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Enrico Floris

Nikonlander Veterano
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  1. Appena letto. Devo dire che la mattinata inizia bene, grazie Roby, come al solito interessantissimo.
  2. Ancora più semplice: la meddle class americana ancora esiste. A fare memoria, altro che quello potevo permettermi
  3. Bell'articolo. Interessanti i raffronti sull'autofocus (che poi, alla fine, è l'argomento che fa pendere l'ago della bilancia). Per il resto hai perfettamente ragione, il discorso è personale. Ma io sono sempre stato vittima dei colpi di fulmine (fotograficamente parlando). Che diamine, finirò per innamorarmi anche delle Nikon ML. Dal tunnel non si esce...
  4. Nel senso ha mangiato pane di sette forni chi conosce la vita E' una vecchia espressione popolare.
  5. Puoi dirlo forte. Anche le mezze dichiarazioni Nikon sui sensori da 100mp accoppiati a nuove lenti che riducono la diffrazione e il nuovo firmare di Fuji per la GFX che consente il crop 36x24 fanno pensare a una guerra in grande senza esclusione di colpi. Direi tanto di guadagnato per noi.
  6. Una dichiarazione di guerra perchè non ha la più pallida idea di cosa bolle in pentola. Sicuramente il mercato Sony è in crescita, ma segue le previsioni oppure sta al di sotto delle previsioni? Chi ieri voleva acquistare l'ultina A7, oggi sta aspettando la Photokina. E in casa Sony si inizia a rosicare. Se poi ci aggiungiamo la pugnalata di Fuji con lo stabilizzatore Ibis che attacca il punto di forza Sony, il filmato, possiamo dire che un minimo di apprensione è più che giustificato. Pagherebbero oro per avere anche una minima indicazione sulle intenzioni di Nikon. Ma, come si dice dalle mie parti, i nosti hanno mangiato pane di sette forni. Non si sbottonano da 100 anni
  7. Mauro, non è una novità. In Nikon sono sempre stati abbottonati e grandi maestri nel mettere in giro mezze frasi che significano tutto e niente. Non li conoscessimo...
  8. Beh, in certi casi è meglio arrivare nella location in largo anticipo, cercare la postazione che ritieni migliore, piazzare il treppiede e aspettare. Nel frattempo puoi fare altre foto e al momento giusto devi solo agganciare la fotocamera alla testa. Nel caso di un tramonto "ricercato" è quello che conviene fare.
  9. Poco ma lo uso, in certi casi non è possibile farne a meno. Il suo alloggiamento fisso è il bagagliaio dell'auto, quindi sempre a portata di mano quando decido che mi sarà utile. Quando devo fare molti chilometri a piedi però mi porto dietro un piccolo e vecchio Slick in fibra di vetro, non è molto stabile ma è sicuramente più trasportabile del 190.
  10. Herman Leonard - (C) Douglas Kirkland Per un appassionato di fotografia e di musica jazz come me è quasi un dovere parlare di Herman Leonard, classe 1923. Il suo percorso fotografico inizia quando ha appena 9 anni, appassionato dal lavoro del fratello in camera oscura, da ragazzo decide che frequenterà la Ohio University, l'unica allora in grado di garantire un corso di fotografia. Purtroppo i suoi studi vengono interrotti dalla seconda guerra mondiale: viene chiamato dall'esercito e inviato in Birmania come anestesista in un ospedale da campo. In realtà avrebbe preferito servire come fotografo di guerra ma questa opportunità gli viene negata solo per aver fallito un test sulla composizione chimica del bagno di sviluppo (capita anche questo). Dopo la guerra riesce a terminare gli studi e a conseguie la tanto agognata laurea. Immediatamente si trasferisce in Canada, alla corte del maestro Yousuf Karsh, il quale capisce subito che in quel giovane fotografo non ci sono solo entusiasmo e passione, c'è qualcosa in più, qualcosa che gli ricorda se stesso agli esordi. E il maestro non sbaglia, Herman Leonard è una spugna, impara in fretta e bene qualsiasi nozione, soprattutto la più importante: "Devi raccontare la verità, ma in termini di bellezza", la somma lezione di Yousuf Karsh che Leonard non dimenticherà mai. Ma tra le sue passioni non c'è solo la fotografia, c'è anche il jazz e nel 1948 decide di trasferirsi a New York e inizia a frequentare il Greenwich Village e i locali nei quali il jazz impazza, stringendo amicizie importanti con i più grandi jazzisti della storia e... fotografandoli, col suo stile inconfondibile, leggendo la loro anima complessa e tormentata attraverso l'obiettivo della sua fotocamera. Immagini che