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Viandante

Nikonlander
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  1. E la "Z9" postata da Mauro pochi giorni fa improvvisamente sembra molto più reale...😆 Per restare in tema invece vorrei sapere cosa potrebbe spingere un professionista che fa sport o wildlife a preferire una Olympus come questa piuttosto che un'equivalente FF CaNikon? "Solo" il fatto che la Olympus esiste già e tra poco sarà in commercio o c'è altro?
  2. Credo siano due considerazione estremamente sensate e sufficienti per motivare la scelta della D760. Ok, Nikon è sbarcata nel futuro ma, capperi, ci è sbarcata ieri...non mi pare sia il caso di troncare definitivamente la linea reflex così alla leggera, c'è sicuramente un bacino di utenti che ancora non vogliono/possono (per vari motivi più o meno validi e/o condivisibili) entrare nel futuro delle fotocamere. Per me Nikon ha fatto scelte apprezzabili e logiche in entrambi i segmenti, ML e Reflex e non è cosa da poco visto il recente passato pieno di appigli per varie critiche.
  3. Bellissimo intevento Massimo, complimenti! Al di là di una sana invidia per le tue fotografie e per le possibilità che hai per andare a cercarle in tutti questi posti, condivido ogni singola parola della parte riguardante il progetto, la visione, lo scopo della fotografia. Anche io sto iniziando a prenderne coscienza (finalmente!) e questo non può che elevare i propri risultati e portarli a livelli importanti, quantomeno per noi stessi. Questa frase in particolare mi piace e la condivido "la consapevolezza della necessità di ragionare la fotografia come costruzione", come costruzione di ciò che pensiamo, vediamo, sogniamo, desideriamo e che vogliamo rimanga impresso per sempre nella fotografia che scatteremo. Insomma, stai parlando di Fotografia con la F maiuscola, dici poco! Auguri per i tuoi propositi e per il nuovo anno. Andrea P.S. Nessuno immagino abbia mai chiesto a Michelangelo che scalpelli e martelli abbia usato per scolpire il David...ma lui ha sempre detto (e se non l'avesse detto poco importa sinceramente) che ciò che lui scolpisce esiste già nel marmo, bisogna solo tirarlo fuori. Ecco, la fotografia intesa in questo modo, l'immagine esiste già, nella tua mente, devi "solo" tirarla fuori...i mezzi sono lì per aiutarti in questo, punto.
  4. Io spero che questo ipotetico ma probabile 24-105 f4, appartenga della linea S e non a quella inferiore
  5. Un 24-105 f4 S con la qualità mostrata nei primi s, forse potrei dimenticare il 24-70 2,8 in favore di questo se non avesse dimensioni gigantesche. Un 35 f2,8 S di dimensioni paragonabili al Sony 35 2,8 Sonnar per A7, così da uscire davvero al limite dell'invisibile con una Z, con tutta la qualità possibile e con la focale che prediligo. Un 150 2,8 S macro per farci logicamente macro e, all'occorrenza quelle poche foto che avrei fatto con un 70-200 che non credo comprerò per la mia futura Z. Per il resto esiste già tutto ciò che potrei volere.
  6. Attualmente, almeno per come la vedo io e per come uso io la fotocamera, una D850 ha praticamente un solo punto a suo favore rispetto alla Z7...un'ergonomia talmente perfetta che oggettivamente la Z si sogna. Detto questo, messi sul piatto della bilancia i pregi della Z rispetto alla D850, il risultato è a favore del futuro e non di poco. Per chi necessita di un AF migliore invece le cose cambiano, come giustamente sottolineato nel suo articolo da Mauro, almeno per adesso perchè è normale ed ineluttabile che anche quello vedrà le ML prevalere ben presto ed allora il ragionamento Cit. " Le mie scelte sono già orientate. Zero investimenti per reflex, tutto rivolto al mirrorless ma solo a condizione che Nikon si lasci alle spalle il "piccolo è bello" e diventi anche in campo mirrorless il riferimento di mercato. " non può che essere condivisibile al 100%.
