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Mostra il contenuto con la massima reputazione di 04/09/2017 in Blog Entries

  1. C'è un breve momento in cui tutto quello che c'è nella mente, nell'anima e nello spirito di una persona si riflette attraverso i suoi occhi, le mani, il suo atteggiamento. Questo è il momento di scattare. Guarda e pensa prima di aprire l'otturatore. Il cuore e la mente sono il vero obiettivo della fotocamera. In ogni uomo e donna é nascosto un segreto, come fotografo il mio compito é rivelarlo, se posso. Yousuf Karsh Yousuf Karsh suggerisce la postura delle mani a Papa Giovanni XXIII Yousuf Karsh è il più grande fotografo ritrattista del nostro tempo. La sua firma vale, con le dovute proporzioni dovute al differente mezzo, quella di Caravaggio o di Hayez o di Boldini per avvicinarci di più ai tempi nostri . Nel suo studio di Ottawa c'era la fila per farsi ritrarre. E lui poteva andare a ritrarre chi voleva. Nato in Armenia nel 1908, fuggito alle persecuzioni con la famiglia nella più tranquilla Aleppo, si ritrovò nel Quebec da uno zio che faceva il fotografo. Lo zio, viste le potenzialità di Yousuf, gli trovò un posto di apprendista presso un suo amico ritrattista di Boston. John Garo, che era anche un pittore, oltre che fotografo, lo iniziò alle tecniche di illuminazione in studio con la luce artificiale e lo introdusse nell'ambiente dei pittori. Una formazione che pose le basi di quella che sarà poi l'illuminazione drammatica di tanti ritratti del Karsh professionista. Fatti tre anni di apprendistato e frequentata anche la scuola d'arte serale, ritornò in Canada per aprire un suo studio nela capitale, Ottawa. La dedizione nel suo lavoro e la fortuna gli consentirono di introdursi negli ambienti governativi per fotografare i dignitari in visita nel suo Paese. La fortuna gli consentì di scattare il celeberrimo ritratto di Winston Churchill nel 1941 Yousuf Karsh : ritratto di Winston Churchill, Ottawa, 1941 uno scatto destinato a diventare un'icona del XX secolo e che gli valse la notorietà. Una foto importante (più tardi Karsh venne soprannominato "l'uomo che tolse il sigaro di bocca a Churchill") ma cui non si arriva certo per caso se guardiamo questa foto del 1936, che apparentemente sembra una istantanea ma che in realtà è un ritratto dell'epoca prebellica : il Presidente Roosevelt (con suo figlio) in visita nel Quebec a colloquio informale con il primo ministro canadese e il governatore generale del Quebec. Il modo più semplice per far sapere alla Corona Inglese cosa poteva pensare della situazione europea l''inquilino della Casa Bianca ? Per 67 anni ebbe la costanza di applicare il suo metodo al suo lavoro. Se deve alla fortuna la fama, questa si è certamente sviluppata solo per le sue capacità. Ogni suo ritratto è diverso dagli altri. Ma in tutti si riconosce la sua firma. E non c'è fotografo al mondo ancora oggi che, magari inconsciamente, non gli debba qualche cosa. Del resto, nei 67 anni di ininterrotta attività, Karsh annotò non meno di 15.278 sessioni fotografiche, lasciando qualche cosa come 150.000 lastre di grande formato scattate con il suo banco ottico, sviluppate personalmente e stampate a regola d'arte. Sono numeri impressionanti anche per il convulso mondo digitale odierno (una lastra in 20x28cm vale lo sforzo di centinaia di scatti in 35mm in digitale) che però non scalfiscono che la superficie di questo gigante della fotografia. Quale era il suo segreto ? Karsh osserva una lastra prima di caricarla in macchina. 