Britten : 10 dischi per conoscerlo un pochino in più
Benjamin Britten quarantenne ritratto dal grandissimo Yousuf Karsh nel 1954.
Si può amare oppure detestare.
Credo sia difficile mettersi su posizioni mediane, oppure semplicemente trascurarlo.
La sua importanza musicale è indubbia, di fondo è il più grande compositore inglese dopo Purcell (ma forse più grande di Purcell, con le dovute, evidenti differenze).
Con buona pace dei tanti Elgar, Vaughan Williams, Walton & co. che hanno popolato il "rinascimento" musicale britannico di inizio XX secolo.
I suoi lavori sono di indole introversa ma caratterizzati da episodiche esplosioni di pura potenza, simili a tempeste o deflagrazioni cosmiche.
Eclettico, profondissimo - tra i massimi - conoscitori delle qualità cromatiche e coloristiche di ogni singolo strumento musicale, maestro dell'orchestrazione, del colore, degli accostamenti tonali ma al limite dell'atonale.
Sarebbe potuto essere anche un grande stilista o un pittore ma sempre in bilico tra realismo assoluto ed accennato surrealismo.
Estremo interprete delle pulsioni del secolo breve, senza indugiare troppo nello stucchevole narcisismo del linguaggio fuori dal mondo proposto dalla Seconda Scuola di Vienna ma nemmeno nell'eccessiva zuccherosa e autoindulgente nostalgia del perduto impero dei tardo-romantici compositori britannici della sua era.
Benjamin e Peter, legati per tutta la vita
Io non conosco e non amo particolarmente le sue composizioni operistiche e trovo ostiche certe sue pagine che però sono comunque somme in termini di pura scrittura musicale.
Il suo travaglio personale traspare spesso, anche al di là delle influenze storiche (in primo luogo l'orrore per la guerra e i totalitarismi).
Ancora di più le grandi amicizie musicali e di vita, oltre a Peter Pears, con Rostropovich, con Richter, grazie ad una naturale affabilità e bonarietà d'animo.
Ottimo pianista, specie come accompagnatore, fine direttore d'orchestra, coltissimo. In vita inviso da molti colleghi e critici per le sue qualità compositive senza pari e perché troppo disinvolto cosmopolita, poco "inglese".
In età matura scrisse musica complicata e abbastanza indigesta, io tendo a preferire le composizioni giovanili.
Dichiarò più avanti che avrebbe potuto usare un linguaggio più difficile ma che questo avrebbe reso la sua musica non fruibile dalla maggior parte degli appassionati di musica mentre il suo obiettivo era farsi ascoltare.
1
Confesso che come tanti altri, l'ho conosciuto grazie alle proposte del grande Leonard Bernstein, specie nella bellissima "The young person's guide to the orchestra", ascoltata già alle scuole medie, insieme al solito "Pierino e il lupo".
Al di là della sua destinazione "culturale" per giovani ascoltatori, le qualità di questa composizione sono inarrivabili.
Per la profondità delle variazioni al servizio dell'orchestrazione che mette in luce tutti gli strumenti.
la troviamo in questo sensazionale disco del 1961 con Bernstein anche nella sua felice e normale vita a New York, con la NY Philarmonic.
Dal primo tema di Purcell alla fuga finale qui abbiamo la voce di un ragazzino che spiega l'ingresso degli strumenti ma sotto c'è tutta la consumata abilità di Bernstein che certo aveva grande ammirazione per il collega inglese.
Ogni sezione dell'orchestra è valorizzata, anche negli strumenti più inusuali. Ma traspare l'amore per l'arpa e per le percussioni.
Il bello dell'interpretazione è la doppia lettura, compositiva - e qui si sente tutto il Bernstein - nelle variazioni organizzate in prima lettura, fino alla fuga. E quindi nella versione divulgativa con lo speaker.
Ma questo disco contiene anche una prima versione - molto tersa e diretta -dei fantastici Four Sea Interludes dal Peter Grimes.
Bernstein li riprenderà a fine carriera, nel suo lancinante ultimo concerto con la Boston Symphony del 1991
con un accostamento coloristico estremo con la 7a di Beethoven.
Altrettanto immancabile è la Passacaglia, sempre dal Peter Grimes.
Insomma, un primo disco imperdibile che associa pagine orecchiabili ad altre meno dirette ma non meno interessanti.
La registrazione è eccezionale con livelli di bassi e dinamiche straordinarie.
Di ascolto più complicato, la tarda Suite on English Folk Tunes, Op. 90 che completa il disco.
2
anche se in questo cofanetto Britten è direttore e pianista, non è possibile arrivare a capirne la maestria, senza conoscerlo.
Ci sono pagine sensazionali in queste 31 ore di grande musica.
A cominciare da una umanistica e dolora Johannes Passion tradotta in inglese da Imogen Holst e Peter Pears (1972).
C'è l'amatissimo NH Mr. Henry Purcell con The Fairy Queen (anche qui con l'intervento culturale della figlia di Holst e di Peter Pears).
C'é il meraviglioso Mozart, con lui solista, con Richter e quello indimenticabile con Clifford Curzon.
La Fantasia D940 di Schubert, con Richter.
L'Arpeggione con Slava Rostropovich. E sempre con Slava, la sonata di Shostakovich.
