Rachmaninov : Danze Sinfoniche Op. 45
Le Danze Sinfoniche Op. 45 rappresentano l'ultima composizione completata da Rachmaninov.
La prima esecuzione data 3 gennaio 1941 (Sergei morirà nel 1943) dalla Orchestra di Filadelfia con Eugene Ormandy sul podio, dedicatario della composizione.
Si tratta di una suite sinfonica in tre movimenti, di cui esistono anche riduzioni per due pianoforti ma lo stesso Rachmaninov ne eseguì una versione ridotto per un solo pianoforte.
E' una composizione intrisa di nostalgia per la Russia, per il primo felice ma infruttuoso periodo di composizioni sinfoniche dell'autore prima della fuga in America a causa della rivoluzione di ottobre.
Ma è anche una composizione complessa, con soluzioni orchestrali sofisticate, una orchestrazione sontuosa, citazioni di ogni genere.
Struttura
SI compone di tre danze, in forma A-B-A, con le parti esterne che racchiudono un episodio contrastante.
Dopo una breve prima introduzione, il primo movimento passa ad un ritmo audace e trascinante. Il materiale tematico di questo episodio è stato ritrovato in un taccuino del 1920-1921 donato da Rachmaninov stesso alla Biblioteca del Congresso.
A testimonianza delle lontane radici di questa composizione che vuole essere riassuntiva dell'opera dell'autore.
La melodia è affidata al saxofono contralto che poi passa la parola ai violini. C'è un riferimento diretto con la Terza Sinfonia che precede di poco le Danze.
La prima danza si chiude con effetto "rallentando" che evoca la fine della Seconda Suite per due pianoforti del 1901.
Ma qualche cosa ricorda anche il tema principale della Prima Sinfonia (che data 1895), composizione data per persa dopo la fuga, recuperata e restaurata ben dopo la morte dell'autore che - lo sappiamo - aveva una memoria più che prodigiosa.
La riformulazione è più luminosa rispetto alla tonalità minore della sinfonia, ma il richiamo si sente.
La seconda danza richiama invece la Serenata Op. 3 - n. 5, con ritmi di valzer evocativi e quasi esotici. Il tempo nel manoscritto reca proprio "Valse".
La presenza del saxofono continua a segnarne la timbrica e l'evoluzione orchestrale resta complessa pur nella sua scorrevolezza.
Mentre è completamente diversa la terza danza, con riferimenti non troppo nascosti al Dies Irae - già usata da Rachmaninov nella chiusura della Rapsodia su un tema di Paganini (del 1934).
Che naturalmente nell'ultima parte dell'ultima composizione completata non può che assumere i significati che vogliamo attribuirgli.
Sebbene il mood complessivo della composizione resti in un certo qual modo di ringraziamento, più che di resa dei conti.
Genesi
Studi recenti insistono su una genesi molto lunga e travagliata di questa composizione, con primi abbozzi che risalirebbero addirittura al 1913-1914.
Poi la lunga pausa per ricostruire le finanze in America, dedicandosi a composizioni più vicine al gusto locale e intanto il successo dissonante e dissacrante di compositori più moderni che certo creavano aspettative che non erano nelle corde del nostro.
L'ultima elaborazione, potrebbe originare la ripresa di questa composizione dopo un infruttuoso tentativo di farne un balletto (tipo la Sagra della Primavera) poi abbandonato.
Come già scritto, il materiale viene ripreso a memoria da composizioni del periodo giovanile, rielaborato a memoria, strutturalmente aggiornato, con la sensibilità nuova di un uomo di quasi 70 anni.
Come sia resta una composizione intensa, virtuosisticamente elaborata che rappresenta la vera summa di tutta l'espressione di Rachmaninov sin dalle sue radici : energia vitale, grande sensibilità, forza ed introversione.
La Vecchia Russia, insomma.
Scritta durante l'estate-autunno del 1940 nella tenuta vicino a New York (non lontano dalla casa di Arturo Toscanini), con il nome originale di Fantastic Dances e sottotitoli tipo "Mezzogiorno", "Crepuscolo", "Mezzanotte".
La strumentazione prevede ottavino , 2 flauti , 2 oboi , corno inglese , 2 clarinetti , clarinetto basso , sassofono contralto , 2 fagotti , controfagotto , 4 corni , 3 trombe , 3 tromboni , tuba , timpani , triangolo , tamburello , tamburo laterale , piatti , grancassa , tamtam , xilofono , glockenspiel, campane tubolari , arpa , pianoforte e archi .
Le Edizioni
La prima edizione che mi viene in mente è questa di Vladimir Ashkenazy che nel 2017, circa ottantenne, ne da prova in concerto Live insieme, non a caso, alla Terza Sinfonia, con la Philarmonia Orchestra, edita da Sigmun Classics.
Si tratta di una lettura molto matura ed attenta, senza inutili effetti pirotecnici, in linea con tutta la lunghissima sperimentazione e amore per l'autore di una vita.
a questa prima edizione orchestrale contrappongo quella pianistica del giovane Dong Hyek Lim con Martha Argerich al secondo pianoforte, edita da Warne Classics nel 2019 in un sontuoso 192/24.
E' vivace, brillante, eppure puntuale ed introspettiva ad ogni cambio di ritmo.
un'altra edizione "giurata" può essere quella che Mariss Jansons con una forza degna del più ostinato Shostakovich tesse alla testa della sua Bayerischen (BR Klassik, 2018).
La ripresa ha momento veramente tellurici con il pianoforte ingigantito dai microfoni.
Esiste un'altra edizione Live del Maestro Jansons con la Concertgebouw, non del tutto casualmente associata a Petrushka
ma altrettanto energica, l'opposto di Ashkenazy (RCO 2005)
un disco da non perdere, ancora da EMI/Warner Classics (1992) è questo con Martha Argerich insieme ad Alexandre Rabinovitch che unisce alle Danze Sinfoniche le Suite Op. 5 e 17.
Continuando con dischi moderni e con un direttore che io apprezzo moltissimo
come Vasily Petrenko con la Royal Liverpool Philarmonic Orchestra (Avie Records 2010), che mi sembra porsi nel mezzo tra Jansons e Ashkenazy che resta indiscusso in termini di introspezione della partitura.
Purtroppo non sono riuscito a trovare nella mia discoteca l'edizione di Ormandy ma sono tante le edizioni di questo capolavoro che ne potremo parlare nei commenti.
Intanto, se non le avete mai ascoltate, spero di avervi incuriosito.
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