Sergei Rachmaninov, concerti per pianoforte e orchestra n. 2 e n.3 : Janis/Dorati
Sergei Rachmaninov, concerti per pianoforte e orchestra n. 2 e n.3
preludi in do# op. 3/2 e mib op. 23/6
Byron Janis al pianoforte
Antal Dorati, direttore d'orchestra
LSO per il 3° concerto, Minneapolis SO per il 2°.
Registrazioni del 1960 (2°) e del 1961 (3°)
Mercury Records, 14 luglio 2023, formato 192/24
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Già disponibili da sessanta anni ovviamente, precedentemente pubblicati insieme in un singolo SACD, escono nuovamente i due più famosi concerti di Rachmaninov nella memorabile e meravigliosa interpretazione dell'americano Byron Janis con l'ungherese Antal Dorati alla testa di due compagini completamente differenti.
Byron Janis rappresenta l'anima della musica americana, fragile e muscolare allo stesso tempo. Umile e mite anche nella presenza, bambino prodigio, si formò con i mitici coniugi Levinhe e poi con Alfred Cortot. Horowitz, ascoltandolo, sedicenne, in concerto, lo volle come allievo per perfezionarlo.
Horowitz non accettava allievi, non aveva la vocazione. Mentre Janis probabilmente non aveva bisogno di un maestro tanto differente da lui ma sentiva di doverne approfittare.
La sua carriera, folgorante, é stata minata per quasi tutto il tempo da una forma di artrite, alleviata solo con un intervento chirurgico.
In America è una istituzione, è stato il pianista scelto per il primo scambio culturale con l'Unione Sovietica nel 1960 (Janis contro Richter, scusate se è poco), come Glenn Gould (nel 1957 ma in quota canadese).
Il suo pianismo è l'opposto di quello di oggi. I muscoli sono al servizio di una sensibilità naturale, che esprime con un tocco delicato.
Le ottave alla Horowitz ci sarebbero anche, a parte i dolori dell'artrite, ma senza esibizionismo.
Ne da prova in queste due memorabili interpretazione dove accordi granitici arrivano senza alcuno sciovinismo ma soprattutto con "satinata delicatezza".
Janis comincia con modestia, quasi sottotono e poi si impadronisce della scena grazie a Dorati che lo asseconda con eleganza d'altri tempi.
Tra le due orchestre, certamente meglio la magnifica LSO rispetto alla Minneapolis dove si ascoltano in certi momenti asprezze non intonate con la lettura voluta da pianista e direttore.
I nastri originali analogici contengono 3 tracce registrate con il celebre metodo Mercury. In questo riversamento non so come siano stati utilizzati ma posso testimoniare la totale scomparsa del sibilo e del fruscio originale (conosco questi dischi fin dai tempi del vinile : posso dire di essere cresciuto con loro).
La dinamica è stata allargata al massimo delle possibilità del supporto (sto ascoltando in cuffia, via connessione tutta bilanciata a livelli inusitati con le mie Hifiman Arya).
I tecnici hanno mantenuto l'impostazione originale possente ma senza eccessi. Il pianoforte è in primo piano ma non staccato dall'orchestra che suona nel suo pieno.
In conclusione, se non doveste conoscere questi due dischi vi invito a colmare questa lacuna al più presto.
Ci sono realmente poche interpretazioni in grado di competere a questo livello. E si tratta della lettura più distante che ci sia da certe prove tutte muscoli (e tette, almeno in un caso !) in tendenza nella nostra epoca.
Un salto negli sfolgoranti anni '60 che vale la pena di ripetere più spesso di questi tempi.
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