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happygiraffe

Nikonlander Veterano
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  1. Chanson d’amour, melodie di Debussy, Ravel, Fauré, Poulenc per soprano e pianoforte. Sabina Devieilhe, soprano, Alexandre Tharaud, pianoforte. Erato 2020 *** Avevamo lasciato Sabina Devieilhe alle prese con le cantate italiane di Handel in uno dei dischi più belli del 2018 e ora la ritroviamo in un bellissimo recital di melodie francesi di Debussy, Ravel. Fauré e Poulenc, accompagnata da un pianista d’eccezione, Alexandre Tharaud. Intendiamoci, di dischi così (melodie francesi a cavallo tra ‘800 e ‘900, titolo e copertina ammiccanti) se ne vedono tanti e non c’è cantante francese che si rispetti che non ne abbia uno a catalogo (vedasi Natalie Dessay, Sandrine Piau, Véronique Gens, Patricia Petibon) ed è giusto che sia così perché il repertorio di quel periodo è talmente bello, ricco, vario che sarebbe un delitto non approfittarne. La Devieilhe ce ne aveva già dato un assaggio gustoso in Mirages del 2017. Qui Devieilhe e Tharaud costruiscono il loro recital intorno alle 5 Mélodies populaires grecques di Ravel e alle 6 Ariettes oubliées di Debussy, contornandole di tanti altri brani degli stessi Debussy e Ravel, così come di Fauré e Poulenc. Sono arie spesso brevi, sintetiche, folgoranti, ricche di pathos come di umorismo, commoventi o divertenti, dove l’inventiva e la sensibilità dei due danno il meglio nel rendere la raffinatezza, la grazia e la varietà di emozioni di questa raccolta. Ma su tutto troneggia la voce incredibile di Sabine Devieilhe, ormai da tempo considerata l’erede della Dessay. Una voce limpida e pura, delicata come un flauto dolce, dove la leggerezza è compensata una freschezza e una naturalezza da togliere il fiato (a chi ascolta!). Devo ammettere che l’ascolterei volentieri anche se cantasse l’elenco del telefono! Tharaud è un accompagnatore attento e raffinato e l’affiatamento tra i due è evidente e non risale a questo disco. Se volete regalarvi un’ora di felicità, non posso che consigliarvelo.
  2. Complementare a questa raccolta della Supraphon abbiamo anche questa Ivan Moravec Edition pubblicata da Hänssler: Qui si trovano le registrazioni degli ultimi anni: quattro concerti di Mozart (20, 23, 24 e 25) con Neville Marriner e l'Academy of St. Martin-in-the-Fields, poi opere per piano solo di Haydn, Janáček e Chopin, registrati dal vivo a Praga nel 2000, e delle registrazioni in studio del 2002 dedicate a Chopin.
  3. Ivan Moravec: Portrait. Supraphon, 2020. *** Supraphon rende omaggio allo straordinario pianista ceco Ivan Moravec (1930-2015) nel novantesimo anniversario della sua nascita. Lo fa nel migliore dei mondi, ovvero con un bel cofanetto di 11 cd e 1 DVD che raccolgono alcune delle sue migliori registrazioni, talune inedite, prendendole dal proprio catalogo, ma attingendo anche da materiale di altre etichette, come Vox, Nonesuch, e Connoisseur Society. Conosciuto più dagli intenditori che dal grande pubblico, Moravec fu un pianista incredibile, dotato di una tecnica del suono molto raffinata e di capacità interpretative che hanno dato il meglio nel repertorio di Chopin e Debussy. La raccolta si apre con tre concerti di Mozart (14, 23, 25), non quelli con Neville Marriner, ma quelli precedenti (1973-74) con la Czech Chamber Orchestra e la Czech Philarmonic Orchestra. Seguono due dischi dedicati a Beethoven, con un paio di concerti e diverse sonate. Svetta un quarto concerto da antologia con l’orchestra del Musikverein diretta da Turnovsky. Bellissime l’Op.90 e Les Adieux, ma il livello è sempre molto alto. Si apre