  7. Ahahahaha, questa confesso mi ha fatto quasi cadere dalla sedia 🤣 Mi fa piacere che ti ricordi di quello che ho postato e non posso che concordare sulla mancanza totale di persone nelle mie foto. E' stata una scelta ma confesso che è stato più per via di una certa mancanza di empatia verso il genere umano, piuttosto che per mancanza di interesse nel ritrarre certe situazioni. L'unica volta che ho fatto un "lavoro" che mettesse al suo centro delle persone è stato con il reportage sul porto giapponese che pubblicai nel vecchio blog su Nikonland 1.0 e, ammetto, che sono satto soddisfatto di quella scelta. In realtà non sono le persone ad infastidirmi in un genere come lo street, quanto il non trovare moltissimi esempi di quel genere che mi tocchino le corde giuste...Fan Ho lo fa meravigliosamente e mi vien voglia di uscire a provarci quando guardo i suoi lavori, e per me questo significa già che ha fatto centro. Dovrò studiare un bel po' di cose per poter provare a fare delle foto su quello stile ma non posso che concordare che le persone sono ciò che rende le sue foto davvero potenti. P.S. Per Gianni, al link che ho inserito a fine articolo (la sua homepage) se non erro c'è anche lo store sul quale acquistare i libri e anche foto originali (credo).
  8. Per fotografare oggi non mi serve niente, quello che ho è vecchio ma comunque ancora in grado di produrre ottime foto per gli usi che ne faccio. Se penso a ciò che vorrei dovrei rispondere che passerei volentieri alla Z6 + 24-70 2,8 (l'anno prossimo) ed un 35 e stop ma ci farei foto simili a quelle che potrei fare oggi, non è che il passaggio sarebbe obbligato per raggiunti limiti fisici della mia attrezzatura. In realtà la cosa che mi manca di più è cultura fotografica, sapere fotografico, per poter ambire a fare qualcosa di meglio di ciò che ho fatto e che ora mi va un po' stretto. Quindi, ricapitolando, più che nuova attrezzatura mi serve cultura e, conseguentemente, tornerà anche la voglia di fare foto.
  9. Esattamente quello che adoro di lui!
  10. Viandante

    Fan Ho

    Fan Ho Non sono certo un esperto di fotografia nè tantomeno di grandi fotografi, vorrei però nel mio piccolo contribuire con questo contenuto che riguarda uno dei fotografi che maggiormente ammiro, il cinese Fan Ho “Il Grande Maestro”. Questo artista nacque a Shangai nel 1931 da una famiglia decisamente ricca, cosa che gli permise di seguire con un certo distacco gli eventi sociali che movimentarono e sconvolsero la vita nella Hong Kong degli anni ’50, città nella quale si era nel frattempo trasferito all’età di 17 anni, e dedicarsi invece al lato artistico della fotografia. “Il cinema è il mio lavoro, la fotografia la mia passione” Infatti è stato un apprezzato regista cinematografico a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80, ma è dalla fotografia che ha ricevuto i maggiori riconoscimenti internazionali. Tra il 1958 ed il 1965 è stato nominato otto volte trai primi 10 fotografi al mondo dalla Photographic Society of America ed ha ricevuto oltre 280 premi nel corso degli anni. " Mi piaceva concentrare e semplificare il mondo in bianco e nero, era più simile alla mia natura. Potevo esprimere meglio e più libramente le mie emozioni, potevo tenerle sotto controllo, ed i risultati erano surreali e semi astratti. Mi piaceva quella distanza, non troppo vicino, non troppo lontano..." La sua fotografia racconta Hong Kong in un modo molto particolare, una città semideserta dove però l’accento si pone comunque sulla presenza umana ma in modo drammatico grazie ad un uso sapiente della luce e delle ombre. Oltre a questo, del suo modo di intendere la fotografia amo la cura nella composizione e la scelta dell’attimo da fermare. L’uso delle geometrie e delle forme è una parte molto importante nelle sue immagini ma, al contrario di ciò che potremmo immaginare, il risultato si traduce in fotografie molto meno formali e molto più evocative, capaci di raccontare in modo delicatamente umano la scena ripresa e di toccare il cuore di chi osserva. “Prima devi trovare la location ideale. Poi devi essere paziente ed attendere il soggetto giusto capace di suscitare il tuo interesse, anche semplicemente un gatto per esempio. Devi essere capace di cogliere l’attimo in cui lo spirito, l’essenza, l’anima del soggetto si rivelano. Se quell’attimo non arriva, devi aspettare la sensazione giusta. E’ un lavoro creativo, perche’ quella sensazione la devi avere dentro” Scattava