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  1. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Grenzgänge: Frescobaldi To Pärt
    Alexandra Sostmann, pianoforte
    Prospero Classical, 15 ottobre 2021, formato 48/24, via Qobuz
    ***

    disco estremamente colto questo Grenzgänge (letteralmente valichi di frontiera) che si sporge su un panorama tastieristico originale, trascritto o riscritto che va dal primo barocco fino ai giorni nostri, da Frescobaldi - capostipite del contrappunto post-rinanscimentale - a Part e Ligeti.

    ci guida la sorridente Alexandra Sostmann che già si è dedicata su disco a voli del genere, partendo da contenuti barocchi per arrivare a rivisitazioni tardo-romantiche o post-romantiche, quando non atonali.
    Ha un tocco clavicembalistico, nitido e trasparente "come cristallo" secondo la recensione di BR Klassik.
    In questo viaggio si parte dalla rilettura opulenta di Ottorino Respighi della passacaglia di Frescobaldi (per organo all'origine) passando per una Canzona arrangiata da Samuil Feinberg.
    Una pausa di questo secolo con il #11 della Musica Ricercata di Ligeti (Omaggio a Frescobaldi, in italiano nel titolo originale) per andare al barocco originale del grande Froberger, allievo di Frescobaldi, di cui il giovane Bach trascrisse di nascosto le partiture nella notte per portarsele a casa nel suo celebre viaggio nelle cattedrali del Nord alla ricerca di ispirazione.
    E poi Bohm, Pachelbel oltre a naturalmente Bach, sia in originale che trascrittore (di Marcello ma solo del ... solito adagio) che trascritto da Feinberg e da Brahms nella celebre ciaccona per la sola mano sinistra.
    In mezzo quella gemma che sono le Variationen zur Gesunding von Arinuschka di Arvo Part (1953 ~200 anni dopo il Clavicembalo ben Temperato).
    Sono ricercari e ciaccone, le forme più raffinate di ricerca polifonica della musica barocca le cui radici risiedono in Frescobaldi e viaggiano nel tempo fino a Shostakovich e oltre, passando per Beethoven e Brahms in veste di fuga e fugati.
    Per la raffinata interprete è un viaggio tra mondi apparentemente distinti i cu confini invece diventano facili da varcare attraverso il suo portale pianistico.
    Grazie al gusto gentile e delicato di Feinberg in particolare ma anche di Brahms, che abbassò la ciaccona di una ottava per renderla più confortevole alle particolarità del suo pianoforte.
    Busoni avrebbe stonato in questa gamma di tonalità trasparenti mentre le apparenti lontane variazioni di Part con le loro inversioni e sfumature tra il basso e la voce ci stanno perfettamente.
    Registrazione di gran classe per un disco che consegno alla vostra curiosità (ma voi sapete quanto per me questa musica sia preziosa, una pagina più di tutte le mazurke, walzer e notturni del mondo).
  2. M&M

    Composizioni
    Composto tra il 1881 e il 1882, quando l'autore aveva 40 anni.
    La prima esecuzione avvenne a Mosca il 30 ottobre 1882.
    Il trio venne completato a Roma e la dedica è metà in francese, la lingua colta per i russi, e metà in italiano «A la mèmoire d'un grand artiste. Roma, gennaio 1882» ma in nessun modo si fa riferimento diretto a Nikolaj Rubinstein morto nel 1881 lasciandolo sottinteso.
    Si tratta di una composizione che spezza ogni tradizione, peraltro dalla mano di un compositore per niente legato alla musica da camera.
    I due movimenti sono contrapposti, il primo "Pezzo elegiaco" nel manoscritto, in tre tempi, appunto dall'elegiaco al Moderato assai all'allegro giusto finale (~18 minuti)
    Ma soprattutto il secondo movimento, un lungo tema seguito da variazioni, finale e coda (~15 minuti)
    Il pianoforte apre con arpeggi su cui si innesta il tema portato dal violoncello cui risponde nella seconda frase il violino.
    Continua così il dialogo tra i due archi con il pianoforte che ne sottolinea le trame e riempie di sonorità sommesse gli spazi, stretti, tra i due strumenti.
    Poi il violoncello sostituisce il pianoforte che invece riprende il tema iniziale su cui il violino ricama.
    L'atmosfera è dolente ma non tragica come si vorrebbe definire, il pianoforte aumenta di volume, idealmente cantando un dolore crescente.
    Ma subito dopo violino e violoncello riprendono a portare la musica in un crescendo di ritmo che lascia poco spazio al pensiero.
    Il piano riprende con forza martellante, veemente, cui si oppone solo il violino.
    Torna la calma con il piano che introduce la seconda parte melodica del violino, il violoncello intanto cade un pò in disparte, al servizio dei suoi pari.
    E' ancora il piano che da il ritmo nella parte più veloce ma anche un pò salottiera del primo movimento.
    Verso il minuto 7 riprende il dialogo tra violoncello e violino con altro materiale melodico derivato dai precedenti. E' una rincorsa tra le voci. Si sentono echi dai temi operistici di Chaikovsky, sembra di vedere in qualche momento Olga che si rivolge ad Evgenji.
    I toni sono più smorzati, forse nostalgici, di qualche cosa che non può tornare ma si ricorda con piacere. Il violoncello non forza mai e nemmeno il pianoforte. Il violino ha un assolto melodico dopo oltre la metà del movimento che termina in un sussurro tenuto.

    Ritorna il tema iniziale, ancora con il violino che lo canta dolente, il violoncello si aggiunge sui registri più gravi ma la parentesi dura poche battute e il violino cerca di stemperare i toni con più ritmo, sincopando il tema.
    Il finale è disteso, nell'allegro giusto ma nella realtà nasconde una certa parodia di marcia funebre.
    In sintesi abbiamo tre grandi temi con lunghe variazioni, un intreccio teso con fraseggi che variano di modulazione, i tre strumenti hanno ampio spazio anche di assoli lirici.
    Il Secondo movimento è diametralmente opposto, un tema portato dal pianoforte di derivazione popolare apre ad una serie di variazioni "non formali" veloci, frizzanti, travolgenti. Con tanto di valzer, carillon, tema con contrappunto e fuga elaborata (per Chaikovsky) e una variazione finale di proporzioni sinfoniche che mi sarebbe sempre piaciuto ascoltare orchestrata.

    La letteratura narra che l'idea del Trio che, come sappiamo era tra le cose più lontane dalla mente del nostro, venne dalla solita mecenate Nadezhda von Meck il cui musicista di casa, tale Claude Debussy, aveva deliziata con un frizzante trio con pianoforte.
    Piotr doveva alla von Meck l'indipendenza economica e quindi dovette abbozzare, trovando alla fine l'ispirazione di questa sorta di sinfonia da camera che coincise con la morte di Rubinstein, fondatore del Conservatorio di Mosca - il famoso Rubinstein che rifiutò di eseguire il Primo Concerto per pianoforte di Chaikovsky definendolo "ineseguibile e triviale" - cui l'autore era estremamente legato.
    Per esagerare l'aneddotica, Rubinstein era malato grave di tubercolosi e pensò che un soggiorno in Costa Azzurra l'avrebbe aiutato.
    Non ci arrivò mai, l'aggravarsi della malattia lo costrinse a fermarsi a Parigi dove spirò ingozzandosi di ostriche.
    Il fratello Anton insieme a Chaikovsky, ovviamente, si precipitarono per rendere omaggio alla salma prima che venisse caricato sul treno per Mosca.
    Chaikovsky fu devastato dalla perdita dell'amico. La precarietà della sua sfera sentimentale e personale gli fanno perdere del tutto l'ispirazione.
    Trascorre mesi senza una sola idea musicale.
    I loro trascorsi datavano oltre venti anni e nonostante le molte differenze di visione - Rubinstein molto tradizionalista, Chaikovsky più moderno ma anche più "occidentale" - li legava grande amicizia.
    Fu Rubinstein a chiamare Chaikovsky in Conservatorio come insegnante di armonia e sempre Rubinstein a presentare le prime musicali delle principali composizioni dell'amico.
    Anche dopo il primo giudizio sul concerto, fu Rubinstein a dirigere l'orchestra con Tanejev come solista alla prima esecuzione.
    Quindi la morte e la devastazione conseguente, lasciano lo spazio al tributo musicale per il suggerimento della von Meck e nonostante le ritrosie iniziali spiegate in questa lettera un pò delirante :
    "I miei organi uditivi sono fatti in modo tale da non poter assolutamente ammettere alcuna combinazione con un violino o un violoncello. Per me i diversi timbri di questi strumenti si combattono ed è per me, vi assicuro, una vera tortura ascoltare un Trio o una Sonata con il violino o il violoncello [...] Un Trio presuppone uguaglianza di diritti e omogeneità, come avviene nel Trio per archi. Ma come può esistere una tale omogeneità fra strumenti ad arco da una parte e il pianoforte dall'altra?"
    che poi all'atto pratico della composizione non pesano affatto.
    Lasciando l'aneddotica e ritornando alla composizione, si tratta di una architettura di tali proporzioni ed impegno da aver richiesto grandissimo sforzo nella stesura e di fatto è diventato l'archetipo/prototipo del trio elegiaco russo successivo, per Rachmaninov e per Shostakovich.
    Ma richiede particolare impegno degli interpreti nel non banale dominio della dialettica tra le voci per tutta la durata "sinfonica" della composizione.
    Esistono decine e decine di interpretazione nella nostra discografia, con esimi violinisti (Heifetz, Menuhin, Perlman) e violoncellisti (Piatigorsky, Rostropovich), pianisti (Rubinstein, Gilels) solo per citarne alcuni.
    Ma l'affiatamento e l'intesa richiesti per non disperdere il carattere della musica per tutta questa durata sono non comuni e richiedono grande frequentazione.
    Tra le tante io sono particolarmente legato alla edizione EMI del 1972 con Barenboim, Zukerman e Du Pré il cui legame era intenso sia sul palco che nella vita di tutti i giorni.
    L'intera performance è viva, vivace, intensa, passionale, appassionata ma allo stesso tempo rispettosa, aperta, decisa, inappuntabile.
    Dalle prime note del pianoforte che aprono l'elegia iniziale alle ultime che chiudono la coda finale con un passo di marcia funebre.
     

    la copertina del LP rimasterizzato digitalmente nel 1985 della registrazione originale dei tre amici (i due di sinistra all'epoca anche marito e moglie) come si può intuire i queste altre foto fuori scena durante la registrazione


    Ma, che diamine, basta citarli per emozionarsi, i tre che seguono in questa ripresa che unisce il trio di Chaikovsky con quello in mi minore di Shostakovich.

    Rostropovich gioca a scacchi con Leonid Kogan durante una pausa sotto lo sguardo divertito del loro amico Gilels.

    Una delle edizioni di questo disco, con registrazione del 1954, appena morto Stalin (e si sente).
    Di registrazioni recenti ce ne sono molte, non sempre su questi livelli irraggiungibili.
    Segnalo giusto questa con un Capucon in grande spolvero

    In conclusione, vi invito ad esplorare l'inconsueto trio di Chaikovsky che forse conoscete per Patetiche e Cigni ma non come camerista.
    E' inutile che vi stia a scrivere quanto io ami senza nessuna riserva questa grandissima opera d'arte.
  3. M&M

    Artisti
    Purtroppo di questi tempi tocca scrivere più necrologi che di nuove nascite. Siamo al culmine del cambio generazionale, purtroppo é così.
    Ci ha appena lasciati Nelson Freire, pianista brasiliano, interprete di rara umanità e sensibilità, formatosi in patria ma poi perfezionatosi alla scuola di Vienna con - tra gli altri - Friedrich Gulda, nella classe di Martha Argerich.
    Lascia grandissimi concerti e registrazioni strepitose che ci permetteranno di ricordarlo tutti i giorni (sto ascoltando il suo Bach mentre scrivo questo articolo).
    Qualche cosa che i pianisti di quella generazione non hanno trascurato ma che pare ai giovani contemporanei non interessi più, quasi come se il turbinio della vita quotidiana - tra aerei e jet-lag per dare concerti ogni tre giorni - sia la norma e non debba lasciare segni.
    Memorabili i suoi dischi con Chailly con la Gewandhausorchester


    ma in generale ogni pagina a cui si è accostato è degna di interesse per la sua visione nitida e umile.
      

     
    Grazie Maestro

     
     
  4. M&M
    Ricordo un vecchio film con David Niven che interpretava un ladro che dopo ogni rapina, fatta con garbo e stile, in condizioni ritenute impossibili per i ladri "professionisti", lasciava un biglietto da visita con scritto The Amateur (il film è Raffles del 1939 che deriva proprio da un romanzo dal titolo The Amateur).
    Il termine in inglese con evidenti derivazioni francesi e latine indica in una sola parola l'attività di uno che fa le cose per amore di farle, per passione.
    In italiano, quando ci si riferisce all'arte (non a quella dell'amore passionale a scopo ... sessuale quello richiede altre tecniche di ... caccia) esiste il termine amatore. Che avendo amore come radice, significa la stessa cosa. Amore per un'arte o una passione, praticata per puro diletto, non per professione.
    Allo stesso modo, dilettante, in italiano (in inglese si dice sempre amatuer, noi abbiamo una lingua più ricca) è chi pratica un'arte o un passatempo per puro diletto e divertimento, non per professione.
    La differenza qui, con un professionista, non è mai - non dovrebbe essere mai - né il tempo né la perizia dedicati a quella attività ma la mera differente finalità : per diletto (passione, amore, divertimento) da parte del dilettante, per soldi (professione, fatturare, incassare, vivere) da parte del professionista. 
    Il dilettante/amatore trae il proprio sostentamento da altre attività o mezzi, il professionista vive della sua attività che pratica quindi per vivere, non necessariamente perché gli piaccia o ne tragga diletto.
    Mentre al contrario non ho mai conosciuto un dilettante che faccia una cosa che non lo diverte per ... divertimento.
    Purtroppo nella gergalità quotidiana si usa il termine dilettante anche come dispregiativo, per indicare uno scarso che si dedica ad una certa cosa senza averne né competenza, né mezzi e spesso, malamente, non avendone nemmeno l'inclinazione.
    Questo deve essere inteso come un insulto e mai un dilettante dovrebbe riferirsi a se stesso in questo modo.
    Un dilettante fa le cose per diletto, per divertimento, per passione. Un amatore fa le cose esclusivamente per amore.
    Dimostrereste amore o passione per la cosa che fate se non vi dedicaste tutto quanto sia necessario ?
    Io credo di no. Io sicuramente no. Io pratico tutte le mie passioni con amore e slancio. Altrimenti non mi ci dedico oppure, più onestamente, vuol dire che non è vero che quella certa cosa mi appassiona, mi piace, mi diverte, la voglio fare.
    Non importa quale sia l'arte, il "passatempo", l'attività che si svolge per diletto. Sia la pesca in alto mare, la scalata senza corde o la fotografia (perché questo è un sito di fotografi per fotografi, no ?).
    Il dilettante spesso investe più tempo e mezzi del professionista. Che invece si limita a "spendere" solo il necessario per fare il lavoro che gli viene richiesto. Non un passo di più.
    Il dilettante spesso ne sa invece di più, anzi, spesso è anche più competente, interessato, più bravo.
    Insomma, non dite più di essere dei dilettanti della fotografia o dei foto-amatori se nella realtà non lo siete davvero.
    Magari siete solo vagamente interessati alla fotografia. O neppure, ogni tanto vi ricordate che riuscite a passare una mezz'oretta divertendovi fotografando.
    Ma questo non vi autorizza a dire che siete dei fotografi dilettanti, né dei foto-amatori.
    Siete delle persone comuni dotate di strumenti atti a fotografare. Tutta un'altra specie. Non necessariamente disprezzabile, ma sappiatene riconoscere la differenza.

    la copertina di Amateur Photographer, competentissima rivista di fotografia inglese dedicata ai più appassionati fotoamatori

    che in questa altra copertina si dedica all'arte della fotografia monocromatica, dalla ripresa alla stampa.
    Argomenti trattati con profondità, altro che dilettantismo !
     
