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Silvio Renesto

Nikonlander Veterano
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Tutti i contenuti di Silvio Renesto

  1. Piazza Castello a Milano, stamattina, col ghiaccio.
  2. Sono esterrefatto (in positivo) dalla qualità dei crop 100% soprattutto delle panoramiche, di entrambe Utile contributo il tuo, grazie!
  3. Come hanno già scritto, ottima comparativa e disamina ben chiara, molto apprezzata. Non so se ho titolo di commentare, perchè al momento penso non ne comprerò nessuna delle due (non perchè non mi piacciano beninteso) ma, puramente pour parler, se potessi prenderne una adesso, sarei forse più propenso per la Z6 per i motivi descritti nell'articolo e ripresi sotto da Andrea e Marco, soprattutto se dovessi/potessi avere una sola fotocamera.
  4. Ho presente, sono passato di lì diverse volte, anni fa, ma sempre di giorno: l'effetto di notte è più forte.
  5. Questa parte conclusiva è un piccolo divertimento personale: La storia di Jane Bown come professionista reporter e ritrattista l'ho già descritta, cosa può mancare ancora? .... ma i GATTI! Jane Bown amava i gatti, e spesso iniziava il rullino o, se gli avanzavano fotogrammi, finiva il rullino fotografando gatti. Queste foto sono state pubblicate postume in una raccolta. Quando andava all'Observer lungo la strada si fermava spesso a fotografare i gatti che attiravano la sua attenzione, nei luoghi più diversi. Al mercato del pesce attraverso finestre e vetrine Alle mostre feline Come per le persone, Jane sapeva rendere espressivi anche i gatti, che hanno un loro carattere e se visti dal nostro punto di vista di umani, hanno spesso un qualcosa di umoristico nelle loro espressioni. Oltre ai gatti di strada, fotografò gatti anche durante le sue sessioni di ritratto, Jean Cocteau volle essere ripreso con la sua Madeleine a cui era affezionatissimo Il gattino di David Knopfler E naturalmente i "gattari" e le "gattare". Ovviamente la famiglia di Jane aveva numerosi gatti, che la gente gli portava e lei stessa non si separava mai da Mona, una gatta recuperata dalla strada che visse con Jane fino alla sua morte. Fonti bibliografiche: Oxford Dictionary of Biography (free access), The Guardian. Le foto sono tutte copyright dei rispettivi aventi diritto qui riprese al solo scopo di illustrare l'opera di Jane Bown.
  6. Terribile visione, ma foto molto bella.
  7. Grazie a tutti del passaggio e dell'apprezzamento Volentieri!
  8. Condivido con voi alcune riflessioni sul mio "2018 fotografico", sulla scia del bellissimo esempio di Massimo Vignoli che nel suo blog ha fatto un bilancio della sua "vita fotografica" per l'anno 2018, scrivo vita e non attività perchè nelle sue righe si legge anche un'evoluzione della persona "fotografica". E' da leggere perchè nelle sue parole c'è altrettanta sostanza che nelle magnifiche foto presenti. Pubblico queste mie riflessioni, non per imitare, nè per vantarmi (anche perchè di motivi non ce ne sarebbero molti) ma perchè, come ha scritto Massimo, riflettere su quel che si è fatto è importante per noi stessi e condividere queste riflessioni può essere di aiuto ad altri che magari sono in cerca di un percorso interessante che rinnovi la loro voglia di fotografare. Naturalmente io "viaggio" a quote molto più basse di quelle di Massimo sia in quanto a spettacolarità di immagini che di intensità di esperienze, ma questo non credo sia importante. L' importante è riuscire a trovare una strada che possiamo percorrere e ne abbiamo la voglia. Il mio 2018 è stato un po' diverso dagli anni precedenti come produzione fotografica. Ho fatto quasi più fotografie per lavoro (fossili quindi, ma anche con quelli mi diverto comunque) che al di fuori. Ho ridotto di molto la parte fotonaturalistica, che una volta assorbiva la quasi totalità della mia attività fotografica. Soprattutto per saturazione, non avendo per motivi diversi possibilità di andare "oltre" ai soggetti che riprendo di solito, mi son sentito un po' sazio. Accanto alle macro e agli "uccellini" quindi, ho fatto delle incursioni in generi differenti, come il paesaggio urbano in bianco e nero e lo street, sia in bianco e nero che a colori. Lo street è divertente, ma sono ancora ben lontano dal produrre cose accettabili. Il paesaggio urbano, o uno street "largo" sono interessanti ma non so se diventeranno mai il centro della mia attività fotografica. Avevo bisogno di qualcosa di diverso. Il "qualcosa" c'è stato e a questo proposito riprendo un po' a braccio quello che ritengo uno dei passaggi chiave del blog di Massimo: Per mantenere la passione ho anch'io bisogno di costruire, farmi un progetto che mi catturi e seguirlo, se possibile fino a portarlo alla vita, rendendolo concreto, tangibile ("toccabile"), con delle stampe oppure con un libro. Altrimenti so che finirei per scattare con meno convinzione, a rischio di affievolire la passione ed arenarmi in qualche "secca".E' comunque per me un percorso, mi motiva pur lasciandomi libero di fotografare qualsiasi altra cosa mi venga in mente, quando ne abbia voglia. Nel mio caso la scelta del progetto fotografico 2018 è stata frutto un'insieme di eventi che è inutile ripercorrere, sta di fatto che mi sono messo a fotografare i gatti di strada (che amo tantissimo) ed ho cominciato a farne un portfolio, parte del quale lo avete già subito nelle mie gallerie ...poi ho selezionato una location e delle immagini per tirarne fuori un lavoro coerente. Finalmente, in coincidenza con la fine dell'anno, il tutto l'ho concretizzato in un libro, come ho fatto due anni fa per le libellule. Quindi nei buoni propositi per il 2019 (torno a copiare Massimo ) c'è continuare con le foto naturalistiche ma non troppo e l'individuare e sviluppare un nuovo progetto da seguire (alcune idee girano già per la testa, sto aspettando che si fermino...). E la partecipazione attiva a Nikonland, come sempre!