le sue fotografie con una Rolleiflex e sovente usava ritagliare le foto per adattare la scena, ripresa in formato quadrato, a ciò che la sua mente aveva visto nel momento dello scatto senza farsi imprigionare dai limiti del rapporto trai lati. “Credo che la tecnica non sia troppo importante. È più importante usare i tuoi occhi, la mente e il cuore. La tecnica è qualche cosa che ognuno può fare. Se vuoi portare la tua fotografia ad un livello più elevato devi raccontare qualche cosa. Muovi qualche cosa. Dovete sentirlo quando fate fotografie e ciò vi porterà ad livello più alto. La fotografia deve essere inquietante e deve valer la pena di esser ricordata” Il Grande Maestro si è spento nel giugno del 2016 in un ospedale californiano a causa di una polmonite. Homepage del Maestro N: B. Tutte le foto qui pubblicate sono copyright dei rispettivi autori, qui riportate al solo scopo di illustrare l'arte di Fan Ho. Andrea
  11. Se dovessi avere un solo obiettivo userei questo (che poi è realmente ciò che uso da quando uscì). La realtà è che prego con il cuore che il 24-70 serie S sia davvero un ottica al top per poterlo finalmente sostituire (in vista dell'acquisto di una Z): Se dovessi però scegliere col cuore vorrei tanto quest'altro: Il fisso che però rappresenta la focale che amo di più in assoluto, senza se e senza ma è questo: Quindi si, un 24-70 e mi sento più tranquillo ma se fisso e solo dovesse essere, un 35mm è tutto ciò che chiedo su FF. Andrea
  12. L'ho già postata sul mio blog mesi fa ma la riposto volentieri perchè è indubbiamente la mia foto dell'anno, una foto che volevo fare da molto tempo, per cui non potevo che scegliere lei. Andrea
  13. Ecco, già così basta e avanza. Cioè, fare uno scatto che si ha in mente da tanto tempo è una soddisfazione così grande che tutto il resto passa in secondo o terzo piano. Per la foto, sì, composizione rivedibile ma appunto...o la va o la spacca! Per l'idea un bel bravo! Andrea
  14. Concordo pienamente, grazie per le foto
  15. Viandante

    2428 giorni

    Bel racconto, grazie...foto come sempre fantastiche. La mia preferita è la prima, si certo la seconda è "classicamente top", ma la prima mi da quella sensazione della fugacità del momento, della furtività con cui si muovono queste creature stupende, del momento in cui ti volti e vedi una macchia bruna passare rapida e scomparire. Grazie per la condivisione. Andrea
  16. 1. Assolutamente no! Siamo tutti, chi più chi meno, fotoAMATORI ed usiamo, chi più chi meno, Nikon. Arriva al mondo una novità così eclatante da parte sua e non siamo entusiasti? 2. Se fosse non esisterebbe più Nikonland come credo invece che esista. 3. Si certo, la competenza, esperienza di chi scrive su questo sito mi influenzeranno sempre. 4. Ancora no ma non per "colpa" di chi ha scritto, quanto perchè ancora non è il momento per me. 5. No 6. In parte visto che ho detto che sono parzialmente influenzato da quanto leggo quà. Avanti così grazie
  17. E questo ci fa piacere. Restando un attimo OT, ma con un attacco così grande è fisicamente possibile creare ottiche di piccole dimensioni? Penso per esempio al Sony 35 f2,8 ZA che trovo perfetto per quel tipo di corpi (e per i miei gusti fotografici of course). Grazie
  18. Ho votato, sono indeciso. E' un periodo di calma piatta nell'interesse che ho per le foto per cui di certo attenderò ancora. Prima di passare alla Z6 vorrei vedere qualche ulteriore ottica, specialmente di Sigma che starebbe lavorandoci mi par di aver capito. Comunque, fino alle due Z ero interessato alle ML per il mio futuro e, mancando concorrenti in FF, le Sony A7III erano ciò a cui ambivo. Devo dire che la Z6 mi ha fatto passare totalmente la voglia di Sony. L'AF non fulmineo, o carente in riprese di soggetti in rapido movimento, il tracking sull'occhio meno performante del sistema Sony, per me sono problemi davvero di pochissimo conto facendo quasi esclusivamente foto macro, paesaggio urbano e non con presenza umana ridotta ai minimi termini. Quindi, tirando le somme, non so quando ma so che sarà ancora Nikon e ne sono MOLTO felice!!! 😍
  19. Grazie del passaggio, beh i castelli europei sono completamente diversi, direi che non sono paragonabili minimamente. Per esempio all'interno dei castelli giapponesi non c'è praticamente niente, non so se hai visto le foto dell'interno del castello di Matsumoto sempre nel mio blog, in quelli europei ci sono saloni in pietra stupendi ecc. ecc.
