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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 08/01/2021 in tutte le aree

  1. Dopo l'imperatore, arrivano i Dragoni. Si tratta delle Aeshna. Anche loro sono libellule grandi, appena più corte di Anax imperator, ma più vivaci nei colori. Non so il perchè il nome comune in italiano di queste libellule sia Dragone, però gli sta bene. Il nome Aeshna invece pare che non abbia un significato, qualcuno suggesisce che sia una corruzione del nome greco Aechma che vuol dire "dardo", se fosse vero sarebbe azzeccato, perchè in volo sono delle vere frecce. I Dragoni sono molto belli a vedersi per via della varietà dei colori, come al solito più spiccata nei maschi. Come Anax, sono velocissimi ed instancabili nel pattugliare il territorio, di solito al bordo degli specchi d'acqua, ma seguono rotte più prevedibili e si fermano più spesso a fare l'hovering, il volo stazionario, fermi in aria. Questo fa sì che sia spesso più facile cogliere in volo un Dragone che non un Imperatore. Di Dragoni (cioè di Aeshna) ci sono diverse specie in Italia, ciascuna col suo nome "italiano". Tra quelle che ho fotografato: Il Dragone autunnale (Aeshna mixta) che è più che altro estivo, è molto comune e abbastanza facile da fotografare quando i maschi controllano il territorio di riproduzione a bassa quota, fermandosi spesso a mezz'aria, vicino alla vegetazione, questo crea uno sfondo caratteristico ed evita che l'obiettivo si perda a focheggiare all'inifinito. Inizia l'accoppiamento, il maschio ha agganciato la femmina dietro la testa Poi la femmina aggancia i suoi genitali con quelli dei maschio, che sono appena dietro al torace. Il Dragone verdeazzurro (Aeshna cyanea), preferisce zone ombreggiate, ha un volo molto irregolare, è gelosissimo del suo territorio, sempre impegnato a ispezionare ogni angolo per scacciare i maschi rivali. E' anche molto curioso, mi è capitato più volte che qualcuno di questi maschi mi volasse incontro, come per controllare chi o cosa fossi, con mia grande gioia. La loro curiosità, estesa anche al sorvolo dei prati a bassa quota, ogni tanto però li rende preda dei ... gatti . Stava venendo a vedere se ero pericoloso oppure commestibile, mi sono immobilizzato puntandolo e... eccolo. Il Dragone alpino, (Aeshna juncea) è molto simile al Dragone verdeazzurro, lo si distingue perchè le strisce gialle sul torace sono più sottili e qualche altro particolare qua e là Come dice il suo nome, di solito sta a quote più alte. Lo si incontra a volte in collina, ma soprattutto in montagna, dove il grande capo tribù Giovanni Giraffa Felice (per i nuovi arrivati, è uno scherzo, mi riferisco al nickname di un Nikonlander ) ha potuto fotografarne l'accoppiamento, per puro caso (grrr...). Anche lui abbastanza avvicinabile. Qui l'inquadratura è un po' ritagliata. Più che un Dragone, un Draghetto. Il Dragone occhiverdi (Aeshna isoceles o isosceles, ho trovato tutti e due i nomi). E' un po' più piccolo delle altre Aeshna e più dimesso nei colori, maschi e femmine si somigliano molto, si posa anche molto più spesso. Infatti, eccolo qui . Sogno nel cassetto.... Il Dragone Bruno (Aeshna grandis). Mi manca ; è grosso, colorato a chiazze mimetiche come un marine ed ha magnifiche ali di colore bruno dorato. E' raro, l'ho visto in Val D'Aosta ma non mi è andata bene, ahimè non sono riuscito a fotografarlo. Alla prossima. Il vostro affezionato fotografo di Libellule.
