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Cosa fotografi in prevalenza ?

  1. Oggi ho voluto provare a fare della foto ravvicinata, anzi della quasi-macro, con la Z6 ed il 24-200mm f4-6.3 su cui ho montato la lente addizionale SIGMA AML 72-01. Come è andata? Leggete e saprete! Ho sempre sostenuto che in assenza di un macro, uno zoom che arrivi a 200mm accoppiato ad una lente addizionale acromatica di buona qualità e non troppo potente, come la SIGMA AML 72-01 (1,8 diottrie) possono dare soddisfazioni a chi non ha obiettivi macro o o non se li è portati dietro per i motivi più vari. Vale anche per il Nikon Z 24-200mm f4-6.3? Se così fosse si avrebbe un kit per fare di tutto in viaggio, compresa la fotografia ravvicinata.. Ho voluto quindi trasformarmi in un macrofotografo "occasionale", scattando addirittura a mano libera. Ecco i protagonisti della storia: L'anello adattatore ci vuole perchè la lente ha diametro 72mm mentre l'obiettivo ha diametro 67. Attenzione: se si monta prima la lente, il paraluce non si innesta, occorre montare prima il paraluce e poi avvitare la lente (con su l'adattatore). Questa è un experience, non un test tecnico quindi per le specifiche e tutto il resto rimando ai numerosi articoli di Mauro, Max e perchè no, anche ai miei. Qui si guardano i risultati. Il 24-200mm da solo offre già una discreta versatilità d'uso e una buona qualità (per la sua categoria, non è un 70-200 f2.8 e non è una focale fissa, tuttavia è il primo superzoom che non mi ha fatto pentire di averlo comprato ed è già qualcosa). Cliccare sulle foto per vederle a maggior risoluzione. Da solo permette inquadrature interessanti, anche se lo sfondo non è tra i più delicati (ma vedremo che le cose possono cambiare): Nikon Z6, 24-200 a 200mm f8, 1/800s, 250 ISO, mano libera. Presenza di vento. Nikon Z6, 24-200 a 200mm, f9, 1/320s, 1800 ISO. Adesso montiamo la lente. Tutte le foto non sono croppate per dare un'idea dell'inquadratura effettivamente ottenibile col formato FX. Solo in fondo all'articolo ho messo due foto in formato Dx (specificato nella foto) per far notare la differenza. Il range di di utilizzo è da 55cm a 37cm circa dalla lente frontale (non dal sensore), e quindi anche il range di ingrandimenti non è molto ampio (teniamo presente che riducendo le distanze la focale si riduce), su soggetti piuttosto piccoli abbiamo questo: Nikon Z6, 24-200 a 200mm, 10, 1/1250s, 720 ISO. Nikon Z6, 24-200 a 200mm, f10, 1/1250s, 1600 ISO Con inquadrature un po' più ampie per via della situazione: Nikon Z6, 24-200 a 200mm, f9, 1/1600s, 720 ISO oppure perchè il soggetto è più grande: Nikon Z6, 24-200 a 200mm, f9, 1/1600s, 900 ISO Le cose si fanno interessanti. E la qualità? ecco un crop 100% dell'immagine sopra, con un po' di attenzione si intravedono gli ommatidi (le cellette dell'occhio) Altra libellula: Nikon Z6, 24-200 a 200mm, f10, 1/1250s, 1250 ISO Altro crop: Certo non è inciso come un vero macro, ma per essere uno zoom con davanti una lente, vedete voi. Con un minimo di attenzione, avvicinandosi in modo accorto anche soggetti un po' meno grandi possono venire bene: Nikon Z6, 24-200 a 200mm, f9, 1/1000s, 500 ISO. E... che belle le "palline" di polline sulle zampette!! E se ci avessi la Z50? Ne ha scritto Max Aquila, ma per amor di completezza vi faccio vedere la stessa foto "ritagliata" in formato Dx Eh mica male vero? Altro esempio con insetto lungo "mezza" ape: Eccoci alla fine di questa experience. Il nikon Z 24-200mm f4-6.3 abbinato alla lente addizionale SIGMA AML 72-01 (o ad altra lente acromatica equivalente come la Canon 500D), da' questi risultati, secondo me buoni o più che buoni, nelle foto in campo, quando conta il soggetto centrale e non serve la nitidezza ai bordi, prerogativa dei veri macro o di obiettivi più corretti. Se volete fare della macro il vostro genere fotografico d'elezione, è meglio cercare altre soluzioni, altrimenti ci si può divertire con veramente poco in termini sia di ingombro che di spesa. (c) Silvio Renesto per Nikonland Nota: la Canon 500D è una lente molto valida, ma molto pesante, visto il barilotto di plastica del 24-200mm che va tenuto esteso a 200mm, io preferisco montarci la SIGMA che pesa poco più di un filtro. E' una cosa secondo me da tenere presente se si fa una mattinata sul campo con la lente sempre montata.
  2. Anax imperator maschio. Sfondo un po' vivace, ma non mi sembra disturbi troppo. I due rametti dovrebbero bilanciare la composizione.
  3. La mia attività fotografica la momento è purtroppo ridotta solo all'ambito professionale, ma qualcosina da dire magari potrebbe esserci, proviamo. Sto studiando un pesce fossile molto interessante, forse una nuova specie, che purtroppo si trova in un Museo oltre confine e non mi va, ma nemmeno mi sarebbe permesso, di andare a fotografarlo personalmente. Per questo devo affidarmi ai tecnici del Museo, dare loro delle indicazioni e verificare il risultato. Nel complesso non ci sono stati problemi, ma ho incontrato una sola difficoltà (oggettivamente è una foto difficile, ad elevato ingrandimento) che ho cercato di risolvere in postproduzione. Il pesce è affine al Celacanto attuale (famoso fossile vivente, termine contraddittorio, ma non importa) e in quel gruppo la struttura delle scaglie (termine più preciso per indicare le "squame" che sono solo quelle dei rettili) è fondamentale per il riconoscimento. La foto di scaglia singola che ho disponibile è questa: Ottenuta con una Sigma Sd quattro H e il 105 macro OS la scaglia è lunga circa quattro mm (foto non facile quindi). Se non avete occhio, non è che ci si capisca molto, soprattutto è difficile valutare l'estensione e la struttura fien della scaglia. Come risolvere senza far rifare la foto (ci sono dei motivi logisitici) Fare un disegno era un'opzione , ma la prospettiva di fare a mano tutte quelle righine non mi andava proprio. Ho preferito manipolare la foto. Primo tentativo: agisco su livelli, texture, contrasto e vividezza,un po' di sharpening: Adesso la texture si vede abbastanza, ma il colore confonde, non sono completamente soddisfatto, vorrei che il pattern fosse più evidente rispetto alla matrice di sfondo. L'idea che mi è venuta è di fare una versione in bianco e nero da accoppiare a quella a colori. Nella versione in bianco e nero: ho prima ridotto la nitidezza della matrice "impastandola" con un leggero passaggio del pennello con il colore base della amtrica con opacità al 16%, Ho portato la foto in bianco e nero e aggiunto un livello "accentua passaggio". Con la maschera di livello ho tolto l'accentuazione dalla matrice lasciandola solo sulla scaglia. Infine ho creato l'illustrazione combinata per mostrare la sia versione reale (solo corretta la nitidezza) e quella postprodotta (cosa che dichiarerò nella didascalia, che reciterà più o meno così: "the black and white version has been digitally modified to enahance the pattern of ..."): Cliccateci sopra. Adesso anche la struttura microscopica della scaglia è ben visibile. Vi ricordo che la riga nera equivale a 2mm!!! Bene, è tutto, se è stato interessante ne sono contento, se è stato noioso me ne dispiaccio. Se qualcuno di voi avrebbe fatto diversamente, sono curioso.. anzi, se mi date un'idea brillante (= facile e veloce con risultato migliore) la applico volentieri e vi citerò nei ringraziamenti in coda all'articolo . Tenendo presente che la foto di partenza è quella, quindi solo pp.
  4. La qualità di immagine della SD quattro è stata una vera sorpresa, l'ho provata in un contesto professionale e la macchina si è rivelata uno strumento eccellente per la documentazione paleontologica, sia a scopo didattico che scientifico. Questa insolita macchina fotografica mi ha sorpreso (ed entusiasmato) quale strumento per il mio lavoro, regalandomi un'esperienza davvero speciale (per chi non lo sapesse, sono un Paleontologo, dei Vertebrati per l'esattezza, e mi occupo di Rettli fossili, soprattutto del Triassico, ossia intorno ai 200 milioni di anni fa, presso l'Università dove insegno. Ho al mio attivo oltre sessanta lavori scientifici oltre ad un'intensa attività di divulgazione con conferenze e tutto il resto). La fotografia ha un ruolo fondamentale in Paleontologia,per documentare i risultati dei propri studi, o semplicemente avere illustrazioni di fossili a scopo didattico o divulgativo. Siccome i fossili sono tra le cose più tranquille che si possano immaginare, le limitazioni della SD quattro in fatto di ISO, tempi di reazione e così via, divengono irrilevanti. Con un buon stativo od un treppiedi, e potendo gestire la luce, si possono ottenere eccellenti immagini rimanendo a 100 iso e chiudendo i diaframmi quanto serve. Se ne vanno quindi i difetti di questa fotocamera, ma rimangono i pregi, soprattutto come vedremo, la ricchezza di dettaglio e la sensazione di tridimensionalità che da' ai soggetti fotografati cosa che credo si possa ottenere solo con strumenti molto più costosi, o ingombranti, o tutte e due le cose. Quello che veramente fa la differenza nella Sigma SD Quattro per la mia attività non riguarda tanto le foto di esemplari interi da pubblicare su riviste scientifiche (dove date le dimensioni finali delle foto pubblicate il livello di esigenza è spesso inferiore) quanto nella ricchezza del dettaglio dei particolari indispensabile nelle fasi attive della ricerca e nella sfruttabilità dei crop più spinti, anche per la didattica. Ho fotografato questa ammonite cinese che ha ancora la conchiglia originale conservata, caso piuttosto raro. Il diametro dell'esemplare è circa tre-quattro centimetri. L'ho ripresa con il 50mm f1.4 ART e la Lente addizionale acromatica Marumi da 3 diottrie. Nota: Tutte le foto dell'articolo sono state riprese con il 50mm ART con o senza la lente Marumi a seconda della necessità. E questo è il crop al 100% Qui ho avuto la prima rivelazione. Non avevo mai visto una foto, specialmente un crop così spinto, in cui si vedesse così bene la distinzione fra i vari strati della conchiglia, le suture interne (quelle forme arborescenti) e la roccia sedimentaria che ha riempito l'interno della conchiglia. Una tridimensionalità stupefacente in un crop 100%. Certo non stampabile ma perfettamente usabile a scopo didattico. Infatti, insieme a quella che segue, l'ho inserita nel Power Point della mia lezione di Venerdì scorso. Ammonite in sezione, poco più grande di quella della fotografia precedente, ma conservazione differente. L'Ammonite è ricoperta da Pirite, un minerale di ferro che precipita in ambienti poveri di ossigeno spesso ad opera di batteri. Di nuovo crop al 100% Di nuovo, stupore nell'apprezzare lo "scalino" tra la pirite incrostante nera e i setti della conchiglia che la suddividono in tante camere. Anche questa usata a lezione! Un Bivalve... Volete vedere le strie di accrescimento in rilievo? Eccovi serviti. Ricordo che ho usato un obiettivo standard (come lunghezza focale) ed una lente aggiuntiva; con un vero macro le cose avrebbero potuto essere ancora meglio, sia nei casi precedenti che per quel che segue. Bene i crop per la didattica, ma per la ricerca scientifica, dove trovo il vantaggio? Senza tediarvi troppo, vorrei spiegare che il punto di partenza di uno studio è la descrizione dell'esemplare, o degli esemplari, che si hanno in esame. La descrizione si basa sull'osservazione, di solito al microscopio binoculare (che permette una visione tridimensionale): questa fase è irrinunciabile, si osserva e si scrivono appunti che serviranno per la stesura della descrizione definitiva. La freccia gialla indica la Camera Lucida, che descriverò più avanti. Se l'esemplare è a disposizione nel proprio deposito o laboratorio, non c'è problema, lo si può osservare quante volte si vuole. Se invece è custodito presso un altra istituzione, dove non è possibile recarsi in continuazione, per via della distanza dalla propria sede e delle altre cose che si hanno da fare e del poco tempo a disposizione, che si fa? Si sta presso Il Museo o Università che custodisce l'esemplare quanto più si riesce, in modo da stilare una descrizione il più completa che si può, poi ci si porta a casa una documentazione fotografica più dettagliata possibile, per completare le osservazioni. Anche in questo caso un dettaglio più fine può fare la differenza, per riconoscere strutture... e la Sigma SD Quattro non delude. Pesci della Green River Formation 60 milioni di anni fa, il più lungo è 4cm circa Crop 100%; dove sono più visibili i limiti fra le ossa? Un serpente di mare dell'epoca dei Dinosauri, la lastra è lunga circa 30cm Le ossa della testa, una per una. In questo crop si vede "bene" che i primi serpenti avevano ancora le zampe posteriori, anche se ridottissime. di solito si correda una pubblicazione scientifica, oltre che di fotografie, anche di disegni interpretativi che contribuiscano a chiarire meglio alcuni particolari di ciò che si descrive, che potrebbero essere decifrabili nelle foto. Come si fanno questi disegni? Il modo classico è quello di applicare al microscopio una "camera lucida", un accessorio a specchio che permette di sovrapporre al percorso ottico di uno dei due oculari il riflesso di un foglio di carta. Microscopio stereoscopico (binoculare) con Camera Lucida. Così guardando al microscopio ... a qualcuno viene il mal di mare, gli altri vedono il foglio di carta sovrapposto al soggetto e così si possono disegnare i contorni di ciò che sta sotto al microscopio.E' un lavoro lento, e si deve procedere a pezzetti, perchè sui bordi c'è distorsione. Inoltre il risultato è tremolante e va ripassato "in bella" più volte. Inoltre se l'esemplare è custodito altrove, bisogna recarsi là dov'è