finiscono pubblicate sulle riviste specializzate e che il produttore discografico Norman Granz utilizza spesso per le copertine dei dischi. Dexter Gordon 1948 - (C) Herman Leonard Il viso di Ella Fitzgerald, segnato da una goccia di sudore che racconta della sua grande generosità sul palco - (C) Herman Leonard Duke Ellington . (C) Herman Leonard Nel 1956 Leonard accetta un incarico come fotografo personale di Marlon Brando, un impengno gravoso (ma proficuo sul piano professionale) che lo porta ad accompagnare l'attore in un lungo viaggio nell'Estremo Oriente. Al suo rientro, ad attenderlo, una nuova proposta di lavoro da parte di una casa di produzione discografica, la Barclay Records di Parigi. Un'occasione da non perdere considerato lo straordinario fermento nell'ambiente jazz della capitale francese. Herman Leonard vivrà a Parigi per ben 25 anni, alternando il suo "jazz project" (che ancora non ha visto la luce) con collaborazioni di grande rilievo: Yves St. Laurent, Christian Dior, Playboy. Clifford Brown 1954, allora astro nascente, trombettista di indiscutibile talento. Morirà due anni dopo, a soli 26 anni, in un incidente stradale - (C) Herman Leonard Il commovente e geniale ritratto di Lester Young. Il suo cappello, la custodia del suo sax. Poesia allo stato liquido. (C) Herman Leonard Louis Armstrong che sembra ringraziare la sua tromba, un nanosecondo di assoluta intimità - (C) Herman Leonard Nel 1980 si trasferisce a Ibiza con la sua famiglia ed è lì che riordina tutto il suo lavoro e riesce a dare forma solida alla sua antica passione per il jazz pubblicando il suo primo libro nel 1985: The Eye of Jazz, il comprendio di un trentennio straordinario che raccoglie i ritratti e le storie dei più grandi jazzisti dalla fine degli Anni 40 sino alla fine degli Anni Settanta: Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Charlie Parker, Thelonius Monk, John Coltrane, Miles Davis... le leggende, i loro volti, i loro tormenti. The Eye of Jazz è la storia di questa musica, oltre ogni nota, oltre ogni rigo. Nel 1988 la prima mostra a Londra, un vernissage in notturna in una piccola galleria di Notting Hill, con un'affluenza assolutamente imprevista, oltre diecimila persone la maggior parte delle quali non vedranno mai quelle immagini ma che testimoniano di quanta gente nel corso degli anni abbia apprezzato e amato il suo lavoro. Thelonius Monk sembra quasi accanirsi con lo spartito. L'uomo dall'orecchio assoluto, un privilegio che la natura ha riservato a pochi nella storia della musica - (C) Herman Leonard Chet Baker che sembra voler nascondere con la sua tromba un viso segnato dalla vita. - (C) Herman Leonard Miles Davis, immerso nella luce del suo genio - (C) Herman Leonard Nel 1992, dopo oltre trent'anni, Leonard torna negli Usa, a New Orleans, il posto dove il jazz è nato e continua a proliferare. Decide di stabilirsi definitivamente in quella città che ama profondamente. Purtroppo, come spesso accade, sarà il fato a segnare questa magnifica storia. E lo farà nel modo più brutale, nel 2005, sotto forma dell'uragano Kathrina. Pur riuscendo a salvare i negativi (spostati prontamente nel caveau protetto dell'Ogden Museum of Southern Art) il prezzo pagato fu di oltre ottomila stampe distrutte, tutte realizzate su carte ad alto tenore d'argento dallo stesso Leonard. Lo sguardo sognante di Stan Getz, il jazzista più delicato e romantico - (C) Herman Leonard Il visionario e innovativo Wynton Marsalis - (C) Herman Leonard Nel 2006 il definitivo trasferimento a Los Angeles, dove riorganizza il suo lavoro e rimette ordine nella sua vita dopo il disastro, pubblicando il suo ultimo libro, Jazz, giganti e viaggi: la fotografia di Herman Leonard. Morirà a Los Angeles il 14 agosto del 2010. Oggi le sue foto sono conservate nello scrigno della storia americana, lo Smithsonian Museum a Washington, nello stesso padiglione che ospita la tromba di Louis Armstrong, un riconoscimento dovuto, un passo obbligato che onora i curatori del più importante museo degli Stati Uniti. http://hermanleonard.com/ E' stato un grandissimo fotografo che ha portato avanti un progetto difficile e di grande impegno per tutta la sua vita. Ammirevole. Confesso che nel mio piccolo, senza tante ambizioni, anch'io vorrei essere così. Spero di non avervi annoiato e spero anche che qualcuno di voi inizi ad appassionarsi a questa splendida musica. Pezzo consigliato: Jordu, Duke Jordan.
