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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 04/11/2018 in tutte le aree

  1. Un set improvvisato, a solo scopo dimostrativo di quanto sia facile fare focus stacking automatizzato con la Nikon Z7. Per questo ho semplicemente posato sul tavolo la mia Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio (rigorosamente Rosso Competizione come da prassi), e l'ho illuminata ... con la luce della finestra Ingredienti di questa "ricetta" : Nikon Z7 Nikon FTZ Nikon 50/1.8G (niente macro, l'obiettivo più basic che c'è) un vecchio treppiedi all-in-one Hama (30 euro da Mediaworld) Adobe Photoshop (ma esistono software alternativi, io questo uso e questo conosco !) iPhone 8 (per documentare il set) questo è uno scatto del set fatto con il mio iPhone Ho usato solo elementi alla buona, disponibili quasi per tutti per dimostrare che se la base è buona, le cose vengono bene comunque e non ci vuole questo granchè. Messa la macchina sul treppiedi (che sconsiglierei per l'uso con una reflex e un obiettivo macro serio perchè non sarebbe abbastanza stabile : qui abbiamo una cosina da un chilo circa, lo stabilizzatore integrato e la ripresa con scatto silenzioso a tutta prova, per eliminare le vibrazioni). ho messo la macchina in AF--S area estesa piccola, questa è una immagine del display posteriore della macchina. ISO 200, f/2.8, priorità dei diaframmi con esposimetro su Media Ponderata. Tempo di scatto 1/4''. Poi sono andato nel menù "Fotocamera" per le impostazioni della "Ripresa con cambio di messa a fuoco" : ho scelto di fare 30 scatti, più che sufficienti per un soggetto di circa 30cm, un passo tra uno scatto e un altro di 5, nessun intervallo tra gli scatti (in generale imposto questa funzione quando scatto con il flash per dare allo stesso il tempo di ricaricare ma potrebbe essere altrettanto utile in altre circostanze fare una pausa tra uno scatto). Il blocco dell'esposizione sul primo fotogramma in questo caso è utile, visto che abbiamo un set a luce fissa. Fotografia silenziosa per utilizzare l'otturatore elettronico ed eliminare del tutto le vibrazioni - pur minime - indotte dal diaframma meccanico. A questo punto si preme Avvia. La macchina si concentra per una manciata di secondi (Preparazione) e poi inizia la sequenza di scatti in automatico. A fine sequenza viene mostrata l'ultima immagine scatta. Ecco il risultato, il primo scatto : é a fuoco la targa con il nome Giulia e l'ultimo, il 30° : é a fuoco qualche cosa oltre la coda. A questo punto per velocizzare le operazioni, ho importato le 30 immagini dentro Lightroom e le ho convertite in jpg da 1800 punti di lato. I tempi di montaggio con il mio PC che comincia a sentire il peso degli anni sulle spalle sarebbero lunghi con 30 NEF da 45 megapixel ... ma è comunque una cosa che si può fare. Con i 30 jpg pronti mi sono quindi spostato su Adobe Photoshop 2019. dal menù file, Script, Carica File in serie ... si apre la classica finestra di selezione dove viene chiesto di sfogliare il disco per cercare le immagini. Selezionate le 30 immagini depositate in una singola cartella per comodità, le ho caricate, spuntando "Tenta di allineare automaticamente le immagini sorgente". Questa operazione tenta di sovrapporre automaticamente le immagini compensando gli inevitabili cambi di prospettiva indotti dalla focheggiatura. ecco il risultato nello stack di Photoshop, con le immagini che compongono altrettanti livelli allineati (come si nota dalla presenza di una cornicetta bianca alla sinistra della prima immagine qui visualizzata). L'operazione finale di montaggio è la semplice fusione di questi livelli : che dopo un certo tempo di elaborazione : produce un file risultato sopra allo stack, mostrando sotto le singole immagini mascherate che in questo caso io ho semplicemente eliminato non avendo necessità di un intervento più raffinato : a questo punto, per perfezionare l'immagine ho semplicemente ritagliato gli elementi di disturbo avendo così la mia Giulia a tutto fuoco. Ovviamente illuminando bene la scena avrei potuto chiudere il diaframma, potendo scattare meno foto oppure a parità di foto, avere risultati più nitidi, ma, come dicevo, qui volevo solo dare una dimostrazione rapida di quanto sia semplice. La fase di ripresa richiede un minuto. Un attimino di più il montaggio, specie se non si è molto pratici di Photoshop. Ma nemmeno tanto. Il risultato non fa per nulla rimpiangere di non avere un obiettivo basculabile PS : questa operazione è possibile anche con la D850, che può operare anche essa in completo silenzio e senza vibrazioni. Richiede però un treppiedi più professionale di quello che ho usato qui con la piccola Z7. Le modalità sono comunque del tutto analoghe.