tutte le volte che occorre disegnarlo. E occorre che "là" abbiano disponibli il binoculare e la camera lucida, perchè non è molto pratico portarseli dietro. Attualmente si può parziamente sostituire questa procedura usando Photoshop, con una tavoletta grafica e applicando un foglio di lucido virtuale (un livello) sulla foto dell'esemplare e disegnare così le strutture che interessano. Per aumentare la precisione si ingrandisce l'immagine al 200-300%, a volte anche al 400%. Si ha inoltre il grande vantaggio di poterlo fare nella propria sede di lavoro.Ho scritto che questo metodo sostituisce solo parzialmente la camera lucida, perchè la qaulità della foto influisce molto, ombre, aree sfuocate, nitidezza non adeguata, e mancanze di contrasto fra fossile e roccia possono creare problemi di interpretazione, ne qual caso bisogna per forza ritornare a vedere l'esemplare, pena errori nella ricostruzione. Naturalmente più si cura la luce e quanto più incisa è la foto, tanto minori diventano le difficoltà di interpetazione. E qui torniamo alla ricchezza del dettaglio. A scopo di esempio per questo articolo, ho provato a disegnare un avambraccio di una piccola tartaruga marina di 100 milioni di anni fa, basandomi su una foto scattata con la Sigma SD quattro. Ecco un dettaglio della tartaruga Ecco il braccino: Questo è un crop al 100%, ma per disegnare ho ingrandito l'immagine fino al 300% e tutti gli elementi erano perfettamente individuabili. In un tempo brevissimo ho tracciato i contorni delle ossa. Per darvi poi l'idea di come deve apparire l'illustrazione definitiva, ho successivamente stampato e ripassato il disegno aggiungendo la puntinatura ed un po' di lettering (ossia le sigle convenzionali che individuano le diverse ossa). Et voilà. Pronta per essere pubblicata (in realtà dovrei aggiungere qualche altra sigla) Ultravioletto con la Sigma SD Quattro. Mamma mia! In Paleontologia si usa la luce ultravioletta nei casi in cui la sostanza che costituisce il fossile rifletta i raggi ultravioletti in modo diverso (maggiore) della matrice rocciosa ( cosa che putroppo non accade sempre, dipende dal fossile e dalla roccia). Per rendere le cose più difficili alla Sigma SD Quattro, abbiamo preso in esame dei fossili tra i più difficili che ci siano, dei ...polpi (proprio come quelli di oggi, coi tentacoli e tutto). La storia evolutiva dei polpi è pochissimo conosciuta perchè, non avendo parti dure, si trovano allo stato fossile solo in casi rarissimi e solo in pochi giacimenti speciali, che vengono apposta definiti "a conservazione eccezionale". Questo polpo proviene da uno di questi giacimenti, che si trova in Libano, ed ha anche lui 100 milioni di anni. Visto così, non è che entusiasmi troppo, vero? Ma se lo illuminiamo con una luce UV A da 380 nanometri come si comporterà la nostra Sigma, con il suo cinquanta e addirittura una lente addizionale? La ricchezza di informazione e di dettaglio ha dell'incredibile. Mi permetto di attirare l'attenzione su alcuni particolari. E così avete scoperto che i polpi di 100 milioni di anni fa vevano residui di una conchiglia, un po' come le seppie! Tutto questo senza rimuovere il filtro IR (perchè sono maldestro e temevo di romperlo). E senza nemmeno usare un Coastal Optics 100mm macro che costa come una utilitaria. Inutile dire che ho usato questi crop a lezione Altro esempio, una specie di Anguilla preistorica ( fotografata sempre con la SD Quattro ma questa volta con montato il 150 macro OS) Si vede la preda che ha nel ventre, il suo ultimo pasto è stato un crostaceo uguale alle nostre canocchie. In Ultravioletto la definizione è incredibile. Finisco con l'ultravioletto con un ultimo polpetto di pochi cm (in cui si vedono comunque le branchie). In conclusione, la Sigma SD Quattro mi ha entusiasmato (troppo, adesso ne voglio una) e la ritengo uno strumento eccellente per il mio lavoro. Ribadisco quanto ho scritto all'inizio, sono naturalmente ben consapevole che risultati identici e probabilmente superiori si potrebbero ottenere anche con altre attrezzature, ma il punto forte è che la Sigma SD Quattro offre risultati professionali in un insieme agile ad una frazione del prezzo e dell'ingombro rispetto a strumenti più raffinati, mezzi formati, microscopi combinati e quant'altro. Accoppiata ad un 105 macro,e qualche batteria di riserva, posso portarla con me in ogni museo del Pianeta senza alcun problema e riportarmi a casa files che hanno tutta la qualità e la versatilità che mi serve, anzi di più. Da questo punto di vista non posso che esserne pienamente soddisfatto. Vi lascio con una carrelalta di immagini ottenute con la Sigma Sd Quattro ed il 150 Macro, e con il sapiente contributo di Mauro Maratta per quanto riguarda la gestione della luce. Alcune Ammoniti: Particolari: Sezione di osso di Dinosauro: I fossili fotografati per questo articolo sono custoditi presso il Museo Civico di Storia Naturale di Milano, e il Museo "Realini" di Scienze Naturali di Malnate.Colgo l'occasione di ringraziare di cuore i Curatori dei rispettivi Musei (Dr. Teruzzi e Dott.ssa Dotti), per la generosità, gentilezza e disponibilità mostratami in questa occasione (come in tante altre in passato). Grazie anche a Mauro Maratta che mi ha dato l'occasione di provare questa fotocamera, mi sono divertito un mondo. Anche da parte mia un sentito grazie alla sensibilità di Mtrading Srl, distributore italiano dei prodotti Sigma che mi ha offerto l'opportunità di provare questa entusiasmante e singolare fotocamera. Silvio Renesto per Nikonland
  5. Cherry picking (scegliere le ciliegie) è un modo di dire inglese che significa scegliere accuratamente i pezzi migliori, come si cercano le ciliegie senza bachi. In attesa di tornare a fotografare quel che mi interessa, ho pensato di riproporre qualcuna delle foto a cui sono più affezionato, anche se non tutte al top della qualità possibile, accompagnate da un piccolo commento e dove esista il link al mio precedente blog sullo stesso soggetto. LIBELLULE ESCLUSE, gli ho già dedicato il diario e niente ragni così anche gli aracnofobi possono dare un'occhiata. Gufo di palude ambientato, Nikon D800, 330mm f4 AFS + TC 14. Qui il blog: http://www.nikonland.eu/forum/index.php?/gallery/image/5842-gufo-nella-palude/ Le raganelle sono piccole e timide (ho delle foto a formato pieno eh, però.. questa è più interpretata). Nikon D700, 500mm (300mm + tc 17?). Mantide, sempre affascinante. Nikon D700 ed il glorioso micro-nikkor 200mm f4 AfD ED. Un Gruccione non può mancare. Nikon D500, 300mm f4 Pf e Tc 14. Il più rosso Scoiattolo Rosso che abbia mai visto. Una delle mie prime foto a scoiattoli, per quello ci sono particolarmente affezionato. Nikon D300, 80-400mm Af VR (a 180mm, siamo in Engadina). Poiane che litigano. Foto da capanno. Nikon D500, Sigma 100-400 a 135mm. Alba dorata. Nikon D700, 300mm f2.8 Af. Codibugnolo, folletto fantastico. Nikon D300, 300mm f4 AFS + TC17. Airone Bianco Maggiore. Nikon D500, 300mm f4 Pf. Cucù, Gheppio, fotografato dal tavolino del bar, mentre sorseggiavo un calice di Prosecco . Nikon D500, 300mm f4 Pf.
  6. Quando SIGMA ha presentato il suo superzoom formato APS-C, il 18-300mm HSM OS, recensito QUI da Mauro Maratta, ha commercializzato anche una lente addizionale acromatica dedicata che permetteva di portare il rapporto di riproduzione di quello zoom da 1:3 a 1:2, la SIGMA AML 72-01. Dello zoom sinceramente non mi è mai interessato ma, memore della qualità delle precedenti lenti acromatiche SIGMA, ho pensato che la lente addizionale potesse essere un utile accessorio, soprattutto perchè passando alla Z6, mi sono trovato senza lenti addizionali di diametro adeguato; quelle che avevo potevano andare con il formato Dx, ma sulla Z6 vignettavano terribilmente. Così ho acquistato questa Sigma (diametro 72mm, come dice il nome) ed ecco le mie prime impressioni d'uso. Perchè non ho preso una Marumi? Solo perchè preferisco lenti meno potenti per l'uso sul campo, le lenti Marumi DHG partono da 3 diottrie, il che porta la distanza massima di lavoro sui 33-35cm, spesso troppo pochi per la macro sul campo a soggetti inquieti. Questa Sigma invece, essendo da 1,8 diottrie circa, un poco meno della Canon 500D (due diottrie), mi consente di lavorare a partire da quasi 60 cm (56-57) di distanza. Quello che perdo in potenza diottrica lo recupero usando focali lunghe (se volete sapere perchè, cercate i miei numerosi precedenti articoli sulle lenti addizionali, non mi ripeto qui). Considerando poi che costa tre volte meno della Canon, (sui 50 euro da Amazon, reperibile anche a meno da altri rivenditori) è quello che gli inglesi definiscono un no brainer, non c'è da pensarci sopra. Sempre che la qualità sia adeguata naturalmente, adesso lo vediamo. La SIGMA non è nuova a iniziative del genere, oltre al vetusto, ma ottimo, life size adapter, in pratica una potente lente addizionale che consentiva di arrivare ad 1:1 con l'altrettanto vetusto SIGMA 90mm macro, SIGMA ha messo in vendita come accessorio anche una buona lente acromatica, la AML 58 da 1,6 diottrie (paragonabile alla Nikon 5T, però dal diametro di 58mm anzichè 62) per la prima versione del famosissimo ed economicissimo 70-300mm apo macro, ed una lente non acromatica, da 77mm per non ricordo cosa (sempre uno zoom tele), da me provata sul Nikon 80-200mm f2.8 af e rivelatasi di scarsa qualità. Senza dimenticare che è stata commercializzata anche la AML-1 per la Sigma DP-1, cara, di diametro 49mm, mai provata, ma ne ho sentito parlare bene. Le mie lenti addizionali acromatiche SIGMA Torniamo alla AML 72-01. la fattura è buona, anello in metallo opaco, scritte poco appariscenti, più sottile sia della Canon 500D che della Marumi. E' corredata di un foglietto di istruzioni in cui è specificato che va usata da 80mm a 300mm di focale (come la Canon 500D) e preferibilmente focheggiando ad infinito. I dati sul rapporto di riproduzione e la distanza minima sono riferiti al 18-300mm ma, dato che il focus breathing altera le focali effettive in zoom diversi in modo non paragonabile, questi valori non sono applicabili ad altri obiettivi, occorre provare. Come va sulla Z6 Quello che scrivo sulla resa della AML 72-01 sulla Z6 si applica naturalmente anche a qualsiasi DSLR con sensore di pari formato e densità di pixel, quando si usa lo stesso obiettivo. Ho provato la lente per curiosità anche con il 24-70mm f4 S a 70mm, con ottima resa, ma data la focale relativamente corta ed il già buon rapporto di riproduzione dello zoom, non si guadagna gran che, le distanze di lavoro sono molto corte per cui non vale la pena di usarla su questo obiettivo, meglio, se serve, una più potente Marumi DHG. Il 24.70mm f4 da solo arriva ad 1:3 Con la lente si guadagna poco Dove questa lente addizionale da' il meglio di sè (vale anche per la Nikon 5T e la Canon 500D) è su focali intorno ai 200mm, fino ai 300mm. Tramite anelli adattatori, l'ho provata sia sul 70-300mm AfP che sul 300 f4PF. I rapporti di riproduzione (RR) che si ottengono sono questi: A 200mm si va da un RR di 1:2,7 a 1:2 (circa). A 300mm si va da un RR di 1:2 (circa) a 1:1,5 Se pensiamo che Il 70-300 da solo arriva ad 1:4, e che si può zoomare a focali intermedie, abbiamo un range continuo di ingrandimenti che vanno da infinito (senza lente, ovviamente!!!) a 1:1,5 (su una Z50 o DSLR Dx il fattore di crop porterebbe ad inquadrature paragonabili al rapporto di riproduzione di 1:1 su Fx!). Sul 300f4 PF il risultato è pressochè identico, solo che il rapporto di riproduzione è quello relativo ad una sola focale, per cui meno versatile rispetto allo zoom. Sì, ma la qualità? Qui arriva la sorpresa, la qualità di immagine dipende anche dall'ottica su cui la lente viene montata; con obiettivi di qualità e avendo cura di chiudere il diaframma intorno a f8-11 (vale per tutte le lenti addizionali, che a tutta apertura ammorbidiscono più o meno i bordi in confronto ad un obiettivo macro) è una piacevole sorpresa. Ancora più sorprendente, a f8/f11 la qualità rimane quasi inalterata anche alla minima distanza, dove molte altre lenti addizionali cedono sensibilmente. Ottima sul 300 f4 PF Crop 100% dell'immagine sopra. Ma ottima anche sul 70-300 AfP (che la regge benissimo, questo zoom mi piace sempre di più), persino ai bordi. Dimensioni del soggetto ripreso a 270mm alla minima distanza Nitidezza a bordo immagine L'uso sarebbe la fotografia ravvicinata sul campo, ma la situazione attuale non lo permette e non ho in casa fiori di mio gradimento, per cui l'unica libellula che vi propongo (grande in realtà poco più di una zanzara) è questa qui, accontentatevi : Queste le dimensioni del libretto Posso arrivare fino a questo rapporto di riproduzione: Non vedo l'ora di fare una foto così, ma per davvero. E adesso andiamo alle Conclusioni PRO Leggera e sottile Economica Ottima resa (sugli obiettivi giusti) CONTRO non ne vedo se non cose ovvie, tipiche di tutte le lenti addizionali: Non è un obiettivo macro Si perde la messa a fuoco alle distanze medio lunghe Il range di ingrandimento è limitato (ma nemmeno troppo) Conclusione (soggettiva come sempre): CONSIGLIATISSIMA per la fotografia ravvicinata in abbinamento ad uno zoom medio tele come il 70-300 AfP (con cui va davvero a nozze) se non si ha o non si vuole portare un vero macro. Silvio Renesto
  7. Senza prendersi troppo sul serio: un piccolo gioco per chi vuol giocare. Questa la foto: In notturna, con fotocamera da 36 mpx (D800) 1/200s flash e comunque 1000 ISO ! Questo il crop al 100% Non vi chiedo di indovinare l'obiettivo, ma solo se, compatibilmente con i 1000 ISO e la D800, vi sembra di qualità sufficiente oppure no. Poi vi dico io che obiettivo è.