  5. M&M
    I costumi sociali e i modelli di comportamento nella nostra società mutano con il mutare dei tempi.
    Da ragazzo uno status symbol era il lusso, per un uomo, una bella moglie, una casa da sogno, lo yacht, macchine sportive e in generale, tanto tempo per goderselo in vacanza.
    Vedevamo Raoul Gardini o l'avvocato al timone dello yach in crociera o addirittura in una regata

    Gianni Agnelli con i "nipoti" in crociera
    io avevo di Herberth von Karajan l'idea di quello che finite le prove con l'orchestra e il concerto, volasse dalla sua bionda moglie, il suo cane e le sue tante Porsche 911, 935 e 959 (quest'ultima fatta proprio  per lui)

     
    Quindi la possibilità di godersi le proprie ricchezze nel tempo libero, il coronamento di sforzi o l'essere arrivato.
    Oggi non sembra più essere così. E nemmeno i ricchi si godono più il tempo libero.
    Si vendono le case ad Hollywood, le automobili restano in garage e più in generale non si mostrano in giro o se lo fanno, corrono, scappano.
    Perchè ?
    Perchè sono impegnati.
    Anche su queste pagine, sempre più desertificate dall'assenza di molti iscritti di un tempo, il motto che si sente più frequentemente è "avessi tempo per fotografare", "quello che mi manca è il tempo", "lavoro 14 ore al giorno, 6 giorni su 7 e il settimo invece di riposare, lo dedico agli impegni di famiglia".
    Impegni, lavoro, problemi, niente vita sociale ma cene di lavoro, briefing, web call, telefono, whatsapp, teams.
    Secondo uno studio recentemente pubblicato della Columbia Business School, oggi questo "non avere tempo" ed essere "sempre impegnati", anche nel tempo libero (dove ogni attività diventa impegno oneroso, come il padel o correre la mattina per andare in ufficio in forma ...) è diventato uno status symbol
    Se uno non ha tempo né per se né per gli altri ed è impegnato tutto il tempo, allora è una persona di successo.
    Uno che lavora 20 ore al giorno è uno che viene ricercato.
    Se ci fate caso anche negli spot pubblicitari è così. Ogni scenetta o gag nasce da qualcuno - non necessariamente un manager, anche un semplice galoppino/galoppina - che non ha tempo nemmeno per ... stare male di stomaco o di testa.
    La pillola serve per poter tornare presto in forma, a lavorare o ad occuparsi di qualche altro impegno nelle tante attività extra-lavorative.
    Essere Busy è cool, è in, soprattutto, è giusto così.
    Avere tempo libero è da poveracci, falliti destinati al nulla.
    Premesso che rifiuto il concetto, sia come veniva presentato prima - ricco, si gode la vita - che oggi - ricco, lavora come uno schiavo 366 giorni l'anno - perché per me si lavora per vivere, mai e poi mai si vive per lavorare (almeno dai tempi della Prima Rivoluzione Industriale), ne sto scrivendo perché chi passa ci si soffermi.
    Certo ogni situazione personale fa storia a se ma i modelli in generale vengono costruiti per giustificare una situazione e renderla condivisibile.
    Una volta il modello di capitalismo accettato era quello che consentiva l'accumulo di ricchezze per poi godersele.
    Oggi si cerca di far credere che l'unico modo di arrivare sia il superlavoro, la quantità di ore di lavoro quotidiane, la velocità e il ritmo con cui si svolge il lavoro, il raggiungimento degli obiettivi (non importa se ir/raggiungibili) come unico godimento possibile.
    Non importa se nel mentre uno schiatta e non ci arriva nemmeno ad una pensione di merda maturata a 77 anni.
    Su questo le società di consulenza, le scuole per manager e le università stanno solo ricamando.
    E' uno stato di fatto che si cerca solo di testimoniare e giustificare.
    Così la gente ama vantarsi delle lunghe ore di lavoro e della mancanza di tempo libero. Condividendo questa condanna con gli altri, questa sembra diventare più lieve, guardando con incredulità a chi invece cammina a passo più lento.
    Di converso, se uno di successo non ha tempo libero, solo un povero sfigato si fa riempire il tempo libero di cazzate di nessuna utilità per la società, come ... fotografare, andare a pesca, al cinema o sognare di avere tempo libero per oziare, secondo il modello di consumo dato per normale fino a qualche anno fa.
    Magari ci giustifichiamo - mi ci metto anche io ma la questione alla base è opposta - tanto ci sarà in futuro. Quando ...
    Ma la verità è che è stato distrutto un modello e con esso una intera classe ... la famosa classe media (la vecchia borghesia) che alimentava tramite passaggio quella dei ricchi, almeno nei sogni che le consentivano di accumulare, risparmiare, consumare.
    Oggi si mangia per andare a lavorare. E non si dorme perchè si deve lavorare.
    E dove dobbiamo andare, a fotografare ?

    Nella realtà, non vi sarà sfuggito il mio pensiero, questo è giustificare lo sfruttamento delle risorse umane per cavare in ogni maniera soldi nella società del post-capitalismo.
    Come ? Sottodimensionando gli organici minacciando di dare il lavoro in outsourcing se non ci arrivi.
    Una cosa che andrebbe perseguita per legge, non issata a modello da seguire e giustificare.
    Altro che Status Symbol.
  6. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Daniil Trifonov : Bach, The Art of Life
    Deutsche Grammophon 8 ottobre 2021, formato HD, acquistato
    ***
    Un altro monumentale volume della visione di Trifonov dell'arte pianistica.
    Sono 2 ore e 16 minuti in totale.
    Il pezzo forte è l'Arte della Fuga, come il titolo del disco fa immaginare.
    Con tanto di Contrappunto #14 completato in forma "obbligata" dallo stesso Trifonov.
     
    Ma il percorso "di vita" per giungere all'opera capitale di Sebastian passa per brani dello stesso Bach - più lievi come alcuni della raccolta del Notebuch per la moglie Magdalena - e dei figli, tutti quanti, Emanuel, Christian, Friedrich, Christoph e Friedemann (se non ne ho dimenticato qualcuno).
    Con un intruso che ci sta come il cacio sul minestrone, il basso sassone Johannes Brahms e la sua trascrizione per sola mano sinistra della Ciaccona in re minore, che sostanzialmente è come se fosse una traduzione giurata dell'originale.
    Trifonov ha rilasciato interviste, video e i media hanno parlato a lungo di questo volume.
    Il progetto è nato dall'Arte della Fuga prima del periodo Covid su suggerimento del suo maestro Babayan che - giustamente - dopo aver visto il "mattonazzo" dedicato ai russi, intenso ma al limite dell'inascoltabile, uscito in precedenza - deve aver pensato che il suggerimento giusto fosse quello di far tornare Daniil alle origine.
    Cosa ti ha fatto sentire che era giunto il momento di affrontare The Art of Fugue?
    "Mi è stato suggerito dal mio insegnante, Sergei Babayan. Mi ha dato l'idea qualche tempo fa. Avevo molte altre cose su cui stavo lavorando, ma alla fine ho iniziato con The Art of Fugue . Certo, questo è un pezzo estremamente affascinante quando guardi la partitura e come lavorare con il materiale. Una cosa è scrivere una fuga su un singolo tema, ma un'altra è scrivere tanti contrappunti diversi così complessi usando lo stesso tema. È tutta un'altra lega di complessità polifonica."
    E in mezzo a tutto quel "Re minore" (compresa la Ciaccona) 
    "L'Arte della Fuga è un sacco di re minore, ed è una grande esperienza di ascolto, ma volevo mostrare alcuni altri lati della musica di Bach, e in particolare la musica dei suoi figli. Molti dei suoi figli stavano producendo musica estremamente ben scritta. C'è CPE Bach, ovviamente, ma anche fantastici pezzi di Johann Christian Bach, Wilhelm Friedrich Bach e poi anche Johann Christoph Friedrich Bach. E poi abbiamo il Quaderno di Anna Magdalena"
    Ancora, sulle origini del suo interesse per Bach 
    "Mi è sempre piaciuto suonare la musica di Bach, e questo è uno dei motivi per cui Tatiana Zelikman, la mia ex insegnante a Mosca, ha voluto che studiassi con Sergei Babayan a Cleveland: venerava così tanto il suo Bach. Con l'Arte della Fuga , una volta che inizi ad impararlo, ti attira e il tempo passa molto più velocemente rispetto ad altra musica. Per due periodi di due settimane – quando ho appena iniziato a impararlo e più tardi quando stavo per iniziare a suonarlo – è stato normale per me esercitarmi 8 ore al giorno, cosa che non consiglierei mai. Non ricordo che sia mai stato così con altra musica."
    Mentre sul completamento della parte incompiuta :
     
    Per la registrazione, hai completato tu stesso l'ultimo Contrapunctus XIV incompiuto. Puoi spiegare come ti sei avvicinato a questo compito?
    In realtà non ci sono molti modi per affrontarlo: c'è letteralmente solo una combinazione in cui ogni tema può iniziare che può far funzionare tutti e tre i temi. Una cosa che faccio, però, è usare le versioni invertite di tutti i temi, perché la cosa miracolosa è che funziona davvero! Questo è probabilmente il più grande vantaggio dall'apprendimento di questo pezzo e dalla scrittura di questo completamento. Non è stato così difficile da fare perché tutto è andato a posto. I temi e il contrappunto hanno molto senso e funzionano in qualsiasi combinazione, e anche nella versione retrograda [invertita]. Bach non l'ha usato in questa occasione, come ha fatto in Un Offerta Musicale , ma chi lo sa? Forse se fosse vissuto più a lungo avrebbe potuto farlo anche nell'Arte della Fuga .
    Devo ammettere che ho cominciato ad ascoltare il disco già questo venerdì con un certo scetticismo. Vinto subito dopo le prime pagine, effettivamente, lievi sia della musica dei figli di Bach che del loro sommo Padre.
    In particolare è stata una grande scoperta - limite mio - quello delle variazioni su "Ah, vous dirai-je, Maman" di Christoph, del quale ho ascoltato veramente pochissimo.
    Mano mano che ho ripetuto l'ascolto - non so quante volte - nell'arco del week end mi sono persuaso che questo è probabilmente il primo disco veramente convincente del "sudaticcio" Daniil che affronto in questo modo.
    L'Arte della Fuga non è rigida ed ascetica come quella di molti clavicembalisti ma non è nemmeno libera come quella di tanti pianisti russi. In questo probabilmente dobbiamo veramente ringraziare Babayan che oltre ad essere un pianista raffinatissimo è anche un didatta inestimabile.
    L'immagine che ci da Trifonov è rispettosa ma aperta, vitale, non da Finis Germaniae o Gotterdammerung.
    Il tocco è lieve, senza troppo pedale. I tempi liberi ma comunque asserviti a questo spirito del sublime senza troppo ... sublimare.
    In ogni nota c'è vita, come il titolo del disco vuole a questo punto sottolineare.
    Eppure in alcuni fugati non manca di entusiasmare, ben più che in Chopin o in Prokofiev per dire solo alcuni dei suoi ultimi, celebri tentativi.
    Chiude il disco un solenne Jesu Meine Freude, corale dalla cantata BWV 147 trascritto dalla dolcissima mano della Dama Myra Hess. Lieve come l'ultima neve di primavera che prelude al tiepido sole delle prossime stagioni.
    Peccato solo che questo tripudio di musica strepitosamente interpretata soffra del perpetuo limite di molte registrazioni pianistiche DG : microfoni ravvicinati, dinamica inesistente, rumori, compressione elevata, al limite del metallico.
    Daniil cambia etichetta, questi non ti meritano ...

    stampato anche in vinile

    una delle foto del libretto. Il mood è intonato con l'interpretazione. Bravo Daniil.
  7. M&M

    Recensioni : Pianoforte
    Chopin : Studi Op. 25, 4 scherzi
    Beatrice Rana, pianoforte
    Warner Classics, 24 settembre 2021, HD,via Qobuz
    ***
    Riconosco a Beatrice Rana una qualità unica per la sua generazione.
    Non è la tecnica solida e assoluta di cui è dotata, né il piglio deciso o il coraggio artistico.
    E' la maturità con cui affronta la musica che interpreta che la fa sembrare una pianista molto, molto più matura.
    Sarebbe facile affrontare gli studi Op. 25 (ok, è Chopin, non è Brahms e non è nemmeno Shostakovich) con virile veemenza, spazzando via pagine e note con la forza della gioventù.
    Tutta un'altra cosa però dire la propria con personalità, con un taglio originale e riconoscibile.
    In una parola con una maturità artistica sempre più difficile nel mondo di oggi dove gli interpreti girano come trottole per i teatri e le sale senza avere il tempo di smaltire nemmeno il jet-lag.
    Soprattutto considerando la sua età.
    Qualcosa che riconosco in ogni performance di questa pianista.
    Anche quando, come è in questo caso, il disco mi convince solo a metà.
    Insomma, cercherei questa quasi definitiva visione in Horowitz o in Richter, ma siamo ancora qui per maturare e crescere, nella vita come nella musica, no ?
    Oppure sono io che probabilmente cerco ancora il guizzo prima della parola fine.
    Probabilmente la spiegazione me la da la stessa interprete nelle sue parole nelle note di copertina, che riporto, tradotte dall'inglese :
    “Il mio rapporto con Chopin è iniziato relativamente tardi – il mio maestro, Benedetto Lupo, non ha voluto farmi conoscere il compositore all'inizio dei miei studi. All'epoca ero delusa e frustrato, ma ora posso capire il suo ragionamento. Ho iniziato a suonare i Preludi a 16 anni, e affrontarli prima di allora non sarebbe stato giusto per me. Chopin è riservato, visionario e misterioso – non certo un compositore facile da affrontare per gli esecutori, che richiede una grande quantità di preparazione e una ricerca approfondita. Ci sono elementi romantici nel suo lavoro, ma non è mai dolce o zuccherino: ha una potente sostanza musicale, persino feroce in alcuni punti".
    Ecco 16 anni forse erano ancora troppo pochi. E forse lo sono anche 28 per chiudere un discorso di questa portata. Che si potrà trovare da dire nei prossimi trenta anni ?
    Non si prestano a critiche ma molto meno "definitivi" i più complicati Scherzi, composizioni più difficili da capire ed interiorizzare su cui ci sarà tempo in futuro.
    Sarà magari la scusa per ripetere una prova già magistrale, forse troppo.
    Registrazione eccellente, senza ombre.
  8. M&M

    Recensioni : violino
    12 Stradivari
    Brani di Autori Vari per pianoforte e violino interpretati con 12 differenti violini Stradivari
    Janine Jansen, violino
    Antonio Pappano, pianoforte
    Decca , 10 settembre 2021, formato HD, via Qobuz
    ***
    Lanciato ad inizio estate con tanta enfasi e preparazione con l'anticipazione - in un teaser - del video della sua realizzazione.
    E' finalmente uscito il 10 settembre il nuovo album di Janine Jansen, dopo una discreta assenza dalle sale di incisione (sei anni come rimarca un pò tristemente la stessa Decca).
    L'antefatto è l'eccezionale occasione della presenza contemporanea a Londra di 12 dei più straordinari, storici e ricchi di vita musicale violini Stradivari.
     

    Ma sinceramente per quanto io sia innamorato - artisticamente - della grandissima Janine Jansen, il disco sarebbe anche potuto uscire tutto dalle note di un violino qualsiasi.
    Io non noto differenze tra i brani e del resto sarebbe una cosa sovraumana nel tempo di un paio di giorni, comprendere di ognuno la sua essenza e tradurla nel breve spazio di un brano di qualche minuto.
    Sono violini che hanno forgiato la leggenda di grandi della musica come Nathan Milstein o Ida Handel senza dimenticare, ovviamente, persino Fritz Kreisler.
    Pur con la modestia che si può usare in una occasione del genere, certamente unica, la stessa Janine che a mio modesto modo di ... sentire è cambiata come dal giorno alla notte quando ha potuto comprendere bene il suo precedente violino - una cosa che l'ha impegnata per un paio di anni - vista con gli occhi del poi, è sicuramente una operazione priva di senso. Marketing puro.
    Purtroppo la scelta di un programma, vario ed articolato ma terribilmente salottiero e di occasione, credo che abbia ancora di più mortificato i 12 strumenti.
    E in fondo anche gli interpreti. Con Antonio Pappano, brillante come sempre, che rimane sullo sfondo nel frattempo.
    A margine la storia di Janine che intanto si è trasferita a Stoccolma per poter lavorare senza le restrizioni anti-pandemiche dell'Europa Continentale, si è ammalata ma fortunatamente è guarita giusto in tempo per volare a Londra e realizzare il progetto che, come capirete, aveva tempi stretti per l'eccezionalità degli strumenti impegnati. Pensate al loro valore complessivo e al valore della sola polizza assicurativa stipulata per l'occasione.
    Ma musicalmente mi resta l'amaro in bocca, né le ultime uscite barocche - disponibili su Youtube - di Janine me lo telgono.
    Fortuna che quando mi serve posso ammirarla nel concerto di Britten o in quello di Prokofiev ... registrati anni fa.
     
  9. M&M

    Recensioni Cuffie
    HIFIMAN Deva è il secondo modello di cuffie bluetooth del marchio, dopo Ananda.
    Si avvale dello stesso approccio e punta alla flessibilità di impiego, potendo essere utilizzata in ogni campo :
    via cavo, con il collegamento tradizionale ad un amplificatore per cuffie via cavo USB come periferica collegata ad sistema pc/Mac wireless, collegata in Bluetooth 5.0 l'opzione bluetooth va in scena grazie ad un dongle aggiuntivo che sostituisce fisicamente il cavo audio tradizionale ed integra la porta USB che funge anche da ricarica, oltre ai comandi di connessione.
    E fin qui niente di straordinario. Ma quando aggiungiamo che si tratta - come gli altri modelli premium di HIFIMAN di un modello planare che utilizza la nuova versione del diaframma "supernano" per i suoi driver circolari e guardiamo il prezzo richiesto, sostanzialmente entry-level per il listino HIFIMAN, allora possiamo anche chiamarlo miracolo.
    Peraltro, mentre Ananda BT non ha opzione di collegamente fisico via cavo analogico, mentre Deva si, per tutti i casi in cui non c'è la possibilità di sfruttare una connessione wireless o per quando vogliamo gustarci il suono di un amplificatore analogico.
    Sostanzialmente Deva si inserisce sotto a Sundara e sostituisce idealmente la gloriosa HE-400 almeno in termini di prezzo di acquisto e di segmento.
    Ma con una flessibilità di impiego sostanzialmente migliorata.
    Ricordiamo però che Sundara e HE-400 di listino facevano 450 euro salvo promozioni in corso, mentre le Deva partono da 349 euro.
    Caratteristiche di base :
    cuffie ortodinamiche a diaframmi planari, circumaurali, aperte impedenza :18 Ohm peso : 360 grammi sensibilità : 93.5 dB innesto cavo separato TRRS 3.5 mm il dongle Bluemini aggiuntivo integra in appena 25 grammi di peso un ricevitore Bluetooth, uno USB  con ingresso di tipo C, un DAC e un amplificatore da 230 mw, oltre alla batteria in grado di assicurare circa 7-10 ore di impiego pratico.
    La decodifica avviene fino a 192 KHz/24 bit via USB e 96/24 via BT. Il chip impiegato è un Qualcomm CSR8675.