poi una sezione dedicata a Chopin: 3 dischi con le ballate, gli scherzi, i 24 preludi, la seconda sonata, la barcarole e un buon numero di mazurche. Moravec riesce a far cantare Chopin come pochi altri, con una sottilissima varietà di timbri e un uso del rubato tanto raffinati quanto assolutamente naturali all’orecchio di chi ascolta. Seppure Moravec pare che fosse un perfezionista maniacale nella messa a punto dello strumento, nell’ascolto non si percepisce nessuna volontà di controllo assoluta, come purtroppo spesso succede, ma si assiste semplicemente a un poeta del pianoforte, che fa uso della tastiera e della propria tecnica come di un mezzo per parlarci con la voce del compositore. In questo senso i Préludes sono emblematici e valgono da soli l’acquisto di questo cofanetto. Dopo un paio di dischi dedicati a Schumann e Brahms (ahimè non tutti i brani sono disponibili nella versione online disponibile su Qobuz), si giunge a un paio di dischi dedicati a Debussy, Ravel e Franck. Viene dato molto spazio a Debussy (i due libri di Images, poi Estampes, Pour le Piano, Childern’s Corner e una selezioni di Preludi di entrambi i libri) e si capisce il perché: è una gioia da ascoltare! Moravec riesce a far parlare questa musica come pochi altri, una vera delizia. Anche il Prélude, Choral et Fugue di César Franck, pezzo stupendo, è da antologia. L’ultimo disco della raccolta è dedicato a musiche di Janacek, Martinu e Smetana, ma anche qui, probabilmente per un problema di accordi con gli editori, non tutto il materiale è disponibile nella versione online che ho ascoltato su Qobuz. Un DVD, che non ho visto, raccoglie un documentario su Moravec e ancora tanta musica (Beethoven, Prokofiev, Mozart e Ravel). Fa da complemento a questa bella raccolta un libretto esemplare, contenente tutte le informazioni sulle diverse registrazioni, un breve saggio dell’amico Murray Perahia e una lunga intervista a Moravec. Complimenti a Supraphon che ha realizzato questo “portrait” in modo davvero ineccepibile, un vero e proprio gesto d’amore che va oltre il semplice progetto editoriale e che ci fa trasparire l’ammirazione e il rispetto che ancora devono portare per questo pianista. Chiaramente qui non c’è tutto il lascito discografico di Moravec: Supraphon ha lasciato fuori qualche pezzo forte come i Notturni di Chopin e gran parte del materiale che qui non è presente è stato pubblicato da etichette diverse. Speriamo in un futuro secondo volume, ma intanto ci godiamo questo con gratitudine!
  4. C’è troppa roba in questo disco, così com’è è indigesto. Io avrei tolto come minimo i concerti.
  5. Stravinsky: Serenata in La. Prokofiev: Sarcasms, Op. 17. Prokofiev: Sonata No. 8, Op. 84. Prokofiev: Cenerentola - Tre pezzi per pianoforte, Op. 95, Gavotta. Stravinsky: L'Uccello di Fuoco (Trascrizione di Guido Agosti). Prokofiev: Concerto per pianoforte No. 2, Op. 16. Stravinsky: Tre movimenti da Petrouchka. Scriabin: Concerto per pianoforte Op. 20. Daniil Trifonov, pianoforte, Mariinsky (Kirov) Orchestra, Valéry Gergiev. DG 2020 *** E’ curioso seguire le carriere parallele di quelli che probabilmente sono le due superstar maschili del pianismo odierno e che casualmente provengono dalla stessa città. Parlo di Igor Levit e Daniil Trifonov, entrambi nati a Nizhny Novgorod (Gorky) a pochi anni di distanza. In realtà, al di la della città natale in comune, le similitudini tra i due si fermano qui. Tanto Levit, che poi ha studiato in Germania, è ancorato al repertorio classico tedesco (Bach, Beethoven, Schumann, Brahms) con puntate nella musica moderna e contemporanea, quanto Trifonov predilige il repertorio pianistico più