  8. Nell'agosto dello scorso anno avevo pubblicato un test sulla fotografia ravvicinata con la Nikon Z6 il 300mm f4 Pf accoppiato a dei tubi di prolunga per Nikon F, confrontando i risultati con quelli ottenibili con il TC 14 E III. Perchè quindi ripetere un test molto simile? Per due motivi: Il primo è che ho usato un tubo Fotodiox per Nikon Z, montato tra il corpo macchina e l'adattatore FTZ, anzichè un tubo per nikon F montato subito dietro l'obiettivo. Vedremo la differenza. Il secondo è che stavolta il test è un po' più completo, in quanto ho confrontato fra loro i rapporti di riproduzione ottenibili con il tubo di prolunga , con il Tc 14 ed anche con una lente addizionale acromatica di qualità, la SIGMA 0.72, da 1.8 diottrie, quindi molto vicina alla Canon 500D come potenza e posso assicurare, come qualità. Un terzo motivo è che c'è stato interesse perchè riprendessi questo argomento, per cui ecco qua. E siccome so che vi piace, ho messo anche le foto dell'attrezzatura, per essere più chiaro . NOTA: Nelle foto non ho curato la postproduzione perchè il mio unico interesse è mostrare come variano i rapporti di ingrandimento e le distanze. Cominciamo con il 30mm f4 Pf da solo Il rapporto di riproduzione massimo è di 1:4.1 a 1,4m,e la Distanza di Lavoro (distanza fra soggetto e lente frontale, quello che conta veramente) è di circa 1,2m, il risultato è una cosa così: Il varano di Komodo di solito è lungo tre metri ma questo è tascabile. Abbiate pazienza, è un test, fa freddo è non c'è granchè in giro. Adesso montiamo il TC 14 EIII La distanza di messa fuoco non cambia, mentre la distanza di lavoro si riduce di circa 2cm per via dello spessore del TC, circa 118 cm. Variazione da poco. Il risultato è questo: Notevole e senza apprezzabili perdite di qualità. Ora invece montiamo il tubo di prolunga Fotodiox da 35mm Fotografando SENZA SPOSTARCI, ossia sfruttando solo il recupero di focale effettiva (sul focus breathing ho già scritto diverse volte ) si ha questo rapporto di riproduzione: La distanza di lavoro è 117cm (il tubo è circa 1cm più lungo del TC 14), un bel risultato anche questo, anche se leggermente inferiore all'accoppiata 300mm + TC14. Ma con il tubo di prolunga è possibile avvicinarsi di più (a quello servono!) e quindi ingrandire di più: La distanza di lavoro minima è 98 cm circa, con un ingrandimento molto interessante e buona qualità di immagine. E se montassimo una lente addizionale? Se la lente addizionale è buona (doppietto acromatico) i risultati non sono male. Il problema è che il range di messa a fuoco è molto limitato. Con obiettivo focheggiato ad infinito: Buona qualità, distanza di lavoro circa 56cm. Con l'obiettivo focheggiato alla minima distanza: Ulteriore ingrandimento, distanza di lavoro 38cm, immagine un po' più morbida, ma ancora buona. Se volessimo esagerare... ed ecco cosa si ottiene al massimo ingrandimento: Immagine un po' morbida, distanza di lavoro 33 cm. Questo accrocchio di tubo più lente è tanto per giocare, se volete questo rapporto di riproduzione, siate seri e procuratevi un vero macro. Conclusioni. Dal punto di vista dei vantaggi e degli svantaggi le conclusioni non sono troppo diverse rispetto all'articolo precedente, con una differenza, inoltre in questo articolo cercherò di essere più esaustivo: Il 300mm usato da solo sulla Z 6 (o su qualsiasi fotocamera FX) a mio parere a volte potrebbe risultare un po' "corto" per la fotografia ravvicinata, conviene avere al possibilità se serve di accoppiarlo ad un accessorio (oppure ad una fotocamera Dx ). Con il Tc14 EIII si ha il vantaggio di non perdere la possibilità di mettere a fuoco ad infinito, che non è poca cosa. Sorpresa! Il tubo di prolunga Fotodiox, mantiene non solo l'autofocus, ma anche la stabilizzazione, cosa che i tubi per nikon F nel test precedente non facevano. Questo cambia in positivo il mio giudizio sui tubi di prolunga rispetto all'articolo precedente, il Fotodiox è abbastanza corto da rendere l'insieme compatto e gestibile anche a mano libera (naturalmente dipende sempre dalle situazioni). Va tenuto conto che con i tubi di prolunga si perde luminosità, tanto di più quanto sono lunghi, ma il tubo da 35mm sul 300mm "mangia" poca luce e non da' problemi su una fotocamera come la Z 6. La Lente addizionale, a mio parere è un po' ostica (poco versatile) su focali fisse così lunghe per via dell'elevato ingrandimento a distanze di non molto lunghe. Come ho già scritto più volte la vedo meglio su uno zoom XX-200 o XX-300 dove diventa possibile avere un range di rapporti di riproduzione molto ampio grazie alla possibilità di cambiare focale. Quindi per me o converter o tubo, secondo preferenza o necessità, la lente la userei su qualcos'altro. Per le libellule in volo ... la soluzione con l'af più veloce ! Ultima nota. Nelle foto più ravvicinate, con tubo e con la lente ho usato il ... cosino a led che ha descritto Dario Fava: Alle distanze brevi funziona davvero bene e non mi ha creato problemi di ombra col 300 Pf (merito anche delle ridotte dimensioni dello stesso).
  9. A commento del mio "Diario di un fotografo di libellule" mi è stato chiesto di proporre un'edizione aggiornata del mio vecchio articolo sul Dragonflywatching, che sarebbe come osservare le libellule, per cui lo ripropongo, tenendo conto che a noi interessa soprattutto come fotografarle. L'articolo vecchio lo trovate qui: http://www.nikonland.eu/forum/index.php?/page/indice.html/_/nat/dragonflywatching-perche-no-r829?pg=1 Ed ecco la versione nuova, un po' diversa come stesura, per non essere ripetitivo, e con un po' di foto aggiornate. Prima di cominciare: Le libellule sono belle, ma anche importanti e fragili. Non va dimenticato che libellule sono degli agenti di controllo biologico (ad esempio le damigelle mangiano milioni di zanzare), sono indicatori ecologici di grandissima importanza, le ninfe di alcune specie ad esempio, possono vivere solo in acque pulite, ricche di ossigeno, altre sono legate a determinati ambienti e così via. Molte sono minacciate dalla degradazione del loro ambiente, dalle modalità di coltivazione del riso all'asciutta e così via. Non mancano siti edassociazioni, da noi in Italia la più importante è Odonata.it che, come recita la home page del sito, è una Associazione scientifica che promuove la ricerca odonatologica (sugli odonati, cioè sulle libellule) di base e applicata, la divulgazione, delle conoscenze sull’odonatofauna e la protezione delle libellule e dei loro habitat. Nel mio vecchio articolo trovate un piccolo elenco di altri gruppi e segnalo che c'è anche un gruppo di Facebook : Libellule d'Italia. Ultimo, ma più importante, sono esseri viventi, non giocattoli, sono degne di rispetto, una foto non vale mai la sofferenza di qualsiasi animale (noi compresi). Cosa serve per fotografare le libellule? Conoscere le libellule! Magari si inizia per caso, attratti dalla eleganza dei soggetti, ma poi per appassionarsi davvero bisogna capire cosa si sta guardando e fotografando, altrimenti si cade nella ripetizione e nella noia. la consultazione di guide serie ci aprirà un mondo, mostrandoci sia la diversità insospettabile di specie che il modo di riconoscerle correttamente distinguere giovani e adulti, maschi e femmine, sapere quali ambienti frequentano in modo da cercare le specie che ci interessa riprendere con criterio e non a caso. Si ama ciò che si conosce. Esiste una guida molto, molto bella di cui Carlo Galliani è coautore che ha persino una versione per smartphone. Altra guida molto valida comprendente l'Europa è il manuale di Dijkstra. Qual'è la stagione migliore? In generale gli adulti emergono dalle ninfe quando la temperatura dei corsi d'acqua si stabilizza permanentemente sopra i 15-16°C quindi primavera ed estate, si possono avere (poche) specie di libellule che volano fino ad ottobre inoltrato, attenzione però: Diverse specie di libellule hanno periodi di volo diversi, qualcuna vola per tutta l'estate, altre sono solo solo primaverili, altre estive, altre ancora autunnali, quindi se si vuole fare una cosa più approfondita, si torna al punto sopra: documentarsi, inutile cercare a settembre una specie che da adulto "vola" solo tra Aprile e Giugno. In ogni caso tra fine Aprile e fine Agosto si ha la massima diversità di specie. Dove si trovano? Per divertirsi, per provare, quasi ovunque: va bene qualsiasi specchio d'acqua anche piccolo, anche in un parco cittadino, purchè non eccessivamente inquinato. Ho fatto foto molto belle al Parco della Villa Reale di Monza o al Parco Nord tra Milano e Cinisello, ad esempio. Lungo appena 100 metri del fiume Adda, quest'estate ho fotografato oltre dieci specie fra libellule e damigelle. Nel torrentello davanti alla Villa Reale di Monza si possono agevolmente fotografare diverse specie di Libellule. Altra vista dello stesso canale, con macrofotografo annesso. A Firenze, in questa fontana: Ho fotografato questo (ed altro): Nikon D500, 70-300mm P + Lente addizionale 300mm f10, 1/800s, 800 ISO Nikon D500, 70-300mm P + Lente addizionale 185mm f8, 1/250s, 400 ISO Il discorso cambia se si vuole salire di livello, mettersi a cercare specie particolari, allora occorre sapere quali specie trovi solo presso acque ferme o lente, quali invece frequentano solo acque correnti e così via, poi ci sono specie di nicchia, alcune ad esempio sono tipiche di torbiera ed è difficile trovarle altrove. Lanca del Ticino con acqua corrente e zone stagnanti. Si può trovare di tutto. Poi ci sono quelle ancora più rare, che trovi solo in in alcuni siti di alcune regioni. Per fotografare quelle occorre documentarsi (e magari farsi dare qualche dritta sul posto), ma son cose da appassionati . In quali orari? Dipende dalla stagione e da come le si vuole fotografare. Se voglio documentare il momento magico dell'emersione dell'adulto dalla larva devo essere sul posto nella stagione giusta e prima che sorga il sole, perchè lo "sfarfallamento" (termine improprio, ma tanto per capirci) ha inizio appena prima dell'alba: in quanto durante tutto quel delicato processo le libellule sono completamente indifese e facile preda degli uccelli. Una volta emerse ci vuole anche del tempo perchè le ali si distendano, le vene alari si induriscano e la libellula assuma il colore . Esemplare appena emerso dalla ninfa. Ha ancora le ali appiccicate. D700, 200mm micro nikkor F4 AfD, f16, 1/200s 2000 ISO, Treppiedi. Femmmina ancora "tenera" (non sono ancora induriti l'esoscheletro e le nervature delle ali). D700, 200mm micro nikkor F4 AfD, f16, 1/100s 1600 ISO Treppiedi. Se voglio fotografare le libellule in attività invece va bene tutto il giorno, finchè c'è luce e la temperatura adatta, tra l'altro certe specie hanno meno problemi di noi col caldo. Più difficile invece che volino col brutto tempo. Come avvicinarsi? Piano, lentamente, avanzando in linea retta, cioè senza bruschi cambiamenti di direzione. Da evitare anche il cambiare improvvisamente forma, ad esempio avvicinarsi in piedi e poi inginocchiarsi rapidamente per scattare può farle fuggire. Importantissimo è evitare di proiettare la propria ombra sul soggetto (soprattutto se è un giorno di sole), l'ombra viene percepita come una minaccia (l'arrivo di un uccello predatore) e nove volte e mezzo su dieci provoca la fuga immediata. Un partecipante (dei due) al mio unico workshop per Nikonland tanti anni fa... Anche smuovere la vegetazione per sistemare il cavalletto può portare alla fuga. Ci sono poi specie più timide e specie più confidenti: Sympetrum striolatum, una libellula di Settembre-Ottobre a volte ti si potrebbe posare sull'obiettivo o addirittura in testa. Altre invece hanno una distanza di fuga elevata. Il colore del vestito è relativamente poco influente, basta che non sia troppo acceso e che non ci siano macchie vivaci che si spostano intanto che ci muoviamo. Se ci si muove bene e la fortuna aiuta (cioè la libellula sta mangiando o "pensando ad altro") si può arrivare anche molto vicini. Stando molto attenti e muovendosi bene, si può arrivare a distanza di vera macro anche col soggetto "caldo". In questi casi, se le condizioni lo consentono, io provo a fare delle serie di scatti in sequenza avvicinandomi sempre di più. Anche altri momenti interessanti, come l'accoppiamento, richiedono pazienza ed attenzione, ma possono essere ripresi con lo stesso criterio. Un paio di scatti in avvicinamento progressivo, non sono crop. Nikon D700, Sigma 400mm APO MACRO f8 1/320s, 1000 ISO. Attrezzatura e metodo. Dipende moltissimo da cosa si vuole fare e come si vuole fotografare. Ci sono diversi modi di fotografare le libellule. Io amo fotografare tutti gli animali per quello che sono, vivi e liberi. Cerco di esaltare la loro bellezza "naturale" e/o mostrare quello che fanno. Preferisco quindi riprenderli nei periodi di attività ed in contesti realistici. Questo si riflette nelle mie scelte sull'attrezzatura. Altri che fotografano con altri criteri, potrebbero usare attrezzature differenti. Per le foto a figura intera soprattutto delle libellule "vere" (che sono più grandi delle damigelle) io uso focali lunghe. La maggior parte delle mie foto di libellule sono state scattate con focali dai 300 ai 400mm. In occasioni più disinvolte, meno impegnative va bene anche uno zoom 70-300 magari con lente addizionale. Nelle didascalie ho evidenziato in grassetto l'attrezzatura e i dati di scatto, così vi potete fare un'idea di con che cosa e come ho scattato. Al momento in cui scrivo il mio obiettivo di elezione per le uscite mirate alle libellule è il 300mm f4 Pf, se serve accoppiato al TC 14. Punto. Prima usavo il 300mm f4 AFS sempre con TC14 all'occorrenza (e prima ancora il 