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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 03/01/2021 in tutte le aree

  1. Non il solito Wata come lo pensiamo: molto dimagrito anche se tonico, ci fa gli auguri per l' anno appena entrato Sul finire del suo spot, fa un accenno al fatto di aver personalmente sofferto...ma di essersi rialzato col sasso in mano... Auguri da tutti noi di Nikonland, quindi. Continueremo a contribuire con la sua creatura.
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  2. Domenica mattina, 13/12 ( non metto l'anno...), primo giorno di zona gialla per la Lombardia, tornano i tavolini. Z50, 35mm f 0.95 1/4000 iso 100 Andando al lavoro piccola sosta in zona Garibaldi/Aulenti e prova della "lentina", appena riesco ne sistemo propino altre.
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  3. Il Valdarno Superiore, confinante con l’Aretino, la Val di Chiana, la Val di Sieve, le colline del Chianti, il Pratomagno e l’area fiorentina, è una terra singolare e pittoresca. La zona emerse in età preistorica dal naturale fluire delle acque di un lago che invadeva il bacino alla fine dell’era terziaria. Oggi è tutta un susseguirsi di dolci declivi e calanchi dove i colori esplodono. Il verde dei pini sulla sommità delle Balze giallastre, l’argento degli uliveti che si alternano alle vigne e il blu del cielo toscano sono i colori predominanti. Per tutta la valle svettano i campanili dei paesi e le torri degli antichi borghi, pievi e castelli, alcuni dei quali odorano ancora di etrusco. (Z 7 - 24-70/4 S - a 70 mm 1/100 f. 4 Iso 2200) Classico esempio di borgo con campanili e torri - foto del 26.11.2019 Oppure in posizione dominante come ll castello di Nipozzano (Z 7 - 70-200/2,8 S a 70mm - 1/160 f. 6.3 Iso 64) Ed è qui, in questo clima di ritrovata pace, che il primo e più grande “testimonial del Valdarno Superiore”, Leonardo da Vinci, veniva a ispirarsi. Chissà quante volte avrà percorso la strada dei Setteponti e soffermandosi a osservare l’originalità di questa valle, le sue incredibili Balze. Loc. Botriolo - foto del 15.02.2018 (D 850 e Sigma 24-35/2 a 24mm 1/25 f. 8 Iso 100) La nebbia è in effetti un fenomeno naturale caratteristico di tutto il Valdarno, data la sua origine lacustre. In autunno ed in inverno quando non è troppo freddo, favorisce il formarsi della nebbia. Ai tempi di Leonardo da Vinci la valle non era ancora completamente bonificata e tale evento atmosferico era molto più frequente e consistenze di adesso. Anche le Balze del Valdarno in quel periodo erano di maggior entità di oggi a causa della loro erosione costante ed inarrestabile. Gli scenari preferiti di Leonardo da Vinci erano spesso brumosi, avvolti dal mistero, tra la foschia e luci crepuscolari. Lo si può vedere anche nel paesaggio della Gioconda, ma non solo. E se ci fossero ancora dei dubbi, ecco come Leonardo descriveva la Valle dell’Arno nei suoi manoscritti tratti dal Codice Leicester o Codice Hammer: “Dal Valdarno di Sopra insino ad Arezzo si creava uno secondo lago il quale occupava tutta la detta valle di sopra per ispazio di 40 miglia di lunghezza. Questa valle riceve sopra il suo fondo tutta la terra portata dall’acque di quella intorbidata, la quale ancora si vede a piedi del Prato Magno restare altissima e infra essa terra si vede le profonde segnature de’ fiumi che quivi son passati, li quali discendono dal gran monte di Prato Magno” In poche righe, la perfetta spiegazione dell’origine lacustre del Valdarno Superiore e di come si sono formate le Balze. Affermazioni scritte di suo pugno a certificare l’attenzione che il Genio riservava alla vallata. Inoltre i suoi studi hanno dimostrato come le conchiglie fossili ritrovate nella zona non fossero una conseguenza del ritiro delle acque del Diluvio Universale, come si credeva fino ad allora, ma il frutto del prosciugamento de lago originario dovuto a un clima molto più caldo di adesso. Questo preambolo per dare un’idea di cosa è e come si è formato nei tempi il Valdarno Superiore; infatti, essendo questo territorio una grande conca ospita spesso (da ottobre a tutto aprile) la nebbia. Pertanto, nei tre giorni prima delle feste, nei quali