  9. Le capacità di reporter di Jane, che le fecero guadagnare il soprannome di “Tenacity Jane” perché non tornava mai da un incarico a mani vuote, misero in risalto anche le sue abilità come ritrattista, cosa che ne determinò la carriera e le diede fama internazionale. Nella sua carriera di ritrattista fotografò politici, pop star, musicisti, attori , scrittori, filosofi, insomma ogni personalità di spicco dagli anni ’60 fino al 2010. Un giovane Michael Caine Un tenebroso Orson Welles Una sofferta Simone Signoret Un'indaffarata Liza Minnelli. Anche nel ritratto trasferì il concetto di lavorare svelto, di cogliere “istantanee” nel ritratto, connotate da una grande spontaneità dei soggetti, trasformando se stessa, il fotografo, in un elemento neutro, in quanto non intendeva far risaltare il proprio ego. Joan Baez Boy George Richard Harris Una sua caratteristica singolare era quella di non aver bisogno,, e nemmeno lo voleva, entrare in empatia con le persone che ritraeva, cosa che i ritrattisti di solito considerano fondamentale per ottenere buone immagini. A volte apparentemente non aveva nemmeno idea di chi stesse fotografando. Betrand Russell Tuttavia, le sue immagini vengono definite “icone” che rispecchiano l’essenza e l’umanità della persona ritratta e rendono unico il suo stile. Lei spesso diceva che il fotografo non si deve vedere né sentire. Voleva essere veloce perché intuiva che le foto migliori erano quelle in cui catturava la spontaneità iniziale del soggetto. Bjork Il John Lennon degli inizi La su foto più famosa è forse quella al commediografo Samuel Beckett, che detestava essere fotografato, lo riprese in un corridoio scuro mentre cercava di sottrarsi. Lei non si arrese e promise di fare solo tre foto. Ne fece cinque e quella centrale è considerata l’immagine più rappresentativa di Beckett. Jane affermò che non intendeva diventare una ritrattista, ma accadde per via della la sua fama di lavorare rapidamente e senza armeggiare con attrezzature complicate. Dalla sua parte aveva invece un acume tecnico guadagnato dall’addestramento rigoroso che aveva ricevuto. Una sua seduta di shooting comprendeva non più di un rullino e mezzo e spesso durava solo quindici minuti. Spesso sfruttava le pause di un’intervista, quando i soggetti si rilassavano ed erano contenti di farsi fotografare. Mick Jagger colto durante una pausa di un'intervista. Keith Richards Jane preferiva la luce naturale e il bianco e nero, non usò mai un esposimetro , limitandosi a valutare la luce riflessa dal dorso della sua mano. provò anche la fotografia a colori negli anni ’60, ma non si sentì mai a suo agio. La sua sensibilità artistica si sposava perfettamente col bianco nero e le infinite tonalità di grigio possibili. Bob Hope e Anita Ekberg riposano durante la lavorazione di un film. Lo stesso atteggiamento Jane lo aveva verso l’attrezzatura, alla fine degli anni ’60 passo dalla Rolleiflex ad una 35mm Pentax e poi negli anni ’70 alla Olympus OM1 che rimase la sua unica fotocamera per il resto della sua carriera. Ne possedette una dozzina, spesso comprate usate. Jane Bown pubblicò numerose raccolte. The Gentle Eye (1980), accompagnato da una mostra alla National Portrait Gallery; Women of Consequence (1986), Men of Consequence (1987), Faces: The Creative Process Behind Great Portraits (2000), and Exposures (2009). Donne importanti: Una Margaret Tatcher che si aggiusta un ciuffo, rivelando un momento in cui non era così "di ferro" come dimostrava di solito. La Regina Elisabetta Profondo e determinato lo sguardo di madre Teresa di Calcutta. Jane fece molte altre mostre e ricevette numerose onorificenze. La sua vita privata fu tranquilla, con marito, figli, orto e... parole crociate (l’Observer era una rivista settimanale e le lasciava il tempo per scindere completamente il lavoro dalla famiglia in pratica lavorava due giorni la settimana). Due raccolte di sue foto furono pubblicate postume: A Lifetime of Looking (2015) e Jane Bown: Cats (2016). Morì nel 2014 a causa di attacco cardiaco. Fonti bibliografiche: Oxford Dictionary of Biography (free access), The Guardian. Le foto sono tutte copyright dei rispettivi aventi diritto qui riprese al solo scopo di illustrare l'opera di Jane Bown.