1) mettere a proprio agio il soggetto Una persona sta meglio quando è comodamente seduta. Sembra banale ma permette già di raggiungere metà del risultato 2) conoscere il proprio soggetto Karsh si documentava sulla vita e le peculiarità di chi doveva fotografare. Ne arrivava a conoscere tanto i dettagli da poter poi guidare la conversazione su argomenti familiari che potessero alleviare la tensione di chi, non professionalmente, posa per un fotografo. Karsh a colazione con Albert Schweitzer per farlo si prendeva il tempo necessario, arrivando anche ad una relazione di familiarità con chi fotografava, quando possibile. basti vedere l'atteggiamento di confidenza con Ernest Hemingway. I due sono ripresi nella casa dello scrittore all'Havana, nel 1957. Certo non con tutti, ma volete dire che dal 1943 al 1984 i rapporti saranno rimasti freddi e distaccati ? Dall'espressione di Sua Maestà non si direbbe Sua Altezza Reale la Principessa Elisabeth Windsor nel 1943 Sua Altezza Reale la Regina Elisabetta II nel 1984 considerando che se uno scatto della Regina è diventato il francobollo standard di tutto l'Impero Britannico e che le fotografia ufficiali non posso che essere formali 1966, Londra, la Regina Elisabetta d'Inghilterra con il Principe Filippo di Edimburgo 1984 ma io noto nell'espressione la rilassetezza che si può provare solo davanti ad una persona di cui ci si fida anche in questo scatto con i figli dove anche il compassato Principe Carlo appare sorridente e rilassato Senza questa capacità di entrare in relazione e di cogliere l'attimo fuggente non si spiegherebbe altrimenti questa altra icona del XX secolo : il celeberrimo ritratto di Albert Einstein, del 1948 o questo, altrettanto fermo nella nostra memoria del già citato Hemingway a sinistra, Karsh in posa davanti alla sua camera, a destra mentre con un dito suggerisce la postura al soggetto inquadrato 3) essere pronto ad improvvisare traendo ispirazione dal soggetto e da quanto ti succede davanti lasci il soggetto libero di essere se stesso come in questo caso il cancelliere tedesco Willy Brandt oppure, se per esempio è un attore, gli dai uno spunto e poi lasci che sia lui ad interpretare il suo ruolo più congeniale con Alain Delon in studio magari lo lasci distrarre trafficando con le tue apparecchiature mentre gli parli e poi lo prendi sull'attimo, secondo come sei isprirato dal soggetto stesso. ancora Delon, stessa sessione Depardieu Woody Allen Bogart, 1948 Laurence Olivier Clark Gable, 1946 magari non gli dai il tempo giusto per sedersi, per vedere l'espressione che ha mentre si appoggia Alfred Hitchcock raggiungendo livelli di spontaneità diversamente inimmaginabili ... per un attore, come in questo splendido ritratto dell'altrettanto splendido Yul Brynner certo con gli attori é più facile come questo ispirato Gregory Peck che non aveva ancora conosciuto Moby Dick meglio ancora se hanno gli abiti di scena come lo straordinario Mosè interpretato da Charlton Heston un grande regista può anche essere molto ispirante è più complicato con persone differenti. Ma se poi ha un grand'uomo che è anche stato un attore, allora puoi lasciarlo recitare per te Ronnie Reagan, 1980 Karsh nel suo studio sistema le luci sul soggetto 4) la luce non è solo illuminazione appreso studiando pittura e seguendo il teatro, quanto sia importante la luce. Che non è solo illuminazione, nel senso di luce sufficiente a formare l'immagine sul materiale sensibile (sul sensore, oggi) ma il modo di esprimere, assecondare o sottolineare i tratti e i caratteri di un volto umano. Io ne vedo i risultati in particolare in questa carrellata di politici, ritratto stretto limitato al volto, di personaggi importanti, in grado di cambiare la storia e allo stesso tempo soli, nella solitudine di chi prende decisioni per gli altri. La luce svolge un ruolo fondamentale, così come la postura che la asseconda o la esalta (e viceversa) Ronnie Reagan e il suo antagonista Michail Gorbatchev Jimmy Carter Eisenhower. Qui Ike è scuro e duro come l'acciaio delle bombe e dei cannoni che hanno devastato la Germania dei suoi progenitori. JFK del quale vediamo una panoramica a 180° con le mani che svolgono il ruolo di smorzare la luce secca Karsh racconta di aver incontrato Reagan dopo che aveva discusso per due ore con il Segretario di Stato, pranzato con il Cancelliere Tedesco e ricevuto il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Stanco ma ancora in grado di raccontare barzellette ... Karsh ritratto ad una mostra di sue fotografie 5) la reputazione è importante per la riuscita di un ritratto sembra banale ma la reputazione del fotografo conta. Come e più del suo portfolio. Quando si ha a