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  2. Approfittando di una rara congiunzione astrale per la quale mi è stato contemporaneamente possibile uscire di casa in quanto residente in zona gialla-Covid, contare su tempo favorevole dopo una serie di inconsuete e copiose nevicate, ed avere disponibilità di una mezza mattinata libera, ho allora approfittato per fare una breve visita al Santuario della Verna – nel Parco delle Foreste Casentinesi – e scattare le prime foto in questo nuovo Anno. Il Monte Verna con il suo Santuario è il luogo francescano più famoso dopo Assisi perché qui il Santo si recava per periodi di preghiera e penitenza, e qui ricevette le Stimmate nel 1224 dopo averlo avuto in dono dal Conte Orlando Cattani ed avervi fondato un romitorio nel quale soleva passare lunghi periodi di meditazione e di preghiera assieme ai suoi frati. Ma questo "crudo sasso intra Tevero e Arno", come lo definisce Dante Alighieri (Divina Commedia, Paradiso, canto XI), è anche uno dei luoghi simbolo di un territorio dalle bellezze naturalistiche straordinarie, tanto che è protetto dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna istituito nel 1994. Il Santuario con la neve appare ancora più mistico, magico, dove la spiritualità che si respira nel silenzio che lo circonda sembra potenziata dall’atmosfera che il bianco candore della neve dona a tutto il comprensorio. Pur tuttavia dopo tanto tempo di inattività fotografica, mi sono sentito quasi un impedito con la macchina in mano a cercare di fissare gli scatti che avevo in mente. E’ mai successo anche a voi? Ma tant’è, da qualche parte dovevo pur cominciare, e avevo forte il desiderio di fotografare e di condividere con voi questo “ritorno”. Il Santuario sorge quasi aggrappato sul Monte Verna. 1. Nel viale d’ingresso viene raccomandato il silenzio per ascoltare la spiritualità del luogo. 2. I tetti imbiancati sembrano quelli di un presepe. 3. La Basilica Maggiore, costruita a partire dal 1348 a ridosso della chiesetta di Santa Maria degli Angeli. 4. Il quadrante della Verna con la grande croce in legno che domina la vallata. 5. 6. 7. Il bel panorama che si gode dal quadrante. 8. La croce a tau, adottata come simbolo anche da San Francesco, è ognora presente. 9. 10. Grazie a chi vorrà lasciare un commento.
    3 punti
  3. Avevo quasi un anno e cinque mesi, agosto 1965, quando Vicio, mio padre, decise di smettere di chiedere in prestito a suo fratello Nino, mio zio, la sua Rolleicord e di fare il passo che non ti aspetti: entra nel miglior negozio di fotografia della città, all'interno dei portici di via Ruggero Settimo, di fronte alla sede storica del Banco di Sicilia va a parlare al banco con il Caporeparto della Fotografia, il quale vincendo le sue resistenze, lo convince a comprare una macchina in quel momento in offerta speciale, una bellissima Rolleiflex Tessar 75mm f/3,5 grigia, in offerta perchè da qualche tempo il trend è per la più luminosa (e costosa) Planar f/2,8 e di un elegantissimo, quanto poco comune, colore grigio chiaro... insieme a esposimetro incorporato (con apposito galvanometro concentrico alla ghiera di maf) borsa pronto in cuoio e tracolla con spallaccio: tutti pezzi originali Rollei, come si evince dall'ultima pagina del libretto di istruzioni (su cui mio papà indicò a penna gli accessori acquistati) il Certificato di Garanzia dell'importatore e distributore italiano, gelosamente conservato nella sua originaria busta insieme ad un simpatico e cortese messaggio augurale, autografato a penna da Franke ed Heidecke in persona.... eccola... Con questa Rolleiflex mio padre fotografò i miei primi anni di vita ed è sempre rimasta perfettamente in uso fino a quando me ne sono impadronito, dopo la gavetta fatta con la Kodak instamatic avuta a 10 anni per la Prima Comunione. Ma già da prima della Kodak, mio padre mi aveva insegnato ad usare la sua Rollei, che già dai 16 anni avevo ulteriormente imparato a padroneggiare Solamente l'arrivo nelle mie mani, molti anni dopo, della mia prima Nikon, mi fece posare temporaneamente