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  1. M&M
    circola da tanto tempo una chiacchiera secondo cui Johannes Brahms fosse noto per il suo odio verso i gatti.
    Addirittura qualcuno dice che Wagner avesse certezza che Brahms tirasse ai gatti dalla finestra del suo appartamento di Vienna con l'arco boemo che gli fu regalato da Antonin Dvorak.
    Ma non ci sono prove che Wagner abbia effettivamente detto una cosa del genere. E' solo noto che tra i due ci fosse una certa antipatia e che esistessero due correnti opposte tra i tardo-romantici tedeschi con le due fazioni inneggianti ai due musicisti.
    Peraltro anche il rapporto con Dvorak di cui Brahms favorì l'ascesa con "raccomandazioni" e articoli di sostegno oltre a tanti consigli e incoraggiamenti epistolari era di natura piuttosto formale e con il più giovane boemo certamente in soggezione verso il vecchio maestro tedesco.
    Che Dvorak possa aver pensato di regalare a Brahms un ... arco (?) per i passeri e che questi in un attacco di demenza senile (parliamo degli anni dopo il 1880) in piena città si fosse messo a tirare frecce per poi fiocinare i gatti e portarseli in casa per vederli rantolare è qualche cosa che non verrebbe in mente - credo - nemmeno ad uno in preda ai deliri indotti da droghe chimiche.
    Peraltro Brahms abitava in un appartamento del centro, posto diversi piani sopra al livello stradale che non si vedeva dalle sue finestre.
    E quando andava nel Prater a passeggiare, non si ricorda un poliziotto che lo abbia fermato perchè armato di arco e frecce.
    Di contro Brahms è famoso per la sua bonomia nei confronti dei bambini - degli altri naturalmente - confermata dalle tante ninnananne composte.
    E per le sue passeggiate all'aria aperta, in campagna, sia in Austria che in Germania.

    il sentiero di Brahms, presso Rudesheim in Assia, vicino Darmstadt.
    Brahms amava la natura, la sua seconda sinfonia è piena di riferimenti "pastorali".
    Che fosse uno scorbutico brontolone, non ci sono dubbi, qualche volta persino maleducato - a bella posta - ma un Cat Killer Seriale.
    E poi con arco e frecce ... 
    No, Johannes Brahms non odiava i gatti. E non li uccideva. 
  2. M&M

    Recensioni Audio
    Quando ero ragazzo, nel secolo scorso, mi costruivo da solo i diffusori. Costruivo alla buona i mobili in legno, poi mi mettevo col saldatore ad improvvisare - dopo approfonditi calcoli al computer - i filtri per separare le varie vie con condensatori, induttanze e resistenze.
    I risultati erano decenti, spendevo una frazione di quanto sarebbero costati i diffusori commerciali che desideravo e che mai mi sarei potuto permettere di avere.
    Ma io sono nato digitale e non ho mai amato avere cose che non si possano programmare. Un diffusore "analogico" tradizionale nasce per rimanere come è nato per sempre. E quando supera la barriera dell'età e non si può più riparare, finisce in discarica.
    Inoltre le reti analogiche (i filtri fatti di componenti reattivi) sono difficoltosi da progettare, da costruire, costano un botto, sono poco flessibili, consentono tagli limitati. Non si possono adattare a esigenze troppo sofisticate se non a costi esorbitanti che spesso superano quello degli altoparlanti.
    E a me piacciono le cose complesse, meglio se a tante vie. Grandi, imponenti, con una prospettiva sonora la più realistica possibile.
    Mentre oramai non mi piacciono più "le casse" di legno. In natura esistono solo per contenere cose ma nessuno "strumento sonoro" naturale ha la cassa chiusa.
    A metà degli anni '90 ho per la prima volta provato la costruzione di un sistema aperto, un dipolo. Le "vedove" come le chiamava mio padre per la configurazione estetica "in gramaglie" (due pannelli in nero e amaranto alti 204 cm e larghi 60) sono ancora in casa, sebbene da una decina di anni non suonino più (ma è previsto un loro revival secondo le nuove possibilità che descriverò in questa pagina).
    L'impatto con un sistema aperto composto da una molteplice quantità di driver sovrapposti è stato come volare per la prima volta.
    Non più rimbombi di nessun tipo, prospettiva aperta e spaziale, ricostruzione sonora realistica.
    Io ascolto al 99% musica unplugged, per lo più musica dal primo barocco al primo '900. Credo che solo i sistemi aperti (come questi, ovvero, i dipoli o le trombe) diano una naturale risposta. Perchè é così che sono prodotti i suoni che noi conosciamo.
    Ma ci sono problemi strutturali legati ad un dipolo specie per la tenuta della riproduzione delle prime ottave basse della banda audio. Risolverli per via analogica mi ha comportato l'ideazione di un sistema estremamente complicato da pilotare con un carico sulla prima via molto impegnativo tale da richiedere un amplificatore non comune (uno dei vari AM Audio in classe A che possiedo ancora). Una specie di termosifone da 80 chilogrammi capace di pilotare anche un pezzo di ferro arrugginito ma che scalda come una piccola centrale a vapore.
    Modulare quella risposta senza strumenti era impresa ... empirica. Ne ero soddisfatto perché erano mie creature ma ho sempre saputo che avrei potuto fare di meglio con gli strumenti adatti.
    Il nuovo secolo per fortuna ha portato una svolta in questo campo con la democratizzazione dei processi digitali - un tempo tecnologie sofisticate e costose a disposizione solo dei militari - con apparecchi a DSP in grado di svolgere compiti via programmazione in campo audio.
    E poi abbiamo anche strumenti di misura e controllo che non costano più migliaia di euro.
    Come questo microfono USB, del costo di meno di 100 euro che viene fornito addirittura con una curva di calibrazione per singolo apparecchio che ne livella la risposta 

    l'UMIK-1 di miniDSP, società cinese specializzata in dsp per hobbysti.
    ****
    Andiamo al progetto, riepilogando prima i concetti di base
    sistema aperto a dipolo (ovvero radiazione diretta anteriore, radiazione riflessa posteriore, nessuna cassa ma un semplice pannello) 4 vie separate divisione delle 4 vie effettuata tramite crossover elettronico a DSP amplificazione separata per le 4 vie controllo del sistema via computer da remoto livellazione della risposta e correzione ambientale tramite DSP i sistemi a dipolo sono caratterizzati da una frequenza di taglio passa alto sulle basse frequenze che è diretta relazione della larghezza del pannello.
    Il pannello si comporta come una sorta di filtro passa alto nei confronti dell'emissione posteriore. Questa a fase invertita rispetto a quella diretta emessa frontalmente, viene riflessa dalla parete della stanza e riportata in fase ma ritardata rispetto a quella diretta.
    Alla frequenza di taglio la risposta dell'altoparlante sul basso comincia a ridursi di 6 db ottava fino ad un punto caratteristico dove questa attenuazione diventa più ripida.
    Normalmente queste frequenze per pannelli di dimensioni compatibili con un normale ambiente di ascolto sono piuttosto elevate rispetto ai sistemi chiusi (sospensione pneumatica o bass reflex) per cui un sistema a dipolo in generale ha un contenuto di bassi di potenza nettamente inferiore a quella di una "cassa".
    Ma esistono sistemi per riportare in linea la banda passante del basso.
    Uno è quello di usare woofer con fattore di merito elevato (anche superiore ad 1), un altro è quello di usare più woofer fatti emettere insieme per aumentare la potenza emessa in ambiente, l'altro ancora è quello di equalizzare la risposta sul basso in modo da aumentare la potenza elettrica applicata rispetto alle altre vie.

    Il mio vecchio sistema (The Widows) usava il secondo metodo, impiegando 5 woofer contro un solo midrange ed un solo tweeter (via delle medie frequenze e via delle altre frequenze).
    Il mio nuovo sistema invece usa i tre metodi insieme.

    il primo disegno di massima del pannello dei DIP21.
    Le quattro vie sono così distribuite :
    basso : 2 woofer Focal in vetro Utopia 38W da 15 pollici medio-basso : 2 woofer Focal in vetro Utopia 27W da 11 pollici medio-alto : 4 driver planari B&G da 10 pollici alto : 1 tweeter planare B&G da 3 pollici in questi anni ho imparato ad apprezzare la risposta dei planari, attribuendole le migliori caratteristiche di fedeltà di risposta e di naturalezza di emissione, essendo caratterizzati da membrane grandi rispetto ai tradizionali altoparlanti dinamici per le vie medie alte ma al contempo estremamente leggere e dal movimento omogeneo e non caratterizzato da un flusso di forza che dal centro si sposta verso la periferia.
    Per questo ho scelto dei planari per le vie oltre i 300 Hz.

    eccoli qui, in primo piano i due medio-bassi B&G NEO10 da 10 pollici capaci di risposta dipolare da circa 200 Hz fino a 8000 Hz, e il tweeter B&G NEO3 da 3 pollici, specializzato in frequenze più alte, da ~1000Hz in su.
    L'impiego di pannelli multipli, connessi in serie-parallelo, oltre ad aumentare la tenuta in potenza ha costituito un array lineare di circa 120cm di altezza, capace di riprodurre tutte le frequenze più importanti del segnale acustico.
    Il taglio impostato è di circa 300 Hz per il basso e 3500 Hz per l'alto


    dettaglio del NEO3 che in questo caso viene usato con la cupola posteriore montata per limitare il suono solo sulla parte anteriore.
    Sui bassi ho impiegato altoparlanti Focal, dinamici, ovviamente, perchè i planari non hanno tenuta in potenza alle frequenze più basse, di derivazione auto.
    Sono tutti subwoofer con membrana in doppio vetro frammezzo con schiuma sintetica. Rigido come metallo ma molto più leggero e caratterizzati da gruppi magnetici in neodimio con configurazione a "fiore".

    l'11 pollici a sinistra, il 15 pollici a destra. I complessi magnetici e le bobine di questi woofer sono tali da reggere potenze nell'ordine del kilowatt ciascuno.
    Il loro Q è elevato, intorno a 0.57, adatti allo scopo. Il VAS è elevato, sostanzialmente sono pensati per essere usati in aria libera o in casse piene di assorbente acustico di enormi dimensioni.
    Ne ho usati 2+2 per cassa per aumentare la diffusione, il Q complessivo, il volume spostato e la riflessione alle varie altezze.
    I pannelli sono alti circa 170cm e il driver sono distribuiti sull'intera superficie.

    la differenza di proporzioni tra i driver in gioco.
    Uno dei woofer da 15 pollici pesa da solo 14 chilogrammi. Il piccolo, circa 10. I medi pesano un chilogrammo.
    Un pannello con i driver montati arriva ad 85 chilogrammi. Ovviamente sono dotati di rotelle.

    i pannelli durante la fase di costruzione. E' comune legno di pino rivestito da listelli per pavimentazione ricoperti di "finta" quercia.

    qui in fase di verifica delle aperture

     
    queste fasi sono lavorazioni manuali : fresature, tagli, levigature. Cose noiosette ed impegnative sul piano fisico.

    i due pannelli in studio fotografico

    montaggio degli altoparlanti.

    non so quante viti ci sono volute

    montaggio completato

    dettagli dei morsetti delle quattro vie di un canale


    cablaggio rigorosamente volante con cavo di grande sezione avvitato ai morsettoni dei woofer.
    Per le vie alte che non reggono la saldatura, solo faston dorati.


    sul tweeter ho saldato un condensatore da 5 microfarad per sicurezza in caso di incauto collegamento.

    foto d'insieme con i primo impianto di pilotaggio.

    poi ridotto ad una versione più mininal : DSP e 4 finali Crown-Audio

    che ha poi raggiunto l'attuale configurazione ancora più concentrata con due finali a 4 canali, costruiti appositamente su mie specifiche da un artigiano romano.
    ***
    Fin qui la prima fase di costruzione. Nella prossima puntata altri approfondimenti sulle logiche di funzionamento, collegamento, controllo, prima di addentrarci in quella di correzione della riposta del sistema e dell'ambiente.
  3. M&M
    Nonostante sia una vera gatta morta, fino a qualche anno fa, adoravo Gwyneth Paltrow

    specie nelle vesti della mitica Pepper, segretaria/amica di Iron Man.
    Nel tempo la ragazza si è fatta strada con quella sua aria da santarellina, appoggiandosi al fidanzato Brad Pitt e poi al grande Harvey Weinsten che le ha pure fatto avere un oscar, nonostante la dote principale della bionda oggi quarantottenne non sia proprio la recitazione.

