'amplificatore desktop (in rosso) rispetto all'amplificatore del dongle (in verde) che si rifà invece allineando perfettamente l'attenuazione che invece vediamo nella risposta con l'amplificatore tra i 1500 2 i 2000 Hz, una sezione molto importante della gamma audio.
    Insomma, vuoi per l'ottimizzazione studiata dai tecnici, vuoi per la bassissima impedenza di queste cuffie, quell'affarino da 25 grammi riesce a far brillare delle cuffie che rispetto alla media hanno una sensibilità piuttosto bassa.
    Comfort :
    Pesano pochi grammi meno delle Sundara e la conformazione è simile.
    I padiglioni sono più comodi di quelli delle HE-400 ma non quanto quelli, più grandi delle Sundara.
    Con il Bluemini installato, anche se pesa solo 25 grammi, si sente lo sbilanciamento sull'orecchio sinistro.
    Ma non è un disagio insopportabile, dopo un pò non ci si pensa più.
    La pressione sulla testa e sulle orecchie non è impegnativa anche per lunghe sessioni di ascolto.
    In wireless non ci sono problemi anche muovendosi liberamente.
    I controlli sono facilmente accessibili ed è piacevole il suono di conferma.
    I pulsanti sono due, uno, più grande, serve per accensione, spegnimento e accoppiamento Bluetooth.
    Quello più piccolo vicino alla presa USB serve invece per attivare la ricarica. Perchè lasciando semplicemente collegate le cuffie la ricarica non si attiva.
    E naturalmente non si ricaricano mentre stanno suonando.

    Bella ed elegante con le sue tonalità a contrasto, calando la luce assume una forma più scura

    e ben si intona in un ambiente rivestito di legno

    in un contrasto tra hi-tech e stile. Un applauso ai designer HIFIMAN.
     
    Prova di ascolto :
    Ho ascoltato a lungo queste cuffie, sia in connessione analogica che in via USB che in Bluetooth.
    E poi ho voluto confrontarle, per dare un'idea a chi mi legge, con due cuffie molto differenti.
    Le mie Arya, modello HIFIMAN di fascia alta, il mio riferimento, e le AKG K712 Pro, cuffie di tipo monitor professionale, dinamico che all'epoca del lancio erano da considerare di fascia superiore, seppur di poco, alle Deva.
    Dico subito che l'impostazione del suono mi ricorda tanto le HE-400i V2 che ho avuto fino ad inizio anno.
    Il corpo sulla gamma bassa c'è tutto, così come l'estensione ben articolata.
    Il medio è chiaro e ben delineato mentre le alte e le altissime frequenze non sono mai fastidiose.
    Se vogliamo non c'è alcuna enfasi su nessuna gamma sonora ma il suono che ne esce è raffinato, chiaramente da sistema planare e mi piace più, nel complesso, delle Sundara che ho provato l'anno scorso.
    Dove quelle sono asciutte e necessitano di una discreta equalizzazione per equilibrarne il suono, queste sono già ottime come escono dalla scatola.
    La scena sonora è buona e non c'è quel fastidioso effetto di suono dentro alla testa.
    Non siamo a livelli di tridimensionalità esagerati ma direi che ci siamo. E molto bene.
    La gamma media, come dicevo, è dolce ma chiara, non ci sono tentativi furbi di addolcirla.
    Anche il volume prodotto è più che sufficiente e con la media delle registrazioni che ho usato, non c'è stato bisogno che raramente di andare oltre metà volume. Avendo abbastanza corpo sonoro da ... non poterlo sopportare a lunghissimo.
    Le voci femminili ben registrate mi pare che abbiamo tutto da guadagnare da queste cuffie.
    Come sapete, io ascolto al 99% musica classica ma queste cuffie vanno praticamente bene con ogni genere.
    Ma anche in impieghi meno "nobili" tipo Skype, i videogiochi con effetti sonori, i film, l'equilibrio di fondo, senza enfasi eccessive ma anche senza carenze di gamma, permettono una fruizione sempre adeguata alle aspettative.


    La batteria di ascolto che vede al confronto HIFIMAN Deva, AKG K712 Pro e HIFIMAN Arya.

     
    HIFIMAN Deva : L'ultimo disco di Silje Nergaard (jazz-vocal) mette in grandissima evidenza la voce della cantante ma con il pianoforte ben presente.
    Meglio ancora nel disco con accompagnamento ritmico del 2000 "Port of Call", dove la voce si evidenzia su un bel basso e sotto all'accompagnamento ritmico.
    AKG K712 Pro : pianoforte molto freddo ma realistico, si sente il respiro tra una frase e l'altra. Siamo all'apoteosi del suono "monitor" così come concepito da AKG.
    Nel trio, finalmente c'è basso serio mentre la voce "impertinente" di Silje sovrasta rullanti e piatti. La più interessante performance delle K712 in questa prova d'ascolto.
    HIFIMAN Arya: Più dolce delle altre, basso esteso fino all'estremo ma meno pieno delle altre due. Lei però è da baciare !
    Sibilanti che nelle altre due cuffie non ci sono.
     

     
    HIFIMAN Deva : Mark Knopfler non si fa tanto desiderare e dopo l'ingresso con la chitarra c'è la sua voce roca. Viene voglia di alzare il volume.
    E' un disco del 1985 ma molto ben registrato (e qui rimasterizzato). Bassi, medi, alti, perfettamente calibrati. Non si riesce a smettere di ascoltarlo
    AKG K712 Pro : meno coinvolgente nel complesso ma la voce di Knopfler è più separata dal resto, percussioni in grandissima evidenza, chitarra ancora di più.
    Il suono è freddo, diverso, non necessariamente spiacevole. Una interpretazione diametralmente opposta.
    HIFIMAN Arya: Brothers in arms, dolce e morbida con la ritmica alta sulla testa. Suono compatto, denso, convincente.

     
    HIFIMAN Deva : Il violino milanese Testore del 1751 che suona Franziska Pietsch ha una voce metallica, fredda che contrasta molto con i toni mediterranei della sonata per violino di Ravel.
    Il pianoforte che l'accompagna è meno brillante perchè suonato in modo da non sovrastare il violino.
    AKG K712 Pro : resa simile ma devo alzare il volume per sentire lo stesso equilibrio. Il violino è più chiaro, meno metallico, più in evidenza. Però il suono è elegante, leggero.
    HIFIMAN Arya: anche qui il violino non è metallico come con le Deva, anzi, è dolce, e il pianoforte è dolcissimo. Il suono è veloce, delicato.

     
    HIFIMAN Deva : L'ultima follia di Teodor Currentzis e la sua visione della Quinta Sinfonia di Beethoven. Equilibrio tonale perfetto con evidenza di bassi e un pieno orchestrale maestoso.
    Buona l'estensione della scena sonora verso l'esterno.
    AKG K712 Pro : c'è meno impatto sebbene il volume sia più alto. La tessitura dei violini però è precisissima, così come le armoniche superiori dei fiati.
    E come se ci fosse una lente di ingrandimento sulla parte destra delle spettro e quella sinistra fosse un pò compressa.
    HIFIMAN Arya: suono ampio, da sala da concerto, senza essere artificiosamente spettacolare. Nel terzo movimento si sente ogni singolo strumento.

     
    HIFIMAN Deva : Il Bach "spectacular" di Ton Koopman in edizione 96/24 è brillante, chiaro, veloce. Si vorrebbe forse un pò più di pedale ma quello non manca certo nella Passacaglia in Do minore che chiude il disco.
    AKG K712 Pro : Il basso c'è ma è indietro. Invece è presente l'altissimo. Il suono è squilibrato e si vorrebbe intervenire sull'equalizzatore. Solo che per evitare ogni forma di contaminazione ho voluto fare questo confronto senza alcun filtro in mezzo, usando direttamente il driver audio corrispondente.
    HIFIMAN Arya: Eccellente l'organo, il basso c'è ma è il pieno che evidenzia uno spessore concreto in cui si sente ogni singola voce.

    HIFIMAN Deva : Chiudo con A star is born di Lady Gaga. La chitarra è qui da qualche parte. La voce dell'insospettabile Bradley Cooper mi sembra un filo troppo nasale, un pò sbilanciata sui medio-alti.
    Lady Gaga è perfetta, emozionante, con un filo di eco e il violino di sottofondo. Basso privo di code e di riverberi. E lei sale sulle scale verso il cielo.
    AKG K712 Pro : Shallow è meno emozionante, più monitor con le AKG. La chitarra è chiara, la voce di Bradley più sottile più di gola. Lady Gaga si stacca dal resto della musica.
    Ma è indietro rispetto a prima. E ancora il resto è tutto più sottile.
    HIFIMAN Arya: la scena è lo stadio, larghissima, ampia, aperta. La voce di Bradley finalmente quella che ricordavo nel film. La chitarra non così in evidenza ma delicatissima, insomma non sfigura con Lady Gaga che quando entra strappa i dovuti applausi.
    Anche qui, lei può cantare quanto più in alto vuole, Arya la segue anche più su. Le due voci insieme sono ben amalgamate.
     
    Tirando le fila e con la naturale soggettività di un confronto del genere posso dire che le HIFIMAN Deva offrono una prestazione equilibrata in ogni tipo di musica, con un suono che tende al pieno, privilegiando basso e medio, con le altre non troppo evidenti e sempre senza sibilanti.
    La performance è più accattivante di quella della K712 di AKG che hanno proprio una impostazione differente, con il medio indietro e l'alto crescente. E' il suono monitor mitteleuropeo, pensato per non appesantire l'udito in sessioni di lavoro/ascolto, lunghissime.
    Rispetto alle Arya - che ricordiamo, costano 5 volte tanto - sono sulle prime più spettacolari e più accattivanti.
    In una commutazione rapida potrebbero spesso piacere di più. Ma il suono delle Arya è più raffinato per orecchie educate, la trama di medio e alto é di una grana di una classe superiore e il basso è più esteso anche se sembra meno possente.
    Nel caso dell'organo, per esempio, non c'è confronto. Ma anche nella musica da camera e sulla voce femminile ben registrata.
    Ma non tutti saranno capaci di capirlo senza un ascolto prolungato. Cosa che promette benissimo per le Deva visto che per comprarle non si deve prosciugare il conto in banca.
    La cosa sorprendente invece è che nel confronto ho usato l'amplificatore per le due cuffie tradizionali e il Bluemini per le Deva. Ma era la Deva che suonava sempre più forte.
    Con un filo di corrente queste cuffie si permettono anche di fare la voce grossa.

     
    Interfacciamento :
    Le ho usate con l'amplificatore in modalità ad alta corrente. Neanche una piega (e i watt che è capace di erogare quello sono tanti).
    Con l'iPhone e con il tablet Android in Bluetooth.
    Con il computer desktop usando servizi di streaming.
    Con il Fiio X5 e il suo amplificatore incorporato.

    Risultano sempre un carico facile capace di suonare forte se si vuole.
    Credo che non saranno mai un problema per nessuno in nessuna circostanza.
    Conclusioni :
    PREGI
    sono belle e ben costruite capaci di un suono di classe come tutte le planari HIFIMAN sono flessibili, in grado di essere collegate sia con il cavo che wireless sono semplici da usare e non richiedono procedure complesse. Quando si vuole ascoltare musica sono li pronte ad accontentarti il suono è chiaro, potente, basta un filo di corrente per farle suonare forte. L'impostazione sonora dovrebbe soddisfare tutti quelli che hanno orecchie buone. Un pochino roche con una risposta che sembra pennellata sulla curva Harman non richiedono assolutamente nessuna equalizzazione : suonano bene al naturale e tolte dalla scatola non mi sembra che abbiano richiesto un rodaggio.
    Dopo tante ore di impiego suonano ancora uguale rapporto prezzo/prestazione semplicemente eccezionale. Anzi, miracoloso. Non costano poco in assoluto ma con questi soldi è già difficile trovare delle planari decenti, figuriamoci wireless e di questa qualità DIFETTI
    il dongle Bluemini è piccolo, compatto, leggero ma comunque un pò squilibra la tenuta sulla testa non sono comode come le Sundara e molto più scomode delle altre due cuffie con cui le ho confrontate (ma c'è di peggio, molto peggio, ve lo assicuro) il cavetto USB in dotazione è bello, molto morbido, forse potrebbe essere un metro più lungo per dare un pò più di libertà. Ma probabilmente sono cuffie che sono state concepite per un uso wireless prevalentemente l'adattatore jack da 6.3 mm non mi ha convinto, non è a vite, si infila ma sembra che non sia del tutto a posto. Solo una questione estetica che di sostanza. Ma ci sta anche questo. In estrema sintesi, credo che tutto sommato, partendo dalla flessibilità unita all'alta qualità del suono, la possibilità di funzionare con qualsiasi sorgente, a questo prezzo siano regalate e una eccezionale offerta.
    Speriamo che HIFIMAN non ci ripensi e ne aumenti il prezzo.
    Le Ananda suonano meglio ? E' possibile. Ma quelle non sono per tutti.