  10. Mi associo, sono curioso anch'io.
  11. Jane Bown (1925-2014) è conosciuta in tutto il mondo per i suoi ritratti di personaggi famosi, ma la sua attività fotografica è molto più varia e ricca. Per questo ho pensato di dividere l’articolo in tre parti ciascuna tratta aspetti diversi della sua attività: comincio con gli inizi della sua carriera ed il reportage. Jane nacque nel 1925 a Eastnor, nell’Hereford (UK). Fu cresciuta da una pletora di zie tutte con nomi floreal (Primrose, Daisy, Violet, Ivy, Rose, Iris, and Gladiolai , racconta che la sua infanzia fu comunque molto felice fino a che non scoprì verso i dodici anni che una delle sue zie (Daisy) era in realtà sua madre, di professione infermiera, la quale aveva concepito Jane con un paziente. La cosa la scosse profondamente e divenne un adolescente introversa e ribelle. Tuttavia riuscì a completare gli studi e fu successivamente ammessa al Corpo Femminile della Marina Militare britannica dove operò nel team che preparò le mappe dello sbarco in Normandia. Lasciò la marina nel 1946 ed ebbe una borsa di studio per un corso di fotografia alla Guildford School of Art. La preparazione fu rigorosa e influenzò lo stile ed il metodo di Jane. Una Giovane Jane Bown alla Guidford School of Art. Il suo approccio era quello di fotografare velocemente senza troppa preparazione, usando un corredo essenziale ed utilizzare non più di due rullini. L’aspetto più sorprendente è che già dai suoi primi lavori mostrava un notevole senso estetico e della composizione unita ad una empatia per le persone ritratte. Girava in bicicletta con la Rolleiflex nel cestino e si fermava a riprendere tutto quello che la colpiva. Molte foto sono prese di nascosto con i soggetti totalmente inconsapevoli. Alcuni ripresi addirittura di spalle. Solo i bambini erano rigorosamente ripresi con lo sguardo dritto nella fotocamera.Aveva una particolare empatia per i bambini e gli emarginati, come zingari e gente del circo. Ritratti di piccoli zingari. Jane diceva che la sua piccola statura e aspetto poco appariscente e la velocità con cui fotografava, facevano sì che non venisse presa in considerazione dai soggetti, che pensavano non stesse scattando sul serio. Anche successivamente, da professionista continuò a tenere un basso profilo e molti dei sui ritratti più famosi furono realizzati nello stesso modo, scattando silenziosamente defilata mentre un giornalista intervistava il personaggio. Jane Bown è l'ultima a destra. Il suo lavoro fu notato dall’ responsabile delle immagini dell’Observer , che nel 1949 gli commissionò un servizio su Bertrand Russell. Negli anni ’50, ’60 e ’70 lavorò in tutti i settori del fotogiornalismo, anche se questa fase della sua attività viene spesso tenuta in secondo piano rispetto ai suoi famosi ritratti. Per questa sua ricerca di immediatezza e espressività è stata definita la "Cartier Bresson" Inglese Henry Cartier Bresson fotografato da Jane Bown. Fonti bibliografiche: Oxford Dictionary of Biography (free access), The Guardian. Le foto sono tutte copyright dei rispettivi aventi diritto qui riprese al solo scopo di illustrare l'opera di Jane Bown.
  12. Un bel medio tele macro per la Z? Da 105 o anche da 125mm, come e meglio del mitico Voigtlander Apo Lanthar, ma AF e VR.
