[reportage] Non è più strano... il Tai Chi Chuan nei Parchi a Milano.
Fotografie di Silvio Renesto e Gianni Ragno
Testo di Silvio Renesto
Un fenomeno culturale. Fino a pochi decenni fa il Tai Chi Chuan (Taijiquan, secondo la translitterazione moderna) in Italia era quasi sconosciuto. Capitava di vederlo nei documentari sulla Cina, dove venivano mostrate numerose ed ordinate folle che nei parchi facevano qualcosa che sembrava una strana ginnastica lenta.
Negli anni Settanta/Ottanta era già una moda negli USA: Fra personaggi dell'epoca che praticavano il Taijiquan c'erano il fisico-saggista Fritjof Capra, autore de "Il Tao della Fisica" (1975) e Benjamin Hoff, che ne scrive, un po' fantasiosamente, nel suo "Tao di Winnie Pooh" (1982, libro più che delizioso) Ne scrive anche la pediatra e psicanalista francese Francoise Dolto, confrontandolo con lo Yoga.
Nello stesso periodo il Taijiquan ha fatto la sua timida comparsa in Italia, insieme ad altri stili di kung-fu, con l'arrivo dei primi maestri cinesi. Dalla fine degli anni '90, grazie a numerose dimostrazioni pubbliche delle varie scuole, anche da noi la pratica del Taijiquan all'aperto si è diffusa, ed oggi molte persone si allenano nei parchi cittadini, da sole o in gruppo, con indubbio effetto coreografico e i suoi seguaci non suscitano più (tanta) curiosità o sconcerto. Il Taijiquan è ormai così famoso che dal 1999 si celebra la "Giornata Mondiale del Taijiquan", di solito il secondo sabato di Aprile.
Parco Sempione
Nei parchi ,Praticato nel parco, all'ombra degli alberi, si aggiunge una sensazione liberatoria, quella di muoversi in armonia con l'ambiente che ci circonda. In gruppo, all'aperto è ancora meglio, si lavora con una maggiore sintonia e serenità di spirito. Come molte altre discipline fisiche, il Taijiquan sembra dare di più quando praticato nel verde.
Parco Sempione
Ed è così che di solito si immagina il Taijiquan. Una mia collega ha addirittura deciso di studiarlo dopo essere rimasta affascinata da alcune scene del film Calendar Girls in cui Helen Mirrell e le sue amiche lo praticano su un bel prato di collina. Il Taijiquan all'aperto è dunque diventato un fenomeno di costume.
Giardini di Porta Venezia
Inizio della pratica. Parco Trotter.
Per questioni logistiche ho scelto di illustrare il Taijiquan all'aperto nei parchi di Milano, con la collaborazione delle scuole che lì lo praticano (che ringrazio sentitamente per la cortesia e disponibilità), ma è ormai così comune, che avrei potuto fare lo stesso reportage in quasi tutte le città italiane.
Afferrare la coda del passero. Parco Sempione
L'airone (o la Gru) apre le ali. Giardini di Porta Venezia
Cos' è il Taijiquan e perchè ha successo.
N.B. Quanto segue è frutto della mia trentennale esperienza pratica e di documentazione. E' un quadro forzatamente incompleto e in parte soggettivo, certamente può differire da quel che avete letto o sentito. Se qualche lettore non condivide, sarò felice di approfondire, ma in ambito più consono di un forum fotografico.
Taijiquan (Tai Chi Chuan) vuol dire Pugno/Pugilato/Lotta (Quan/Chuan) della Suprema Polarità, o Supremo Principio (Tai Chi/Taiji, rappresentato dal simbolo taoista bianco e nero dello Yin/Yang).
Sorvolando su miti e leggende inverificabili riguardo l'origine (ad es. vecchi monaci taoisti che sognano gru e serpenti in lotta...), Taijiquan è il nome che tra il 1700 ed il 1800 è stato dato ad un' arte marziale giudicata talmente elegante ed efficace da meritarsi questo titolo quanto mai impegnativo. Il suo fondatore, Yang Lu Chan, (detto Yang l'Invincibile), la chiamava invece Mienquan (boxe di cotone), oppure Huaquan, (boxe che neutralizza), oggi è lo Stile Yang di Taijiquan. Il nome Taijiquan venne poi esteso alle arti che Yang Lu Chan avrebbe studiato per elaborare il suo metodo (soprattutto lo Stile Chen, risalente al 1300-1400), che a stili derivati (Wu, Sun e tanti altri.), così che oggi si ha una numerosa "famiglia di stili" di Taijiquan, basati su concetti comuni, ma ognuno con le sue caratteristiche. Il più diffuso fuori dalla Cina è proprio lo lo stile Yang.
Il Taijiquan comprende pratiche a corpo libero e con armi (spada, sciabola, bastone ecc.) da soli e in coppia.
Aggiustarsi il vestito (mantello), postura tipica dello stile Chen. Parco Sempione
Il ventaglio è un' arma (aveva in origine le stecche di acciaio appuntite) che è stata introdotta successivamente nel bagaglio tecnico del Taijiquan, ma è molto coreografico. Parco Trotter.