     
    Modificato 26 Maggio 2020 da Florestan
  16. M&M
    ENGLISH VERSION


    HIFIMAN Deva is the second bluetooth headphone from Hifiman after Ananda.
    It uses the same approach and aims to flexibility of use, allowing for different input options:
    wired, traditional connection to a desktop amp USB cable, for PC/Mac connection wireless, using Bluetooth 5.0 protocol You can turn Deva into a wireless headphone using the new Hifiman Bluetooth module, the “Bluemini”, which replaces the traditional wire and includes an USB socket for charging the battery and the control buttons.
    Nothing extraordinary so far, right? but when we add that this is – as the other premium Hifiman models – a planar headphone using the new “supernano” diaphragm and we look at the price, which is entry-level considering Hifiman pricelist, then we can call it a miracle.
    Moreover, while Ananda BT doesn’t have the wired traditional option, the Deva has it, for all the cases where a wireless connection is not possible or when we want to enjoy the sound of an analogic amp.
    Basically, Deva is placed under Sundara and ideally replace the glorious HE.400, at least in terms of pricing and market segmentation, but with an ease of use remarkably improved. However we should not forget that the official retail price of Sundara and HE-400 was 450€, whereas Deva starts at 349€.
    Specification :
    circumaural, open-back, planar magnetic headphone  impedance: 18 Ohm weight: 360g sensitivity: 93.5dB 3.5mm TRRS audio cable With its 25g Bluemini dongle dongle includes Blueetooth receiver,  USB-C port, built-in DAC and 230mW Amp.
    The dongle also adds the battery needed to support approximately 7-10 hours of playback per charge.Bluemini supports file resolutions up to 192 KHz/24 bit via USB and 96/24 in wireless mode, using a Qualcomm CSR8675 chipset.

     
    From Hifiman website, the new “supernano” diaphragm, used also in other premium Hifiman headphones of the latest generation.


    Some detail of the Bluemini, the dongle is primary responsible of the wireless connectivity of Hifiman Deva.
    Top-notch integration and build quality: only 25g including the plastic shell.
     
    Unboxing :
    The classic black Hifiman cardboard box, pretty solid, showing both on front and back sides the new Bluetooth feature.

     

     

    Even inside the box, the packaging is premium, similar to HE-400.

    The cables available: 3.5mm audio cable, 3.5mm to 6.3mm converter, 2m USB-A/USB-C cable and the dongle that turns the headphone into wireless.

    User manual.

    The look has colors similar to HE-1000, but the shape of the pads and the mechanic are closer to Sundara and HE-400.
    Brown colors and silver finishing make them modern and lively.

    The swiveling ear cups make the Deva comfortable over my years.
    The headband is soft, upholstered and strong.
    If I really had to find a negative point, it would be the visible screws, but on the other hand they make any possible replacement of a damaged component easier.

    It’s an open-back headphone such all the planar headphones of this series and the external part of the pad is well protected by a metal honeycomb grid.

    The Deva logo is proudly shown, as in other Hifiman models.

    The maximum extension of the headband, for “important” heads.

    The inside of the ear cups is soft in contact with skin. I used Deva while I was biking and didn’t make me sweat.
    The letter showing the left channel and the jimbal of the headband.


    The cable connecting the pads is seated inside the groove under the letter L. It’s pretty well recessed  beneath the surface, therefore I’m not expecting any damage from use over time.

    In the left pad there is the only external connection: it can be used either with the Amp cable or the dongle.

    The pad with the dongle on.

    The other side

    USB socket, confirmation LED, control buttons

     
    So, as a whole, the impression is excellent.
    Build quality is slightly below the other Hifiman models I know, such Sundara and HE-400, but anyway better than the average of headphones from other companies.
    If in the past Hifiman was criticized, not for the sound, but for the build quality and the details, things got significantly better from the second version of the previous generation and the Sundara.
    Let’s not forget that the price for a planar Bluetooth headphone might be quite higher.
    If I had to point out a little flaw, it’s the 6.3mm convertor: while it works perfectly, it doesn’t seat flush once plugged-in, and it’s a bit hard to pull out. I’d rather prefer a screw-on adapter, but it’s really a small thing.
    Measures :
    I coupled the Deva with my desktop amplfier to get a first impression, then I took this opportunity to check the frequency response using my miniDSP ears:

    The frequency response confirmed my impressions during the first listening. A good presentation across the whole frequency range, with very articulated bass, very clear miss and not aggressive highs.

    Frequency response of Deva coupled with Audio-GD R28 preamp.
    The real surprise was the response using the USB-C wire via dongle. Considering the difference of the power outputs (my amp’s output goes up to 7.5W at 32 Ohm, while the built-in amp output is 230mW), I was not really expecting to see two responses so similar.

    Frequency response of the Deva coupled with Audio-GD R28 (in red) and using the Bluemini dongle connected to my laptop via USB-C (in green).
    Not considering some difference due to measurement errors, I see a better bass using the desktop amp (in red) compared to the dongle built-in amp (in green), while it’s the opposite from 1500 to 2000Hz with the dongle showing less damping in this section so important in the audio range.
    In short, either for the optimization studied by engineers, or for the very low impedance of this headphone, this small 25g box is able to make shine a headphone with a quite low sensitivity.
    Comfort :
    The Hifiman Deva is few grams lighter than the Sundara and they have comparable shapes.
    The pads are more comfortable than those of HE-400, but less comfortable compared to the wider pads of Sundara.
    With Bluemini on, even if its weight is only 25g, you can fell some imbalance towards the left ear, but it is not an unbearable discomfort, after a while you don't think about it anymore.
    The pressure over the head and the ears is just right, even for long listening sessions.
    In wireless mode there is no kind of issue, even moving around the room.
    The control buttons are easy to reach and the confirmation sound is nice.
    There are 2 control buttons: the bigger one is for switching on and off and Bluetooth connection.
    The smaller button, close to USB socket, is for turning the battery charge on. When the headphone is simply wired the charge remains off. Even during playback the charge is switched off.

    Beautiful and elegant with its brown and contrasted colors, as the light decreases it gets a darker look, that fits well in a wooden location, both high-tech and stylish.

     

    A round of applause for the Hifiman designers!
     
    Listening test :
    I tested this headphone for a while in all the configurations: analog cable, USB and Blueetooth.
    Then I compared them, in order to give a better idea to the readers, to two very different headphones: my Arya, a premium Hifiman headphone and my personal reference, and the AKG K712 Pro, professional monitor headphones, dynamic, that were considered in a segment slightly superior to Deva when they were marketed.
    Deva’s sound presentation reminds me the HE-400i V2 that I owned until the beginning of the year.
    The bass range has full body and the extension is well articulated.
    Mids are clear and well defined, while highs and very high frequencies are never annoying.
    There is no emphasis in any sound range, but the sound is refined, clearly in line with a planar system, and I find it more enjoyable than the Sundara, that I tested last year.
    Where Sundara is dry and need some equalization to get a more balanced sound, Deva is already excellent out of the box.
    Soudstage is good and I couldn’t find the annoying feeling of hearing the sound inside my head.
    Three-dimensionality is not exaggerated, but we are pretty close. Very good!
    Mids are sweet and clear, but there is no attempt to over-sweeten them.
    The volume is adequate and in all the recordings I listened to there was no need to turn up the volume.
    Well-recorded female voices seem to have everything to gain from these headphones.
    As you know, I listen 99% to classical music, but these headphones go pretty well with any genre.
    But even in less "noble" uses such as Skype, video games with sound effects and movies, the overall balance, without excessive emphasis but also without shortcomings in the range, allow a fruition always in line with expectations.


    The comparison between HIFIMAN Deva, AKG K712 Pro and HIFIMAN Arya.
     

    HIFIMAN Deva: the latest album by Silje Nergaard (jazz-vocal) highlights the singer's voice, while keeping the piano very present. It’s even better in the album with rhythmic accompaniment of 2000 "Port of Call", where the voice is highlighted on a nice bass base and below the rhythmic accompaniment.
    AKG K712 Pro: very cold but realistic piano, you can hear the singer breathing between sentences. We are at the apotheosis of the "monitor" sound as conceived by AKG. In the trio, finally there is generous bass while Silje's "impertinent" voice dominates snares and cymbals. The most interesting performance of the K712 in this listening test.
    HIFIMAN Arya: sweeter than the other ones, low range extended to the extreme but less full of the other two. But here she deserves a kiss! I can hear some sibilance that in the other two headphones wasn’t there.

    HIFIMAN Deva: Mark Knopfler doesn’t keep us waiting too long and after entering with his guitar here is his hoarse voice. I feel like turning up the volume.It is a 1985 record but very well recorded (and remastered here). Bass, mids, treble perfectly calibrated. You can't stop listening to it
    AKG K712 Pro: less engaging as a whole, but Knopfler's voice is more separate from the rest, percussions in great evidence, guitar even more.The sound is cold, different, not necessarily unpleasant. A diametrically opposite interpretation.
    HIFIMAN Arya: Brothers in arms, sweet and soft with the rhythmic section over the head. Compact, dense, convincing sound.

    HIFIMAN Deva: The 1751 Testore Milanese violin played by Franziska Pietsch has a metallic, cold voice that contrasts a lot with the Mediterranean tones of Ravel's violin sonata. The piano that accompanies it is less bright because it is played so as not to overpower the violin.
    AKG K712 Pro: the presentation is similar, but I have to turn up the volume to feel the same balance. The violin is lighter, less metallic, more prominent. But the sound is elegant, light.
    HIFIMAN Arya: here too the violin is not as metallic as with the Deva, on the contrary, it’s sweet, and the piano is very sweet. The sound is fast, delicate.
     

    HIFIMAN Deva: Teodor Currentzis' latest madness and his vision of Beethoven's Fifth Symphony. Perfect tonal balance with generous bass and a majestic orchestral full. Good extension of the soundstage to the outside.
    AKG K712 Pro: there is less impact although the volume is higher. The texture of the violins, however, is very precise, as are the upper harmonics of the wind instruments. It is as if there was a magnifying glass on the right side of the spectrum and the left one was a little compressed.
    HIFIMAN Arya: wide, concert hall sound, without being artificially spectacular. In the third movement every single instrument is heard.

    HIFIMAN Deva: Ton Koopman's "spectacular" Bach in 96/24 edition is bright, clear, fast. You might want a little more pedal but that is certainly not missing in the Passacaglia in C minor which closes the disc.
    AKG K712 Pro: The bass is there but it is behind. Instead the treble is present. The sound is unbalanced and one would like to equalize it, but to avoid any form of contamination I wanted to make this comparison without any filter in between, using the corresponding audio driver directly.
    HIFIMAN Arya: The organ is excellent, the bass is there but it is the full that highlights a tangible thickness in which every single voice is heard.


    HIFIMAN Deva: I close with Lady Gaga's A star is born. The guitar is here, somewhere. The voice of the unsuspected Bradley Cooper seems to me a bit to nasal and a little unbalanced in the medium-high frequencies. Lady Gaga is perfect, exciting, with some echo and the violin in background. Bass without tails and reverberations. And she climbs the stairs to heaven.
    AKG K712 Pro: Shallow is less exciting, the sound is more monitor-like with AKG. The guitar is clear, Bradley's voice is more subtle. Lady Gaga’s voice sounds detached from the rest of the music. But she is more behind than before. And yet the rest is all more subtle.
    HIFIMAN Arya: the scene is the stadium, open wide. Bradley's voice sounds finally like I remembered in the movie. The guitar is not so evident but very delicate, in short he doesn’t look bad compared to Lady Gaga who, when she enters, gets the due applause. Here too, she can sing as high as she wants, Arya follows her even higher. The two voices are well blended.
     
