Non intendo parlare della dignità di una persona espressa in una fotografia. Il discorso diventa più etico e di rispetto nei confronti della persona.
Motivo per cui, al di là della cronaca - e per fare cronaca bisogna essere titolati a farlo, come lo sono i fotoreporter - non si dovrebbe mai riprendere una persona in un momento in cui la sua dignità, per qualsiasi motivo o accidente viene meno.
No, qui parlo della dignità che ogni fotografia deve avere e del rispetto che ogni fotografo deve alle sue fotografie.
Un discorso che sembrerà velleitario magari visto che il fotografo è padrone assoluto delle sue fotografie.
Io non la vedo così, o meglio, si in termini materiali ma non morali.
Il fotografo è un artista, un creatore. Lui solo crea le sue fotografie. Per questo un click non può essere casuale ma pensato, anche quando si scatta a raffica.
Per questo stesso motivo, il creatore non ha il diritto di abbandonare o disconoscere la sua creatura. Quella che ha, lui solo, fatto esistere.
Ho voluto usare il volto di Ingrid Bergman perchè per me rappresenta tutto questo. Dignità, eleganza, bellezza, elevato spirito nella sua consapevole fallacità di essere umano.
Ma anche perché Ingrid Bergman ha rappresentato l'apice della cinematografia al confine tra fermo immagine e immagine in movimento (lo sapete, per gli americani il cinema si chiama Motion Picture, che noi dovremmo tradurre con fotografia in movimento, movie è un sinonimo volgare mentre film richiama ancora più specificatamente alla pellicola. Perché il cinema fino a pochi anni fa era fatto della stessa materia delle fotografie. Essendo semplicemente una lunga teoria di fotogrammi impressionati con tecniche fotografiche, mosso velocemente e proiettato su uno schermo, esattamente come i positivi fotografici).
E quella cinematografia, cui io sono e sarà eternamente legato, era fatta da grandi fotografi - i direttori della fotografia, al servizio del regista - e da maestri dell'illuminazione teatrale che lavoravano insieme ai fotografi.
Durante le riprese venivano fatti scatti fotografici identici alle rulli delle scene stesse.
Oppure venivano montati set fotografici sul set cinematografico, per fare fotografie.
Fotografie che oggi rappresentano quell'epoca, quei film, quelle persone.
uno scatto dall'ultima scena di Casablanca, è un backstage con la macchina da presa in primo piano e l'artista che sovrintende la ripresa.
Gli attori sono la materia grezza, la luci da loro vita, la fotografia è l'attimo fuggente che un altro fotografo ha reso immortale.
Con una dignità e un rispetto che resistono immutati fino ad oggi.
questi sono due scatti presi con due ottiche diverse, illuminazione simile, ma quasi due persone diverse. Pura arte ai miei occhi.
Ancora da Casablanca
chi non ha visto il film non mi può capire. Ma spero che tra i presenti non ci siano fotografi che non restano affascinanti dalla forza di questo bianco e nero, di quelle luci, del senso dato al lavoro di tutti gli artisti impegnati.
Resi in questo attimo da un oscuro fotografo.
che ancora riprendo qui, in movimento, giusto per mostrare quanto quei fotogrammi non siano altro che fotografie di attimi fuggenti sulla stessa striscia di film.
come in questo, di una scena precedente.
Qui, Ingrid in una foto promozionale
e qui nella famosa scena di Notorious, dove è a letto inferma, mentre viene avvelenata lentamente perché riconosciuta come spia
la stessa persona, due scene diverse, fermate con la stessa forza, la stessa idea. Oggi come in quegli splendidi anni '40 che riviviamo ogni giorno in queste foto e in quei film.
Ancora da Notorious, due foto promozionali che richiamano la famosa scena della chiave. Qui il regista è esso stesso un fotografo straordinario come sappiamo bene ...
Non mi dilungo oltre, sperando di aver chiarito il punto che ripeto, all'americana.
Ogni fotografo è un creatore di arte. Lo fa fermando attimi con la sua fotocamera. Lo scatto deve essere un atto consapevole, non una casualità.
Concepire una immagine è creazione. Dà un potere enorme che spesso viene sottovalutato. Ha una importanza enorme che spesso viene trascurata.
Rende il creatore responsabile della sua creatura, qualunque sia lo scopo per cui l'ha creata e qualunque sia la destinazione.
Destinazione che non può essere banale o inconsapevole.
Mi auguro che nei commenti si crei un dibattito coerente e costruttivo su cui ribadire ulteriormente lo spirito di questo editoriale che, non lo nascondo, nasce dalla osservazione attenta, delle fotografie inserite nei nostri album dai nostri iscritti.
Che spero non si sentiranno criticati, piuttosto resi un pò più consapevoli di cosa hanno fatto quando hanno comperato la fotocamera che stanno usando e come meglio dovrebbero servirsene ...
Recommended Comments