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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 05/08/2020 in tutte le aree

  1. Può essere divertente una trasferta di lavoro nell'assolata provincia senese in una calda giornata di agosto? Dipende. Se però nei giorni precedenti la pioggia ha rinfrescato l'aria rendendo piacevole il sole che splende alto nel cielo, se hai un po' di tempo per fermare la macchina e scendere ad osservare il meraviglioso paesaggio che hai dinanzi, se la luce del pomeriggio appare stranamente pulita e benevola e, soprattutto, se hai avuto l'intuizione di portare con te la tua piccola fotocamera perché prima di partire hai pensato che "chissà, non si sa mai", ecco che allora una giornata di lavoro come tante può magicamente trasformarsi in un'esperienza piacevole ed appagante. Le Crete Senesi offrono paesaggi e scorci nuovi ed interessanti in ogni periodo dell'anno: bisogna solo saperli cogliere quando la luce lo consente. Anche in estate, quando la grande calura che avvolge questi territori non sempre permette di ben rappresentare in immagini lo straordinario paesaggio che si offre ai viaggiatori attenti (o ... innamorati, dipende). Gli scatti che propongo sono stati ripresi in circa 30 minuti fra San Giovanni d'Asso e Trequanda con una piccola Olympus E-M10 Mk II ed il 14-42mm di kit, quasi tutte a f/18, e sviluppate con LR a partire dal profilo Adobe Paesaggio. Enjoy. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
    3 punti
  2. Impiego prettamente "professionale" per la Nikon Z5 e il Nikkor Z 70-200/2.8 S impegnati questa volta in un casting a Milano. La Nikon Z5 equipaggiata con una scheda di memoria Sandisk 170mb/s da 128 megabyte, utilizzata quasi esclusivamente per ritratto. Di backup la Z7 che ha alternato il Nikkor Z 24-70/4 S con il fantastico Nikkor F 105/1.4E, molto impegnativo da utilizzare al meglio, ma sempre eccezionale quando portato al suo limite. Due modelle presenti a Milano in questo agosto post-Covid, Ania, una magrissima polacca e Amanda, una pinup svedese. Oltre 3100 scatti con la Z5 che solo in un paio di occasioni ha esaurito il buffer, scattando per lo più a raffica L e otturatore meccanico. Luce naturale dall'esterno della finestra e schiarita con LED da 200 W su ombrello parabolico bianco da 150cm, bilanciamento a 4600 K complessivi. Uno spezzone di video di solo un minuto, girato in 2K con la Z5 e il 70-200/2.8 ad f/2.8 per introdurvi nel mood. Di sfondo Rossano che comincia a fare pratica con la sua nuovissima Nikon Z6 che va a sostituire la sua vecchia Nikon D750. Z5V_3386_1.mp4 Tutte con il 70-200/2.8 S invariabilmente sempre tutto aperto, tranne le ultime due fatte con il 24-70/4 S ad f/4. Alcune foto sono finalizzate per il book (quindi con il fotoritocco) ma la maggior parte sono al naturale, con la luce dosata in manuale e a occhio a mirino, regolando la sensibilità ISO con la ghiera interna del 70-200/2.8 S. Devo precisare che non solo la macchina è un Sample (e anche il 70-200/2.8 S) dato che la consegna dei modelli di produzione è attesa solo verso fine mese ma che anche il supporto di sviluppo dei file (trasformati in DNG via Adobe DNG Converter beta e poi importati in LR) è preliminare. Se queste foto vi sembrano interessanti, saranno certamente migliori quando avrete ritirato il vostro esemplare di Z5 e di 70-200/2.8 S che vi raccomando di acquistare. Si perché se la Z5 nasce come "entry-level" delle Nikon Z full-frame, nella realtà si comporta nell'uso in modo praticamente indistinguibile dalla Z6 (che usava Rossano) in tutto e per tutto tranne che per la raffica. Insomma, la Z5 passa gli esami a pieni voti anche in questo caso, in modo estremamente più convincente di quanto fece la D600 in condizioni simili (ma all'epoca c'era una bionda belga, al posto della svedese ) e il suo precario autofocus. Anche il video mi sembra di livello, contentandosi del formato 2K60p che per i miei usi è ben più che sufficiente (un minuto e dieci, 450 megabyte di file, poi esportato in Premiere contenendone lo spazio, non la qualità, a 97 megabyte. Giusto per renderci conto dei pesi in gioco). Comprerei la Nikon Z5 come muletto ? Sinceramente si, per certi versi è anche meglio della Z7 quando non serve tutta quella risoluzione, sebbene io oramai odi le schede SD e sebbene abbia da ridire alla scelta ridicola di contenere la raffica a 4 scatti al secondo (che in questo caso è quello che ci voleva ma in altri casi non mi basterebbe certo ....). Ultimo appunto, con la batteria EN-EL15b (la c arriverà a fine mese insieme alla Z5 di serie), i 3107 scatti hanno comportato un consumo del 43%. Più che adeguato ma segnatevi un +30% con la batteria di serie.