    3 punti
  2. Lui piccolo con preda. D500 + 200-500
    3 punti
  3. In realtà, in quel caso, il PC serve a evitare le linee cadenti più che a selezionare la profondità di campo. la tecnica di Mauro si applica, dalla macro al passaggio, in tutti i casi nei quali è impossibile avere tutto a fuoco semplicemente chiudendo il diaframma ovvero nei casi in cui il diaframma necessario per avere la profondità di campo desiderata introduca significativa diffrazione.
    1 punto
  4. Caso molto più facile per cui sono bastati 10 scatti. Sennheiser HD 700 by Nikon Z7 1/6'', f/2.8, ISO 200 i due cavi, molto sottili, non sono stati intercettati dagli scatti. Probabilmente qui servirebbe un diaframma più chiuso e/o uno step più ridotto.
    1 punto
  5. 40 immagini, oggetto complicato dalla presenza di un cavo che gira attorno, dal primo piano al fondo. primo scatto ultimo scatto stacking HIFIMAN Sundara by Nikon Z7 Sono sempre scatti fatti in luce ambiente, otturatore elettronico, 1/2'', f/2.8 con il 50/1.8G, su treppiedi da due soldi con testa in nylon a tre movimenti.
    1 punto
  6. Ma in relazione alla qualità di immagine, facile che nel campo delle focali super tele - 500mm - non luminose - f5.6 - tu possa avere un significativo miglioramento sostituendo il corpo macchina! Mai pensato? Un consiglio in questa direzione è prendere una D500 - da usare liscia sul 300, recuperi 2 stop di luce, una raffica adeguata a qualsiasi situazione, un AF che rispetto a quello della D3x sembra pensato dagli alieni, iso molto buoni fino a 1600 (che abbinati ai 2 stop di luce in più rendono tempi di scatto che con la tua attuale combinazione avrebbero bisogno dei 6400). E ripristini tutte le fantastiche qualità del tuo fantastico 300. Ma spendendo 1/3! Secondo me l’effetto risultante sarebbe drasticamente meglio....
    1 punto
  7. Il lavoro del Paleontologo, l'ho già scritto, è molto simile a quello di un detective, con "casi" da risolvere che spesso hanno risvolti storici, oltre che scientifici. L'ultimo mio lavoro di ricerca, ora in corso di pubblicazione, ne fornisce un esempio. Durante una campagna di scavo in rocce del Triassico Medio (240-230 milioni di anni fa, milione più milione meno) sul versante svizzero del Monte San Giorgio (che sta a cavallo fra la provincia di Varese ed il Canton Ticino ed è patrimonio UNESCO dell'Umanità per l'importanza scientifica dei fossili che vi si ritrovano), il team del Museo cantonale di Storia Naturale di Lugano ha trovato, insieme a tante altre cose, un piccolo pesce apparentemente insignificante che però una volta preparato, ossia liberato dalla matrice di roccia si è rivelato essere il primo Celacanto ma i trovato in quella Formazione rocciosa (in altre erano già noti) nonostante ci si scavi da 160 anni! Per chi non avesse presente cos'è un celacanto riassumo: i Celacanti (sarebbe meglio dire Celacantiformi, ma in questo contesto non importa) fanno parte di un gruppo di pesci detti Sarcopterigi (pinne carnose), in cui le pinne sono sorrette da una serie di ossa rivestite da muscoli, anzichè da raggi come negli altri pesci ossei. Proprio l'essere "carnose" ed "ossute" ci indica (insieme ad altri caratteri ) che queste pinne sono i precursori delle zampe dei vertebrati terrestri, e che quindi è fra i Sarcopterigi che si trovano (e si sono trovate) le fasi del passaggio da pesce a vertebrato terrestre, cosa avvenuta oltre 300 milioni di anni fa. I Celacanti poi diventeranno via via più rari, tanto che si riteneva si fossero estinti una