la Toscana è tornata di colore giallo, ho approfittato per alcune uscite mattutine per tornare a fotografare ed ho scelto di immortalare la fastidiosa, malsana e pericolosa nebbia, ma che a volte riesce ad essere anche un fenomeno suggestivo. (Z 7 70-200/2,8S a 135mm 1/200 f.5,6 Iso 90) Alle prime luci dell'alba, veduta della valle dell'Arno da Pietrapiana. in alto a destra Domina sulla valle la Fattoria di Antica (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/200 f.5,6 Iso 64) Sempre alle prime luci del mattino, vista dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, il Valdarno e la confluenza con la Sieve immersi nella nebbia. Di fronte domina il Castello di Volognano. Sempre dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, la Valle dell'Arno. (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/200 f.5,6 Iso 90) Sempre dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, la Valle dell'Arno. (Z 7 70-200/2,8S a 135mm 1/200 f.5,6 Iso 80) (Z 7 70-200/2,8S a 185mm 1/160 f.6,3 Iso 64) Sempre dal sagrato della chiesa di Pieve a Pitiana, dalla nebbia emergono sempre castelli e campanili, quello di fronte è il Castello di Volognano, mentre in lontananza si scorge l'Abetone già ammantato di bianco. Lungo la strada che porta a Pelago, in alto si scorge la Fattoria di Altomena (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/160 f.6,3 Iso 64) Valle della Sieve prossima alla confluenza con l'Arno, vista dalle vigne di Nipozzano (Z 7 70-200/2,8S a 120mm 1/200 f. 6,3 Iso 64) (Z 7 70-200/2,8S a 70mm 1/200 f. 6,3 Iso 64) Sempre dai possedimenti del Castello di Nipozzano, la confluenza fra la Val di Sieve ed il Valdarno. Il cipresso è un'altra caratteristica del paesaggio Toscano e quindi anche del Valdarno. (Z 7 70-200/2,8S a 200mm 1/800 f.6,3 Iso 80) (Z 7 70-200/2,8S a 200mm 1/200 f.5,6 Iso 64) Il Castello di Nipozzano circondato dai suoi vigneti (proprietà Frescobaldi) che domina la vallata dell'Arno e della Sieve e, come si può notare, solo lambito dalla nebbia che raramente riesce ad avvolgerlo. Nella speranza che il 2021 allenti la stretta ai movimenti e si possa tornare a fotografare tranquillamente e dove ci pare e piace.
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  4. Come ogni anno eccomi ancora qui per un piccolo bilancio di questo 2020 che si sta concludendo. Un anno anomalo, per non dire di peggio, per la pandemia che ci ha colpiti e che ha influito anche sul nostro fotografare e sulle occasioni e possibilità che abbiamo avuto per farlo dove e come di solito. O perlomeno è ciò che è successo a me. Perché amo scattare per strada cogliendo situazioni di vita curiose o che attraggono la mia attenzione ma, stante la situazione, in questi mesi non ho trovato quasi nulla di spensierato da fotografare nelle città in cui la gente si muove con il viso fasciato da protezioni di ogni foggia e colore, ricordando ognora al fotografo e all’osservatore delle sue immagini il motivo di quel triste mascheramento. Ciò nondimeno qualcosa sono riuscito a fare nei primi due mesi dell’anno, quando la situazione sanitaria non aveva ancora stravolto le vite e le abitudini di ciascuno … 1. 2. 3. 4. … e in estate, al mare. 5. 6. Così ho provato a fare di necessità virtù e, complici degli amici con cui ho condiviso alcune uscite per fotografare, ho provato a spostare il mio interesse verso la fotografia di natura e di paesaggio. Per me una sfida nuova ed interessante, che coniuga il piacere di frequentare bei luoghi alla possibilità di portare a casa qualche scatto. Come queste immagini raccolte sull’Appennino Tosco-Emiliano … 7. 8. 9. 10. … e sul massiccio del Pratomagno. 11. 12. Senza salire fin sulle montagne, la Toscana offre scorci altrettanto belli anche in zone assai più facili da raggiungere. Come nelle Crete Senesi… 13. 14. 15. 16. 17. … o in Val d’Orcia. 18. 19. 20. Il mio bilancio? Bah, viste le condizioni non è andata male, e anzi, sono contento per aver iniziato un percorso che può regalarmi qualche soddisfazione e, soprattutto, divertimento. Con la serenità che, come tutti, spero di avere nell’Anno che sta per venire. Grazie a chi è arrivato fino a qui, e a chi vorrà lasciare un commento.