    So, to recap and with the natural subjectivity of such a comparison, I can say that HIFIMAN Deva offers a balanced performance in all types of music, with a coherent sound, favoring bass and medium, with treble not too evident and always without sibilants.
    The performance is more captivating than that of AKG's K712 which have a different setting, with the mids back and increasing highs. It is the Central European monitor sound, designed for long working / listening sessions.
    Compared to Arya - which is 5 times more expensive – Deva is at first more spectacular and more captivating.
    In a quick switch we might even like it more. But Arya’s sound is more refined, intended for educated ears, mids and treble texture is of a higher class and bass is more extensive even if it may seem less powerful.
    In the case of the organ, for example, there is no comparison. But also with chamber music and well-recorded female voices.
    But not everyone will be able to understand it without long listening session. Which is good for the Deva, since you don't need to drain your bank account to buy it.
    What surprised me is that in the comparison I used the amplifier for the two traditional headphones and the Bluemini for the Deva, but it was the Deva that sounded louder and louder.
    With very little power this can makes a show of force.
     

    Coupling :
    I used Deva with the desktop amp in high gain mode. No problems whatsoever (and my amp is able to deliver many watts).
    With iPhone and Android tablet in Bluetooth.
    With a desktop computer using streaming web-services.
    With the Fiio 5 and its built-in amplifier.
    Deva is always an easy load and is always able to play loud.
    I believe they will never be a problem for anyone under any circumstances.
    Conclusions :
    Pro's
    it’s beautiful and well built  capable of classy sound like all HIFIMAN planars flexible, able to play wired and wireless simple to use and not requiring complex setup procedures. When you want to listen to music, they are ready to please you sound is clear, powerful, it needs little power to make it play loud. The soundstage should satisfy everyone with good ears. A little bit raucous with a frequency response that looks like the Harman curve. no equalization required: it sounds good in its natural state and out of the box it doesn’t require any  break-in. After many hours of use, the sound is still the same impressive price / performance ratio. Indeed, miraculous. It’s inexpensive, but it’s difficult to find decent planar cans for the same money, let alone wireless and of this quality Con's
     
    Bluemini is small, compact and light, but still it slightly unbalances the seating over the head Deva is not as comfortable as Sundara and much more uncomfortable than the other two headphones used in the tests (but there is worse, much worse, I assure you) the supplied USB cable is nice, very soft, maybe it could be a meter longer to allow some more freedom. But this is a headphone designed for wireless use mainly the 6.3 mm jack adapter did not convince me, it is not screwed-on, it fits, but it seems that it is not completely housed. It’s more an aesthetic issue than a real one. In a nutshell, I believe that, all in all, starting from flexibility combined with high sound quality, the possibility of working with any source, at this price Deva is given away!
    We hope that HIFIMAN will not change its mind and increase price.
    Does Ananda sound better? It's possible. But Ananda isn't for everyone.
     

  17. M&M

    Recensioni Cuffie
    Ho provato nel 2020 il modello iniziale, con giudizio molto positivo.
    Riassumo le caratteristiche.
    Cuffie planari magnetostatiche con padiglioni circumaurali, dotate di modulo DAC/Bluetooth esterno, collegato alla presa dell'eventuale cavo.
    Il modulo dispone di porta USB-C per la ricarica, per l'eventuale collegamento ad un computer ma principalmente è un ricevitore BT, un DAC e un amplificatore per cuffie specifiche per le DEVA in un contenitore tanto piccolo e tanto leggero da poter essere ... portato in testa.
    Le DEVA Pro sono l'evoluzione di quelle cuffie ed appartengono alla generazione dei diaframmi con magneti Stealth, più leggeri e trasparenti.
    Non solo, il modulo Bluemini - come si chiama l'aggiuntivo elettronico - si permette adesso di avere una conversione R2R. Il tutto in 3x6cm !

    confezione e cuffie

    Bluemini R2R e Bluetooth

    ben evidenti sulla scatola le caratteristiche del Dongle incorporato.
    Queste cuffie comunque esistono anche in versione puramente cablata ad un prezzo inferiore.
    Vale la pena pensare a quelle ? Si, per le loro caratteristiche sonore e di comodità d'uso, se non serve l'uso wireless, si risparmia qualche decina di euro.
    Ma potendo io prendere le wireless.

    Stealth Magnets Design come tutte le più recenti HIFIMAN.
     
    L'estetica non è cambiata ma sono cambiati i colori.
    E' stato abbandonato - per fortuna ! - il color cammello del modello Deva sostituito da un più sobrio nero per i cuscinetti e per l'archetto. Mentre le armature dei padiglioni e le griglie restano color argento.



    i padiglioni restano di grande dimensioni - ad occhio sono proprio gli stessi, cambiano solo i driver - e di diametro abbastanza grande da circondare le mie orecchie senza toccarle.
    Io detesto le cuffie sovraaurali e già questo per me è motivo d'acquisto.

    dettaglio di una delle griglie di protezione esterna dei driver

    ed ecco qui il Bluemini. C'è il marchietto R2R in nero su nero, nella foto si vede poco.

    pulsante di accensione e porta USB-C. C'è poi una spia che ci comunica lo stato di carica e di connessione (qui è spenta).

    il marchio del modello DEVA Pro.
     
    ***
    Funzionalmente c'è una miglioria essenziale. Nel modello precedente non si capiva bene cosa succedeva quando si premevano i vari tasti.
    Adesso all'accensione una voce femminile in un inglese con pronuncia perfetta dice in modo chiaro "Power ON". Allo spegnimento, ovviamente, "Power OFF".
    Quando il modulo Bluetooth trova il trasmettitore a cui è stato accoppiato (la procedura sulle prime è poco intuitiva ma basta seguire le istruzioni e si riesce rapidamente), la vocina dice "Connected".
    Con il mio iPhone 15 Pro è questione di decimi di secondo perché si connetta.
    Nell'uso la connessione è stabilissima. Io uso da due anni queste cuffie per le mie passeggiate sciogligrasso e non ho mai avuto un attimo di perdita di segnale. Ascolto da Qobuz in formato CD e non ho nulla di cui lamentarmi.
    L'altra novità, basilare, oltre ai nuovi magneti e al diaframma alleggerito, è il modulo R2R che è imparentato strettamente con l'Himalaya che è installato nel DAC/Amplificatore desktop EF400.
    Si tratta di un apparecchio molto efficiente, dal suono caldo e suadente, perfettamente intonato con l'impostazione delle DEVA Pro.
    ***
    Per misurarle ho usato la connessione USB-C. Avrei potuto collegarle via cavo al mio Audio-GD R28 ma così avrei perso l'elemento DAC/Amplificatore interno.
    Ho fatto la stessa cosa con le DEVA che da quando ho le DEVA Pro sono state "declassate" a cuffie da computer, permanentemente collegate in USB-C.

    la risposta in frequenza è questa, piena sostanzialmente dai 60 Hz in su con un -3 dB a circa 45 Hz. Insomma come dei monitor da scaffale.
    Il precedente modello aveva qualche irregolarità in più

    ma a parte questo, sorpresa, sovrapposte le due risposte ...

    a parità di livello di preamplificazione abbiamo una sensibilità nettamente migliorata, oppure una potenza installata superiore, il che all'atto pratico è lo stesso.
    Siamo comunque a volumi d'ascolto.
    E vi devo dire che le DEVA Pro possono suonare molto forte con un volume di 50% del mio iPhone.
    Le differenze all'ascolto sono anche più marcate di quello che dice la risposta in frequenza.
    Anche perché non si può misurare l'ariosità del suono, il suo dettaglio, la leggerezza complessiva, l'impatto, una certa ... suadenza che le rendono più "sexy", acusticamente parlando, del modello precedente.
    Resta invariata la comodità nell'indossarle che riduce la fatica di ascolto praticamente a zero. Con il rischio di affaticare le orecchie per il troppo uso non perché siano fastidiose.
    ***
    Vale la pena di passare da un modello all'altro se uno ha già le Deva.
    Non saprei dire. Per me la differenza c'è, si vede, si sente, si tocca.
    Anche come cuffie da ascolto generico non itinerante sono fantastiche, sembrano di una categoria superiore (il prezzo su Amazon al momento è di € 259 mentre la versione senza Dongle viene "solo" € 179).
    E per me sono un best-buy assoluto di categoria e un affarone in termini reali.
    Le Ananda BT suonano meglio ? E' facile di si. Ma io non so se andrei in giro con le Ananda in testa ...
    Buon ascolto !

  18. M&M

    Recensioni Cuffie
    Dapprincipio le cuffie HIFIMAN avevano solo padiglioni tondi sovraaurali.
    Poi, fedeli alla tradizione Stax, da cui volente o nolente anche il Dr. Fang è influenzato, sono arrivate quelle a padiglione ovali circumaurale.
    Nulla di nuovo, appunto, c'erano le Stax serie Sigma e le Lambda. Io ho sempre preferito le Lambda, nonostante le Sigma fossero più rinomate (e costose).
    Le Sigma si diceva che avessero bassi più potenti ma fossero più scomode da indossare. Le Lambda più rilassanti in tutto, le puoi tenere una giornata in testa e ad un certo punto ti dimentichi dove le hai messe.
    Stessa cosa delle HIFIMAN. Si mitizza delle Susvara, le ammiraglie "circolari" da € 6.000. Io credo che le troverei sgradevoli come ho trovato sgradevoli le Sundara e le HE6 SE.
    Riesco a farmi piacere le HE400 perché sono tutto sommato comode e perché, per 125 euro, suonano veramente bene. Ma mai per più di un'ora in testa.
    Fortuna che le Deva, circolari anche loro, per essere comode le hanno fatto circumaurali con il padiglione bello grande e nessuna pressione sulle pareti della testa.
    Ma sto divagando, torniamo alle nostre.
    Le HIFIMAN HE1000 sono sempre state tradizionalmente le ammiraglie di questa serie. Caratterizzata per l'appunto da un grande padiglione a forma di uovo con la griglia metallica esterna a protezione.
    All'origine costavano oltre € 3.500 ed erano sinceramente inarrivabili. Per questo HIFIMAN fece le Edition X, cercando di portare quel suono e quella struttura su cuffie da € 1.800.
    Ma la vera popolarizzazione del concetto è arrivata con le Arya (€ 1.800) e le Ananda (€ 900). I prezzi che indico sono quelli del lancio, non quelli correnti.
    Le Arya offrivano quel tipo di suono a metà prezzo.
    Per me fu una tentazione irresistibile acquistarle al volo. E da allora le uso e le apprezzo (nonostante l'arrivo più avanti delle Jade II, le elettrostatiche che hanno sostituito le mie vecchie Stax SR-404 Lambda Signature ...).
    Ma HIFIMAN non sta ferma e delle HE1000 hanno fatto prima le V2 e poi adesso le Stealth, approfittando dell'introduzione prima dei diaframmi ultraleggeri "nano" e poi l'arrivo dei magneti "invisibili" che danno il nome alla serie Stealth, cui fanno parte queste cuffie in prova.
    Così oggi abbiamo che le HE1000 Stealth in pratica costano come le Arya Organic che non sono altro che le Arya Stealth con il fianchetto in similvinile tipo legno. Come le HE1000 Stealth.
    E le Ananda costano la metà e anche meno.
    E poi ci sono anche le Edition XS che costano la metà della metà.
    Chi siano adesso le ammiraglie non è più chiaro. Cosa comprare ? Chissà.
    Delle Arya Organic (io non le conosco come non conosco le Stealth) si dice che siano come le HE1000 ma più brillanti.
    E dire che a me sembrano già piuttosto brillanti le HE1000 Stealth.
    ***
    Finito questo panegirico che serviva non a confondere le acque e le idee di chi si ripromette di acquistare ... le cuffie giuste e tenendo a mente che secondo me ogni magnetoplanare suona meglio a prescindere e che per avere il meglio non si deve necessariamente spendere oltre 3000 euro (specie se non si ha una catena a monte all'altezza ....), andiamo al nostro bene.
    Che arriva in una scatola di cartonaccio nobilitato da una sola fascia stampata, segno di contenimento dei prezzi

    in fondo non importa, le scatole delle mie cuffie non suonano e poi, finiscono subito in mansarda a prendere polvere.
    Però una volta la presentazione di cuffie costose era molto più sontuosa ...


