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Chopin : Etudes Op. 10 e Op. 25


M&M

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Si sa che io non sono un grandissimo appassionato della musica del primo romanticismo e che Chopin e Liszt, in linea di massima, mi sono antipatici.
Questione di gusto musicale, preferisco la musica precedente e quella seguente e di retaggio differente. Ai miei tempi sembrava che esistesse solo Chopin, quello più sdolcinato, iper-romantico, crepuscolare. Che a me è andato subito a noia, preferendogli Bach o Brahms, oltre al più eroico Beethoven.
Però naturalmente se non proprio tutto, ho ascoltato a lungo la musica di Chopin, ho riso come un matto - anche in concerto - alle trovate banali dei due concerti per pianoforte.
Mi sono soffermato sull'interpretazione di studi e preludi. "Quasi" quanto per le migliori pagine di Rachmaninoff o Scriabin che invece apprezzo (specialmente il primo, e, dell'ultimo, le prime composizioni).

Con questo articolo voglio approfittare dell'uscita dell'eccellente disco Decca con gli Etudes proposti dal nuovo enfant prodige Yunchan Lim per parlarne e fare ammenda.
Cercando anche confronto con le altre proposte precedenti, almeno quelle per me più significative.

Due parole sulle due raccolte. In parte pagine giovanili - i primi Etudes dell'Op. 10 - in parte più tarde, sono composizioni-manifesto in quanto si elevano dalla dimensione di musica scolastica destinata allo "studio" alla Czerny o alla Clementi.
Perché in definitiva descrivono l'architettura della rivoluzione pianistica apportata da Chopin e poi ripresa dai tardi russi alla fine del secolo. Da cui di fatto non si è più tornati indietro.
Entrambe le composizioni sono state dedicate all'amico Liszt che, almeno per l'Op. 10 le ha portate orgogliosamente in concerto.
I "sottotitoli" o "nomignoli" sono stati aggiunti successivamente dagli editori o da altri pianisti, cavalcando la grande popolarità di queste pagine, tra le più eseguite e celebri di Chopin. Probabilmente più dei Preludes, Nocturnes, Ballades e C.
Sono composizioni slegate tra loro che presentano vari livelli di difficoltà. Non trascendenti ma abbastanza da essere considerati impegnativi da portare per intero in concerto, almeno fino agli inizi del secolo scorso.
Poi abbiamo avuto pianisti eccezionali come Cortot che l'hanno fatto, dando l'apertura agli interpreti di tempi più vicini a noi.
Generalmente le due raccolte vengono registrate insieme in disco mentre una terza raccolta ancora più slegata, viene eseguita più raramente.

Gli esempi a nostra disposizione sono tanti, di pianisti di livello ed autorevolezza diversi. Cavallo di battaglia per alcuni, alla ricerca di notorietà per altri. Coronamento di maturità per altri ancora.

Ci sarebbe modo di parlare di ognuno in dettaglio ma io non ho abbastanza nozioni per farlo. Non è il mio pane e quindi non casco nel tranello.
Vado invece a presentare i miei "campioni" per parlare delle loro interpretazioni, pregando gli interessati, già a conoscenza - i più forse - di queste proposte, di aggiungere la loro.
Gli altri, di approfondire se lo gradiranno.

L'ascolto è piacevole ma comunque impegnativo, in disco le due raccolte occupano 24 tracce, per circa un'ora, almeno nell'ultima lettura. Non sono i due volumi del Clavicembalo ben Temperato che richiedono ben altra tenuta.
Nè i preludi e fuga di Shostakovich o il Ludus Tonalis di Hindemith. E' musica complessa sul piano esecutivo ma orecchiabile per tutti.
Motivo per cui è forse l'ultima delle mie scelte quando ascolto musica per puro piacere e svago ... (?).

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Sono cresciuto con questo disco, comprato in LP da Ricordi a Milano quando ero ancora alle superiori.
E' il Pollini impegnato politicamente, quello eroico degli anni '70.
Mi dicono che la sua interpretazione del 1960 sia superiore. Ma non l'ho mai ascoltata e Pollini non l'ha autorizzata finché ha potuto. Esiste, mi pare, in una sorta di bootleg ma non so dire di che qualità sia sul piano della ripresa (parliamo dei tempi della vittoria al premio Chopin di Varsavia).
Il suono è quello secco - formato CD - della casa gialla di quel periodo. Ma meno peggio di altre (microfoni vicini alle corde e riverberi a gogo).
La durata complessiva è di 55 minuti (1972)

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dello stesso periodo é la lettura impetuosa di Vladimir Ashkenazy quando era tra i maggiori pianisti della sua generazione al mondo, eclissando sul piano discografico colossi come Richter, Horowitz e Gilels.
La durata è di un'ora e 2 minuti. Il suono è un pò più caldo ed avvolgente di quello DG, non è il massimo della Decca ma si può ascoltare bene in questa rimasterizzazione in 192/24.