    1 punto
  3. un risultato non può prescindere dal presupposto: qui sta nel mettere alla prova un mostruoso accrocchio di un superteleobiettivo nato per funzionare nelle fitte boscaglie in stile "un colpo solo" (Il Cacciatore di mai col cimino) esattamente all'opposto: duplicato con il TC20Eiii (lo stato dell'arte di dieci anni fa) intubato con un FTZ, per essere scodellato su una mirrorless giocattolo evoluto, come la Nikon Z6... come fosse un gioco sulla Playstation... Rapide raffiche in ISO Auto (2mila ISO around ad agosto a mare...e non sentirli !!!!), ma sopratutto, come motivo ludico, AF AUTO con ricerca dell'occhio del soggetto in versione fw 3.0, fornitaci da Nikon per continuare ad usare dopo due anni dalla progettazione una fotocamera che altri avrebbero già commercializzato in versione MKIII, proprio come i giradischi a trazione a cinghia di quarant'anni fa (beninteso, inglesi.... perchè quelli giapponesi li snobbavamo...) Non ho buttato uno scatto dei 3000 della sessione di oggi. Perchè sono un bravo fotografo???
    1 punto
  4. Uno dei velivoli più straordinari mai realizzati è stato senza dubbio l' SR-71 Blackbird,realizzato nel dipartimento progetti avanzati della Lockheed altrimenti noto come Skunk Works. La progettazione/realizzazione, è da attribuire al capo progettista Clarence Kelly Johnson e al suo team di ingegneri ed operai che realizzarono partendo da zero,un velivolo avanzatissimo per la sua epoca e gli anni a venire,venne ritirato dal servizio nei primi anni '90 dando luogo a miti e leggende circa un suo eventuale successore. L'origine di questo velivolo si rifà alla fine degli anni '50 in piena guerra fredda,dato che le due superpotenze diffidavano l'una dell'altra,era necessario per le reciproche intelligence,aver dati di prima mano sui sistemi di difesa/offesa del nemico e sulla loro dislocazione ed efficacia.All'inizio le operazioni di intelligence si rifacevano all'utilizzo di velivoli tattici,bombardieri e pattugliatori modificati e al nuovo ricognitore d'alta quota U-2 sempre realizzato dalla Lockheed. Nel tempo , a causa di alcuni incidenti (leggasi abbattimenti da parte sovietica) di vari velivoli e culminato in quello dell'U-2 pilotato da Gary Powers il 1 maggio del 1960, oltre che dalla introduzione in servizio di sistemi radar e antiaerei sempre più prestanti,la CIA chiese all'industria aeronautica USA la realizzazione di un velivolo da ricognizione con elevate prestazioni di velocità,tangenza ed autonomia.Boeing,Convair e Lockheed presentarono ciascuna un loro progetto e alla fine di un anno di valutazioni tecniche ed organizzative,la CIA assegnò alla Lockheed il contratto per la realizzazione di 13 velivoli seguiti poi da altri due denominati MD-21 utilizzati per un altro progetto relativo ad un drone ipersonico (D) lanciato da un aereo madre(M) . Dei restanti 13 velivoli uno era biposto per l'addestramento dei piloti e gli altri monoposto. Sin dalla sua concezione l'aereo pose grosse sfide in quanto si trattava di esplorare strade sconosciute sia per quanto riguarda l'aerodinamica,ovvero la configurazione della cellula,sia per la termodinamica,ovvero i motori e i loro sistemi di alimentazione e raffreddamento e sia per la richiesta pressante della CIA per una segnatura radar estremamente ridotta,quella che in tempi moderni viene definita tecnologia Stealth o furtività e non invisibilità come certa stampa pressapochista e sensazionalista vuol far credere. Come detto il team si trovò a partire praticamente da zero,scartata l'idea di realizzare la struttura del velivolo in sandwich