virtuosistico, da Chopin a Liszt, fino a Rachmaninov. Tanto Levit sembra seguire un approccio più intellettualistico (l’ultimo disco, Encounter, sembra portarci in un viaggio tanto introspettivo e riflessivo da risultare alla fine piuttosto difficile da digerire), quanto Trifonov in quest’ultimo disco sembra divertirsi con gli aspetti più scintillanti e esteriori del modernismo russo dei primi del ‘900. “The Silver Age”, così hanno voluto intitolare questo disco, ha un programma molto eterogeneo di musiche per piano solo e per piano e orchestra di Stravinsky, Prokofiev e Scriabin. In realtà forse è proprio il programma il punto debole di questo disco: troppo vasto, poco coeso, con una scaletta poco intuitiva. E cosa c’entra poi il giovanile e chopiniano concerto di Scriabin? Come se si fosse voluto trovare qualcosa per riempire il secondo disco… Al di là di queste mie perplessità, ho trovato le interpretazioni di Trifonov in questo disco sempre di ottimo livello quando non straordinarie. A partire dalla Serenata in La di Stravinsky e dai Sarcasmes di Prokofiev, pezzi se vogliamo minori, ma comunque interessanti e piacevoli, resi con grande energia e brillantezza. Segue la misteriosa e sempre difficile da interpretare sonata n.8 di Prokofiev, certamente la meno drammatica del trio delle sonate “di guerra”. I tempi sono misurati, non eccessivamente rapidi nel primo movimento come spesso si sente da altri pianisti. Pur non mancando momenti di grande poesia, non ho trovato questa interpretazione migliore di altre recenti (Osborne, Melnikov), per non parlare della distanza che la separa dalla potenza evocativa del grande Gilels, ma quelli erano altri tempi e sensibilità diverse. Passiamo quindi a quelli che mi sono parsi i momenti migliori di questo doppio album, ovvero le trascrizioni dell’Uccello di Fuoco di Stravinsky di Guido Agosti e quella celebre di Petroucka dello stesso Stravinsky. E’ interessante confrontare entrambi i pezzi con le interpretazioni contenute nell’ultimo bellissimo disco di Beatrice Rana. Se Rana era straordinaria nel ricreare i colori e l’energia dell’orchestra, Trifonov predilige una lettura di stampo puramente neoclassico: il suono è limpido e cristallino, non sembra di ascoltare alcune delle pagine più difficili del repertorio pianistico del ‘900 (Weissenberg confessava che la prima che ha guardato la partitura di Petrouchka aveva pensato che gli servisse una terza mano!) tanto tutto sembra uscire facilmente dalle mani prodigiose del russo. L’interpretazione di Petrouchka è meno istrionica rispetto ad alcune esibizioni dal vivo che si trovano in rete e anzi ricorda quella che doveva essere la grazia dei balletti russi dei primi del ‘900. Nella seconda parte di questo doppio album, Trifonov è accompagnato dall’orchestra Mariinsky diretta da Gergiev nel secondo concerto di Prokofiev e in quello di Scriabin. Il concerto di Prokofiev suona energico e scintillante, con l’orchestra che ben supporta il suono preciso e ricco di sfumature del suo solista. L’interpretazione è nel complesso di ottimo livello, anche se rispetto ad altre può apparire meno coinvolgente. Il concerto di Scriabin, eseguito davvero di rado, è quello che è: un lavoro giovanile, se pur molto brillante, e poco rappresentativo del genio del compositore che ancora doveva rivelarsi. In conclusione, un album che contiene momenti di grande bellezza (la Serenata, i Sarcasmes, l’Uccello di fuco e Petrouchka), ma che soffre di un programma davvero ipertrofico e non sempre allo stesso livello. Trifonov ha comunque due mani straordinarie, per cui, al di là delle nostre preferenze, ne raccomando in ogni caso l’ascolto.