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Murray Perahia ne ha dato lettura già con la CBS, oggi Sony Classical.
Il suono - qui in formato CD - è più pianistico delle due versioni Decca/DG, più avvolgente e caldo e asseconda la maestosa lettura, in uno dei tanti gloriosi momenti di uno dei miei pianisti preferiti di tutti i tempi che ho - stranamente - scoperto solo dopo averlo sentito dal vivo al Conservatorio di Milano, una trentina di anni fa.
La durata di un'ora e 16 minuti ci informa di cosa siano per Perahia queste pagine. Tutt'altro che banali veicoli di fama. (2002)
 

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andando a tempi più moderni abbiamo l'edizione per Erato del giovane, allora, Nikolai Lugansky che dopo aver proposto un Rachmaninoff abbagliante, verso i ventisette anni, affrontava nel solco della tradizione di Neuhas/Gilels/Richter/Nikolayeva gli Etudes di Chopin.
Siamo ancora in formato CD, il suono è pulito e terso. Lui è spettacolare nel gettare "il cuore oltre l'ostacolo" è nel suo periodo migliore, secondo me, e anche quando mette l'atletica oltre il sentimento è splendido.
Siamo a un'ora e 5 minuti



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in tempi più recenti, il fenomeno Youtube Valentina Lisitsa viene invitata da Decca - oggi è ostracizzata perché considerata, pur cittadina americana, filoputiniana - a registrare i suoi cavalli di battaglia.
E oltre al "solito" Rachmaninov lei riunisce in questo album gli studi di Chopin e di Schumann.
L'unione del colto poeta tedesco con il rivoluzionario esule polacco è accettabile sul piano storico, meno, secondo me, sul piano stilistico.
Chopin è un precursore di un mondo nuovo, Schumann è un figlio ribelle di Beethoven che trova nella follia un senso alla morte del padre.
Comunque sembrerà eretico metterla con gli altri ma in fondo la sua lettura non è male, se non per intero ci sono momenti elevati.
Il suono è secco ma ci aiuta la ripresa digitale e il master in 96/24

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arriviamo al fenomeno Yunchan Lim, ancora con Decca, qui in un sontuoso 192/24 molto ravvicinato ma non doloroso - un altro mondo rispetto al disco della Lisitsa, là abbiamo un pianoforte sul palco, qui siamo tra i trefoli delle corde ! - la sua lettura, molto libera nei tempi dura circa 58 minuti.
Ed è certamente la più matura di tutte in relazione all'età dell'interprete.
Volendo dovrebbe essere la sua, quella vincente, parlo di età, considerando che l'Op. 10 per Chopin è stata pensata e confezionata nei primissimi anni di attività compositiva e concertistica.

 

 

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Ho già messo le mani avanti dicendo che non sono attrezzato sul piano tecnico ed interpretativo per approfondire ogni singolo studio e la sua lettura da parte dei singoli pianisti che ho selezionato.

Ma per descriverne complessivamente la lettura - senza critica - si.

Trovo Pollini ancora oggi nel suo periodo di grazia di quegli anni, più eroico e "umano" del successivo, specie quello ascetico del post-Abbado.
La mia familiarità con il suo disco probabilmente mi trae in inganno ma mi piace ancora oggi la chiarezza del suono, la dizione separata ed udibile dello sviluppo armonico, rispetto all'arpeggio.
La dinamica e la ritmica che nel mio immaginario lo avvicina a quello che poteva essere Chopin dal vivo.
Il suono è chiaro, con piena assonanza tra il suo pianismo e il sound engineer.

Brillante e un pò narcisistico l'Ashkenazy del 1975, tutto compiaciuto del suo di suono.
Morbido anche nei momenti "rivoluzionari", pesta come un fabbro senza darlo apparentemente a vedere.
Il suono è in primo piano, squillante, rispetto a Pollini le due mani sono più fuse tra loro.
Istrionico ma elegante.

Più vicino a Schubert e al Beethoven intimistico, anche o soprattutto allo Schumann casalingo, questo Chopin di Perahia.
Il suono è bosendorfeggiante, caldo, poetico.
Le due mani suonano insieme e i suoni che producono danzano nell'aria. C'è tanta dinamica ma non è fatta per stupire.
Sono bellissime le crome che si inseguono nell'aria (in questo momento sto ascoltando il 7/10 e non c'è virtuosismo che tenga in confronto all'eleganza di questo modo di suonare).
Il tutto dura ben venti minuti in più dei due precedenti. Sarà un difetto o un pregio ?