La ragione del successo. E' un'arte marziale diversa dalle altre, è considerata interna, perchè fra l'altro, il movimento e l'espressione della forza partono dal "centro" propagandosi come un'onda (dai piedi al tronco, dalla spina dorsale alle braccia). Altre arti marziali cinesi e giapponesi hanno una notevole componente "interna", ma il Taijiquan si distingue per il modo lento di praticare le "forme". Le "forme" (Lu in Cinese, Kata in Giapponese), sono presenti in quasi tutte le arti marziali tradizionali, sono delle sequenze di movimenti, un compendio delle tecniche proprie dell'arte. Il praticante le ripete per perfezionarsi nell'esecuzione, acquisire ritmo, potenza, equilibrio, coordinazione e concentrazione (nel senso di "presenza mentale"). Le "forme" vengono di solito eseguite con velocità e potenza, come se si stesse combattendo contro un avversario. Nel Taijiquan invece si eseguono le forme molto lentamente, almeno all'inizio, per consolidare e connettere le parti del corpo, sentire gli spostamenti del peso, lo scorrere del movimento e così via. Le "tecniche" sono poco esplicite, a volte quasi incomprensibili per chi osserva (anche per qualcuno che le pratica). Anche i nomi piuttosto poetici,, come è lo stile cinese, giocano un certo ruolo (Il nome spiega in modo allegorico il concetto della postura).
Il serpente scende dalla collina. Stile Yang Parco Trotter.
Afferrare l'ago in fondo al mare. Parco Trotter
La pratica lenta e silenziosa ha una indubbia eleganza coreografica specialmente in gruppo, e non esprime violenza. Apparentemente facile (ma a farlo bene è l'esatto contrario), è associata a concetti taoisti e di medicina tradizionale, per cui attrae le persone non interessate alle arti marziali.
Come ginnastica fa bene? Se si impara da un valido istruttore e si pratica come si deve fa molto bene perchè, sviluppa la capacità di "mettere in connessione" tutto il corpo, elimina le tensioni eccessive che "bloccano"; insegna come distribuire il peso nei movimenti, migliora l'equilibrio e la scioltezza, soprattutto articolare, ottenendo una struttura fisica solida ma non rigida, che contrasta efficacemente gli effetti dell'avanzare dell'età. I movimenti formano delle spirali, così che l' intero corpo è coinvolto, direi "massaggiato", ad ogni movimento, con effetti molto positivi per tutto l'organismo.
Stile Chen. Parco Sempione
La lentezza e la corretta esecuzione hanno effetto tonico sulla circolazione e sulla muscolatura profonda, soprattutto del tronco. Con il Taijquan si allena anche la mente perchè i movimenti sono complessi e ci vuole attenzione in quel che si sta facendo. In questo senso è "meditazione in movimento" perchè si impara a sentire il proprio corpo, ad averne consapevolezza in ogni momento. Questo attiva il cervello e il sistema nervoso in generale, con effetto rigenerante. Così praticato, il Taijiquan è molto valido e diverso da una ginnastica stereotipata. Una volta diventati esperti, sentire il movimento che attraversa il corpo, è molto appagante. In tutti questi aspetti somiglia ad alcuni tipi di danza (e ad altre arti marziali tradizionali).
Frusta semplice (o singola, tradurre dal cinese ha sempre un margine di incertezza). Giardini di Porta Venezia.
Non sembra (più) un'arte marziale. Oggi la stragrande maggioranza di chi pratica Taijiquan, soprattutto nello stile Yang, lo fa per la salute e per rilassarsi. Ma non è sempre stato così.
Il capostipite del clan dei Chen era un militare e i suoi discendenti erano famosi per la loro abilità nel combattere, soprattutto con la lancia. Yang Lu Chan e i suoi figli addestravano la guarnigione imperiale. Yang Bahn Hou, Uno dei figli di Yang Lu Chan, aveva fama di combattente spietato, temuto dai suoi stessi studenti. Allora il Taijiquan era veramente un'arte marziale.
L'allenamento era ben diverso da oggi: Intenso, quotidiano, per molte ore al giorno, comprendeva posizioni statiche per rafforzare il corpo, forme lente per connetterlo, forme veloci per esprimere la forza in modo esplosivo e penetrante. Ci si addestrava al combattimento contro avversari a mani nude e con armi, a piena forza e velocità.
L'evoluzione "salutistica" iniziò a partire dagli anni '30 in Cina, quando un discendente della famiglia Yang iniziò ad ammorbidire la pratica, almeno in pubblico, enfatizzando l'aspetto benefico per la salute, a scapito di quello marziale. I movimenti fisicamente più impegnativi vennero eliminati dalla forma lenta e le forme veloci furono man mano trascurate e per lo più andarono perse. La pratica a due venne ridottaad alcuni esercizi di base.
Si recuperarono trattati che collegavano la pratica con il Taoismo e la Medicina Tradizionale Cinese. Questa "svolta terapeutica" ebbe grande successo; la popolarità dello stile Yang aumentò enormemente e col tempo altri stili di Taijiquan si adeguarono, con qualche eccezione (come lo stile Chen), che mantenne, una componente più marziale.