    Brad e Gwyneth, prima che lui andasse con Angelina e lei con il frontman dei Coldplay

    Gwyneth e Harvey agli oscar 1999
     
    Ma naturalmente il tempo passa e ci vogliono nuove iniziative.
    Dopo la stagione salutistica e di cucina-benessere (ci sono trasmissioni TV in cui Gwyneth insegna alle donne americane come cucinare per aver cura di se), arriva l'ultima trovata che penso sia assolutamente sensazionale.
    E' in commercio ed è andata letteralmente a ruba, nonostante costi ben $75 dollari, una candela prodotta per conto di Gwnyeth Paltrow che sull'etichetta reca una assicurazione ben più che allusiva :
    "ha lo stesso odore della mia vagina"

     
    Per me è geniale e mi auguro che faccia veramente tanti soldi.
    Però mi resta la curiosità di sapere da Brad e da Harvey - lo ammetto, con tanta invidia - se lo slogan corrisponda a realtà ...
     

    Gwyneth Paltrow colta dai paparazzi mentre prende il sole con Brad Pitt quando erano fidanzati (foto prese del web, copyright dei legittimi proprietari)
  4. M&M
    all'insegna del molto politicamente scorretto, ha riaperto i battenti dopo tre anni di chiusura causa Covid19, la manifestazione primaverile "Open", aperta a tutte le categorie, delle Drag Race sul classico quarto di miglio sull'aeroporto di Rivanazzano Terme (PV).
    Si tratta di una sede oramai storica e prestigiosa, con una fortissima presenza internazionale.
    Chiaramente con la benedizione di Greta, della Commissione Europea, e del Partito Democratico Americano, rigorosamente a norme Euro 7 bis, si è riunita una torma di muscle car americane (con un piccolo contingente di maggiolini WV e qualche auto europea, poche in realtà), attrezzate per battagliarsi sul quarto di miglia in gare di accelerazione (400 metri e un chilometro per decelerare). Il record della pista è 8'' e 6 decimi. Fate voi i conti della velocità di uscita.
    In parallelo, un gigantesco raduno di moto Harley Davidson di ogni genere e tipo. E un sacco di gente.

    La bandiera d'ordinanza in queste manifestazioni è quella del Dixie


    o al limite del Texas

    quella dell'unione è comunque tollerata

    per questioni patriottiche

     
    per sciogliere gli accumuli di olio si usa diluente nitro puro, a bidoni

    cancerogeno e altamente tossico, ma insostituibile

    i fondatori della manifestazione non si atteggiano, sono

    se una ragazza ha un bel culo non lo nasconde e se lo lascia guardare

    non importa l'età

    visto che si possono esibire anche italici ricordi
    ma soprattutto, si consuma olio, gasolio, benzina e coperture


    insomma, Rivanazzano Dragway, appena dopo Pavia scendendo nell'Oltrepo

    Come mio solito ho scattato un fantastilione di foto, specie stavolta che ero dotato della Z9. L'altra volta con la Z6 non mi sono divertito tanto ...
    ed ho girato un sacco di video perché queste auto in foto non rendono altrettanto (li carico in sequenza qui tra i commenti).
    Con la Z9 al 90% il Nikkor Z 24-200, adattatissimo al bisogno, nelle foto nel paddock con il Godox V1N.
    Il 100-400 l'ho tirato fuori dalla borsa solo per pochi scatti alla fine, ma ero troppo vicino per sfruttarlo a dovere.
    A settembre si replica per le gare speciali. Non mancherò.




    Altre foto nella gallery (cliccare qui sotto per andare a vederle) :
     
  5. M&M

    Artisti
    E' mancato l'altro ieri il pianista renano Lars Vogt che avrebbe compiuto cinquantadueanni domani.

    pianista solido e anche direttore d'orchestra negli ultimi tempi, ne abbiamo parlato nelle nostre recensioni, sempre con un occhio di riguardo per la qualità delle sue interpretazioni.
    La malattia, incurabile, gli è stata diagnosticata nel febbraio dell'anno scorso, ma ciò non gli ha impedito di pubblicare ancora alcuni dischi, l'ultimo dei quali, è in programma per il prossimo 22 ottobre :

    qui lo vogliamo inoltre ricordare per la lunga collaborazione con il connazionale Christian Tetzlaff, violinista eccezionale, nel repertorio più importante per i loro strumenti, spesso anche con Tania Tetzlaff alla viola.

    questo disco li vede insieme è dell'ottobre 2021.
    In marzo, ho scritto del suo disco di Mendelssohn che mi è molto piaciuto

    ma soprattutto questo, il "mio" Brahms :
     
     
     
    vola ancora più alto Lars, e salutami tanto Hannes. Non abbiamo avuto occasione ma ci vedremo, presto o tardi e berremo un boccale di quella buona.
  6. M&M

    Scherzi a parte
    Lewis Hamilton è uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1.
    Non sono io che lo dico, parlano i numeri.

    Smarcato questo, io lo rispetto finché tiene le mani al volante e tace.
    Appena apre bocca o circola vestito da pagliaccio per il paddock, o, peggio, ammanta di "buonismo" di tendenza ogni "cosa o fesseria" che gli possa venire in mente, lo detesto con tutto me stesso.
    Infine, io non sono tifoso e seguo le corse - tutte quelle che mi capitano - per le modelle (le AUTOMOBILI) non per chi le guida.
    Ma dopo tutti questi anni di predominio assoluto aiutato da un atteggiamento molto meno che neutrale (é un eufemismo) nei confronti del Re Nero e della Mercedes di Britannia, non se ne poteva più.
    L'idea stessa di vederlo zampettare lui e le sue treccine sul podio ancora una volta con festeggiamenti rituali, inginocchiate e compagnia varia, l'ottavo titolo iridato di cui tre vinti per il rotto della cuffia e gli altri 4 per assenza di avversari, mi sarebbe stato intollerabile.
    Per questa ragione, anche se dovesse poi risultare che in appello la federazione di fronte al potere economico di Daimler-Benz e Petronas dovesse ribaltare le cose contro il produttore di "succo di cimici rosse", per me il fatto che ieri non si sia visto niente di questo non ha prezzo. Resterà nella mia mente come il titolo non vinto in pista da Hamilton/Mercedes/Wolff.
    E mi basta così, in attesa di vedere come andranno in pista le modelle del 2022 con le loro ruote da 18 pollici (come la mia Mini John Cooper Works)

    il pagliaccio con le treccine dovrebbe interrogarsi su quanto tempo vorrà onorarci della sua presenza.
    Ieri Kimi Raikkonen è uscito di scena con lo stile che gli si confa, onorato dalla Ferrari come se fosse ancora un pilota Ferrari. Presenti anche Domenicali e, dietro le quinte, Todt.

    sono certo che quella "macchinina" ha fatto breccia anche nel suo cuore di ghiaccio.

    Arrivederci Kimi, e grazie.
  7. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Mahler : sinfonia n.9
    Dusseldorf Symphoniker, Adam Fischer
    Tonhalle Dusseldorf 2020, formato 96/24, ascoltato via Qobuz.
    Si conclude i(o forse manca ancora la sesta ? Ho perso il contro tra Adàm e Ivàn) in modalità spettacolo l'integrale migliore del secolo delle sinfonie di Mahler.
    C'è tutta la poetica del compositore ma anche l'intima umanità di un direttore d'orchestra estremamente sensibile quanto antistar.
    Ogni nota, ogni passaggio, ogni fraseggio è terso e teso ma al contempo il quadro complessivo è mite, sereno, definitivamente orientato ad una meta superiore.
    Il senso metafisico della composizione ... d'addio è reso con delicatezza e sublime armonia, senza le cacofonie tipiche dei momenti più caotici della musica di Mahler.
    Se negli anni '80 avevo osannato l'edizione integrale di Inbal, oggi di fronte a questa integrale c'è poco da aggiungere. Siamo ai massimi livelli della storia.
    Del resto bisogna giustificarla oggi una ulteriore mahlerata con tutte le registrazioni che abbiamo rispetto ai tempi di Kubélik.
    Suono straordinariamente preciso e profondo, si sente ogni più piccola nuance.
    Un must have (come tutti gli altri dischi della serie).
    Sei proprio forte Adàm !
  8. M&M
    Tutti la vogliono, tutti la cercano, tutti si lamentano perchè non ce l'hanno ancora.
    E poi arriva, si mettono a studiare ogni funzione, anche la più recondita e macchinosa o astrusa.
    Ne sanno parlare, ne studiano le peculiarità. Si confrontano, si misurano. 
    E poi niente, basta. Soddisfatto il desiderio, passa la voglia. E anche la Z9 finisce sullo scaffale.
    Eppure una volta si sarebbero fatte pazzie per quel desiderio, da tenere caldo e perpetuamente vivo, quasi una ossessione.
    Come nel famoso film Quell'oscuro oggetto del desiderio di Bunuel.
    Dove un attempato Fernando Rey vive di ogni respiro della bellissima e conturbante Carole Bouquet, bella allora come ora, ed altrettanto desiderabile.



    ma allora si era nel 1977. Altri tempi. Tempi di passioni.
    Oggi è solo letteratura, non realtà. 
    Che peccato ...
  9. M&M

    Interpreti
    Si è spento improvvisamente il giorno di Pasqua, senza preavvisi, il grande pianista Radu Lupu.
    Uomo schivo, stava male ma da anni non si sapeva nulla di lui.
    Formatosi in patria - Romania - nel 1961 ottenne una borsa di studio per perfezionarsi a Mosca, con Neuhaus, come Richter e Gilels.
    E pur più giovane, apparteneva a quell'humus culturale, irripetibile, forgiato dalla guerra e dalla cortina di ferro.

    Vincitore di premi prestigiosi, presente ai principali festival, con le migliori orchestre e i più importanti direttori di orchestra.
    Lascia una eredità discografica non sterminata ma ogni sua nota è umanità, garbo, stile.
    Qualche cosa che oggi non esiste più e probabilmente, mai più rivedremo.

    il suo Schubert è leggendario

    e sono leggendarie le sue registrazioni per Decca.
    Ma io un pò controcorrente lo voglio ricordare per due dischi che mi sono particolarmente cari e che mi hanno formato in gioventù, quelli CBS in coppia con l'altro pianista di rango - di cui cade oggi il compleanno - l'amico di sempre Murray Perahia.

    quello solistico dedicato al pianoforte in duo e a quattro mani di Mozart e Schubert e quello tutto mozartiano

    irraggiungibile per chiunque, ieri, domani e sempre, con i concerti doppie tripli e la fantasia in Fa minore.
    L'augurio, commosso, di essere là, insieme a Mozart e a Schubert, a suonare e a parlare di Musica con la Musica stessa.
     

    e con le parole simpatiche della piccola Yuja Wang che qualche hanno fa ha suonato con lui dicendo "... un pò intimidatorio, avere Brahms accanto a me che suona Brahms ... e poi mi volta le pagine" 
  10. M&M
    Saint-Saens :  Concerti per pianoforte e orchestra n. 3, 4 e 5
    Alexandre Kantorow, pianoforte
    Tapiola Sinfonietta diretta da Jean-Jacques Kanotorw
    BIS 2019, formato 96/24
    ***
    Credo debba essere considerato un grande privilegio, padre e figlio insieme in un progetto musicale.
    Sono soliti suonare insieme anche a livello cameristico, il violinista e direttore d'orchestra Jean-Jacques e il pianista Alexandre.