300mm f4 SIGMA APO MACRO). Il 300mm f4 Pf rispetto al predecessore ha il vantaggio della compattezza e soprattutto della stabilizzazione, che mi evita sempre più spesso di usare il cavalletto. Il teleobiettivo, oltre a permetterti di mantenere una distanza tale da non innervosire i soggetti più sensibili, consente anche di staccarli dallo sfondo, che diviene omogeneo o comunque non invadente. Diventa anche più facile portarsi all'altezza giusta, raramente un soggetto macro ripreso dall'alto è bello, perchè il rischio di "schiacciarlo" contro lo sfondo, creando in questo modo una scena confusa piena di elementi di disturbo, è elevato. Col teleobiettivo aumentando la distanza si riduce la parallasse per cui il problema è minore. Allo stesso modo grazie all'effetto tele, chiudere il diaframma per garantirsi una certa profondità di campo per avere il soggetto ben a fuoco non avrà effetti negativi sullo sfondo, o ne avrà di meno. Questa coppia era in mezzo alle canne, una focale lunga permette il giusto ingrandimento e di eliminare sfondi confusi. Nikon D300, 300mm f4 + Tc14, f9, 1/1000s, 1000 ISO. Anche per questa Damigella, stessa situazione, il teleobiettivo risolve il problema della distanza e dello sfondo. Nikon D500, 300mm f4Pf + Tc14, f9, 1/1250s, 1100 ISO. Operativamente potremmo dividere la fotografia alle libellule in due parti. Su posatoio ed in volo. Le libellule usano spesso uno stesso posatoio per riposare, sorvegliare il territorio e da cui decollare una volta individuata una preda od un rivale per poi ritornare a posarvisi. Se si trova un soggetto interessante e si vede che ha un posatoio preferito, ci si può avvicinare, lentamente, evitando di innervosirlo, senza preoccuparsi, anche se vola via, a meno che non sia stata colpa nostra, quasi certamente ritornerà. Ci si apposta preparandosi con calma, posizionandosi secondo la luce, si prefocheggia sul posatoio e si attende che la libellula ritorni, magari con una preda, rendendo la foto più interessante. In questi casi il cavalletto è molto utile perchè si scatta da posizione fissa e si può aspettare che il soggetto ritorni senza fare fatica. Le riprese possono essere quelle classiche, di lato, per le libellule che si posano più o meno orizzontali sopra ad un supporto, oppure da sopra o dal dorso, soprattutto per quelle (di solito specie molto grandi che invece si appendono sotto al posatoio tenendo il corpo verticale). Molto spesso si cerca il perfetto parallelismo tra il corpo del soggetto e il sensore, oppure se si ha la possibilità di avvicinarsi, si possono inquadrare di tre quarti o di fronte per avere immagini un po' più originali. Quando si riprendono di lato quelle libellule che si posizionano "sopra", in orizzontale, se si è abbastanza rapidi le si riesce a cogliere nell'attimo in cui si posano, quando per un momento tengono le ali ben aperte lasciando scoperto il capo, con un effetto estetico migliore. Nikon D300, 200mm F4 micro-nikkor AfD, f16, 1/125s, 400 ISO, Flash. Scattare al posatoio può essere utile anche per riprendere decolli o più facilmente atterraggi, si punta il posatoio e quando la libellula arriva in zona si inizia a scattare a raffica finchè non si è posata, la maggior parte degli scatti saranno da scartare, ma qualcuno a fuoco ed allineato di solito si riesce ad ottenerlo. Sequenza di atterraggio. Nikon D500, 300mm Pf f10, 1/1000s, 1270 ISO Treppiedi. Se si vogliono fotografare le libellule in volo bisogna armarsi di pazienza (e di ottimismo!), scegliere una zona dove le libellule non possano vagare troppo in lungo ed in largo, oppure dove ce ne sono tantissime. Non si deve cedere alla tentazione di "inseguire" il soggetto, perché il loro volo è troppo rapido ed imprevedibile. Conviene osservare per un po' i loro voli di pattuglia, capire se hanno rotte piuttosto costanti. Allora si preselezionerà a una distanza di messa a fuoco utile a dare un discreto rapporto di riproduzione e si aspetterà puntando su una delle aree "di volo". Una volta che la libellula entra nella zona inquadrata alla distanza giusta, l'af si occuperà (si spera) di perfezionare il fuoco. Ideale è che si fermino in volo stazionario per un attimo. La raffica è essenziale così come tempi di scatto rapidissimi, potendo, diaframmi non inferiori a f8 e ... ISO di conseguenza. Qui il 300mm f4 (con Tc 14) è insostituibile, addirittura ci vorrebbe un 500 macro!! Libellula depressa (femmina) in volo sopra l'acqua. Nikon D7100, 300mm f5.6, 1/1600s, 1600 ISO. L'attrezzatura cambia se si vogliono fare invece dettagli o riprese ravvicinate. Questo sarebbe (anzi è) il regno dei 200 micro o 180 macro, perchè combinano una distanza di messa a fuoco ancora sufficientemente grande, sfondi abbastanza belli come sfuocato, con rapporti di riproduzione da vero macro. Nikon D300, 200mm f4 micro Nikkor AfD, f18, 1/250s, 400 ISO, flash. In alternativa possono andare bene anche buoni zoom xx-200 o xx-300 con una lente addizionale di qualità. In questo caso sono belle anche inquadratura angolate con a fuoco solo la testa o frontali per sfruttare geometrie creati dalle posizioni delle ali. Nikon D7100, Sigma 180mm f2.8 APO MACRO, 1/1250s, 900 ISO, treppiede. Focali più corte come i 105mm o i 60mm sono a mio parere più problematiche, perchè richiedono di avvicinarsi di più, evidenziano maggiormente elementi di disturbo sullo sfondo, si corre il rischio di agitare gli steli vicini al soggetto facendolo fuggire (se lo si fotografa sveglio/vivo/attivo) è più faticoso posizionarsi perfettamente paralleli. Focali del genere funzionano meglio con soggetti ancora freddi per la notte o in altro modo impossibilitati a fuggire. Sigma Sd Quattro H e 105 mm Macro OS , f8, 1/60s 100 ISO Mirrorless o DSLR? Da quando ho la Nikon Z6, uso quella con piena soddisfazione per tutto quello che è posato, la qualità di immagine e la precisione di messa a fuoco tagliano ogni discussione. In volo... le mie ultime libellule in volo le ho fotografate con la D500, non ha ancora avuto modo di provare come si comporta la Z 6. Immagino che le riprese di atterraggi e decolli puntando al posatoio non presentino problemi. I soggetti in volo... vedremo. Orthetrum cancellatum (maschio). Nikon Z 6, 300mm f4 Pf + TC 17 (!), f8, 1/1250s , 720 ISO. Crocothemis erythraea (maschio) che mangia una damigella (blu). Nikon Z 6, 300mm f4 Pf + TC 17 (!), f8, 1/250s , 900 ISO appoggio di fortuna. Il flash lo uso soprattutto come luce di schiarita su soggetti posati per gestire il controluce, attenuare le ombre o i contrasti quando necessario. Non amo molto gli sfondi neri e tranne pochissime eccezioni non li cerco. Le libellule non sembrano preoccuparsi troppo del lampo. Di solito non uso flash molto potenti, quando avevo fotocamere con il flash incorporato spesso usavo quello, con la D500 molte volte l'SB 400 bastava, magari con davanti un mini diffusore "fai da te" per ammorbidire la luce. Con e senza flash: Lampo di schiarita: D800, 400mm SIGMA APO MACRO, f16, 1/250s flash, treppiedi Nikon D500, 300mm f4Pf + TC 14, f11, 1/640s 640 ISO, flash, treppiedi. Spero che questa versione aggiornata sia di vostro gradimento, se avete osservazioni o domande, saranno molto apprezzate.
  10. Più piccole di Imperatori e Dragoni, ma altrettanto stupende. Ecco le libellule Smeraldo. In inglese vengono dette semplicemente Emerald (Smeraldo), in Italia si preferisce usare il femminile, "la Smeralda". Di solito, le libellule che ci vediamo volare intorno sono per lo più rosse o azzurre (i maschi) o di colori ocracei (le femmine). Le Smeralde invece sono di uno splendido verde metallico che riflette la luce del sole come le pietre preziose da cui prendono il nome. Si possono incontrare lungo i corsi d'acqua con un po' di corrente, di cui ne percorrono velocissime le rive in un continuo avanti indietro. Non passano inosservate, ma coglierle non è facile, ci si apposta e si spera che si posino per un breve riposo (cosa che fanno raramente) oppure che si fermino un attimo a mezz'aria per lasciarci scaricare una raffica di scatti appassionati. In Italia settentrionale le più diffuse sono la Smeralda metallica (Somatochlora metallica), la Smeralda maculata (Somatochlora maculata) e la Smeralda di fiume (Oxygastra curtisii) che è fra le specie che hanno un posto speciale nel mio cuore di macrofotografo. La Smeralda metallica è ... tutta verde metallico. Vederla in volo è bello, ma le dimensioni non troppo grandi e la velocità di volo elevata impediscono di ammirarla come si deve. Fotografarla e poi rivederla con calma ingrandita, è un'emozione vera ed in fondo dev'essere soprattutto per questo che fotografo le libellule, per poter godere di quanto sono belle. La Smeralda maculata ha l'addome (non chiamatelo mai coda! Gli insetti non hanno coda) orlato di macchie gialle tonde. Molto bella anche lei, ma la "metallica" a me piace di più. L'Oxygastra curtisii viene chiamata Smeralda di fiume, ma non è come le altre (fa anche parte di una famiglia differente), è molto più scura, un po' meno "metallica", ma altrettanto bella per il profilo soprattuto del maschio, che ha un addome sottile con un leggero rigonfiamento a clava all'estremità e per la serie di macchie arancione sempre sull'addome (gli inglesi la chiamano infatti "Orange spotted emerald"). In Italia è una specie a rischio, per cui rara. Fu una delle prime libellule che fotografai, ormai decenni fa, quasi per caso sul Ticino, allora specie per me sconosciuta. Poi la cercai a lungo senza rivederla fino a due-tre anni fa quando con mia sorpresa ne scoprii una piccola popolazione sull'Adda, in un sito che frequentavo da anni senza averla mai vista. Nell'estate del 2020 ne ho incontrato degli esemplari in un secondo sito, sempre sull'Adda, cosa che mi ha fatto molto contento perchè vuol dire che la specie si sta forse riprendendo e poi perchè ... zac, eccola fermata in volo ! Sulle prime pensavo ad una Somatochlora, poi quando l'ho riconosciuta, quasi non riuscivo a crederci. Una fotografia "speciale" per me. Alla prossima, sempre il vostro amichevole Uomo Ragno, err... no, volevo dire: Fotografo di libellule
  11. Il bruco è coloratissimo, la farfalla meno. Il bruco parassita principalmente le piante di Euforbia, come dice il nome. Engadina 2014. Nessun crop. Nikon D7100, 200mm f4 micro-nikkor (già ) f11, 1/250s, 1000ISO, Flash di schiarita.
  12. Dopo l'imperatore, arrivano i Dragoni. Si tratta delle Aeshna. Anche loro sono libellule grandi, appena più corte di Anax imperator, ma più vivaci nei colori. Non so il perchè il nome comune in italiano di queste libellule sia Dragone, però gli sta bene. Il nome Aeshna invece pare che non abbia un significato, qualcuno suggesisce che sia una corruzione del nome greco Aechma che vuol dire "dardo", se fosse vero sarebbe azzeccato, perchè in volo sono delle vere frecce. I Dragoni sono molto belli a vedersi per via della varietà dei colori, come al solito più spiccata nei maschi. Come Anax, sono velocissimi ed instancabili nel pattugliare il territorio, di solito al bordo degli specchi d'acqua, ma seguono rotte più prevedibili e si fermano più spesso a fare l'hovering, il volo stazionario, fermi in aria. Questo fa sì che sia spesso più facile cogliere in volo un Dragone che non un Imperatore. Di Dragoni (cioè di Aeshna) ci sono diverse specie in Italia, ciascuna col suo nome "italiano". Tra quelle che ho fotografato: Il Dragone autunnale (Aeshna mixta) che è più che altro estivo, è molto comune e abbastanza facile da fotografare quando i maschi controllano il territorio di riproduzione a bassa quota, fermandosi spesso a mezz'aria, vicino alla vegetazione, questo crea uno sfondo caratteristico ed evita che l'obiettivo si perda a focheggiare all'inifinito. Inizia l'accoppiamento, il maschio ha agganciato la femmina dietro la testa Poi la femmina aggancia i suoi genitali con quelli dei maschio, che sono appena dietro al torace. Il Dragone verdeazzurro (Aeshna cyanea), preferisce zone ombreggiate, ha un volo molto irregolare, è gelosissimo del suo territorio, sempre impegnato a ispezionare ogni angolo per scacciare i maschi rivali. E' anche molto curioso, mi è capitato più volte che qualcuno di questi maschi mi volasse incontro, come per controllare chi o cosa fossi, con mia grande gioia. La loro curiosità, estesa anche al sorvolo dei prati a bassa quota, ogni tanto però li rende preda dei ... gatti . Stava venendo a vedere se ero pericoloso oppure commestibile, mi sono immobilizzato puntandolo e... eccolo. Il Dragone alpino, (Aeshna juncea) è molto simile al Dragone verdeazzurro, lo si distingue perchè le strisce gialle sul torace sono più sottili e qualche altro particolare qua e là Come dice il suo nome, di solito sta a quote più alte. Lo si incontra a volte in collina, ma soprattutto in montagna, dove il grande capo tribù Giovanni Giraffa Felice (per i nuovi arrivati, è uno scherzo, mi riferisco al nickname di un Nikonlander ) ha potuto fotografarne l'accoppiamento, per puro caso (grrr...). Anche lui abbastanza avvicinabile. Qui l'inquadratura è un po' ritagliata. Più che un Dragone, un Draghetto. Il Dragone occhiverdi (Aeshna isoceles o isosceles, ho trovato tutti e due i nomi). E' un po' più piccolo delle altre Aeshna e più dimesso nei colori, maschi e femmine si somigliano molto, si posa anche molto più spesso. Infatti, eccolo qui . Sogno nel cassetto.... Il Dragone Bruno (Aeshna grandis). Mi manca ; è grosso, colorato a chiazze mimetiche come un marine ed ha magnifiche ali di colore bruno dorato. E' raro, l'ho visto in Val D'Aosta ma non mi è andata bene, ahimè non sono riuscito a fotografarlo. Alla prossima. Il vostro affezionato fotografo di Libellule.