    le mie arrivano dall'eccellente negozio Playstereo di Pescara, spedite al volo (sono un esemplare b-stock, ovvero una scatola aperta per demo, inusate, come testimoniato dalla necessità di fare il rodaggio pieno di almeno 150 ore).
    Giustamente nella scatola c'è un pieghevole che implora il proprietario delle cuffie di evitare inutili supplizi alle cuffie, tipo mettere in loop un giro di batteria sintetica al massimo del volume.
    Il rodaggio va fatto semplicemente usandole con programmi musicabili ascoltabili. Le cuffie maturano in testa. Come le orecchie che le ascoltano.

    dentro alla scatola, una scatoletta che contiene i cavi e sotto, tra la schiuma, le cuffie.

    ecco qua l'intero contenuto della scatola.

    il cavo bilanciato è di buona qualità. Io non sono un fan dei cavi costosi ma il fatto che sia incluso (anche se non è il modello crystal-plus) è un vantaggio.
    Nelle Arya ho trovato solo il cavo sbilanciato e mi sono dovuto far costruire appositamente un cavo speciale da un artigiano londinese per la modica cifra di un paio di centinaia di euro.
    Che questa volta ho risparmiato. Al costo di € 1.320 ho sia le cuffie che i cavi. Un bel risparmio rispetto ai € 1.840 complessivi delle belle Arya.

    pin dorati, ovviamente

    le griglie esterne in argento brillante

    anche l'archetto ripete lo stesso motivo.
    Unica concessione la scritta HE1000 in nero.

    I cuscinetti sembrano di qualità migliore di quelli delle Arya che si sono sbriciolati costringendomi a cercare un ricambio (subito seguiti da quelli delle Jade II).
    Però la pacchianeria del finto legno stampato in vinile era proprio necessaria ? Si, per distinguere questa versione dalle precedenti due !

    dettaglio del marchio, dell'articolazione e del meccanismo di regolazione della dimensione dell'archetto.

    la banda sotto all'archetto ricorda un misto tra sughero e cuoio. Speriamo che duri ...


    dettaglio dell'interno del padiglione, molto sobrio. Quelle zebre dovrebbero proteggere i diaframmi da polvere ed intrusioni (è così, ho smontato le Arya e per danneggiarle bisogna penetrare con una lama)

    viste artistiche

     


    indubbiamente rispetto alla sobrietà austera delle mie Arya fanno la loro figura.
    Andiamo alle specifiche.
    cuffie aperte circumaurali altoparlante magnetoplanare impedenza 32 Ohm sensibilità 93 dB risposta in frequenza 8Hz-65KHz. peso: 458g. la risposta in frequenza che ho misurato con il mio sistema miniDSP Ears :

    mostra una estensione notevole lato basse frequenze, ben sotto l'udibile (ho tagliato il grafico sotto ai 20 Hertz ma è lineare effettivamente a partire dai 10 Hertz), e fino a circa 1250 Hertz.
    Dopo di che ha il classico avvallamento sulle medio-alte fino a circa 3.000 Hertz per poi livellarsi di nuovo e proseguire sugli acuti in salita.

    confrontate con le mie Arya mostrano una evidente maggiore sensibilità - confermata all'ascolto.
    Le Arya sono più lineari fino all'estremo ed hanno la stessa estensione sulle basse.
    Sono meno squillanti sugli acuti.
     

    alle Arya ho poi cambiato i cuscinetti - quelli vecchi si erano consumati : il vinile cinese si era letteralmente sbriciolato - e il suono è cambiato diventando più potente sulle basse e sui medi ma restando comunque più lineare di quello delle HE1000 Stealth.
    E' possibile che col tempo anche le HE1000 si linearizzino. Alla prova originale le Arya somigliavano decisamente di più a queste HE1000 che a ... quello che sono adesso.
    Quindi mai trarre conclusioni guardando la risposta in frequenza di un esemplare di cuffie nuove.
    ***
    Mi fermo qui con questa anteprima.
    Nei prossimi giorni la prova di ascolto comparata.
    Che ovviamente dovrete prendere con le pinze in quanto del tutto soggettiva.
    Vi anticipo che ad un certo punto, visto che facevo fatica a capire, ho cambiato il motore.
    E al tradizionale Audio-GD R28 ho avvicendato il più muscoloso Audio-GD R27 HE, avendo finalmente un responso credibile.
    Ma dovrete attendere ancora qualche giorno perché ve lo confidi ...
    Rimanete in ascolto !
  19. M&M
    Provare delle cuffie per riferirne a persone che non si conoscono non è impresa facile.
    Chi lo fa con nonchalance (il web ne è pieno, non parliamo di Youtube) è un millantatore o uno che mente sapendo di mentire.
    E chi inventa vocaboli o paragoni incomprensibili lo fa solo per buttare fumo negli occhi.
    Non parliamo di quando si fa un confronto tra due apparecchi.
    Passi se sono diametralmente differenti. Ma quando parliamo di cuffie top alimentate da un amplificatore over-the-top, ci vuole umiltà.
    E tempo.
    Quindi datemi tempo, vi prego.
    Cercherò di essere soggettivamente il più obiettivo possibile.
    Ma la musica e la sua riproduzione è il più grande amore della mia vita.
    Nato quando sono nato e che morirà quando le mie orecchie mi precederanno là dove sono Bach, Beethoven e Brahms.
     

    a sinistra, le HIFIMAN Arya V1 con i nuovi cuscinetti, a destra, le HE1000 Stealth.
    Sotto ai cavi, il supercarrozzato Audio-GD R27 HE.
     
    ***
    Per ogni considerazione generale sulle HE1000, la cui stirpe alligna sin dal 2015, rimando al precedente articolo :
     
     
    Come suonano le HIFIMAN HE1000 Stealth ?
    Come tutte le magnetoplanari aperte.
    Il suono è aperto, chiaro, brillante con un campo sonoro ben sviluppato (per quanto possibile nelle cuffie).
    I bassi sono estesi ma neutri, non sono cuffie da "bassisti", lo dice chiaramente la risposta in frequenza e lo conferma l'ascolto.
    Il pedale di un grand'organo si sente perfettamente fino in fondo, manca l'elemento tellurico, ci si aspetterebbe di sentire le panche vibrare.
    Estesissimo ma chiaro.
    Chi si aspetta da cuffie del genere un effetto speciale ascoltando musica elettronica o techno, ha sbagliato candeggio.
    Ma l'articolazione è estremamente più raffinata.
    In generale, lo dico senza snobismo, le HE1000 si comportano come ammiraglie.
    Non sono per un ascolto casuale e richiedono "orecchie educate" per farsi apprezzare.
    E una alimentazione di livello.
    In un primo momento le ho provate in parallelo con Arya ed HE400 SE con un SMSL 400DO, buon tutto in uno impostato su ES9038 e con una buona sezione di amplificazione.
    Forse il miglior apparecchio di questo tipo sotto ai 500 euro.
    Ebbene, non riuscivo a trovare differenze, pur dannandomi a cambiare tracce.
    Insomma, a costo di sembrare banale, non sono strumenti banali all'ascolto.
    Ci vuole orecchio. E ce ne vuole parecchio (cit. !).
    Ma soprattutto ci vuole un motore equivalente.
    Per questo anche con l'Audio-GD R28 (un all-in-one che si mangia tutte le creature asfittiche da meno di due chilogrammi di cui si riempiono la bocca gli "influencer" su UTUbe) mostrava un pò la corda.
    E quindi ho approfittato di uno scontone dell'IVA per sostituirlo con il fratellone R27 HE, un apparecchio che oltre ad avere il doppio dei moduli R2R vanta anche una alimentazione introvabile sulla terra.
    E alla fine, mentre le cuffie si scioglievano e le mie orecchie si "educavano", ho capito quello che il Dr. Fang ci vuole dire.
    Come i Master Chef lui non svela le ricette segrete ma propone tanti piatti sulla tavola, con tante fragranze diverse, molte volte simili ma non così sovrapponibili.
    Lui sa che i palati, come le orecchie, hanno gusti differenti. E i più raffinati non si accontentano della stessa pietanza tutti giorni.
    Un vero appassionato di cuffie avrà più strumenti, ognuno adatto ad un tipo di ascolto, di umore, di giornata, di occasione.
    Gli altri modelli di HIFIMAN sono di impressione più immediata. Queste richiedono più tempo per capirne l'essenza.
    E se una volta il loro costo era tale che questo poteva già svelare una parte del loro segreto, adesso che sono sullo stesso piano delle "sorelline" Arya, bisogna rifletterci sopra.
    Insomma. Preparatevi ad abbassare o ad alzare il volume. Dipenderà da molti fattori diversi.
    ***

    Silje Nergaard : Be still My Heart
    Abbondanza di sibilanti su una voce in primissimo piano.
    Pianoforte abbastanza esile. Riverbero complessivo che porta ad apprezzare la scena nel suo spazio, nonostante la voce sia proprio a centro-sinistra. Come se lei vi guardasse di tre quarti da sinistra.
    Volume che deve essere abbassato di parecchio.
     

    Rach 39/5, Babayan, DG
    Pianoforte gigantesco, acuti metallici, basso lungo, esteso ma in secondo piano.
    Volume che corre su di 15 punti.
     

    Diana Krall, California Dreamin'
    Minchiapapà, voce in primissimo piano e violini "elettrici" in attesa delle percussioni che si sommano, calde, ritmiche.
    La voce resta li in mezzo, con quella vaga venatura roca, visto che la Signora nel 2014 aveva già i suoi anni.

    Janine Jansen : Prokofiev, concerto per violino n.2, secondo movimento
    Conosco lo Stadivari del 1707 di questa registrazione come se fosse un vecchio amico.
    Qui rispetto al solito ha una voce un filino più stridulo e nervosa.
    In compenso i bassi pizzicati di accompagnamento sono di un volume ascoltato solo con i 15'' finora.
    L'effetto lacrima facile di Mauro arriva comunque subito dopo. Non ci posso fare niente. E' meglio dell'estratto di cipolla !

    L'organo della Thomaskirche di Lipsia riempie l'aria e sembra che riempia anche quella della piazza antistante e che il vecchio Bach stesso si possa alzare la da dove riposa.
    Pedale possente, medio deciso, acuti che risuonano. Tolgo il saluto a chi non riesce ad apprezzare una fuga a tre voci come la 548.
    Non ce la faccio a staccare l'ascolto devo andare oltre ... forse il più grande complimento che possa fare ad uno strumento di ascolto mentre lo provo.
    Si può separare ogni nota del pedale anche se il volume è oltre 60 e i manuali stanno asciugando letteralmente la cera dalle candele.
    Commozione e applausi a scena aperta. A Bach, a Bohme, a Fang.
    Ma mi sto distraendo e sono andato alla meravigliosa fuga in Re maggiore BWV 532 che anche io, nel mio piccolo, strimpellavo quando avevo dita buone ...

    Joni Mitchell/Herbie Hancock/Norah Jones : Court and Spark
    Pianoforte squillante e un pò metallico, bassi possenti, piatti spettacolari, voce chiara nella sua tonalità naturale.
    Meglio abbassare un pò il volume. La voce resta chiara, la scena ne acquista in naturalezza.
    Molto naturale il sax.
    Anche Edith & The Kingpin, con Tina Turner si apprezza di più ad un volume più moderato ma per ascoltare ogni nuance dell'accompagnamento dovrete sacrificare qualche pò di udito.
    La batteria è tridimensionale e si sente il sax soffiare.
    Anche Amelia, con la stessa Joni Mitchell è allo stesso livello. Dal vivo.
    Sul piano del test, è bellissimo avere a disposizione nella stessa registrazione e sullo stesso set, voci così diverse, caratteristiche e conosciute.

    la meravigliosa registrazione dei Mottetti di Bach del Pygmalion ha una estensione di scena esagerata.
    Qui si individuano i gruppi di cantanti sulle voci quando intervengono (Komm, Jesu, komm BWV 229).
    Io però continuo a sentire delle squillanti un pò "cattive".
     