Benjamin, Peter e Dimitri ad Aldenburgh per il festival musical patrocinato da Britten (1966)
3
Tornando al compositore Britten, adoro questo disco Chandos anche se contiene solo le Variazioni su un tema di Frank Bridge, composizione giovanile dedicata al suo professore e mentore, morto durante il suo viaggio negli Stati Uniti sullo scoppiare della guerra.
E' musica per archi ma qui il compositore dimostra già una consumata abilità di orchestrazione e riesce con le sole voci delle sezioni di archi a costruire architetture contrappuntistiche complesse, come dimostrato nella Fuga Finale.
Attenzione, la scrittura di Britten non ha nulla a che vedere con il modello Mozart, non c'è niente di classico. Le radici arrivano piuttosto da Tallis e Purcell - in questo c'è una inglesità simile a quella mostrata da Debussy per i compositori francesi classici - fusa con le strutture moderne di Mahler e Berg e i colori di Strawinsky.
Un impasto originale, difficile da decifrare ma onestamente affascinante, a mio gusto.
4
ma naturalmente tutta la musica di Britten si trova, con l'autore sul podio in una serie di cofanetti editi da Decca.
Il Vol. 4, per esempio, comincia con il concerto per pianoforte Op. 10 interpretato da Richter con Britten che dirige, per l'appunto, la English Chamber Orchestra.
Sono registrazioni effettuate tra il 1954 - inizio dell'era stereofonica - fino al 1976, morte di Britten.
Possono essere considerate le edizioni "autentiche" ma non per questo sempre esaustive.
Segnalo tra le cose curiose, le Diversioni per pianoforte (mano sinistra) Op. 21 con il grande Julius Katchen
questo singolo contiene la celebre registrazione dei due concerti di Britten (mi ricordo quando lo comprai, tanti anni fa
e altrettanto questo, appena passato in digitale sul "nuovo" CD (nuovo per gli anni '80)
come questo, con le edizioni di riferimento delle suite per violoncello con Rostropovich
5
i quartetti di Britten compongono un mondo tutto loro. Aggiungerei anche il fanciullesco e schubertiano primo lavoro, senza numero d'opera, ma i 3 catalogati coprono tutta la parabola compositiva dalla giovinezza all'ultimo periodo, con il 3° composto pochi mesi prima di morire.
Ascoltarli e come fare un viaggio per il novecento, dagli anni della speranza fino a quelli dell'oscurità della guerra fredda.
Qui ho scelto l'edizione del Takacs Quartet per la registrazione bellissima di hyperìon. Ma amo molto anche quella più fredda e apollinea del Belcea
che oltre ai quartetti contiene anche i 3 divertimenti.
Sono composizioni che oscillano a tratti tra Purcell e Haydn e la frase dopo, volano verso Bartok e Shostakovich.
Trascurando tutto quello che c'è stato in mezzo.
6
ritengo il concerto per violino di Britten tra le pagine più belle scritte in questa struttura, non solo nel XX secolo.
Tra le tante edizioni disponibili, quella che mi appassiona di più è l'edizione con Paavo Jarvi alla testa della LSO che accompagna la straordinaria Janine Jansen.
Ma ci sono tante altre versioni interessanti, da quella di Vilde Frang alla recentissima di Isabelle Faust.
E non escluderei quella all-british con Tasmin Little e la BBC Philarmonic diretta da Edward Gardner, pratocinata da BBC Radio e con Howard Shelley che suona il concerto per pianoforte
il suono Chandos vale sempre il prezzo del "biglietto".
7
Ho citato il disco per violoncello DECCA con Rostropovich ma ci sono tanti dischi moderni molto interessanti.
Questo del grande Truls Mork ci regala una registrazione "lavish" della sonata per violoncello op. 65 unendola a letture bellissime delle sonate di Debussy e di Frank Bridge
mentre un altro disco magistrale e molto british è l'integrale delle suites con Jamie Walton per Signum Records.
La registrazione è eccezionale, l'interpretazione chiarissima, tersa, essenziale. Bellissima (anche se la musica è complicatissima da seguire).
8
non vorrei assolutamente dimentica questo disco, altrettanto british, ancora Chandos, che qui cito per la bellissima e leggera Simple Symphony.
E' l'Op. 4 del catalogo e questo ce le dichiara come giovanile, giustamente inserita insieme ad una bella e chiara versione delle variazioni coeve su un tema di Frank Bridge.
Completa il disco un oscuro preludio e fuga Op. 29. Nove minuti e mezzo di assonanze e dissonanze a metà tra il tonale e l'atonale, contrappuntisticamente però ineccepibili.
9
le radici tardo rinascimentali inglesi (e quindi italiane) nella musica vocale di Britten sono fuse con la visione coloristica contemporanea anche quando hanno tematiche religiose.
A Ceremony of Carlos unisce virtuosismi corali al suono delicato dell'arpa. L'impasto è bellissimo, specie in questa edizione dei The Sixteen.
10
Io credo che la sonorità particolare della voce e la sensibilità di Ian Bostridge sarebbero piaciute a Sir Benjamin Britten.
In questo disco che contiene la serenata per Tenore, corno e archi, è accompagnato da Sir Simon Rattle.
Il disco EMI/Warner è completato dalla più giovanile Les Illuminations e dal notturno crepuscolare Op. 60 e ci offre il modo di uscire da un circolo che sarebbe potuto continuare ancora più a lungo con altre letture ed interpretazioni di musica raffinata, colta, originale, irripetibile.
Non per tutti i palati. Non era questo lo scopo di Britten, ma per chi lo riuscisse ad intendere, si.
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