  6. Variations on folk songs, musiche di Beethoven, Kuhlau, Doppler, Walckiers. Anna Besson, flauto; Olga Pashchenko, pianoforte. Alpha, 2020. *** Lo sapevate che le due opere che precedono e seguono nel catalogo beethoveniano la monumentale e metafisica sonata per pianoforte op.106 sono due ben più leggere raccolte di arie e variazioni su temi popolari per flauto e pianoforte? La flautista Anna Besson, accompagnata al pianoforte da Olga Pashchenko, ci accompagna in un giro per l’Europa della prima metà dell’ottocento, con un programma di musiche che prendono origine da canti popolari. Si comincia con la bellissima Fantasia pastorale ungherese di Franz Doppler, virtuoso del flauto oltre che compositore, per poi proseguire con una selezione delle due raccolte di “temi variati per flauto e pianoforte” Op 105 e op.107 di Beethoven, opere facili e orecchiabili, ma non prive di fascino. Tra le due raccolte ascoltiamo il movimento lento della Grande Sonata Op.83 n.1 di Frederich Kuhlau, “Variazioni su un’aria antica svedese”. Il programma si conclude con il rondò “auvergnat” di Eugène Walckiers e le splendide Arie Valacche Op.10 ancora di Doppler. Le due artiste suonano su magnifici strumenti d’epoca dai quali sfoderano una gamma di timbri di grande fascino, riuscendo a restituire splendidamente il carattere di ogni brano. Con questo disco Anna Besson e Olga Pashenko ci fanno conoscere un repertorio poco conosciuto e se vogliamo leggero, ma non per questo poco godibile. Un piccolo gioiello!
  7. io con l'età sto rivalutando un po' Liszt...ma non troppo! Vediamo...salverei Années, sicuramente la sonata, le due Légendes e stop. Penso che gran parte della sua produzione sia ormai completamente inascoltabile e ignota ai più.
  8. The Beethoven connection, Vol.1 Jean-Efflam Bavouzet, pianoforte. Joseph Wölfl (1773-1812), sonata Op.33 N.3 (1805). Muzio Clementi (1752-1832), sonata Op.50 n.1 (1804-21). Johann Nepomuk Hummel (1778-1837), sonata n.3, Op.20 (1807). Jan Ladislav Dussek (1760-1812), sonata Op.61, C 211 (1806-1807) Chandos, 2020. *** Si sa che il 2020 è stato un anno di celebrazioni beethoveniane e sono fioccate nuove incisioni delle pagine più o meno celebri del genio di Bonn. Pur avendo già registrato pochi anni fa una bella integrale delle sonate, non si è lasciato trovare impreparato o a corto di idee il bravo pianista francese Jean-Efflam Bavouzet. È così che, anziché proporci musiche di Beethoven, ha scelto di offrirci pagine di musicisti contemporanei a Beethoven all’epoca piuttosto noti, ma che oggi sono conosciuti per lo più dagli addetti ai lavori. A quei tempi Beethoven non era certo l’unico compositore a scrivere musica per pianoforte (o fortepiano) e se i suoi illustri predecessori (Mozart e Haydn) sono celebri, sappiamo probabilmente meno di che tipo di musica scrivevano i suoi contemporanei. L’intento del disco, ben spiegato nelle ottime note di copertina, è proprio quello di farci capire “il linguaggio comune dell’epoca” e mostrare che i capolavori di Beethoven non originano dal nulla, ma da un contesto musicale florido con cui tanto aveva in comune. Bavouzet ci invita quindi a cogliere le influenze di Beethoven sui contemporanei così come le quelle di questi ultimi su Beethoven stesso. Sono tutti lavori composti tra il 1804 e il 1809, periodo in cui Beethoven sfornava capolavori come la Waldstein (1803), l’Appassionata (1805) e Les adieux (1810) e, sebbene sia evidente che le sonate di questo disco non vi si avvicinino neanche lontanamente, possiamo cogliere molte affinità, soprattutto con le precedenti sonate beethoveniane. La sonata in Mi maggiore di Joseph Wölfl ci stupisce per grazia e fantasia. La sonata Op.50 n.1 di Muzio Clementi è forse la meno interessante del disco, ma è noto quanto il compositore romano contribuì all’evoluzione della tecnica e del linguaggio pianistico di quell’epoca e quanto fosse tenuto in considerazione dallo stesso Beethoven. Brillante, virtuosa e audace la terza sonata di Johann Nepomuk