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Paul Lewis : Brahms, ultime opere per pianoforte / Harmonia Mundi


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Johannes Brahms : Late piano works (Le ultime opere per pianoforte), Opp. 116-119
Paul Lewis, pianoforte
Harmonia Mundi, 2022, formato HD, acquistato

***

Rimando alle mie considerazioni generali su queste composizioni - geniali, moderne, sperimentali, tutt'altro che sentimentali - su cui spesso si dibatte un pò a sproposito, per ricordare qui che non devono essere considerate pagine di commiato o esternazioni disperate. Lo scopo per Brahms era piuttosto il contrario.

Detto questo, ho letto una intervista al New York Times di Paul Lewis su Brahms in generale, su queste pagine e in particolare il pezzo preferito da Lewis, Op. 118/6, che lui definisce in un passaggio come oscurità assoluta e "Non c'è niente di così angosciante come questo pezzo".

Concordo nell'insieme e in generale sull'approccio che punta a privilegiare la raffinatezza quasi sperimentale dell'ultimo Brahms al pianoforte, a discapito del più facile indulgere sentimentale.
In Brahms c'è l'appassionata visione di una forma musicale estremamente sofisticata.
Per questo tende a "suonare peggio di quanto sia", se il pianista è distante da questa visione.

Non è il caso di Paul Lewis, pianista molto sensibile che qui rifugge assolutamente da isterie, passaggi troppo urlati e in generale ad inutile sentimentalismo.
Certo, la musica di Brahms è triste ma è un modo per disinnescare la tristezza come si susseguono i fraseggi.
Anche nelle ripetizioni a ritmi variati (117/3) con tempi che cambiano fino a chiudersi.

Sono più i sussurri e gli spazi, quasi sincopando su cui Lewis dipinge una tavola in cui i colori ci sono tutti ma disposti cesellando, con pennelli finissimi, non a spruzzo.

Devo dire che se trovo tutto il disco perfettamente coerente e condivisibile, il meglio l'interprete ce lo regala nelle due ultime raccolte, 118 in testa.
Magari sembrerà facile con quelle fantastiche gemme. La 119 è più complicata ma i tre intermezzi qui sono proprio fantastici. E la rutilanza dell'ultima Rapsodia che ci saluta con umorismo, sfida e orgoglio (ma quale angoscia, quale disperazione) è realmente grandiosa.

Ma soprattutto è la delicatezza del porgere le note - anche quando sono tante ... troppe tutte insieme - di Paul Lewis che mi ha convinto in questo disco. Lo sguardo è quello di Hannes bambino, non del vecchio panzone.
C'è la rassegnazione di non aver potuto fare tutto quello che si poteva fare. E chi non ce l'ha ad una certa età ? O di aver sbagliato.
Ma quando si è fatto il meglio va bene lo stesso.
Il gioco (riportare a vita nuova la musica degli antichi in una luce moderna, anticipatrice, precorritrice) era grande.
Johannes vi ha dedicato la vita, lasciandoci ... di stucco.

E' complicato, a volte noioso leggerlo come si dovrebbe. Ma questo è Brahms.

Grande Paul Lewis e registrazione straordinariamente ricca.
Disco di riferimento, diverso ma vicino al vecchio Katchen (che peraltro Lewis cita come ispiratore insieme a Radu Lupu e in effetti, potrei dire che la sua lettura sia la perfetta sintesi tra quei due mondi opposti).

 

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