«Gli olivi del lascito a Santa Croce sono stati i primi a bruciare
e il fuoco è già come quello dell’inferno»
(Grazia Deledda dal racconto L'incendio nell'Oliveto, per il Corriere della Sera)
Poco più di un anno è trascorso dal giorno del disastroso rogo del Montiferru dal quale scaturì mio blog L'estetica del fuoco, lo ricorderete, scritto con grande sofferenza. Ciò che non sapete è che il mio lavoro proseguì anche nei mesi seguenti durante i quali riuscii a produrre centinaia di immagini oggi relegate in una cartella del mio archivio, a imperitura memoria.
Allora evitai di scrivere, forse perchè era la parte più dolorosa del racconto, del terribile destino che spettò al Patriarca, un olivastro millenario a qualche chilometro da Cuglieri. Un albero bellissimo, rigoglioso, oltre 20 metri di altezza col fusto che aveva una circonferenza di 10 metri. Una pianta antica che ha visto scorrere la nostra storia senza mai muoversi dal luogo nel quale era nata. Che attirava migliaia di visitatori ogni anno. Non solo turisti, anche tanti sardi i quali avevano sempre piacere di ammirare quel prodigio della natura. Non potevo crederci, Pensai che chissà quante volte nella sua lunga vita avesse conosciuto il fuoco e fosse sempre sopravvissuto.
Quando l'Università di Cagliari rese noto che sarebbe stato forse possibile recuperarlo ebbi qualche dubbio ma comunque volli andare a vedere cosa stava accadendo in quel sito. Trovai i tronchi bruciati, alcuni tagliati con la motosega ma posizionati con ordine. Ciò che rimaneva del Patriarca era coperto da una rete fitta che doveva rappresentare l'ombra dell'impenetrabile chioma. Ai tronchi ripuliti dal carbone erano stati collegati tanti tubicini, flebo che attingevano medicine e nutrienti da un serbatoio posizionato su un muro a secco.
A me parve subito una follia, il solito modo per ottenere finanziamenti e portare avanti una ricerca che non avrebbe prodotto alcun risultato. Ma una volta tanto, con grande sorpresa, ebbi il piacere (e anche la gioia) di ricredermi.
Il 13 giugno scorso il grande annuncio: il Patriarca, l'oleastro millenario di Sa Tanca Manna è ancora vivo. Ma come? Le foto che sto pubblicando non lasciano spazio a dubbi. Qualcosa mi sfugge e allora provo a documentarmi, cerco di capire cosa sia successo in questo anno e come abbia lavorato il professor Gianluigi Bacchetta, docente di botanica e direttore dell'orto botanico dell'Università di Cagliari. A lui e alla sua équipe va il merito dell'importante recupero.
Così appariva a prima vista il sito dopo la "cura"
Sono trascorsi mesi dal rogo, undici mesi di cure e di attenzioni e il Patriarca ha ricominciato a vegetare. Già da aprile si era notata una certa attività di fotosintesi sotto corteccia in alcuni ceppi, ben protetti e ombreggiati anche con teli di juta inumiditi, irrigazione a goccia per le radici ancora sotto il suolo e la somministrazione di amminoacidi levogiri tramite flebo.
A smentire gli scettici come me, il 13 giugno ben tre polloni già millenari, col Dna della pianta che li aveva generati venivano illuminati dalla luce del sole. Tecnicamente e scientificamente il Patriarca era vivo. Rinato dalle proprie ceneri.
Lo dico senza vergogna, ma quando fotografai i polloni sentii un groppo in gola: la mano dell'uomo, la stessa che con stolta crudeltà aveva privato della vita quell'albero millenario ora gliela stava restituendo. Un potere assoluto che ancora l'umanità non dimostra di meritare.
Può apparire cosa di poco conto ma l'albero simbolo del Montiferru che si affaccia a una nuova vita infonde grande coraggio e nuova forza a questa comunità laboriosa che tanto ha sofferto e tanto sta ancora pagando per quel terribile incendio.
E fra un migliaio di anni _ se tutto andrà bene _ i posteri potranno ancora ammirare il Patriarca in tutto il suo splendore.
Pezzo consigliato: Tree, Oafur Arnalds
Copyright Enrico Floris 2022 per Nikonland
L'immagine di apertura è su licenza CC Creative Commons, solo divulgativa e senza fini di lucro
poichè non disponevo di un'immagine nel mio archivio
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