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  5. Articolo ironico con contenuto serio. Questo blog esprime le mie opinioni personali, basate su quel che so, ma essendo opinioni non hanno pretesa di verità, ed è assolutamente possibile non essere d'accordo in parte o del tutto. Non è mia intenzione offendere nessuno. Credo che tutto possa essere più o meno cominciato con questo libro (questa la versione italiana, ma il libro è stato un successo enorme in tutto l'Occidente): In cui l'autore, un professore tedesco di filosofia, racconta che essendo incapace di concepire lo Zen a livello intellettuale (lo credo bene!) gli viene consigliato di provare ad avvicinarsi tramite una delle arti in cui lo Zen è presente, nel caso il tiro con l' arco giapponese, il Kyudo (kyu- arco, do- via, metodo). Il libro è breve, interessante, di piacevole lettura, e porta in appendice anche un discorso di un maestro giapponese sullo Zen e l'arte della scherma (Ken-jutsu). Il meritato successo di questo libro ha portato in tempi successivi, a partire dall'epoca buia della New Age, ad una serie infinita di altri libri dal titolo "Lo Zen e .... (mettere una qualsiasi attività a piacere)", il cui scopo, oltre alla vendita del libro, sarebbe di spiegare come con lo Zen tutte le cose vengano meglio, meravigliosamente meglio, e si sia tutti più felici. Che sarebbe proprio bello. Eh sì, non manca nemmeno "lo Zen e l'arte di scopare" di Jacopo Fo, figlio del più noto Dario. Confesso di non averlo letto. NOTA: Caso a parte è "Lo Zen e l'arte della manutenzione della Motocicletta" interessante libro biografico di M. Pirsig, dove la "manutenzione della motocicletta" è un pretesto per scrivere d'altro, un po' come le balene in Moby Dick, per cui non c'entra con i vari manuali dello "Zen e...". Tutti questi manuali presuppongono forse che chi scrive abbia raggiunto lo Zen così da poterlo insegnare ad altri (?). Implicano forse che lo Zen sia un modo, uno strumento, per fare meglio le cose, e che possa essere trasmesso con un libro? Sarà, ma da modesto cultore di alcune arti e forme di pensiero orientale da almeno quarant'anni, mi permetto di avere qualche dubbio in merito. Temo cioè che si faccia un po' di confusione, ingenuamente o astutamente, non lo so. La sensazione è che si usi il termine Zen banalizzandolo come ricettacolo di "semplici trucchi" , infilandoci con una massiccia dose di superficialità. Quindi in tutta umiltà vorrei provare a chiarire un pochino, tutto qui. Lo Zen. Lo Zen (in cinese C'han) ha origine quando il Buddhismo dall'India arrivò in Cina ed assorbì degli elementi del Taoismo (non vi tedio oltre con la storia, è facile trovare il modo di approfondire, se interessa). Dalla Cina è stato poi portato in Giappone (il nome Zen è la versione giapponese di C'han). Come tutto il Buddhismo ma, in fondo, come tutte le maggiori religioni, lo Zen è una via per la liberazione dalle sofferenze, che per i Buddhisti si ottiene raggiungendo uno stato di "risveglio" o "illuminazione", in giapponese Satori (per inciso la prima scuola di arti marziali che ho frequentato a quindici anni si chiamava pomposamente "Ryu Satori" cioè "Scuola dell'Illuminazione", ma non "illuminava" molto ). Non vado oltre, aggiungo solo che rispetto ad altre pratiche lo Zen ha un carattere più diretto, ma non per questo è più facile anzi, richiede intensa applicazione. Lo Zen, pur essendo sorto in un contesto religioso, può essere esportato anche al di fuori dall'ambito della religione, come molte altre pratiche Buddhiste, ad esempio la "mindfulness" che mi sembra sia ancora molto in voga nella psicoterapia, nel coaching aziendale e in non so cos'altro, ma che in fondo non è che una "occidentalizzazione" di alcune pratiche buddhiste di consapevolezza. Ma non sono cose facili, possono