    AC/DC : Highway to Hell

    Devo ripartire tre volte perché un riverbero così non l'avevo ancora sentito in vita mia.
    La voce è più alta che dal vivo. Bassi che per me sono altro che presenti.
    Chi cerca di più, sinceramente avrà bisogno presto anche dell'apparecchio acustico ... !
     

    Il 24° capriccio di Paganini con l'Anselmo Bellosio del 1775 di Alina Ibragimova si fa apprezzare ad alto volume.
    Qui sento le inflessioni dell'archetto e il cambio di tono dello strumento che segue duttile la mano dell'artista.
    Bella prova. Registrazione di 10 piani sopra quella Decca della Jansen.
    ***

     
    Confronto sintetico
    Non vi annoio con la ripetizione dei miei commenti di ascolto. Le mie Arya sono più che rodate. Adesso le sto imparando a conoscere con i nuovi cuscinetti che, non si direbbe, ma ne hanno "arrotondato" il suono, incrementando il basso profondo e il medio.
    Restano meno sensibili delle HE1000 e quindi in un confronto immediato è necessario alzare il volume.
    Nel complesso e con le stesse tracce che vedete sopra, mi sembrano più indicate per un ascolto di tutti i giorni.
    Dove non si chiede di essere stupiti nell'immediato con una prestazioni eccezionale.
    Sono anche più portate a perdonare nefandezze di registrazione, specie lato acuti. Sibilanti e microfoni troppo ravvicinati risultano più addomesticati rispetto alle HE1000.
    Se dovessi usare solo poche parole per definirle direi naturali e umane.
    Questo aiuta a contenere la stanchezza di ascolto che, non so a voi, ma per me è sempre dietro l'angolo con le cuffie (io non sono proprio in grado di ascoltare cuffie chiuse per questa ragione).
    E rende piacevole continuare ad ascoltare musica.
    Un pò il carattere delle elettrostatiche.
    Le HE1000 Stealth al confronto sono decisamente più analitiche, portano in evidenza i dettagli, aumentano ed amplificano ogni contrasto.
    Sono, se mi permettete un paragone tirato per i capelli, una versione ad alta definizione VS una a definizione normale.
    Le HE1000 Stealth stupiscono per il microcontrasto e per l'impatto. Si sentono cose che non si sentono facilmente con altre cuffie (e quasi mai con i diffusori).
    Come se fossero dei monitor professionali mettono tutto in evidenza. Qualche volta troppo.
    La scena è più ampia. Molto di più.
    Il basso sembra più profondo, nella realtà è solo più veloce ed efficiente.
    Insomma, stupiscono. Ma un pò stancano per la loro brillantezza, per me, eccessiva. Secondo me hanno bisogno di maturare e di perdere un pò di eccesso di brillantezza per diventare compagne di tutti i giorni.
    Ma se vi volete stupire ed emozionare, avete orecchie buone e un amplificatore/DAC Top Of The Line, allora sono la scelta per voi.
    Potendo, io sceglierei una o l'altra a seconda dei casi. E a seconda di altri (per esempio con la musica da camera) sceglierò le elettrostatiche Jade II.
    Conclusioni
    Insomma, forse non ho risposto alla domanda.
    E' vero.
    Le HE1000 Stealth sono cuffie eccezionali. E se dovessi paragonarle ad un obiettivo Nikkor (in fondo siamo ospiti su Nikonland) le paragonerei al 138/1.8 S Plena.
    "Eccezionale ma non per tutto o per tutti".
    Lo stesso per queste cuffie. Con le Arya più simili al 50/1.2 S.
    Non pensate di comperarle perché sono le ammiraglie di gamma. Magari le Arya, le Ananda o le XS per voi saranno meglio.
    Io non vi so aiutare.
  20. M&M

    Recensioni Cuffie
    HIFIMAN HE400i V2
    Sono a lungo stato attratto da queste cuffie, sin dalla prima edizione del 2014 se non ricordo male.
    L'arrivo delle Sundara che idealmente le sostituiscono ha fatto calare i prezzi ad un livello tale che non potuto cedere alla tentazione.
    Infatti io ne ho approfittato ed ho comprato direttamente dallo store HIFIMAN un modello aggiornato (la i sta per improved) e nella versione 2.
    Gli aggiornamenti rispetto alla prima versione sono tanti e tali che rendono del tutto insensato l'acquisto della precedente.
    Innanzitutto è stata migliorata del tutto la meccanica, con il nuovo archetto molto più robusto e ci sono i nuovi pad.
    Sono anche stati cambiati i connettori del cavo di collegamento che non hanno più la vite ma dei normali spinotti.
    Ho atteso di rodarle per oltre sei mesi, ascoltandole in parallelo alle mie HIFIMAN Arya - le mie cuffie di riferimento attuali - e per un breve periodo di tempo, alle HIFIMAN Sundare (due modelli di cui ho parlato già).
    Confermo l'impressione di fondo, tolte le elettrostatiche (sono un estimatore delle cuffie Stax da quando ... ascolto musica ... una quarantina di anni, insomma) non c'è storia tra le cuffie magnetoplanari e la gran parte di quelle tradizionali. Almeno per quanto riguarda la musica classica o in generale quella acustica.
     


    il nuovo archetto, molto più robusto, è simile a quello delle Sundara






    il cavo stock è di ottima qualità, probabilmente le cuffie si gioverebbero di un cavo bilanciato, ma vista la proporzione di spesa non ho ancora pensato di fare l'upgrade

    il connettore di collegamento sulla presa sbilanciata del mio Audio-GD R28



    anche i padiglioni sono stati migliorati e pure le protezioni metalliche esterne, molto robuste.
    Dovrebbe essere passato definitivamente il tempo in cui molti utenti lamentavano rotture meccaniche delle prime HE500 ed HE560 delle prime serie.
     
    ASCOLTO
    Cominciamo come di consueto dalla misura della risposta in frequenza (un canale solo) misurata tramite i microfoni Minidsp Ears e il programma REW

    risposta in frequenza

    distorsione
    noterete una notevole risposta lato basse frequenze, il classico avvallamento intorno ai 1800 Hz e l'aumento di sensibilità alle alte frequenze.
    Alla prova di ascolto ho avuto conferma di questa misura, ottenendo un suono piuttosto pieno sulle basse, appena indietro sulle voci, con altissime frequenze in evidenza (almeno quando nel programma musicale c'é musica così in alto).
    Nel complesso non ho avuto un reale bisogno di equalizzarle (sebbene abbia preparato una classica compensazione della risposta secondo lo standard Harman), salvo alle volte rialzare i 1500 Hz ed attenuare un pò le altissime.
    A differenza delle Sundara che ho trovato sin da subito piuttosto secche, magre ed aspre, queste cuffie sono molto gradevoli all'ascolto e prediligono la musica sinfonica, il pianoforte e il jazz acustico.
    Non sono il massimo per la voce femminile e per la musica cameristica, ma la tonalità scura e tendenzialmente grassa della risposta me le fanno ampiamente preferire alle più recenti Sundara, migliori sul piano della costruzione, più stancanti (senza equalizzazione) su quello dell'ascolto.
    Come sospettavo, con le Arya non c'è confronto, e naturalmente non c'è nemmeno con le mie Stax SR404S, almeno sulle voci e sugli archi nella cameristica.
    Ai prezzi attuali le ritengo comunque un affarone, dato che è ancora possibile trovare almeno oltreoceano degli esempali nuovi di magazzino a prezzi eccezionali (al lancio erano sui 400 euro e anche di più, in linea con il prezzo attuale delle Sundara).
    CONCLUSIONI
    PRO
    suono abbastanza ben bilanciato, importante, sostenuto da un basso ben esteso e potente, non troppo aggressive sulle alte, voci indietro costruzione migliorata rispetto alle prime versioni prezzo/qualità imbattibile l'estetica è degna di cuffie di fascia superiore e più importante CONTRO
    il padiglione è piccolo, quello delle Sundara è più comodo. Io non ho orecchie grandi ma dopo un pò mi danno fastidio perchè mi sento "costretto" ed afflito e corro a rimettermi le mie Arya la sensiblità è bassa e sebbene l'impedenza sia da considerare facile da pilotare, richiedono una amplificazione capace e importate (non risparmiate MAI sull'amplificatore per le cuffie e prendete sempre uno che possa pilotare anche cuffie ben più complicate delle vostre) non sono cuffie da effetto wow e come - imho - tutte le magnetostatiche, non sono adatte ai generi elettronici e più moderni che si gioveranno sempre di monitor dinamici molto sensibili

  21. M&M

    Recensioni Cuffie
    Cuffie acquistate presso HIFIMAN Europe via Amazon, pagate 629 euro spedite a casa.
    All'uscita, queste cuffie, nel 2018, costavano 1800 euro.
    Rappresentano la seconda edizione delle mitiche HIFIMAN HE6 del 2010, famose per essere voraci di corrente, tanto che parecchi appassionati le utilizzano collegate ad un amplificatore per casse, all'uscita di potenza, per il tramite di un adattatore di impedenza.
    Il diaframma delle HE6 originale è a bassa sensibilità, pesante, rigido.
    La nuova versione non è così complicata ma resta la bassa sensibilità (circa 83 dB) che sull'impedenza di circa 50 Ohm richiede almeno 2 Watt minimo. Meglio 4 ...
    Il diaframma è circolare ed è caratterizzato da armature placcate in oro (di qui il maggiore peso e costo di produzione).
    Pesano. Circa 500 grammi.
    La struttura è quella tipica delle cuffie HIFIMAN con padiglione circolare.


    archetto e marchietto

    la caratterizzazione del modello

    dall'alto

    l'oro riluccica ... attraverso la griglia di protezione

    i terminali da 3.5 mm, tipici dell'ultima produzione HIFIMAN
    Eccole al banco di prova sopra al miniDSP Ears


    dettaglio del cavo in dotazione

    con il terminale XLR Neutrik

    nella scatola, unico accessorio, un adattatore XLR->JACK da 6.3 mm

    manuali e garanzie

    la scatola

    che è simile a quelle dei modelli di fascia alta. Si apre verso l'alto con una fettuccia in similpelle marrone

    l'interno è rivestito in simil-seta

    l'esterno è identico a tutte le altre scatole HIFIMAN


     
    Le prime impressioni.
    Non sembra un modello di questa fascia di prezzo (pensando ai 1800 euro originari al lancio).
    I padiglioni sembrano presi dalle HE400, l'archetto è pari a tutti i modelli della sua generazione.
    Il cavo è decisamente cheap, e tutto stropicciaticcio ...
    Ci sono i diaframmi dorati e poco altro.
    ***
    Andiamo alle misure.
    Sulle prime l'EARS non ne voleva sentire di ... sentirle ma poi ho calibrato meglio l'uscita e ci sono riuscito.

    la risposta effettivamente è estesissima, quasi piatta a 20 Hz, non ci saranno che 2 dB di calo rispetto ai 30 Hz.
    Sopra ai 100 Hz sale di 2-3 dB verso gli 800.
    Dopo c'è un avvallamento " a dorso di mulo" sulle frequenze medio-alte fino a 3000 Hz.
    Quindi la tipica fascia travagliata con un pizzo già a 4.000 Hz e poi vari picchi più in alto.
    Un confronto con altre cuffie dimostra a colpo d'occhio la differente sensibilità.

