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Max Aquila

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  1. Certamente... Ma io che le memorie da apneista le ho anche recenti, rifuggendo gli abissi oceanici, coltivo come sfondo ideale un blu profondo con sfumature verdi... Vado a memoria...
  2. Vorrei ricordare, visto che lui sornione non lo fa, che Max e' il cognome di Adriano... non un nickname
  3. Il mio desiderio me lo fece esplodere una pubblicità (mai più ritrovata) dell' Amaretto di Saronno con tre surfisti di allora in fila, il terzo spalle dentro il boma a riposarsi: era il 1981... Quella estate nel punto più ostico del golfo di Mondello, dove tentavo di imparare, furono solo cadute, fino all'ultimo giorno della stagione balneare, quando finalmente, grazie a vento forte e teso ed ai bagnini che mi fischiavano esserci bandiera rossa, riuscì a fare un bordo verso il largo e l'altro....di ritorno: per sopravvivere. Da allora amai il vento che, fino a quel momento (giocavo a tennis) avevo sempre detestato. Nell'anno dei Mondiali italiani, il mio primo BIC...con la pubblicità sulla vela. E poi tentativi di regatare contro i surfisti più forti in Italia, che nel 1984 ed 88 ci rappresentarono alle Olimpiadi, in quel periodo tutti concentrati a Mondello... Nel 1987 mio padre mi regalò una Nikon, con la quale pochi mesi dopo vinsi un photocontest e tramutai il premio in un Sigma 400/5,6 E da allora che li fotografo...
  4. il salto con una tavola da surf cui sia in qualche maniera vincolata una vela, un'ala, un'aquilone, è l'apoteosi di questo sport e il tratto distintivo dal surfing propriamente detto, che del windsurf, wing, kite, foil è pure componente, ma certamente meno raffinata e particolareggiata come di chi deve muoversi su onde di varia altezza e potenza, facendo unicamente affidamento sul proprio senso di equilibrio universale. Ed allora, dopo avere surfato un'ondina che faccia da trampolino, portando la tavola oltre la velocità critica di lancio, la vela dà l'ulteriore sensazione di abbandonarsi all'altro elemento, l'Aria, dopo esserci staccati dalla Terra e dall' Acqua... Non è per tutti. Bisogna desiderarlo
  5. Max Aquila

    Nikkor AF-S 500/4G VR su Nikon Z6 II

    Tre salti: tre stili, tre surfers Mondello beach 28 Dicembre 2020
  6. qui il gabbiano ci prova... riuscirà a passare il surfer? che domande...!
  7. il salto con una tavola da surf cui sia in qualche maniera vincolata una vela, un'ala, un'aquilone, è l'apoteosi di questo sport e il tratto distintivo dal surfing propriamente detto, che del windsurf, wing, kite, foil è pure componente, ma certamente meno raffinata e particolareggiata come di chi deve muoversi su onde di varia altezza e potenza, facendo unicamente affidamento sul proprio senso di equilibrio universale. Ed allora, dopo avere surfato un'ondina che faccia da trampolino, portando la tavola oltre la velocità critica di lancio, la vela dà l'ulteriore sensazione di abbandonarsi all'altro elemento, l'Aria, dopo esserci staccati dalla Terra e dall' Acqua... Non è per tutti. Bisogna desiderarlo...
  8. Ma abbiamo sempre il problema del traffico, pure a mare Oh...io tenevo il cappellino... ...per la verità tenevo anche il treppiede a cui non bastava la seconda Z6 con 70-200 e tc14, in borsa, come zavorra. Raffiche di libeccio fino a 40 nodi
  9. Pure la mia: poteva essere... Giannantonio...non vale! Nel senso che avevo scritto prima: lo sfondo nero in still life è talmente semplice da creare che lo si evita spesso. Come sfida personale. Invece uno sfondo colorato (basta un cartoncino da disegno) diventa più complicato da rendere, della sua densità colore, senza ombre o riflessi: se lucido... Così, tanto per dare senso alle cose che facciamo in questi mesi di inattività forzata
  10. io immagino la ola dei barattoli di colore in tribuna che guardano Mauro che completa la livrea del carro...