    Qui si combinano con il fresco approccio della Tapiola Sinfonietta, un'orchestra nata con intenti cameristici e poi cresciuta a dimensioni sinfoniche, sebbene comunque di organico contenuto.
    Danno sfogo al virtuosismo pianistico di Camille Saint-Saens con i suoi ultimi tre concerti per pianoforte e orschestra.
    Il punto massimo nel 4° concerto - la più grande pagina pianistica scritta da Saint-Saens, secondo il suo amico Alfred Cortot, e scusate se è poco - mentre trovo un pò meno convincente il brillantissimo "Egiziano" che chiude il disco.
    L'interpretazione di Alexandre è molto brillante ma temo che si fermi alla superficie, lasciando quella solita impressione edonista che molte letture di questo autore tendono a dare. E' giovane e vuole apparire, nulla di male in tutto ciò.
    Però mi piace questo grande ritorno di fiamma per un compositore troppo importante per essere semplicemente archiviato, come è stato sinora, per antipatico, retrogrado e conformista.
    Registrazione chiarissima come da costume BIS che privilegia nell'equilibrio il pianoforte, con l'orchestra forse troppo leggera. Ma i tecnici BIS sanno il fatto loro e conoscono bene sia l'orchestra che la sala, quindi avranno ripreso quello che avremmo potuto ascoltare dal vivo.
  11. M&M
    Zurich annuncia che rimuoverà (temporaneamente ?) la Z bianca su campo azzurro dai suoi loghi per non dare appoggio alla campagna militare russa in Ucraina.
    Zorro toglierà la maschera e il mantello.
    Noi salteremo una lettera e il nostro alfabeto diventerà da 20.
    Le Nikon Z verranno messe al bando dal mercato ?
    Voi tutti state accuratamente limando le etichette delle vostre Nikon, vero ?
    Io no, non solo ne vado fiero ma me ne f...o !
     
    Hey, guys, this is MINE Nikon Z9 !

    I'm a proudly Nikon Z owner !

     
  12. M&M

    Recensioni : Musica da Camera
    Beethoven : Quartetti Op. 18 n. 1-6
    Chiaroscuro Quartet
    Bis ottobre 2021 (primo volume), marzo 2022 (secondo volume), formato 96/24
    ***

     

    La formazione del Chiaroscuro Quartet : Alina Ibragimova (Russia) e Pablo Hernán Benedí (Spagna), violini, la violista svedese Emilie Hörnlund e la violoncellista francese Claire Thirion.
    E' un ensemble internazionale, come si vede dalla provenienza dei quattro componenti, formatosi in Inghilterra nel 2005 e subito acclamato per le sue performance "in stile autentico".
    Si dedica alla musica da camera del periodo più classico, tra Mozart, Haydn e Mendelssohn passando per Schubert ed, appunto, Beethoven.
    La sua peculiarità é il suono, non solo autentico in senso stretto (cioé il più simile a quello contemporaneo della musica che suonano) ma anche la chiarezza di dizione con ogni singola nota perfettamente scandita e con le quattro voci perfettamente distinguibili.
    Cosa estremamente difficile se pensiamo al solo aspetto tecnico, complessa quando ragioniamo di corde di budello ed altri dettagli esecutivi fuori dal nostro tempo.
    Avevo già ascoltato il primo volume della prossima integrale di Beethoven, che è cominciata con il primo volume pubblicato da Bis lo scorso ottobre, diligentemente con i primi tre quartetti dell'Op. 18.
    Ho ripreso l'ascolto oggi, con il secondo volume appena uscito.
    I quartetti Op. 18 rappresentano la prova di maturità dell'arte di Beethoven, accasatosi a Vienna ed acclamato solista di pianoforte ma desideroso di andare oltre.
    Sono un microcosmo multiforme che prendono le forme dal quartetto settecentesco ma con tutta la forza di Beethoven cercano di distaccarsi dalla musica da camera dei suoi "maestri", Mozart ed Haydn compresi.
    Le dinamiche sono moderne, quanto lo è la dialettica tra le voci. Ma soprattutto il ritmo è già quello del Beethoven sinfonista.

    Un approccio "pragmatico" però, avendo a mente i successivi quartetti beethoveniani e soprattutto gli ultimi, potrebbe portare ad un ascolto noioso. Tanto che io, francamente li ho sempre trascurati dopo un primo studio 30 anni fa.
    Ma le ultime letture me li hanno portati all'attenzione come autentiche perle compositive.
    Riuscire a costruire piccoli mondi "sinfonici" con quattro strumenti fatti suonare tra loro pari a pari richiede manico, perizia, arte e tanta passione.
    Composti tra il 1798 e il 1800 e pubblicati a Vienna dall'editore Mollo nel 1801 con il titolo francese di "Six quatuors pour deux violons, alto e violoncello, composés et dédiés a S.A.M. le Prince régnant Franz Joseph Lobkowitz", uno dei più influenti amici di Ludwig, che li apprezzò molto tanto da assegnare al compositore un appannaggio di 600 fiorini annui e regalargli anche quattro preziosi strumenti ad arco: un violino e un violoncello di Guarnieri costruiti a Cremona fra il 1712 e il 1718, un secondo violino di Nicola Amati fatto nel 1667 e una viola di Vincenzo Ruger costruita nel 1690.
    Studiandoli a fondo ci sono autentiche invenzioni ma anche in termini di materiale melodico meritano una riscoperta. Non ho bisogno di citare l'adagio affettuoso che forma il II movimento del quartetto n.1, tra i più belli scritti da Beethoven.
    ***
    Il Chiaroscuro Quartet affronta questi lavori con il frizzante brio della gioventù, il ritmo è sempre brillante ma soprattutto, come già scrivevo sopra, è la dizione, il singolo tono perfettamente distinto, il suono nell'insieme chiaro eppure perfettamente armonico che costituisce la peculiarità della loro lettura.
    In questo a mio avviso c'è un forte distacco dalla tradizionale visione alla Amadeus/Berg e forse ce n'era bisogno.
    Ma ovviamente il nitore della lettura e il ritmo complessivo, poco possono con la versione del Quartetto Italiano che continuo a considerare come di una classe a se stante. Pur in una visione da "caduta degli dei".

    Il limite forse, per il momento sta nel fatto che questo primo volume della nuova integrale, ha una chiave "giovanile" ed è rappresentato da giovani. Mentre in tutte le altre letture possiamo vedere l'arco completo dell'interpretazione fino alla Grande Fuga.
    Come sia, il Beethoven del Chiaroscuro in questi quartetti Op. 18, in tutti, specialmente nel n. 6 mi raffigura perfettamente il giovane di successo arrivato da poco a Vienna e che si fa strada con il suo genio.
    Primo musicista libero, pronto a seguire la sua ispirazione, pescando da tutta la sua sensibilità e ricchezza culturale.
    Vediamo a tratti il vociare di gruppi di giovani a passeggio, scene di vita, sole, vento, pioggia. Carrozze, cavalli, redingote e cilindri. Poche residue parrucche incipriate.
    Anche i momenti di "Malinconia" (il titolo dell'ultimo movimento del quartetto n.6) sono passeggeri. C'è ancora speranza.
    Ed è bello così.
    Noi naturalmente attendiamo le prossime uscite di questa integrale, speranzosi a nostra volta.
    Intanto un saluto ad una lettura fresca e veramente da 21° secolo che si stacca molto dalla tradizione cameristica dei decenni passati.
     
    Edizione di riferimento :

    Belcea Quartet, integrale dei quartetti di Beethoven, 2012-2014
    Alpha Classics

    il Belcea Quartet
    Ho scelto come riferimento l'edizione del Belcea, formatosi qualche anno prima del Chiaroscuro che a mio parere offre una lettura più matura, più ... scura e romantica, probabilmente più vicina alle edizioni capitali dei lavori di Beethoven.
    Io però li ho visti in video e vi devo dire che sono altrettanto eccezionali

    disponibile anche su Blu-ray.
    A voi la scelta.
  13. M&M
    Poco più che ventenne, con all'attivo il primo premio al Concorso Carl Nielsen nel 2019 - ovviamente con il suo concerto per violino - tre dischi per BIS e soprattutto tanta passione e un virtuosismo sfacciato ma mai esibito.

    E' Johan Dalene, svedese, si è perfezionato con Janine Jansen, a Stoccolma.
    Ha un suono terso ma capace di ampie modulazioni. Sfrontatamente brillante, dal tocco magico cui tutto apparentemente risulta facile.

    E' quello che ho percepito vedendolo nel concerto di chiusura del concorso Carl Nielsen ma è anche quello che si sente nei suoi dischi.

    Chaikovsky e Barber : concerti per violino e orchestra
    Norrkoping Symphony Orchestra diretta da Daniel Blendulf
    Bis 6 dicembre 2019, formato HD
    L'interpretazione di Dalene del concerto di Cjaikovsky è sia audace che canonica.
    Porta i tempi dei dei due allegri fin verso l'estremo ma senza tralasciare di dare ai momenti melodici il necessario per far salire e respirare la musica.
    Il risultato è impressionante per la sicurezza esibita, da concertista consumato. A 19 anni.
    Il Concerto di Samuel Barber, è più complicato e già averlo scelto insieme al più conosciuto Chaikovsky è segno di audacia.
    Con Barber è facile scadere nel mieloso dimenticandosi di quanto sia richiesto di essere cangiante e esotico al violino.
    Le modulazioni che riesce a dare al suo Stradivari del 1736 sono tutt'altro che banali.
    Il movimento finale in particolare è un crescendo perpetuo che caratterizza del tutto la sua performance.

    Nordic Rhapsody
    Musiche di Grieg, Sinding, Stenhammar, Sibelius, Nielsen, Rautavaara
    Christian Ihlen Hadland, pianoforte
    Bis 5 marzo 2021, formato HD
    Apparentemente più conformista questa Rapsodia Nordica che fa l'en plein dei principali compositori scandinavi e i loro contributi cameristici per violino e pianoforte.
    Eppure i contrasti che propone questo disco spaziano per tutto il nord in più di un secolo di tempo.
    Con grande sensibilità i due interpreti caratterizzano le tante voci, apparentemente simili, di compositori che si sono influenzati a vicenda nel corso della loro carriera, mantenendo quel carattere tipicamente scandinavo descrittivo delle loro terre, simili ma anche molto diverse, sempre con tanta passione, forza, tristezza e speranza.
    Un disco da studiare che non lascia troppo spazio alla noia (come invece capita spetto con pagine simili).