Il Lungansky del 2000 è elegante, virile - direi proprio maschio - estroverso, nonostante la proverbiale introversione del pianista, le due mani qui si inseguono e si rubano le note una con l'altra.
Non c'è un momento in cui pare che l'abbia presa troppo di petto, del resto il tempo complessivo è più vicino a quello di Perahia che a quello di Pollini.
La Rivoluzione del 12/10 non sembra ancora scoppiata, oppure è solo il riverbero di qualche cosa di vissuto direttamente e non dall'estero ...
Questo disco è stato criticato dagli editori di Gramophone, modestamente io non mi sento di condividere quel pensiero.
Tanto è personale questa lettura, pur rimanendo classica.

Valentina ce la mette tutta. Non vuole necessariamente esagerare e secondo me è molto brava.
Però non è omogenea e quando é necessario trovare spazio in pause che non ci sono nella partitura va un pò in crisi.
Appartiene ad un'altra era ma forse è anche il tocco femminile che rende differente la sua palette.
Io però non la sottovaluto. Mi piace.

Finiamo con il nuovo genio che ci da dentro fini dalle prime ottave.
Vladimir (Horowitz) gli fa un baffo, l'1/10 è sorprendente ma il 10/25 va oltre l'umano.
C'è però troppo riverbero, troppo pedale di risonanza (una cosa che per me, cembalista/organista andrebbe abolita ... o limitata per regola alla Gould), troppo fragore. Troppo Liszt.
La sua è una esibizione sopra le righe.
Fantastica e tecnicamente inarrivabile. Ma sinceramente ci sono dei momenti che mi pare che ... non sappia più cosa dire.
Per carità, mica fa schifo. Anzi.
Però mi piacerebbe esserci per risentirlo quando avrà quarantanni (a differenza di Lugansky che, adesso che ne ha 50, mi piace di più in Wagner e Franck rispetto a Rachmaninov e Chopin).

Ecco ho già abusato del vostro tempo abbastanza. Ma tanto dovevo a me stesso, a  queste pagine. A mio padre che tanto amava Chopin (quanto io lo detestavo ed insistevo a studiare Bach e Frescobaldi).

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4 Commenti


Commenti Raccomandati

  • Nikonlander Veterano

Mi ritrovo in quello che scrivi e aggiungo qualche altro disco, per chi abbia la voglia di approfondire.

C’è la pirotecnica versione del lisztiano Georges Cziffra, che però non riesco a capire se sia ancora reperibile.

Da citare il grandissimo Samson François con la sua incisione del 1959. Il suo stile è personalissimo, ma sempre molto interessante:

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E ora il colpo di scena. La poco conosciuta pianista cubana Juana Zayas che nel 1983 registra un capolavoro:

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Questo disco contiene anche un’incisione successiva del 2005, ma quella del 1983 è imbattibile. Ascoltatelo perché merita.

La versione degli Études suonati da Pollini pubblicata dalla Testament non è altro che la registrazione del 1960 della EMI negli studi di Abbey Road. Pollini non volle pubblicarla e ascoltandola oggi si fatica a capirne il motivo…

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  • Nikonlander
cismax

Inviato (modificato)

ho fatto un percorso non simile (non studiavo nulla, né Frescobaldi, né Bach, né tantomeno Chopin), ma analogo.

Mio padre mi ha avvicinato alla classica con Mozart e Beethoven. Chopin l'ho ripudiato da subito, con il manicheismo tipico dei teenagers, senza averlo praticamente mai sentito, a parte i pezzi "prezzemolo" arcinoti (il notturno nr 2, un paio di valzer, l'improptus fantasia op 66, i concerti, che non mi sono mai piaciuti nemmeno più tardi, la Polacca op 53...insomma, roba che mi era già uscita dalle orecchie prima ancora di aver mai conosciuto il loro compositore). Era sdolcinato, salottiero, io ascoltavo roba impegnata, mica musica per donnicciuole...

Poi all'università un'amica mi invita a concerto al conservatorio. Non ricordo chi avesse dato buca, per cui si erano resi disponibili dei biglietti e il pianista era il poco noto Mikhail Rudy, sovietico naturalizzato francese, che si presentò, forse per attirare qualche ascoltatore in più, con nientepopodimeno che le 4 Ballate e la Sonata in Si minore di Listz, un programmino niente male...avevo 19 anni e non conoscevo nessuno di quei pezzi (si lo so, non dite niente...).