  11. Magnifiche, un vero gigante della fotografia naturalistica. Da mozzare il fiato
  12. Visto ieri sera, ultimo spettacolo. Bella storia, coinvolgente, grande qualità della fotografia e scenografia quasi maniacale. Un racconto delicato e commovente. Vero cinema.
  13. Immagini magnifiche. La lavorazione superba nella post produzione stimola la fantasia e l'immaginazione. Veramente notevole. Una frase mi ha colpito di questa intervista: "Mi piace la solitudine dei luoghi e il contatto con la natura, mi permette di entrare in sintonia con l’ambiente per arrivare alle fotografie che ho progettato e pensato". Spesso _ anche senza rendercene conto, soprattutto nel paesaggio _ progettiamo le inquadrature e persino immaginiamo le luci che troveremo. E' lo stesso comportamento che tengo io e anche se certe volte non è prudente, preferisco muovermi da solo. Grazie per le immagini e la storia.
  14. E poi, questa strana creatura assomiglia vagamente all'uomo-pesce di Hellboy (manifesto dello steam punk).
  15. Bella recensione, non ho visto il film (ancora) ma in questo caso gli spoiler non mi infastidiscono, non è certo un thrilling. Sono assolutamente in linea col tuo pensiero, anche per me il cinema è svago e non pago il biglietto per angosciarmi, certo no. Amo la fantascienza, anche la più becera, purchè sia. E i vecchi film sono ineguagliabili (Dal mostro della Laguna Nera a Blob, dalla versione originale di Ultimatum alla Terra al Pianeta Proibito). Per cui Shape of Water è nella lista
  16. Invece, Massimo, argomento interessante. Io soffro molto il freddo, più per il fisico malandato che per altro (ginocchio scassato e mal di schiena). Però trovo esaustiva la parte riguardante le mani dal momento che anche io ho difficoltà a trovare guanti che mi vadano bene veramente.
  17. Quelli li usava Umberto Nobile, oggi si userebbero questi https://www.amazon.it/Escursionisti-Daisan-cuff-daddy-ghiacciaio-categorie/dp/B00CMPOF3Y/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1520082308&sr=8-1&keywords=occhiali+da+sole+ghiacciaio
  18. Qualsiasi ottica legge l'UV (nel bene e nel male, purtroppo). Nel caso specifico gli UV fanno splendere alcuni elementi biologici presenti: polline, stami e funghi. Nella terza foto che hai postato le macchie gialle grandi rappresentano proprio un'aggressione micotica. PS: davvero se le avessi fatte tu non ci avresti onorato con la tua presenza?
  19. Un'illuminazione UV e forse (quasi certamente) un filtro caldo davanti alla lente tipo quelli correttivi che si usano per la fotosub. Dovrebbe essere questa la tecnica. Complicata perchè secondo me si lavora in quasi totale assenza di luce. Se avessi tempo e pazienza ci proverei anche. Bel risultato però
  20. C'è parecchia incertezza sotto il cielo ... e noi siamo così impazienti
  21. Forse non è così. Forse il produttore universale non ha le specifiche semplicemente perchè Nikon non le ha ancora rese note. C'è la ML alla porta e noi non sappiamo neanche se sopravviverà la baionetta F o se vedremo obiettivi dedicati. Perchè Sigma dovrebbe rischiare?
  22. Bellissime Massimo. Che impegno e che pazienza. Bravissimo. PS: Porc... -23° avrebbero trovato la mia carcassa in primavera
  23. Beh, ma la foto frontale non rende giustizia. Perchè la larghezza è l'unica cosa che accomuna entrambi gli apparecchi (un solo millimetro di differenza in favore della X-H1) X-PRO2 - 141 x 83 x 56 mm., 495 grammi X.H1 - 140 x 97 x 86 mm., 673 grammi
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