     
    Dal sito HIFIMAN, il diagramma del nuovo sottilissimo diaframma (comune con altre cuffie di fascia superiore dell'ultima generazione di HIFIMAN)


    dettagli del Bluemini, il dongle responsabile di tutta la parte wireless delle HIFIMAN Deva.
    Integrazione di livello assoluto a testimonianza dei soli 25 grammi complessivi di peso, connessione e involucro plastico compresi.
     
    Unboxing :
    La classica scatola nera HIFIMAN, molto solida

     

    che sia di fronte che dietro

    riporta le novità del "pacchetto", come la ricezione Bluetooth e la relativa codifica.
    Anche nell'interno la confezione è premium, analoga a quella delle HE-400

    la cavetteria disponibile (cavo audio con jack adattatore da 3.5 a 6.3mm, cavo USB morbido USB-A/USB-C da 2 metri) e il dongle che rende "attive" le cuffie

    il manuale dell'utente

    l'estetica si rifà nei colori a quella delle HE-1000 ma la forma dei padiglioni e la meccanica è analoga a Sundara ed HE-400.
    L'uso della finitura argento e nocciola certamente le rende moderne e vivaci.

    i padiglioni sono articolati con un giunto cardanico che rende mobile quanto basta il tutto perchè siano comode da indossare.
    L'archetto è morbido, imbottito e ben robusto.
    Se vogliamo trovare un appunto da fare ... le viti a vista. Che però rendono comodissima l'eventuale sostituzione di una parte danneggiata.

    sono cuffie aperte, ovviamente, come tutte le planari di questa serie e la parte esterna del padiglione è ben protetto da una griglia metallica a nido d'ape.

    il marchio DEVA è orgogliosamente esibito come negli altri modelli HIFIMAN.

    alla massima estensione della regolazione dell'archetto. A prova di teste "importanti".

    l'interno è morbido a contatto con la pelle. Il materiale sembra adatto anche ad usi prolungati.
    Io le ho usate mentre facevo una pedalata, senza sudare.
    Notate la lettera che evidenzia il canale Sinistro e ancora lo snodo cardanico dell'archetto.


    da quella scanalatura (sotto la lettera L) passa il cavo di collegamento all'altro padiglione. E' ben recesso quindi non prevedo che possa in qualche maniera essere danneggiato nell'uso.

    sempre nel padiglione sinistro l'unica connessione esterna, utilizzabile sia per il collegamento via cavo all'amplificatore che per inserire il dongle

    ancora l'esterno con il dongle montato, questa volta

    l'altro lato

    la parte di connessione, i led di conferma, i tasti di controllo

     
    Nel complesso l'impressione è ottima.
    Appena sotto, come costruzione, alle altre cuffie HIFIMAN che conosco, tipo Sundara e HE-400, ma comunque di livello superiore alla media delle cuffie di altri produttori.
    Se in passato HIFIMAN è stata criticata - non per il suono dei suoi prodotti ma - per la costruzione e i dettagli, già con la V2 della precedente generazione e con le nuove cuffie a partire da Sundara, le cose sono nettamente migliorate.
    Ricordiamoci sempre il prezzo di acquisto che per un paio di planari con il Bluetooth, potrebbero far lievitare il prezzo ad altri livelli ...
    Se posso fare solo un piccolissimo appunto, va all'adattatore jack da 6.3mm, benchè perfettamente funzionante, si innesta a pressione ma resta un pò staccato ed è poco pratico poi da sfilare.
    In altri modelli ho sempre apprezzato quello avvitabile. Ma è una cosa di poco conto.
    Misura :
    Collegate all'amplificatore dopo un breve ascolto per farmi un'idea, ho approfittato per misurare la risposta in frequenza utilizzando le mie "orecchi" miniDsp :

    la risposta mi ha subito confermato quanto il primo ascolto mi stava anticipando.
    Una resa molto completa per tutta la gamma, con un basso molto articolato, un medio molto chiaro e una gamma altissima per nulla aggressiva.

    risposta in frequenza pilotando le cuffie con il preamplificatore Audio-GD R28
    ma la vera sorpresa è stata la misura impiegando la connessione USB-C via dongle HIFIMAN.
    Considerata la differenza di potenza in gioco (il mio amplificatore spara fino a 7.5 Watt su 32 Ohm, mentre qui abbiamo 230 mw), sinceramente non mi aspettavo di vedere quasi una fotocopia :

    risposta in frequenza pilotando le cuffie con il preamplificatore Audio-GD R28 (in rosso) e pilotando le cuffie con il dongle in dotazione, collegate al mio pc via USB-C (in verde) 
    al netto delle differenze indotte da errori di misurazione, noto un leggero vantaggio sul basso nella misura con l'amplificatore desktop (in rosso) rispetto all'amplificatore del dongle (in verde) che si rifà invece allineando perfettamente l'attenuazione che invece vediamo nella risposta con l'amplificatore tra i 1500 2 i 2000 Hz, una sezione molto importante della gamma audio.
    Insomma, vuoi per l'ottimizzazione studiata dai tecnici, vuoi per la bassissima impedenza di queste cuffie, quell'affarino da 25 grammi riesce a far brillare delle cuffie che rispetto alla media hanno una sensibilità piuttosto bassa.
    Comfort :
    Pesano pochi grammi meno delle Sundara e la conformazione è simile.
    I padiglioni sono più comodi di quelli delle HE-400 ma non quanto quelli, più grandi delle Sundara.
    Con il Bluemini installato, anche se pesa solo 25 grammi, si sente lo sbilanciamento sull'orecchio sinistro.
    Ma non è un disagio insopportabile, dopo un pò non ci si pensa più.
    La pressione sulla testa e sulle orecchie non è impegnativa anche per lunghe sessioni di ascolto.
    In wireless non ci sono problemi anche muovendosi liberamente.
    I controlli sono facilmente accessibili ed è piacevole il suono di conferma.
    I pulsanti sono due, uno, più grande, serve per accensione, spegnimento e accoppiamento Bluetooth.
    Quello più piccolo vicino alla presa USB serve invece per attivare la ricarica. Perchè lasciando semplicemente collegate le cuffie la ricarica non si attiva.
    E naturalmente non si ricaricano mentre stanno suonando.

    Bella ed elegante con le sue tonalità a contrasto, calando la luce assume una forma più scura

    e ben si intona in un ambiente rivestito di legno

    in un contrasto tra hi-tech e stile. Un applauso ai designer HIFIMAN.
     
    Prova di ascolto :
    Ho ascoltato a lungo queste cuffie, sia in connessione analogica che in via USB che in Bluetooth.
    E poi ho voluto confrontarle, per dare un'idea a chi mi legge, con due cuffie molto differenti.
    Le mie Arya, modello HIFIMAN di fascia alta, il mio riferimento, e le AKG K712 Pro, cuffie di tipo monitor professionale, dinamico che all'epoca del lancio erano da considerare di fascia superiore, seppur di poco, alle Deva.
    Dico subito che l'impostazione del suono mi ricorda tanto le HE-400i V2 che ho avuto fino ad inizio anno.
    Il corpo sulla gamma bassa c'è tutto, così come l'estensione ben articolata.
    Il medio è chiaro e ben delineato mentre le alte e le altissime frequenze non sono mai fastidiose.
    Se vogliamo non c'è alcuna enfasi su nessuna gamma sonora ma il suono che ne esce è raffinato, chiaramente da sistema planare e mi piace più, nel complesso, delle Sundara che ho provato l'anno scorso.
    Dove quelle sono asciutte e necessitano di una discreta equalizzazione per equilibrarne il suono, queste sono già ottime come escono dalla scatola.
    La scena sonora è buona e non c'è quel fastidioso effetto di suono dentro alla testa.
    Non siamo a livelli di tridimensionalità esagerati ma direi che ci siamo. E molto bene.
    La gamma media, come dicevo, è dolce ma chiara, non ci sono tentativi furbi di addolcirla.
    Anche il volume prodotto è più che sufficiente e con la media delle registrazioni che ho usato, non c'è stato bisogno che raramente di andare oltre metà volume. Avendo abbastanza corpo sonoro da ... non poterlo sopportare a lunghissimo.
    Le voci femminili ben registrate mi pare che abbiamo tutto da guadagnare da queste cuffie.
    Come sapete, io ascolto al 99% musica classica ma queste cuffie vanno praticamente bene con ogni genere.
    Ma anche in impieghi meno "nobili" tipo Skype, i videogiochi con effetti sonori, i film, l'equilibrio di fondo, senza enfasi eccessive ma anche senza carenze di gamma, permettono una fruizione sempre adeguata alle aspettative.


    La batteria di ascolto che vede al confronto HIFIMAN Deva, AKG K712 Pro e HIFIMAN Arya.

     
    HIFIMAN Deva : L'ultimo disco di Silje Nergaard (jazz-vocal) mette in grandissima evidenza la voce della cantante ma con il pianoforte ben presente.
    Meglio ancora nel disco con accompagnamento ritmico del 2000 "Port of Call", dove la voce si evidenzia su un bel basso e sotto all'accompagnamento ritmico.
    AKG K712 Pro : pianoforte molto freddo ma realistico, si sente il respiro tra una frase e l'altra. Siamo all'apoteosi del suono "monitor" così come concepito da AKG.
    Nel trio, finalmente c'è basso serio mentre la voce "impertinente" di Silje sovrasta rullanti e piatti. La più interessante performance delle K712 in questa prova d'ascolto.
    HIFIMAN Arya: Più dolce delle altre, basso esteso fino all'estremo ma meno pieno delle altre due. Lei però è da baciare !
    Sibilanti che nelle altre due cuffie non ci sono.
     

     
    HIFIMAN Deva : Mark Knopfler non si fa tanto desiderare e dopo l'ingresso con la chitarra c'è la sua voce roca. Viene voglia di alzare il volume.
    E' un disco del 1985 ma molto ben registrato (e qui rimasterizzato). Bassi, medi, alti, perfettamente calibrati. Non si riesce a smettere di ascoltarlo
    AKG K712 Pro : meno coinvolgente nel complesso ma la voce di Knopfler è più separata dal resto, percussioni in grandissima evidenza, chitarra ancora di più.
    Il suono è freddo, diverso, non necessariamente spiacevole. Una interpretazione diametralmente opposta.
    HIFIMAN Arya: Brothers in arms, dolce e morbida con la ritmica alta sulla testa. Suono compatto, denso, convincente.

     
    HIFIMAN Deva : Il violino milanese Testore del 1751 che suona Franziska Pietsch ha una voce metallica, fredda che contrasta molto con i toni mediterranei della sonata per violino di Ravel.
    Il pianoforte che l'accompagna è meno brillante perchè suonato in modo da non sovrastare il violino.
    AKG K712 Pro : resa simile ma devo alzare il volume per sentire lo stesso equilibrio. Il violino è più chiaro, meno metallico, più in evidenza. Però il suono è elegante, leggero.
    HIFIMAN Arya: anche qui il violino non è metallico come con le Deva, anzi, è dolce, e il pianoforte è dolcissimo. Il suono è veloce, delicato.

     
    HIFIMAN Deva : L'ultima follia di Teodor Currentzis e la sua visione della Quinta Sinfonia di Beethoven. Equilibrio tonale perfetto con evidenza di bassi e un pieno orchestrale maestoso.
    Buona l'estensione della scena sonora verso l'esterno.
    AKG K712 Pro : c'è meno impatto sebbene il volume sia più alto. La tessitura dei violini però è precisissima, così come le armoniche superiori dei fiati.
    E come se ci fosse una lente di ingrandimento sulla parte destra delle spettro e quella sinistra fosse un pò compressa.
    HIFIMAN Arya: suono ampio, da sala da concerto, senza essere artificiosamente spettacolare. Nel terzo movimento si sente ogni singolo strumento.

     
    HIFIMAN Deva : Il Bach "spectacular" di Ton Koopman in edizione 96/24 è brillante, chiaro, veloce. Si vorrebbe forse un pò più di pedale ma quello non manca certo nella Passacaglia in Do minore che chiude il disco.
    AKG K712 Pro : Il basso c'è ma è indietro. Invece è presente l'altissimo. Il suono è squilibrato e si vorrebbe intervenire sull'equalizzatore. Solo che per evitare ogni forma di contaminazione ho voluto fare questo confronto senza alcun filtro in mezzo, usando direttamente il driver audio corrispondente.
    HIFIMAN Arya: Eccellente l'organo, il basso c'è ma è il pieno che evidenzia uno spessore concreto in cui si sente ogni singola voce.

    HIFIMAN Deva : Chiudo con A star is born di Lady Gaga. La chitarra è qui da qualche parte. La voce dell'insospettabile Bradley Cooper mi sembra un filo troppo nasale, un pò sbilanciata sui medio-alti.
    Lady Gaga è perfetta, emozionante, con un filo di eco e il violino di sottofondo. Basso privo di code e di riverberi. E lei sale sulle scale verso il cielo.
    AKG K712 Pro : Shallow è meno emozionante, più monitor con le AKG. La chitarra è chiara, la voce di Bradley più sottile più di gola. Lady Gaga si stacca dal resto della musica.
    Ma è indietro rispetto a prima. E ancora il resto è tutto più sottile.
    HIFIMAN Arya: la scena è lo stadio, larghissima, ampia, aperta. La voce di Bradley finalmente quella che ricordavo nel film. La chitarra non così in evidenza ma delicatissima, insomma non sfigura con Lady Gaga che quando entra strappa i dovuti applausi.
    Anche qui, lei può cantare quanto più in alto vuole, Arya la segue anche più su. Le due voci insieme sono ben amalgamate.
     
    Tirando le fila e con la naturale soggettività di un confronto del genere posso dire che le HIFIMAN Deva offrono una prestazione equilibrata in ogni tipo di musica, con un suono che tende al pieno, privilegiando basso e medio, con le altre non troppo evidenti e sempre senza sibilanti.
    La performance è più accattivante di quella della K712 di AKG che hanno proprio una impostazione differente, con il medio indietro e l'alto crescente. E' il suono monitor mitteleuropeo, pensato per non appesantire l'udito in sessioni di lavoro/ascolto, lunghissime.
    Rispetto alle Arya - che ricordiamo, costano 5 volte tanto - sono sulle prime più spettacolari e più accattivanti.
    In una commutazione rapida potrebbero spesso piacere di più. Ma il suono delle Arya è più raffinato per orecchie educate, la trama di medio e alto é di una grana di una classe superiore e il basso è più esteso anche se sembra meno possente.
    Nel caso dell'organo, per esempio, non c'è confronto. Ma anche nella musica da camera e sulla voce femminile ben registrata.
    Ma non tutti saranno capaci di capirlo senza un ascolto prolungato. Cosa che promette benissimo per le Deva visto che per comprarle non si deve prosciugare il conto in banca.
    La cosa sorprendente invece è che nel confronto ho usato l'amplificatore per le due cuffie tradizionali e il Bluemini per le Deva. Ma era la Deva che suonava sempre più forte.
    Con un filo di corrente queste cuffie si permettono anche di fare la voce grossa.

     
    Interfacciamento :
    Le ho usate con l'amplificatore in modalità ad alta corrente. Neanche una piega (e i watt che è capace di erogare quello sono tanti).
    Con l'iPhone e con il tablet Android in Bluetooth.
    Con il computer desktop usando servizi di streaming.
    Con il Fiio X5 e il suo amplificatore incorporato.