che fare con personaggi importanti, con una agenda piena, diffidenti o impegnati. Altrimenti non solo si fa fatica a farsi ricevere ma ci si trova di fronte un'istrice difficile da penetrare. Karsh racconta di essere riuscito a stento a far sedere Nelson Mandela, appena giunto dall'Africa all'Onu, stanco e teso per il viaggio e le preoccupazioni che solo dopo un pò di conversazione con un uomo di grande umanità come Karsh, riuscì a rilassarsi tanto da permettere questo istante di libertà dai pensieri sottolineato da una risata liberatoria e se sembra ansioso di mostrare la propria grinta Fidel Castro non lo è affatto il Crushev della scarpa sul tavolo figuriamoci l'impettito De Gaulle o quell'Harry Truman con ancora il gravoso fardello di essere stato l'unico Presidente della Storia ad autorizzare lo sgancio di due atomiche su civili inermi ... pensate che il Visconte di El Alamein (sic!) avrebbe permesso a qualunque fotografo di ritrarlo ? Guardate le mani (!) o Maggie Thatcher, impegnata nella sua guerra con il mondo ? Chiaramente non possono essere solo questi i segreti di Karsh. Sono le indicazioni che vengono dai tanti aforismi citati, dalla lunga carriera di una leggenda. Un uomo in fondo anche molto vanitoso che ha giustamente goduto in vita del suo successo. Ritirandosi solo nel 1998, alla tenera età di 90 anni suonati (morirà nel 2002). Gli altri restano nelle sue tante foto, nel garbo, nella grazia, nella forza di tanti scatti a persone della più diversa estrazione e livello. Personaggi famosi Dali Giovanni Paolo II Albert Einstein Jacques Cousteau Cassius Clay Andy Warhol Alfred Hitchcock Bernard Shaw Madre Teresa Picasso Di Picasso, Karsh racconta di essere andato a casa sua. E questi, visto il caos dei tanti figli che giocavano rincorrendosi per casa, suggerì di trovare un pò di pace nel suo studio. Ne venne fuori questa foto, un pò fuori dagli schemi anche per Karsh (l'ispirazione del momento) ma certamente a tema con lo stile del soggetto. Una frase di Karsh, poco politicamente corretta per lo stile di oggi che riporto in questa pagina dedicata alle attrici. Fotografare le belle donne è un peccato, perchè devi spegnere la luce solo quando se ne sono già andate via (per sviluppare le lastre, evidentemente) Audrey Hepburn ad inizio carriera Sophia Loren la giovane Liz Taylor appena arrivata in America l'incantevole Ingrid Bergman, anche essa appena giunta ad Hollywood ancora la Hepburn ai tempi di Sabrina Anna Magnani nei suoi anni hollywoodiani Karsh venne anche incaricato di immortalare l'evento rappresentato dalle nozze di Grace Kelly con Rainier di Monaco un soggetto tanto abbagliante quando ripreso bene come in questo scatto Anita Ekberg ai tempi della Dolce vita e Lauren Bacall emancipata dopo la morte di Bogart Ovviamente un fotografo di queste capacità, sebbene principalmente impegnato nel ritratto, poteva occuparsi di altro. Nel 1952 accettò un lavoro di approfondimento sulle condizioni del suo Paese di adozione - il Canada - nel periodo post-bellico. Riporto alcuni scatti altro non sono se non ritratti ambientati ma caratterizzati dall'opera, dal lavoro. Nei primi tempi di attività si dedicò anche al nudo in studio, di grande delicatezza Concludo con un mondo a me molto caro e che ai tempi di Karsh era l'epoca d'oro, i musicisti. Arthur Rubinstein il grande compositore finlandese Jean Sibelius Glenn Gould nel 1957, all'apice della carriera concertistica prima della decisione di dedicarsi esclusivamente alla sala d'incisione. Jasha Heifetz Jehudi Menuhin Potremmo continuare per giorni con le 150.000 lastre donate al museo da Karsh. Io trovo le sue immagini straordinarie anche se in un certo senso (in senso buono) confinate nel loro tempo. Palpitano di vita e di umanità, di garbo e di sensibilità. Sembra di vedere Karsh con i suoi grandi occhi indagatori che fissano i soggetti, invitandoli con infinita dolcezza a donarsi al suo otturatore, nell'atto di attendere il momento migliore per scattare. Sono tanti scrigni che racchiudono storie straordinarie. Alcune che restano nella nostra memoria al posto del nome del