Hummel, che all'epoca venica considerato l’erede di Mozart e che fu il successore di Haydn come direttore d’orchestra presso il principe Esterházy. Molto bella la sonata in due movimenti Op.61 “elegia armonica” di Jan Ladislav Dussek, quella che più di tutte riesce a guardare avanti nel tempo e che possiamo tranquillamente definire pre-romantica. Con il suo carattere più simile ad una fantasia e suoi ritmi concitati e sincopati del secondo movimento fanno quasi pensare a un Robert Schumann, che all’epoca non era ancora nato! Esemplare le interpretazioni di Bavouzet, che riesce a imprimere a ogni sonata il giusto carattere, suonando con la consueta finezza ed eleganza. Come "bonus track" il pianista francese ci propone cinque esempi di affinità tra frammenti di sonate di Beethoven, Clementi Hummel e Dussek. Molto buona anche la qualità della registrazioni, che rende giustizia al suono nitido e preciso di Bavouzet e ci presenta un pianoforte piuttosto vicino e con una buona dinamica. Onestamente, confesso che quando ho visto che era uscito questo disco, sulle prime ho pensato che fosse di una noia mortale. Sono contento di essere stato smentito e di aver conosciuto compositori e opere di cui ignoravo l’esistenza. A questo punto non mi resta che aspettare le prossime due uscite (si tratta di un progetto suddiviso in 3 dischi), augurandomi che siano altrettanto belli.
  9. No, non mi viene in mente un analogo di quello che è stato Katchen per Brahms. Ho citato Kempff e Ashkenazy, tu hai fatto bene a citare Uhlig, che sicuramente sta realizzando una delle migliori integrali dei nostri tempi, ma non mi sentirei di definire nessuna di queste tre di livello assoluto.
  10. È un universo piuttosto animato e affollato quello che Robert Schumann ricreava con le sue composizioni per pianoforte! Personalità complessa e profondamente intrisa di cultura letteraria, Schumann amava affidare le varie sfaccettature del suo io a diversi personaggi che popolano i suoi lavori: a cominciare dal focoso e battagliero Florestano e il suo opposto, il sensibile e malinconico Eusebio, i due protagonisti della “lega dei compagni di Davide” che si battono contro il conservatorismo dei cosiddetti filistei; ma poi abbiamo anche i compositori suoi contemporanei Paganini e Chopin, le amiche Chiarina ed Estrella, le maschere della commedia dell’arte (tutti questi in Carnaval), un bambino e un poeta (in Kinderszenen), un cacciatore e addirittura un uccello profeta (in Waldszenen). Ma anche quando non compaiono esplicitamente nei titoli, sono i suoi due alter ego Florestano e Eusebio, con i quali Schumann firmava anche i suoi articoli sulla Neue Zeitschrift für Musik, la rivista musicale che aveva fondato insieme al suo insegnante e futuro suocero, che ricorrono più spesso in tutta la sua musica. Compositore e pianista al tempo stesso, almeno fino a quando non si infortunò gravemente alla mano e dovette cessare l'attività di concertista, Schumann compose moltissimo per il suo strumento. Ad eccezione delle tre sonate e della Fantasia, le opere pianistiche di Schumann sono prevalentemente raccolte di pezzi brevi, a volte brevissimi, incisivi, debordanti di folgoranti idee musicali, con uno stile compositivo immediatamente riconoscibile. Qui di seguito abbiamo un elenco di ottimi dischi dedicati alla musica per pianoforte di Schumann. Nella selezione abbiamo spaziato nell'arco di diversi decenni, senza però andare fino alle incisioni storiche eccessivamente datate. Cominciamo dai russi e dal sommo Richter, che ci ha regalato incisioni meravigliose dedicate a Schumann. Qui le sue strepitose Waldszenen: La Fantasia: Memorabile anche questo disco della Regis (ma che ricompare periodicamente sotto altre etichette) con gli Etudes Symphoniques e i Bunte Blaetter: Un altro grandissimo interprete schumaniano è stato il mitico Horowitz, con un approccio totalmente agli antipodi da quello di Richter. Qui nelle Kinderszenen e nella Kreisleriana: Qui invece alle prese con Humoreske