la Rolleiflex nata per fotografarmi da piccolo, per poi riprendere ad utilizzarla nelle prime occasioni in cui iniziai la mia attività di fotografo ai matrimoni ! Senza colpo ferire, a 56 anni di età, questa Rolleiflex sarebbe pronta ad assolvere al suo compito ancora oggi. Il grande flash Heiland a lampade con cui l'ho ritratta qui, è uno degli accessori con i quali, grazie ad ebay, negli anni l'ho completata di tante di quelle cose che papà avrebbe desiderato comprare, ma che per motivi di forza maggiore e di un interesse a fotografare che in lui diminuì progressivamente rispetto a quanto aumentava in me, non aveva più coltivato. Paraluce, pentaprisma (al posto del mirino a pozzetto), filtri, riduttori di formato, dorsi pellicola anche 135, il sistema Rollei era di una completezza sconcertante. Quanto limitata dalla struttura biottica, che comportò costi esorbitanti per le versioni wide e tele che pure furono commercializzate e vendute a professionisti di tutto il mondo. Io mi accontentai di acquistare lenti addizionali per accorciare la distanza minima di maf, effettivamente elevata data la struttura ottica che fomentava errore di parallasse in inquadratura, correggibile ma non sempre eliminabile, alle corte distanze di focheggiatura. Il cappuccio che si alzava per consentire la classica messa a fuoco a pozzetto, con i soggetti che sul vetro smerigliato si muovevano in senso opposto a quello reale, giusta l'assenza di nun prisma raddrizzatore dell'immagine riflessa dallo specchio posto dietro l'obiettivo di mira... difficile sulle prime abituarsi a questo aspetto... la piastra frontale del cappuccio che si poteva abbattere di 45°, per consentire la mira sportiva dall'apposito quadrato appositamente dimensionato sul lato posteriore del cappuccio stesso: era il modo preferito dai paparazzi e dai fotografi di cronaca: t/125 f/8 ed iperfocale in funzione della sensibilità del film... la tabella delle esposizioni sul dorso, basata sulla classica regola del 16: pellicola da 100 ASA? allora f/16 t/100 con cielo chiaro, f/11 t/100 con cielo velato, f/8 t/100 con cielo nuvoloso... e così via: i pittogrammi sul dorso della Rollei, serigrafati, sono una piccola opera d'arte moderna dellla metà del 900 !!! come detto, esposimetro a galvanometro sulla ghiera della messa a fuoco (con i riferimenti della pdc dell'obiettivo sul fianco sx): si imposta la sensibilità film sulle due scale ASA o DIN (USA vs Deutschland) e sulla finestrella superiore dell'esposimetro compare un indice sulla scala EV. Si imposta il valore indicato con l'accoppiatore tempo/diaframma, di fianco all'obiettivo Tessar e si ottengono in tempo reale tutte le possibili accoppiate in funzione della misurazione effettuata. Come in un moderno FlexiProgram... leva di avvolgimento forgiata in alluminio da pezzo unico, pulsanti a molla, contafotogrammi, sinchro flash coi diversi tipi di flash allora disponibili...compresi quelli elettronici ! La mia Rolleiflax Tessar era una macchina completa fin da subito, per chi volesse imparare a capire l'essenza della fotografia. pressapellicola molto leggero (ma indeformato dopo tutto questo tempo) la Rolleiflex obbligava come tutte le medioformato a gestire il rullo di pellicola 120 di formato 6x6 (ma come detto esiste il riduttore di formato a 6x4,5 ed anche quello per 4x4 e per 24x36) spostando il rocchetto della pellicola, una volta esposta, al posto di ricevitore per la successiva pellicola. Una palestra che faceva imparare a operare in luce attenuata, per scongiurare il pericolo di far prender luce al rullo appena esposto: l'ultimo atto del fotografare era il sapore amaro sulla punta della lingua, della striscetta di carta gommata, che serviva a serrare la carta protettiva della pellicola esposta... Me lo ricordo bene ! Questa macchina mi accompagnerà fino all'ultimo dei miei giorni: essa è la Capostipite non solo della mia passione per le attrezzature fotografiche, ma sopratutto della mia voglia di fotografare... Max Aquila photo (C) per Nikonland on my Club