  11. Si vabbè tu, poi... chissà se questa disamina delle focali abbia chiarito cosa io veda dentro un 14-24...
  12. se aspettassi che mi regalano qualcosa per fare una foto, il pabulum su cui stiamo conversando...non esisterebbe Le idee vanno dichiarate prima: come a poker o a stecca Dopo... valgono quanto il due di picche
  13. Uso assolutamente misto: reportage teatro, still life casa, focus stacking e infine sport.... E c'era ancora l'altra EN-EL15C pronta alla bisogna... Ora che si può usare un powerbank... quasi quasi ....non serve più
  14. Per inciso: - il 14mm più bello che esista è il Sigma Art per tutte le baionette reflex - un 15mm AF sarebbe nelle corde Nikon (ho avuto il bellissimo AiS) ma dovrebbero avere il coraggio che oggi non gli riconosciamo - di 16mm Nikon abbiamo avuto solamente una versione fisheye della prima epoca af. Poco valido e mai replicato, potrebbe essere un nuovo target in questa fascia dei fisheye leggeri dove i cinesi imperversano da anni... - manca da tempo, invece, un 18mm fisso, di valore e luminoso almeno f/2 come nessuno ha mai fin qui prodotto - i 20mm sono sempre stati una gioia di Nikon, anche quello subacqueo - i 24 mm Nikon ...non mi hanno mai stregato fino in fondo: sempre ruvidi di sfuocato, comprese le belle versioni MF delle quali ho anche l'ais f/2. E lo Z, preso in attesa del 20mm, l'ho rivenduto subito dopo il suo arrivo a casa, senza pensarci due volte: la mia focale sono i 20 E mi fermo qui con i fissi wide. Il resto per me sono normali, quasi quanto il 50mm. E....si! dieci gradi di angolo di campo, cambiano compositivamente moltissimo il soggetto
  15. Perché i fissi... astonishing , come dicono gli angli, sono cose rare. E il pubblico indeciso (come nella tua domanda) preferisce gli zoom, così crede di avere tutto in uno. Nulla di più sbagliato lato wide: io un 14-24 lo uso (poi lo poso e scelgo un fisso) come se fossero almeno cinque diversi obiettivi insieme. Il soggetto ripreso da una determinata distanza, esige una focale. Non uno zoom
  16. foto di famiglia in interno da sx verso dx: Nikkor-UD 20mm f/3,5 1967 11 lenti in 9 gruppi Nikkor-O 2,1cm f/4 1959 8 lenti in 6 gruppi Nikkor Z 20mm f/1,8S 2020 14 lenti in 11 gruppi Nikkor 20mm f/4 1974 10 lenti in 8 gruppi UW Nikkor 20mm f/2,8 1985 10 lenti in 6 gruppi Sono soltanto cinque i 20mm Nikon attualmente in mio possesso, accomunati dal fatto che li terrò per sempre con me, rappresentando il meglio che la Casa di Tokyo abbia profuso nella sua storia recente, fin dalla Nikon F (equipaggiata col 2,1 cm di derivazione RF, non retrofocus, da poter utilizzare solo con specchio sollevato e mirino aggiuntivo) arrivando alle più recenti Nikon Z/II che si avvalgono del più bello tra i venti millimetri fin qui prodotti da Nikon. Mancano dalla foto di gruppo gli altri cinque obiettivi di questa focale, due MF (gli f/2,8 e 3,5 serie II) e tre AF (i due f/2,8 AF ed AFD, virtualmente identici) e l'ultimo F-mount f/1,8 su cui ho scritto nel 2015 un articolo molto letto Questo per rimarcare quanto io tenga a questa focale, a lungo alternata con i 24mm, come scrivevo già nel 2006, in uno dei primi articoli per Nikonland E quanto ritenga fondamentale nel mio percorso creativo il suo angolo di campo, così regolare pur nella sua anima di superwide, così vicino all'angolo retto perfetto (in questo senso ancora più regolare quello dei 21mm, come l'antenato qui ritratto) Le dimensioni sono quindi variabilissime in termini dello schema ottico che si voglia realizzare, come ben si vede col più moderno (ed il predecessore F non è molto diverso di forma) Miracolo di compattezza il 20/4 del 1974 poco più grandi gli f/2,8 MF e i due AF, l' AFD qui ritratto con insieme al 20/1,8 ed al degnissimo Sigma Art 20/1,4 per Nikon (venduto non appena ho provato il nuovo Z) Se passando gli anni, i costruttori sono sempre più inclini ad aumentarne le dimensioni, a discapito della estrema maneggevolezza di certi esemplari dei quarant'anni precedenti, nonostante l'attuale ampliamento della baionetta e del tiraggio delle Nikon Z, oltre che dell'eliminazione del mirabox, vorrà pur dire che su questa specifica focale le aspettative del pubblico siano notevolissime e non possano andare deluse con compromessi di ingombro, presenti invece con maggior facilità sugli zoom meno luminosi. E così dal diametro filtri standard Nikon da 52mm, siamo arrivati all'attuale 77mm (ed oltre per l' Art) per non dire dell'improbabile diametro esterno del paraluce del "padellone" come era chiamato il Nikkor UD del 1967, proprio per questo motivo, divertente anche per la sua originalità, tanto da avermelo fatto usare, con gli opportuni adattatori, anche su fotocamere di altre marche E' per questo che l'avvento di questa primavera del neonato Z, a continuare la felice tradizione di casa Nikon per questa focale, mi ha fatto decidere di completare la serie, con i residui che mi mancano, principalmente la versione AiS f/2,8 che è l'unica a non essermi mai caduta in mano Tanto...per il corrente ed i prossimi anni, mi sento già ben attrezzato: Max Aquila photo (C) per Nikonland 2020
