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Schubert - Christian Tetzlaff, Tanja Tetzlaff, Lars Vogt


happygiraffe

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Schubert: Trii per pianoforte n.1 e 2, Trio per pianoforte op.148 D.897 "Notturno", Rondò op.70 D.895 "Rondeau brillant", Sonata D.821 "Arpeggione".
Christian Tetzlaff, violino, Tanja Tetzlaff, violoncello, Lars Vogt, pianoforte.
Ondine, 2023.

***

Questo è un disco molto particolare e con una storia molto toccante.

E’ l’ultima registrazione di Lars Vogt insieme agli amici di una vita, Christian e Tanja Tetzlaff, prima della sua scomparsa prematura nel 2022 a soli 51 anni.

All’epoca dell’incisione Vogt era già sofferente e fu proprio in quel periodo che gli fu diagnostica la malattia.

Con Christian e Tanja Tetzlaff li lega un percorso artistico comune di 25 anni, costellato da tanti dischi di musica da camera, e una lunga amicizia.

Questo penso sia il loro primo o uno dei primi dischi insieme, del 2003:

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Ma ce ne sono tanti altri che immancabilmente li ritraggono insieme in copertina:

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E questi che ritraggono Lars e Christian decisamente più giovani:

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Ma veniamo a quest’ultimo disco, che contiene alcune delle più belle pagine di musica da camera di Franz Schubert: i due trii op.99 e 100 e la sonata “arpeggione” per violoncello e pianoforte.

Quello dei Trii è un Schubert maturo, ormai lontano dall’intrattenimento mondano e salottiero, prossimo alla morte nonostante la giovanissima età (il povero Schubert morì a soli 31 anni).

In questo senso il secondo Trio in mi bemolle maggiore, sicuramente il piatto forte del disco e uno dei massimi capolavori della musica da camera tout court, ha un carattere tragico e carico di angoscia, nonostante la consueta bellezza schubertiana delle linee melodiche.

E il terzetto Vogt-Tetzlaff riesce a esprimerci tutta l’angoscia e il dramma dell’animo di Schubert, nascosti sotto l’apparente bellezza e perfezione di queste pagine immortali. Spesso queste opere (e Schubert in generale) vengono interpretate prestando più attenzione al fascino della melodia e alla perfezione del suono e dei timbri, in qualche modo compiacendo l’ascoltatore, che non a far emergere le angosce sotterranee del compositore.

Qui invece a chi ascolta si propone un messaggio più impegnativo, più difficile, lontano da qualsiasi sentimentalismo, ma infinitamente più emozionante. I suoni sono a volte aspri, la dinamica molto ampia, dai pianissimo quasi impercettibili ai fortissimo molto…forti, com’è giusto che sia!

Si sente che i tre interpreti, ormai all’apice delle loro capacità tecniche, hanno investito tutto loro stessi in queste pagine, per farci arrivare qualcosa di più del semplice bel suono.

Il libretto del disco contiene una lunga e toccante intervista a Christian e Tanja Tetzlaff, nella quale parlano dell’amico Lars, delle sessioni di registrazione e di Schubert.

Ci riportano queste parole di Vogt:

"Mi sembra che tutto, almeno nella mia vita, si sia sviluppato verso questo Trio in mi bemolle maggiore", ha scritto in un messaggio dopo aver ascoltato la registrazione. "Se non rimane molto tempo, allora è un degno addio".

Il disco contiene anche per altri brani del tardo Schubert, tra cui il Notturno per trio, D897, di struggente semplicità, il Rondò per violino e piano, D895, e la famosa Sonata per arpeggione, che Tanja Tetzlaff e Vogt rappresentano con grande naturalezza e intesa. Sono però le esecuzioni dei due trii che definiscono questo disco. Sono però le esecuzioni dei due trii a definire questo set. Naturalmente esistono già molte belle esecuzioni di queste opere, a partire da quella Eugene Istomin, Isaac Stern e Leonard Rose degli anni ‘60, ma questa sicuramente si pone come un nuovo riferimento tra quelle recenti.

Caldamente raccomandato.

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  • Eccellente, grazie ! 1

4 Commenti


Commenti Raccomandati

  • Amministratori

Espongo un caso al mio analista.

Schubert mi annoia a morte. L'ho sempre trovato un "canzonettaro" e le sue "canzoni" non mi piacciono, anzi, per lo più le detesto.
La sua musica è troppo semplice, banale, stereotipata, grossolana, ripetitiva a morte, spesso "bandistica". In questo senso la penso esattamente come Beethoven.

Ma poi quando lo ascolto mi piace da morire (non tutto, è chiaro, ci sono cose che nemmeno legato alla sedia riesco ad ascoltare).
 

Sono normale ? :frigno:

PS Johannes l'ha scoperto in tarda età, ha fatto fatica anche lui a digerirlo, poi lo ha amato per il resto della vita. Ed ha eseguito in concerto - con Joachim - il Rondò.
Sarà questa la spiegazione, adesso che mi avvicino all'età che aveva Johannes quando ha salutato gli amici ?

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