  20. Ciao Alberto, grazie del passaggio e commento. Grazie per aver avuto la pazienza di leggere il papiro ad inizio reportage, se ti va di vedere anche gli altri castelli che ho fotografato potrai evitare l'introduzione avendola già letta adesso. Ho visitato vari castelli negli anni passati ma erano visite poco approfondite poiché, se è vero che mi sono sempre piaciuti, è da poco che ho iniziato a volerne conoscere la storia e le particolarità osservandoli con occhi più attenti. Oltre ai tre che ho già presentato e che trovi nel mio blog (il prossimo sarà quello che conosci bene, Kanazawa), ho visitato i castelli di Himeji, Osaka, Aizu, Kumamoto, Hakone, Hirosaki. Purtroppo non ho foto decenti di quei posti per poterne trarre un minimo di reportage...comunque ho intenzione di tornare, per dedicargli il tempo che meritano, almeno a Himieji, Osaka, Kumamoto, Aizu. L'idea è poi quella di visitare molti altri castelli ed i prossimi dovrebbero essere alcuni edificati nell'isola di Shikoku, come Matsuyama, Imabari, Otsu e, vista la relativa vicinanza, forse riuscirò a tornare a Himeji. Ciao, Andrea
  21. La statua del Daimyo Li Naomasa ci accompagna alla partenza da Hikone e possiamo solo immaginare la spaventosa figura che doveva apparire ai suoi nemici indossando un'armatura rossa con lunghe corna dorate.
  22. La particolarità del Tenshu di Hikone-jo, ed uno dei motivi che lo rendono così unico ed apprezzato, è che racchiude svariati stili costruttivi ben visibili nei tetti, ora singoli ed a punta, ora doppi, ora ondulati e così via. Anche le finestre sono piacevolmente decorate e con forme elaborate ed eleganti. Tutto questo contribuisce a rendere questo Tenshu davvero elegante e splendido. Particolare della facciata rivolta a sud est, si può apprezzare l'intreccio di stili che rende unico questo castello. Girando dietro al Tenshu, ed incamminandoci lungo la strada che riporta ai piedi della collina, si attraversa un bel giardino ombreggiato da decine di ciliegi e si passa accanto ad una bella Yagura chiamata Nishinomaru Sanjyu Yagura. La torre a tre piani al centro (Sanju Yagura appunto), connessa con due torri ad un piano sui lati, domina e controlla l'angolo a nord ovest, quello dal quale si può osservare il lago Biwa. Il lato interno della struttura non presenta finestre o aperture (ad eccezione di quelle all'ultimo piano) ma risulta ugualmente molto elegante e sobrio. Questo è l'aspetto della Yagura visto dall'esterno della cinta muraria. Una volta arrivati alla fine della strada si entra nello splendido giardino chiamato Genkyu-en, fatto costruire da Naooki (quarto Daimyo del castello) in sette anni a partire dal 1677. Passeggiando nel verde o oltrepassando uno dei nove ponticelli che collegano le varie isolette nel laghetto principale, si può ammirare il Tenshu di Hikone-jo che, da quattrocento anni, veglia sulla città ed i suoi abitanti. Grazie per la visita, Andrea
  23. Con il passare del tempo, molto tempo, è mia intenzione postare foto dei vari castelli che ho visitato e visiterò in futuro. Per rendere il tutto più fruibile creerò via via un album per ogni castello nel quale ripeterò l'introduzione ed aggiungerò le foto così da dare la possibilità di vedere le immagini anche di un solo castello piuttosto che di tutti. In ogni album inserirò, oltre alle classiche immagini cartolina, anche fotografie di dettagli e particolari che magari sono peculiari di un determinato luogo. Questo che presento è Hikone-jo (il kanji che si legge jo accanto al nome di un castello significa appunto...castello), piccolo ma delizioso castello che sorge sulla riva ovest dell'immenso lago Biwa nel centro di Honshu, nella prefettura di Shiga tra le prefetture di Kyoto e Nagoya. __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Shiro Vi fu un tempo in Giappone durante il quale la pace era soltanto un'utopia, un'epoca di guerre e di violenza, secoli di lotte per il predominio di uomini su altri uomini. Così come nel medioevo europeo, anche in quello giapponese potenti signori feudali muovevano guerra l'uno verso l'altro in una spirale apparentemente infinita. Nonostante tutto questo il medioevo giapponese, proprio come il nostro, ha lasciato un'eredità romantica fatta di storie di coraggio e determinazione, popolata da nobili guerrieri samurai, dai loro signori con le loro corti ospitate in splendidi palazzi protetti da meravigliosi ed imponenti castelli. In Giappone si trovano tracce delle prime fortificazioni fin dal III° Sec. A.C. ma possiamo dire