  17. Profumo di mare. Certamente, con lo sfondo nero viene abbastanza facile lavorare in luce flash. Riprova con un blu ....abissale
  18. Il Manfrotto 410 l'ho usato per sei mesi e...alla prima caduta, si è rotto. Le domande dovrebbero cominciare a farsele chi tiene in commercio una piastra di montaggio simile
  19. Ho già annunciato su Nikonland, senza grande seguito, di aver trovato su ebay notizie di questa testa a cremagliera, che mi è servita per rimpiazzare la precedente Manfrotto 410, rotta dopo un lieve urto sulla parte più debole, quella assurda piastra di fissaggio con sblocco a leva...appunto fragile. Rivenduta la Manfrotto rotta (dichiarandola come tale) ad un prezzo inferiore di soli 20 euro rispetto all'acquisto di questa nuova testa Benro, ho pazientemente aspettato il cargo cinese, battente bandiera panamense che me lo ha trasportato a casa. Una volta arrivata, ho montato questa testa a tre movimenti dotata di cremagliera (geared) su uno dei mie tripodi Manfrotto 055, che ormai utilizzo per lo still life casalingo. avendo abdicato a marchi cinesi anche per la stabilizzazione da campo, dopo aver acquistato un 500mm f/4 che per il Manfrotto equivaleva ad un SanBernardo che scelga di riprodursi con una Chihuahua... Pesa 740grammi ed è dotata di una manopola di regolazione per ognuno dei tre movimenti, micrometrici, che consentono variazioni negli angoli specificati sulle apposite scale ben visibili, limitate ove necessario per non interferire reciprocamente (ma si può sempre girare la fotocamera sulla testa di 180°, per recuperare eventualmente in gradi di inclinazione) facile quindi visualizzare una inquadratura verticale se il treppiedi sia preventivamente messo in bolla l'insieme è semplice, elegante e leggero, ma resistente da sotto, la piastra di montaggio Arca-Swiss è centinata per reggere senza flessione carichi dichiarati fino a 6kg concentriche alle manopole sono le ghiere a molla di sblocco rapido delle tre singole regolazioni per passare velocemente da una posizione ad un'altra e successivamente si trimmerà la posizione con la manopola principale, per allineare l'inquadratura la piastrina azzura d'alluminio in dotazione è provvista delle viti di fondo corsa che, insieme al sistema di sblocco a molla(ricordato dalla freccetta) della vite di serraggio alla testa dell'obiettivo o dellla fotocamera in uso, consente una sicurezza contro possibili, disastrosi, sganci non intenzionali dell'apparecchio sulla testa livelle a bolla sulle tre possibili posizioni della piastra principale Una testa a cremagliera assolve efficacemente ad alcune esigenze coperte, in altra maniera, da altri tipi più comuni di testa per treppiede: è più compatta e più leggera di una testa video che deve gestire in maniera fluida, ma continua, i movimenti necessari ad una ripresa video è precisissima nella composizione di un'inquadratura, rispetto alla duttilità di una testa a sfera, anche di eccelso livello: questa a cremagliera è di certo più lenta da essere posizionata, ma ineccepibile per il risultato che ne deriva è grandemente più economica a parità di efficacia rispetto alle due soluzioni prima dette A me serve per gestire la grande quantità di riprese casalinghe di still life degli obiettivi e fotocamere dei quali scrivo articoli da anni. La rottura della precedente Manfrotto, avvenuta dopo pochi mesi di uso intenso, per una stupida caduta da altezza innocua, mi ha fatto arrabbiare, perchè la riparazione sarebbe costata una parte considerevole del suo valore da nuova. E per questo motivo ne sono rimasto privo per più di un anno: poche settimane fa mi è capitato di trovare sul web notizia di questa Benro, ad un prezzo ragionevole, di 116 euro, dall'apparenza più esile rispetto alla Manfrotto 410, ma alla fine dei conti neanche tanto. Dopo una settimana e mezzo di uso ripetuto, trovo da criticare solo la fattura non certo morbida delle corone a molla di sblocco delle cremagliere, rispetto alla manovrabilità invece eccellente delle manopole micrometriche, principali. Inoltre, avrei preferito che il pirulotto di sblocco di sicurezza della slitta Arca, fosse posizionato sul retro della fotocamera, piuttosto che all'opposto, ma come detto, nulla osta a girare la macchina sulla piastra, per ottenere i risultati prefissi. Il sito del produttore è http://www.benro.com/ e vi si trovano altre cosette interessanti che cureremo di acquistare e testare su Nikonland: come siamo soliti fare. Consiglio questa testa a tutti coloro che cercano un sistema alternativo alla propria testa a sfera per realizzare riprese nelle quali l'inquadratura sia fondamentale nella composizione del soggetto: una testa da affiancare, come ho fatto io (che dispongo di veri treppiedi sempre disponibili ad accogliere una testa), alle altre in proprio possesso. Divertimento e soddisfazione assicurati e lo standard Arca Swiss al quale Manfrotto e Nikon tardano da tempo ad allinearsi. Max Aquila photo (C) per Nikonland 2020
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