sessantina di milioni di anni fa, quando negli anni '30 una signora Inglese "esperta" ne vide uno sul banco del pesce di un villaggio delle isole Comore. Infatti l'ultimo rimasto dei Sarcopterigi, una specie di Celacanto chiamato poi Latimeria in onore di quella signora, che di cognome faceva Latimer, viveva (e vive ancora) nelle profondità dell'Oceano Indiano. Viene considerato "fossile vivente" perché fra altre cose, mantiene ancora quelle strutture nelle pinne che precorrono le ossa dei nostri arti. La sua importanza scientifica è enorme e si fanno sforzi per la sua conservazione. Il Celacanto attuale (Latimeria chalumnae), da Internet. Chiaramente le popolazioni delle Comore sapevano benissimo che il Celacanto non era estinto, ma non si occupavano di zoologia più di tanto... Nel Triassico, che è il periodo di tempo che interessa la mia ricerca, i Celacanti erano abbastanza diffusi con diverse specie ma i ritrovamenti sono poco frequenti o spesso gli esemplari molto incompleti. Per cui il "celacantino" nuovo, piccolo ma completo, è molto interessante, così mi è stato offerto in studio dal curatore del Museo, che è anche coautore dell'articolo scientifico per la parte geologica. Per prima cosa, come sempre, ho descritto l'anatomia, per avere i dati per confrontare l'esemplare con le altre specie note della sua epoca, sia nelle zone vicine che nel resto del mondo, per capire se si trattava di una specie nuova o invece apparteneva a specie già note. La SIGMA Sd Quattro H al lavoro. Ho osservato l'esemplare minuziosamente al microscopio binoculare, ma le foto per la pubblicazione le ho fatte con la SIGMA Sd Quattro H, perchè l'estrema nitidezza consentitami dal Foveon nelle giuste condizioni di illuminazione, non solo mi ha permesso di ottenere foto di qualità, da rivista scientifica, ma di ottenere immagini valide anche ritagliando pesantemente l'inquadratura originale, senza dover ricorrere a foto al microscopio. Là dove ritagliando dai 24 mpx di una dslr con matrice di Bayer avrei sicuramente avuto problemi di eccessiva morbidezza dell'immagine, con i 25 mpx (effettivi) del Foveon sono andato tranquillo anche interpolando un pochino. Inoltre in luce UV, quando la roccia ha le giuste caratteristiche, la resa è stata splendida. La coda del nuovo esemplare, ripreso in luce visibile ed in luce UV. La barra bianca è lunga 0,5cm. tutto l'esemplare è lungo circa 8 cm. SIGMA Sd quattro H su stativo, Sigma 105mm f2.8 macro OS, flash laterale e anello diffusore, 100 ISO. La conclusione è stata che il nostro "celacantino" condivide alcuni caratteri con Heptanema paradoxum, una specie "misteriosa" . Nota tramite due soli esemplari provenienti da rocce della Formazione di Perledo-Varenna (Lago di Como), più o meno contemporanee a quelle in cui è stato trovato in nuovo celacanto. Il problema è però che i fossili di Perledo sono stati trovati nel diciannovesimo secolo, sono mal conservati e così le descrizioni, specie di due secoli fa, spesso sono poco accurate. Ad esempio, il primo studioso addirittura descrisse a rovescio l'allora unico esemplare noto, prendendo la pancia per il dorso, tirandone fuori quindi delle caratteristiche bizzarre. Nel 1910 la specie fu ristudiata meglio, ma, non ci si poteva certo basare su quelle descrizioni e su delle litografie del 1910 pubblicate piccoline. Per un confronto, dovevo vedere gli esemplari originali. La tavola del 1910, l'unica immagine non disegnata esistente (finora) su Heptanema. La Seconda Guerra Mondiale. Gli esemplari