    Risultano sempre un carico facile capace di suonare forte se si vuole.
    Credo che non saranno mai un problema per nessuno in nessuna circostanza.
    Conclusioni :
    PREGI
    sono belle e ben costruite capaci di un suono di classe come tutte le planari HIFIMAN sono flessibili, in grado di essere collegate sia con il cavo che wireless sono semplici da usare e non richiedono procedure complesse. Quando si vuole ascoltare musica sono li pronte ad accontentarti il suono è chiaro, potente, basta un filo di corrente per farle suonare forte. L'impostazione sonora dovrebbe soddisfare tutti quelli che hanno orecchie buone. Un pochino roche con una risposta che sembra pennellata sulla curva Harman non richiedono assolutamente nessuna equalizzazione : suonano bene al naturale e tolte dalla scatola non mi sembra che abbiano richiesto un rodaggio.
    Dopo tante ore di impiego suonano ancora uguale rapporto prezzo/prestazione semplicemente eccezionale. Anzi, miracoloso. Non costano poco in assoluto ma con questi soldi è già difficile trovare delle planari decenti, figuriamoci wireless e di questa qualità DIFETTI
    il dongle Bluemini è piccolo, compatto, leggero ma comunque un pò squilibra la tenuta sulla testa non sono comode come le Sundara e molto più scomode delle altre due cuffie con cui le ho confrontate (ma c'è di peggio, molto peggio, ve lo assicuro) il cavetto USB in dotazione è bello, molto morbido, forse potrebbe essere un metro più lungo per dare un pò più di libertà. Ma probabilmente sono cuffie che sono state concepite per un uso wireless prevalentemente l'adattatore jack da 6.3 mm non mi ha convinto, non è a vite, si infila ma sembra che non sia del tutto a posto. Solo una questione estetica che di sostanza. Ma ci sta anche questo. In estrema sintesi, credo che tutto sommato, partendo dalla flessibilità unita all'alta qualità del suono, la possibilità di funzionare con qualsiasi sorgente, a questo prezzo siano regalate e una eccezionale offerta.
    Speriamo che HIFIMAN non ci ripensi e ne aumenti il prezzo.
    Le Ananda suonano meglio ? E' possibile. Ma quelle non sono per tutti.

     
    Modificato 26 Maggio 2020 da Florestan
  10. M&M
    „Il parere di 10.000 uomini non ha alcun valore se nessuno di loro sa niente "
    —  Marco Aurelio

    Sinceramente questa frase potrebbe essere il fondamento del politicamente scorretto.
    Ma è una verità semplicemente sconcertante che non dovrebbe invece offendere nessuno.
    Per me è puro Vangelo (cit. Gianluigi Bonelli, quello di Tex Willer)
  11. M&M

    Recensioni : Novità dell'anno
    Recensioni e impressioni rapide di dischi ascoltati durante il 2018.
    Non si tratta di "veline" o di segnalazioni di uscite ma di ascolti che abbiamo fatto, tutti con un sommario giudizio preliminare.
    Le troverete, giorno per giorno, nei commenti di questo articolo.
  12. M&M

    Recensioni : Novità dell'anno
    Recensioni e impressioni rapide di dischi ascoltati durante quest'anno (magari in attesa di un approfondimento o magari no, dipende).

    Bach : Cantatas for soprano
    Carolyn Sampson, Andreas Wolf
    Freiburger Barockorchester, Petra Mullejans
    Harmonia Mundi 2017
    Carolyn Sampson ha una delle voci più angeliche del panorama barocco odierno.
    La scelta di queste tre cantate (BWV 202, 152, 199) la mette in evidenza.
    Molto bravo anche il basso Andrea Wolf (cfr. duetto della 152).
    Un buon disco da cui cominciare l'esplorazione delle cantate di Bach.
    by Hannes
    ***

    Balbastre
    Pieces de clavecin - Livre I
    Christofe Rousset
    Apartemusic 2017
    Disco di un autore francese attivo nella seconda metà del 18° secolo, registrazione di ottimo livello, strumento originale, che segna il ritorno del grande Rousset alla tastiera dopo le molte prove alla guida di complessi barocchi.
    E' il primo libro, quindi si annuncia una coda futura.
    Registrazione "sontuosa", disponibile in formato 96/24.
    Per la stessa etichetta Rousset ha registrato il Clavicembalo ben Temperato di Bach e dischi dedicati ad altri francesi (Couperin e Duphly).
    by Hannes
    ***

    Marianne Crebassa e Fazil Say
    Secrets - French Songs (Debussy, Ravel, Fauré, Duparc) - Fazil Say
    Erato 2017
    Non è - in generale - il mio repertorio favorito ma segnalo questo disco delizioso a chi ama la canzone classica francese.
    La Crebassa le interpreta in modo egregio e Fazil Say l'accompagna da par suo.
    Bella registrazione in 96/24
    by Hannes
    ***

    Johannes Brahms
    Quintetti per archi
    WDR Symphony Orchestra Cologne Chamber Players
    Pentatone 2017
    I musicisti da camera dell'orchestra sinfonica della radio di Cologna (au quali consiglio di adottare un nome più sintetico e facile da ricordare) sono tutti professori d'orchestra e hanno un calendario di concerti all'interno della normale stagione concertistica. Sono qui alla loro prima incisione  e ci regalano un interpretazione intensa e esuberante di questi capolavori del repertorio cameristico brahmsiano.
    by Johannes
    ***

    César Franck, sonata per pianoforte e violino - Ernest Chausson, Concerto per pianoforte, violino e quartetto a corde Op.21.
    Isabelle Faust, violino, Alexander Melnikov, pianoforte, Quartetto Salagon.
    Harmonia Mundi 2017
    Isabelle Faust e Alexander Melnikov interpretano quelle che sono le opere universalmente più conosciute del compositore belga César Franck e del francese Ernest Chausson (accompagnati nel Concerto dal Quartetto Salagon). Melnikov suona un pianoforte Erard del 1885 e questo conferisce un'atmosfera particolare alla loro interpretazione, caratterizzata da un approccio riservato e intimista.
    by Johannes
    ***

    Felix Mendelssohn
    Sogno di una notte di mezza estate
    London Symphony Orchestra, Monteverdi Choir, John Eliot Gardiner
    LSO Live  2017
    Nel contesto dell'integrale delle opere sinfoniche di Mendelssohn, Gardiner ci regaIa un'interpretazione fresca e frizzante del Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn.  Consigliatissimo, uno dei miei dischi preferiti del 2017.
    by Johannes
    ***

    Antonin Dvořák
    Quintetti Op.81 e 97
    Pavel Haas Quartet, Boris Giltburg (pianoforte), Pavel Nikl (viola)
    Supraphon  2017
    Non sbaglia un disco il Pavel Haas Quartet e questa incisione di fine 2017 non fa eccezione. Accompagnati dall'ottimo pianista israeliano Boris Giltburg nel quintetto per pianoforte Op.81 e dal violista Pavel Nikl nel quintetto per archi Op.97, ci offrono una lettura appassionata, fluida, scorrevole, che scalda il cuore.
    by Johannes
    ***
  13. M&M
    il Marshall Woburn multiroom oggetto di questa prova, in mezzo alle mie cuffie 
    Marshall ... Marshall ... Marshall ... Marshall ?
    Se a sentire nominare Marshall vi sono venuti in mente gli amplificatori per strumenti musicali da palco e da studio, avete perfettamente ragione.
    E' la stessa cosa che ho pensato anche io mentre ero in visita ad Mtrading che si occupa della distribuzione di prodotti home dello stesso marchio
     
    nella realtà qui stiamo parlando di apparecchi prodotti sotto un cappello diverso, precisamente Marshall Headphones e pensati, per l'appunto, per applicazioni personali.
    In particolare qui parliamo di speaker amplificati utilizzabili sia con connessione tradizionale (il cavo) che senza cavo (con connessione bluetooth e/o wifi).


     
    nello specifico qui abbiamo due famiglie di speaker sostanzialmente simili, tutti, anche il più piccolo, che richiamano l'iconico aspetto degli amplificatori/speaker Marshall che troviamo nei negozi per strumenti musicali.
    Le due famiglie si differenziano per la possibilità di collegamento. Con 50 euro di differenza si può scegliere tra la connessione solo bluetooth, oppure per quella più completa in wifi.
    Diciamo che il bluetooth, semplicissimo da utilizzare, si presta a soluzioni personali di connessione con i propri dispositivi (tablet, smartphone, tv) mentre il wifi consente impieghi più evoluti e a anche distribuiti, come soluzioni combinate nello stesso ambiente o in ambienti differenti, a seconda delle necessità.

    una possibile distribuzioni di speaker Marshall Multiroom, anche di modello differente a seconda delle necessità di sonorizzazione delle singole stanze di un ipotetico appartamento tipo. Tutti controllabili in sincrono da una singola sorgente.
    Per questo test ho ricevuto il top di gamma, il Woburn multi-room. Avendone solo uno nella realtà io l'ho ovviamente impiegato come un singolo speaker.
    L'ho trovato "programmato" per rispondere alla voce "soggiorno", facendomi così immaginare il caso di una abitazione, anche su livelli distinti, cui possano rispondere, ovviamente in wifi, superando i vincoli di "visibilità" diretta e di portata ridotta del blue-tooth, anche attraverso pareti e pavimenti.
     
    Il mio modello è nella classica finitura nera, ma esistono anche quelli in beige per un più flessibile inserimento tra ambienti di stile diverso.
    Sembrano pensati per un loft di Soho o di Brooklyn ? Ma certo, cosa c'è di più iconico di uno speaker Marshall.
     
    Caratteristiche e aspetto esterno

    lo scatolone è gigante e già alla prima presa si nota la consistenza. Questo speaker è fatto di sostanza, pesa 8 chilogrammi 8.

    l'aspetto replica effettivamente sia nelle forme che nella consistenza e soluzioni gli amplificatori Marshall.
    Tutte le superfici sono ricoperte di materiale vinilico morbido ma al tempo stesso robusto.
    I piedini sono solidi. Ogni spigolo smussato.
    I comandi sono sopra, in un incavo che li mette al riparo dagli urti
     

    e sembrano effettivamente di ottone ricavato dal pieno.
    Le indicazioni, le serigrafie e i led sono bel leggibili.
    Accanto alle manopole c'è anche un ingresso AUX per collegare eventualmente via cavo diretto un dispositivo audio con una uscita con il normale jack da 3.5mm.
    La griglia anteriore è un capolavoro con la sua cornicetta dorata ed oltre a proteggere adeguatamente gli altoparlanti (tutti presenti sul frontale : due woofer da 5.5 pollici e due tweeter abbinati) donano allo speaker il classico aspetto che è al tempo stesso rétro e senza tempo.
    Io lo immagino poggiato su un frigorifero Kennedy o Generl Electric bombato ad un'anta sola, beige, in un loft invaso dalla luce del mattino.

    il retro è caratterizzato dalle tante viti a vista - retaggio della costruzione professionale - e dai due fori reflex dell'accordo dei due woofer.

    più in basso il reparto connessioni fisiche viene completato da due ingressi RCA e una presa USB.
    L'alimentazione è integrata - quindi niente trasformatori volanti - con uno spinotto tipico di questo genere di apparecchi.


    perdonatemi se in queste foto non ho tolto la polvere. Volevo dare l'impressione dell'apparecchio rustico che lavora in ogni condizione.

    dettaglio di uno dei due raccordi reflex.
    Al tatto la consistenza della finitura superficiale ricorda quella dei rivestimenti interni delle automobili, ma estremamente più robusta e del tutto indifferente ai graffi.
    Per intenderci sulle dimensioni, una foto artistica con davanti allo speaker un modellino Mercedes in scala 1/18 (circa 22 cm di lunghezza).
    Non stiamo parlando di una cassa ma di un "cassone" !

    Ancora un dettaglio - bellissimo ! - della sezione di controllo con le solide e pratiche manopole dorate

    All'aspetto robusto e duraturo, fa eco un elenco di caratteristiche che fanno somigliare questo speaker più ad un monitor professionale che ad un altoparlante casalingo. Se avete presente certe realizzazioni giapponesi, anche di marchi famosi del mondo dell'hifi, le proporzioni sono tali da far pensare a certe teen-ager emaciate che non vedono il sole dalla nascita, al confronto di una californiana tutta palestra e tavola da surf con i Rayban e la canotta che mette in mostra i muscoli dell'addome perfettamente scolpiti.
    Abbiamo detto 8 chilogrammi di peso, 40x30x20 cm, 110 watt totali in classe D (2x40 watt per i due woofer e 2x15 watt per i due tweeter : in realizzazioni simile a volte si trovano 15 watt in tutto), alimentazione autoswitching integrata (100-240 V). Wifi a 2.4/5 GHz, bluetooth, connessione compatibile con lo standard 802.11 b/g/a/n, connettività Airplay, Chromecast, Spotify integrati.
     disposizione degli altoparlanti sotto alla griglia di protezione.
    Suono
    Dunque, in estremam sintesi suonano forte. Molto forte. Anche con il volume al minimo sono potentissime e fanno pensare alla capicità di sonorizzare ambienti molto ampi anche in occasioni di party o piccole feste (ma in caso non bastasse uno solo ... si può esagerare aggiungendone un altro sincronizzato con il primo, lo sapete vero ?).
    Il suono è di chiara impostazione USA : bassi potenti ed evidenti, alti in ritirata, medi un pò nascosti.
    Una volta ascoltati ho voluto misurarli con gli strumenti che uso normalmente per l'HI-FI per capire specialmente le capacità di intervento dei controlli di tono.
    Misure di risposta in frequenza
    Microfono miniDSP Umik-1 posto a circa un metro davanti al diffusore.
    Diffusore posto su piedestallo a circa 120cm da terra e 120 cm dalle pareti più vicine
    controlli dei bassi e degli alti sul massimo

    andamento ammorbidito secondo principi di psicoacustica

    qui i controlli dei bassi ai minimi

    bassi e alti ai minimi

    bassi a +4, alti +6

    e devo dire che le misure rispecchiano esattamente le mie impressioni di un basso immanente e una risposta calante nel complesso.
    L'intervento dei controlli di tono è piuttosto flessibile e questo consente di ritagliarsi la risposta che è più congeniale ai nostri gusti e al genere musicale che ascoltiamo (io li ho provati con del buon vecchio rock anni '80 !).
    Posato a terra il basso è proprio esagerato e la presenza degli accordi reflex sul posteriore dello speaker mi porta a pensare che addossato ad una parete non renderà al massimo, salvo che non ci piacciano in misura smodata i bassi.
    Idealmente lo vedo posizionato il più possibile lontano da parte e da una altezza di almeno un metro dal pavimento. Perfettamente a suo agio sopra ad un mobile in uno spazio piuttosto grande.
    Sinceramente per ambienti piccoli, più tipici dei nostri mono e bilocali, credo sia più sensato indirizzarsi verso i due modelli più piccoli che immagino manterranno le stesse impostazioni ma con un pò meno di basso.
    Ovviamente non si deve leggere come critica, il suono è veramente molto forte, chiaro, vecchia scuola (intesa in senso positivo).
    Ma questo è un sito dove prima di ogni cosa apprezziamo la buona musica e la riproduzione al meglio della stessa nei nostri impianti.
    Ed immaginando questo Marshall Woburn come unico sistema di diffusione della casa, mi piace anticipare ai potenziali acquirenti anche quelle che saranno le migliori soluzioni di posizionamento.
    il trio degli speaker Marshall bluetooth/multiroom/wi-fi
    Un ultima parola sulla connettività e sulle applicazioni.
    Come ho anticipato, avendo un solo apparecchio, non ho potuto simulare una reale situazione multiroom.
    In bluetooth nessun problema. Sia dall'iPhone che da un tablet Android, connessione immediata e speaker utilizzato come semplice estensione del sistema in maniera del tutto trasparente.
    Idem per quanto riguarda Airplay e Chromecast via APP di terzi.
    Un pò meno bene per la gestione e connessione con le APP proprietarie di Marshall che mi sono sembrate un pò meno user friendly.
    Probabilmente un aspetto da migliorare per il futuro. Compito relativamente facile -se riscontrato necessario in generale - in quanto semplice aggiormanento software senza interventi sullo speaker.
    Andando al complessivo dell'esperienza d'uso direi :
    A favore
    sicuramente l'aspetto se trovate accattivante questo stile (io certamente si, rispetto, ad esempio, alle soluzioni "efebiche" di concorrenti tipo Sonos o Denon o altri marchi hifi) la costruzione e la robustezza di livello realmente professionale (un termine che qui non è affatto usurpato, avendo il marchio quelle radici li !) potenza e suono (specie se indirizzati ad ambienti medio-grandi e generi che privilegiano la risposta sui bassi come il rock tradizionale, l'heavy metal, la musica sinfonica e il jazz delle grandi orchestre) la connettività e l'alimentazione integrata disponibilità presso la grande distribuzione online e nelle principali catene di elettronica di consumo A sfavore
    la mancanza di alcuni comandi fisici e la necessità di programmazione via software di funzioni basilari, in generale il sistema di selezione delle sorgenti non mi ha convinto del tutto le APP Marshall mi sembrano perfettibili il prezzo è adeguato alla classe dell'apparecchio (4 altoparlanti, 4 amplificatori, un mobile degno di un sistema professionale) ma pensare ad un sistema multi-room con questi pezzi è decisamente un investimento le dimensioni di questo apparecchio vanno valutate attentamente prima dell'acquisto e per certi ambienti o utilizzi prettamente personali, sarà meglio indirizzarsi verso i modelli più compatti, probabilmente meglio posizionabili nel proprio spazio di ascolto  
    ma in estrema sintesi considero i punti a favore di gran lunga più importanti dei limiti che ho notato, magari del tutto legati al mio approccio o abitudini d'uso di apparecchiature audio. Sono certo che molti se ne innamoreranno al primo sguardo, senza nemmeno ascoltarli.
    Mentre altri li detesteranno proprio per quell'essere sfacciatamente Born in U.S.A.
    E complimenti a Marshall e ad Mtrading che li distribuisce in Italy.
  14. M&M

    Recensioni Audio
    Conosco e utilizzo da anni gli apparecchi Audio-GD. E' un costruttore cinese fondato da un progettista che ha fatto esperienza negli Stati Uniti (lavorando alla Krell) e che poi ha deciso di mettersi in proprio.
    Molto dinamico, ha nella produzione dei DAC (convertitori da Digitale ad Analogico) il suo fiore all'occhiello ma oggi ha un catalogo molto ampio.
    Ogni apparecchio è caratterizzato soprattutto da una topologia elettronica (molto) dimensionata, puntando soprattutto alla qualità degli stadi di alimentazione - separati, sovradimensionati e generalmente in classe A - e di uscita (per lo più a discreti).
    L'impostazione estetica è spartana, da strumento di misura, l'aspetto non va oltre l'essenziale e non va d'accordo con esigenze di stile dei soggiorni alla moda, anche i comandi sono il minimo indispensabile per un corretto funzionamento.
    Ma la sostanza c'è, così come l'aggiornamento della linea dei prodotti costantemente allineata con i progressi della tecnologia sottostante.
    La caratteristica di base degli apparecchi progettati da Qingwa è quella di appagare l'orecchio, in somma, non l'occhio e nemmeno le aspettative dei misuroni. Anzi, parametri come la distorsione armonica vengono utilizzati per scopi sonori e non per risultare perfetti al banco di misura.
    Partiti da un rapporto qualità/prezzo eccezionale, per la quantità di componentistica di alto pregio utilizzata, restano ancora molto competitivi, sebbene nel tempo i prezzi siano stati adeguati via via alle potenzialità di un mercato che ha visto l'export premiare molto questo giovane marchio.
    Sulla longevità ed affidabilità, posso testimoniare che il mio DAC (da 15 chilogrammi, bilanciato e in Classe A, con 3 alimentatori separati già a partire dai trasformatori) NFB 7.1, è stato in servizio dal 2012 allo scorso Natale, quando dopo aver ascoltato il Master 11S di Eusebius, mi sono reso conto cheil suo suono poteva oramai considerarsi datato ...
    Il Master 11 è intanto uscito di produzione perchè sono oramai introvabili i suoi moduli integrati, quindi mi sono concentrato sui nuovi convertitori R-2R a discreti con moduli progettati e costruiti internamente da Audio-GD.
    In particolare ho scelto l'unico all-in-one (preamplificatore, convertitore, amplificatore per cuffie) disponibile attualmente in questa linea di prodotti.