    Sibelius e Nielsen : concerti per violino e orchestra
    Royal Stockholm Philarmonic Orchestra diretta da John Storgards
    Bis 11 marzo 2022, formato HD
    Ed infine il pezzo forte, uscito solo due settimane fa, con il giovane Johan che corre sulla neve del suo paese, alle prese con i due concerti per violino più celebrati di inizio '900.
    Due concerti che più diversi non potrebbero essere, eppure accomunati da tante vicinanze.
    Nielsen e Sibelius sono nati entrambi nel 1865 ed entrambi hanno iniziato i loro studi sul violino, dimostrandosi poi capaci di essere perfettamente padroni della sua tecnica all'atto di scrivere musica. Cosa non scontata per altri grandi compositori, anche più celebrati.
    I due concerti sono usciti tra il 1905 e il 1911, più travagliato quello di Sibelius, poi sostanzialmente riscritto, che somiglia in un certo modo ad un poema sinfonico, più che ad un concerto violinistico romantico.
    Quello di Nielsen è, in linguaggio moderno, pre-romantico, quasi neobarocco, diciamo in due movimenti a sua volta ripartiti ed in sequenza lento-veloce-lento-veloce.
    Temperamenti diversi che richiedono agli interpreti - perché anche la parte orchestrale è tutt'altro che superflua, anzi - sensibilità molto poliedriche.
    Ho ascoltato tante volte questo disco negli ultimi giorni.
    Il piglio e il carattere di Dalene mi ha veramente impressionato.
    Sembra che in vita sua non abbia suonato altro. Anzi, che sia nato per suonare questo.
    Non è un caso che abbia vinto il concorso con il concerto di Nielsen, lo suona come se fosse suo.
    Se guardate il video che allego nei commenti, di tre anni fa, lo si vede in ogni frase. E' come se scherzasse con l'orchestra, a tratti sottovoce, in altri con voce possente ma mai sopra le righe.
    Con tono evocativo quando serve, magniloquente quando è il caso.
    Sempre con una facilità disarmante.
    Siamo all'esordio ma questa lettura lo vedo al secondo posto, nella mia personale classifica, dopo quella della norvegese Vilde Frang che ritengo più matura.
    Soltanto un filo meno meno espressiva di quanto amerei - più alla Stern che alla Jansen se vogliamo dirla tutta - il concerto di Sibelius che resta di una difficoltà disarmante e che viene superato con disarmante facilità dal Dalene.
    Le cadenze sono chiare, precise, non concitate, le riprese quasi violente, ma il tutto è sempre reso senza esibizionismo o il voler inutilmente apparire.
    Sensibilmente e appassionatamente come si conviene a tutta la musica nordica.
    Effettivamente, per una volta convengo con una recensione di Gramophone non esiste miglior abbinamento in disco di questo.

    al concerto finale per la vittoria al Concorso Carl Nielsen
    Insomma, un violista di primordine, molto ben impostato, con doti personali invidiabili, grande facilità nel suono ma soprattutto, carattere, sensibilità, passione, amore per la musica.
  14. M&M
    Johannes Brahms : Late piano works (Le ultime opere per pianoforte), Opp. 116-119
    Paul Lewis, pianoforte
    Harmonia Mundi, 2022, formato HD, acquistato
    ***
    Rimando alle mie considerazioni generali su queste composizioni - geniali, moderne, sperimentali, tutt'altro che sentimentali - su cui spesso si dibatte un pò a sproposito, per ricordare qui che non devono essere considerate pagine di commiato o esternazioni disperate. Lo scopo per Brahms era piuttosto il contrario.
    Detto questo, ho letto una intervista al New York Times di Paul Lewis su Brahms in generale, su queste pagine e in particolare il pezzo preferito da Lewis, Op. 118/6, che lui definisce in un passaggio come oscurità assoluta e "Non c'è niente di così angosciante come questo pezzo".
    Concordo nell'insieme e in generale sull'approccio che punta a privilegiare la raffinatezza quasi sperimentale dell'ultimo Brahms al pianoforte, a discapito del più facile indulgere sentimentale.
    In Brahms c'è l'appassionata visione di una forma musicale estremamente sofisticata.
    Per questo tende a "suonare peggio di quanto sia", se il pianista è distante da questa visione.
    Non è il caso di Paul Lewis, pianista molto sensibile che qui rifugge assolutamente da isterie, passaggi troppo urlati e in generale ad inutile sentimentalismo.
    Certo, la musica di Brahms è triste ma è un modo per disinnescare la tristezza come si susseguono i fraseggi.
    Anche nelle ripetizioni a ritmi variati (117/3) con tempi che cambiano fino a chiudersi.
    Sono più i sussurri e gli spazi, quasi sincopando su cui Lewis dipinge una tavola in cui i colori ci sono tutti ma disposti cesellando, con pennelli finissimi, non a spruzzo.
    Devo dire che se trovo tutto il disco perfettamente coerente e condivisibile, il meglio l'interprete ce lo regala nelle due ultime raccolte, 118 in testa.
    Magari sembrerà facile con quelle fantastiche gemme. La 119 è più complicata ma i tre intermezzi qui sono proprio fantastici. E la rutilanza dell'ultima Rapsodia che ci saluta con umorismo, sfida e orgoglio (ma quale angoscia, quale disperazione) è realmente grandiosa.
    Ma soprattutto è la delicatezza del porgere le note - anche quando sono tante ... troppe tutte insieme - di Paul Lewis che mi ha convinto in questo disco. Lo sguardo è quello di Hannes bambino, non del vecchio panzone.
    C'è la rassegnazione di non aver potuto fare tutto quello che si poteva fare. E chi non ce l'ha ad una certa età ? O di aver sbagliato.
    Ma quando si è fatto il meglio va bene lo stesso.
    Il gioco (riportare a vita nuova la musica degli antichi in una luce moderna, anticipatrice, precorritrice) era grande.
    Johannes vi ha dedicato la vita, lasciandoci ... di stucco.
    E' complicato, a volte noioso leggerlo come si dovrebbe. Ma questo è Brahms.
    Grande Paul Lewis e registrazione straordinariamente ricca.
    Disco di riferimento, diverso ma vicino al vecchio Katchen (che peraltro Lewis cita come ispiratore insieme a Radu Lupu e in effetti, potrei dire che la sua lettura sia la perfetta sintesi tra quei due mondi opposti).
     
  15. M&M

    Beginners Guide
    Abbiamo l'idea di Brahms vecchio, panzone che, con le mani incrociate dietro alla schiena, la barba lunga e il sigaro in bocca passeggia per i vialetti del Prater sorridendo alle donzelle del luogo cui regalava sovente caramelle e cioccolatini.
    Che si sedeva a fatica e che, burbero, malsopportava le presenza importune, sebbene lo celasse per quanto possibile con un atteggiamento per lo più affabile.
    Quello ritratto in questa fotografia del 1894, a sinistra il giovane Johann Strauss II, piuttosto compiaciuto di se e dei suoi baffoni e della perfetta piega dei pantaloni, a destra il nostro brontolone con la sua palandrana informe :

    che ci riserva un mezzo sguardo enigmatico ben nascosto da barba e baffi.
    Mentre pensiamo al Brahms senza barba come l'eterno innamorato deluso, alla ricerca delle tracce degli antichi e alle prese con complesse soluzioni contrappuntistiche da definire sulla carta per fissare le effimere ispirazioni della mente.
    In verità lo stesso uomo, introverso, complesso e fermamente deciso a nascondere la gran parte di se (distruggendo documenti, taccuini, manoscritti, partiture incomplete, dandole alle fiamme o gettandole nel fiume) perchè al mondo restasse solo la sua musica.
    Probabilmente però quello vero cui dobbiamo pensare mentre ascoltiamo la sua musica è questo :

    Ritratto di Johannes Brahms nel 1868
    Amare Brahms non è parimenti semplice, meno che meno farne una guida breve per chi non lo conosca.
    Ha scritto relativamente poca musica e l'elenco delle sue opere è ben più sintetico di quello di Bach, di Mozart o di Handel.
    Dovrebbe essere cosa di un attimo proporne una selezione. Eppure una selezione qualsiasi darebbe una visione completa ?
    Non sono in grado di rispondere.
    Posso solo anticipare che la guida che segue è la più arbitraria e soggettiva possibile e non ho alcuna presunzione di trovare l'approvazione di chi già conosce Brahms.
    Brahms ha scritto quasi esclusivamente musica per pianoforte nei primi anni della sua vita. Ed ha concluso la sua esistenza scrivendo musica per pianoforte o per pianoforte e un altro strumento.
    Per tutta la vita ha scritto lieder e musica vocale.
    Durante la maturità, musica sinfonica, per strumento solista e orchestra, per coro e orchestra, per gruppi da camera fino a sei strumenti.
    Per orchestra da camera e per grande orchestra.
    Ha scritto musica delicata e sentimentale e sfacciata e popolare.
    Fortissimo e pianissimo insieme.
    122 opere catalogate in tutto. Molte delle composizioni sono da considerare "minori" e la gran parte di quelle vocali, sostanzialmente sconosciute.
    Ma qui abbiamo detto di voler scegliere esattamente 10 dischi, per una disamina più completa dell'opera del nostro Johannes ci prenderemo tutto il tempo necessario.
    Guida all'ascolto
    1) Zwei Gesange Op. 91

    Magdalena Kozena (& friends) : Soireé
    In questo disco c'è la più soave e luminosa edizione dei 2 Gesange Op. 91 che io abbia ascoltato.
    Generalmente vengono drammatizzati eccessivamente (e soprattutto sopranizzati : questi due canti sono stati scritti per viola o contralto) ma qui la luce è quella dello sguardo di Johannes.
    La composizione è del 1863-1884.
    1) Gestillte Sehnsucht
    2) Geistliches Wiegenlied
    Nello stesso disco sono contenuti 5 lieder Ophelia riadattati per voce e quartetto d'archi con la medesima tranquilla luce tardo pomeridiana.
    Una versione alternativa dei due canti potrebbe essere quella con la poetica viola di Yury Bashmet

     
    2) 21 Ungarische Tanze 

     
    Brahms deve la sua fama alle grandi composizioni sinfoniche e pianistiche ma in vita il suo best-seller e in gran parte ciò che gli ha riempito le tasche grazie alla vendita degli spartiti e dei diritti sono state le brillanti Danze Ungheresi.
    Qui propongo l'edizione orchestrale ristampata in SACD da Esoteric sulla registrazione digitale Deutsche Grammophn di Claudio Abbado con i Wiener.
    Vivace ma in qualche momento anche troppo contenuta.
    Ben più frizzanti nell'edizione originale per pianoforte a due e a quattro mani dell'edizione mitica e irripetibile del grandissimo Julius Katchen per la Decca qui nell'originale in vinile

    che è disponibile nella ineguagliata integrale dello stesso Katchen :

     
     
    e per i più curiosi, la trascrizione per violino e pianoforte dell'eterno amico Joseph Joachim

     
    registrate per la Hyperion
     
    3) Alt-Rhapsodie Op. 53 (e Gesang der Parzen Op. 89, Schicksalslied Op. 54, Nanie Op. 82)

     
    contenute insieme alle sinfonie e alle ouverture nel cofanetto dedicato a Brahms da Claudio Abbado alla testa dei Berliner Philamoniker.

     
    nella rivelatrice interpretazione di John Gardiner con la voce tenebrale di Nathalie Stutzmann che fa venire la pelle d'oca.
    Il ciclo brahmsiano di Gardiner è immerso in una luce rinascimentale che mette in evidenza ogni segno, immergendo questa musica nel solco della tradizione tedesca del 500-600.
    L'intera edizione di Gardiner per me si porta ai primi posti nella storia dell'interpretazione di Brahms, forse più per i pezzi di contorni che per le sinfonie.
    4) Concerto per violino e orchestra Op. 77 (1878)
    Il concerto per violino e orchestra di Brahms, è, per me, insieme a quello di Chaikovsky, IL concerto per violino e orchestra.
    Lo scontro tra lo strumento solista e l'orchestra non è titanico, anzi, il violino appare piuttosto primus inter pares e tutta la composizione è piena di garba e di rispetto.
    Il materiale tematico è ineguagliabile, così come lo svolgimento. Virtuosistico ma mai sfrontato. Nè iper-romantico come altri concerti contemporanei.
    Le interpretazioni di questo concerto fanno parte della storia dell'interpretazione e credo non ci sia un solista di grande livello che non l'abbia avuto in repertorio.
    Potrei sceglierne dieci, ne scelgo uno, con l'adorabile Janine Jansen validamente accompagnata dall'Orchestra di Santa Cecilia sotto l'abile Antonio Pappano, anche perchè contiene il più bel primo concerto di Bartòk, che con Brahms non ci azzecca proprio nulla ma è grande musica ugualmente.

     
    come scelta alternativa, il violinista dei violinisti, il cui unico difetto è sempre stato solo quello di suonare tutto alla Heifetz, dando quell'impronta inequivocabile non sempre rispettosissima del testo ma difficilmente superabile, sia nel tocco che nel piglio. Per non parlare del suo suono unico.
    Qui poi c'è Fritz Reiner alla testa della strepitosa Chicago Symphony dei suoi tempi !