di Heptanema in origine erano due. Lo studioso che ultimo li descrisse nel 1910 faceva riferimento ad un esemplare definito "Milano", ossia conservato al Museo di Storia Naturale di Milano. Corriamo a vederlo? No, ahimè il museo di Storia Naturale di Milano nel 1944, durante un'incursione aerea alleata, fu colpito da una bomba incendiaria che lo distrusse in gran parte. Andarono persi moltissimi reperti, fra cui ad esempio una splendida collezione di Mammiferi preistorici giganti sudamericani e moltissimi altri fossili, tra cui ahimè, proprio Heptanema. La SIGMA Sd Quattro H in trasferta. Ne rimaneva un unico esemplare, ma dove? Una rapida ricerca sulle fonti d'epoca mi indica che del materiale di Perledo era finito all'estero (in Germania) per studio negli anni prima della Guerra, e là era rimasto, in deposito presso il Museo di Storia Naturale di Francoforte (che in tedesco ha un nome lunghissimo, che vi risparmio ). Immediatamente contatto i colleghi tedeschi che mi confermano che sì, loro hanno l'esemplare originale, ma (oh, la legge di Murphy!) stanno spostando il deposito e quindi la maggior parte del materiale è imballato per il trasloco che prenderà .. mesi o probabilmente un anno o più. Con estrema cortesia si dichiarano però disposti a tirarmi fuori l'esemplare per un breve periodo di tempo purché vada subito a vederlo... Due giorni dopo ero in una stanza di un deposito del Museo di Francoforte, immerso fra le casse, con l'esemplare su su un tavolo, e sempre grazie alla grande cortesia dei colleghi, con un microscopio ed un vecchio stativo che avevano recuperato apposta per me. Mi metto all'opera, prima l' analisi al microscopio e poi le foto. Grande responsabilità questa, perchè sarebbero state le prime foto dettagliate al mondo di questo esemplare (!) e per un bel po' sarebbero rimaste le uniche. Anche qui la SIGMA Sd Quattro H ha fatto la sua parte, nonostante il soggetto fosse di quelli tragici: nero su nero e con una patina riflettente sull'esemplare. Ho fatto tantissimi tentativi, orientando flash e pannelli riflettenti, usando diffusori improvvisati (dal cellophane al fazzoletto di carta), ma alla fine ho ottenuto degli scatti accettabili, i primi a documentare fotograficamente le caratteristiche di questo esemplare. Di nuovo la qualità del Foveon mi ha permesso di fotografare anche i particolari, evitando di dover ricorrere al microscopio, (cosa che non avei potuto comunque fare), grazie alla resa in luce radente e la qualità che rimane anche nei ritagli (sempre in relazione agli standard qualitativi richiesti nelle riviste scientifiche). L'esemplare di Francoforte, la barra bianca è di 5cm. Sigma Sd Quattro H, Sigma 105mm f2.8 Macro OS, stativo, flash laterale, diffusore "artigianale" e pannello riflettente, 100 ISO. Dettaglio delle scaglie (è un crop di un'immagine più larga). Stessa attrezzatura. La barra di scala è lunga 0,5cm Così ho potuto portare a termine il lavoro. Se qualcuno fosse curioso sulle conclusioni dello studio, o volesse vedere altre foto, l'articolo si può leggere qui (accesso gratuito). Spero, come scrivo sempre di non avervi ann ... lo sapete , nè di sembrare oppressivo. PS Il vantaggio della SIGMA sta anche nel rapporto qualità prezzo,. Non dubito che con attrezzature "superiori" si potesse fare uguale o di meglio, ma i fondi sono quelli che sono e la SIGMA mi consente di ottenere risultati soddisfacenti, avendo impegnato un budget ragionevolissimo.
    1 punto
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