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  4. Il Valdarno Superiore, confinante con l’Aretino, la Val di Chiana, la Val di Sieve, le colline del Chianti, il Pratomagno e l’area fiorentina, è una terra singolare e pittoresca. La zona emerse in età preistorica dal naturale fluire delle acque di un lago che invadeva il bacino alla fine dell’era terziaria. Oggi è tutta un susseguirsi di dolci declivi e calanchi dove i colori esplodono. Il verde dei pini sulla sommità delle Balze giallastre, l’argento degli uliveti che si alternano alle vigne e il blu del cielo toscano sono i colori predominanti. Per tutta la valle svettano i campanili dei paesi e le torri degli antichi borghi, pievi e castelli, alcuni dei quali odorano ancora di etrusco. (Z 7 - 24-70/4 S - a 70 mm 1/100 f. 4 Iso 2200) Classico esempio di borgo con campanili e torri - foto del 26.11.2019 Oppure in posizione dominante come ll castello di Nipozzano (Z 7 - 70-200/2,8 S a 70mm - 1/160 f. 6.3 Iso 64) Ed è qui, in questo clima di ritrovata pace, che il primo e più grande “testimonial del Valdarno Superiore”, Leonardo da Vinci, veniva a ispirarsi. Chissà quante volte avrà percorso la strada dei Setteponti e soffermandosi a osservare l’originalità di questa valle, le sue incredibili Balze. Loc. Botriolo - foto del 15.02.2018 (D 850 e Sigma 24-35/2 a 24mm 1/25 f. 8 Iso 100) La nebbia è in effetti un fenomeno naturale caratteristico di tutto il Valdarno, data la sua origine lacustre. In autunno ed in inverno quando non è troppo freddo, favorisce il formarsi della nebbia. Ai tempi di Leonardo da Vinci la valle non era ancora completamente bonificata e tale evento atmosferico era molto più frequente e consistenze di adesso. Anche le Balze del Valdarno in quel periodo erano di maggior entità di oggi a causa della loro erosione costante ed inarrestabile. Gli scenari preferiti di Leonardo da Vinci erano spesso brumosi, avvolti dal mistero, tra la foschia e luci crepuscolari. Lo si può vedere anche nel paesaggio della Gioconda, ma non solo. E se ci fossero ancora dei dubbi, ecco come Leonardo descriveva la Valle dell’Arno nei suoi manoscritti tratti dal Codice Leicester o Codice Hammer: “Dal Valdarno di Sopra insino ad Arezzo si creava uno secondo lago il quale occupava tutta la detta valle di sopra per ispazio di 40 miglia di lunghezza. Questa valle riceve sopra il suo fondo tutta la terra portata dall’acque di quella intorbidata, la quale ancora si vede a piedi del Prato Magno restare altissima e infra essa terra si vede le profonde segnature de’ fiumi che quivi son passati, li quali discendono dal gran monte di Prato Magno” In poche righe, la perfetta spiegazione dell’origine lacustre del Valdarno Superiore e di come si sono formate le Balze. Affermazioni scritte di suo pugno a certificare l’attenzione che il Genio riservava alla vallata. Inoltre i suoi studi hanno dimostrato come le conchiglie fossili ritrovate nella zona non fossero una conseguenza del ritiro delle acque del Diluvio Universale, come si credeva fino ad allora, ma il frutto del prosciugamento de lago originario dovuto a un clima molto più caldo di adesso. Questo preambolo per dare un’idea di cosa è e come si è formato nei tempi il Valdarno Superiore; infatti, essendo questo territorio una grande conca ospita spesso (da ottobre a tutto aprile) la nebbia. Pertanto, nei tre giorni prima delle feste, nei quali la Toscana è tornata di colore giallo, ho approfittato per alcune uscite mattutine per tornare a fotografare ed ho scelto di immortalare la fastidiosa, malsana e pericolosa nebbia, ma che a volte riesce ad essere anche un fenomeno suggestivo. (Z 7 70-200/2,8S a 135mm 1/200 f.5,6 Iso 90) Alle prime luci dell'alba, veduta della valle dell'Arno da Pietrapiana. in alto a destra Domina sulla valle la Fattoria di Antica (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/200 f.5,6 Iso 64) Sempre alle prime luci del mattino, vista dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, il Valdarno e la confluenza con la Sieve immersi nella nebbia. Di fronte domina il Castello di Volognano. Sempre dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, la Valle dell'Arno. (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/200 f.5,6 Iso 90) Sempre dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, la Valle dell'Arno. (Z 7 70-200/2,8S a 135mm 1/200 f.5,6 Iso 80) (Z 7 70-200/2,8S a 185mm 1/160 f.6,3 Iso 64) Sempre dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, dalla nebbia emergono sempre castelli e campanili, quello di fronte è il Castello di Volognano, mentre in lontananza si scorge l'Abetone già ammantato di bianco. Lungo la strada che porta a Pelago, in alto si scorge la Fattoria di Altomena (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/160 f.6,3 Iso 64) Valle della Sieve prossima alla confluenza con l'Arno, vista dalle vigne di Nipozzano (Z 7 70-200/2,8S a 120mm 1/200 f. 6,3 Iso 64) (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/200 f. 6,3 Iso 64) Sempre dai possedimenti del Castello di Nipozzano, la confluenza fra la Val di Sieve ed il Valdarno. Il cipresso è un'altra caratteristica del paesaggio Toscano e quindi anche del Valdarno. (Z 7 70-200/2,8S a 200mm 1/800 f.6,3 Iso 80) (Z 7 70-200/2,8S a 200mm 1/200 f.5,6 Iso 64) Il Castello di Nipozzano circondato dai suoi vigneti (proprietà Frescobaldi) che domina la vallata dell'Arno e della Sieve e, come si può notare, solo lambito dalla nebbia che raramente riesce ad avvolgerlo. Nella speranza che il 2021 allenti la stretta ai movimenti e si possa tornare a fotografare tranquillamente e dove ci pare e piace.
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  5. Di sicuro, ci sarà sempre chi guarderà solo la tecnica e si chiederà “come”, mentre altri di natura più curiosa si chiederanno “perché”. (Man Ray)
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  6. Mentre lo guardi.... io ho comprato il primo
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  7. Gli aerei mi piacciono, ai tempi delle scuole medie avevo montato 67 modelli di caccia e bombardieri della Seconda Guerra Mondiale, poi i miei interessi naturalistici hanno preso il sopravvento. Gli aerei rimangono comunque fra le cose che mi piacciono di più tra quelle non animate che si muovono. Non sono certo capace di fotografarli, ma ho pensato che un piccolo post su un fotografo nikonista specializzato in questo difficilissimo genere potesse piacere a qualcuno . Katsuhiko Tokunaga, classe 1957, è un fotografo "nikonista" giapponese (ovvio) specializzato nelle riprese air-to-air di aerei militari e pattuglie acrobatiche. Katsuhiko Tokunaga. Ha cominciato la sua singolare carriera nel 1978 su un aereo dell'USAF, un T-33A Shooting Star e da allora ha volato su oltre cinquanta jet da caccia e non, superando le 1400 ore di volo. T-33A Shooting Star (foto non di Tokunaga, pubblicata solo per far vedere l'aereo) Tra l'altro ha volato con, e fotografato per, le maggiori pattuglie acrobatiche del mondo, comprese le nostre Frecce Tricolori. Oltre ai suoi progetti fotografici personali, ha fotografato su commissione per conto di diversi fabbricanti di aerei come ad esempio Airbus Military/Eurofighter, Dassault, Embraer, Lockheed, Mikoyan, Saab e la russa Sukhoi. Ha realizzato anche reportages/portfolio di sequenze di addestramento e simulazioni di battaglie. Un Saab Gripen ripreso da Tokunaga nei cieli degli emirati Arabi Uniti (2008) Due Saab Draken ripresi da Tokuunaga nel 2005 in Austria Le nostre Frecce Tricolori insieme alla Pattuglia Acrobatica degli Emirati, ripresa in Dubai mel 2015. Due Kawasaki T4 della pattuglia acrobatica Giapponese (Blue Impulse), ripresa a Matsushima nel 2015 Ha pubblicato anche diversi libri fra cui 'Super Blue' (l'ultimo è Super Blue 3, un mastodontico volume di oltre 300 pagine) e 'Top Teams'. La rivista Air & Space Magazine di lui scrive: "dite il nome di un jet qualsiasi è probabilmente Katsuhiko Tokunaga l'ha fotografato. Per quasi 40 anni è stato il maestro della fotografia aerea." Foto (c) di Katsuhiko Tokunaga (o in altro caso, degli aventi diritto) qui riprodotte solo a scopo di illustrarne l'opera.