    Che cos'è ?
    Dunque, si tratta di un preamplificatore/convertitore digitale che integra anche un amplificatore per cuffie ad alta corrente.
    E' interamente bilanciato dal'ingresso all'uscita (sia lato linea che lato cuffie).
    Di dimensioni tutto sommato compatte rispetto ad altre soluzioni dello stesso marchio (unico telaio da 36x36cm per circa 7.5 chilogrammi di peso) e di prezzo intermedio rispetto alla gamma Audio-Gd.
    Gli ingressi digitali sono completi (USB a basso jitter e isolamento galvanico, presa SPDIF, ingresso HDMI, coassiale), sono presenti anche diversi ingressi analogici per le funzioni di normale pre-amplificatore (compreso quello proprietario ACSS che è equivalente a quello di Krell).
    Le uscite analogiche sono sia bilanciate che sbilanciate.

    l'alimentazione è ovviamente integrata, la presa è nel posteriore.
    E' possibile utilizzare l'R28 anche come semplice DAC escludendo la parte pre.
    In questo caso l'uscita sarà fissa e non sottoposta al controllo di volume.
    Internamente l'apparecchio è diviso fisicamente tra la parte di alimentazione e quella di conversione e preamplificazione

    come si vede il trasformatore è sovradimensionato per le esigenze effettive di corrente di un DAC e lo stesso vale per il livellamento e la regolazione delle tensioni.
    Come funziona ?

    Dalla immagine sopra possiamo distinguere nella parte destra due moduli DA-8, che sono gli effettivi convertitori, i due gruppi di relais che si occupano della regolazione del volume in uscita e al centro, il modulo di ingresso USB che utilizza un chip Amanero in grado di gestire sia il PCM fino a 384KHz che il DSD in formato nativo.
    I moduli DA8 lavorano in parallelo, divisi per canale e si occupano della effettiva conversione da digitale ad analogico.
    Svolgono in formato discreto quello che in altri convertitori viene svolto da chip integrati (tipo quelli prodotti da ESS, AKM, TI, Wolfson).
    La topologia, chiamata a "ladder" o R-2R prevede una maglia di resistenze di precisione che lavorano sul segnale in successione.
    Questo schema è stato proposto da MSB sul finire ... del secolo scorso, con moduli proprietari inseriti nei suoi multimilionari convertitori, con lo scopo di superare i limiti di natura sonora dei convertitori integrati che per le orecchie di molti continuano a suonare in maniera ... troppo digitale.
    Non mi addentrerei oltre su questo fronte in quanto ognuno ha le sue orecchie e le sue opinioni al riguardo.
    Io posso testimoniare che il passaggio dal SABRE ESS 9018 del mio precedente DAC a questo genere di convertitori è avvenuto in maniera del tutto naturale, perchè mi pare molto più naturale il suono proposto da questi apparecchi.
    Qingwa, molto onestamente, dice che, volendo si può "addomesticare" il suono di un ESS 9038 perchè suoni più dolce e naturale. Sinceramente gli dò credito ma mi interessa limitatamente. A pelle credo che una soluzione come quella implementata da Audio-GD in questa classe di convertitori possa essere più interessante, sebbene cedente alle misure.
    Per me in fondo paga l'orecchio e tanto mi basta.
    Audio-Gd per non dover inseguire la tolleranza - già elevatissima - delle resistenze impiegate nei moduli DA-8, ha scelto una soluzione differente da quella utilizzata da MSB, rifacendosi allo schema dei moduli di Rockna che riporto qui sotto :
    senza andare troppo sul tecnico, Audio-Gd utilizza un microprocessore per gestire la distribuzione del flusso di segnale tra le resistenze.
    Questo consente di non dover arrivare a limiti esagerati nella selezione delle tolleranze delle stesse ed ha come vantaggio ulteriore di poter utilizzare lo stesso FPGA come base per la modulazione delle caratteristiche della risposta del segnale analogico in uscita.
    In questo modo è possibile simulare differenti tipi di filtri e di sovracampionamento del segnale, a seconda dei gusti dell'utente oltre ad incaricarsi di riallineare il clock del segnale in ingresso dal modulo USB.



    nelle foto precedenti il dettaglio dei vari moduli. Come si vede il microchip dei moduli DA-8 è uno Xilinx. Le resistenze sono Vishay o KOA con tolleranze allo 0.1%, messe in parallelo per dimezzare questo valore.
     vista di insieme di tutti i moduli visti dal lato degli ingressi/uscite.
    Operatività
    Mettere in servizio questo pre/convertitore è abbastanza semplice.
    Inserito il cavo USB dato in dotazione, ed acceso l'apparecchio, si deve scaricare dal sito Audio-GD il driver del chip Amanero ed installarlo.
    Una volta riconosciuto da Windows (credo che in ambiente Apple questo passaggio non sia necessario), questo verrà messo a disposizione come dispositivo di uscita audio e lo potremo impostare nel nostro player usuale. Nel mio caso il fidato JRiver.
    Non è richiesta nessun'altra regolazione di sistema.

    riprendendo il frontale, abbiamo un selettore, appena sotto al display, di modalità che consente di scegliere tra l'uscita linea o quella cuffie.
    Nel primo caso il segnale verrà indirizzato verso l'amplificatore di potenza o i nostri diffusori attivi.
    Nel secondo caso invece il segnale andrà ai due ingressi cuffie che vediamo alla destra del controllo di volume.
    Il primo ingresso è di tipo bilanciato a 4 pin ed è quello di elezione per questo apparecchio che nasce per essere utilizzato in bilanciato.
    Il secondo è invece la normale presa per jack da 6.3mm.
    Ho provato nella pratica e l'amplificatore per cuffie integrato (che ha capacità di erogazione elevate, fino a 9.5 Watt su 25 Ohm o 600 mW su 600 Ohm) mi sembra perfettamente in grado, volendo, di pilotare due cuffie contemporaneamente (ovviamente con un solo livello di volume).
    Il terzo selettore prima del controllo di volume è il selettore dell'ingresso. Funziona, come gli altri, a relais. Ha l'unico difetto di evidenziare il numero di ingresso selezionato e non il tipo corrispondente. Quindi 1 sarà HDMI, 2 USB, 3 SPDIF e 4, coassiale.
    In mezzo c'è il selettore del guadagno dello stadio di amplificazione, selezionabile tra L, H ed F.
    L è il minimo ed è quello che utilizzo per l'uscita linea.
    H produce un guadagno più elevato ed è indicato per cuffie a bassa sensibilità ma è meglio non impiegarlo con l'uscita linea.
    F è una modalità di guadagno più elevato che simula l'uscita bilanciata sulla sbilanciata. Da non utilizzare, evidentemente, con le cuffie bilanciate ma solo con quelle sbilanciate.
    Il display riporta la selezione di uscita (P o H), il livello del volume (numerico, da 1 a 100) e l'ingresso (da 1 a 4).
    E' un dispositivo ad alta luminosità, a barre, molto anni '70 ...
    La manopola del volume è in realtà un attuatore, in quanto questo R-28 non ha un controllo di volume analogico a potenziometro ma un controllo digitale a relais.
    Il funzionamento è a scatti e ad ogni scatti corrisponde una posizione del modulo relativa a quel livello di potenza, gestito esponenzialmente dai relais.
    Fortunatamente, il livello viene mantenuto in memoria anche allo spegnimento e rimane selezionato alla riaccensione.
    Personalizzazioni
    Come anticipavo prima parlando dello schema dei moduli di conversione DA-8, la presenza di un FPGA programambile consente oltre al controllo dell'apparecchio anche una personalizzazione del tipo di suono. L'utente può selezionare il tipo di risposta che preferisce sia per quanto riguarda la figura del filtro, sia per l'eventuale sovracampionamento.
    Purtroppo queste modifiche possono essere effetuate solo a macchina aperta per il tramite di jumper fisici da inserire nei pettini predisposti sulla scheda madre.
    Una modalità moltro scomoda che mi ha sconsigliato di provarci, avendo peraltro letto impressioni abbastanza dubbiose da parte di Amos Barnett lo scorso anno durante la sua recensione. Si tratta di nuance probabilmente troppo sofisticate per le mie orecchie partendo da una base di suono già di mio completo gradimento.
    Ho scoperto di recente che con l'anno nuovo, giustamente, Audio-GD propone una versione 2019 del suo R28 che permette la selezione delle modalità di funzionamento con i pulsanti. Mi pare che così abbiano eliminato l'unico difetto che a mio giudizio ha questo bel componente hi-fi.
    Suono e impressioni finali
    L'ho scartato per il 25 dicembre 2018 e da allora lo sto utilizzando ogni giorno.
    Il suono mi pare al livello - o quasi, non posso giudicare a memoria né mi voglio spacciare per uno capace di percepire differenze infinitesime di risposta, dell'Audio-GD Master 11S a circa la metà del prezzo e con un ingombro e un peso di meno della metà.
    Già questo sarebbe un punto di partenza elevato ma non vi avrei detto nulla.
    In questi nemmeno 3 mesi di esperienza ho maturato la convinzione che il suono complessivo del mio sistema (impostato su due pannelli dipolari autocostruiti, ibridi con le vie alte a driver magnetoplanari e le vie basse con woofer dinamici, alimentati con quattro amplificatori in classe D via crossover digitale a DSP) sia diventata più dolce e più naturale, rispetto al pur ottimo livello del precedente front-end composto da Audio-GD NFB 7.1 con DL2014 per l'ingresso USB.
    L'immagine è sufficientemente profonda ed ampia, con una ottima disposizione degli strumenti.
    Ma soprattutto il timbro complessivo mi pare che vada oltre ogni connotazione sfacciatamente digitale.
    Lo stesso vale per le uscite cuffie, con quella bilanciata nettamente superiore a quella sbilanciata, capace di far volare le mie HIFIMAN ma anche le più cocciute dinamiche che ho in casa.
    Se posso avere qualche cosa da ridire, ma sono inezie per uno nato con i wooosh dei nastri analogici e gli scrack delle testine dei giradischi, riguarda il fatto che - per la tipologia di scelta dei moduli di conversione e più in generale per l'architettura dell'apparecchio - il funzionamento non sia del tutto esente da scrocchi e crack vari quando si interviene con i selettori o anche durante il salto di traccia o l'avanzamento nel brano.
    Inezie che durante un ascolto ordinato e assorto non capiteranno mai e che potrebbero poi essere anche in parte indotte lato software.
    Resta l'ottiama resa di un investimento tutto sommato contenuto (rispetto ad altre proposte Audio-GD ma soprattutto rispetto ai top di gamma R-2R di MSB o di Rockna che mai mi potrei anche solo sognare di arrivare ad acquistare ...).
    E la speranza che in futuro, ma di questo sono certo, vista la dinamica degli aggiornamenti del catalogo Audio-GD, arriverà anche un top di gamma con queste soluzioni, portate ad un livello ancora più raffinato.
    E a chi è arrivato a leggere fino a qui, i miei ringraziamenti 
  15. M&M
    A Poet's Love
    Prokofiev : brani da Romeo e Giulietta (riduzione per viola e pianoforte di Vadim Borisovsky)
    Schumann : Dichterliebe Op. 48, integrale (trascrizione per viola e pianoforte degli interpreti)
    Timothy Ridout, viola
    Frank Dupree, pianoforte
    Harmonia Mundi, 20 agosto 2021, via Qobuz, formato HD
    ***
    La viola è uno strumento maledettamente sottovalutato e trascurato ma capace di una affascinante gamma di modulazione.
    Ne è prova questo - grande disco - dove il violista Timothy Ridout ricorre alla trascrizione per avere musica del suo livello da interpretare.
    Il tono della viola si addice perfettamente alle sonorità del Romeo e Giulietta di Prokofiev che qui perde in asprezza quanto guadagna in dolcezza.
    La musica non è soltanto crepuscolare ma - se possibile - ancora più appassionante dell'originale per orchestra.
    Certo io sono innamorato di quest'opera che potrei ascoltare e riascoltare per giorni ma per quanto non trovi sempre appagante la versione ridotta da Prokofiev per pianoforte dove spesso i pianisti danno sfogo delle "peggiori qualità" di fracassoni per averne ragione, qui invece sia il pianoforte che la viola sussurrano, indugiando sulle corde più "calde", incantando l'ascoltatore con la più pura delle espressioni ... d'amore.
    Probabilmente dandone una visione ancora più vicina a quella di Shakespeare che di Prokofiev stesso, legato, se vogliamo, anche alle necessità del balletto, pure nelle versioni da concerto.
    Il Dichterliebe (L'amore del poeta) di Schumann è tutta un'altra storia.
    Non esistono riformulazioni come questa scritta da Ridout il cui sforzo - lo chiarisce nelle note del disco - non è stato quello di dare sfoggio di se ma di portare la viola nella gamma della voce umana per sostituirsi al dichter stesso estendendo ogni possibile derivazione della parola tedesca.
    L'opera racchiude 16 testi di Heine musicati in forma di Lieder da Robert Schumann e dedicati alla fidanzata Clara Wieck.
    Sinceramente non mi propongo - e non è nemmeno il caso - di fare un raffronto filologico comparato tra i lieder originali di Schumann e le trascrizioni di Ridout, mi basta sottolineare come venga sfruttata l'intera gamma espressiva della viola, da quella più grave e baritonale a quella più acuta quasi tenorile.
    Il pianoforte asseconda talvolta con la sua forza, talvolta sussurrando, talvolta usando la destra per rinforzare il canto, lo sforzo della viola.
    Il risultato per me è convincente, non si tratta affatto di una fotocopia in bianco e nero ma di un'acquaforte colorata che scava in profondità con grande sensibilità tra queste pagine celeberrime.
    Anzi, io vedo questa musica più inquadrata nel suo tempo - la possiamo considerare ancora un'opera giovanile, sebbene Schumann sia morto giovane ma qui sta appena cominciando a maturare - mentre spesso le interpretazioni dei cantanti dei lieder originali ne danno una visione forse un pò meno trascinante, più senile. Che non mi pare il caso.
    Qui si sogna, si ama, si gioisce. E in questo io ci vedo anche qualche riflesso del giovane Brahms.
    Insomma non è musica per vecchi !
    Se trovate il tempo di ascoltare questo disco vi suggerisco di lasciare una pausa tra Prokofiev e Schumann (o dovrei dire Ridout ?) per ricalibrare cuore ed orecchie e di aver pazienza per far entrare ogni nota dentro di voi.
    Mentre eviterei, lo ripeto, di andare a cercare qualche edizione del Dichterliebe cantato, si tratta di un'altra cosa.
    Ne saranno convinti gli ortodossi ? Sinceramente non credo.
    Ma chi ama la viola come me, è avido di ascolti che evidenzino ogni possibilità di questo strumento sempre schiacciato tra violini e violoncelli nell'orchestra.

    Registrazione magistrale.
     