e terza sonata: Ci piace segnalare tra i russi anche il bravissimo Youri Egorov, purtroppo scomparso giovanissimo: Lasciando i pianisti russi, ma rimanendo ad Est, arriviamo a Geza Anda, purtroppo ultimamente un po' trascurato dalle etichette discografiche. Ricordo un doppio album della DG dedicato interamente a Schumann, ma ormai fuori catalogo da un pezzo. Vi propongo questo disco della Testament: Tra i tedeschi come non citare il grandisimo Wilhelm Kempff. Un economico cofanetto contenente cinque dischi incisi tra la fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70: C'è poi la generazione fortunata di Argerich, Pollini, Perahia, Ashkenazy e Lupu, ormai tutti oltre i 70 anni. Ecco alcuni dei loro migliori dischi dedicati a Schumann. Le Davidsbuendlertaenze di un giovane Perahia che rivelano la sua straordinaria affinità per il compositore tedesco: al quale fa idealmente seguito questo disco in cui un Perahia più maturo affronta la Kreisleriana e la prima sonata: E poi l'incantevole Schumann di Radu Lupu: agli antipodi dall'energico Pollini, sia in versione giovanile: che più matura: Non dimentichiamo l'integrale realizzata da Ashkenazy, già nell'era digitale, ora disponibile a un ottimo prezzo: Anche con Schumann la zampata felina di Martha Argerich ha lasciato il segno: In questi ultimi anni, invece, il polacco Piotr Anderszerwski si rivelato per uno dei migliori interpreti di Schumann. Bellissimo questo disco: Chiudiamo questa carrellata con le memorabili Waldszenen di Arcadi Volodos in questo bellissimo disco dal vivo: Chiudiamo qui la nostra personalissima selezione dedicata a chi voglia lanciarsi nel mondo di Schumann. Ovviamente se volete segnalarci altre incisioni, potete farlo qui di seguito!
  11. Per gli Scherzi ho indicato sopra il disco di Grosvenor. Per me una delle interpretazioni migliori in assoluto!
  12. Con ogni probabilità il compositore di musica per pianoforte più popolare e più eseguito, Chopin fu come un breve e luminoso lampo nel panorama musicale romantico. Il suo linguaggio musicale così originale sembra provenire dal nulla, così lontano dagli archetipi classici di Haydn e Beethoven, per poi svanire nel nulla, pur lasciando un impronta netta su molti compositori venuti dopo di lui. Nato in Polonia nel 1810, si trasferì nel 1830 a Parigi dopo la repressione russa della rivolta di novembre. Lì visse fino al 1849, anno della sua morte prematura, campando di lezioni di pianoforte e della vendita delle sue composizioni, tra continui problemi di salute e economici. Non fu il tipico pianista virtuoso dell’era romantica: in tutta la sua vita eseguì solo una trentina di concerti, preferendo esibirsi nei salotti della buona società parigina. A differenza di tanti altri compositori dello stesso periodo, Chopin fu totalmente incurante del modello classico e beethoveniano in particolare. Il suo stile sembra invece pescare nel repertorio della musica popolare da salotto, riadattandola a un linguaggio assolutamente originale e personale, in grado di restituire con straordinaria immediatezza e precisione i moti del suo animo, dalla malinconia allo slancio nazionalista, dalla passione più ardente ai fantasmi più cupi e febbrili. Si dedicò quasi esclusivamente alla musica per pianoforte (con poche eccezioni, come i due concerti per pianoforte e la sonata per violoncello e pianoforte) e predilesse le forme brevi. Il suo catalogo si può riassumere piuttosto velocemente: da un lato musiche per così dire da salotto, Valzer, Polacche e Mazurche, ispirate alla danza, Preludi e Notturni, altre composizioni pensate per l’insegnamento, i suoi straordinari Etudes, altre ancora di stampo puramente virtuosistico, come i concerti. Ci sono poi altre pagine assolutamente uniche, innovative e originali, come le Ballate, gli Scherzi, la Berceuse e la Barcarolle. Ci sono infine le sonate per pianoforte. La partitura autografa della Polacca Op.53. Di dischi straordinari dedicati a Chopin ce ne sono molti. Quella che segue non ha la