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  8. Chi segue Nikonland sa benissimo che le libellule sono i miei soggetti preferiti per la fotografia ravvicinata. Ho già scritto diversi articoli su come mi piace fotografarle, qui voglio raccontare qualcosa di un po' diverso. Voglio descrivere le libellule che ho fotografato, non proprio in modo scientifico, da manuale, piuttosto, cerco di ritrarre il loro carattere, le impressioni (o sensazioni), che mi da' il vederle. Qualcosa di più personale, però senza cadere nel tranello dell' "umanizzare" gli animali, cioè senza affibbiare loro caratteri, sentimenti e atteggiamenti che non hanno. Gli animali sono belli per quello che sono, anzi sono più belli quando li si conosce per come sono realmente.Così cerco di cogliere posture interessanti, ma sempre spontanee, naturali, oppure attività come la riproduzione, il volo, la deposizione delle uova, che rendono più vivace l'immagine. Sempre per gusto personale, se posso evito gli sfondi neri, se non posso, allora me li tengo. Chiaramente, nel fotografarli non voglio essere asettico, anche per me la scelta di luce, sfondo ed inquadratura sono fondamentali per rendere bello, o almeno piacevole lo scatto, per personalizzarlo, per interpretare il soggetto e, si spera, trasmettere a chi vede quel che mi ha colpito. Qualche volta uso anche il bianco e nero per evidenziare una postura od una situazione particolarmente "grafica". Per il mio sentire, questo basta. Ma sugli aspetti fotografici e le motivazioni, se serve, ci tornerò alla fine del diario. Adesso si comincia. Gli Odonati sono il grande gruppo che comprende le Libellule, ma contiene due "tipologie" diverse, una comprende le Damigelle (Zigotteri) più piccole, e l'altro le Libellule vere e proprie. Io fotografo tutte e due, però preferisco le libellule, quindi il diario racconterà di loro, non di tutte quelle che ho fotografato, perchè sarebbero troppe, quelle più interessanti a mio vedere. Potrei anche concludere con quelle che non ho ancora fotografato... La prima è l'Imperatore, come è doveroso. Libellula Imperatore (Anax imperator). Anax (e Wanax) in greco antico vuol dire "colui che comanda, il dominatore, il re". Nome meritato per la più grossa libellula italiana. E' bello vederla in volo con i grandi occhi verde/blu, il torace verde chiaro brillante e il lungo addome blu nei maschi maturi (e in qualche femmina vecchia) e verde nelle femmine, sempre rigato di nero. L'Imperatore è veloce, saettante, si posa raramente, e quando lo fa, come quasi tutte le grandi libellule, si appende sotto al sostegno. Pattuglia senza sosta lo specchio d'acqua che è il suo territorio, scacciando i rivali e cacciando tutto quello che può mangiare, comprese le libellule appena più piccole. Spesso si sentono i sonori "frr!" dello sbattere delle ali di due combattenti In volo tiene l'addome leggermente arcuato verso il basso, il che la rende riconoscibile al primo colpo. E' piuttosto diffidente e di solito occorre una lunga focale per fotografarla in attività. Per riprenderla in volo ci vuole pazienza, individuare le sue rotte, fissare l'obiettivo su un punto ed aspettare pazientemente che ci ricapiti, se si ha fortuna la si coglie mentre fa hovering (volo stazionario), immobile sia pure per pochi istanti. Quando la femmina depone le uova, si ha un'occasione per foto più particolari, ma anche se impegnata, meglio stare a distanza, se no potrebbe finire per accorgersi di noi, sentirsi minacciata ed involarsi. Bisogna soprattutto fare attenzione a dove cade la nostra ombra. Ecco un piccolo ritratto dell'Imperatore. Alla prossima (se volete). Datemi un feedback però, se a qualcuno piace l'idea vado avanti con le puntate, se no .. no, senza problemi. E poi vi beccate Lovecraft (scherzo!).
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