  13. Chi segue Nikonland sa benissimo che le libellule sono i miei soggetti preferiti per la fotografia ravvicinata. Ho già scritto diversi articoli su come mi piace fotografarle, qui voglio raccontare qualcosa di un po' diverso. Voglio descrivere le libellule che ho fotografato, non proprio in modo scientifico, da manuale, piuttosto, cerco di ritrarre il loro carattere, le impressioni (o sensazioni), che mi da' il vederle. Qualcosa di più personale, però senza cadere nel tranello dell' "umanizzare" gli animali, cioè senza affibbiare loro caratteri, sentimenti e atteggiamenti che non hanno. Gli animali sono belli per quello che sono, anzi sono più belli quando li si conosce per come sono realmente.Così cerco di cogliere posture interessanti, ma sempre spontanee, naturali, oppure attività come la riproduzione, il volo, la deposizione delle uova, che rendono più vivace l'immagine. Sempre per gusto personale, se posso evito gli sfondi neri, se non posso, allora me li tengo. Chiaramente, nel fotografarli non voglio essere asettico, anche per me la scelta di luce, sfondo ed inquadratura sono fondamentali per rendere bello, o almeno piacevole lo scatto, per personalizzarlo, per interpretare il soggetto e, si spera, trasmettere a chi vede quel che mi ha colpito. Qualche volta uso anche il bianco e nero per evidenziare una postura od una situazione particolarmente "grafica". Per il mio sentire, questo basta. Ma sugli aspetti fotografici e le motivazioni, se serve, ci tornerò alla fine del diario. Adesso si comincia. Gli Odonati sono il grande gruppo che comprende le Libellule, ma contiene due "tipologie" diverse, una comprende le Damigelle (Zigotteri) più piccole, e l'altro le Libellule vere e proprie. Io fotografo tutte e due, però preferisco le libellule, quindi il diario racconterà di loro, non di tutte quelle che ho fotografato, perchè sarebbero troppe, quelle più interessanti a mio vedere. Potrei anche concludere con quelle che non ho ancora fotografato... La prima è l'Imperatore, come è doveroso. Libellula Imperatore (Anax imperator). Anax (e Wanax) in greco antico vuol dire "colui che comanda, il dominatore, il re". Nome meritato per la più grossa libellula italiana. E' bello vederla in volo con i grandi occhi verde/blu, il torace verde chiaro brillante e il lungo addome blu nei maschi maturi (e in qualche femmina vecchia) e verde nelle femmine, sempre rigato di nero. L'Imperatore è veloce, saettante, si posa raramente, e quando lo fa, come quasi tutte le grandi libellule, si appende sotto al sostegno. Pattuglia senza sosta lo specchio d'acqua che è il suo territorio, scacciando i rivali e cacciando tutto quello che può mangiare, comprese le libellule appena più piccole. Spesso si sentono i sonori "frr!" dello sbattere delle ali di due combattenti In volo tiene l'addome leggermente arcuato verso il basso, il che la rende riconoscibile al primo colpo. E' piuttosto diffidente e di solito occorre una lunga focale per fotografarla in attività. Per riprenderla in volo ci vuole pazienza, individuare le sue rotte, fissare l'obiettivo su un punto ed aspettare pazientemente che ci ricapiti, se si ha fortuna la si coglie mentre fa hovering (volo stazionario), immobile sia pure per pochi istanti. Quando la femmina depone le uova, si ha un'occasione per foto più particolari, ma anche se impegnata, meglio stare a distanza, se no potrebbe finire per accorgersi di noi, sentirsi minacciata ed involarsi. Bisogna soprattutto fare attenzione a dove cade la nostra ombra. Ecco un piccolo ritratto dell'Imperatore. Alla prossima (se volete). Datemi un feedback però, se a qualcuno piace l'idea vado avanti con le puntate, se no .. no, senza problemi. E poi vi beccate Lovecraft (scherzo!).
  14. La neve mi ha fatto venire voglia d'estate. Cavalletta mimetica, fiume Ticino a Motta Visconti, vecchia foto con il vecchio Nikon micro-nikkor 200mm f4 AfD ED.
  15. Avvertenza: Questo, pur non essendo un articolo tecnico, è comunque un articolo piuttosto da misuroni (measurebators in Inglese), astenersi chi non li può sopportare. WARNING! E' un articolo per spiegare una caratteristica tipica di quasi tutte le ottiche recenti e meno recenti di tutte le marche, Nikon è presa ad esempio perchè qui si parla di Nikon, ma non ci sono velleità polemiche, quanto scrivo vale per Nikon, Canon, Sony, Fuji, Sigma, Tamron ... l'é tucc istess si dice a Milano... Sopra ho scritto caratteristica, non difetto, ne scrivo perchè ritengo possa essere utile avere presenti le proprietà del materiale che si sta usando, ma assolutamente non per denigrare quella che è una situazione generale dettata da semplici leggi dell'ottica (e di praticità). Se dopo queste dovuti preavvisi le mie intenzioni sono chiarite, andiamo a cominciare. Con poche, ma proprio poche, eccezioni di ottiche "pro" molto costose, quasi tutti gli obiettivi moderni, fissi e zoom, presentano una diminuzione della focale effettiva alle distanze più brevi, che spesso viene chiamata focus breathing. Le cause sono molteplici, soprattutto sono implicate le progettazioni IF (Internal Focus, in cui l'obiettivo non si allunga focheggiando alle brevi distanze) con lenti flottanti e la tendenza a creare schemi ottici che consentano una messa a fuoco minima molto ravvicinata. Per questo le ottiche più affette dal focus breathing sono i tele macro e gli zoom ad ampia escursione focale. Non è il caso di addentrarsi oltre nella parte tecnica (non ne ho la competenza, fra l'altro). Ci basti sapere che in assenza di "trucchi" (schemi ottici particolari) l'unico metodo per mettere a fuoco vicino è inserire dell'allungamento fra sensore ed obiettivo (non per niente per la macro si usano dei tubi di prolunga). I vecchi obiettivi manuali infatti si allungavano anche molto focheggiando da infinito alle brevi distanze. Per evitare allungamenti smisurati e dimensioni eccessive, la distanza minima di messa a fuoco rimaneva piuttosto lunga, spesso corrispondente alla lunghezza focale dell'obiettivo stesso. Ad esempio il 200mm f4 AiS aveva una distanza minima di messa a fuoco intorno ai 2m, il 180mm f2.8 Ai intorno a 1,80m. Il nikkor 200mm f4 Ai focheggiato ad infinito (in alto) ed alla minima distanza (in basso) il paraluce è retratto in entrambe le foto. Il rapporto di riproduzione quindi non poteva superare certi valori (intorno ad 1:7 per il 200mm f4 Ai ad esempio). I macro come il micro nikkor 105mm f4 Ai per arrivare ad 1:2, raddoppiavano quasi di lunghezza e per arrivare ad 1:1 era necessario montare un tubo di prolunga da 5,2 cm (il famoso PN 11). Per aggirare questo problema, già ai tempi delle ottiche manuali erano stati progettati obiettivi a lenti flottanti e IF, ad esempio il 200 micro nikkor Ai non modificava le sue dimensioni (ma era già lungo il doppio del 200 non micro), pur permettendo di arrivare ad un rapporto di riproduzione di 1:2 a 75cm. Questo si otteneva tramite uno schema ottico complesso ma anche riducendo la focale effettiva alle minime distanze (al rapporto di riproduzione di 1:2 il 200 micro Ai diventa un 150mm effettivi). Il nikkor 200mm f4 Ai (in alto) ed il 200mm f4 micro nikkor AiS (in basso). Nelle ottiche moderne, soprattutto macro e zoom, ma anche tele fissi, si è proseguito su questa strada, per contenere le dimensioni degli obiettivi e per permettere riprese a distanza ravvicinata. Per molti il focus breathing non rappresenta un problema, giustamente, perchè nella maggior parte dei casi non ci deve preoccupare. Allora perchè parlarne? Perchè va tenuto in considerazione in alcuni ambiti fotografici in cui l'angolo di campo e la resa dello sfondo abbiano una particolare importanza, come ad esempio nel ritratto o nella macrofotografia in natura, dove sapere con quale lunghezza focale effettiva si sta lavorando può essere importante (e in macro anche a che distanza si sta lavorando può essere rilevante). Nessuna demonizzazione, nessun luddismo nostalgico dunque, ma un po' di chiarezza, vediamo qualche esempio. Prendiamo come riferimento un 200mm effettivi come il 200mm f4 Ai. Messa a fuoco minima 2m, rapporto di riproduzione 1:7,4, il che ci dice (la formula la trovate a fine articolo) che la sua lunghezza focale effettiva è 200mm o addirittura qualcosina di più. Il 200mm f4 Ai sulla Z6 Foto scattate con Nikon Z6 ed adattatori su cavalletto. Ecco il rapporto di riproduzione del 200mm Ai alla sua minima distanza di messa a fuoco, ossia due metri. Il dinosauro è lungo 22 centimetri, ho appositamente posizionato il soggetto davanti ad uno sfondo confuso per evidenziare le variazioni della resa dello stesso col cambiare rapporto di riproduzione. Questa sopra e le foto che seguono servono solo a valutare i due parametri "Rapporto di Riproduzione" e "Angolo di Campo", non ho curato variazioni di esposizione od altro. Prendiamo adesso il Nikon 70-300mm P; questo zoom arriva ad un rapporto di riproduzione di 1:4 a 1,2m a 300mm. Saranno davvero 300mm? La matematica ci dice di no, secondo i conti saremmo sui 200mm circa. Vediamo: Nikon 70-300 P alla minima distanza di messa a fuoco a 300mm Aggiungendo allungamento al 200mm ai, possiamo portarlo a focheggiare anche lui ad 1,2 m circa ed ecco il risultato. Nikkor 200mm f4 Ai più anello Fotodiox da 35mm Chiaramente si perde la messa a fuoco ad infinito, mentre con gli zoom questo non succede. Naturalmente a 200mm il 70-300 sarà sensibilmente meno di 200mm effettivi. Nikon 70-300mm P a 200mm alla minima distanza di messa a fuoco. Se confrontiamo i rapporti di riproduzione del 200mm f4 Ai senza tubo quindi a 2m dal soggetto con quelli del 70-300 P anche lui a due metri dal soggetto abbiamo il seguente risultato. Nikon 70-300 P a 200mm di focale e a 2m dal soggetto. Siamo ancora sotto ai 200mm "veri". Nikon 70-300 P, focale 300mm, a 2m dal soggetto. Non ho fatto i conti, ma si vede che il rapporto di riproduzione è superiore ai 200mm "veri" anche se non di molto. Il 300mm f4 Pf ha un rapporto di riproduzione di 1:4 circa a 1,4m quindi riduce un po' meno la focale, ma non siamo certo a 300mm effettivi, piuttosto siamo vicini ai 225mm. Nikon 300mm f4 Pf alla minima distanza. Purtroppo non ho altri obiettivi per rendere questo test più completo, ma rifacendomi alle specifiche dichiarate posso dare altre indicazioni: ad esempio passando ad obiettivi per Nikon Z, il 24-200mm Z a 200mm ha una distanza minima di messa a fuoco di 70 cm con un Rapporto di Riproduzione di 1:3,5. Basterebbe ricordare che il 105 micro F4 ha un rapporto di riproduzione di 1:2 a 45cm per capire che la lunghezza focale effettiva alla minima distanza è circa 121mm . a 2m invece ha un Rapporto di Riproduzione di 1:10 (fonte photographylife) il che vorrebbe dire che sarebbe effettivamente un 170mm o giù di lì. Il nuovo 70-200mm f2.8S a 200mm mette a fuoco ad 1m con un rapporto di riproduzione di 1:5, solo un pochino meno del suo omologo per Nikon F cioè il 70-200mm f2.8 FL (1:4.7 ad 1,1m), quindi ad 1m il 70-200 f2.8 S a 200mm avrebbe una focale effettiva di 140mm circa (il 70-200 f2.8 Fl è invece un 160mm). E allora? Allora niente. Per la stragrande maggioranza degli utilizzatori il focus breathing è irrilevante, come ho già scritto. E' un piccolo dazio da pagare per mettere a fuoco più vicino e quindi avere un'ottica un po', od anche molto più versatile, specialmente nel caso del 24-200 per chi vuole un'ottica all in one come ha scritto Max Aquila. Per qualcuno, in qualche caso, potrebbe essere invece un elemento da tenere presente. E' per questi ultimi che scrivo. Ma si può recuperare in qualche modo il focus breathing o...,non c'è un tubo da fare? C'è proprio il tubo. Tubo fotodiox da 35mm, mantiene af e tutto il resto. Chiaramente si perde la messa a fuoco ad infinito. Nikon 300mm f4 Pf "col tubo" su Z6 Se ci interessa recuperare, in parte almeno, la focale effettiva, si può, interponendo un tubo di prolunga. Con il tubo di prolunga l'obiettivo verrà focheggiato ad una distanza superiore, quindi con minore effetto "breathing". Chiaramente non si potrà mettere a fuco alle lunghe distanze. Non ci sono pasti gratis. Nikon 70-300 P a 200mm alla minima distanza di messa a fuoco (1,2m) con tubo Fotodiox da 35mm, si vede chiaramente come si recuperi parecchio come rapporto di riproduzione, senza nemmeno avvicinarsi al soggetto. Confrontate con la foto corrispondente senza tubo. Nikon 70-300mm P a 300mm alla minima distanza di messa a fuoco (1,2m) con tubo Fotodiox da 35mm, notevole guadagno. Tenere presente anche lo sfondo. E questo è tutto. Ho "dato i numeri" e ora sono contento. Ah, la formula per calcolare la focale effettiva. L' ho pubblicata più volte ma, se insistete: Distanza di messa a fuoco in mm --------------------------------------------------------------- (1/R) + R + 2 Dove R è il rapporto di riproduzione (es. 2 nel caso di 1:2). E' una semplificazione di una formula molto più complessa, ma anche così è sufficientemente affidabile. Silvio Renesto per Nikonland.
  16. Condizioni di scatto proibitiva (vento sole diretto) , eppure... Inquadratura originale: Nikon Z6 f16, nikon 70-300mm P a195mm, lente Sigma da 1.8 diottrie, 250 ISO 1/640s, mano libera Crop 100%: Le vedete le squamette delle ali? WOW! Ape, inquadratura originale... Crop 100%, si vedono i granelli di polline. Però.. sul campo la Z6 è un aspirapolvere. Devo pulire meticolosamente il sensore e tutto il resto altrimenti ho punti neri ovunque.