  16. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Felix Mendelssohn : Concertos & Duets
    Concerto n.1 per violino e orchestra
    Concerto n.2 per violino e orchestra, trascritto per flauto traverso e orchestra
    Romanze senza parole, arrangiati per flauto e violino

    Krzystof Kaczka, flauto traverso
    Jaroslaw Nadrzycki, violino
    Janacek Philarmonic Orchestra diretta da Jakub Cernohorsky
    Hanssler Classic, 20 agosto 2021, formato CD via Qobuz
    ***
    Nonostante il secondo concerto per violino di Felix Mendelssohn sia tanto celebrato io adoro il primo, giovanile, composto nel 1833 da un giovanissimo Felix innamorato del suo violino.
    E' brillante, estroso, estroverso, pirotecnico, aggettivi che non sempre si possono associare al nostro.
    Ma la peculiarità di questo disco è un'altra, quella di alternare il flauto al violino.
    Infatti il più celebre secondo concerto è interpretato dal flauto con il violino che gli fa da spalla.
    E devo dire che il risultato è notevolissimo.
    Nel libretto si indugia sulla genesi dell'idea, nata durante il blocco forzato del 2020 a causa del Covid e con i due artisti polacchi impossibilitati a muoversi e, ovviamente, a lavorare.
    Non senza difficoltà l'idea si è però fatta strada e si è materializzata arrivando a questa bella registrazione - coraggiosa, tutto sommato - di Hannsler Classic, etichetta sempre attiva oltre il repertorio normale.
    Registrazione effettuata lo scorso mese di agosto 202 nella Repubblica Ceca con la collaborazione dell'orchestra Janacek e che viene pubblicata adesso.
    Al di là dell'abitudine a sentire il violino, qui il virtuosismo del flautista - celebre al suo paese, io non lo conoscevo - Kaczka, rende quasi del tutto familiare i pur usuali temi del concerto.
    Il risultato finale è molto interessante a parer mio.

    Stesso discorso per le celebri Lieder ohne Worte che seguono e che invece risultano del tutto nuove in questa forma "duettante" inedite di violino e flauto.
    In conclusione, una prova convincente e fresca. Bravi tutti.
  17. M&M

    Recensioni Audio
    Un grandissimo grazie ad HIFIMAN che ci ha inviato in prova questo set - cuffie Jade II e amplificatore dedicato - si tratta di un sistema che pur essendo entry-level per la gamma di cuffie elettrostatiche del marchio HIFIMAN possono offrire una risposta definitiva a certe esigenze di ascolto. Ma non voglio anticipare troppo le conclusioni dell'articolo che troverete in fondo alle note di ascolto.
    Andiamo direttamente alla prova di ascolto comparativa :

    la batteria di campionesse a confronto : HIFIMAN JADE II, HIFIMAN ARYA, STAX SR404 SN
    ***********************************************************************
    Seguono i brani ascoltati in dettaglio ma in SINTESI :
    Le Jade offrono un suono entusiasmante e dettagliato ma sono estremamente selettive sia nel genere che nei singoli dischi.
    Inadatte - secondo il mio punto di vista - a dipanare enormi masse orchestrali o contenuti energetici elevati, nei piccoli complessi, sia vocali che strumentali e soprattutto negli strumenti solisti, danno il massimo con un risultato che è ad un passo dall'evento reale.
    Attenzione al volume perchè dopo un pò potreste farvi male : non c'è distorsione e quindi si tende a voler ascoltare ogni singolo suono distinto dagli altri.
    Le vecchie Stax se la cavano ma offrono sempre una prova molto personale, spesso sopra le righe. Portano in luce cose che con le Arya non si sentono proprio ma trascurano invece intere sezioni dello spettro.
    Le Arya sono la sintesi e l'equilibrio. Magari gli amanti della musica rock/heavy faranno bene ad evitarle, ma per gli altri sono un vero piacere.
    Ma le Jade in alcuni dischi sono semplicemente di un'altra classe. Non sempre, però dove le Arya danno una prova ottima ma non sorprendente, le Jade invece rendono magico quello che state ascoltando.
    Le acquisterei ? Ve lo dico alla fine !
    ***********************************************************************
    I dischi utilizzati nella prova in batteria

    AC/DC : The Razors Edge/Thunderstruck e Fire Your Guns
    Jade : suono dettagliato, precisissimo ma nel complesso sottile. Chitarre non invadenti, voce un pò più sottile di come la conosco io. Basso indietro, un pò vuoto.
    Arya : basso pieno anche se non stravolgente, voce chiara, piatti metallici ma concreti
    Stax : chitarre fantastiche, voce perfetta, basso secco, corto, anzi, cortissimo
    Le Arya danno la risposta più convincente con un genere che non è adatto a nessuna di queste planari. Le Stax, al solito, se la cavano sempre bene, le Jade non trovano giustizia con questa musica

    Bach : Grosse Preludien un Fugen - Ullrich Bohme
    Jade : il pedale è più presente di quanto non si senza con le Stax, le voci superiori sono perfettamente separate, la spazialità del suono esemplare, rispetto alle Stax ma anche alle Arya
    Arya : basso molto più in evidenza ma si nota un pò di stacco con il medio e l'alto. Suono complessivamente più convincente delle altre due cuffie
    Stax : suono avvolgente e deciso, basso non particolarmente immanente e immagine non particolarmente ampia ma c'è tutto quello che si vorrebbe sentire
    Le Arya hanno la risposta più completa ma il suono delle Jade è semplicemente più bello. Le Stax rappresentano invece un organo molto più piccolo.

    Sinéad O'Connor : I do not want what I haven't got/Feel so different
    Jade : la voce è su un altro piano come c'era da aspettarsi, l'orchestra presente con i suoi pizzicati, immagine larghissima
    Arya : voce chiarissima, bella. Violini tersi, cristallini, nessuna fatica a seguire l'intero brano anche a volumi da mal di testa
    Stax : voce perfettamente amalgamata con l'orchestra, bassi pieno, immagine ampia
    Le Jade sono più emozionanti e nel complesso il risultato è più sexy di quello delle Arya. Le Stax non ci arrivano proprio.

    Sergey Babayan : Rachmaninoff/Appasionato
    Jade : mano sinistra molto più in evidenza, basso in ritirata, un pianoforte troppo più esile di quanto non si vorrebbe
    Arya : prestazione esemplare, suono pieno, pianoforte smisurato, basso potente, le due mani in perfetto equilibrio
    Stax : alti un pò metallici, sembra che la registrazione sia stata effettuata più da vicino, i bassi non si sentono
    Arya, Arya, Arya, soprattutto.
     

    Schubert : Trio Op. 100/II Andante con moto
    Jade : immagine fantastica, pianoforte non troppo in evidenza, violino lagnoso, violoncello un pò esile
    Arya : il violoncello qui si riscatta in pieno, il violino è meno rugoso, meno brillante, meno sexy, il pianoforte è completo e non copre gli altri strumenti
    Stax : pianoforte in evidenza che copre il violino, il violoncello é bello ma non abbastanza pieno
    Arya e Jade alla pari, che vi piaccia di più il violoncello o il violino, dipende da voi.

    Bach/Christian Tetzlaff : Ciaccona in re minore
    Jade : il violino moderno di Tetzlaff è semplicemente inarrivabile nel suono offerto dalle Jade, si sente il suo respiro (del violino, non del violinista), il nero tra gli spazi, una prova di un livello artistico sensazionale
    Arya : bello e completo, amalgamato
    Stax : elegante, questo è il campo delle elettrostatiche, pulito, chiaro, analitico. Manca però la nitidezza e il capacità di microdettaglio delle Jade
    Jade insuperabile, Stax per una prova molto personale, Arya in secondo piano.
    Questo disco è meraviglioso, con le Jade non riesco a smettere di ascoltarlo.
    Queste cuffie dovrebbero essere consigliate a tutti i violinisti.
     
     

    Diana Krall : The girl in the other room
    Jade : rispetto alle Stax si sente di più il riverbero della voce, il suono del piano è più bello e anche l'accompagnamento è più rotondo
    Arya : basso più rotondo, contrabbasso perfettamente udibile dove con le Stax non si sente, la voce è in secondo piano ed è meno chiara rispetto alle altre due, un pò più bassa e manca di tutto il dettaglio e l'ultrarealismo delle Jade
    Stax : la voce di Diana è più in risalto con le Stax, ma il complesso della prova offerta dalle Jade è di un altro livello
    Anche qui le Jade secondo me danno prova di elevato livello. Le Arya sono raffinate ma non così sexy.

    Silje Nergaard
    Jade : voce bellissima di cui si apprezza ogni dettaglio, pianoforte un pò metallico, meno appagante ma non è quello che mi interessa in questo disco
    Arya : bello finché non si sente con le Jade ma il pianoforte delle Arya è di un altro livello
    Stax : complessivamente meglio delle Jade, è il timbro di voce che meglio si presta alla sua impostazione. Pianoforte chiaro e tutto sommato migliore di quello delle Jade
    Jade o Stax secondo i vostri gusti. Probabilmente per me, Stax

    John Williams : tema di Guerre Stellari
    Jade : suono chiaro, forse troppo ma è questione di gusti
    Arya : equilibrio energetico più lineare con una presenza sulle basse più intensa ma archi meno accattivanti delle altre due
    Stax : bello ma suono un pò esile
    Un direttore d'orchestra qui certamente tenderebbe a preferire le Arya, i violinisti continuerebbero a scegliere Jade

    Genesis : Sellng England by the pound
    Jade : la voce di Peter Gabriel appare un pò più esile di quanto non mi piacerebbe, e i bassi sono chiaramente meno potenti
    Arya : bella prova, voce, quadro d'insieme, potenza, più interessante
    Stax : suono troppo esile, troppo sbilanciato sulle alte
    E' un disco che anche rimasterizzato resta un pò aspro. Le tre cuffie danno una prova differente. Le Stax eccellono negli arpeggi delle chitarre, le Jade nella voce di Gabriel che però é più corretta nelle Arya che hanno più potenza.
    Le Stax in un ascolto prolungato sono troppo esili e un pò artificiose.

    Beethoven/Savall : sinfonia n. 3
    Jade : suono pulito, ampio, archi setosi e leggeri, bassi decisamente in secondo piano
    Arya : questione di equilibrio, questa registrazione si caratterizza per l'ampio risalto dato ai timpani e la leggerezza degli archi.
    Il contenuto energetico con le Arya salta subito in primo piano, non che con le due elettrostatiche non ci siano i timpani, ma sono leggeri ed aperti come il resto della registrazione
    Stax : una via di mezzo tra le due, archi in primo piano, medio-bassi in evidenza, bassi profondi inesistenti (contrabbassi)
     

    Monteverdi : Il terzo libro de' madrigali
    Con questa registrazione - praticamente perfetta - siamo nel dominio delle cuffie planari.
    Sinceramente non riesco a decidere una prevalenza. Le Stax pongono, come sempre, in primissimo piano le voci femminili.
    Le Jade hanno un suono splendido e, magicamente, le voci maschili sono le più belle.
    Le Arya, eleganti ed energetiche come sempre.

    Till Bronner : Night Fall
    E' un disco in cui si sente il fiato di Till mentre suona e ogni singola corda del contrabbasso di Dieter Ilg.
    Le tre cuffie danno una interpretazione molto differente tra loro.
    Le Stax mettono tutto in primo piano, senza privilegiare nulla. Le Arya sono più scure. Le Jade, incredibilmente dettagliate in tutto, e a dispetto di quello che si penserebbe, donano il più bel contrabbasso immaginabile.
    Il suono è più chiaro ma più lucido, come l'evento reale.
    ***********************************************************************
    Jade e Stax si sono alternate sia sull'amplificatore HIFIMAN che sul mio valvolare Stax.
    Le Arya sono state pilotate dal mio Audio-GD R28 via cavo bilanciato in argento. L'Audio-GD R28 ha fatto sa semplice ricevitore/DAC per gli amplificatori delle elettrostatiche.
     
    Costruzione :
    Robuste e bellissime. Meglio delle Arya.
    Non solo per quella fluorescenza verde che traspare dai padiglioni ma proprio per l'insieme.
    Mi piace di più sia il pad che l'archetto, tondo.
    Stanno perfettamente in testa senza alcun bisogno di regolazione.


    il cavo è di ottima fattura. Non lunghissimo e ovviamente, non intercambiabile. Sembra anche robusto.
    Connettori di splendida fattura, nel complesso più elegante della fettuccia interminabile delle mie Stax.
    Costruttivamente sono superiori alle Stax, che sono sempre state fragili e tutte in plastica (oltre che orrende)


    quel connettore pentapolare è del tutto compatibile, come la tensione di alimentazione, agli standard Stax : quindi intercambiabilità totale.

    segni particolari ? Bellissime !
     
    L'amplificatore offerto in bundle è di ottima fattura. Solido e pesante, non offre appigli a critiche.
    L'esemplare in prova ha la manopola del volume un pò allentata. Forse basterebbe stringere le viti di blocco ma non ho voluto verificare.


    offre due uscite per due cuffie differenti (cosa che mi ha permesso di alternare all'ascolto le mie Stax senza equilibrismi) mentre gli ingressi sono sia bilanciati (da preferire, perchè le elettrostatiche sono bilanciate per natura) che sbilanciati

    la sagoma laterale è a forma di trapezio, giusto per rendere più elegante la forma complessiva.


    ho letto in molte recensioni critiche a questo apparecchio.
    Nell'ascolto in confronto con il mio Stax (che costa molto di più ed è a valvole) si notano alcune sfumature a favore dello Stax ma sostanzialmente solo nella gamma più alta.
    Considerando l'offerta di acquisto e la disponibilità molto rara di amplificatori per cuffie elettrostatiche io non starei troppo a pormi dei dubbi.
    Se non avete già uno Stax in casa, prendetelo con fiducia.
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    Non sto ad indicare le caratteristiche tecniche delle Jade II, potete trovarle insieme a tutta la documentazione sul sito ufficiale.
    Per i più tecnici, rimando alle misure di risposta che ho effettuato e pubblicato nei giorni scorsi qui :
     
    e che in larga parte trovano conferma nelle sensazioni di ascolto.
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    Conclusioni
    Prova molto, molto impegnativa perché queste sono cuffie di alto livello e con caratteri simili.
    Difficile stabilire un vincitore anche se tenderei ad escludere le Stax che guardo con indulgenza per la loro età e per cosa hanno rappresentato per me.
    Se non avessi già le Arya acquisterei subito le Jade II. Si sposano alla perfezione con quello che significano per me le cuffie.
    Per me l'ascolto in cuffia non è una alternativa a quello tradizionale con gli altoparlanti.
    Quello resta il mio modo di ascoltare la musica.
    In cuffia voglio poter analizzare il dettaglio e non mi interessa una riproduzione o un tentativo di riproduzione in scala dell'evento musicale.
    Il dettaglio, il suono, tutto ciò che generalmente non si riesce ad ascoltare anche dal miglior speaker del mondo.
    Per questo credo che non ci possano essere delle cuffie assolute in grado di suonare tutto al meglio e come piace a me.
    Le Jade II, se vogliamo, sono ancora più esclusive in una visione di questo genere perché sono eccezionali - non esito a dire MAGICHE - in certe cose.
    Ma non in tutte, sebbene sappiano dare sempre una interpretazione di grandissima classe.
    Suono raffinato, dolce, mai affaticante sebbene il medio e l'alto - almeno finché arrivano le miei vecchie orecchie - sia di una precisione ad altissima risoluzione.
    Nei violini non ho mai sentito niente di altrettanto realistico. E nelle voci a cappella o comunque, senza intermediari elettronici in mezzo, non si possono assolutamente battere in questa fascia di prezzo.
    E nel jazz fatto di piccoli gruppi e con voci complementari, dove persino il contrabbasso diventa vivo oltre l'immaginabile.