    ho messo anche le AKG K371 per dare una idea. A questo livello sono andate in clipping ed ho dovuto abbassare il volume di 20 punti per riallinearle.
    La sensibilità di quelle cuffie - chiuse, dinamiche e decisamente economiche rispetto alle due HIFIMAN di confronto - é di 114 dB a 32 Ohm. La bellezza di 30 dB sopra le HE6 SE.
    Ma ci interessa di più il confronto con le Arya allo stesso livello di alimentazione :

    le mie Arya sono meno presenti a 20 Hz (ma c'è musica a 20 Hz ?) ma molto più lineari sopra fino a 6-7000 Hz e anche sopra, nonostante a quelle frequenze oramai non ci sia più molto segnale registrato.
    La differenza di sensibilità è evidente : 8dB ai canonici 1.000 Hz, che coincidono con i dati di targa (83 contro 92 dB).
    ***
    Ascolto
    Ma prima qualche nota autobiografica.
    Ho quasi 61 anni e certo il mio udito non è più quello dei venti anni. E' evidente.
    Ho conosciuto le prime cuffie hi-end con un contatto illuminante con un modello di base Stax nell'oramai lontanissimo 1984.
    Con i concerti di Brahms per la coppia Barenboim-ZioGianniBarbirolli. Me ne innamorai.
    Ma il mio budget di primo impiego non mi permetteva di arrivare a delle elettrostatiche vere con tanto di elevatore di tensione dedicato.
    Ripiegai sulle ibride AKG K340, elettrostatiche sulle alte e dinamiche sulle basse.
    Che il negoziante - di un negozio che non c'è più da secoli - mi assicurò di aver venduto personalmente al Maestro Giulini.
    Le pagai l'equivalente con l'inflazione di circa 600 euro di oggi (250.000 lire per l'esattezza). Ma nella realtà credo che oggi una cifra del genere sia più vicina ad un valore reale di 1.000 euro.
    Che ritengo sia la cifra massima che debbano costare delle cuffie.
    A parte questo, il suono, l'ariosità, l'apertura delle cuffie planari per me è un dato obbligatorio con tutta la musica serie. Specie nella gamma vocale.
    Cuffie che debbono essere aperte perché sia del tutto estrinsecato il funzionamento a pistone planare del grande diaframma piatto di questi sistemi.
    Dopo Stax, sono diventato un fan di HIFIMAN, marchio cinese molto attivo sia sulle magnetoplanari che sulle elettrostatiche, con intere dinastie e generazioni di cuffie.
    Ci ascolto tutto. Ma la mia passione è il barocco, con il pianoforte e la musica sinfonica/cameristica del tardo romanticismo per la restante parte.
    Jazz e rock coprono si e no il 3% del mio tempo di ascolto.
    Chiarito il mio profilo, le mie aspettative restano che l'ascolto con le cuffie deve simulare per il più possibile dei sistemi tradizionali di diffusori - per quanto possibile - con in più il dettaglio e la precisione timbrica e di suono consentita dalle cuffie grazie alla breve distanza dall'orecchio e dalla più semplice catena musicale (niente cross-over, niente pasticci, segnale+amplificazione+driver).
    Il suono attorno ai ... padiglioni auricolari dipende molto dalle riflessioni tra le nostre orecchie e i diaframmi delle cuffie. Le cuffie chiuse fanno un lavoro opposto a quelle aperte.
    E via spropositando con queste ovvietà, senza mai dimenticare che ognuno di noi ha un udito diverso, non solo un differente gusto musicale.
    Questo a mente per dire che è inutile giudicare questi apparecchi dalle recensioni degli altri. Salvo che non ci siano dei punti del tutto coincidenti con più di una recensione di modelli che noi stessi conosciamo molto bene, sarà inutile considerare il parere di un altro senza ascoltare di prima mano noi quelle cuffie.
    Di qui la curiosità per queste HE6se dopo tutto l'hype del modello originale e la grande considerazione per questa riedizione.
    Che è uscita di produzione rapidamente mentre HIFIMAN ha dato fondo agli ultimi driver dorati disponibili, prima di dare via le macchine per produrli, con una successiva versione V2, che eredita l'archetto delle Deva e la finitura del padiglione in un pessimo viola shocking.
    Ok, Mauro, ma come suonano ?
    Ecco, al netto del fatto che sono da rodare e sono piuttosto rigide e al netto anche della differente sensibilità che mi obbliga nel passaggio con le Arya a regolare il livello per avere lo stesso volume, sono una delusione completa.
    Intendiamoci, mica suonano male, e che avete capito ?
    Solo che - che ne so, prendiamo lo scherzo della Nona - il colpo di timpano con le Arya sembra più voluminoso, più sontuoso, più ampio che quello, fermo e preciso delle HE6.
    In generale il basso delle Arya sembra più interessante, mentre quello delle HE6 sembra più tecnico e composto.
    Sugli alti, le HE6 sono più secche, mentre le voci sono indietro rispetto alla piacevolezza delle Arya.
    Ma nell'immagine le HE6 non ci sono, da nessuna parte. Sembrano cuffie chiuse.
    Ma non è che si voleva con le HE6 strizzare l'occhio a chi ama le cuffie chiuse ? E poi quando HIFIMAN è riuscita a fare planari chiuse le hanno dismesse ?
    Perché la tendenza adesso è fare diaframmi sempre più leggeri (stealth, nano etc. etc.) per migliorare il dettaglio a differenza delle HE, dure e pesanti che invece dovevano favorire il volume alle basse frequenze.
    Nella sostanza sono cuffie one-off che devono trovare - secondo me - l'amatore che si ritrovi con questo tipo di suono, guadagnando in piccole nuance dove si perde in quella naturalezza e facilità di ascolto tipico delle magnetoplanari mainstream HIFIMAN.
    Con l'aggravante che queste HE6se hanno i padiglioni sovraaurali e che necessitano di essere schiacciati sulle orecchie per avere un carico adeguato (cosa verificata anche in sede di misura).
    A conseguenza di cui la fatica di ascolto si somma a quella di indossarle.
    In conclusione. Le sto restituendo. Le mie Arya (per non dimenticare le Jade II, cuffie di una fascia superiore ma non paragonabili a queste), sono per me molto più gradevoli in tutto.
    Qualche recensore dice che le HIFIMAN HE1000se e Stealth riescono a mutuare le caratteristiche delle Arya con le HE6. Può essere ma se non lo sento con le mie orecchie, sinceramente non mi fido.
  22. M&M

    Recensioni Cuffie
    Grazie ad HIFIMAN di averci dato in prestito un esemplare delle cuffie Jade II con il loro amplificatore dedicato.

    sono già sul banco di prova per le misure

    qui con il microfono miniDSP Ears in azione

    e poi prova in batteria con le mia Stax SR404S ed HIFIMAN Arya. Sarà un confronto serrato da quanto sto già ascoltando.
    Intanto le misure :

    HIFIMAN Jade II - risposta equalizzata ed ammorbidita ad 1/12 di ottava

    in verde la risposta con l'amplificatore HIFIMAN dedicato a queste cuffie, in rosso con il mio Stax Srm-006t a valvole

    in rosso le Jade II, in verde le Stax SR404S

    in rosso le Jade II, in viola le Arya.
    Prossimamente la prova di ascolto. State sintonizzati 
  23. M&M

    Recensioni Audio
    Un grandissimo grazie ad HIFIMAN che ci ha inviato in prova questo set - cuffie Jade II e amplificatore dedicato - si tratta di un sistema che pur essendo entry-level per la gamma di cuffie elettrostatiche del marchio HIFIMAN possono offrire una risposta definitiva a certe esigenze di ascolto. Ma non voglio anticipare troppo le conclusioni dell'articolo che troverete in fondo alle note di ascolto.
    Andiamo direttamente alla prova di ascolto comparativa :

    la batteria di campionesse a confronto : HIFIMAN JADE II, HIFIMAN ARYA, STAX SR404 SN
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    Seguono i brani ascoltati in dettaglio ma in SINTESI :
    Le Jade offrono un suono entusiasmante e dettagliato ma sono estremamente selettive sia nel genere che nei singoli dischi.
    Inadatte - secondo il mio punto di vista - a dipanare enormi masse orchestrali o contenuti energetici elevati, nei piccoli complessi, sia vocali che strumentali e soprattutto negli strumenti solisti, danno il massimo con un risultato che è ad un passo dall'evento reale.
    Attenzione al volume perchè dopo un pò potreste farvi male : non c'è distorsione e quindi si tende a voler ascoltare ogni singolo suono distinto dagli altri.
    Le vecchie Stax se la cavano ma offrono sempre una prova molto personale, spesso sopra le righe. Portano in luce cose che con le Arya non si sentono proprio ma trascurano invece intere sezioni dello spettro.
    Le Arya sono la sintesi e l'equilibrio. Magari gli amanti della musica rock/heavy faranno bene ad evitarle, ma per gli altri sono un vero piacere.
    Ma le Jade in alcuni dischi sono semplicemente di un'altra classe. Non sempre, però dove le Arya danno una prova ottima ma non sorprendente, le Jade invece rendono magico quello che state ascoltando.
    Le acquisterei ? Ve lo dico alla fine !
    ***********************************************************************
    I dischi utilizzati nella prova in batteria

    AC/DC : The Razors Edge/Thunderstruck e Fire Your Guns
    Jade : suono dettagliato, precisissimo ma nel complesso sottile. Chitarre non invadenti, voce un pò più sottile di come la conosco io. Basso indietro, un pò vuoto.
    Arya : basso pieno anche se non stravolgente, voce chiara, piatti metallici ma concreti
    Stax : chitarre fantastiche, voce perfetta, basso secco, corto, anzi, cortissimo
    Le Arya danno la risposta più convincente con un genere che non è adatto a nessuna di queste planari. Le Stax, al solito, se la cavano sempre bene, le Jade non trovano giustizia con questa musica

    Bach : Grosse Preludien un Fugen - Ullrich Bohme
    Jade : il pedale è più presente di quanto non si senza con le Stax, le voci superiori sono perfettamente separate, la spazialità del suono esemplare, rispetto alle Stax ma anche alle Arya
    Arya : basso molto più in evidenza ma si nota un pò di stacco con il medio e l'alto. Suono complessivamente più convincente delle altre due cuffie
    Stax : suono avvolgente e deciso, basso non particolarmente immanente e immagine non particolarmente ampia ma c'è tutto quello che si vorrebbe sentire
    Le Arya hanno la risposta più completa ma il suono delle Jade è semplicemente più bello. Le Stax rappresentano invece un organo molto più piccolo.

    Sinéad O'Connor : I do not want what I haven't got/Feel so different
    Jade : la voce è su un altro piano come c'era da aspettarsi, l'orchestra presente con i suoi pizzicati, immagine larghissima
    Arya : voce chiarissima, bella. Violini tersi, cristallini, nessuna fatica a seguire l'intero brano anche a volumi da mal di testa
    Stax : voce perfettamente amalgamata con l'orchestra, bassi pieno, immagine ampia
    Le Jade sono più emozionanti e nel complesso il risultato è più sexy di quello delle Arya. Le Stax non ci arrivano proprio.

    Sergey Babayan : Rachmaninoff/Appasionato
    Jade : mano sinistra molto più in evidenza, basso in ritirata, un pianoforte troppo più esile di quanto non si vorrebbe
    Arya : prestazione esemplare, suono pieno, pianoforte smisurato, basso potente, le due mani in perfetto equilibrio
    Stax : alti un pò metallici, sembra che la registrazione sia stata effettuata più da vicino, i bassi non si sentono
    Arya, Arya, Arya, soprattutto.
     

    Schubert : Trio Op. 100/II Andante con moto
    Jade : immagine fantastica, pianoforte non troppo in evidenza, violino lagnoso, violoncello un pò esile
    Arya : il violoncello qui si riscatta in pieno, il violino è meno rugoso, meno brillante, meno sexy, il pianoforte è completo e non copre gli altri strumenti
    Stax : pianoforte in evidenza che copre il violino, il violoncello é bello ma non abbastanza pieno
    Arya e Jade alla pari, che vi piaccia di più il violoncello o il violino, dipende da voi.

    Bach/Christian Tetzlaff : Ciaccona in re minore
    Jade : il violino moderno di Tetzlaff è semplicemente inarrivabile nel suono offerto dalle Jade, si sente il suo respiro (del violino, non del violinista), il nero tra gli spazi, una prova di un livello artistico sensazionale
    Arya : bello e completo, amalgamato
    Stax : elegante, questo è il campo delle elettrostatiche, pulito, chiaro, analitico. Manca però la nitidezza e il capacità di microdettaglio delle Jade
    Jade insuperabile, Stax per una prova molto personale, Arya in secondo piano.
    Questo disco è meraviglioso, con le Jade non riesco a smettere di ascoltarlo.
    Queste cuffie dovrebbero essere consigliate a tutti i violinisti.
     