  17. Ho la Nikon Z 6 dall'autunno scorso ma fino ad oggi non ero ancora riuscito a fare delle foto ravvicinate sul campo, complice anche il lockdown. Oggi prima mattina di libertà, ho voluto fare dei test, incurante del fatto che ci fosse vento (maledizione...). IL VENTO HA RESO IMPOSSIBILE QUALSIASI TENTATIVO DI STACKING, dovrò fare dei test dedicati in un'altra occasione, vedi i commenti a corredo di ciascuna foto. Le foto che pubblico qui hanno soprattutto lo scopo di evidenziare come si comporta l'attrezzatura in queste condizioni, quindi ho incluso anche foto sbagliate, se poi ce n'è anche qualcuna carina, tanto meglio. Nessuna foto è croppata, per dare l'idea dei rapporti di riproduzione raggiungibili con i vari aggiuntivi. Cominciamo: Nikon Z6 e 300 mm f4 PF (+FTZ ovvio, non lo ripeterò). Anax imperator, Nikon Z6 300mm f4 PF, f10 1/1000s f10 800ISO Un'accoppiata vincente per nitidezza e fedeltà dei colori. Abituato alla D500, riscontro nel formato pieno (rispetto al formato DX) che a parità di distanza, si ha minore copertura del soggetto nell'inquadratura, mentre a parità di copertura, minore profondità di campo. Nikon Z6 300mm f4 PF e TC 14 EIII Il miglior rapporto fra qualità e ingrandimento ottenibile. Direi che per libellule e affini sul formato pieno non si può rinunciare ad un aggiuntivo ed il TC 14 EIII è il più versatile in assoluto, senza praticamente compromessi per quanto riguarda la qualità ottica. E, bonus non indifferente, non ci si deve avvicinare di più al soggetto. Libellula depressa, Nikon Z6 300mm f4 PF, TC14 EIII f9 1/1000s 640 ISO Anax imperator Nikon Z6, 300mm f4 PF, TC14 EIII f9 1/1250s 1400 ISO. Con il TC 14 è come avere le capacità nella fotografia ravvicinata del vecchio Sigma 400mm f5.6 APO Macro, ma con la qualità, la velocità e la tecnica e tutti i gizmo degli obiettivi Nikon moderni. Slurp. Nikon Z6 300mm f4 Pf e Tubo Fotodiox 35mm attacco Z La qualità rimane ottima, come con il 300 da solo, rallenta la messa a fuoco, non troppo, ma si sente che rallenta, nessun problema di vignettatura, ingrandisce qualcosa di più del 300mm accoppiato al TC 14 EIII, (ma si deve andare più vicino) per cui, se si ha proprio bisogno di quel "zic" in più e a differenza di quel che è capitato a me oggi non ci fosse vento, perchè no? Naturalmente si perde la messa a fuoco ad infinito, ma è un problema irrilevante se stai facendo foto ravvicinata. Anax imperator, Nikon Z6, 300mm f4 PF + Tubodi prolunga Fotodiox da 35mm , f11, 1/1250s, 2200 ISO I diaframmi chiusi e gli ISO alti sono legati alla presenza di vento e al maggiore ingrandimento, servivano sia tempi rapidi, che diaframmi chiusi per avere una profondità di campo accettabile visto che non si può fare stacking. Il flash viene "ingannato" dal tubo (?) e si rischia la sovraesposizione, Anax imperator, Nikon Z6, 300mm f4 PF + Tubo di prolunga Fotodiox da 35mm più Flash Godox V860 , f11, 1/200s, 450 ISO Recuperabile in parte in postproduzione. Senza Flash: Anax imperator, Nikon Z6, 300mm f4 PF + Tubo di prolunga Fotodiox da 35mm , f11, 1/1250s, 2800 ISO Come scritto sopra, con il tubo di prolunga si può arrivare ad ingrandimenti notevoli, superiori a quelli ottenibili con il TC 14: Anax imperator, Nikon Z6, 300mm f4 PF + Tubo di prolunga Fotodiox da 35mm , f11, 1/1250s, 2500 ISO. Questa farfalla Esperide è lunga circa 3cm. Nitidezza assoluta. Ochlodes sp. Nikon Z6, 300mm f4 PF + Tubo di prolunga Fotodiox da 35mm , f11, 1/1250s, 1400 ISO. Nikon Z6, 300mm f4 PF e lente Addizionale SIGMA AML 72-01 da 1.8 diottrie Va benissimo... ma in un altro contesto. La nitidezza a f.8-16 è elevata, la messa a fuoco non è semplice, ma non impossibile, l'ingrandimento sul 300mm è elevatissimo, si entra nel campo della macro, ma proprio per questo la profondità di campo è minima. E' più facile da usare con soggetti di dimensioni minori, oppure con focali inferiori, o quando si può fare stacking. La foto sotto evidenzia il problema. Scattata a f9, ma anche a f16 cambiava poco. La nitidezza dell'area a fuoco è molto alta. Se si fosse potuto fare uno stacking, in modo da avere a fuoco sia la testa che il torace, allora il risultato sarebbe stato spettacolare. Ci proverò appena le condizioni lo permetteranno. Finisce qui la mia piccola panoramica sulle diverse possibilità di fare foto ravvicinata con la Nikon Z6 e il 300 f4 PF. Spero sia stata di interesse (e magari anche divertente) per qualcuno. Conclusioni non ne traggo, è evidente che ciascun accessorio ha il suo perchè ed i suoi limiti. Sul formato Dx per la foto ravvicinata niente batte l'accoppiata 300mm più TC14, tranne che per ingrandimenti più spinti dove la lente ha da dire la sua, se usata bene. Sul formato FX, ciascuno deve scegliere secondo quello che vuole fare. Un ringraziamento particolare all'esemplare di Anax imperator che ha avuto la cortesia di restare in posa per tutto il tempo del test. Una cosa insolita, per cui temo che il motivo non sia lieto, forse un trauma a seguito di un tentativo di predazione, o qualche altra situazione di sofferenza .
  18. Non sono un naturalista da grandi avventure, mi accontenterei dei mie miei giri in garzaia, nelle risaie e nei fossi, dove in primavera si ha la rinascita di tante piccole e grandi creature. Gli Ardeidi intenti a costruire il nido: Gli Svassi amorevoli genitori O formidabili pescatori E tutti i piccolini, a cominciare dalle raganelle che fanno meditazione La Mantide, Femme fatale... Le mie preferite, le Libellule che proprio in questo periodo cominciano a emergere dalla forma larvale. Per poi riempire l'aria dei loro voli acrobatici e letali, E tanti altri ... Ma non li hai già fotografati un milione di volte, non ne hai abbastanza? Certo che no, almeno per due ragioni: sono come degli amici, andarli a trovare è sempre un piacere, fotografarli mentre fanno le loro cose è sempre bello. E poi si spera di fare foto sempre migliori, più belle, più interessanti. E non dimentichiamo che ogni tanto ci sono le sorprese. Erano più di dieci anni che andavo all'Oasi dell'Alberone, e fino all'anno scorso, non l'avevo mai vista, e poi eccola lì, regalo inaspettato: L'avevo fotografata, male, sul Ticino tredici anni fa e poi mai più vista. Ritrovarla è stata un'emozione. Si ama quel che si conosce, si fotografa quel che si ama, solo così rimane la passione.
  19. Nello spirito delle "pulizie primaverili" e per allinearsi al nuovo corso Nikonland 3.0, mi sembra utile spiegare cosa mi aspetterei di vedere in questo club e, soprattutto cosa sarebbe meglio evitare, per avere idee più chiare e sperare in una partecipazione produttiva. Il club si chiama "Fotografia Naturalistica" che in inglese si traduce con Wildlife Photography, ovvero "Fotografia dedicata alla vita selvatica", animali, piante, funghi (possibilmente nel loro ambiente naturale) con una connotazione estetica ma anche di conoscenza. Per cui: Wildlife Photography non è Pet photography: il vostro cane, il vostro (e mio) gatto, criceto, canarino, mucca, pitone, tarantola o pesce rosso, qualunque animale da compagnia che ci giri per casa in giardino o o nell'acquario non è Fotografia naturalistica. Altrimenti il Club si dovrebbe chiamare " Fotografie di Animali e Piante" ed allora ci sta dentro tutto e non si capisce niente. Le foto dei nostri amici mettiamole da qualche altra parte, ok? Questo club è un club principalmente fotografico. Nel forum sono bene accette segnalazioni, richieste di identificazioni e simili, ma nelle gallerie e nei post fotografici (che dovrebbero essere la maggioranza) ci si aspetta di vedere soprattutto foto di qualità fatte al meglio delle proprie possibilità, come composizione, luci e quant'altro. In pratica questo club non è come Naturamediterraneo, eccellente forum di informazione e divulgazione naturalistica, in cui c'è anche un piccola sezione di fotografia naturalistica, ma per il restante 90% le foto sono solo a scopo informativo e/o documentativo e visto lo scopo, giustamente, poco importa che siano ben a fuoco, illuminate, composte, fatte con la compattina , il cellulare o chissà cosa. Qui è il contrario, un club dove presentare belle foto che ha anche uno spazio per identificazioni e segnalazioni. La fotografia naturalistica non è nemmeno fotografia "fantasy", mi riferisco a quelle poetiche (a volte inquietanti) invenzioni, che danno un'immagine distorta, diseducativa, della natura, che è l'esatto contrario della fotografia naturalistica. Ambientazioni false, fotografie di interazioni impossibili fra soggetti incompatibili, intesi come modelli a scopo creativo, si possono definire in qualsiasi modo che so, concept art?Non ne ho idea, ma il loro posto non è qui. Come ho già scritto , una Bambina col mantellina rossa che abbraccia un Pastore Cecoslovacco (intendo il cane di quella razza che più di tutti somiglia al Lupo) non è naturalistica. Ma allora che foto mettiamo qui? Non possiamo limitare i contributi alla fotografia naturalistica "dura e pura" alla Valerio e Massimo (Vignoli), altrimenti di foto se ne vedrebbero ben poche. Quindi siamo elastici, ma con onestà, magari dichiarando le condizioni di ripresa. Vanno bene: Foto naturalistiche vaganti o da appostamento nel territorio (quelle "dure e pure") Ballerina gialla che ha pescato un pesce, Calolziocorte (LC) senza capanno. Ballerina Gialla, tutto come sopra Ibis in Risaia , dall'auto. Foto in oasi naturalistica senza mangiatoie e altri richiami (ad esempio Torrile o Marcaria) Spatola a Torrile, foto da capanno. Foto da capanno attrezzato (con attrezzato si intende con presenza di cibo che attira i soggetti, che siano i passeriformi nel Monferrato o gli Orsi in Finlandia). Frosone , da capanno con mangiatoia ed abbeverata. Foto di animali che hanno colonizzato le città, Gazze, Cornacchie, Passeri, Falchi, Ratti, ma anche Aironi, Gabbiani e tanti altri animali si possono trovare in contesto urbano o periferico e si possono fare foto molto interessanti e significative. Airone Cenerino sul tetto a Pescarenico (LC)ù Airone Cenerino al Parco Nord Bresso/Cinisello/Milano. Nel contesto di natura urbana ci stanno anche gli invasori come queste tartarughe americane. Macrofotografie di animali e piante "sul campo", che non abbiano comportato manipolazioni a danno dei soggetti sempre, ma soprattutto se volte allo scopo di creare surreali scenette fantasy di cui ho già scritto sopra. A rigor di logica, come la pet photography non è fotografia naturalistica, così non lo è la garden photography; ossia la foto alla Begonia, Petunia, o altra specie non "spontanea". E gli Zoo-Parchi ? Ehm... hum... mah ... Le foto in uno zoo possono essere indubbiamente interessanti se contestualizzano lo zoo, magari come messaggio. Procione reso "obeso" dalla prigionia. Bayerische Wald. Altrimenti il soggetto a volte rischia di diventare fine a se stesso, o che le foto vengano "strane": Ad esempio un leone che passeggia su un prato rasato all'ombra di un abete, beh, fa strano. In senso stretto, un animale fuori dal suo ambiente non è proprio una foto naturalistica, ma qui non si vuole essere troppo restrittivi, per cui se a qualcuno piace il genere e gli riesce di fare belle foto di un animale allo zoo, va bene. Lince al Bayerische Wald, che in fondo è un grosso parco zoologico. La foto non è molto bella. A volte nei parchi si ottengono buoni ritratti come per questi lupi del Bayerische Wald. Spero di avere chiarito quali sarebbero gli intenti di questo club, aspetto le vostre foto con entusiasmo e perchè no, osservazioni e commenti qui di seguito.
  20. Nella prima parte di questo test avevo provato il tubo Fotodiox da 35mm sul 24-70 f4 S (dove si era rivelato troppo lungo, in pratica utilizzabile solo da 50mm in su, ma con una distanza di lavoro veramente scarsa) e sul 300mm f4 PF, tramite adattatore FTZ, dove invece aveva dato buona prova di sè, compatibilmente con la lunghezza focale dell'obiettivo. In questa seconda parte la prova del tubo Fotodiox montato sul il Nikon 85mmf1.8 S, sia da solo che aggiungendo anche i tubi Meike, di cui ho già fatto una breve recensione qui . Ho anche confrontato i rapporti di riproduzione ottenuti con con l'85mm ed i tubi con il micro nikkor 105mm f2.8 G VR che arriva ad 1:1. Se avessi usato il 55mm avrei superato il rapporto di 1:1, ma con una distanza di lavoro troppo corta per un uso senza stativo ed illuminatori, mentre con l'85mm la distanza di lavoro permette di usare questa combinazione anche sul campo. In più, alla minima distanza di messa a fuoco l'85mm f1.8S ed il 105 micro f2.8 VR G hanno la stessa focale effettiva, circa 78mm, per cui sotto questo aspetto,è un confronto "alla pari". Prima propongo degli aridi scatti misuronici per confrontare distanze e rapporti di riproduzione (nella prima foto la parte inquadrata della scatoletta ha il lato lungo pari a 6.5cm). 85mm e Tubo fotodiox da 35mm, distanza di lavoro 21cm 85mm tubo fotodiox da 35mm e tubo meike da 11mm (allungamento totale 46mm), distanza di lavoro 19,5cm. 85mm, tubo fotodiox da 35mm e tubo meike da 18mm (allungamento totale 53 mm), distanza di lavoro 18cm. 85mm, tubo fotodiox da 35mm e entrambi i tubi meike da 11 e 18mm (allungamento totale 64 mm), distanza di lavoro 16cm Nikon Micro-nikkor 105mm f2.8 G VR, a 1:1, distanza di lavoro 16cm. In pratica con l'85mm f1.8 e 64 mm di allungamento si raggiunge un RR di 1:1 e lo si raggiunge alla stessa distanza di lavoro del 105 micro. Dal punto di vista della comodità operativa è senz'altro un ottimo risultato. Non ho fatto confronti pixel per pixel, ma la nitidezza mi sembra paragonabile. Conclusione: Io direi che se avete un 105mm micro Af G, è più pratico usare quello con l'FTZ finchè non esce un obiettivo micro con attacco Z. Quello che voglio dimostrare con questo articolo è che se si passa al sistema Z e non si hanno dei micro nikkor (o equivalenti), l'85mm f1.8 S più un set di tubi permette di fare vera macro, con buoni risultati e senza troppe difficoltà. Ecco due esempi sul campo: Con l'85mm f1.8 S da solo si combina poco: Ma con l'85mm f1.8 S e tubo Fotodiox da 35mm già il risultato è interessante Minore ingrandimento ma risultato comunque molto valido anche montando il (solo) tubo Meike da 18mm. Unica cosa che ho notato, con l'85mm in alcuni scatti, non in tutti, un pizzico di purple(?) fringing nelle zone a forte contrasto, probabilmente se c'è un leggero fuori fuoco. Crop 100% di due foto, a sinistra un fringing più evidente, a destra molto meno. Con questo ho finito di opprimervi illustrarvi le possibilità d'uso dei tubi dedicati al sitsema Z, spero di essere stato utile e di aver chiarito le idee a qualcuno. Silvio Renesto per Nikonland.