che i castelli giapponesi, per come li conosciamo oggi, vennero eretti a partire dalla metà circa del 1400 fino a fine 1600 (periodi Sengoku e Azuchi-Momoyama). In questi anni il Giappone vide il proliferare delle lotte interne tra daimyo (signori feudali) fino a che due di loro, Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi, inziarono un lento processo di unificazione del paese che culminò con l'ascesa al potere del famoso shogun Tokugawa Ieyasu ed il trasferimento della capitale del Giappone ad Edo, l'odierna Tokyo. Con l'unificazione del Giappone finalmente iniziò un lungo periodo di pace durante il quale i castelli persero la loro funzione e divennero solamente imponenti strutture dispendiose da mantenere. Inoltre Ieyasu emanò una legge che proibiva ai vari daimyo di possedere più di un castello, per garantirsi che i suoi sudditi non costituissero una minaccia troppo grande, e moltissimi castelli furono così demoliti. Molti altri caddero in rovina poiché erano stati abbandonati ed altri ancora furono smontati per poterne rivendere i materiali con i quali erano stati edificati. Fu così che dei circa settemila castelli che si stima esistessero in quel periodo, ne sopravvissero poche decine. In seguito a causa di varie calamità naturali, come gli incendi, o a causa delle successive guerre, per ultima la Seconda Guerra Mondiale, la maggioranza dei castelli superstiti fu parzialmente o completamente distrutta e soltanto negli ultimi decenni ne sono stati ricostruiti svariati, utilizzando tecniche antiche ma con materiali a volte del tutto moderni come il calcestruzzo. Ad oggi sono solamente dodici i castelli che sono giunti a noi con la loro struttura originale e, di questi, solo quattro sono considerati Tesoro Nazionale (Himeji, Hikone, Matsumoto, Inuyama) ed uno di essi addirittura Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO (Himeji). Dopo secoli di declino e oblio, negli ultimi anni i castelli giapponesi hanno riconquistato un posto speciale nel cuore del popolo ed hanno anche acquistato un sempre crescente numero di fan provenienti da ogni parte del mondo. Molti castelli sono divenuti mete turistiche molto apprezzate, la maggioranza sono presi d'assalto questa volta non da eserciti di soldati bensì da moltitudini di turisti, specialmente durante il periodo della fioritura dei ciliegi che, a migliaia, adornano le mura ed i parchi intorno al corpo centrale dei castelli. Parte di questo successo è dovuto al fatto che "I castelli giapponesi non sono affatto quei tremendi bastioni di granito che si è soliti associare all’Europa. I castelli giapponesi hanno un aspetto delicato, sembrano torte nuziali decorative in cima agli alberi" (Cit.Will Ferguson, Autostop con Buddha). Si, è assolutamente vero, i castelli giapponesi sono estremamente eleganti, affascinanti, semplicemente bellissimi. Uniamo questo al fatto che molte volte sono circondati da un ampio territorio trasformato in parco o a volte sono adiacenti a degli splendidi giardini come i famosissimi Kenroku-en, Koraku-en, Koko-en ed altri, ed è facile capire il perché di questo successo. Ma veniamo al titolo che ho scelto per parlare di castelli giapponesi, Shiro. Shiro significa bianco ed è per questo che i castelli in Giappone sono chiamati così, a causa del candore affascinante delle mura della maggior parte di essi. Uno degli aspetti che mi affascinano dei castelli giapponesi è che sono strutture militari costruite secondo precisi progetti frutto di studi su attacco e difesa, su tecniche di guerra e presidio del territorio, al contempo sono così eleganti, piacevoli, imponenti certo ma con grazia infinita. Oggi possiamo sederci ad ammirarne l'eleganza e la potenza evocativa che richiama un passato glorioso e ricco di tradizioni, un tempo perduto che vive nella memoria di ogni giapponese che ha nel castello un grandioso testimone. Quando visitiamo un castello giapponese la prima cosa che salta agli occhi è che non sembra di camminare all'interno di una struttura militare, piuttosto sembra di visitare un giardino su più livelli con strutture create per godersi il panorama circostante. Bastioni di pietra dai quali affacciarsi, fossati con limpide acque nelle quali talvolta ammirare il riflesso delle torri o scorgere una carpa o un candido cigno, panchine all'ombra di splendidi ciliegi o aceri che sapranno regalare, ciascuno a suo tempo, una tavolozza di colori degna compagna del profilo dei tetti, un mare di petali e foglie del quale rimanere meravigliati vedendoci nuotare