    Sono molto meno convincenti dove ci vuole energia e dove le masse sonore trascinano il senso del suono. Dove non c'è dettaglio è uno spreco utilizzare queste cuffie.
    Un pò come tentare di guardare fuori dalla finestra con il microscopio.
    Anche le Arya non sono indicatissime per i grandi volumi sonori (non parlo di livello acustico, parlo di volume, avete in mente l'ottava sinfonia di Mahler ?) ma si tolgono dai guai meglio delle Jade.
    Se hanno un limite è nel prezzo del sistema, perchè uno deve comprarsi anche l'amplificatore. E queste non possono essere le uniche cuffie che hai in casa, perchè per certe cose non possono essere usate (tipo il rock o l'heavy metal, oltre alla grande orchestra).
    Ma se avete già un amplificatore oppure volete avere dei monitor elettrostatici che in fondo costano una frazione di qualsiasi altra cosa di fascia superiore possiate immaginare, beh, pensateci bene.
    Io stesso, che potrei comprare le sole cuffie, sono maledettamente indeciso .... cederò alla tentazione ? Ve lo farò sapere !
  18. M&M

    Recensioni Cuffie
    Grazie ad HIFIMAN di averci dato in prestito un esemplare delle cuffie Jade II con il loro amplificatore dedicato.

    sono già sul banco di prova per le misure

    qui con il microfono miniDSP Ears in azione

    e poi prova in batteria con le mia Stax SR404S ed HIFIMAN Arya. Sarà un confronto serrato da quanto sto già ascoltando.
    Intanto le misure :

    HIFIMAN Jade II - risposta equalizzata ed ammorbidita ad 1/12 di ottava

    in verde la risposta con l'amplificatore HIFIMAN dedicato a queste cuffie, in rosso con il mio Stax Srm-006t a valvole

    in rosso le Jade II, in verde le Stax SR404S

    in rosso le Jade II, in viola le Arya.
    Prossimamente la prova di ascolto. State sintonizzati 
  19. M&M

    Recensioni Cuffie
    Nel ricco catalogo di cuffie HIFIMAN questo modello si piazza sostanzialmente come punto di ingresso della sua fortunata gamma di cuffie magnetostatiche o planari.
    HIFIMAN Sundara rappresenta anche una ulteriore evoluzione in termini costruttivi.
    La prima generazione non ha proprio ricevuto consenso ampio in materia di qualità costruttiva e consistenza.
    Anzi, non sono poche le critiche per esemplari difettosi dall'origine o che meccanicamente hanno resistito poco ad un normale uso.
    Questo apparecchio invece é allineato verso l'alto alla V2 di HE400i e HE560, con il nuovo archetto in metallo, padiglioni nuovi, più grandi e in generale una cura costruttiva almeno allineata al prezzo di acquisto.
    Caratteristiche di targa
    - peso 372 grammi
    - sensibilità 94 db
    - impedenza 37 Ohm
    - cavo in dotazione da 1.5 metri, tipo "cristallino", connettori dorati da 3.5 mm a mini-jack separati per canale destro e sinistro
    Costruzione




    la griglia di protezione è di modello più grande e robusto rispetto ai modelli precedenti.
    Il padiglione stesso è più ampio ed avvolgente.


    resta la possibilità di ruotare singolarmente i due padiglioni in modo da adattarsi ad ogni morfologia del capo.

    il nuovo diaframma, più sottile e più veloce, è ben protetto nel suo alloggiamento.

    con la Sundara viene anche introdotto il nuovo connettore a mini-jack da 3.5mm, il terzo tipo d'attacco per HIFIMAN dopo quello iniziale - scomodissimo - a vite e quello successivo con mini-jack da 2.5mm, simile a quello delle Sennheiser HD700.
    Speriamo che sia quello definitivo, anche perchè adesso è comune anche a quello di Ananda, Arya ed HE400i V2/HE560 V2.

    ancora un dettaglio dell'esterno - bellissimo - dei grigliati di protezione dei padiglioni.
    Sono a prova di impatto di ogni genere, pur mantenendo totale apertura verso l'esterno.
    Se posso invece fare un appunto è all'interno del padiglione, quello a contatto con la testa. Morbido e vellutato ha anche un effetto "calamita" verso ogni pelucco di casa come si vede nella foto che segue.

    i due archetti recano all'interno la lettera che evidenzia il canale R- destro ed L-sinistro, per facilitare la presa

    Sulla costruzione quindi, siamo al di sopra di ogni sospetto, almeno in apparenza e salvo una verifica sul medio-lungo periodo.
    E' un modello recente - metà 2018 - quindi non abbiamo riscontri in tal senso.
    Ma all'apparenza consistenza e materiali sembrerebbero allineati al prezzo (lo street price attuale si aggira intorno ai 349 euro qui in Europa, era di 499 al lancio).
    Tecnologia
    HIFIMAN si è fatta un nome in questi anni per le sue cuffie planari.
    Si tratta di una tecnologia che non impiega normali diaframmi dinamici, quelli - per intenderci - dei normali altoparlanti hifi.
    In comune con le elettrostatiche hanno il fatto di impiegare sottilissimi diaframmi in materiale sintetico, molto, molto leggeri ma al contempo più grandi dei normali diaframmi dinamici metallici, ovviamente planari, non ricurvi.
    Sono immersi in campi elettromagnetici che fungono da motore, ma il funzionamento del sistema non richiede - a differenza delle elettrostatiche - di impiegare alte tensioni generate per mezzo di amplificatori/elevatori di tensione dedicati e separati.
    Queste invece hanno impedenze normali ed operano con le normali tensioni generate dai comuni amplificatori per cuffie, anche dei sistemi portatili.
    Una disamina tra le caratteristiche delle diverse tecnologie esula dagli scopi di questo articolo ma basti in questo ambito definire idealmente una risposta più aperta e trasparente come caratteristica di base comune per le cuffie elettrostatiche e planari, rispetto alle tradizionali dinamiche
    Indossate
    Per chi ha una testa "normale" l'uso delle Sundara non da origine ad alcuna controindicazione.
    Anche portate per lungo tempo non stancano. I padiglioni avvolgono le orecchie comodamente - meglio delle HE400/HE560 - e il peso è da considerarsi leggero.
    La pressione applicata sui lati del capo è adeguata ad assicurare una buona adessione, appena un filo superiore al necessario secondo me.
    Le ho trovate più comode della media, almeno per le cuffie con il padiglione circumaurale circolare.
    Queste cuffie sono aperte, manca del tutto l'isolamento con l'esterno. E' una scelta progettuale precisa, comune ai prodotti di questo genere e tipo e per questa casa. Il risultato è una grande qualità del suono unita ad una limitata fatica di ascolto.
    Io ho usato per lungo tempo cuffie chiuse e conosco bene la differenza in termini di fatica diretta e indotta dalla necessità di avere un isolamento dall'ambiente, per non essere disturbati dai suoni circostanti o per non disturbare chi ci sta vicini.
    Queste però non sono cuffie per lavoro ma da utilizzare per piacere. E' giusta e corretta la pretesa di poterle portare anche per ore senza incorrere in inconvenienti.
    Interfacciamento
    Apparentemente la bassa impedenza le renderebbe adatte anche ad impieghi portatili, complice anche una discreta sensibilità.
    Nella realtà tutte le cuffie magnetostatiche richiedo una amplificazione con una buona capacità di erogazione di corrente, spesso anche con la necessità di alzare parecchio il volume.
    Meglio indirizzarsi quindi su amplificatori dedicati di buona qualità e con caratteristiche adeguate.
    Io le ho usate con apparecchi Audio-GD, sia il mio preamplificatore NFB-1AMP alimentato da un DAC NFB 7.1 che con l'eccezionale all-in-one Master 11 Singularity. Entrambi in grado di erogare correnti capaci di pilotare anche le cuffie più dure della terra.
    Da valutare concretamente - potendo - la possibilità di sostituire il cavo in dotazione con uno di tipo bilanciato, in modo da avere una erogazione ancora più potente e lineare.
    Io ho usato un cavo artigianale della inglese OIDO, decisamente ben azzeccato e trasparente.

    Suono
    Arriviamo alla parte cruciale della recensione.
    Sarebbe inutile avere una tecnologia di tendenza come quella planare, una costruzione di buon livello, una buona predisposizione ad essere pilotate in scioltezza lato amplificazione se poi il suono non ci piace.
    In questo devo anticipare un mio giudizio complessivamente sufficiente ma misto.
    Ovvero, pur rodate adeguatamente - c'è chi crede al rodaggio delle cuffie, per me ha un senso propriamente compiuto con le cuffie dinamiche ad alta impedenza, elettrostatiche e magnetostatiche non beneficiano così tanto di un pò di "cottura" che comunque male non può fare - facendo girare per tre giorni la 3a di Mahler, fuori dalla scatola non mi hanno convinto del tutto.
    Ho trovato un basso molto, forse troppo contenuto, dei medi maledettamente indietro e, di contro, alti e altissimi estremamente tormentati.
    Il risultato é un suono asciutto nel suo complesso, un pò secco, fastidioso nel lungo, mai coinvolgente sulle voci - specie femminili - e con gli archi sempre troppo in evidenza.
    Naturalmente non sto parlando del suono di un trapano da dentista, ovviamente no, queste sono e restano cuffie di gran classe, pur essendo il modello di base di una marchio che oramai offre cuffie fino a 50.000 euro (!), ma non così naturali come l'amante di musica barocca che vive dentro di me vorrebbe.
    Per questo sono andato a misurarne la risposta in frequenza con il mio microfono Ears di Mini-DSP.
    Ed ho avuto la conferma alle mie impressioni d'uso :

    HIFIMAN SUNDARA : risposta in frequenza misurata con REW
    Dunque, io non appartengo alla ristretta schiatta dei puristi e operando in puro campo digitale, ritengo non solo un diritto ma un dovere, operare equalizzazioni non solo per attenuare i difetti dei nostri apparecchi audio ma anche per adattarli alle nostre aspettative.
    Se nelle cuffie è normale l'applicazione dell'equalizzazione Harman un motivo ci sarà, tanto che per qualche marchio in gran voga oggi é automatico introdurla a livello di DSP audio incorporato nell'amplificazione di controllo, suscitando poi grande considerazione tra gli utenti.
    Per chi di noi utilizza player digitali come JRiver o Foobar è anche più facile calcolare una serie di filtri digitali che compensino i picchi della risposta in frequenza ed imbriglino una impostazione forse di fabbrica non esattamente inclinata per le nostre esigenze.
    Io non so cosa ne possano pensare gli appassionati di musica elettronica o tecno, di rock o di musica sintetizzata ma certo per chi ascolta musica acustica, sia classica che jazz, una risposta naturale dovrebbe essere alla base di ogni trasduttore.
    In questo modo io ho fatto diventare godibili anche le Sennheiser HD700 che all'origine sono praticamente inascoltabili, figuriamoci le Sundara che partono da una base di altro genere.
    Attenuati i picchi tormentati di alti e altissimi, allineato il medio su un andamento appena discendente e, volendo, incrementando di due o tre decibel i bassi sotto ai 100 Hz anche il proprietario di queste cuffie ha finalmente potuto apprezzarne il valore.
    In sintesi, se mi sento di dare un voto 6 striminzito alle Sundara "di fabbrica", andiamo ad un bel 8 pieno una volta equalizzate e alimentate tramite un buon cavo di qualità con un connettore XLR Neutrik.
     

    Conclusioni
    Molto belle esteticamente e ben costruite, con la scelta di buoni materiali, ho trovato l'unico difetto in una certa propensione ad attirare tutti pelucchi di casa all'interno dei padiglioni.
    Per il prezzo richiesto all'origine (499 euro) un suono di fabbrica non troppo coinvolgente, tendente al secco e all'asciutto.
    Meglio, molto meglio le HE400i V2 "liscie" che ben conosco, e ancora meglio le venerabilie HE560 V2 che sono ancora insuperate nel catalogo HIFIMAN in quella che era la loro fascia di prezzo (era di 850 euro, adesso le si trovano a 400 euro, nuove).
    Lontane anni luce dai modelli superiori di oggi, Ananda ed Arya.
    Mancano di corpo, hanno i medi indietro e gli alti troppo tormentati.
    Il prezzo attuale le rende più appetibili ma meglio ancora se possiamo migliorarle senza nemmeno prendere in mano un cacciavite.
    Cambiato il cavo ed equalizzate in digitale, cambiano come dal giorno alla notte.
    Il suono diventa suadente, si apprezza finalmente il dettaglio e l'ariosità del nuovo diaframma (che è diverso, più sottile, più rapido e dinamico di quello dei vecchi modelli) e la fatica di ascolto diventa semplicemente assente.
    Resta in ogni caso una certa facilità di alimentazione anche se ad onor del vero mi sono sempre ritrovato ad alzare molto il volume rispetto al solito per avere una piena capacità di analisi sulle voci, con il risultato di ... rischiare di guastarmi ... i timpani.
    E' un "difetto" delle magnetostatiche ed elettrostatiche, avere un livello così basso di distorsioni da favorire l'ascolto a livelli "pericolosi".
    Ma queste mi sembrano un pelino più "dure" di altri modelli della stessa casa.
    Confrontati con modelli dinamici che conosco, mostrano un suono di una ricchezza e dettaglio estremamente più evoluto, rispetto - ad esempio - alle Sennheiser di fascia di prezzo equivalente (comprese le Sennheiser HD700 che stavano a 1000 euro, si trovano adesso a 450 euro).
    Ma sinceramente io ho sempre trovato stucchevole confrontare tecnologie differenti : semplicemente non sono sovrapponibili ed adatte a destinazioni, palati e aspettative differenti.
    Al prezzo attuale (349 euro su Playstereo) sono un affarone, un vero bargain, anche considerando che si trovano HE400i nuove a 175 euro (direttamente da HIFIMAN, almeno fino all'ultima volta che ho guardato). Da valutare con attenzione le HE560 V2 al confonto ma si dovrebbero poter ascoltare ed è un peccato che oramai pochissimi negozi offrano questa opportunità.
    Comunque secondo il mio giudizio, le HE400i mantengono un suono più caldo e pieno sui bassi, anche senza equalizzazione. Le HE560 sono invece più neutre e delicate ma il suono è abbastanza simile a quello della Sundara equalizzate.
    Con le Arya - non conosco le Ananda - mi spiace ma non c'è confronto (e non c'è confronto con nulla che io conosca, sinora, almeno sotto ai 2000 euro).
    Non parlo della riscotruzione spaziale perchè a mio giudizio, con le cuffie è un discorso in generale privo di senso. Provate un buon sistema di altoparlanti dipolari magnetostatici e poi ne riparliamo (!).
    Da provare, potendo ma in generale, le consiglio per chi ama la musica acustica e sia disposto ad accettare l'opportunità di manipolarne un pò la risposta in frequenza.
    Diversamente forse è ancora meglio cercare un paio di HE400i d'occasione, anche se per me le Sundara sono molto più confortevoli da indossare a lungo ... e anche questo è un fattore da tenere nel debito conto.
    Ah, quanto è difficile cercare il paradiso degli ascoltoni !
    Ringrazio l'amico Giovanni per il prestito delle sue cuffie nuove e del suo meraviglioso preamplificatore Audio-GD Master 11.
  20. M&M

    Recensioni Cuffie
    Considerazioni sintetiche                                   
    Pro :
    all'epoca erano un mito. Sposavano ad un prezzo umano e senza necessità di un amplificatore speciale, le specifiche delle cuffie dinamiche a quelle delle elettrostatiche sono ancora un mito, molto apprezzate, si trovano usate (funzionanti a distanza di 36 anni) a prezzi simili a quelli dell'epoca e sono oggetto di modding più o meno efficaci che ne migliorino le prestazioni la gamma media e alta è portentosa. Le voci femminili sono sensazionali. Anche gli archi Contro :
    di contro sono pessime sui bassi e la gamma medio bassa è melmosa a dirla tutta il suono è squilibrato per avere un basso decente bisogna premersele letteralmente sulle orecchie la costruzione è di fattura pessima (e sono generoso : è un miracolo che funzionino ancora) ogni cuffia di oggi se le mangia sotto tutti gli aspetti tranne che nel fascino è una tortura portarle per più di mezz'ora (letteralmente) _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

    In primo piano le AKG K712 Pro, modello di fascia reference attuale, più o meno corrispondete alle K340 che nel 1984 erano il modello di punta di AKG prima dell'uscita delle mitiche K1000.
    Ricordo quando le acquistai nel 1984. Avevo ancora la grande impressione suscitatami dalle Stax ascoltate in negozio. Ma non potevo arrivare ad una elettrostatica pura, sia per il costo delle cuffie che per l'amplificatore necessario per elevarne la tensione di alimentazione.
    Il sogno di avere le Stax si è materializzato solo oltre 20 anni dopo.
    Ma le AKG K340 permettevano con una spesa accettabile (poco più del costo di un amplificatore in voga all'epoca come il NAD 2020) di avere almeno la gamma alta elettrostatica.
    L'idea era geniale. Accoppiare una membrana dinamica ad un emettitore elettrostatico capace di lavorare ad una tensione normale.
    Un crossover passivo in mezzo di taglio dolce. La struttura tipica di AKG che si mantiene ancora oggi sulle cuffie professionali da studio (quelle che vedete anche alla televisione in testa a Carlo Vanzini mentre commenta la Formula 1).
    Il venditore (di un negozio che non c'è più da anni) mi assicurò che ne aveva un paio anche Carlo Maria Giulini. Ne dubito. E poi io non sono mai stato un grande fan del Maestro italiano.
    Ma comunque comprai quelle cuffie.