  21. I tubi di prolungaFotodiox mi hanno incuriosito perchè sulla carta sembrano ben fatti e, cosa importante promettono di mantenere tutte le funzionalità della fotocamera. Ce ne sono due modelli, uno da 11 mm e l'altro da 35 mm. Memore del buon risultato dato dal tubo Kenko Pro DGX da 36mm accoppiato al mio vecchio 300mm f4 AFS, ho voluto procurarmi il Fotodiox da 35mm e provarlo sia sul nikon 24-70mm f4 S (più che altro per curiosità), che sul 300mm f4 PF, che sarà invece l'obiettivo su cui conto di usarlo. ATTENZIONE : Questo è un arido test sui rapporti di ingrandimento, niente bei soggetti, anche perchè la temperatura non è ideale. Solo righelli e qualche fossile. Se pensate che la cosa vi annoi, fermatevi qui. Come è fatto e come va. Ordinato su Amazon ed arrivato in un giorno. Sorpresa: su Amazon è mostrato con una leziosa confezione di legno con imbottitura. A me invece è arrivato in una scatola di cartone. Non che mi importi molto, però è un piccolo imbroglio. Tutto sommato avrei comunque preferito che nella confezione fossero previsti dei tappi. E' completamente in metallo, ha un'aspetto solido e ben rifinito. Funziona alla perfezione sia con ottiche S che tramite adattatore con le ottiche F. Sotto questo aspetto sono pienamente soddisfatto. Su come funzionano i tubi di prolunga ci sono numerose risorse nel web ed io stesso ho pubblicato diversi articoli e discussioni su Nikonland vecchio e nuovo. Per le nozioni generali vi rimando a quelli. Mi limito a dire che un tubo di prolunga aumenta il tiraggio, permettendo di focheggiare a distanza minore rispetto alla distanza minima per cui è progettato l'obiettivo, con la conseguente perdita della possibilità di mettere a fuoco ad infinito. Più i tubi sono lunghi più "mangiano" luce. La perdita di luminosità dipende dalla lunghezza focale dell'obiettivo e della lente su cui si monta. Vi risparmio le formule, diciamo che a 70mm f4 si perde poco più di uno stop; a 300mm, meno di mezzo stop. Come va sul 24-70mm f4 S Il 24-70mm f4 S è molto nitido e da solo, a 70mm, raggiunge un rapporto di ingrandimento di 1:3, ad una distanza di messa a fuoco di 30cm (= distanza di lavoro 15cm). Il tubo rende inutilizzabili le lunghezze focali da 24 a 40mm (in pratica a 50mm) perchè fino a circa 35mm il punto di messa a fuoco cade "dentro" l'obiettivo, complice la lunghezza del tubo e il fatto che lo zoom si allunga a sua volta. E' possibile che con un obiettivo molto corto, come un pancake, si possano ottenere dei risultati anche a focali inferiori ai 35mm, con questo zoom (e tutti i suoi simili) no. A 50mm il tubo inizia a diventare usabile (o quasi): Focheggiando ad infinito si ha una distanza di lavoro (dalla lente frontale) di circa 6cm con un rapporto di riproduzione di 1:1.4. Focheggiando alla minima distanza si ha una distanza di lavoro di 2,5cm ed un rapporto di riproduzione di poco superiore ad 1:1. La scarsissima distanza di lavoro però rende le cose molto difficili, specialmente per quanto riguarda l'illuminazione. A 70mm Focheggiando ad infinito si ha una distanza di lavoro di circa 10cm con un rapporto di riproduzione di 1:1.8 (poco più di 1:2). Focheggiando alla minima distanza si ha una distanza di lavoro di 4cm ed un rapporto di riproduzione di 1:1,1. Sia a 50mm che a 70mm focheggiando all'infinito col tubo di prolunga si ha una distorsione a barilotto e pesante perdita di nitidezza ai lati (non solo ai bordi) solo il centro è ben a fuoco, Probabilmente è questione di curvatura di campo della lente che non è progettata per macro spinta. In conclusione è meglio evitare di usare il tubo da 35mm sul 24-70mm. Dei tubi più corti, come il Fotodiox da 11mm o i due Meike potrebbero dare risultati migliori, anche se con ingrandimenti meno spinti. Con lente addizionale Canon 500D (2 diottrie). Focheggiato ad infinito a 70mm si ha una distanza di lavoro di 55cm circa ed un rapporto di riproduzione di 1:7. Focheggiato alla minima distanza si ha una distanza di lavoro di 10cm circa ed un rapporto di riproduzione di 1:2,5 con buona nitidezza: C'è da dire però che il 24-70m arriva da solo a 1:3 con una distanza di lavoro di 15cm, per cui o si usa una Marumi da 3 diottrie, oppure non ne vale la pena. Come va sul 300mm f4 PF. II range di messa a fuoco e di ingrandimenti è notevole. Focheggiando ad infinito si ha una distanza di lavoro di circa 3m ed un rapporto di riproduzione di 1:7 circa. Focheggiato alla minima distanza si ha una distanza di lavoro di 85cm circa ed un rapporto di riproduzione di 1:2,2. Un ottimo valore. In più, come già spiegato altrove, il tubo compensa il focus breathing per cui alla minima distanza è possibile ingrandire il soggetto senza avvicinare l'obiettivo perchè il fuoco si ottiene a distanza nominali superiori, quindi più vicine alla focale reale. Il 300mm f4 PF alla minima distanza di messa a fuoco: Il 300mm f4 PF alla stessa minima distanza di messa a fuoco con il tubo da 35mm: Questo aspetto è interessante perchè specialmente con gli zoom tele XX-400 o XXX-600 che alla minima distanza di messa a fuoco volte quasi dimezzano la focale effettiva, un tubo può permettere di ingrandire adeguatamente soggetti piuttosto piccoli ma vicini, quali i passeriformi quando si fotografa da capanno. Anche con un 300mm f2.8 o un 500mm, che non "respirano" molto ma hanno però una distanza minima superiore al 300mm f4, potrebbero beneficiare dell'uso del tubo di prolunga sempre per fotografare soggetti relativamente piccoli. Tubo o lente addizionale? Ho già scritto una experience sull'uso del 300mm f4 PF e la lente Canon 500D. Il tubo sul 300mm è molto più versatile permettendo un range di ingrandimenti molto più ampio. Tubo o converter? Ingrandimenti simili a quelli qui mostrati si possono ottenere anche montando dei converter, ad esempio con il Tc 14 EII si arriva ad 1:3 circa. Ci sono vantaggi e svantaggi: con il converter si ha continuità di messa a fuoco da infinito alla minima distanza, per contro i converter più potenti del TC14 possono dare un certo calo di nitidezza che il tubo non da', oltre anche una perdita di f/stop superiore. Il Tc 14 è vincente come praticità sul tubo a parità di ingrandimenti, ma Il tubo permette di andare un pochino oltre. Perchè mi sono comprato il tubo di prolunga? Da una parte c'è la passione per i gadget, dall'altra conto di usarlo sul 300 in alternativa ad esempio al Tc 14 per fotografia ravvicinata, le foto che seguono sono solo degli esempi per dare un'idea delle dimensioni dei potenziali soggetti. Non fotograferei certo dei fossili con un 300mm ma, sul campo, insetti e rettili di dimensioni simili sì. Infine, in attesa di un 105mm macro S, il tubo Fotodiox da 35mm, accoppiato all'85mm f1.8 S, potrebbe sostituirlo validamente (spero). Ma questo sarà argomento della seconda parte. Silvio Renesto
  22. Nel 2017 avevo fatto una piccola mostra fotografica , intitolata "Segni nella Pietra", che aveva riscosso un certo successo. Le foto erano state scattate con la SIGMA SD Quattro H di cui avevo apprezzato l'eccezionale resa del sensore. La mostra sarà riproposta a Marzo di quest'anno in una sede diversa e di maggiore richiamo, a Varese. Gli organizzatori mi hanno chiesto però delle foto in più. Sulle prime ho pensato di riprendere la SIGMA, poi ho cambiato idea e mi sono portato la Nikon Z6. Uno dei motivi è stato il poco tempo a disposizione per la sessione di riprese, in pratica un solo pomeriggio in cui dovevo anche scegliere ex novo i soggetti. Così ho pensato che la maggior velocità operativa della Z6 poteva essere di aiuto. Un altro motivo, la curiosità di confrontare la Z6 con la Sd quattro H. Ho scattato quindi con La Z6, il micro nikkor 105mm f2.8 Af G (su FTZ naturalmente) un illuminatore a Led e dei pannelli riflettenti, su treppiede, ISO 200 diaframmi da 9 a 13. AfS, area Af punto singolo pinpoint. Considerazioni? In sintesi, lavorare con la Z6 è stato molto divertente (ma lo era stato anche con la SIGMA) e soprattutto molto semplice (questo con la SIGMA un po' meno ). I vantaggi sono molti (ce ne sono di banali, ma alcuni sono invece sostanziali) : La possibilità di usare l'otturatore elettronico attivato dal display touch che elimina ogni minima vibrazione senza bisogno di autoscatto. La ripresa con cambio di messa a fuoco che mi ha permesso di evitare la slitta micrometrica e ha velocizzato la sequenza di scatti per il successivo stacking. Una previsualizzazione dell'esposizione più dettagliata. File molto lavorabili. Il display orientabile... (aggiungete voi se mi è sfuggito qualcosa... ) La qualità delle immagini non è uguale a quella ottenibile dalla SIGMA SD quattro H (usata con le dovute attenzioni), ma questo è a mio parere ampiamente ripagato dalla praticità d'uso e, nonostante la vetustà del 105 micro, i risultati sono più che adeguati anche per le previste stampe 30x40. Ecco qualche esempio ( Nota: la nitidezza è superiore a quella apprezzabile sul browser, non so come rimediare a questo): Zoophycos, tracce fossili lasciate da ignoti animali marini (vermiformi) che pascolavano il detrito. Per dare l'idea l'area inquadrata è alta circa 6cm. Composizione di ricci marini dai lunghi aculei Crinoide (Giglio di mare) e Stella marina Non è mio intento screditare la SIGMA Sd Quattro H, che continuo a considerare una fotocamera dalla resa superlativa, ma un po' "laboriosa", quanto sottolineare come le mirrorless di più moderna concezione semplifichino di molto il lavoro mantenendo, nel caso della Nikon Z6, una resa qualitativa notevole. Immagino che con una Z7 ed un micro-nikkor Z (che però - ahimè- non esiste ancora...) il risultato sarebbe stato sicuramente entusiasmante. Considerazioni, appunti, osservazioni, sempre benvenute. Come per le foto della mostra precedente, gli esemplari sono esposti al Museo Civico "Mario Realini" di Malnate (VA) , e mi sono stati gentilmente messi a disposizione dalla direttrice, Dott.ssa Sabrina Dotti, che ringrazio, insieme al suo staff museale, per la cortesia e la disponibilità che mi ha sempre mostrato in anni di collaborazione sia in campo didattico che divulgativo.
