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Rachmaninov : Etudes-Tableaux Op-39 - l'impresa impossibile


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L'uscita (9 febbraio 2024) del tanto anticipato minidisco dell'israeliano diciannovenne Yoav Levanon, mi ha dato l'estro per tentare una impresa impossibile.
Discorrere di alcune delle interpretazioni di cui siamo in possesso oggi di questa composizione raffinata e colta del quarantaquattrenne Rachmaninov.
Gli Etudes-Tableaux Op-39.

Ultima composizione russa, scritta a Mosca durante il periodo appena precedente la rivoluzione di ottobre e quindi la fuga attraverso il lago ghiacciato verso Finlandia e Svezia. E poi l'America per ricostruire la, una nuova vita.
La struttura è libera, il termine Etudes-Tableaux è originale di Rachmaninov, un tributo a Chopin.
Sono miniature, microcosmi separati tra loro, ognuno ispirato da qualche cosa che non conosciamo.
In una lettera, Sergei Vasilievic confidò al solo Respighi l'origine di cinque di queste composizioni che poté così orchestrarle con la tavolozza più articolata della grande orchestra.
Ma resta musica pensata per lo strumento d'elezione del russo, la cui arte nel 1917 non era seconda a nessuno al mondo.
La ricchezza ritmica, inventiva, emotiva, la varietà compositiva, il virtuosismo esecutivo e le necessità interpretative sono del massimo livello.
Non alla portata di ogni pianista.

Sebbene di questi e dei cugini dell'Op. 33 esistano moltissime incisioni.

Ci sono letture tempestose di Sviatoslav Richter, appassionate di Gilels, telluriche di Horowitz che però non mi risulta abbiano registrato l'integrale.
C'è il confanettone di Ogdon per la EMI che le contiene tutti (merita un ascolto a prescindere).
Yuja, al posto di altri "american project" dovrebbe fare il piacere di registrarli prima che sia tardi, perché il suo 39/1 del 2018 è notevolissimo.

E ne abbiamo altri, recenti e meno, di cui cercheremo di parlare qui, in questa pagina. Senza voler eleggere un vincitore ma limitandoci a cogliere qualche differenza, quando è possibile.

 

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3 Commenti


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  • Amministratori

A qualcuno interessa sapere quale è il mio preferito in assoluto ?

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il 39/5 di Sergei Babayan (che nello stesso disco aggiunge anche preziose letture del 39/1 e del 39/2.
Se ci fosse una sua integrale, non ho dubbi che sarebbe la mia prima scelta.
La sua tessitura è complessa, ricchissima, variegata, non sembra un pianista, sembra un miniaturista rinascimentale che lavora in tempo reale per creare multidimensionalmente, un edificio musicale che per noi resta confinato sul disco, quindi bidimensionale ma con l'impressione di solidità materiale.
Ogni dito ha una sua dinamica propria, separando del tutto il suono che emette da quello che emettono le altre dita.
Stupefacente.

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