fotografo, ignoto ai più, altre che ci riportano ad un tempo di cui abbiamo smarrito il ricordo. Ho scelto di chiudere con due ritratti opposti ma legati dal vivo spirito di spontaneità, uno che guarda direttamente lui e non la camera il maestro Ansel Adams che nella vita non si è allontanato a più di 5 miglia dalla sua montagna che sorride bonariamente al maestro Yousuf Karsh che invece ha trasvolato l'Atlantico innumerevoli volte per immortalare i VIP di tutto il mondo. Due personaggi del tutto opposti, sebbene legati a stretto filo dalla loro arte e la grande tenerezza spontaneamente regalataci da Laurence Olivier nei confronti della moglie Vivien Leigh in uno degli oramai rari momenti di lucidità di questa, negli ultimi anni del loro matrimonio, entrambi incuranti della presenza del fotografo. Una foto impossibile per chiunque altro. Un altro segreto ? nessun segreto, se guardiamo questa foto, fatta a loro insaputa che li ritrae nella loro familiarità. Il fotografo e i suoi soggetti messi sullo stesso piano. Persone legate, non creature aliene ed estranee. ****************************************** Mi sono avvicinato con grande umiltà a questo articolo, pensandolo nell'ultimo anno. Sentendomi inadeguato a sondare un tale monumento di arte e umanità. Mi sono sentito alla fine in dovere di scriverlo perchè penso che non possa mancare su Nikonland, un tributo al più grande ritrattista del nostro tempo. Qualcuno che, con il cappello in mano e grande senso di inadeguatezza mi spingo a mettere vicino ai miei miti, Caravaggio, Velasquez e Vermeer, del tutto incapace di andare oltre nella mia modesta analisi dell'opera di un genio inarrivabile. Per chi volesse approfondire, segnalo, disponibile (ma non sempre) il libro : Karsh: A Biography in Images un libro biografico per immagini redatto dal curatore del Museum of Fine Arts di Boston che è scritto in modo tale che pare che Karsh vi racconti prima la sua vita e poi vi illustri egli stesso, per aneddoti, le sue foto più rappresentative. Un libro molto pregevole, secondo me. 200 pagine, 38 euro su Amazon. *** Il 21° secolo è l'era della superficialità. Non solo i personaggi pubblici non durano - c'è ancora la Regina Elisabetta che Karsh ha fotografato a 16 anni ma non ci sono altre donne di quella rilevanza, o sono morte oppure non sono ancora nate - mentre i fotografi famosi della nuova leva sono imbarazzanti sul piano culturale, vuoti sul piano morale e in quanto a sensibilità umana, mi verrebbe da voltarmi dall'altra parte. Ho letto una intervista ad un notissimo ritrattista di oggi (sui 40 anni scarsi, mica 70) che ... fa venire voglia di piangere. In quanto a Gandhi dubito sia mai entrato in uno studio fotografico. Ma ho trovato Indira Indira Gandhi di Yousuf Karsh e BB Avevo dimenticato ... Walt Disney con il suo sorriso contagioso e tra i musicisti Pablo Casals e Mstislav Rostropovich Karsh che osserva una delle sue innumerevoli lastre (autoritratto) Man Ray Marc Chagall Marcel Marceau e il mitico Rudy
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  2. Ronald (Ronnie) Gaubert è stato uno dei maestri della fotografia ravvicinata, responsabile della sezione macrofotografia di naturephotographers.net., ma eccelleva anche nella fotografia naturalistica in generale. I suoi lavori sulle paludi della Louisiana sono una sintesi di natura e poesia, che tutti gli appassionati di fotografia naturalistica dovrebbero conoscere. La sua simpatia faceva il resto. Grande è stato il dolore nel mondo della fotografia naturalistica per la sua scomparsa, nel 2011, a causa di una malattia che non perdona. Naturephotographers.net riporta un commosso ricordo QUI Come Galen Burrel è stato uno dei maestri ispiratori per la mia fotografia naturalistica in generale, Ronnie Gaubert lo è stato per la Macrofotografia. Ripropongo un tributo alla sua memoria, riportando l'intervista che gli avevo fatto poco prima che la malattia si manifestasse. La traduzione dall'inglese è mia (anche le note fra parentesi in corsivo nel testo sono mie), le foto sono opera e proprietà di Ronnie Gaubert da lui concesse per