pretesa di essere la discografia definitiva, quanto piuttosto una serie di suggerimenti per chi si vuole avvicinare a questo compositore. Nella scelta abbiamo considerato alcune interpretazioni classiche e giustamente note, così come alcune molto più recenti, lasciando da parte le incisioni storiche. Sonate Delle tre sonate per pianoforte, si ricordano solo la seconda, quella della famosissima "marcia funebre", e la terza, mentre la prima, scritta a 18 anni quando era ancora studente, non viene quasi mai eseguita.Tra le tantissime interpretazioni, segnaliamo quella dell'argentina Martha Argherich, vincitrice del Concorso Chopin nel 1965. Ardore, passione, tocco felino, tecnica straordinaria. Notturni I 21 Notturni sono il trionfo della melodia. Il polacco Arthur Rubinstein, che di Chopin fu un grande interprete, incise nel 1967 questa edizione che è passata alla storia. Lirismo e grande naturalezza senza scadere mai nel sentimentalismo. Per chi preferisse un'edizione più recente, segnalo questa del 2010 del brasiliano Nelson Freire: Mazurche Chopin scrisse ben 59 Mazurche nel corso della sua vita. Sono pagine brevi che traggono spunto dalla danza tradizionale polacca, ma che poi si sviluppano in modo assolutamente originale e molto vario. Questa è una selezione, suonata con grande immaginazione e straordinaria ricerca timbrica dal russo Pavel Kolesnikov (2016): Studi Nelle due raccolte di Studi, l'aspetto didattico e di esercizio su specifici problemi di tecnica diventa lo spunto per queste pagine di grande poesia. Maurizio Pollini, vincitore del Concorso Chopin nel 1960, nel 1972 ci regala un'interpretazione degli Etudes Op.10 e Op.25 caratterizzata da un grande vigore e da una dominio tecnico assoluto. Ballate Le Ballate sono una forma musicale nuova, inventata da Chopin che prese in prestito il loro nome dalla letteratura. Tecnicamente molto impegnative, sono tra le composizioni più felici e straordinarie del compositore polacco. Per le Ballades raccomandiamo questo disco del 1994 dell'americano Murray Perahia, per tecnica, inventiva e calore dell'interpretazione: Polacche Anche le Polacche prendono spunto dalla danza per esprimere i più incandescenti sentimenti nazionalistici dell'esule Chopin. Ancora Pollini in questa storica interpretazione del 1976. Uno Chopin epico, virile e appassionato: Preludi Op.28 24 brevi e folgoranti composizioni scritte a Palma di Maiorca tra il 1835 e il 1839. Il polacco Rafal Blechacz, vincitore del Concorso Chopin nel 2005, incide per DG i Préludes Op.28 nel 2007. Una lettura di grande sensibilità e poesia. Scherzi Chopin compose quattro Scherzi tra iI 1831 e il 1842. Sono composizioni in cui prevale l'elemento rapsodico, accompagnato da drammatici contrasti. In questo straordinario disco del 2012 dell'inglese Benjamin Grosvenor, ne ascoltiamo una lettura vivace e elettrizzante. Concerti Sono pezzi di bravura di stampo chiaramente virtuosistico. L'accompagnamento orchestrale è poca roba, tutto ruota intorno al pianoforte (e come potrebbe essere diversamente?). Qui un'interpretazione classica, quella del 1999 di Martha Argerich e Charles Dutoit. E una recentissima edizione del 2019 in cui i concerti vengono eseguiti nella loro versione da camera per pianoforte (un bellissimo Erard del 1836) e quintetto d'archi: Recital Infine qualche recital che ha fatto storia. Un disco del 1972 interamente dedicato a Chopin da Arturo Benedetti Michelangeli. L'interpretazione delle 10 Mazurche è leggendaria. Quello che fa qui Benedetti Michelangeli con il suo pianoforte è realmente magico: Un altro disco storico, quello di Martha Argerich del 1965, freschissima vincitrice del concorso Chopin. Un uragano di energia e di passione: Infine, le 4 Ballate con la Fantasia e la Barcarolle, nell'impeccabile lettura di Krystian Zimerman, vincitore del Concorso Chopin nel 1975. Su Zimerman i pareri si dividono, ma qui, al di là della consueta cura maniacale di ogni dettaglio, pare veramente ispirato. Buoni ascolti chopiniani!