     
    5) Quintetto per clarinetto e archi Op. 115 (1891)
    I Brahms autunnale che abbiamo sempre in mente è sublimato in questo disco che raccoglie insieme due quintetti della maturità.
    In entrambi il timbro è caratterizzato dalla seconda viola nel quintetto per archi Op. 111 e dal clarinetto, strumento che suona sullo stesso registro e che è abbastanza alternativo alla viola, nel bellissimo quintetto per archi e clarinetto Op. 115.
    Il Melos Quartett viene qui rinforzato da Gèrard Caussé che spesso si aggiunge come viola in queste partiture (ci sono registrazioni di tutte le etichette) e dal clarinettista Michel Portal che conduce l'Op. 115 senza mai esagerare.
    La registrazione dell'Harmonia Mundi rende grande giustizia al timbro rugoso di entrambe le formazioni e secondo me aumenta il valore di questa edizione (tra le tante disponibili).
    Sappiamo dell'amore per la viola di Brahms, lo stesso vale per il clarinetto per cui ha ripreso a comporre quando praticamente aveva deciso di smettere.

    6) Concerto per pianoforte e orchestra n.1 Op. 15 (1865) e n.2 Op. 83 (1881)
    I due concerti per pianoforte, molto differenti tra loro, secondo me molto più delle sinfonie, rappresentano l'estetica di Brahms per la formazione orchestrale.
    In entrambi la parte solistica è preponderante ma il primo è più sinfonico a cominciare dalla lunga introduzione, mentre il pianoforte assume un tono a volte più drammatico e sprezzante.
    Nel secondo invece l'intero mondo brahmsiano, fatto di equilibri sottili e di celata calma olimpica si gioca nei dialoghi tra il pianoforte e i corni o i violoncelli.
    Ci sono grandissime interpretazioni di questi concerti.
    Qui ne segnalo tre edizioni, quella bellissima e molto virile di Gilels con i Berliner diretti da Jochum.
    Gilels dava il massimo nei concerti dove ci volevano mani forti e dita d'acciaio.

    una vita passata insieme e una collaborazione intellettuale completa sono esaltati dall'ultima edizione (c'è n'è una precedente con i Wiener ma qui cerchiamo il duo) tra Abbado e Pollini.
    Non c'è alcun accenno di rabbia, di rassegnazione, di travaglio irrisolto in questa lettura che pone Brahms sul piedestallo degli Dei.

    Daniel Baremboin e Barbirolli, la coppia ideale (se c'è il pianoforte) della Swinging London .
    Questa edizione è un vero miracolo di equilibrio.
    Daniel suona con forza e lo Zio Giovanni lo sostiene ad ogni passaggio, incalzandolo quando lui vorrebbe rallentare.
    Prova Grandiosa di uno dei dischi più belli del secolo.

    7) Gli ultimi pezzi per pianoforte (1892-1893)
    Gli ultimi pezzi per pianoforte di Brahms non sono gli ultimi pezzi di un uomo deluso e rassegnato alla morte.
    Non sono nemmeno gli ultimi pezzi (le ultime composizioni di Brahms saranno successive e dedicate a musica laicamente sacra, con i corali per organo Op. 122) anche perchè si tratta di materiale raccolto nei decenni precedenti e pubblicato poi nell'ultimo periodo quando Brahms stava chiudendo le fila del suo lavoro.
    Non è musica per vecchi e non dovrebbe essere interpretata con logiche crepuscolari se non in parte.
    C'è tutto Brahms in queste raccolte di pezzi sostanzialmente slegati tra loro. Quello mite, quello rabbioso, quello deluso, quello dolce delle ninnananne.
    Non è la migliore interpretazione assoluta ma negli anni è quella di un giovane pianista che mi é rimasta più impressa, quella di una Helene Grimaud ancora non superstar e con l'abitudine a gettare il cuore oltre l'ostacolo anzichè interiorizzare tutto come fa nell'ultimo periodo con scelte di repertorio un pò troppo "mistiche" a mio parere.

    ci sono comunque tante altre edizioni e ne parleremo a parte.
    8 ) Quintetto per pianoforte e archi Op. 34 (1864)
    Il quintetto con pianoforte Op. 34 è una composizione a due facce e in questo modo può essere letta.
    Nel mio caso è uno sfogo di rabbia più che di passione, non è musica per vecchi e nemmeno per addormentati.
    Per questo non riesco a trovare alternative alla sensazionale e incalzante versione dell'indimenticabile Quartetto Italiano con Maurizio Pollini al suo apice.

    9) variazioni Paganini Op. 35 (1863), Handel, Schumann
    Per Brahms, sempre rivolto al passato alla ricerca delle radici musicali, alla tradizione musicale tardo-rinascimentale e barocca di Bach, di Handel e anche di Schutz e degli altri compositori tedeschi del '600, le variazioni rappresentano un modo di essere.
    Non sono variazioni formali alla Goldberg, per intenderci.
    E nemmeno alla Diabelli, insomma.
    Sono composizioni abbastanza libere, portate e legate dal basso ma con un indirizzo ben preciso che spesso solo nel finale trovano un epilogo (è il caso delle Handel e delle Haynd che si chiudono con una fuga).
    Io le trovo la quintessenza della musica di Brahms e non sono che la sintesi di un modo di comporre che si ritrova in molte delle opere di Brahms, sia sinfoniche che cameristiche ma anche in quelle corali.
    Per averle tutte non c'è che da rivolgersi al solito Katchen

    ma ci sono edizioni sciolte molto interessanti. Per Handel segnalo ad esempio questo bel disco di Perahia

    e questo fantastico e recente disco Alpha con Nelson Goerner che associa le Paganini ad una delle più belle Sonate Op. 5 della storia del disco.


    Segnalo l'integrale di Barry Douglas e segnatamente alle variazioni Schumann e in generale alla relazione tra Johannes e gli Schumann una edizione veramente toccante di una giovanissima pianista nel suo disco di esordio

    Il tocco delicato e struggente di Mishka Rushdie Momen nelle variazioni su un tema di Lui dedicate a Lei di Johannes Brahms offrono momenti del perduto lirismo di un vero tributo d'amore.
    10) Ein Deutsches Requiem Op. 45 (1854-1868)
    Finisco come ho cominciato con una proposta di rottura.
    Il Requiem di Brahms ci azzecca poco o per nulla con gli altri requiem della storia musicale moderna.
    Il laico Johannes da una lettura di grande Fede, senza rabbia, senza ire, senza acredine o rassegnazione.
    E' l'accettazione dell'essere che arriva ad essere concepita fin dalla giovane età ma realizzata negli anni a venire e pubblicata a 35 anni.
    Non è il finale voluto dall'impresario di Mozart.
    Non è una composizione commissionata.
    E' Brahms in tutte le sue sfaccettature.
    Non è un best-seller, sebbene sia stato registrato innumerevoli volte.
    E devo ammettere che in gioventù io non lo capivo per nulla.
    Non adesso che lo condivido in pieno nella sua essenza, specie quando te lo propone un saggio illuminato come Sir John Gardiner.

    ***
    Naturalmente ogni mia scelta qui può essere contestata perchè questo mio modo di vedere Brahms è tanto personale quanto può esserlo il vostro.
    Maturato in quaranta anni di passione e di lenta crescita di sensibilità e modo di sentire.
  16. M&M
    VIDEO PUBBLICATO IN QUESTI GIORNI SU YOUTUBE ripreso dalla registrazione eseguita da SWR Classic e disponibile anche sul loro sito in forma integrale (circa 2 ore di concerto).
    Si tratta di una parte del concerto (che comprendeva anche Weber e Dvorak) diretto dall'oramai quasi ottantenne ma magnificamente in forma Christoph Eschenbach.
    Piatto forte del concerto, per me, il Sibelius con Janine Jansen.
    Eschenbach con la Jansen e l'orchestra sinfonica della SWR durante il concerto del 10 maggio 2019 a Stoccarda.


    Negli ultimi anni, Janine Jansens ha portato per le principali piazze europee (anche) il Concerto per Violino e Orchestra Op. 47 di Sibelius.
    L'ha fatto con diversi direttori d'orchestra e formazioni orchestrali.
    Per pura pigrizia ho mancato la puntata romana con Pappano e l'orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia nel dicembre 2016 ma dal quel momento ho sperato che uscisse in disco la sua interpretazione.
    Speranza che è rimasta vana fino alla pubblicazione di questo concerto dal vivo, nei giorni scorsi.
    Si tratta di un documento che esprime probabilmente lo stato dell'arte dell'intepretazione dal vivo della nostra epoca per questo epico concerto per violiono ed orchestra.
    Janine Jansen ha un rapporto unico con il suo Stradivari 'Baron Guttman' del 1707 che è impossibile descrivere se non vedendola suonare.
    Letteralmente riesce a far cantare lo strumento sprigionando un suono ambrato, a volte roco, unico ed inconfondibile.
    Nelle sue mani quello Stradivari - unico - non può lasciare freddi. Lei è la prima a sentirne l'influenza.
    Dal vivo - ma spesso anche in disco - e da solista - perchè la Jansen cameristica è un pò differente - ogni sua nota è viscerale, palpitante, viva, passionale ed appassionante.
    Lo è a maggior ragione in un concerto che fin dal primo lamentoso accenno del violino è un canto appassionato che sembra sia stato dettato a Sibelius più dal sangue che dalla mente (sappiamo le lunghe traversie e ristesure di questo concerto oltre un secolo fa).
    E Janine Jansen mette se e il suo strumento al servizio della musica di Sibelius come è raro ascoltare oggi. Lo fa accompagnata da una orchestra di primordine che non si limita - sotto alla consumata guida di Christof Eschenbach, capace di assecondare anche menti ribelli come Cameron Carpenter nella bellissima ed appassionata trascrizione della Rapsodia Paganini di Rachmaninov di cui abbiamo scritto su queste pagine nelle scorse settimane.
    Ricordiamoci sempre che alla prima esecuzione del 1905 del concerto la bacchetta la teneva in mano Richard Strauss ...
    Intendiamoci, Jansen non è Heifetz, nessuno lo può essere con quel suo rapsodico ed inimitabile incipit (cfr. edizione 1960 RCA con la Chicago Symphony) ma la costruzione del primo movimento del concerto é esemplare per la forza e la vita che sta in ogni nota, al riparo da qualsiasi elaborazione cerebrale che in altri interpreti di oggi, magari più attenti al proprio apparire che a quanto si sta trasmettendo al pubblico, si finisce sempre per il notare. Nella cadenza la solista semplicemente si estranea.
    Ma nella realtà per tutto il concerto sta in una sorta di trance esecutiva che è ben lungi dall'esibizione personale. Solo lo sguardo va al maestro, di quando in quando, per seguirne gli attacchi. Ma per il resto gli occhi sulla tastiera, la fronte aggrottata, la bocca in un sorta di ghigno per lo sforzo. Non un sorriso nelle pause orchestrali (e che pause ! Grande Eschenbach !! E grandi solisti dell'orchestra.).
    Il cantabile nella ripresa con lunghe note tenute, il fraseggio che resta intenso ma morbido, trilli infiniti, verso un finale in grande trionfo.
    Se ha un punto debole questo concerto ce l'ha nel movimento centrale che apparentemente serve a stemperare la tensione del primo movimento per andare al istrionico allegro finale. E in qualche interpretazione questo calo è forse troppo accentuato.
    Nulla di ciò perchè il violino della Jansen (che naturalmente non vive di vita propria ) prende letteralmente il volo cantando a voce piena, senza sussurrare (e senza far sbadigliare l'ascoltatore) con grande sensibilità e anche grande buon gusto quando magari in certi passaggi l'animo finlandese più rustico di Sibelius minaccia di prendere un pò la mano. E' proprio la ricchezza della modulazione del suono del solista che tiene vivo un adagio che in fondo è tutt'altro che grave. Jansen non ha bisogno di esibire vibrati a quattro dita perchè la sua arcata è capace di chiudere interamente una frase passando all'altra senza soluzione di continuità.
    Quasi (o forse no) sopra le righe il finale, dove il virtuosismo viene portato a livelli elevatissimi. Questo di fatto è un movimento di danza "stilizzata" che il violino tratteggia mentre i fiati e gli ottoni ricamano sulle sue note fino all'introduzione del secondo tema per poi riprendere a livelli di difficoltà ancora più alta.
    Trascinante ed emozionante. E sinceramente inarrivabile per la gran parte dei colleghi della Jansen.
    Oggi ci sono veramente tanti violinisti di grandissimo valore ma la splendida capacità di coinvolgimento delle performance di Janine Jansen, quando raggiunge questi livelli è veramente difficile da replicare, anche in serata di grazia.
    Nel video, un bis per acclamazione che pur lontano secoli da Sibelius (la Sarabande della Seconda Partita in Re minore per violino solo di Bach), riprende la tonalità dell'ultimo movimento del concerto e ne mantiene lo stile.
    E' strano, stranissimo sentire Bach suonato quasi senza ... punteggiatura, con le arcate che disegnano la musica ellitticamente, praticamente senza quelle pause necessarie alla danza per essere quello che dovrebbe essere.
    E sinceramente non lo ammetterei in una esecuzione dedicata a Bach ... 