l'intervista stessa.Vuoi dire qualcosa di te come presentazione?Mi chiamo Ronald Gaubert, ma quasi tutti mi chiamano Ronnie. Sono nato il 3 Ottobre 1951 nella cittadina di Destrehan, in Louisiana (USA), che si trova sulle rive del Mississippi. Fin da ragazzino ho cominciato ad esplorare la grande varietà della natura lussureggiante delle paludi enelle foreste umide che crescono lungo il fiume. La mia passione per la fotografia ha avuto inizio quando avevo più o meno 17 anni, quando ho cominciato a fotografare in bianco e nero. Da lì ho proseguito con la pellicola a colori e le diapositive. Dopo aver sperimentato fotocamere di molte marche, mi sono finalmente fermato sul sistema Nikon verso il 1975. Ho acquistato la mia prima reflex digitale, una D100, nel Dicembre del 2002. L’ho usata per quasi quattro anni, finché non sono passato alla D200 nell’Agosto 2006. Sebbene io sia conosciuto soprattutto per la mia fotografia ravvicinata, mi piace moltissimo anche la fotografia agli uccelli e di paesaggio. Quando hai cominciato con la macrofotografia? Hai avuto qualche maestro, ti sei ispirato a qualcuno?Il mio interesse per la macrofotografia, o meglio per quella che io preferisco chiamare fotografia ravvicinata (closeup photography, è una definizione più corretta, nelle sue foto Ronnie non scende mai a rapporti di riproduzione troppo spinti) risale a quando ho cominciato a fotografare, nel 1968. Non posso dire che un fatto o una persona abbiano realmente ispirato il mio stile fotografico. Non sono mai stato uno a cui piaceva leggere libri, infatti non ho mai letto un libro di fotografia. Per chissà quale motivo, la fotografia era nel mio DNA. Mi ha preso da giovane e non mi ha mai lasciato. Mi diverto addirittura di più oggi di quando ero ragazzo.Tu sei stato uno dei primi ad usare lunghe focali per le macro.Oggi si vedono sempre più fotografi usare lunghe focali per la fotografia ravvicinata. Anche se possiedo in 55mm ed un 105mm macro, li uso raramente per le mie foto. Trovo nella maggior lunghezza focale del 300mm (è il 300mm f4 AFS, usato spesso con tubi di prolunga, il PN11, a volte il Kenko da 36mm) una superiore flessibilità per il mio lavoro. Capisco che non per tutti potrà andar bene, ma per il mio stile di fotografia è perfetto. Bruco dell'Azalea Non ho mai provato il desiderio di fare foto al rapporto 1:1. Preferisco largamente riprendere soggetti più grandi. Il mio stile si basa soprattutto sulla composizione e la luce ambiente, quando fotografi al rapporto 1:1 o superiore, si deve usare soprattutto il flash e la composizione non è più un fattore così importante. Non ho nulla contro la fotografia a quegli ingrandimenti, infatti mi piace, ma non è il mio interesse principale. Cosa cerchi nella macrofotografia, quali emozioni, sensazioni o conoscenze, vuoi trasmettere alla gente con le tue foto macro?Questa è una domanda difficile, perché non ci ho mai pensato molto in quanto io fotografo per suscitare in me stesso emozioni e sensazioni. Quando fotografo, i pensieri di chi guarderà la foto non passano mai per la mia mente. Però credo che chi guarda le mie immagini provi le stesse sensazioni che ho provato io. Sono molto convinto di condividere le emozioni della maggior parte dei macrofotografi per quel che riguarda soggetti, composizione e luce. Questo fa di noi ( macrofotografi) una categoria molto particolare di fotografi. Adulto ed exuvia di Cicala Con l'attrezzatura che preferisci non puoi riprendere dettagli minuti dei tuoi soggetti.Sì, col mio set non riesco a riprendere dettagli ad un rapporto di riproduzione superiore ad 1:3. Come ho detto prima, non mi interessa. Mi sento a mio agio con soggetti più grandi, ho più flessibilità per quel che riguarda luce e composizione.Fai molta postproduzione o applichi dei ritagli significativi?Non ritaglio molto. Col 300mm non ho motivo per non riempire il fotogramma con il soggetto. Per questo è il mio obiettivo preferito, in quanto non devo avvicinarmi troppo al soggetto per riempire il fotogramma. Posso tenermi a distanza di sicurezza per non disturbare i soggetti.La postproduzione