  13. Faccio mie le parole di Viandante e di Max, per non ripeterle, hanno espresso al meglio quello che anche io sento nel leggere questo è vero "editoriale". Grazie Massimo. PS Mi viene voglia sul tuo esempio, di tirare le somme dell'anno "pubblicamente" anch'io, anche se le mie cose sono certamente molto "stottotono" rispetto alle avventure. Ma lo farò lo stesso. Penso sia utile a chi legge ma molto utile anche a chi scrive. Lo consiglierei a chiunque se la sentisse.
  14. No, dai, non vederla così, io lo leggo come dire che tu fotografi spesso in studio in condizioni molto sfidanti e nel contempo estremamente controllate come luci, con riferimento solo alla qualità di immagine (per cui tra D850 e Z7 c'è poca/nulla differenza) tralasciando di considerare i fattori di contorno da te (e Mc Nally) sottolineati qui, che invece sono dei vantaggi per le foto in qualsiasi condizione tranne dove sia richiesta la velocità vera (come tu stesso hai scritto riguardo all'autodromo). Io sono dell'idea che a parte alcuni uccelli in volo e altre situazioni simili, la Z va benissimo anche al fotonaturalista. Per il macrofotografo poi il pre-vedere (e tutto il resto) è pura delizia. Io adesso vorrei una Z (non so quale, forse la 6, più easy?) col 24-70 e l'FTZ da usare con il 300 PF Ma... sono stato cattivo e Babbo Natale non me ne l'ha portata.
  15. Pienamente d'accordo. La Nikon Z (6 o 7) la vedo perfetta per lo street (e ne vorrei una!!!) per i motivi che adduci, il punto 3 (ne parlo supportato dalla mia breve esperienza con la Fuji XT1) ossia il vedere "l'effetto che fa", cioè previsualizzare la foto, è un plus non indifferente in questo, ma anche in altri ambiti.
  16. Sono d'accordo. Magari andava bene anche la Z6, o no? Sto scacciando scimmie a tutto spiano ... cosa che mi viene facile al presente per ovvi motivi.
  17. Ultimamente faccio poca fotografia naturalistica, ma se mi capitasse di organizzare qualcosa di fattibile in gruppo, lo scrivo.
  18. Contribuisco subito: Ex area Falck (Sesto San Giovanni, MI) , stabilimento Vulcano (quel che resta). A colori. In Bianco e Nero, (inquadratura leggermente diversa).
  19. Questa mi piace molto. Bella atmosfera.
  20. Grazie, chiaramente il mio post è un po' scherzoso. Purtroppo l'inverno scorso ho scoperto che hanno "segato" l'albero che faceva da roost (in altro luogo, non a Novara), dove avevo fotografato i miei gufi migliori, come questo.
  21. Che si fa stamattina? Dai, andiamo a fotografare i gufi del Valerio (Brustia)! Beh non sono davvero di sua proprietà, sono i gufi che riposano in un famoso roost urbano vicino a casa sua, in quel di Novara, sopra una betulla in mezzo ad un complesso condominiale, un po' come accade a Milano in via Valdisole. Ci arriviamo di mattina e siamo ansiosi: ci saranno ancora i gufi? Ce ne sono quattro, chi avesse problemi ad individuarli, guardare sotto: Ok allora vediamo se si riesce a fare qualche scatto decente, ma parliamo sottovoce perchè in un vecchio post Valerio ha scritto di non fare chiasso, che se no lo svegliamo e gli si rovina l'umore per tutta la giornata. I gufi ci sono ma come spesso accade non sono proprio messi bene per chi fotografa a livello strada, senza contare che la mattina sono quasi in controluce. Questo sarebbe abbastanza ben illuminato ma: 1) è un po' alto, 2) non ci guarda, anzi dorme. Ce n'è un altro su un ramo abbastanza basso e senza rametti fastidiosi davanti. Ed è pure sveglio. Proviamo? Ehm, ero in matrix, qui forse è meglio esporre in spot, con una leggera sottoesposizione. Direi che va meglio. Ho messo tre foto quasi uguali, in cui cambia un po' la postproduzione, per vedere l'effetto. Spostandosi un po' la luce migliora, ma non siamo più frontali e il gufo ormai si è addormentato. Ma le inquadratura sono più belle. qui il ramo bianco mi da' fastidio... Questa, a parte che sta dormendo, mi sembra quella venuta meglio. Basta così. Ciao Gufi, ciao Valerio. Materiale: Nikon D500, 300mm f4 PF, Tc14 EIII, tempi rapidissimi, tranne nella prima esposizione spot corretta -0.3 o -0.7 a seconda dei casi ISO auto, mano libera, nessun ritaglio. Lode alla gamma dinamica della D500 e doppia lode alla portabilità/praticità del 300mm f4 PF!!! PS Me lo dico da solo, col 500 PF e senza TC avrei "spaccato"
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