  13. OT: ma questo è Gardiner!! Non puoi immaginare quanto stia rosicando
  14. Non so se il mio voto possa essere rappresentativo di quella maggioranza silenziosa invocata da Mauro, ma in quanto silenzioso mi sono sentito chiamato in causa Questo sito è l'espressione dei suoi fondatori, della loro passione e tenacia, così come anche del loro essere schietti e poco diplomatici e a volte pure umorali e malmostosi. Per chi li conosce poco certe prese di posizione possono essere difficili da capire o fastidiose e certo la comunicazione scritta non aiuta. Commenti come quelli riportati sopra da Mauro non mi stupiscono, ma questo è Nikonland, nel bene e nel male. Se vi va bene è così, se non vi piace provate a trovare un altro sito come questo, con questo livello di contenuti e soprattutto non mosso da finalità commerciali! Detto questo, capisco la stanchezza di Mauro che da anni porta avanti quotidiniamente questo progetto con una volontà granitica e sempre mille idee e mille spunti, per cui gli auguro di trovare degli eredi che possano alleviare le sue fatiche e portare nuova linfa!
  15. E' il primo giorno di primavera. Il tempo è mite e i fiori sbocciano. E io sono qui che cerco di indovinare il momento migliore per fare la spesa senza fare 90 minuti di coda...
  16. Io ho preso quello grigio in basso a dx, che è il catalogo della mostra in oggetto. E' una panoramica della sua carriera, un bel librone, ottimi gli scritti a corredo. Direi che potrebbe essere un buon punto di partenza.
  17. E purché non faccia diventare la D780 un oggetto vintage come le sue altre fotocamere prima di parlarcene!
  18. Vi segnalo questa gran bella mostra dedicata a Ferdinando Scianna. Tante le foto (180) in mostra, a ripercorrere 50 anni di carriera: dalle cerimonie religiose in Sicilia, da cui iniziò la sua fama, ai reportage con la Magnum, alla moda (ci sono alcune celebri stampe in grandissimo formato di Marpessa che tolgono il fiato) ai bellissimi ritratti di scrittori e artisti. Molto ben curata, belli i testi che accompagnano le foto, bello il catalogo, bello tutto! Qualcuno qui dirà che è archeologia, ma io di mostre così non ne ho viste molte. Davvero consigliatissima. La mostra si svolge a Venezia, alla Giudecca, nella bellissima Casa dei Tre Oci. Purtroppo finisce tra pochi giorni, il 16 febbraio. Qui potete trovare maggiori informazioni: http://www.treoci.org/index.php/it/news-eventi/item/390-ferdinando-scianna-viaggio-racconto-memoria
  19. Ci si arriva comodamente con la metro. Fermata Concilizione e 5 minuti a piedi. L'auto la lascerei a casa. Per me è molto più comodo
  20. Io parlo di una roba del genere: Questa scialitica dovrebbe essere per uso odontoiatrico. Per me è la soluzione definitiva. Però ha due inconvenienti: 1) il costo 2) non è trasportabile. Ho visto però in giro anche soluzioni meno eleganti, come un braccetto attaccato alla scialitica che tiene una videocamera.
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