    Ma chi sono io per criticare Janine ?
    Janine Jansen, qualche anno fa, se leggesse queste mie righe farebbe certamente così ...

  17. M&M

    Compositori
    all'apparenza opposti, in tutto.
    Eppure nati lo stesso giorno, il tedesco nel 1833, il russo nel 1840.
    Piotr elegante, alla moda, frequentava i migliori ristoranti e gli hotel più esclusivi.
    Hannes era cresciuto nelle bettole del porto di Amburgo e non disdegnava le taverne attorno al Prater e le signorine che le frequentavano.
    Elegante ed azzimato l'uno, trasandato e odorante di fumo e di legna da ardere l'altro.
    Brahms alle prove della 5a Sinfonia di Chaikovsky non poté evitare di addormentarsi.
    Mentre Chaikovsky dopo aver accennato una partitura di Brahms scrisse sul suo diario "Ho suonato la musica di quel mascalzone di Brahms : che bastardo senza qualità !".
    Comprensibile, due persone dal carattere forte e musicalmente parlando, ai due opposti della sfera creativa.
    Colore, melodia, grazia, emozione immediata, semplice, Chaikovsky. Brahms, il depositario della tradizione contrappuntistica tedesca intrisa di intima e gentile introversione.
    "Mi fa arrabbiare che questa mediocrità presuntuosa sia considerata un genio", continuava Chaikovskij nel suo diario. Le citazioni potrebbero riempire un libro. Parte della sua antipatia sembra essere l'invidia del successo di Brahms. “Brahms è una celebrità; Non sono nessuno. Eppure, senza falsa modestia, ti dico che mi ritengo superiore a Brahms. Allora cosa gli direi: se sono una persona onesta e sincera, allora dovrei dirgli questo: 'Herr Brahms! Ti considero una persona molto priva di talento, piena di pretese ma del tutto priva di ispirazione creativa. Ti valuto molto male e in effetti ti guardo dall'alto in basso». “
    Nella realtà Chaikovsky come tutti i russi consideravano male lo stile tedesco che odiavano per contrapposizione nazionalistica.
    Che masticava amaro per il mancato successo di molti dei suoi più importanti lavori, come il concerto per violino.
    "Il concerto di Brahms mi ha attirato poco come tutto il resto che ha scritto", scrisse Ciajkovskij nel 1880 alla sua mecenate, Nadezhda von Meck. "Tanti preparativi per qualcosa, molti indizi che qualcosa apparirà molto presto e ti incanterà, ma da tutto questo non viene fuori nulla, tranne la noia." Più avanti nella lettera arriva la citazione più famosa su Brahms: "È come uno splendido piedistallo per una colonna, ma manca la colonna vera e propria, e invece, ciò che viene subito dopo un piedistallo è semplicemente un altro piedistallo".
    Eppure così diversi, nati lo stesso giorno.
    Il giorno di capodanno del 1888 ebbero l'occasione di incontrarsi a casa del violinista Adolph Brodsky dove si provava un quartetto per archi di Brahms.

    Johannes quella sera fu particolarmente amabile. Tanto che si videro ancora un'altra volta.
    Bevvero tutta la notte insieme e fumarono, Chaikovsky sigarette di lusso, Brahms sigari da poco.
    E il russo scoprì che il tedesco gli piaceva davvero, trovandolo molto simpatico.
    Il quartetto che provavano non gli piacque come continuò a non piacergli la musica di Brahms, ma il vecchio Brahms lo conquistò.
    Che non considerò più un mascalzone, piuttosto un ubriacone.
    Post Scrittum personale
    Io credo che i nati sotto lo stesso segno zodiacale (non credo negli oroscopi ma che le personalità delle persone siano molto influenzate dal periodo dell'anno in cui sono nate) siano molto simili.
    I nati lo stesso giorno sono molto più simili tra loro e per questo è difficile che si vadano a genio, perché è complicato a volte guardarsi allo specchio e notare cose mai viste prima, anche sotto altre apparenze.
    Io sono nato pochi giorni prima dei due soggetti di questo articolo e credo di somigliare molto ad entrambi.
    Sono cresciuto con la loro musica, mia madre mi ha fatto amare il Lago dei Cigni prima della Prima Sinfonia di Brahms.
    Ma per indole e inclinazione sono come Brahms e detesto l'istrionica maniera di mostrare se stesso di Chaikovsky.
    Oppure no ?
    Effettivamente, tra i due concerti per violino, non so scegliere quale dei due mi rapisce più profondamente. Bisogna dire che effettivamente :
    “La musica di Ciajkovskij suona meglio di come è; la musica di Brahms è migliore di come suona".
    e spesso, se non sempre, è tutto nelle mani dell'interprete.
    Insomma, loro si detestavano come musicisti ma si trovavano simpatici e compagnoni come uomini.
    Io li amo come musicisti per quanto non mi convincano del tutto come uomini ma accidenti, finirò con gli anni, sempre più per somigliare a Johannes, salvo il sigaro ...
  18. M&M
    Fanny Cäcilie Mendelssohn
    ***
    Nel mese di maggio del 1847, venti anni dopo la morte di Beethoven, muore di infarto a seguito di un ictus, Fanny.
    Il fratello Felix cui lei ha dato lezioni di pianoforte e che per tutta la vita ha sostenuto e incoraggiato, cade nella più profonda depressione.
    Brucia in pochi mesi tutta la sua aurea felice che faceva eco al suo nome Felix.
    Si riprende solo in settembre quando riesce a dedicarsi ad una composizione in memoria dell'amata sorella.
    Ma anche lui cade vittima di un infarto cui ne seguono altri fino all'ictus finale.
    Il suo ultimo lavoro, il quartetto in Fa minore verrà eseguito postumo, nel primo anniversario della sua morte da una compagine guidata dall'omnipresente Joseph Joachim e pubblicato solo nel 1850 come opera 80.
    L'intera famiglia era affetta da una sindrome che ha portato alla stessa morte anche il nonno, il padre, la madre e i due fratelli, a poca distanza l'uno dall'altro.

    i due fratelli, da ragazzi, al pianoforte 
    Questo quartetto non ha nulla a che fare con i precedenti se non nell'architettura formale e si distacca totalmente dalle altre composizioni del Felix precedente.
    Non che fossero mancati momenti intensi e seriosi nella sua carriera di compositore - bastano i due intensi oratori, oltre alle variazioni per pianoforte - ma qui potremmo dire che Mendelssohn era cambiato.
    Oppure no, probabilmente la disperazione e l'incapacità di continuare non lo avrebbe comunque condotto oltre se non fosse intervenuta la sorte.
    Non possiamo dirlo.
    Quello che ci resta è il quartetto, una sorta di testamento all'amore dei due fratelli per le ultime composizioni cameristiche di Beethoven, sublimato da Schubert, di cui in più momenti riecheggiano i toni già intesi ne "La morte e la fanciulla".
     
    ***
    Allegro vivace assai (fa minore) Allegro assai (fa minore) Adagio (fa minore) Finale. Allegro molto (fa minore) Dei quattro movimenti che lo compongono - in tutto sono circa 26 minuti, il solo adagio sembra dare un pò di tregua e riposo allo spossato compositore - e all'ascoltatore. Sebbene i tratti marcati di tutti gli archi per buona parte mantengano comunque alta la tensione.
    C'è però quel lirismo e quella nota sentimentale che richiamano di lontano il precedente Felix, come ricordare i momenti con l'amata sorella.
    Qualcuno ci sente l'eco del motto "Is est wahr?” del primo Mendelssohn che richiama il “Muß es sein?” beethoveniano, io non arrivo a tanto ma che importa ?
    Gli altri sono tre "allegri", almeno formalmente, costruiti con un incessante e straziante lamento - romantico, ovviamente, é Mendelssohn, non è Bartòk - su una sorta di marcia funebre mai pienamente declinata.
    Il tremolo, le sincopi e i continui cambi di dinamica, di accento e di intensità - in stile schubertiano - caratterizzano i tre movimenti esterni e danno il continuo senso del dolore, dell'irrequietezza, della fredda disperazione su un domani di cui non si vede e non si vedrà la luce.
    Il primo allegro è rutilante, intenso, incessante.
    Il secondo è quasi uno scherzo con frammenti beethoveniani che danzano nell'aria, accennando figure demoniache o comunque a tratti macabre.
    Il finale riprende il materiale tematico dei precedenti movimenti e li porta verso una fuga contrappuntistica che conduce poi ad un finale quasi delirante.
    L'ultima composizione di Mendelssohn è un capolavoro intenso che non rinnega nulla della sua musica precedente ma che la sublima verso l'eternità.
    Io mi tolgo il cappello pensando a quante volte ho paragonato tutta la sua opera "all'acqua minerale" se messa vicino a Beethoven, Schumann o Brahms.
    ***
    Ci sono molte edizioni integrali e non dei quartetti di Mendelssohn spesso unite all'unico quartetto di Fanny.
    Io tendo a prediligere quelle più intense e fredde, in stile Quartetto Italiano, generalmente quelle più recenti.
    Ne elenco alcune.