gli Shachihoko, le mitologiche carpe che adornano gli angoli delle torri più alte. Ma erano e rimangono strutture militari e trovo altresì molto interessante vedere come il passare del tempo abbia influito sulle competenze degli ingegneri che hanno costruito castelli sempre più evoluti, con fortificazioni sempre più efficaci e complesse per far fronte al contemporaneo sviluppo delle armi. Parlando dei castelli classici che conosciamo oggi possiamo trovarne esempi relativamente semplici costituiti da una o più cinte murarie, sormontate da torri e separate da vari cancelli, che proteggono un maschio (chiamato tenshukaku o tenshu) isolato come a Hikone, fino ad arrivare ad imponentissime fortezze costituite da un tenshu di dimensioni molto maggiori, collegato direttamente ad altre torri secondarie attraverso mura sormontate da corridoi coperti, intricatissimi percorsi che attraversano anche vari fossati inondati di acqua, come a Himeji. Percorsi studiati accuratamente per intralciare eventuali eserciti nemici, letteralmente decine di porte da oltrepassare, il tutto affiancato da mura irte di torri dotate di feritoie e caditoie dalle quali poter facilmente colpire i nemici con armi come archi o armi da fuoco. Visitando un castello giapponese è impossibile rimanere insensibili al fascino delle caratteristiche mura in pietra. Sono uno dei loro tratti distintivi, la presenza costante di mura non verticali ma più o meno inclinate, di altezza estremamente variabile. Si chiamano Ishigaki (gaki significa recinto e ishi pietre) e costituiscono sia le mura esterne che danno forma ai fossati, allagati o meno, sia le mura che creano corridoi e cortili interni, sia le possenti mura che sostengono i vari terrapieni o costituiscono le fondamenta di tenshu e torri secondarie. Sono generalmente le uniche parti in pietra costituenti queste fortezze, e tra le pochissime costruzioni in pietra dell'antico Giappone, infatti tutto il resto è fatto di legno. Ci sono comunque vari stili costruttivi, con nomi diversi, in base all'inclinazione ed al modo di lavorare ed incastrare le pietre. Le fortificazioni più antiche non disponevano di ishigaki, infatti non erano necessarie difese così massicce e stabili, a partire però dall'era Sengoku si iniziarono a costruire questo tipo di mura poiché la guerra era ormai divenuta una costante quotidiana. I primi esempi ci mostrano uno stile costruttivo che si basava sul reperire pietre in loco ed ammassarle l'una sull'altra con maestria e viene chiamato stile nozurazumi. Successivamente l'arte degli scalpellini e degli ishiku (i muratori specializzati in questo tipo di costruzioni) si affinó e le pietre furono via via lavorate sempre più precisamente ed incastrate con sempre maggior maestria permettendo di creare superfici lisce, grazie alle quali offrire pochi appigli ad eventuali nemici, ed innalzare mura sempre più alte e maestose come per esempio a Himeji, Osaka, Kumamoto e questo stile invece si chiama uchikomihagi. Ad un certo punto gli ishigaki assunsero un ulteriore funzione, quella di status symbol che mostrava in modo chiaro la potenza anche economica del daimyo di un castello. Infatti le fortezze divennero sempre più imponenti e richiedevano una quantità di materiali da costruzione davvero mastodontica, basti pensare che gli ishigaki del castello di Osaka contano oltre mezzo milione di pietre. Ammassare, lavorare ed impilare quantità così enormi di materiale non era certo un affare di poco conto e lo sforzo economico era davvero notevole. Poi si sviluppò un'ulteriore tradizione che voleva che i vari vassalli estraessero, scolpissero e consegnassero pietre sempre più grandi al loro signore come omaggio. In realtà era un modo per il daimyo di tenere sotto controllo le finanze dei suoi sudditi con questo tipo di richieste sempre più esose, impedire che costruissero fortezze per proprio conto ed infine reperire materiale a basso costo per loro stessi ed i loro castelli. Comunque questo fece si che in vari castelli, Osaka ne è il miglior esempio, si trovino ishigaki che inglobano pietre davvero colossali che arrivano a pesare decine di tonnellate e misurare metri e metri in larghezza ed altezza come la famosa Tako-ishi che pesa 108 tonnellate e misura oltre 59 metri quadri di superficie complessiva. Se gli Ishigaki, segnati da tempo e guerre, sono sopravvissuti fino ad oggi, lo stesso purtroppo non si può dire delle innumerevoli torri, chiamate Yagura, che vi erano ospitate e che, per mille motivi, sono andate perdute. Le