varia molto da immagine ad immagine. Per rispondere alla domanda direi che faccio un minimo di postproduzione sulle mie foto. Percorro grandi distanze per ottenere le migliori immagini possibili direttamente sul campo. Sono pronto a non fare lo scatto se le condizioni non sono favorevoli. Blue dasher (Pachydiplax longipennis) nella posizione "dell'obelisco". Le tue foto sono così belle anche per la luce stupefacente che riesci a cogliere.Il mio motto (lett. le parole per cui vivo) è: “Conta meno il soggetto e di più la luce e la composizione”. Sono molto esigente nelle preferenze riguardo le condizioni di luce. Il momento della giornata che preferisco è dalle prime luci a circa mezz’ora dopo l’alba. E’ un breve intervallo di tempo che ti mette sotto pressione nella ricerca dei soggetti.Fotografo anche nel tardo pomeriggio, ma normalmente il vento diventa un grosso ostacolo in quelle ore.La luce del primo mattino produce una luce indiretta e diffusa che secondo me non ha rivali. La luce diretta delle ore diurne semplicemente produce troppe ombre dure e chiazze luminose.Uso raramente il flash. Le sole volte in cui uso il flash è come luce di schiarita e uso solo il flash incorporato nella mia D200.Non uso flash esterni nel mio lavoro. Io personalmente credo non ci sia nulla di simile alla luce ambiente naturale. Un’altra ragione per l’eccellenza dei tuoi scatti è quella che definirei un’eleganza unica nella composizione, un sottile equilibrio tra forme e colori. Questa capacità di “vedere”, può essere imparata in qualche modo?Sono fermamente convinto che ciascun fotografo debba sviluppare il suo stile personale che lo soddisfi. Puoi imparare dagli altri, ma non devi tentare di imitarne lo stile.Sono convinto che il talento per la composizione, l’abilità di vedere, siano un dono naturale. Possono essere insegnati fino ad un certo punto, ma è compito dell’allievo raffinare ulteriormente le proprie abilità. Il miglior consiglio che mi sento di dare è di sperimentare e usare un' attrezzatura e soggetti semplici. Non cercate di fare i sofisticati con l’attrezzatura e con i soggetti. Riuscire nella macrofotografia non è così facile come può sembrare. Niente è peggio che spendere un mucchio di soldi duramente guadagnati e scoprire che non è cosa per te. Api longicorne in riposo Quanto tempo impieghi nella ricerca dei soggetti?Bella domanda, vorrei avere una bella risposta! Varia ad ogni uscita, Certe mattine i soggetti sembra che ti saltino addosso, altre invece sembra che non ci sia nulla di vivo nei campi. Per ogni insetto che trovo, sono convinto che ce ne siano altri 100 che non vedo. Gli insetti possono essere molto elusivi, ma è così che li ha progettati la natura. Fotografando nella luce tenue del primo mattino, trovarli diventa ancora più difficile perché i loro colori non sono enfatizzati dalla luce brillante che c’è durante il resto del giorno. Ci vuole allenamento.La mattina presto gli insetti sono ancora immobilizzati dall’aria fredda e dall’umidità portate dalla notte, per questo motivo non si muovono molto. Nel resto della giornata sono più schivi perché spaventati dalla nostra presenza.Se trovo 5 soggetti diversi in una sessione, lo definisco un successo. Darner (Anax junius) Un consiglio per chi volesse avvicinarsi alla fotografia ravvicinata?Il mio consiglio migliore per la macrofotografia non si applica a chi supera i sessant’anni a meno che non si sia tenuto in forma. Strisciare nel sottobosco fitto in luce fioca non è una cosa facile.Mi sto avvicinando ai sessant’anni e sta diventando sempre più difficile alzarsi dal letto molte ore prima dell’alba e guidare fino al sito dove fotografare. Dovete sapere che la Louisiana ha un clima tropicale con 80 gradi Farenheit (un po’ più di 30 °C) e 100% di umidità. Si spera che il clima sia più adatto agli anziani da altre parti.Per rispondere seriamente, come ho detto prima, semplicità. Non cercate di fare i sofisticati con ogni sorta di flash riflettori, diffusori e via dicendo: fate una prova con la tecnica delle lunghe focali. I vantaggi delle lunghe focali sono:- il non doversi