     

    Diana Krall : The girl in the other room
    Jade : rispetto alle Stax si sente di più il riverbero della voce, il suono del piano è più bello e anche l'accompagnamento è più rotondo
    Arya : basso più rotondo, contrabbasso perfettamente udibile dove con le Stax non si sente, la voce è in secondo piano ed è meno chiara rispetto alle altre due, un pò più bassa e manca di tutto il dettaglio e l'ultrarealismo delle Jade
    Stax : la voce di Diana è più in risalto con le Stax, ma il complesso della prova offerta dalle Jade è di un altro livello
    Anche qui le Jade secondo me danno prova di elevato livello. Le Arya sono raffinate ma non così sexy.

    Silje Nergaard
    Jade : voce bellissima di cui si apprezza ogni dettaglio, pianoforte un pò metallico, meno appagante ma non è quello che mi interessa in questo disco
    Arya : bello finché non si sente con le Jade ma il pianoforte delle Arya è di un altro livello
    Stax : complessivamente meglio delle Jade, è il timbro di voce che meglio si presta alla sua impostazione. Pianoforte chiaro e tutto sommato migliore di quello delle Jade
    Jade o Stax secondo i vostri gusti. Probabilmente per me, Stax

    John Williams : tema di Guerre Stellari
    Jade : suono chiaro, forse troppo ma è questione di gusti
    Arya : equilibrio energetico più lineare con una presenza sulle basse più intensa ma archi meno accattivanti delle altre due
    Stax : bello ma suono un pò esile
    Un direttore d'orchestra qui certamente tenderebbe a preferire le Arya, i violinisti continuerebbero a scegliere Jade

    Genesis : Sellng England by the pound
    Jade : la voce di Peter Gabriel appare un pò più esile di quanto non mi piacerebbe, e i bassi sono chiaramente meno potenti
    Arya : bella prova, voce, quadro d'insieme, potenza, più interessante
    Stax : suono troppo esile, troppo sbilanciato sulle alte
    E' un disco che anche rimasterizzato resta un pò aspro. Le tre cuffie danno una prova differente. Le Stax eccellono negli arpeggi delle chitarre, le Jade nella voce di Gabriel che però é più corretta nelle Arya che hanno più potenza.
    Le Stax in un ascolto prolungato sono troppo esili e un pò artificiose.

    Beethoven/Savall : sinfonia n. 3
    Jade : suono pulito, ampio, archi setosi e leggeri, bassi decisamente in secondo piano
    Arya : questione di equilibrio, questa registrazione si caratterizza per l'ampio risalto dato ai timpani e la leggerezza degli archi.
    Il contenuto energetico con le Arya salta subito in primo piano, non che con le due elettrostatiche non ci siano i timpani, ma sono leggeri ed aperti come il resto della registrazione
    Stax : una via di mezzo tra le due, archi in primo piano, medio-bassi in evidenza, bassi profondi inesistenti (contrabbassi)
     

    Monteverdi : Il terzo libro de' madrigali
    Con questa registrazione - praticamente perfetta - siamo nel dominio delle cuffie planari.
    Sinceramente non riesco a decidere una prevalenza. Le Stax pongono, come sempre, in primissimo piano le voci femminili.
    Le Jade hanno un suono splendido e, magicamente, le voci maschili sono le più belle.
    Le Arya, eleganti ed energetiche come sempre.

    Till Bronner : Night Fall
    E' un disco in cui si sente il fiato di Till mentre suona e ogni singola corda del contrabbasso di Dieter Ilg.
    Le tre cuffie danno una interpretazione molto differente tra loro.
    Le Stax mettono tutto in primo piano, senza privilegiare nulla. Le Arya sono più scure. Le Jade, incredibilmente dettagliate in tutto, e a dispetto di quello che si penserebbe, donano il più bel contrabbasso immaginabile.
    Il suono è più chiaro ma più lucido, come l'evento reale.
    ***********************************************************************
    Jade e Stax si sono alternate sia sull'amplificatore HIFIMAN che sul mio valvolare Stax.
    Le Arya sono state pilotate dal mio Audio-GD R28 via cavo bilanciato in argento. L'Audio-GD R28 ha fatto sa semplice ricevitore/DAC per gli amplificatori delle elettrostatiche.
     
    Costruzione :
    Robuste e bellissime. Meglio delle Arya.
    Non solo per quella fluorescenza verde che traspare dai padiglioni ma proprio per l'insieme.
    Mi piace di più sia il pad che l'archetto, tondo.
    Stanno perfettamente in testa senza alcun bisogno di regolazione.


    il cavo è di ottima fattura. Non lunghissimo e ovviamente, non intercambiabile. Sembra anche robusto.
    Connettori di splendida fattura, nel complesso più elegante della fettuccia interminabile delle mie Stax.
    Costruttivamente sono superiori alle Stax, che sono sempre state fragili e tutte in plastica (oltre che orrende)


    quel connettore pentapolare è del tutto compatibile, come la tensione di alimentazione, agli standard Stax : quindi intercambiabilità totale.

    segni particolari ? Bellissime !
     
    L'amplificatore offerto in bundle è di ottima fattura. Solido e pesante, non offre appigli a critiche.
    L'esemplare in prova ha la manopola del volume un pò allentata. Forse basterebbe stringere le viti di blocco ma non ho voluto verificare.


    offre due uscite per due cuffie differenti (cosa che mi ha permesso di alternare all'ascolto le mie Stax senza equilibrismi) mentre gli ingressi sono sia bilanciati (da preferire, perchè le elettrostatiche sono bilanciate per natura) che sbilanciati

    la sagoma laterale è a forma di trapezio, giusto per rendere più elegante la forma complessiva.


    ho letto in molte recensioni critiche a questo apparecchio.
    Nell'ascolto in confronto con il mio Stax (che costa molto di più ed è a valvole) si notano alcune sfumature a favore dello Stax ma sostanzialmente solo nella gamma più alta.
    Considerando l'offerta di acquisto e la disponibilità molto rara di amplificatori per cuffie elettrostatiche io non starei troppo a pormi dei dubbi.
    Se non avete già uno Stax in casa, prendetelo con fiducia.
    ******************************************************************************************************************
    Non sto ad indicare le caratteristiche tecniche delle Jade II, potete trovarle insieme a tutta la documentazione sul sito ufficiale.
    Per i più tecnici, rimando alle misure di risposta che ho effettuato e pubblicato nei giorni scorsi qui :
     
    e che in larga parte trovano conferma nelle sensazioni di ascolto.
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    Conclusioni
    Prova molto, molto impegnativa perché queste sono cuffie di alto livello e con caratteri simili.
    Difficile stabilire un vincitore anche se tenderei ad escludere le Stax che guardo con indulgenza per la loro età e per cosa hanno rappresentato per me.
    Se non avessi già le Arya acquisterei subito le Jade II. Si sposano alla perfezione con quello che significano per me le cuffie.
    Per me l'ascolto in cuffia non è una alternativa a quello tradizionale con gli altoparlanti.
    Quello resta il mio modo di ascoltare la musica.
    In cuffia voglio poter analizzare il dettaglio e non mi interessa una riproduzione o un tentativo di riproduzione in scala dell'evento musicale.
    Il dettaglio, il suono, tutto ciò che generalmente non si riesce ad ascoltare anche dal miglior speaker del mondo.
    Per questo credo che non ci possano essere delle cuffie assolute in grado di suonare tutto al meglio e come piace a me.
    Le Jade II, se vogliamo, sono ancora più esclusive in una visione di questo genere perché sono eccezionali - non esito a dire MAGICHE - in certe cose.
    Ma non in tutte, sebbene sappiano dare sempre una interpretazione di grandissima classe.
    Suono raffinato, dolce, mai affaticante sebbene il medio e l'alto - almeno finché arrivano le miei vecchie orecchie - sia di una precisione ad altissima risoluzione.
    Nei violini non ho mai sentito niente di altrettanto realistico. E nelle voci a cappella o comunque, senza intermediari elettronici in mezzo, non si possono assolutamente battere in questa fascia di prezzo.
    E nel jazz fatto di piccoli gruppi e con voci complementari, dove persino il contrabbasso diventa vivo oltre l'immaginabile.

    Sono molto meno convincenti dove ci vuole energia e dove le masse sonore trascinano il senso del suono. Dove non c'è dettaglio è uno spreco utilizzare queste cuffie.
    Un pò come tentare di guardare fuori dalla finestra con il microscopio.
    Anche le Arya non sono indicatissime per i grandi volumi sonori (non parlo di livello acustico, parlo di volume, avete in mente l'ottava sinfonia di Mahler ?) ma si tolgono dai guai meglio delle Jade.
    Se hanno un limite è nel prezzo del sistema, perchè uno deve comprarsi anche l'amplificatore. E queste non possono essere le uniche cuffie che hai in casa, perchè per certe cose non possono essere usate (tipo il rock o l'heavy metal, oltre alla grande orchestra).
    Ma se avete già un amplificatore oppure volete avere dei monitor elettrostatici che in fondo costano una frazione di qualsiasi altra cosa di fascia superiore possiate immaginare, beh, pensateci bene.
    Io stesso, che potrei comprare le sole cuffie, sono maledettamente indeciso .... cederò alla tentazione ? Ve lo farò sapere !
  24. M&M

    Recensioni Cuffie
    Nel ricco catalogo di cuffie HIFIMAN questo modello si piazza sostanzialmente come punto di ingresso della sua fortunata gamma di cuffie magnetostatiche o planari.
    HIFIMAN Sundara rappresenta anche una ulteriore evoluzione in termini costruttivi.
    La prima generazione non ha proprio ricevuto consenso ampio in materia di qualità costruttiva e consistenza.
    Anzi, non sono poche le critiche per esemplari difettosi dall'origine o che meccanicamente hanno resistito poco ad un normale uso.
    Questo apparecchio invece é allineato verso l'alto alla V2 di HE400i e HE560, con il nuovo archetto in metallo, padiglioni nuovi, più grandi e in generale una cura costruttiva almeno allineata al prezzo di acquisto.
    Caratteristiche di targa
    - peso 372 grammi
    - sensibilità 94 db
    - impedenza 37 Ohm
    - cavo in dotazione da 1.5 metri, tipo "cristallino", connettori dorati da 3.5 mm a mini-jack separati per canale destro e sinistro
    Costruzione




    la griglia di protezione è di modello più grande e robusto rispetto ai modelli precedenti.
    Il padiglione stesso è più ampio ed avvolgente.


    resta la possibilità di ruotare singolarmente i due padiglioni in modo da adattarsi ad ogni morfologia del capo.

    il nuovo diaframma, più sottile e più veloce, è ben protetto nel suo alloggiamento.

    con la Sundara viene anche introdotto il nuovo connettore a mini-jack da 3.5mm, il terzo tipo d'attacco per HIFIMAN dopo quello iniziale - scomodissimo - a vite e quello successivo con mini-jack da 2.5mm, simile a quello delle Sennheiser HD700.
    Speriamo che sia quello definitivo, anche perchè adesso è comune anche a quello di Ananda, Arya ed HE400i V2/HE560 V2.

    ancora un dettaglio dell'esterno - bellissimo - dei grigliati di protezione dei padiglioni.
    Sono a prova di impatto di ogni genere, pur mantenendo totale apertura verso l'esterno.
    Se posso invece fare un appunto è all'interno del padiglione, quello a contatto con la testa. Morbido e vellutato ha anche un effetto "calamita" verso ogni pelucco di casa come si vede nella foto che segue.

    i due archetti recano all'interno la lettera che evidenzia il canale R- destro ed L-sinistro, per facilitare la presa