funzioni di queste Yagura erano estremamente varie ed anche le strutture erano diverse per dimensioni e forme. Da quelle più semplici ad un piano (hira yagura), a quelle più comuni a due piani (niju yagura) fino a quelle più imponenti a tre piani (sanju yagura) che sono assimilabili ad un tenshu in miniatura e sono presenti solitamente soltanto nei castelli più grandi come Himeji. In effetti però in alcuni castelli dove il tenshu non fu mai costruito (Kanazawa per esempio), le yagura a tre piani svolgevano il ruolo di tenshu e prendevano il nome di gosankai yagura (nobili torri a tre piani) poiché era lì che risiedeva il daimyo durante i periodi di guerra. Potevano poi essere semplici magazzini per il cibo o per le armi ed avevano nomi diversi in base a ciò che vi si stivava, per esempio nelle shio yagura vi si conservava il sale (shio, sale), nelle yoroi yagura le armature (yoroi, armatura) e così via. Vi erano yagura che fungevano da alloggi per le truppe, torri per la protezione dei pozzi, potevano ospitare il grande tamburo che scandiva le ore o dava segnali in guerra (chiamato taiko e quindi la torre taiko yagura), postazioni di avvistamento e tantissime altre ancora. Tuttavia tra tutte queste tipologie di yagura, quella che mi affascina di più è certamente la rara torre per l'osservazione della luna, tsukimi yagura (tsuki significa luna e mi è il verbo miru, vedere). Sono torri nelle quali il daimyo si poteva ritirare, o intrattenere i suoi ospiti, ed osservare la luna. Sono facilmente riconoscibili perché normalmente non possiedono strutture difensive, sono costituite internamente da un singolo ambiente arioso e più lussuoso del resto del castello e possiedono pareti scorrevoli e rimovibili dalle quali vedere la luna. Per esempio nel caso della tsukimi yagura del castello di Matsumoto, si trovano tre pareti rimovibili (nord-est-sud) e un elegante corrimano esterno dipinto di rosso. Questa particolare torre fu costruita successivamente al castello, durante il periodo di pace seguito al regno di Ieyasu, e per questo non necessitava di sistemi difensivi. Per finire ci sono yagura che prendono il nome semplicemente in base alla loro posizione rispetto all'asse nord sud con nomi presi dal calendario giapponese e dai segni zodiacali. Dopo aver parlato però di mura e torri non è possibile concludere senza menzionare l’elemento più affascinante e caratteristico di un castello giapponese, quello che lo rappresenta maggiormente e che è la vera icona che il mondo si raffigura quando pensa a queste fortezze, il tenshu. Diciamo che il tenshu come lo conosciamo oggi prende vita con il castello di Azuchi, fatto erigere da Oda Nobunaga a fine 1500. Il primo stile con il quale vennero costruiti i tenshu si chiamava borogata ed era costituito da una torre di tre piani sopra la quale veniva aggiunto un edificio a due, come nel castello di Inuyama. Dopo il 1600 invece lo stile si affinò ed il tenshu fu così costituito da un edificio i cui livelli si sovrappongono regolarmente diminuendo di ampiezza con l’aumentare dell’altezza, come nel castello di Nagoya, questo stile si chiama sotogata. A dispetto dell’eleganza, raffinatezza e splendore esterno, l’interno dei tenshu è generalmente molto sobrio e privo di fronzoli, essendo in realtà una fortezza dove rifugiarsi in caso di guerra e non una residenza per i periodi di pace. Anche l’altezza dei tenshu varia da castello a castello e non solamente per mere questioni di potenza economica ma anche in funzione del luogo dove sorge l’edifico. Un castello che sorge in montagna o su una collina probabilmente non necessita di un tenshu molto alto per poter avvistare i nemici, per esempio il castello di Hikone dispone di un tenshu di soli tre piani ma è situato su un’altura dalla quale domina pianura e lago adiacenti. Viceversa un castello di pianura avrà bisogno di innalzarsi molti metri al di sopra della città che generalmente sorge intorno alla fortezza, infatti per esempio il castello di Matsumoto dispone di un tenshu a sei piani ed addirittura il castello di Aizu ha il tenshu con il maggior numero di piani in Giappone, ben nove. Ad ogni modo, se è vero che il tenshu attrae inevitabilmente gli sguardi e le attenzioni della maggior parte dei visitatori me compreso, spero di essere riuscito a trasmettere un po’ di quell’emozione e voglia di scoprire che mi pervade ogni qual volta visito un castello giapponese ed esploro la sua struttura per intero. Andrea __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ P.S. Click sulle foto per una risoluzione migliore, grazie Precedenti articoli: Castello di Matsumoto Castello di Okayama Castello di Kanazawa __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ HIKONE La storia di questo castello ha inizio dopo la storica e famosa battaglia di Sekigahara, che ebbe luogo nella Provincia di Mino (l'odierna Prefettura di Gifu) il 21 ottobre del 1600. Come ricompensa per la partecipazione e l'appoggio datogli, il condottiero (futuro Shogun) Tokugawa Ieyasu offrì al generale Li Naomasa il castello di Sawayama e le terre circostanti. A causa della posizione e delle sue cattive condizioni, Naomasa progettò di costruire un nuovo castello al suo posto ma in un luogo più adatto lì vicino, nacque così Hikone-jo, su un'altura vicino alle rive del lago Biwa. La sua costruzione ebbe inizio nel 1603 e terminò nel 1622 ma fu Naotsugu, il figlio di Naomasa, a dare inizio ai lavori poichè il padre morì prematuramente. Nel 1615 divenne Daimyo il fratello di Naotsugu, Naotaka, che si occupò del completamento del castello. Hikone-jo è uno dei quattro castelli considerati Tesoro Nazionale ed è uno dei pochissimi ancora originali. Al nostro arrivo ci accoglie la maestosa Sawaguchi Tamon Yagura. Le Tamon Yagura sono queste particolari costruzioni che sormontano le mura (Ishigaki) e sono di fatto corridoi coperti dai quali difendere le mura. Il nome deriva probabilmente dal castello di Tamon dove furono utilizzate per la prima volta e, per dare un'idea di che spettacolo impressionante offrissero i castelli dell'epoca, basti pensare che, secondo i documenti di quel tempo, il castello di Osaka era circondato da una Tamon Yagura lunga ben 1.720 metri (oggi ne rimangono meno di 60 metri). La presenza di un largo fossato e di queste torri coperte erano ostacoli davvero difficili da oltrepassare per un eventuale assalitore. Oltrepassato il cancello ci troviamo di fronte ad un ulteriore fossato, attraversato da pochissimi e stretti ponti, al di là del quale si erge la collina boscosa sulla cui sommità svetta il Tenshu. Inerpicandoci su per una stradina in mezzo agli alberi veniamo sopraffatti dall'imponente e minacciosa Tenbin Yagura, uno strumento difensivo davvero impressionante. Prende il nome dalla sua peculiare ed unica forma, quella di una bilancia (Tenbin significa appunto bilancia) ed è uno dei simboli più famosi e riconoscibili di questo castello essendo unica. Chiunque avesse voluto conquistare il castello, avrebbe avuto un bel da fare arrivato in questo punto. La strada, volutamente contorta, obbliga a fare un giro largo (dando le spalle ai difensori) per poter arrivare di fronte al cancello della torre e cercare di capire come attraversare lo spazio di molti metri che separa i due lati del fossato. Infatti il ponte chiamato Rokabashi era progettato per essere facilmente abbattuto in caso di necessità, per far sì che il cancello rimanesse isolato a metri e metri di altezza dalla strada sottostante. Una volta arrivati di fronte alla Tenbin Yagura possiamo notare facilmente la differenza di stile costruttivo delle mura a destra e sinistra del cancello, rispettivamente Gobo-zumi e Otoshi-zumi. Si dice che questa torre provenisse dal cancello principale del castello di Nagahama, costruito originariamente da Toyotomi Hideyoshi. Visto il costo di queste costruzioni, era prassi comune sfruttare materiali provenienti da altri castelli se possibile. La salita non è ancora terminata, un'ulteriore rampa di accesso ci porta ai piedi della Taiko Yagura che, come ho spiegato nell'introduzione, ospitava il possente tamburo di guerra. Dovremo attraversare anche questo cancello per poter accedere finalmente alla sommità della collina e poter ammirare il Tenshu. La salita è stata faticosa ma lo spettacolo del maschio del castello di Hikone ci ripaga ampiamente dei nostri sforzi. A differenza di altri maestosi ed imponenti castelli (come Matsumoto, Himeji, Aizu e molti altri) questo Tenshu non è altissimo, soltanto tre livelli, dimensioni di poco superiori alle Yagura laterali del castello di Matsumoto per intenderci. La scelta di un Tenshu così basso è stata logica vista la posizione dominante sulla quale è stato edificato. La collina sovrasta la pianura circostante e domina il lago Biwa, offrendo una vista molto migliore di quella che potremmo godere dall'alto dei molti piani dei Tenshu di tanti castelli di pianura. Per motivi di spazio consentito per l'upload, continuo nei commenti sotto...
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