di acciaio inossidabile per via delle alte temperature ,similarmente a quanto fatto dalla North American con il bombardiere XB-70, il che avrebbe richiesto speciali macchinari e personale addestrato oltre ad allungare i tempi di realizzazione del progetto,la Lockheed decise di puntare su un mix di titanio e speciali materiali compositi,un mix che si rivelo alla fine vincente.C'eran però due problemi da superare,l'approvvigionamento di un quantitativo elevato di titanio e realizzare i macchinari per la sua lavorazione.nel primo caso la CIA (scherzo del destino) dovette in fretta e furia creare all'estero una compagnia metallurgica per acquistare il titanio dal maggior produttore mondiale che era...l'Unione Sovietica ! poi dovette creare da zero i macchinari e i procedimenti per la lavorazione del titanio e nei primi tempi le parti da rottamare realizzate superarono il 90% dei pezzi prodotti,ciò era dovuto alle tolleranze richieste e all'inquinamento a cui era soggetto il titanio nelle sue varie leghe.Uno degli inquinanti ad esempio era il cloro presente negli acquedotti oltre alle penne biro o alle matite,alla fine venne usata acqua demineralizzata per la pulizia dei particolari realizzati e dei normali gessetti per scrivere sul titanio. La riduzione della segnatura stealth fu oggetto di un formidabile lavoro che portò a integrare componenti in materiali compositi,una speciale vernice con microsfere ferrose (usata poi pure sull'F-117) un additivo al cesio da immettere negli scarichi per ridurre la traccia radar del cono prodotto dalla combustione che si estendeva per alcuni metri oltre la coda del velivolo. Altra innovazione per ridurre la segnatura radar,fu l'adozione di un sistema di generazione di una nuvola di plasma,gas ionizzato,attorno al velivolo,ciò contribuiva a ridurre ulteriormente la segnatura radar e i forellini di questo sistema son ben visibili se si esamina ad esempio l'esemplare conservato al museo di Duxford in Inghilterra . Altresì impegnativa fu la realizzazione del motore P&W J-58 un ibrido reattore/statoreattore che nella fase di volo sino a Mach2 + lavorava come un normale reattore e che a velocità oltre Mach2.5 lavorava come statoreattore grazie all'adozione di 6 by-pass che portavano l'aria dalla presa d'aria alla camera di combustione saltando il compressore che in quella condizione forniva solo il 10% della spinta necessaria. per realizzare ciò, Ben Rich della Lockheed a capo del dipartimento di termodinamica,ideò le prese d'aria con le famose spike,dei coni che muovendosi avanti o indietro nella presa d'aria,permettevano al motore di lavorare in una modalità o nell'altra.Il sistema funzionava egregiamente ma fu sempre afflitto da problemi dei sensori che regolavano il movimento della spike,il primo sistema pneumatico era totalmente inaffidabile e venne realizzato da una subcontraente,la Hamilton Standard,ma dopo mesi di frustranti operazioni,la Lockheed decise di riappropriarsi di questa parte di progetto e di sviluppare un proprio sistema di sensori che migliorò un po' le prestazioni complessive. Altro problema era il carburante.Date la varietà di temperature a cui sarebbe stato soggetto,venne chiesto ad alcune industrie chimiche di sviluppare un apposito prodotto e il risultato fu il JP-7 caratterizzato da un bassissimo indice di infiammabilità,potete buttare un fiammifero acceso in secchio di JP-7 e il fiammifero si spegne, inoltre,come già accennato,era presente cesio che aiutava a ridurre sia la traccia radar dello scarico che la segnatura infrarossa. Il carburante inoltre veniva