    Artemis Quartet
    Erato, 2014

    Quatour Ebene
    Erato, 2013

    Escher String Quartet
    BIS, 2016
    cui aggiungerei - ma non ho ascoltato - l'ultima, più recente

    Takacs Quartet
    Hyperion, 2021
    che è stata ben recensita sia da Gramophone Presto Classical (ma che a me non hanno convinto fino in fondo nell'ultimo disco dedicato ad Amy Beach ed Elgar)
    Per una visione più moderata, forse si potrebbe anche inserire nella lista quella dell'Emerson Quartet per DG.
    Ma ognuna ha il suo perchè e qualcuna mi porta realmente a lacrimare nel finale.
    Ad ogni modo, se non conoscete questo quartetto, spero di avervi incuriositi, più con la mia prosa che con gli aneddoti storici
    ***
    Scritto ad un anno dalla morte del mio amato Blackey che ogni giorno mi manca più del precedente.
  19. M&M
    Piotr e Johannes si sono incontrati a Lipsia intorno al 1888 in uno dei tanti giri del russo per l'Europa e prima si erano trovati reciprocamente antipatici.
    Non ci deve sorprendere, tanto erano diversi ed opposti i due musicisti.
    Chi scrive è un discepolo osservante della musica contrappuntistica che discende dal barocco italiano attraverso Bach, Beethoven e Brahms, che vede con assoluto sospetto tutto ciò che è disorganizzato e liberamente irrazionale, come la quasi totalità della musica di Chaikovsky.
    Un soggetto così controverso da non sapersi mai come scrivere il nome e pure il cognome e che pare sia arrivato addirittura ad organizzare in melodramma la propria dipartita.
    Del resto questo sito si intitola alle Variazioni Goldberg e non c'è nulla da nascondere al riguardo.
    Insomma, di Chaikosky si parla come di Chopin. Sarebbe facilissimo stilare una lista di 10 dischi con la musica più passionale che ci sia e lasciare poi all'ascoltare fare una discernita.
    Ma sarebbe un compilato del tutto inutile.
    Le nostre guide invece vogliono essere una traccia per guidare chi si riconosca in certe logiche.
    Come per la guida sulla musica di Brahms, per l'appunto, che esclude completamente le celeberrime sinfonie e pone al centro invece musica che ai più è del tutto sconosciuta, qui si vuole fare una cosa ancora più ardita.
    Brahms si diceva in vita che detestasse Wagner. Ma non è vero, apprezzava sinceramente l'Opera di Wagner che ascoltava volentieri e conosceva bene.
    Detestava invece il mercimonio "a programma", i poemi sinfonici di Liszt. Anzi, tutta la persona e l'opera di Liszt.
    Chaikovsky non era il Liszt russo, per nulla ma il suo romanticismo nazionale non era poi così dissimile.
    Quindi come sceglierebbe 10 dischi di Chaikovsky il nostro Brahms ?
    Un giorno spero di poterglielo chiedere di persona se sarà di buon umore e se io sarò dell'umore giusto per chiederglielo.
    Oggi lo sono e quindi provo ad immaginarmi il mio Johannes che fa una selezione ragionata di ciò che va conosciuto ed apprezzato in Piotre - del resto anche qualche cosa di Liszt la si può ben salvare ! - e cosa invece non meriterebbe l'attenzione che gli viene tributata.

    Piotr Iliic Chaikovsky ha lasciato un catalogo con 80 opere scritte tra il 1867 e il 1893.
    Il corpus più importante della sua musica probabilmente pesa per lo più su quelle orchestrali.
    Ci sono le 6 sinfonie, i 4 concerti e pezzi concertanti, le suite orchestrali e le serenate, le musiche di scena.
    Ma non meno importanti sono le opere liriche, per tacere dei balletti.
    Sono invece da considerare per lo più composizioni minori quelle per pianoforte e la musica vocale.
    E anche la musica da camera non era dove il russo si esprimeva al massimo.
    Il massimo della sua notorietà viene certamente dai balletti e dalle opere. Dai i due più famosi concerti. E dalle ultime sinfonie.
    Ma forse c'è dell'altro ...
    1) Sinfonie 4, 5 e 6

    Pur essendo tre coacervi di "marce slave" le 3 ultime sinfonie sotto la guida del Grandissimo Mravinsky avrebbero finito per convincere anche il vecchio Brahms.
    Ci vuole disciplina per impedire a tutti quei sentimenti concentrati a pressione di fuoriuscire per la sala ed impregnare tutto quanto.
    Qui la simbiosi tra Direttore e orchestra é talmente totale che Lui poteva dirigere semplicemente con gli occhi, senza un gesto, nemmeno con il sopracciglio.
    La Quinta soprattutto è sensazionale. E perfino la torbida quarta risulta interessante.
    Per digerire la Sesta Johannes avrebbe fatto ricorso alla più amara cioccolata con panna offerta dalle pasticcerie di fronte al Prater ....
    2) concerto per pianoforte e orchestra n.1

    Sensazionalismo a parte, Gilels qui era una forza della natura e Reiner ha spinto la Chicago oltre i limiti della partitura.
    Il materiale tematico di questo concerto è essenziale, lo svolgimento volgare, i raddoppi esagerati.
    Ma è uno dei pochi concerti per pianoforte che si possono avvicinare al 2° di Brahms.
    3) concerto per violino e orchestra

    Vecchia scuola qui, con la Boston nelle mani del leggendario Leinsdorf di scuola che più viennese non si può.
    Mentre Perlman al suo massimo alleggerisce i tratti esageratamente glicemici di certe parti del concerto per violino di Chaikovsky che Brahms di questi tempi, avrebbe scoperto con sorpresa, rivaleggia con il suo per notorietà e numero di esecuzioni.
    4) Evgenij Onegin

    Onegin non è la Dama di Picche. Non lo è nel testo originale di Puskin e non lo è nella musica.
    Ci sono arie di grande lirismo mentre mancano almeno in parte i cori giovanili a tempo di marcia militare della Dama.
    E' la sintesi dell'operismo colto dei russi e, per lo meno, non richiede cuscini imbottiti come il Godunov o dosi massicce di antidepressivi come la Lady Macbeth.
    Scegliamo in questo caso un grande russo come Fedoseyev alla testa di una compagine tutta moscovita.
    Johannes si beveva l'Anello tutto di seguito, l'Onegin e la sua narrazione continua, senza recitativi e senza intervalli è un antipastino.
    Si sarebbe innamorato di Olga ? Chissà.
    5) Romeo e Giulietta

    Brahms sarebbe uscito di senno ascoltando Manfred o Francesca da Rimini, mentre Romeo e Giulietta ha il dono, almeno, della sintesi.
    Il materiale tematico ha una parvenza di sviluppo e la storia si capisce tutta.
    E mancano del tutto i tratti ridicoli dei passi dei balletti. Per fortuna.
    Qui una versione sensazionale con cui Seji Ozawa - interprete magnifico del balletto di Prokofiev - lega la tragedia di Shakespeare nei colori di Berlioz, Chaikovsky e Prokofiev.
    6) Il Lago dei Cigni, rigorosamente in riduzione da suite da concerto

    Il Lago dei Cigni è una storia commovente ma assistere al balletto e vedere paperette e tacchini che zampettano con forza sul palco richiede disciplina che il nostro Johannes non ha mai posseduto se non nell'applicare i principi del contrappunto a tutto ciò che si può scrivere in musica.
    Una suite, con un raddoppio di arpe, dopo una cena impegnativa. Perchè no ?
    Previn la vede come se fosse musica da film e toglie un pò della patina luccicante dei più classici direttori russi, troppo legati al balletto dell'800.
    e temo che il vecchio Brahms si fermerebbe qui, tranne che per un gesto di indulgenza finale non volesse aggiungere il trio Op. 50, un mezzo sorriso bonario, strizzando l'occhio opposto e mettendosi entrambe le mani sulla pancia con i pollici nelle bretelle ...

    Ovviamente questo articolo vuole solo suscitare qualche momento di ilarità ai lettori.
    Chaikovsky ha scritto grande musica, a tratti. Se avesse studiato a Vienna o a Berlino, probabilmente ne sarebbe uscito qualche cosa di più buono  )
  20. M&M

    Scherzi a parte
    con il trattato di Fontainebleau, nell'aprile del 1814, Napoleone abdicava dal trono, concludendo la sua lunga parabola alla testa della Francia, prima rivoluzionaria e poi imperiale.
    Poiché le potenze alleate hanno proclamato che l'imperatore Napoleone è l'unico ostacolo al ristabilimento della pace in Europa, l'imperatore Napoleone, fedele al suo giuramento, dichiara di essere pronto a lasciare il trono, ad allontanarsi dalla Francia ed anche a dare la sua vita per il benessere del suo paese che è inseparabile dai diritti di suo figlio, da quelli di reggenza dell'imperatrice e dal mantenimento delle leggi dell'impero. Dettato dal nostro palazzo di Fontainebleau, il 4 aprile 1814.
    Napoleone

    Dopo il periodo di esilio con l'imbarazzante titolo di Re dell'Isola d'Elba, la parentesi dei 100 giorni, la resa incondizionata e la prigionia a Sant'Elena sono da considerarsi solo appendici. Il tempo di Napoleone era finito. La sua eredità pesante.
    ***
    Il vantaggio di studiare il passato è, qualche volta, quello di poter anticipare i tempi.
    Nella realtà era previsto che accadesse da anni, giusto tra qualche mese. Aprile di quest'anno o poco più in la.
    Poco importa se è adesso. I tempi sono maturi.
    Non ho intenzione di andare all'Elba né tantomeno a Sant'Elena. In quanto a Waterloo, nelle simulazioni ho vinto non so quante volte, inducendo alla fuga Wellesley e Blucher.
    No, resterò nel mio ritiro, godendomi le mie passioni e le mie poche amicizie.
    Per Nikonland sarò una sorta di Lecturer fuori ruolo, o Professore Emerito, come si usa ad Oxford.
    Articoli, blog. Fotografie. Modi di fare.
    E poco più.

     

  21. M&M
    Qualcuno già lo sa, io sono appassionato di automobili.
    A 4 anni avevo una spider rossa a pedali, con i tergicristalli e i fari funzionanti. Somigliava ad una di quelle che Scaglietti disegnava per l'Ingegnere.
    A 5 anni ho fatto partire l'auto parcheggiata di mio padre avviandola mescolando a caso i cavi di accensione.
    Qualche anno dopo mi sono innamorato, rimanendo del tutto privo di parola per un intero pomeriggio, di una Citroen DS, arrivata a casa mia portata da un amico di famiglia.
    Sono cresciuto adorando la Citroen SM (quella che Burt Reynolds distrugge all'inizio del film "Quella sporca ultima meta") e sbavando per la Citroen CX nella pubblicità con Grace Jones.

    la Citroen SM

    l'auto presidenziale con la Regina Elisabetta accompagnata dal Presidente Pompidou

    la Citroen CX Turbo
    Da grande la mia prima auto è stata una Citroen. Anche le successive 9.

    la mia Citroen XM

    la mia Citroen DS5
    Ho potuto acquistare una Citroen XM, l'unica ammiraglia corrente alla mia portata economicamente parlando.
    Ed oggi guido una Citroen DS5, lontana erede di quella nobile stirpe cominciata negli anni '30 con la Citroen TA, prima auto importante a trazione anteriore.

    La mitica Citroen TA, l'auto del Commissario Maigret

    la Citroen DS, una di quelle poche auto che appena presentate, hanno fatto invecchiare tutte le altre (l'auto con cui il Ispettore Ginko inseguiva Diabolik congestionato nella sua scomodissima Jaguar E piena dei tipici trucchi brittannici !).
    Beninteso, non c'è mai stato un primato tecnologico Citroen (né nei confronti delle tedesche e nemmeno delle migliori italiane) e troppe Citroen (anche le mie) hanno presentato importanti difetti di gioventù e anche di vecchiaia.
    Ma quel misto di fascino parigino, di design esclusivo, di scelte controcorrente, tali da suscitare amore eterno e sconsiderato (è il mio caso, che mi innamoro di rado ma quando lo faccio è per sempre) oppure odio indiscriminato.
    Capiterete lo scorno nel vedere che il corso attuale di Citroen (e pure quello futuro da quanto capisco) prediliga così come questi :

    notare i pantaloncini pendant del tipo in sandali sulla sinistra

    o questa, con la biondina che poverina, non sa nemmeno dove guardare.
    Ma soprattutto leggere le parole della Signora Linda Jackson, AD di Citroen, che afferma che non è nel DNA la ricerca delle prestazioni ma piuttosto la comodità (come se Citroen negli ultimi 30 anni non avesse vinto innumerevoli edizione del WRC nei Rally mondiali e continentali) e che l'attenzione è più rivolta a soluzioni cittadine, come le portiere con le bombature anti-sbadati o i diffusori di fragranze nel cruscottone con tasche incommensurabili di colori vivaci.
    Ma il tutto su carrozzerie da furgoncino e motori sottodimensionati, cambi automatici tossicchianti e accelerazione 0-100 tipo 19 secondi netti.
    Embè, che c'entra con Nikonland ?
    Poco, se non che, comincio a vedere un disegno simile anche in Nikon - altro mio amore di lunga data - il cui modello comincia sempre più ad allontanarsi da quello che mi ha fatto innamorare dalla inarrivabile (per le mie finanze) superprofessionale F3 con i suoi 300/2.8 e 85/1.4.
    Sono realmente entrato nell'inverno della mia vita ...
     