avvicinare al soggetto come con le focali più corte;- la possibilità di isolare meglio i soggetti, avendo un angolo di campo minore.Questo ti permette di sfocare meglio lo sfondo. Con un 300mm si includono solo pochi gradi di visuale dello sfondo. Con una focale più corta si includerebbe una visuale più ampia, con il rischio di inserire elementi di sfondo che distraggono.Mi sforzo sempre di mantenere lo sfondo delle mie immagini pulito, privo di elementi di distrazione Tu vuoi che gli occhi di chi guarda si concentrino sul soggetto e non vengano deviati verso lo sfondo.Alcuni link alle foto di Ronnie Gaubert: http://www.photoportfolios.net/portfolio/pf.cgi?a=up&ns=1&pi=RONNIE http://www.naturephotographers.net/imagecritique/ic.cgi?a=up&pi=RONNIEGAUBERT&ns=1 Non mancate di guardare anche le sue foto alla fauna (uccelli ed alligatori soprattutto) e ai panorami della Louisiana che sono un vero spettacolo.
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  3. Pur essendo una figura centrale nella storia della fotografia e specialmente nella fotografia di strada, è ancora poco conosciuto dal grande pubblico.Garry Winogrand rifiutava la definizione di fotografo di strada, preferiva definirsi uno studioso dell’America. E infatti si ispirò alla fotografia sociale di Walker Evans e Robert Frank, con uno sguardo però più vitale e gioioso.Nel corso della sua vita realizzò una cronaca quotidiana della vita metropolitana americana, specialmente a New York, città in cui è nato e vissuto a lungo (nacque nel Bronx), ma anche sulla West Coast. Richard Nixon Campaign Rally. New York, 1960. New York, 1962. Garry Winogrand fotografava “per vedere a cosa somigliavano le cose una volta fotografate”. Non fotografa a progetto, rifiutava l’intellettualizzazione del proprio lavoro. Fotografa la vita davanti a se con il suo stile unico, di cui bisogna prendere tutto: l’eleganza, la vitalità, l’assenza di volgarità, l’umorismo, così come le inquadrature sbilenche, parti di immagini sovraesposte o messe a fuoco imprecise. Park Avenue. New york, 1959. Los Angeles, 1980-1983. Houston, 1964. New York, 1962. “Quando fotografo vedo la vita. E’ questo quello con cui ho a che fare”. Il suo sguardo curioso sul mondo che lo circonda è sempre molto democratico, ironico a volte, ma mai cinico. New York, 1968. El Morocco. New York, 1955. Usava una Leica M3-M4, focali corte, tipicamente 28 e 35mm. Questo significa che si avvicinava molto ai suoi soggetti. Dei filmati lo ritraggono mentre passeggia frenetico per la strada, si ferma, si gira, si guarda intorno inquieto con una mimica buffissima, poi scatta a dei passanti a pochi cm da loro, sfoderando il suo disarmante sorriso. Non faceva proprio niente per nascondersi, anzi, senza che le persone fotografate si risentissero o protestassero. Qui una sua celebre foto: Central Park Zoo. New York, 1967. E il "backstage": «A volte mi sembra che il mondo intero sia un teatro per cui ho comprato il biglietto. Un grande spettacolo a me destinato»: New York's World Fair, 1964. E la sensazione nella foto qui sopra è che si godesse proprio lo spettacolo! Un'immagine così apparentemente banale e intrigante al tempo stesso.Per non parlare di questa, assolutamente cinematografica: Los Angeles, 1964. Stroncato nel 1984 di un tumore fulminante, lascia un archivio sterminato che continuerà a sfornare capolavori inediti ancora per molti anni. Democratic National Convention. Los Angeles, 1960. Winogrand scrisse a margine del suo libro del 1960 "Women are beautiful" :"Io non so se tutte le donne in queste fotografie sono belle, ma so che tutte le donne sono belle in fotografia" “I think that those kind of distinctions and lists of titles like “street photographer” are so stupid.” animali e umani senza distinzione, pari dignità sostanzialmente ingiusto classificarlo dentro la gabbia del "fotografo di street", una definizione che va decisamente stretta ad un curioso che voleva vedere a cosa somigliavano le cose una volta fotografate rifiutando progetti, concettualizzazioni e intellettualità.
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