AKG K340 : l'ibrida
Considerazioni sintetiche
Pro :
- all'epoca erano un mito. Sposavano ad un prezzo umano e senza necessità di un amplificatore speciale, le specifiche delle cuffie dinamiche a quelle delle elettrostatiche
- sono ancora un mito, molto apprezzate, si trovano usate (funzionanti a distanza di 36 anni) a prezzi simili a quelli dell'epoca e sono oggetto di modding più o meno efficaci che ne migliorino le prestazioni
- la gamma media e alta è portentosa. Le voci femminili sono sensazionali. Anche gli archi
Contro :
- di contro sono pessime sui bassi e la gamma medio bassa è melmosa a dirla tutta
- il suono è squilibrato
- per avere un basso decente bisogna premersele letteralmente sulle orecchie
- la costruzione è di fattura pessima (e sono generoso : è un miracolo che funzionino ancora)
- ogni cuffia di oggi se le mangia sotto tutti gli aspetti tranne che nel fascino
- è una tortura portarle per più di mezz'ora (letteralmente)
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In primo piano le AKG K712 Pro, modello di fascia reference attuale, più o meno corrispondete alle K340 che nel 1984 erano il modello di punta di AKG prima dell'uscita delle mitiche K1000.
Ricordo quando le acquistai nel 1984. Avevo ancora la grande impressione suscitatami dalle Stax ascoltate in negozio. Ma non potevo arrivare ad una elettrostatica pura, sia per il costo delle cuffie che per l'amplificatore necessario per elevarne la tensione di alimentazione.
Il sogno di avere le Stax si è materializzato solo oltre 20 anni dopo.
Ma le AKG K340 permettevano con una spesa accettabile (poco più del costo di un amplificatore in voga all'epoca come il NAD 2020) di avere almeno la gamma alta elettrostatica.
L'idea era geniale. Accoppiare una membrana dinamica ad un emettitore elettrostatico capace di lavorare ad una tensione normale.
Un crossover passivo in mezzo di taglio dolce. La struttura tipica di AKG che si mantiene ancora oggi sulle cuffie professionali da studio (quelle che vedete anche alla televisione in testa a Carlo Vanzini mentre commenta la Formula 1).
Il venditore (di un negozio che non c'è più da anni) mi assicurò che ne aveva un paio anche Carlo Maria Giulini. Ne dubito. E poi io non sono mai stato un grande fan del Maestro italiano.
Ma comunque comprai quelle cuffie.
Che ho ancora in testa in questo momento.
Sono cuffie abbastanza difficili da usare. Scomode come nessun'altra, dure di impedenza, basse di sensibilità. Irte di compromessi.
Con una risposta sul basso che dipende molto da come le tenete in testa.
Ma ancora oggi con una gamma alta che se ascoltate Diana Krall cantare vi sembra di ... poterla toccare
Elecrostat-Dynamic Systems : made in Austria
il cavo è fisso, spiralato, like a pro.
l'intera struttura è in plastica. Abbastanza cedevole. Sinceramente a guardarle non si direbbe che siano operative da trentasei anni senza un inconveniente ...
il jack è da 6.3 mm, all'epoca era impensabile che delle cuffie serie avessero il mini-jack. In alluminio. Niente doratura.
Leggermente ossidate come l'unica parte del copripadiglione in metallo.
l'unica concessione alla comodità : la bombatura in plastica morbida sotto l'archetto.
ho lasciato la polvere apposta. Devono sembrare vissute : lo sono !
Ricordo sempre che le ho prestate per mesi alla moglie di un mio amico mentre era incinta della prima figlia. Oggi violinista
all'epoca AKG costruiva tutto in casa. Adesso costruisce le cuffie da 1500 euro in Slovacchia e quelle da 150 euro in Cina. I guasti di essere passata al gruppo Harman che le ha assicurato la sopravvivenza ma l'ha anche un pò avvilita.
Cercate un modello serio nel loro catalogo e farete un pò fatica a trovarlo.
Delle tre case storiche centro-europee, AKG è certamente quella che è sopravvissuta peggio alla sua fama.
sul mio pre-DAC Audio-GD R28 : è necessario passare in modalità H alta corrente, oppure dovete portare il volume a fondo scala per sentire qualche cosa !
Difetto tipico di tutte queste cuffie.
Sono chiuse e quindi è necessario che non ci siano aperture nei padiglioni mentre le calzate.
Però le mie orecchie non ci stanno dentro e quindi non c'è modo di avere una chiusura decente sulle orecchie che comunque sono sottoposte a pressione.
Qui le ho fotografate mentre le stavo misurando.
E a proposito di misura, a testimonianza di quanto sto dicendo, a seconda che siano calzate in un modo o premendo il padiglione sulle orecchie, la risposta cambia diametralmente.
posizione normale
risposta con il padiglione appoggiato sulle orecchie oppure premuto sulle stesse
due cuffie differenti
le mie orecchie dentro a quel circolino non ci entrano. Tenerle per più di mezz'ora addosso è una tortura.
Ma come facevo ?
le due risposte : con i padiglioni pressati sulle orecchie e con i padiglioni rilassati.
A parte l'eclatante differenza sui bassi e sui medio-bassi ... ma persino su una parte dei medi, la parte alta è molto tormentata, più o meno all'altezza dell'incrocio tra i due driver ci sono due gobbe.
L'incontrario della neutralità d'ascolto.
A lungo usarle è affaticante, il suono è confuso, caratterizzato da questi picchi. A parte che è una vera tortura portarle.
Insomma, mi domando come facessi all'epoca, forse sono responsabili della mia scarsa passione per le cuffie.
Per fortuna che oggi la tecnologia ci ha offerto salti avanti di qualità impensabili. Altrimenti ...
Specifiche :
AKG
tipo : sovraurali, chiuse, ibrido : elettrostatico sugli alti, dinamico sui medio-bassi, crossover a 6db intorno ai 4000 Hz, senza necessità di adattatore di tensione
peso : 385 grammi
impedenza : 400 Ohm
cavo : spiralato con pin-jack da 6.3 mm
prezzo all'epoca della commercializzazione (anni '80 del XX secolo) : 250.000 lire
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