richiedere una intera vita di pratica, non ci sono semplici trucchi. Il Maestro Taisen Deshimaru, scomparso nel 1982, esperto anche di arti marziali, è fra quelli che ha diffuso lo Zen in Europa in tempi recenti. I suoi libri sono sì una valida lettura. Lo Zen e... Tornando ai libri, posso sbagliare, ma sembra che in quei "manuali" lo Zen sia visto come un qualche cosa, un metodo semplice per migliorare quel che si fa, presupponendo quindi uno scopo, un fine pratico, che è il contrario esatto dello Zen . Se pensiamo uno dei requisiti fondamentali per raggiungere lo Zen è l'essere quello che in Giapponese si dice mushotoku (privo di intenzione, di fine, di desiderio, di attaccamento), cercare di raggiungere lo Zen per ... già escluderebbe la possibilità di arrivarci. E in ogni caso è riduttivo. Il fatto può essere che la parola Zen piace, è breve , semplice ed ha appigli nell'immaginario delle persone (di un certo genere), per cui "attira" ma il concetto che c'è dietro a quella parola è profondo. E' altro. Lo Zen e la Fotografia? In Internet e sulla carta stampata non mancano titoli come "Lo Zen e la Fotografia", oppure "Fotografia Zen", anzi, ce ne sono tanti. L'impressione che ho leggendo questi articoli è che si pensi esistano delle ricette per fare una non meglio identificata "Fotografia Zen" o che un approccio Zen alla fotografia ci darà la pace interiore. Può essere benissimo che tramite una pratica intensa e rigorosa di un'arte, fotografia compresa, si arrivi alla piena maestria e questo potrebbe essere un modo di "avvicinarsi" allo Zen. E può essere benissimo anche che chi ha "capito" lo Zen (si è "risvegliato") dato che tra le tante altre cose è diventato spontaneo, sereno, calmo, attento, presente a se stesso, concentrato e non ossessionato dal risultato, di conseguenza sia in grado fotografare molto meglio di prima, anzi tutte le cose che fa gli vengono meglio che se fosse preoccupato, precipitoso, distratto, nervoso ed ansioso per il risultato. Ma da questo a dare "ricette rapide" per fotografare Zen o arrivare allo Zen ce ne passa. Io purtroppo non so dirvi come sia essere Zen, ma penso di saperne abbastanza da suggerire che nelle "semplici ricette" NON c'è lo Zen. Quindi a mio personale ed arbitrario parere, sono comunque letture simpatiche, e alcuni i consigli possono essere utili, quindi leggiamo pure i vari "Zen e la fotografia di questo e di quello" ma stiamo attenti che ... Non è necessariamente vero che se uso una fotocamera manuale a pellicola e solo obiettivi manuali del secolo passato arrivo prima allo Zen, uno può essere (o non essere) consapevole praticando con una Sony A4R o una Nikon Z6II tanto quanto con una vecchia Nikon SP. Non è necessariamente vero che lo scatto singolo è Zen, la raffica no. Non è necessariamente vero che lo street o la foto naturalisitica sono Zen e il Fashion o che altro no. Se la persona è "risvegliata" questo si riflette in qualsiasi cosa faccia. Quando Musashi capì l'arte della scherma, divenne anche un ottimo calligrafo e poeta. Non è necessariamente vero che fotografare in bianco e nero sia più Zen che fotografare a colori. Può esserlo oppure no, come sopra. Non è detto che si debba per forza fotografare pile di sassolini , giardini, ruscelletti, cespugli di bambù, paesaggi nebbiosi o gatti addormentati per fare fotografia Zen. Qualsiasi soggetto (o quasi) può esprimere lo Zen oppure (più spesso) non esprimerlo. Perchè non è tanto il soggetto che conta ma come (con che disposizione interiore) lo si fotografa, cosa che si dovrebbe riflettere nella foto e si spera, arrivare a chi la guarda. C'è qualche differenza tra le foto sopra e quelle sotto? Quali trasmettono qualcosa? Buon Anno a tutti!! Tutte le immagini sono copyright dei rispettivi aventi diritto, riprodotte solo a scopo illustrativo.