Alla pausa, dopo le 4 ballate, dovettero raccogliere la mia mandibola da terra, perchè là era rimasta. Non avevo mai sentito nulla di così drammatico, tragico, doloroso, devastante, scritto per pianoforte con quella forza ed energia, con quella disperazione che esiste, così, quasi solo in Chopin.

Iniziò allora un amore che non è mai scemato. Continuo a non sopportare i suoi 2 concerti (a parte le belle melodie per pianoforte, ma insomma, un concerto dovrebbe prevedere anche un'orchestra che suona, non che accompagni - che diamine), alcuni pezzi salottieri, le polacche, col loro piglio militaresco, mi vanno giù a malapena (a parte la Polacca Fantasia op 61), ma in generale, pensando allo Chopin dei suoi ultimi anni, che spingeva verso nuovi orizzonti le sue esplorazioni armoniche, mi chiedo cosa ci avrebbe potuto regalare con altri 10-20 anni di vita...ci avrebbe portati probabilmente alle porte del 900 del pianoforte.

Ciò detto, ammesso interessi a qualcuno - lo scrivo un po' per me e un po' per rispetto al tempo che Mauro ha impiegato a scrivere il suo bel pezzo, sempre molto completo ed argomentato - non ho ascoltato tutte le versioni summenzionate degli studi. Alcune andrò certamente ad ascoltarle.

Personalmente resto affezionato alla versione di Pollini, sarà che è la prima che ho scoperto, ma in realtà perchè credo che il Pollini dei primi anni 70 fosse meno cerebrale di quello degli anni successivi e ci trovo molta passione (mi vengono in mente anche la Fantasia op 17 e la Sonata nr 1 op 11 di Schumann di quel periodo, che per me sono altri capolavori). Ancora oggi faccio fatica ad ascoltare altri preludi op 28 che non siano i suoi del 74 e pure questi studi, nonostante la secchezza della registrazione e i bassi così in secondo piano da essere percepiti a malapena, come giustamente già stigmatizzato da Mauro, trovo trasmettano la giusta dose di pathos, solo raramente cedendo al virtuosismo e ad una eccessiva "velocità".

L'integrale di Chopin di Ashkenazy, che ha registrato proprio tutto, pure l'Albumblatt o Wiosna, troneggia ancora nella mia CDteca oramai in disuso. La comprai di corsa appena uscì, volevo ascoltare tutto di quell'uomo (Frederick, non Vladimir). Gli studi li apprezzai, ma tornavo sempre ad ascoltare Pollini.

Non ho mai sentito la versione di Perahia, cosa cui rimedierò, perchè apprezzo molto l'interprete, come non conosco quella di Lugansky.

Ho sentito Lisitsa che, come sempre quando la ascolto, non solo in Chopin, mi genera reazioni contrastanti: mi pare parta benissimo, poi indugia eccessivamente su un rubato, o accelera dove, almeno secondo il mio poco educato orecchio, non starebbe bene accelerare, o "tira via" con frettolosità, insomma, mi fa storcere le orecchie e la riascolto con poco gusto.

Ho sentito recentemente anche Lim, che non mi è parso affatto male, anche se non mi piace il suo nr9 op 10 (uno dei miei preferiti): non ne ha colto il pathos, o lo tira via troppo rapido, o usa dinamiche eccessivamente differenziate. Tutto sommato per un interprete così giovane, un'ottima prova.

Un grazie a Mauro per il bell'articolo:36_1_11:

Modificato da cismax
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  • Amministratori
15 ore fa, happygiraffe ha scritto:

Mi ritrovo in quello che scrivi e aggiungo qualche altro disco, per chi abbia la voglia di approfondire.

Hai fatto bene a mettere questa aggiunta che allarga l'orizzonte di interpretazione.
Nella realtà io ho inserito solo due letture del XX secolo di paragone, come base "storica" perché volevo portare l'enfasi più su quelle direttamente confrontabili con l'ultimissima - di ieri - del coreano.
Purtroppo le registrazioni - per me - di Juana Zayas - anche quella più recente del 2009 non reggono sul piano della pura ripresa, benché l'interpretazione sia di quelle, irraggiungibili.

Tolto questo vincolo possiamo altrimenti chiamare in causa tutti gli Dei del Walhalla.

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prova ad ascoltare la differenza cromatica tra il 10/10 dei due amici qui sopra (al netto del rumore di fondo della registrazione rimasterizzata di Wilhelm che però sul piano del funambolismo non è seconda a quella di Cziffra e forse la più simile a quella di Lim - cfr. 12/10).
100 anni di storia dell'interpretazione pianistica in due dischi.

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