  22. M&M

    Recensioni : orchestrale
    Beethoven : Sinfonie 1-5
    Le Concert des Nations diretto da Jord Savall
    AliaVox 2020, formato SACD, ascoltato via Qobuz in 88.2/24
    ***
    Avevo già avuto modo di ascoltare bene la 3a nella precedente lettura di Savall, qui il discorso resta coerente tra le prime 5 sinfonie del periodo eroico di Beethoven.
     

     
    L'interpretazione è veloce, brillante, veemente, grandiosamente brunita nei toni con gli ottoni brillanti e i timpani in piena evidenza.
    Sono registrazioni riprese durante il 2019 a margine di un tour di concerti europei tra Berlino e Barcellona.

    E' un Beethoven marziale, pomposo, militaresco.
    Se vogliamo avere un "non riferimento", esattamente l'opposto di quello tornito e finemente cesellato di Karajan che tutti abbiamo in mente.

    La compagine ha un suono suo, molto differente da quello delle grandi orchestre tradizionali ma non si notano le asprezze esagerate di certe letture con strumenti d'epoca (ricordo quella recente di Suzuki della 9a con un certo fastidio, lo ammetto), e segue perfettamente la visione del Direttore.
    Savall non indulge mai in esagerati sentimentalismi come probabilmente avrebbe apprezzato Ludwig.
    Nel secondo movimento della seconda sinfonia, per esempio, dopo un roboante primo allegro, l'atmosfera è pacata ma da festa paesana, non da notte di stelle.
    L'adagio della 4a è melodico ma giocato sul ritmo, metronomo veloce.
    Tutte le parti si sentono alla perfezione, lavoro di cesello nella concertazione ma anche nella registrazione (come vediamo dalla fotografia qui sopra nella disposizione dei microfoni).
    L'andante con moto della 5a è brillante ma deciso, non indulge e non lascia lo spazio di annoiarsi prima dei due allegri finali.
    Che sono magistrali con l'ultimo tempo che è una esplosione di gioia e di vita.
    Lascio per ultima la 3a che per me è sempre il punto nodale di ogni interpretazione delle sinfonie beethoveniane.
    Ebbene, se lo volete sentire, è convincente dalla prima all'ultima nota.
    Si muove sulle onde del ritmo, con dinamiche estreme. In una parola bellissima.
    Non ho idea se il progetto continuerà con le successive ma, per quanto mi riguarda, potrebbe terminare qua.
    Credo sia la proposta di questo repertorio più convincente degli ultimi anni.
    Personale e appassionata molto più di tutte le altre che ho avuto modo di ascoltare.
    Bravi !
     
    Registrazione di grande livello, come sempre per AliaVox, sullo stesso piano dell'interpretazione, anzi, parte integrante.
    Quei timpani ... !
  23. M&M

    Recensioni Audio
    Seconda puntata della descrizione del mio sistema da studio, una coppia di diffusori a dipolo controllati da DSP e amplificati via per via, senza filtro passivo.
    Ho parlato della costruzione del mobile qui :
     
    qui ci dedichiamo più alla parte elettronica.
    Partendo dallo schema a blocchi :
     

     
    1) il segnale audio digitale viene inviato al processore DSP miniSDP SHD Studio che funge da preamplificatore digitale (in pratica il solo controllo di volume) ed applica la correzione ambientale Dirac calcolata automaticamente tramite misurazioni con il microfono UMIK-1.
    2) Il segnale - sempre digitale - in uscita viene condotto via cavo d'argento al DAC, in questo caso la sola parte di conversione di un Audio-GD R28 che impiega 4 convertitori analogici R2R (e un ulteriore DSP interno per controllarli).
    3) dal dac escono due cavi XLR da 10 metri che vanno al controller XILICA SP-4080, un potente processore di controllo per diffusori programmabile che provvede alla ripartizione delle frequenze tra le quattro vie. Questo apparecchio viene usato come cross-over digitale.
    4) dal cross-over i due canali in ingresso diventano 4+4 e vengono indirizzati ai due finali specializzati, prodotti per me dalla romana Rouge Audio Srl, sempre via cavi XLR (un finale ha due moduli Icepower da 1200 W per i bassi, l'altro ha 4 moduli differenti hypex ncore per le vie alte : sono finali digitali)
    5) dai due finali partono i cavi per i singoli diffusori, una coppia per ogni via per un totale di 8+8 cavi di potenza in rame da 4mm, terminati con banane dorate e connessi ai diffusori su connettori a vite, altrettanto dorati.
    Dovrebbe apparire chiaro dal concetto di base, che non è possibile collegare un amplificatore direttamente ai diffusori, in quanto ce ne vogliono 4, stereo, io qui ne uso due a 4 canali.
    E che ogni amplificatore necessita di due coppie di ingressi con le frequenze già separate.
    Ma anche così, senza il processore DSP iniziale, il suono non avrebbe nemmeno la parvenza di quello che è ciò che avevo in mente.
    Parleremo del miniDSP in una prossima puntata, perché le regolazione del sistema Dirac lo richiedono, ma qui abbiamo lo spazio per illustrare cosa fa invece l'altro DSP, quello che si incarica di ripartire le frequenze tra le vie.
    Il canadese Xilica XP-4080 (gli altri processori sono cinesi ma con DSP interni di produzione USA) impiega un DSP a 40 bit che opera con errori infinitesimali con una conversione interna a 96 Khz e 24 bit.
    E' stato lanciato nel 2009 e per anni ha rappresentato una delle migliori scelte per il controllo dei diffusori da palco e da studio fino a 4 canali di ingresso e 8 di uscita.


    ovviamente, essendo una apparecchio professionale, ha solo ingressi e uscite XLR.
    Ha una interfaccia grafica integrata controllata via cavo USB :

    da questa si può programmare la configurazione, quella che vedete sopra è la mia, con a sinistra i due canali attivi (gli altri due sono muted) mixati poi a destra con guadagni e ritardi individuali per le 8 vie separate.
    Ogni singola via può essere poi modulata per frequenze ed eventuali filtri :

    questa è la mia configurazione attuale - ma mai finita - che prevede tagli a 48 decibel per ottava di tipo Linkwitz.
    I tagli selezionati sono di 23-80 Hz per i woofer bassi, 80-250 Hz per i woofer, 250-4000 Hz per i planari dei medi e 4000 Hz per i tweeter.
    Sui bassi è applicata una enfatizzazione che tiene già conto della perdita per interferenza sulle frequenze sotto alla soglia di funzionamento del pannello dei diffusori (ricordo che sono dei dipoli con una figura di risposta sul basso molto dolce ma con una frequenza di taglio sui 60-80 Hz dopo di che la risposta decade di 6-12 decibel per ottava).
    Questa figura delle vie è del tutto teorica, in quanto applicata elettricamente. In fase di misura in ambiente, la risposta è tutta diversa.
    Ma la vedremo poi nella puntata dedicata alla messa a punto.
    Qui vorrei sottolineare i vantaggi e gli svantaggi della soluzione che ho scelto.
    Vantaggi :
    il dipolo secondo le mie esperienze è il sistema di riproduzione più naturale che ci sia : manca semplicemente il rimbombo dovuto alla cassa e la ricostruzione tridimensionale è unica l'uso di altoparlanti planari per le vie medi ed alte senza cassa permette loro di offrire il massimo della risposta l'uso di elettroniche di controllo, che schiferà i puristi, consente di evitare l'impiego di filtri passivi per il taglio delle frequenze, limitati nella flessibilità e nella capacità di filtro, che introducono componenti reattive nel segnale, rendendo più complicato il pilotaggio degli altoparlanti da parte dell'amplificatore. Qui ogni amplificatore vede una sola frazione dello spettro audio ed è connesso direttamente all'altoparlante vedendo un carico praticamente resistivo il controllo dei DSP avviene via computer tramite interfacce grafiche, facile e lineare, modificabile sempre (modificare un filtro passivo a 4 vie è operazione che può richiedere mesi ed sempre complicata oltre che limitata nelle possibilità di intervento : vai a progettare un filtro che esalta la gamma di frequenze a 30 Hz e poi dimmi che bobine ci vogliono ...) il controllo finale della risposta in ambiente, viene determinato ancora una volta per via elettronica, tramite misura dal vero con microfono dedicato, fasi e ritardi allineati temporalmente in tempo reale da un processore dedicato dinamica, pulizia, potenza : tutto ai massimi livelli (per le specifiche del progetto ed avendo in mente musica acustica, per lo più strumentale, non programmi da giostraio) Svantaggi :
    complessità del sistema costo delle elettroniche (ma non pensiate che un filtro passivo a 4 vie con componenti di pregio costi di meo) necessità di un amplificatore per via il sistema a dipolo resta poco adatto per la musica elettronica, l'heavy metal etc. (ma comunque questo si difende in ogni campo) Bene non ho voluto dilungarmi troppo, sperando di aver catturato la curiosità di qualcuno.
    Nella prossima puntata vedremo come suona "al naturale" questo sistema e come lo trasforma il DSP.
  24. M&M

    Scherzi a parte
    Jeff Wilcox, artefice dell'architettura M1 di Apple, è tornato ad Intel, dove ha lavorato ad inizio carriera tra il 1997-2007 e poi nel 2010-2013, transitando per nVidia, per poi andare in Apple dove è stato Director of Mac System Architecture per gli ultimi 8 anni.
    Torna in Intel come responsabile dello sviluppo di tutti i sistemi desktop (non i server), in concomitanza con l'adozione da parte di Intel dei nuovi processi produttivi su wafer a 7 e successivamente a 3 nm.
    Se questo peserà sullo sviluppo dell'architettura M1/M1X di Apple e cosa Wilcox porterà alla società dove ha mosso i primi passi 25 anni fa, non si può sapere.
    Ma certo Intel in questo momento è piuttosto agguerrita ed ha certo fatto un'offerta che non si poteva rifiutare.
    Insomma, come Nikon che con la Z9 sta richiamando tante pecorelle smarrite, anche Intel è la mamma dalla quale tornare per dimostrare quanto siamo bravi.
    Il suo annuncio su LinkedIn
    "Dopo otto fantastici anni, ho deciso di lasciare Apple e perseguire un’altra opportunità. È stato un viaggio straordinario e non potrei essere più orgoglioso di tutto ciò che abbiamo realizzato durante il mio soggiorno lì, culminato nella transizione di Apple Silicon con i SOC e i sistemi M1, M1 Pro e M1 Max. Mi mancheranno moltissimo tutti i miei colleghi e amici di Apple, ma non vedo l’ora che arrivi il prossimo viaggio che inizierà il primo dell’anno. Altro sta arrivando!"
     
    "Sono lieto di condividere che sto iniziando una nuova posizione come Intel Fellow, COO del Design Engineering Group, architettura SoC per sistemi client presso Intel. Non posso che essere entusiasta di tornare a lavorare con i fantastici team lì per aiutare a creare SOC rivoluzionari. Grandi cose ci aspettano!"
    Naturalmente non sono mancati i commenti maliziosi sul web.
    Anche da parte di chi crede che dietro la scelta di Wilcox, al di là del nuovo onorario, ci siano limiti nella piattaforma Apple che sarà difficile aggirare.
     
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