    Che ho ancora in testa in questo momento.
    Sono cuffie abbastanza difficili da usare. Scomode come nessun'altra, dure di impedenza, basse di sensibilità. Irte di compromessi.
    Con una risposta sul basso che dipende molto da come le tenete in testa.
    Ma ancora oggi con una gamma alta che se ascoltate Diana Krall cantare vi sembra di ... poterla toccare 


    Elecrostat-Dynamic Systems : made in Austria

    il cavo è fisso, spiralato, like a pro.


    l'intera struttura è in plastica. Abbastanza cedevole. Sinceramente a guardarle non si direbbe che siano operative da trentasei anni senza un inconveniente ...

    il jack è da 6.3 mm, all'epoca era impensabile che delle cuffie serie avessero il mini-jack. In alluminio. Niente doratura.
    Leggermente ossidate come l'unica parte del copripadiglione in metallo.


    l'unica concessione alla comodità : la bombatura in plastica morbida sotto l'archetto.

    ho lasciato la polvere apposta. Devono sembrare vissute : lo sono !
    Ricordo sempre che le ho prestate per mesi alla moglie di un mio amico mentre era incinta della prima figlia. Oggi violinista 


    all'epoca AKG costruiva tutto in casa. Adesso costruisce le cuffie da 1500 euro in Slovacchia e quelle da 150 euro in Cina. I guasti di essere passata al gruppo Harman che le ha assicurato la sopravvivenza ma l'ha anche un pò avvilita.
    Cercate un modello serio nel loro catalogo e farete un pò fatica a trovarlo.
    Delle tre case storiche centro-europee, AKG è certamente quella che è sopravvissuta peggio alla sua fama.

    sul mio pre-DAC Audio-GD R28 : è necessario passare in modalità H alta corrente, oppure dovete portare il volume a fondo scala per sentire qualche cosa !
    Difetto tipico di tutte queste cuffie.
    Sono chiuse e quindi è necessario che non ci siano aperture nei padiglioni mentre le calzate.
    Però le mie orecchie non ci stanno dentro e quindi non c'è modo di avere una chiusura decente sulle orecchie che comunque sono sottoposte a pressione.
    Qui le ho fotografate mentre le stavo misurando.
    E a proposito di misura, a testimonianza di quanto sto dicendo, a seconda che siano calzate in un modo o premendo il padiglione sulle orecchie, la risposta cambia diametralmente.

    posizione normale

    risposta con il padiglione appoggiato sulle orecchie oppure premuto sulle stesse

    due cuffie differenti

    le mie orecchie dentro a quel circolino non ci entrano. Tenerle per più di mezz'ora addosso è una tortura.
    Ma come facevo ?
     


    le due risposte : con i padiglioni pressati sulle orecchie e con i padiglioni rilassati.
    A parte l'eclatante differenza sui bassi e sui medio-bassi ... ma persino su una parte dei medi, la parte alta è molto tormentata, più o meno all'altezza dell'incrocio tra i due driver ci sono due gobbe.
    L'incontrario della neutralità d'ascolto.
    A lungo usarle è affaticante, il suono è confuso, caratterizzato da questi picchi. A parte che è una vera tortura portarle.
    Insomma, mi domando come facessi all'epoca, forse sono responsabili della mia scarsa passione per le cuffie.
    Per fortuna che oggi la tecnologia ci ha offerto salti avanti di qualità impensabili. Altrimenti ...
    Specifiche :
    AKG 
    tipo : sovraurali, chiuse, ibrido : elettrostatico sugli alti, dinamico sui medio-bassi, crossover a 6db intorno ai 4000 Hz, senza necessità di adattatore di tensione
    peso : 385 grammi
    impedenza : 400 Ohm
    cavo : spiralato con pin-jack da 6.3 mm
    prezzo all'epoca della commercializzazione (anni '80 del XX secolo) : 250.000 lire
  21. M&M

    Recensioni Audio
    Sintesi della prova :
    Punti di forza
    costruiti come gli Apple, sono oggetti realmente premium, non solo per il prezzo.
    Ci sono aggeggi cinesi su Amazon che promettono cose simili per 57 euro e 50. Li ho provati. E buttati ! tanta tecnologia in un involucro compatto. Sei altoparlanti, sei amplificatori, infrastruttura di rete, cross-over, dsp totale assenza di rimbombi, risonanze, distorsioni, senza necessità di impiego di pannelli assorbenti, punte, distanziali, solette. Metteteli dove vi pare suoneranno come vi piacerà immediatezza di messa in opera. La configurazione è guidata ed a prova di bomba. Durante la prova ho cambiato l'access point del wi-fi con un modello più potente.
    E' bastato farli ripartire perchè rientrassero in rete senza alcun intervento nel software l'app è a prova di bomba.Non ci sono incertezze, né ritardi. E' il minimo aspettarsi un funzionamento privo di grattacapi. Purtroppo la realtà è spessissimo ben distante dalle promesse.
    Anche in questo aspetto (oltre che nell'hardware e nella confezione, nei dettagli, mi ricordano Apple) se alzate il volume : suonano forte (5a di Beethoven in questo momento !). volendo (ma io non ho più nulla di "analogico" in casa) si può collegare un apparecchio hi-fi per la presina mini-jack ed usare lo speaker per riprodurne il suono di debolezza
    almeno allo stato attuale (non so nulla dell'imminente aggiornamento della piattaforma) la riproduzione è limitata nella risoluzione dei file eventualmente presenti nella rete locale _____________________
     

    Già si vede dalla confezione, l'imballo ha una sicurezza, se non si rimuove quella, la scatola non si apre.
    E la qualità si conferma prendendo in mano l'oggetto e toccandolo.
    E' solido e concreto. Pesa più di quello che le dimensioni farebbero pensare.
    Non c'è accenno di risonanza e questo è importante.
    Ho esperienza di monitor professionali attivi (per chi non ha dimestichezza con il termine, parlo di diffusori amplificati internamente, che si usano normalmente nelle sale di registrazione per verificare il missaggio) con la "cassa" tanto ballerina che al tatto risuona.
    E che necessitano in genere, per evitare rimbombi e risonanze, di un bel setto spugnoso sotto al mobile per disaccoppiarlo dal piano dove lo si mette a suonare.
    Questo Sonos Play:5 invece al tatto è totalmente sordo.
    Ed è anche del tutto refrattario al posizionamento. Nel senso che può stare in campo aperto, con aria sui 5 lati, oppure a parete, scaffale, coricato o in piedi, il suono resta sempre pulito e limpido, senza code.
    Certo non ha un cono enorme a riprodurre il basso, ma probabilmente la scelta di mettere tre piccoli mid-woofer che suonano insieme deve essere stata influenzata da questa esigenza.
    Come quella di avere tre tweeter per le vie alte. E un totale di 6 amplificatori dedicati. Oltre al filtro, l'infrastruttura di rete, di comunicazione e di controllo.
    Insomma, piaccia o meno l'estetica, è un oggetto di fattura ragguardevole che tradisce la progettazione Made in Usa, e che mi fa pensare solo ad Apple, giusto come riferimento.
    Stesso discorso sul lato software, assolutamente fondamentale negli speaker di rete wireless. Perchè potremmo avere un poderoso monitor in grado di scuotere le pareti ma se non si connette o se è sempre sconnesso quando vorresti sentirlo suonare, allora non serve a niente che sia ben costruito o ben suonante.
    Invece qui abbiamo tutto insieme. Un oggetto eccellente come fattura, che suona bene e che funziona sempre nel modo in cui ti aspetteresti.

    eccolo in piedi. Sulle superfici - esclusa quella esterna - sono ricavati dei minuscoli piedini di appoggio che offrono una ulteriore via di disaccoppiamento con il piano di appoggio.
    Il diffusore può stare sia sdraiato sul lato lungo che, in piedi, su quello corto.
    In configurazione stereo con due speaker uguali sceglieremo certamente la formula in piedi. Possibilmente con i tweeter orientati all'interno e, se è possibile, posizionati alla stessa distanza dal punto di ascolto in un ideale triangolo.
    Il minimalismo dell'oggetto è massimo.
    Nella parte posteriore sono presenti tre connettori e un unico tasto.
    Al centro l'alimentazione, sotto, a sinistra, l'ingresso per il cavo di rete nel caso vogliate collegarli alla vostra ethernet cablata (motivi potrebbero essere la scarsa qualità del campo wi-fi o la presenza di interferenze), in mezzo l'ingresso linea per un mini-jack, a destra il tasto di connessione che l'App a volte vi chiederà di premere.



    lo spinotto di alimentazione è ben costruito, solido, a prova di ... strappo.
    Una volta inserito nella presa è quasi impossibile che esca senza che voi applichiate una adeguata e intenzionale forza per estrarlo.

    la griglia anteriore è a prova di urto. Sotto la protezione (che non è in tessuto ma in materiale sintetico anti-graffio, c'è una ulteriore gabbia di protezione per gli altoparlanti.
    L'unica concessione griffata è il marchio Sonos, ben posizionato e visibile.

    a scaffale o posizionato su un tavolo. Facile da ambientare ed anche da spostare.


    Sull'estetica, i gusti sono gusti. C'è chi preferisco "retro", chi il moderno. Questi rispecchiano uno stile un pò scandinavo, con superfici lisce del tutto prive di spigoli.
    Andamento morbido e rilassante.
    Sono disponibili bianchi o neri. Coordinati con eventuali altri dispositivi che potreste decidere di aggiungere alla vostra rete per popolare di musica la vostra casa.
    Bene. Bell'oggetto. Ma come suona ?
    L'impostazione sonora è comune al Sonos One Gen. 2 che ho provato contemporaneamente.
    Ottimizzato o meno, il suono è limpido, cristallino, privo di risonanze e di rimbombi.
    Con una potenza che apparentemente sembra sproporzionata per oggetti di queste dimensioni.
    D'accordo i sei altoparlanti e i sei amplificatori ma qui c'è dell'altro che non può che essere generato con l'uso sapiente di DSP.
    Sia che si usi da solo, che in coppia stereo. Sia posizionato in mezzo ad una stanza o a ridosso di una parete, il campo sonoro è generoso, potente, privo di distorsioni e chiaro.
    Ecco, l'impostazione del suono si può definire chiara ma questo non significa carente, semmai non artatamente gonfiata.
    Naturalmente anche qui il basso non potrà essere quello dei miei diffusori principali (che hanno ognuno 2 woofer da 15 pollici e 2 woofer da 11 pollici in vetro, pilotati da un amplificatore ciascuno da 1200 W di picco) ma c'è ed è convincente.
    Psicoacustica ? Può essere.
    Nel catalogo Sonos c'è un subwoofer intrigante che si può sempre aggiungere in un secondo momento io però non ne ho mai sentito un effettivo bisogno e comunque bisognerebbe sentire dal vivo se l'aggiunta ha senso o se, al contrario, rischia di rovinare l'equilibrio del sistema
    Li ho provati anche in modalità "party" due Play:5 e uno One Gen. 2, e assicuro che possono sonorizzare bene una stanza anche di ampie dimensioni.
    Magari non a livelli da concerto heavy metal ma certamente non sarà questo il motivo per cui uno si andrà a comprare questi apparecchi.
    Insomma, suono premium, ulteriormente perfezionabile sia con l'Ottimizzazione permessa dall'App (che si fa in cinque minuti con una procedura guidata che prevede l'utilizzo del vostro iPhone come monitor/microfono) che con l'equalizzatore integrato nell'app.
    Parte software : Sonos Controller
    Ne ho parlato già diffusamente nel test dello One qui :
    Ho provato sia la versione per iPhone che quella per Android su tablet Samsung. E su PC la versione desktop.
    Ricavandone sempre una impressione di solidità operativa, affidabilità, certezza di risultato.
    Cose non di poco conto in un sistema che deve fornire semplicemente il risultato atteso senza tanti grattacapi.
    Chi si siede in poltrona o si sdraia sul divano vuole potersi rilassare ascoltando il proprio disco preferito o l'ultima novità in streaming senza dover regolare nulla.
    Accendere nulla. Verificare nessun cavo o fare altre operazioni complicate.
    Qui le cose vanno sempre come ci si attende. E passando da una stanza ad un'altra si può continuare ad ascoltare la propria musica.
    Se ad un certo momento interrompiamo, possiamo essere sicuri che anche a distanza di ore o di giorni, premendo play lo/gli speaker riprenderanno a suonare dal punto di interruzione.
    Devo ammettere che l'effetto stereo (i due Play:5 in piedi e configurati per suonare i due canali sinistro e destro) mi ha sorpreso, considerando la mia provenienza "tradizionale" e il fatto che non c'è alcuna interconnessione tra i due canali ma solo la gestione via software in wi-fi.
    Una schermata dall'App desktop in una configurazione di un certo momento durante il lungo test. Stavo ascoltando un album in stereo, mentre in un'altra stanza ne andava un'altro.

    Meraviglia delle meraviglie, tutti gli speaker vengono visti come renderer di rete anche da server più evoluti.
    Qui la mia installazione di JRiver Media Player versione 26 che sta mandando sulla coppia di Play:5 in stereo un brano presente sul mio NAS registrato in alta risoluzione.
    Operazione effettuata con due click e nessun ritardo di risposta.
    Fantastico !

     
    Conclusioni :
    Mentre riepilogo le mie impressioni su questi speaker Mark Knopfler e la sia chitarra intonano le prime note di Brothers in Arms.
    Il volume è a 2/3. Ho incrementato un filo i bassi e ridotto di altrettanto gli alti. E' inserito il Loudness.
    Il risultato è credibilissimo e godibilissimo. Anzi, abbasserei un pochino il volume perchè è addirittura troppo in casa.
    Sto suonando il disco dallo streaming di Qobuz e il mio abbonamento.
    Ma potrebbe essere residente ovunque in rete.
    Oppure intercettato in una radio online (è attivo un servizio radio da Sonos, per esempio).
    Con il dito cerco tra i miei preferiti, l'ultimo disco di jazz vocale di Silje Nergaard e la sua voce compare nel tempo di premere, chiarissima, in avanti, con il piano indietro.
    Il suono resta di tipo "monitor" che può o meno incontrare i gusti dell'ascoltatore. Io ho sempre gradito questa impostazione e quindi sono soddisfatto.
    Altri dovrebbero ascoltarlo in uno showroom se è possibile. Almeno prima di fare l'investimento completo di due speaker e subwoofer e dotarsi in un colpo solo di un impianto che toglie dai piedi ogni forma tradizionale di amplificazione/conversione/cavetteria/discoteca.
    Giusto per la spesa complessiva da affrontare, non indifferente.
    Ma a livello di singolo speaker e per avere un suono pieno e corretto, concreto su ogni tipo di programma musicale e per ogni tipo di sorgente, sinceramente consiglierei ad occhi chiusi chi abbia esigenze di potenza e diffusione superiori al già generoso One.
    Io francamente non sono riuscito a trovare nemmeno un difetto.
    Sarà che avevo aspettative abbastanza basse (per esperienze precedenti) e questi apparecchi le hanno superate di diversi ordini di grandezza.
    Sarà che io sono poco sofisticato nelle mie esigenze che sono semplicemente quelle di poter ascoltare quello che voglio, nel momento in cui ne ho voglia, senza dover fare operazioni noiose e con la certezza di una risposta immediata al mio "comando".
    Mi hanno segnalato che mentre io provavo questi, Sonos ha aggiornato il catalogo e c'è stato un avvicendamento. Il Play:5 è diventato Play Five.
    Stessa estetica ma con la disponibilità anche del bianco/grigio. Hardware potenziato coerentemente con gli altri dispositivi della nuova generazione.
    Per giugno è annunciata anche una nuova versione dell'App con una piattaforma annunciata.
    A testimonianza della cura e dell'impegno di Sonos a mantenere up-to-date la sua linea di prodotti.
    Insomma, in estrema sintesi, esperienza pienamente positiva.
  22. M&M
    Handel's Heroines
    Concerto Live dell'Academy of Ancient Music di Cambridge del 12 marzo 2020
    Disponibile sul canale Youtube della stessa Academy
    Soprani : Mary Bevan e Jennifer France, direttore Laurence Cummings
    ***
    Ascoltato con Hifiman Jade II via Stax SRM-006t
    E' una gioia vedere, almeno in video un concerto pubblico.
    E' altrettanto una gioia vedere che la mirabile Academy of Ancient Music, fondata quando ero ragazzo dall'indimenticabile Christopher Hogwood gode di tanta salute e di lustro.
    Programma "ultra classico" e sicuro con una serie di brani musicali e arie da opere e oratori di Handel, sia in italiano che in inglese per la bellezza di un'ora e 45 minuti.
    Si apprezza il suono morbido e leggero, sempre firma inconfondibile dell'orchestra, sotto la guida del bravo Cummings che dirige al cembalo alternando la tastiera a quella di un piccolo organo positivo.
    Resta una formazione piccola, formata da splendidi solisti. Ottimo il primo violino James Toll e i fiati tutti, in particolare l'oboe.
    Ben accoppiate le due eroine che già nell'abito differenziano il ruolo, brillante ed estroversa Jennifer Frances, in rosso, scura e drammatica Mary Bevan, in nero.

    Jennifer Frances ha una dizione italiana ... un pò claudicante ma si rifà con un timbro molto brillante e un'articolazione abbastanza elastica

    Mary Bevan ha perfezionato il suo italiano (le ho fatto personalmente i complimenti via Twitter) ed alterna ottime arie italiane ad eccellenti testi inglesi
    Ma sono pronte a scambiarsi ruolo, come 'Verso gia l'alma col sangue' della Frances che interpreta con grande spirito drammatico anche se il suo massimo - con applausi scroscianti - lo da nella 'O Ecstasy of Happiness' and 'Myself I shall adore', aria tardiva dal Semele.
    Bellissimo finale con la meravigliosa ouverture de "Il trionfo del Tempo e del Disinganno" che apre al duetto 'Troppo oltraggi la mia fede, alma fiera' del Serse.

    in cui entrambe le protagoniste si lanciano sguardi velenosi carichi di fulmini.
    Insomma, concerto bellissimo che mi ha allietato un paio di ore. Questo è il periodo storico, musicale e artistico che più mi appassiona ed un concerto di questo livello - fortunati gli inglesi che se li possono permettere - mi fa sognare.

    Nel complesso ottima qualità del video e buona quella dell'audio, anche con un front-end di qualità assoluta (diciamo overkill) come quello elettrostatico che ho usato.
    Ma "Lascia la spina" cantata da Mary Bevan vale qualsiasi cosa ... tranne un volo fino a Cambridge, dove sarei certo troppo imbarazzato ad ammirarla per godermi la sua voce 


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