    Sulla costruzione quindi, siamo al di sopra di ogni sospetto, almeno in apparenza e salvo una verifica sul medio-lungo periodo.
    E' un modello recente - metà 2018 - quindi non abbiamo riscontri in tal senso.
    Ma all'apparenza consistenza e materiali sembrerebbero allineati al prezzo (lo street price attuale si aggira intorno ai 349 euro qui in Europa, era di 499 al lancio).
    Tecnologia
    HIFIMAN si è fatta un nome in questi anni per le sue cuffie planari.
    Si tratta di una tecnologia che non impiega normali diaframmi dinamici, quelli - per intenderci - dei normali altoparlanti hifi.
    In comune con le elettrostatiche hanno il fatto di impiegare sottilissimi diaframmi in materiale sintetico, molto, molto leggeri ma al contempo più grandi dei normali diaframmi dinamici metallici, ovviamente planari, non ricurvi.
    Sono immersi in campi elettromagnetici che fungono da motore, ma il funzionamento del sistema non richiede - a differenza delle elettrostatiche - di impiegare alte tensioni generate per mezzo di amplificatori/elevatori di tensione dedicati e separati.
    Queste invece hanno impedenze normali ed operano con le normali tensioni generate dai comuni amplificatori per cuffie, anche dei sistemi portatili.
    Una disamina tra le caratteristiche delle diverse tecnologie esula dagli scopi di questo articolo ma basti in questo ambito definire idealmente una risposta più aperta e trasparente come caratteristica di base comune per le cuffie elettrostatiche e planari, rispetto alle tradizionali dinamiche
    Indossate
    Per chi ha una testa "normale" l'uso delle Sundara non da origine ad alcuna controindicazione.
    Anche portate per lungo tempo non stancano. I padiglioni avvolgono le orecchie comodamente - meglio delle HE400/HE560 - e il peso è da considerarsi leggero.
    La pressione applicata sui lati del capo è adeguata ad assicurare una buona adessione, appena un filo superiore al necessario secondo me.
    Le ho trovate più comode della media, almeno per le cuffie con il padiglione circumaurale circolare.
    Queste cuffie sono aperte, manca del tutto l'isolamento con l'esterno. E' una scelta progettuale precisa, comune ai prodotti di questo genere e tipo e per questa casa. Il risultato è una grande qualità del suono unita ad una limitata fatica di ascolto.
    Io ho usato per lungo tempo cuffie chiuse e conosco bene la differenza in termini di fatica diretta e indotta dalla necessità di avere un isolamento dall'ambiente, per non essere disturbati dai suoni circostanti o per non disturbare chi ci sta vicini.
    Queste però non sono cuffie per lavoro ma da utilizzare per piacere. E' giusta e corretta la pretesa di poterle portare anche per ore senza incorrere in inconvenienti.
    Interfacciamento
    Apparentemente la bassa impedenza le renderebbe adatte anche ad impieghi portatili, complice anche una discreta sensibilità.
    Nella realtà tutte le cuffie magnetostatiche richiedo una amplificazione con una buona capacità di erogazione di corrente, spesso anche con la necessità di alzare parecchio il volume.
    Meglio indirizzarsi quindi su amplificatori dedicati di buona qualità e con caratteristiche adeguate.
    Io le ho usate con apparecchi Audio-GD, sia il mio preamplificatore NFB-1AMP alimentato da un DAC NFB 7.1 che con l'eccezionale all-in-one Master 11 Singularity. Entrambi in grado di erogare correnti capaci di pilotare anche le cuffie più dure della terra.
    Da valutare concretamente - potendo - la possibilità di sostituire il cavo in dotazione con uno di tipo bilanciato, in modo da avere una erogazione ancora più potente e lineare.
    Io ho usato un cavo artigianale della inglese OIDO, decisamente ben azzeccato e trasparente.

    Suono
    Arriviamo alla parte cruciale della recensione.
    Sarebbe inutile avere una tecnologia di tendenza come quella planare, una costruzione di buon livello, una buona predisposizione ad essere pilotate in scioltezza lato amplificazione se poi il suono non ci piace.
    In questo devo anticipare un mio giudizio complessivamente sufficiente ma misto.
    Ovvero, pur rodate adeguatamente - c'è chi crede al rodaggio delle cuffie, per me ha un senso propriamente compiuto con le cuffie dinamiche ad alta impedenza, elettrostatiche e magnetostatiche non beneficiano così tanto di un pò di "cottura" che comunque male non può fare - facendo girare per tre giorni la 3a di Mahler, fuori dalla scatola non mi hanno convinto del tutto.
    Ho trovato un basso molto, forse troppo contenuto, dei medi maledettamente indietro e, di contro, alti e altissimi estremamente tormentati.
    Il risultato é un suono asciutto nel suo complesso, un pò secco, fastidioso nel lungo, mai coinvolgente sulle voci - specie femminili - e con gli archi sempre troppo in evidenza.
    Naturalmente non sto parlando del suono di un trapano da dentista, ovviamente no, queste sono e restano cuffie di gran classe, pur essendo il modello di base di una marchio che oramai offre cuffie fino a 50.000 euro (!), ma non così naturali come l'amante di musica barocca che vive dentro di me vorrebbe.
    Per questo sono andato a misurarne la risposta in frequenza con il mio microfono Ears di Mini-DSP.
    Ed ho avuto la conferma alle mie impressioni d'uso :

    HIFIMAN SUNDARA : risposta in frequenza misurata con REW
    Dunque, io non appartengo alla ristretta schiatta dei puristi e operando in puro campo digitale, ritengo non solo un diritto ma un dovere, operare equalizzazioni non solo per attenuare i difetti dei nostri apparecchi audio ma anche per adattarli alle nostre aspettative.
    Se nelle cuffie è normale l'applicazione dell'equalizzazione Harman un motivo ci sarà, tanto che per qualche marchio in gran voga oggi é automatico introdurla a livello di DSP audio incorporato nell'amplificazione di controllo, suscitando poi grande considerazione tra gli utenti.
    Per chi di noi utilizza player digitali come JRiver o Foobar è anche più facile calcolare una serie di filtri digitali che compensino i picchi della risposta in frequenza ed imbriglino una impostazione forse di fabbrica non esattamente inclinata per le nostre esigenze.
    Io non so cosa ne possano pensare gli appassionati di musica elettronica o tecno, di rock o di musica sintetizzata ma certo per chi ascolta musica acustica, sia classica che jazz, una risposta naturale dovrebbe essere alla base di ogni trasduttore.
    In questo modo io ho fatto diventare godibili anche le Sennheiser HD700 che all'origine sono praticamente inascoltabili, figuriamoci le Sundara che partono da una base di altro genere.
    Attenuati i picchi tormentati di alti e altissimi, allineato il medio su un andamento appena discendente e, volendo, incrementando di due o tre decibel i bassi sotto ai 100 Hz anche il proprietario di queste cuffie ha finalmente potuto apprezzarne il valore.
    In sintesi, se mi sento di dare un voto 6 striminzito alle Sundara "di fabbrica", andiamo ad un bel 8 pieno una volta equalizzate e alimentate tramite un buon cavo di qualità con un connettore XLR Neutrik.
     

    Conclusioni
    Molto belle esteticamente e ben costruite, con la scelta di buoni materiali, ho trovato l'unico difetto in una certa propensione ad attirare tutti pelucchi di casa all'interno dei padiglioni.
    Per il prezzo richiesto all'origine (499 euro) un suono di fabbrica non troppo coinvolgente, tendente al secco e all'asciutto.
    Meglio, molto meglio le HE400i V2 "liscie" che ben conosco, e ancora meglio le venerabilie HE560 V2 che sono ancora insuperate nel catalogo HIFIMAN in quella che era la loro fascia di prezzo (era di 850 euro, adesso le si trovano a 400 euro, nuove).
    Lontane anni luce dai modelli superiori di oggi, Ananda ed Arya.
    Mancano di corpo, hanno i medi indietro e gli alti troppo tormentati.
    Il prezzo attuale le rende più appetibili ma meglio ancora se possiamo migliorarle senza nemmeno prendere in mano un cacciavite.
    Cambiato il cavo ed equalizzate in digitale, cambiano come dal giorno alla notte.
    Il suono diventa suadente, si apprezza finalmente il dettaglio e l'ariosità del nuovo diaframma (che è diverso, più sottile, più rapido e dinamico di quello dei vecchi modelli) e la fatica di ascolto diventa semplicemente assente.
    Resta in ogni caso una certa facilità di alimentazione anche se ad onor del vero mi sono sempre ritrovato ad alzare molto il volume rispetto al solito per avere una piena capacità di analisi sulle voci, con il risultato di ... rischiare di guastarmi ... i timpani.
    E' un "difetto" delle magnetostatiche ed elettrostatiche, avere un livello così basso di distorsioni da favorire l'ascolto a livelli "pericolosi".
    Ma queste mi sembrano un pelino più "dure" di altri modelli della stessa casa.
    Confrontati con modelli dinamici che conosco, mostrano un suono di una ricchezza e dettaglio estremamente più evoluto, rispetto - ad esempio - alle Sennheiser di fascia di prezzo equivalente (comprese le Sennheiser HD700 che stavano a 1000 euro, si trovano adesso a 450 euro).
    Ma sinceramente io ho sempre trovato stucchevole confrontare tecnologie differenti : semplicemente non sono sovrapponibili ed adatte a destinazioni, palati e aspettative differenti.
    Al prezzo attuale (349 euro su Playstereo) sono un affarone, un vero bargain, anche considerando che si trovano HE400i nuove a 175 euro (direttamente da HIFIMAN, almeno fino all'ultima volta che ho guardato). Da valutare con attenzione le HE560 V2 al confonto ma si dovrebbero poter ascoltare ed è un peccato che oramai pochissimi negozi offrano questa opportunità.
    Comunque secondo il mio giudizio, le HE400i mantengono un suono più caldo e pieno sui bassi, anche senza equalizzazione. Le HE560 sono invece più neutre e delicate ma il suono è abbastanza simile a quello della Sundara equalizzate.
    Con le Arya - non conosco le Ananda - mi spiace ma non c'è confronto (e non c'è confronto con nulla che io conosca, sinora, almeno sotto ai 2000 euro).
    Non parlo della riscotruzione spaziale perchè a mio giudizio, con le cuffie è un discorso in generale privo di senso. Provate un buon sistema di altoparlanti dipolari magnetostatici e poi ne riparliamo (!).
    Da provare, potendo ma in generale, le consiglio per chi ama la musica acustica e sia disposto ad accettare l'opportunità di manipolarne un pò la risposta in frequenza.
    Diversamente forse è ancora meglio cercare un paio di HE400i d'occasione, anche se per me le Sundara sono molto più confortevoli da indossare a lungo ... e anche questo è un fattore da tenere nel debito conto.
    Ah, quanto è difficile cercare il paradiso degli ascoltoni !
    Ringrazio l'amico Giovanni per il prestito delle sue cuffie nuove e del suo meraviglioso preamplificatore Audio-GD Master 11.
  25. M&M

    Recensioni : violino
    Bach
    Sonata a violino solo 1 e 2
    Partita per violino solo 1
    Hilary Hahn
    Decca 2018
    disponibile in formato cd, sacd e in 88.2/24
    ***
    Acclamata dalla pubblicità come il tanto atteso completamente "dell'acclamato" primo disco dedicato a Bach di venti anni fa.
    Se questo può creare aspettative eclatanti, certo l'ascoltare immagina di avere di fronte una interpretazione molto meditata.
    Ebbene, lasciamo stare la straordinaria lettura, personale e intensamente matura data da Tetzlaff nel suo recente terzo approccio per la Ondine, semplicemente inarrivabile per la ex-enfant prodige americano,  ma qui siamo semplicemente all'ordinario.
    La signora ha sempre grandi mezzi e ci da dentro. Ci da dentro come un ... falegname che deve ridurre uno grosso spessore di legno.
    Come se dovesse fare in fretta. Tanto da dare spesso l'impressione che non sappia esattamente cosa sta suonando.
    Penserete che le voglia male, ma no, io l'ho adorata nella Serenata di Bernstein (1999) e nel concerto di Sibelius con Salonen (2008).
    Ma qui sembra, sapete quando uno scrittore importante non ne vuole sapere di fare la nuova puntata di una saga ma gli offrono un dollaro a parola ?
    Peccato.
    Ma adesso mi ci vuole di corsa l'ascolto della Fuga dalla 2a Sonata di Tetzlaff, mi ci vuole di corsa !
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