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  6. Ieri sera ho visto un film/commedia francese intitolato "C'est la vie"/prendila come viene. Niente di che, ma con quella frizzante leggerezza ed ironia tipica di certa commedia francese , che è sempre gradevole e penso favorisca anche la digestione. Riguarda l'organizzazione di una sontuosa festa di matrimonio con cena, musica ecc. Uno dei personaggi è il fotografo matrimonialista. Non voglio discutere di come sia stato tratteggiato bene o male il personaggio, nè di nient'altro. Voglio solo riportare una inquadratura di una scena che mi è sembrata emblematica della quotidianità attuale. Al momento del bacio-abbraccio degli sposi il fotografo, dopo aver raccomandato di lasciargli spazio, si prepara opportunamente e... : D'istinto la mia simpatia è andata tutta al fotografo, di cui ho "sentito" la frustrazione. Come ho già scritto, NON voglio innescare discussioni o polemiche, solo condividere un'immagine che ritengo illustri con una certa verve (visto che siamo in Francia) una situazione molto reale. PS Il film doveva essere parzialmente sponsorizzato da Nikon perchè nelle varie scene in cui compare il fotografo oltre alla tracolla e naturalmente la fotocamera, anche la borsa fotografica e qualcos'altro erano tutto con il marchio nikon ben esposto (niente di male, anzi).
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  7. TTArtisan 50/0.95 Black Edition, attacco Leica più adattatore M->Z per Nikon Z7 II ...
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  8. Si sono montati la testa (letteralmente). Con quei soldi si può comprare il mondo, altro che gambe da 32mm con testine da ballo in maschera
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  9. Grande spunto di riflessione La fotografia é per il sottoscritto uno strumento di ricerca. Credo (ma non sono un orientale e ho senz’altro idee del tutto personali e nessun insegnamento da dare) che lo Zen sia qualcosa di analogo, una ricerca, un particolare cammino di semplificazione della propria conoscenza di sé e del Cosmo. Man mano che si procede gli strumenti si riducono finché si rimane con l’ultimo: il proprio corpo e la coscienza, con tutto quel che questo comporta. Successivo e delicato passo é quello di distaccarsi anche da essi e arrivare a personali esperienze di ‘rivelazione’ e fusione con il Cosmo. Forse in fotografia lo Zen é guardare e scattare immagini con la propria mente, e in seguito cercare lo scatto con la macchina fotografica: questa seconda parte é ‘portare agli altri’, comunicare, portare a terra ciò che in quel momento é incomunicabile. Ogni tanto scatto senza rullino: é un esercizio. Il mio modo di riconoscere che tutto é impermanente; ma provo grande piacere nel vedere e inquadrare parti del mondo e pensare che tutto scorre e io sono nel flusso.