Nello stile Chen sono presenti molti movimenti "esplosivi" tipici del Taijiquan marziale. Parco Sempione
L'evoluzione "morbida" venne accentuata in Occidente da correnti di pensiero "alternative" che adottarono il Taijiquan come pratica meditativa "Yoga in movimento"oppure arte marziale non violenta (un ossimoro...), arricchita di significati che i fondatori non si sarebbero immaginati (Yang "l'Invincibile" non sapeva nemmeno scrivere...). Ad oggi, gran parte dei praticanti di ogni livello, soprattutto nello stile Yang, non ha mai provato a confrontarsi con un avversario "deciso".
Il Taijiquan si può praticare lentamente per la salute.
Parco Trotter
Parco Sempione.
Ma c'è chi continua a studiare anche la parte marziale
Negli ultimi anni però si è visto aumentare l'interesse per un Taijiquan un po' più concreto in alcune scuole Yang; mentre lo stile Chen (che fa ampio uso della forza "esplosiva") sta riscuotendo maggior successo. E' importante, non perchè si debba studiare il Taijiquan per combattere, ma perchè gli aspetti marziale e terapeutico sono strettamente legati: se non si conosce il significato dei movimenti è difficile ottenere i desiderati benefici per la salute. Solo sapendo che in quel movimento si sta deviando, tirando, spingendo o colpendo, l'intenzione guida il corpo a muoversi in modo corretto, regola lo spostamento del peso, la tensione muscolare, l'equilibrio, e aiuta a mantenere la struttura. Se non c'è la consapevolezza del gesto, questo rimane un movimento astratto e ci si ritrova allora con una strana ginnastica che non rafforza granchè nè corpo nè mente. La pratica delle armi del Taijiquan oggi ha sicuramente poco senso dal punto di vista combattivo (a meno che non si decida di andare in giro con una sciabola), ma rimane ugualmente utile, perchè aumenta le capacità di coordinazione e rende più impegnativo mantenere equilibrio e connessione.
Chi invece fosse attratto proprio dall'aspetto marziale tradizionale del Taijiquan, trovando le scuole in cui questo viene insegnato, avrà molto da scoprire.
Una diversa intepretazione di "sistemare il vestito". Giardini di Porta Venezia
Nota bibliografica. Se volete informarvi sulla storia del Taijiquan, per lo stile Yang consiglio caldamente due libri:
Douglas Wile (curatore) Yang Family Secret Transmissions. Sweet Chi Press
e
Yang Jwing-Ming Tai Chi Secrets of the Yang Style. YMAA Publication Center.
Sono due traduzioni degli insegnamenti (orali) trascritti dai discepoli diretti delle prime generazioni degli Yang, commentate in modo approfondito. Gli autori sono due esperti, (un sinologo docente universitario Douglas Wile, un noto maestro di Arti Marziali Yang Jwing-ing). Partendo da background diversi concordano sostanzialmente nelle interpretazioni.
Chi volesse invece sapere di più su tutto il Taijiquan, la via più breve è il monumentale sito di Peter Lim Tian Tek
http://www.itcca.it/peterlim/
Abbastanza accurato, molto completo, sufficientemente documentato e di gran (e ripeto gran) lunga meglio di tanti libracci infarciti di panzane.
Lasciate stare invece i manuali e le derive troppo filosofeggianti.
Come avrete forse notato nel leggere l'articolo, ho omesso volontariamente i nomi delle scuole da me fotografate, delle scuole in cui ho studiato e non ho dato consigli su dove e da chi andare. Questo per non fare pubblicità a qualcuno a scapito di qualcun altro. Pregherei quindi anche chi commenta, qualora fosse praticante, di evitare di citare scuole, nel bene o nel male. Commentate le mie foto, discutete del lato sociale, culturale, storico o tecnico ma asteniamoci tutti da (auto)promozioni.
Note fotografiche: per fotografare una forma di una qualsiasi arte marziale in cui i soggetti non si fermino in posa apposta per il fotografo, è meglio sapere qualcosa di quella disciplina, per individuare i momenti significativi. Questo vale ancora di più per il Taijiquan dove i singoli movimenti, pur essendo lenti, fluiscono uno nell'altro senza soluzione di continuità (se i praticanti sono bravi) per cui non si hanno degli stop fra un movimento e l'altro. Il rischio è di cogliere i movimenti in anticipo o in ritardo mancando l'espressione finale del gesto.
L'altra difficoltà è che i praticanti nei parchi mostrano di vari livelli di esperienza all'interno di uno stesso gruppo; a volte l'esecuzione dei movimenti è sincrona, con effetto piacevole, altre volte invece c'è chi è in anticipo e chi in ritardo o ha posture strette o larghe; e il risultato "fermato" dall'immagine è disarmonico. Spesso di questo ci si accorge solo quando si selezionano le immagini, al momento della ripresa è difficile avere una vista d'insieme.
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