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Armida Quartett : Fuga Magna


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Armida Quartet e Raphael Alpermann (clavicembalo)
Bach: Contrapunctus I, IV & XI (da l'Arte della Fuga BWV1080), Beethoven: Grosse Fugue in Sib maggiore op.133, Goldberg: Sonata in Do minore, Haussmann: Fuga Prima, Fuga Seconda, Scarlatti: Sonata a quattro no.4
AVI-MUSIC AVI 8553380

Sono praticamente cresciuto a pane e contrappunto. E per me la forma fugata è la forma più sublime di composizione. Più ci si avvicina a quell'ideale formale, più mi appassiono alla musica che sto ascoltando. All'opposto, il mio interesse scema se al contrario il compositore se ne allontana.
Capirete quindi il mio interesse e curiosità per il titolo di questo CD, edito dall'etichetta AVI-MUSIC e dal titolo programmatico di Fuga Magna.

Se non avevo mai sentito il tedesco Valentin Haussmann, invece Mach, Mozart e Beethoven sarebbero stati sufficienti per motivare l'ascolto.
Con la curiosità di quel famoso Goldberg cui il nostro sito rende omaggio.

L'ascolto effettivamente ha confermato i motivi di interesse.

L'Armida Quartett (con il clavicembalista Raphael Alpermann per i tre contrappunti di Bach) non ha solamente un suono terso e chiaro, perfetto per esaltare ogni voce di ogni fuga, ma dimostra una sensibilità musicale - nel porgere questo intenso programma - che solo in parte si era intuito nelle pur buone prove precedenti (quartetti di Beethoven, Shostakovich e Mozart).

Le due fughe iniziali (Prima e Seconda, in italiano nel titolo) di Valentin Haussmann sono ricordate per essere le prime fughe pubblicate a stampa nella storia e risalgono ai primi anni del '600.
Non sono intese per una particolare formazione, forse per un consort di viole, visto che nessuna parte prevale sulle altre, come invece capiterà invariabilmente nel prosieguo, una volta che il violino prenderà il suo ruolo storico tra gli archi.
Sono due brani molto intensi ma al contempo delicati con una punta di atmosfera mistica.

Forse un filo meno interessante la sonata a quattro di Alessandro Scarlatti, in cui il contrappunto diventa centrale solo in parte.
Si tratta in effetti di una delle prime composizione quartettistiche della storia, con quattro parti per soli archi, senza basso continuo.
Probabilmente l'atto di nascita del quartetto. E forse questo basterebbe di suo a giustificare la scelta in questo programma.

E' necessario quindi tornare in Germania per riprendere del tutto il tema, con i tre contrappunti, celeberrimi, dall'arte della fuga di Bach, resi qui particolarmente umani.

Andiamo alla vera sorpresa di questo disco, una splendida sonata di quel Goldberg cui Bach dedicò la famosa aria variata BWV 988.
Qui il contrappunto e la forma fugata la fanno realmente da padrone. Non siamo naturalmente ai livelli di Bach ma c'è probabilmente più Bach in queste pagine, insieme allo spirito dello Sturm Und Drang della metà del settecento di quanto - purtroppo - non ce ne sia nelle centinaia di composizioni del più famoso Emmanuel Bach che, forse, in gioventù avrà dovuto studiarne alla nausea sotto la guida paterna.

Una parentesi con il celebre Adagio e Fuga di Mozart, qui resa in forma drammatica per concludere idealmente la parabola della fuga con la Grande Fuga Op. 133 di Beethoven.

Non aspettatevi una prova del genere del Quartetto Italiano, raramente si sente una interpretazione così "umana" e così priva delle asprezze di una composizione che resta comunque ostica sia da suonare che da ascoltare.
Nelle note, provocatoriamente, si dice che dopo l'Op. 133 di Beethoven l'intero concetto della fuga si sia annacquato ed abbia perso tanto di significato da poter porre a quella data la parola fine del percorso compositivo di questa forma.

Non sono affatto d'accordo, persino ai giorni nostri abbiamo esempi di fuga pienamente articolata. E certamente Brahms, Busoni, Britten, Gould e Shostakovich la penserebbero come me.

Detto questo, un disco molto bello, meraviglioso a tratti, con un repertorio molto vario ed articolati, reso in modo sublimemente omogeneo ed armonico, pur con le sue diversità intrinseche, per l'essere profondamente differenti i musicisti rappresentati, anche quando quasi coevi.

Una nota finale sulla copertina. Quando con un seplice scatto casuale si stempera la tensione che un titolone come Fuga Magna può ingenerare.
E che secondo me può attirare tanto quanto la solita bella giovane violinista/pianista in pose sognanti e che poi nulla ha a che vedere con il contenuto del disco.

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