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  11. Due chiarimenti aggiuntivi: Lo Zen è un'esperienza personale, non descrivibile e non trasmissibile a parole, si possono dare delle indicazioni di metodo ma, come dicono i praticanti Zen, "non confondere il dito che indica la Luna con la Luna stessa, se ti fermi a guardare il dito, non vedrai mai la Luna", per questo non si può essere espliciti più di tanto, sarebbe deviante. Quello che so della pratica dello Zen viene oltre che dalla mia ricerca personale e pratica marziale, dal fatto che due dei miei maestri di Karate erano anche adepti Zen, uno era uno studente "laico", l'altro era un monaco (italiano): le lezioni di quest'ultimo erano tremende: nessuna concessione al divertimento, una sola tecnica per tutta la durata della lezione, ripetuta ad infinito finchè non ti era entrata nelle ossa e nella testa (ohi). E non dimentichiamo il guru Eckhart Tolle che disse: "ho vissuto con molti maestri Zen,ed erano tutti gatti "
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  12. Io non sono un maestro Zen, anzi sono meno di un principiante scarso, non posso quindi istruire nessuno di mio, a meno di scrivere un altro libro di ricette banali. Però posso riportare gli insegnamenti classici, almeno per quanto riguarda il metodo. La componente Taoista del Buddhismo Zen comprende il concetto di Via (metodo, percorso) che è una delle sfaccettature della "Grande Via", il Tao (cinese pinyin Dao, da cui il giapponese Do. Per cui Ju-do, Ken-do, Kyu-do Cha-do (l'arte del tè) ecc. sono tutte vie per arrivare ad una "divina maestria" che è però non è il fine ultimo, ma può essere una porta verso lo Zen. Chiaramente cambiano le pratiche (preparare il tè non è tirare con l'arco) ma la radice del metodo, per qualsiasi arte si tratti (marziale, pittura, tè, origami, fotografia, musica) è la stessa, semplice nel concetto e difficilissima nella pratica. Lo spiega molto bene il maestro di spada Takuan Soho, nella appendice del libro "Lo Zen e il tiro con L'arco" . Si traduce nel praticare (e studiare) incessantemente, con la massima umiltà, diligenza e distacco (non prendersela per i fallimenti e non inorgoglirsi per i successi), fino a essere talmente tutt'uno con quello che si fa, che non c'è più bisogno di ragionare a priori, coscientemente su quello che devi fare per esprimere la tua arte, ma diventa un atto spontaneo. All'inizio i progressi si vedono, poi si arriva ad un punto in cui avendo acquisito una buona esperienza si percepiscono i propri limiti e sembra di rallentare sempre più nel progresso, ma se non ci si rassegna nè ci si spazientisce, si insiste senza mai accontentarsi, ma con distacco, finchè i limiti ad un certo punto sono superati e ad un tratto si è ad un livello superiore. Prima sei tu e l'oggetto (o lo strumento) della tua arte, divisi in contrapposizione, poi a poco a poco vi integrate, finchè l'arte è parte di te stesso. Un maestro dell'arte è di notevole aiuto almeno agli inizi. Da questa maestria qualcuno va oltre e scopre che è l'arte è diventata una guida per percepire la vita intera, e allora, forse, si è dalle parti dello Zen. Sono quasi sicuro che ti può sembrare deludente (tutto qui?), ma il succo è questo (oppure ci si mette a studiare lo Zen sul serio).
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  13. Allego altre prove, praticamente tutte a TA ( sbuffando con la mascherina...), giocando con la maf. Palazzo della Regione Lombardia Bmw GS1250 Alba su brugola ( ! ) Bosco verticale E altri scatti dei giorni immediatamente precedenti in Duomo e dintorni Albero in Galleria Vetrine in Galleria Ancora l'albero sullo sfondo Duomo
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  14. Obiettivo che come si vede in questa foto, è bene usare su treppiedi. Si mette a fuoco ma è meglio che almeno il fotografo sia fermo TTArtisan 50/0.95mm ad f/0.95 su Nikon Z7 II PS : Luca adesso ci vedrà un pò di front-focus. E' possibile, è possibile
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