utilizzato per muovere le superfici del velivolo e per il raffreddamento dei vari sistemi del velivolo e per la climatizzazione della cabina.La sua accensione avveniva tramite l'iniezione nella camera di combustione di una piccola quantità di tetraetilborano (TEB) che a contatto con l'aria esplode e ciò permetteva l'avvio della combustione mentre il compressore del velivolo a terra veniva fatto ruotare mediante l'uso di un carrello di start realizzato unendo assieme due motori Buick v8. L'elettronica del velivolo era divisa in due parti,quella relativa i sistemi di guida e quella dei sistemi di difesa.Se quella del sistema di guida era sostanzialmente convenzionale con in più l'adozione di un apparato di telemetria che ad intervalli regolari inviava alla base di partenza i dati di volo dei vari sistemi del velivolo ; quella del sistema di difesa era estremamente sofisticata e disponeva di un sistema da guerra elettronica denominato ELINT SYSTEM VI che dopo aver rilevato la tracciatura del velivolo da parte di un radar nemico,attivava un sistema di disturbo denominato MAD MOTH con cui disturbare il radar nemico,a questo punto ,una volta rilevato il lancio del missile terra aria avversario,si attivava un altro disturbatore chiamato BLUE DOG mentre il sistema MAD MOTH si disattivava,il BLUE DOG prendeva il controllo del sistema di guida del missile deviandolo dalla traiettoria originale così da farlo detonare distante dal suo bersaglio. Tutto ciò veniva ottenuto grazie ad operazioni di ELINT ,in pratica mediante aerei dotati di sofisticati sistemi,si registravano le emissioni radar dei sistemi avversari e si creavano le appositi contromisure per rendere inefficaci i sistemi nemici.Questo sistema continuamente aggiornato è ciò che ha permesso all'SR-71 di rimanere in linea sino agli anni '90 e di volare in prossimità dei territori nemici in condizioni di quasi completa invulnerabilità. L'A-12,il capostipite della famiglia era pensato solo come piattaforma di ricognizione fotografica e tra i due velivoli volava più in alto e più veloce,però il carico di lavoro per il pilota era sicuramente elevato,l'USAF decise così di richiedere una propria piattaforma da ricognizione strategica ma in versione biposto,lasciando al pilota la condotta del velivolo e demandando all'operatore di sistema la gestione degli apparati da ricognizione e guerra elettronica.L'SR-71 quindi,era caratterizzato dalla possibilità di montare una gran varietà di sensori semplicemente sostituendo al sezione anteriore del velivolo a seconda della tipologia di missione,poteva esserci la necessità di sole foto,di una tracciatura radar col radar a scansione laterale o un mix delle due.In questo velivolo quindi la versatilità era decisamente un plus. Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo,sia nella sua base stanziale di BEALE in California che nel distaccamento n4 di Mildenhall in Inghilterra,l'SR-71 e ogni volta si rimaneva impressionati da questa macchina.Allego quindi una piccola selezione di immagini per completare la descrizione appena fatta. Qui un Blackbird in atterraggio a RAF Fairford durante il Tattoo del 1989. Qui un SR-71 in statica presso la sua base stanziale di RAF Mildenhall durante un airshow,il velivolo attrae l'attenzione di un vasto pubblico. qui siamo sempre a RAF Mildenhall e un SR-71 viene preparato per una missione addestrativa. la vista frontale e dal basso permette di apprezzare la particolare linea aerodinamica del velivolo qui in rullaggio a Beale AFB,Ca. sua base stanziale.
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