  23. Considero Ronnie Gaubert un grande per la fotografia ravvicinata classica, ma Carlo Galliani è il migliore fra quelli che conosco per la macrofotografia che definirei “dinamica” . Naturalista e fotografo a trecentosessanta gradi, le sue immagini esprimono al meglio la vitalità dei soggetti, unendo documento e bellezza, da vero naturalista. Carlo, che ringrazio, ha accettato di scambiare quattro chiacchiere sulla sua fotografia. Raccontaci qualcosa di te : Sono un Wildlife photographer ma preferisco dire di essere un naturalista che fotografa. Da tanti anni mi occupo sia di natura che di fotografia . Sono autore e coautore di articoli scientifici di ornitologia e entomologia e autore di articoli su riviste di natura e fotografia. A livello fotografico le mie foto sono state utilizzate in molti libri di ornitologia e entomologia sia a livello nazionale che internazionale e da siti web di parchi e associazioni per la protezione della natura. Ti è nata prima la passione per la fotografia o quella per la natura? Direi che sono nate praticamente insieme perchè ho iniziato a studiare la natura partendo dai fiori di montagna e naturalmente non potevo non fotografarli. Poi quando sono passato ad altri campi di studio in natura ho sempre desiderato fotografare gli animali che studiavo e chiaramente poi mi sono messo a fotografarli tutti. Picchio Nero Picchio Muratore. Quando hai iniziato ad interessarti alla macrofotografia? Le mie prime foto sono state di macrofotografia. Ho avuto diciamo una iniziazione fotografica un po' particolare in quanto uscivo con fotografi che si interessavano di fiori e di come fotografare tutte le parti del fiore perfettamente a fuoco, perciò a un certo punto sapevo bene come gestire benissimo la pdc in una foto di macro, ma mi trovavo in difficoltà sui semplici paesaggi, poi piano piano ho imparato anche quelli. Le tue foto di solito sono molto diverse da quelle diciamo più interessate alla pura estetica, ma non per questo sono meno spettacolari, al contrario. Tu cosa cerchi, oppure cosa vuoi trasmettere con le tue immagini? Qualche scatto di pura estetica l'ho fatto anch'io ma principalmente preferisco fotografare tutto ciò che c'è in natura nel miglior modo possibile chiaramente cercando anche di avere sfondi che facciano risaltare il soggetto. Ghiandaia marina con preda. Martin Pescatore con doppia preda! Quello che cerco di trasmettere è la bellezza della natura, la particolarità di molte situazioni che tantissima gente pensa si possano trovare solo in Africa o in Amazzonia e invece si trovano proprio sotto la loro casa. Ho sempre detto che se riesco a trasmettere l'amore per la natura e di conseguenza il rispetto per l'ambiente e gli animali a qualche persona che guarda le mie foto allora lo scopo del mio fotografare è stato raggiunto. Tra i tuoi (e i miei) soggetti preferiti ci sono le libellule, sulle quali tu hai fatto anche ricerca e divulgazione, sei coautore di diverse pubblicazioni, oltre che membro di gruppi come Odonata.it, ci puoi descrivere in breve questo aspetto della tua attività di fotografo naturalista? Studio gli Odonati da ormai trent'anni e sono tra i miei soggetti preferiti anche in fotografia. I miei due lavori più importanti riguardano le libellule e sono i due libri : " Odonati d'Italia " - Galliani/ Scherini /Piglia, edito dalla Libreria della Natura e " Dragonflies and damselflies of Europe" - Galliani/ Scherini /Piglia, edito da Wba. Devo alle libellule la passione per la fotografia agli insetti in volo. Infatti a un certo punto tanti anni fa mi son trovato ad un bivio : non riuscivo proprio a fotografare alcune specie che si posano raramente (ora conosco dove vanno a posarsi , anche se rimane comunque difficile fotografarle posate ) e l'unica alternativa rimaneva fotografarle in volo. Con le libellule ho raggiunto il massimo di soddisfazioni come fotografo naturalista perchè sono riuscito a fotografare ogni specie in tutti i momenti della sua vita, dalla nascita ai corteggiamenti, dalle guerre tra gli individui agli accoppiamenti fino alla deposizione delle uova e così via. Aeshna grandis. Nikon D750, focale 200mm. (Nota del Redattore: forse solo chi ci ha provato può capire appieno quanto sia difficile ottenere un ritratto -a tutta apertura- di un soggetto così rapido!). Calopteryx splendens. Nikon D500, focale 180mm. Nikon perché? Un caso o una scelta? Direi più un caso . Ho iniziato in analogico con Nikon e poi ho proseguito anche in digitale sempre con Nikon. Non uso però solo Nikon. Nel mio corredo fotografico ho due obiettivi Sigma e uno è fondamentale per il mio tipo di foto in natura anche se devo dire che anche Nikon è arrivata ultimamente a fare dei 500 mm leggeri che possano essere usati in caccia fotografica vagante. Come ti trovi? Cosa ti manca? Mi sono sempre trovato bene. Mi manca quello che penso manchi a tutti i macrofotografi, cioè una lente che permetta ingrandimenti maggiori dell’ 1:1. Canon ha fatto il Canon MP-E ma l'ho provato da amici e non mi è parso molto affidabile. Sono sempre stato convinto che sia Nikon che Canon sarebbero in grado di produrre delle lenti ottime che arrivino a buoni ingrandimenti ma la logica del mercato non permette la progettazione di queste lenti, essendo un campo rivolto solo agli specialisti ( anche se non siamo pochi). E' Inutile a mio parere usare tubi di prolunga o inversioni di ottiche se si vogliono avere dei risultati veramente notevoli. Le tue foto di insetti in volo mi hanno sempre lasciato senza parole, puoi rivelarci qualcosa su come si fa? Questa è una domanda che mi viene rivolta spesso però per rispondere adeguatamente penso mi ci voglia un libro. La tecnica fotografica è molto semplice : ci vogliono tempi velocissimi, più veloce è meglio è. Ma sono altri i fattori importanti. L'allenamento è importantissimo cioè provare e riprovare fin quando diventa tutto meccanico. Mi rendo conto anch'io che riesco adesso a fare foto che prima proprio non mi venivano. Una buona velocità ad inquadrare e mettere a fuoco è fondamentale. Cantharis rustica. Nikon D500, focale 180mm. Chiaramente il fuoco nel 90% delle volte è manuale. Ma la cosa più importante è l'osservazione del comportamento degli insetti quando si esce sul campo e memorizzare le situazioni per vedere se sono solo casuali oppure se è un comportamento tipico della specie. Difficile spiegare in due parole ma ci sono sempre dei momenti nei quali ogni specie diventa più facilmente fotografabile in volo e quei momenti dipendono sempre da quello che l'insetto sta facendo. Perciò se si vede che un insetto inizia a comportarsi in un certo modo, che dalle precedenti osservazioni si è capito che proseguirà con un volo decisamente più lento del solito, bisogna subito prepararsi al meglio possibile per fotografarlo. Eristalinus taeniops. Nikon D500, focale 180mm. Apis mellifera. Nikon D600, focale 200mm. In molti casi in questi momenti alcuni insetti sono così facilmente fotografabili in volo che si può usare l'autofocus (il 10% rimanente). Il grande problema è che ogni insetto ha il suo comportamento specie per specie (raramente alcune specie appartenenti allo stesso genere presentano comportamenti analoghi, ma sono poche). Non esiste una legge generale per tutti gli insetti ma anche solo per gli insetti di uno stesso ordine perciò bisogna sempre osservare ogni volta e memorizzare se si vedono situazioni particolari da usare in futuro. Coccinella septempunctata. Nikon D600, focale 200mm. Qual è la foto, o il portfolio, il progetto fotografico da te realizzato a cui sei più affezionato? Sicuramente la galleria sul mio sito dedicata agli insetti in volo e la galleria dedicata alla Fauna Europea in generale (anche se questo è un progetto veramente troppo ambizioso e impossibile da seguire costantemente ma cerco di aggiornarlo sempre piano piano) A chi interessa è una galleria divisa seguita gli schemi sistematici internazionali e contiene dai piccoli insetti ai grandi mammiferi. Galleries by carlogalliani Best of insects in flight by carlogalliani Fauna Europaea - 39 galleries by carlogalliani E in futuro? Sicuramente continuerò a cooperare con un paio di organizzazioni con le quali negli ultimi anni ho collaborato per testare i capanni da aprire poi al pubblico. In questi capanni ho potuto osservare scene di vita animale che mai avrei pensato di poter vedere figuriamoci di fotografare in caccia vagante. Sciacallo. Garzetta. Il sogno più grande sarebbe riuscire a fare un libro sul volo degli insetti, un’impresa molto difficile se non impossibile, perchè bisognerebbe prima trovare qualcuno che abbia studiato scientificamente il volo degli insetti per il testo e abbinarci le mie foto corredate di spiegazioni tecniche fotografiche e naturalistiche e poi, dulcis in fundo, trovare un pazzo editore che lo pubblichi 😊. Silvio Renesto per Nikonland. Nota: Tutte le foto sono (c) di Carlo Galliani.
  24. Visto che siamo qui per giocare... Ho recuperato il caro vecchio 200mm f4 Ai, per provare come va sulla Z6. Di questo obiettivo, a cui sono particolarmente affezionato, ho già scritto QUI e per le specifiche rimando a quell'articolo. Sulla Z6 sta magnificamente, compatto e bilanciato per niente sgraziato, anche con l'adattatore. Non ho avuto molto tempo di fotografare per strada, lo farò più avanti. Comunque il focus peaking è di aiuto, ovviamente su soggetti statici, meglio se con qualche contrasto. Io ho cominciato a fotografare un poco prima della comparsa dell'autofocus, per cui non è un trauma per me, devo però rifare un po' la mano. La resa sulla Z6, è in una parola, onesta, non è un obiettivo Z, non è ED, non è inciso come un rasoio, ma è nitido quanto basta per la maggior parte delle occasioni, specialmente chiudendo ad f8, non ci sono evidenti aberrazioni cromatiche, insomma, tenendo conto dell'età, non c'è da lamentarsi. E poi, è soprattutto un gioco. Non ho ben capito se l'IBIS funziona o no, anche perchè con l'adattatore, anche selezionando obiettivo senza CPU, la Z6 non da' segno di riconoscere diaframmi, ossia ho un bel F-- nel display. Forse ho sbagliato qualcosa io, però l'esposizione è corretta. IBIS o meno, quando hai il tempo di focheggiare con calma e non hai vibrazioni, direi che i risultati sono piacevoli sia come nitidezza che come morbidezza di transizione fra le parti a fuoco e lo sfuocato. Vincent è molto inciso. Cliccare sul crop sotto per aprirlo. Soprattutto però volevo giocare con le lenti addizionali. Le mie lenti addizionali (sempre e solo acromatiche a due elementi!) hanno diametro 58mm, 55mm e 52mm, mentre con la D500 sul 70-300 P non c'erano grossi problemi, con la Z6 TUTTE vignettano inesorabilmente, dato che il diametro dell'obiettivo è 67,mm a formato pieno si paga lo scotto. Vediamo come vanno allora con il 200mm f4 Ai ed il suo diametro da 52mm. Per avere qualità accettabile ho chiuso ad f8-f11 (a tutta apertura le lenti risultano sempre un po' morbide). Le mie lenti addizionali in ordine decrescente di potenza (da sinistra a destra), D. L. sta per distanza di lavoro massima ossia dalla lente stessa,con obiettivo focheggiato ad infinito, questo perchè, come ho spiegato più volte, focheggiando a distanze inferiori in genere la qualità cala. Ho preso un soggetto qualsiasi: Ho verificato il rapporto di ingrandimento ottenibile con le tre lenti e l'obiettivo focheggiato ad infinito. Con la SIGMA AML si raggiunge un rapporto di riproduzione di 1:3 Il fuoco è sulle scritte, il righello è spostato. Con la Marumi, si arriva a poco più di 1:2 (0.6) Con La Sigma Life Size Converter, si arriva circa ad 1:1 e con buoni risultati! La qualità dell'accoppiata 200mm più lenti? Di solito un obiettivo normale accoppiato ad una lente addizionale non ha la qualità di un buon macro ed anche qui non si sfugge. Ne scrivo ad esempio QUI , ma anche in altri articoli. Inoltre i macro mettono a fuoco da infinito alla minima distanza, con le lenti (o i tubi) si perde la continuità di messa a fuoco. Le lenti sono un utile accessorio all'occasione, ma tutto qui. In queste prove in due casi il risultato è abbastanza soddisfacente. La resa infatti varia con le diverse lenti. Paradossalmente la Sigma AML da 1,6 diottrie è risultata la più morbida, mentre sia la Marumi che la Sigma Life-Size Converter sono risultate più incise. Ho scritto paradossalmente perchè di solito le lenti più deboli sono quelle che ammorbidiscono meno. Evidentemente la Marumi è di migliore qualità della Sigma AML. La vera sorpresa però è la piccola, vecchissima Sigma Life-size Converter. Può darsi che essendo stata progettata come accessorio dedicato per raggiungere il rapporto di riproduzione 1:1 con il sigma 90mm macro, che arrivava ad 1:2, potrebbe godere di una maggiore correzione. Fossile ripreso con la Sigma Life-size Converter. Un rapporto di riproduzione da 1:1 a 18cm dalla lente frontale non è per niente male per un accrocchio (il 105 VR Micro ha una distanza di lavoro di 16cm). Mi sono anche cimentato in un focus stacking, non quello automatico, ovvio, ma all'antica, con la slitta di messa a fuoco. Sfruttando il focus peaking e scattando sfiorando lo schermo touch per non avere la pressione del dito sul pulsante. Unione di una decina di scatti (con la Marumi DHG 330). La mirrorless (non vale solo per la Z, ma per tutte) in queste cose ha un indubbio vantaggio, sia per il focus peaking che per la gestione della luce (qui ho usato un piccolo illuminatore a LED e un pannellino riflettente opposto). La rana è lunga 4 cm e larga circa 5cm. Basta giocare per oggi. Alla prossima.
  25. Silvio Renesto

    E anche il 2019...

    Se ne va. Fine d'anno,ora di bilanci? Ma sì, come ho fatto per il 2018, provo a ripensare come è stato quest'anno, fotograficamente parlando. Per me è un esercizio utile, magari anche per altri. Ripercorrendo le foto, mi rendo conto se qualcosa è cambiato, in meglio, in peggio, se è valsa la pena. E non mancano le sorprese che la memoria burlona mi aveva nascosto. E' una cosa che faccio per me, ma mi piace condividerla, come due chiacchiere di sera fra amici. Tagliamo corto! Come è stato il mio 2019 fotografico? Ripercorrendo le foto, beh, è stato meno peggio di quanto ricordassi. Quando ho cominciato a riguardare il materiale ero un po' negativo, mi pareva di aver fotografato molto meno che negli anni scorsi (ed è in parte vero) e di non aver fatto cose particolarmente interessanti. In questo, per fortuna, un po' mi sono sbagliato. Certo, le mie no sono avventure in ambienti estremi, nè reportage superlativi, in fondo sono un piccolo fotoamatore "normale",bil19.txt con le sue passioni e i suoi soggetti preferiti, per cui questo articolo non so quanto sarà interessante . Il tema principale anche quest'anno rimane la fotografia naturalistica, dove accanto alle "solite foto" che un po' mi hanno anche stancato, Ad esempio sono riuscito a fare qualcosa di nuovo. Le mie prime foto alla Civetta e al Tarabuso Nicchia nella nicchia, chi mi legge sa che sono un esperto ed un appassionato fotografo di libellule. Quest'anno sono entrato a far parte di un gruppo fotografico che si chiama "Libellule d'Italia" che mi ha rinvigorito l'entusiasmo per il soggetto, così non solo ne ho fotografate tante, esercitandoni con variazioni sul tema: Ma la grande soddisfazione è che dopo tanto, ma tanto, tempo ho fatto un altro bello scoop, e senza farmi 500km! Oxygastra curtisii è rara, oltre che molto bella, l'avevo fotografata (malissimo) più vent'anni fa, sul Ticino poi non l'avevo mai più vista fino a quest'estate! Anche questa non è male: Colpa anche del riscaldamento globale anche questa specie africana (Trithemis annulata) che fino a pochi anni fa non si trovava a nord della Toscana ora è al Parco Nord Milano. Il "progetto gatti" ha subito un leggero rallentamento, ma ha preso una piega interessante. Ho cercato di rendere le foto più espressive (esagero, espressioniste). Dei gatti dell'Isola dei Pescatori invece ho fatto un piccolo portfolio in tema vintage, per recuperare quell'atmosfera che si immagina in una vecchia isola di pescatori, appunto. Il paesaggio non è nei miei interessi fotografici, però in alcune situazioni la luce può essere tale da ispirare persino me. Ogni tanto mi son dimenticato di non esserne capace e mi son messo a fare street, perchè mi piace, non ci posso fare nulla. In fine d'anno è arrivata la Z6. Vincent è ottimista . Silvio Renesto.
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